Cosa Succede Se Non Si Paga Il Prestito Covid E Come Difendersi

Hai ottenuto un prestito con garanzia statale durante l’emergenza Covid, ma ora non riesci più a pagare le rate? Teme le conseguenze legali o un’azione di recupero forzoso?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in debiti da finanziamenti Covid e tutela delle imprese – è pensata per aiutarti a capire cosa rischi davvero e come difenderti prima che la situazione peggiori.

Scopri cosa succede se non paghi un prestito Covid, quali sono le conseguenze per te e per la tua azienda, quando interviene la garanzia pubblica, cosa può fare la banca e quali soluzioni legali esistono per ristrutturare o definire il debito, evitando pignoramenti o segnalazioni negative.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, analizzare la tua posizione con un avvocato esperto e scegliere la strategia migliore per proteggere il tuo patrimonio e la tua attività.

Introduzione

Premessa: Durante l’emergenza sanitaria sono stati messi a disposizione del tessuto produttivo italiano vari strumenti finanziari “COVID”, tra cui prestiti con garanzia statale (decreti Liquidità e Cura Italia), microcrediti, finanziamenti bancari agevolati e moratorie sui finanziamenti esistenti. Queste misure, volte a fornire liquidità immediata, hanno generato anche criticità in caso di mancato rimborso. La presente guida approfondisce cosa accade se non si pagano tali prestiti, analizzando il contesto normativo, le conseguenze civili e penali, gli effetti sui diversi tipi di imprese (partite IVA, ditte individuali, società di persone e di capitali) e le possibili strategie difensive dei debitori. Fonti normative (es. D.L. 18/2020 “Cura Italia”, D.L. 23/2020 “Liquidità” – conv. L.40/2020, Codice della crisi d’impresa D.Lgs. 14/2019, TUB D.Lgs. 385/1993) e giurisprudenza aggiornata (Corte di Cassazione e Tribunali fino a maggio 2025) supportano l’analisi.

1. Tipologie di prestiti COVID e quadro normativo di riferimento

I prestiti COVID includono diverse categorie finanziarie, disciplinate da decreti d’urgenza e normative collegate. Tra i principali strumenti si segnalano:

  • Prestiti garantiti dal Fondo di Garanzia PMI: Introdotti dal D.L. 23/2020 (Liquidità), convertito con L. 5/6/2020 n.40 (art.13), e dal D.L. 18/2020 (Cura Italia, art.13), prevedono la garanzia statale attraverso il Fondo PMI gestito da Mediocredito Centrale. Grazie a tali misure la percentuale di copertura è stata innalzata fino al 90% (o 100% per piccoli importi) e il massimale garantito elevato a 5 milioni di euro. Anche micro, piccole e medie imprese hanno potuto ottenere prestiti agevolati grazie a tali garanzie, con procedura snella basata spesso su autocertificazioni (es. danno da COVID).
  • Microcredito (Cura Italia, art.49 D.L. 18/2020): Si tratta di finanziamenti di entità ridotta (fino a 40.000 euro, anziché 25.000) erogati da operatori di microcredito ex art.111 TUB. Il D.L. 18/2020, art.49, ha innalzato il limite da 25.000 a 40.000 euro (fino a 50.000 in casi particolari). Anche questi microcrediti sono spesso coperti dalla garanzia statale e hanno beneficiato delle moratorie ex lege. Sono stati introdotti specifici microcrediti “personali” fino a 3.000 euro per autonomi con dichiarazione di danno da COVID (garanzia 80-90%).
  • Finanziamenti bancari agevolati: Oltre al Fondo PMI, altri strumenti statali/UE hanno sostenuto le imprese (es. SACE, SIMEST, PNRR). Sebbene non tutti siano prestiti “COVID” stretti sensu, è rilevante menzionare meccanismi come i fondi di sostegno di SACE (garanzie per grandi imprese) o contributi in conto interessi. In generale, il mancato rimborso di finanziamenti agevolati (anche a tasso agevolato) può portare alla decadenza da agevolazioni, revoca del finanziamento e eventuale restituzione maggiorata di sanzioni o interessi. Ad esempio, per alcuni contributi regionali o europei, l’inadempimento attiva la procedura di revoca con recupero delle somme erogate.
  • Moratorie sospensive (Decreto Cura Italia, D.L. 18/2020 art.56 e successive): Il decreto Cura Italia ha previsto la sospensione dei rimborsi su mutui, leasing e finanziamenti per imprese e famiglie fino al 30/09/2020 (poi prorogata). Durante tale periodo l’assenza di pagamento non era considerata inadempimento, né generava segnalazioni negative alle banche dati. In pratica, fino alla fine della moratoria le rate sospese erano “congelate” senza conseguenze immediate. Terminato il periodo di sospensione, però, il prestito riprendeva a essere esigibile regolarmente. In definitiva, le moratorie hanno limitato temporaneamente gli oneri di liquidità, ma al termine il debito residuo è rimasto pienamente dovuto.

Quadro normativo essenziale: Il regime dei prestiti garantiti COVID si basa principalmente sul D.L. 18/2020 (artt.13,49,56 e ss.) e sul D.L. 23/2020 (art.13, potenziamento fondo PMI). I microcrediti operano nell’ambito dell’art.111 del TUB D.Lgs. 385/1993, anch’essi in parte agevolati dal Cura Italia. Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, aggiornato) regola le procedure concorsuali applicabili in caso di insolvenza del debitore. Di seguito analizzeremo le conseguenze del mancato pagamento di questi strumenti.

2. Conseguenze contrattuali e civili dell’inadempimento

Inadempimento contrattuale: Il mancato pagamento di una o più rate di un prestito costituisce un inadempimento ai sensi dell’art.1218 c.c. Dopo il primo mancato versamento, la banca creditrice può inviare una messa in mora al debitore. Se l’inadempimento persiste (di solito 2-3 rate non pagate), la banca può dichiarare decaduto il beneficio del termine. Ciò significa che l’istituto può chiedere immediatamente il pagamento dell’intero debito residuo in un’unica soluzione. Il debitore dovrà quindi corrispondere: il capitale residuo, gli interessi contrattuali dovuti fino a quel momento, gli interessi moratori (di solito più elevati) decorrenti dalla mora, e eventuali penali contrattuali.

Effetti patrimoniali: Una volta definito l’inadempimento (dopo formale costituzione in mora e risoluzione del contratto), il creditore procede alla riscossione forzosa. Di regola, la banca inizierebbe azioni esecutive (pignoramenti su conti, stipendi, beni mobili/immobili). Tuttavia, se il prestito è garantito dallo Stato, entra in gioco il Fondo di Garanzia: la banca escute la garanzia statale per recuperare la quota coperta (generalmente 80-100% del capitale). In pratica, lo Stato (Fondo PMI/MCC) versa alla banca la parte garantita di quanto dovuto, subentrando nel credito tramite surrogazione ex art.1203 c.c. Il debitore non paga di meno, ma il creditore cambia: ad esempio, su un prestito di €100.000 garantito all’80%, la banca ottiene €80.000 dal Fondo e chiede al debitore i restanti €20.000; il Fondo (Stato) diventa creditore nei confronti del debitore per €80.000. In caso di garanzia al 100% (tipica dei microprestiti fino a €30k), la banca, una volta indennizzata, considera soddisfatto l’intero capitale e il residuo è dovuto interamente allo Stato.

Impatto sulle Centrali Rischi e sul rating: L’inadempimento viene segnalato alle centrali rischi bancarie private (CRIF, Experian, Cerved) già dopo poche settimane di ritardo e, oltre 90 giorni, alla Centrale Rischi di Banca d’Italia. Un arretrato di oltre 90 giorni qualifica il credito come “default” (o “sofferenza” se si evidenzia insolvenza). Il soggetto inadempiente entra così nel database dei cattivi pagatori, compromettendo il proprio rating e future possibilità di credito. Va però precisato che, durante le moratorie COVID del 2020-21, le banche avevano l’obbligo di non segnalare negativamente i ritardi dovuti alla sospensione forzata: Banca d’Italia confermò la neutralità delle moratorie nei sistemi di vigilanza. Terminata la moratoria, ogni rata non pagata tornerà a essere segnalata regolarmente, rimanendo negli archivi dei SIC per anni. In sintesi, l’inadempimento lascia comunque “macchie” creditizie dure a scomparire.

Conseguenze sui beni del debitore: Dopo l’escussione della garanzia statale, il credito residuo diventa un credito verso lo Stato, riscosso dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) con strumenti simili a quelli tributari. L’AdER può pignorare conti correnti, stipendi (entro i limiti di legge), immobili diversi dalla prima casa (il pignoramento della prima casa principale è inibito salvo condizioni particolari) e altri beni del debitore. Il debitore può però chiedere un piano di rateizzazione all’AdER (piani fino a 72 o 120 mesi, a seconda degli importi) per rimborsare il debito iscritto a ruolo. Ciò rappresenta un’ultima possibilità di sollievo per evitare misure esecutive drastiche.

3. Prestiti garantiti dal Fondo PMI (DL Liquidità e Cura Italia)

I prestiti garantiti dal Fondo Centrale di Garanzia PMI (spesso detti “prestiti MCC”) sono stati i principali strumenti di sostegno emergenziale. In base al D.L. 23/2020 (Liquidità) e al D.L. 18/2020 (Cura Italia), imprese e professionisti hanno potuto ottenere finanziamenti a condizioni favorevoli, con garanzia statale fino al 90%-100% dell’importo. Tali garanzie sono state concesse a titolo gratuito e senza la necessità di garanzie collaterali aggiuntive, a condizione di autocertificare i danni da COVID o la persistenza di condizioni di solvibilità (es. requisito “in bonis” al 31/12/2019).

3.1 Escussione della garanzia e surrogazione statale

In caso di mancato rimborso del prestito, il Fondo di Garanzia assolve una funzione di cuscinetto: la banca, anziché aggredire subito il debitore, può “escutere” la garanzia statale. Ciò implica che lo Stato versa l’importo garantito alla banca (entro il limite di copertura, tipicamente 80-90%) e si sostituisce ad essa per quella quota di credito. L’effetto pratico è un “sdoppiamento” dei creditori: il debitore deve ora €X alla banca (quota non garantita) e €Y allo Stato (quota pagata dal Fondo). In sostanza, il debito non viene cancellato: si trasforma in debito verso il nuovo creditore pubblico. Come precisato dalla Cassazione, dopo l’escussione lo Stato agisce per recuperare “risorse pubbliche” e il credito diventa privilegiato, potendo essere riscosso con modalità esattoriali (cartella di pagamento, fermo, etc.).

3.2 Natura privilegiata del credito statale

Sul piano concorsuale, la giurisprudenza ha riconosciuto che, una volta intervenuto il Fondo, il credito dello Stato gode di privilegio generale sui beni mobili del debitore. L’art.9, comma 5, D.Lgs.123/1998 e l’art.8-bis D.L.3/2015, hanno stabilito che gli aiuti statali recuperati godono di privilegio “una tantum”. La Cassazione ha confermato nel 2023 che, essendo il Fondo intervenuto non più per recuperare un credito bancario comune ma per “ripristinare risorse pubbliche”, il credito nasca già con rango privilegiato. Ne consegue che, in caso di fallimento del debitore, il credito del Fondo è soddisfatto prima di molti crediti chirografari (salvi i crediti prededucibili da spese di giustizia). In altre parole, lo Stato ripaga il prestito statale come se fosse un credito fiscale. Questo orientamento implica anche che la riscossione avviene tramite strumenti esattoriali (cartella di pagamento) con i limiti di legge (es. impignorabilità della prima casa se prima casa e “prima casa principale” del debitore).

3.3 Conseguenze penali e sanzioni per false dichiarazioni

Un aspetto cruciale è che l’ottenimento di un finanziamento garantito con false attestazioni può configurare reati penali. Chi ottiene indebitamente un prestito COVID garantito dallo Stato mediante dichiarazioni mendaci (ad esempio, autocertificando un falso danno da pandemia) integra il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.). La Corte di Cassazione (Sez. VI penale) ha più volte confermato questa qualificazione. Inoltre, una falsa autocertificazione rientra nel reato di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), punito con reclusione. Recenti sentenze della Cassazione hanno affermato che, in questi reati, “il profitto del reato è costituito dall’importo del finanziamento illegittimamente conseguito”, aprendo la strada alla confisca di tali somme illegittime (Cass. pen., 2022). In sintesi: oltre all’obbligo di restituzione del prestito, l’impresa o professionista che ha frodato lo Stato rischia sanzioni penali severe.

3.4 Responsabilità amministrativa e fallimentare

In caso di crisi o fallimento dell’impresa debitrice, si può profilare una responsabilità anche degli amministratori. L’uso di un prestito garantito per “tirare avanti” nonostante la conoscenza della crisi può configurare bancarotta semplice per aggravamento del dissesto (ex art. 217, co.1, n.4 legge fallimentare, ora nel nuovo Codice Crisi come reato di gestione inadeguata dell’insolvenza). In concreto, se gli amministratori hanno fatto nuovi debiti sapendo che l’impresa era già insolvente, possono essere accusati di aver aggravato il dissesto. La giurisprudenza di merito (Tribunale Torino) aveva ipotizzato tale profilo quando la banca aveva concesso un mutuo 100% garantito a un’impresa già indebitata, ritardandone il fallimento. Tuttavia, la Cassazione (sent. 26248/2024) ha rigidamente interpretato questo profilo: ha annullato con rinvio la pronuncia che aveva dichiarato nullo il mutuo per violazione degli obblighi di valutazione, osservando che in astratto non basta la negligenza bancaria per integrare un reato di bancarotta o nullità del contratto. In ogni caso, se gli amministratori sottraggono a fini personali i fondi del prestito, al fallimento ciò costituirà bancarotta fraudolenta patrimoniale. Va inoltre ricordato che la Corte dei Conti vigila su eventuali danni erariali: contributi o finanziamenti ottenuti indebitamente o non destinati agli scopi previsti possono portare a responsabilità amministrativa (es. revoche e azioni di recupero nei confronti degli eroganti).

4. Microcrediti e altri finanziamenti agevolati

I microcrediti ottenuti grazie alle misure emergenziali (lett. m) Cura Italia e lett. k) Liquidità) sono invece finanziamenti di importo modesto destinati in gran parte a piccole attività e professionisti. Il mancato rimborso di questi microprestiti comporta effetti analoghi al caso dei prestiti garantiti di cui sopra:

  • Anche nei microcrediti COVID la banca può attivare la garanzia statale (80-100%) e trasferire il credito allo Stato. L’esito patrimoniale è quindi identico: lo Stato reclama quanto versato, e il debitore resta esposto verso lo stesso importo.
  • Le centrali rischi segnaleranno regolarmente l’inadempimento anche di un microcredito. Durante le sospensioni 2020 tali segnalazioni erano sospese, ma dopo la fine delle moratorie qualsiasi ritardo viene registrato.
  • Anche per i microcrediti valgono le stesse regole contrattuali: dopo pochi mancati pagamenti la banca può dichiarare decadenza del termine e richiedere subito tutto il residuo. L’inadempimento resta puramente civile (non è di per sé reato), se non intervengono false dichiarazioni o frodi.
  • Il soggetto partita IVA o microimpresa che non rimborsa rischia quindi quanto descritto: recupero forzoso, garanzia attivata, segnalazioni negativ. Un plus per i microcrediti “personali” (3k€) è che spesso non vi è istruttoria formale o rating – tuttavia, questo non riduce le conseguenze in caso di default, se non l’entità dei fondi.

Per altri finanziamenti agevolati (ad esempio prestiti a tasso zero erogati da enti pubblici o contributi in conto interessi), non esistono garanzie statali analoghe. In caso di inadempimento, le normative specifiche prevedono di solito la revoca del beneficio, ossia il rientro totale delle somme. Spesso si richiede anche una penale (interessi di mora o maggiorazioni) calcolata in base alla regola dell’aiuto di Stato. Ad esempio, in un caso reale una ditta artigiana che non ha rendicontato spese per un contributo regionale ha subito revoca e intimazione di restituzione di capitale e interessi. In sintesi, anche per i finanziamenti agevolati (eppure “COVID” nell’intento) l’inadempimento civile comporta perdita del beneficio e recupero coattivo delle somme.

5. Moratorie COVID e sospensioni

Durante l’emergenza il legislatore e le banche hanno previsto diverse moratorie sui pagamenti. Come anticipato, l’art.56 del D.L. 18/2020 (Cura Italia) consentiva la sospensione fino al 30.9.2020 (poi prorogata) di rate di mutui e leasing per PMI, compresi esplicitamente i microcrediti. Vi sono state analoghe misure (ad. es. ampliamento Fondo Gasparrini prima casa e moratorie volontarie per prestiti al consumo). Queste sospensioni congelavano le rate senza considerarle inadempimento: come detto, nessuna segnalazione in Centrale Rischi, nessuna decadenza contrattuale, semplicemente la prima rata sospesa veniva spostata in fondo. Terminate le moratorie di legge, tuttavia, i prestiti torneranno ad essere esigibili “regolarmente”. Ciò significa che le rate successive riprenderanno il loro corso normale: se il debitore non riprenderà i pagamenti, scatteranno decadimento del termine e segnalazioni come di consueto. In pratica, le moratorie hanno solo rinviato la resa dei conti.

Effetti secondari: Durante la moratoria il merito creditizio restava sostanzialmente “intatto” (banca d’Italia e ABI avevano imposto di non deteriorare i rapporti in portafoglio). Ma allo scadere del blocco, le conseguenze accumulate si concretizzano in ritardi, inasprimento dei piani e peggioramento del rating. Inoltre, chi aveva già allungato il piano (es. allungamento a 10 anni) per effetto della moratoria vedrà comunque maggiorare l’ammontare totale degli interessi. In definitiva, terminata la sospensione il debitore deve fronteggiare il debito come se fosse nuovo, senza alcun condono automatico.

6. Impatto sul rating creditizio del debitore

L’inadempimento di un prestito COVID incide negativamente sul rating del soggetto, sia esso un imprenditore, un libero professionista o una famiglia. Le banche segnaleranno i ritardi ai sistemi di informazione creditizia privati (CRIF, Experian, Cerved) dopo 30-60 giorni di ritardo su una rata; superati i 90 giorni, scatta la segnalazione alla Centrale Rischi di Banca d’Italia. I ritardi (fino alla qualifica di sofferenza) rimangono memorizzati almeno 36 mesi dopo la regolarizzazione. La segna­lazione negativa comporta difficoltà oggettive: il debitore risulterà “cattivo pagatore” e le banche future potrebbero negare finanziamenti o concederli solo con garanzie molto rigide. In sintesi, anche se all’imprenditore vengano concesse dilazioni o transazioni, il mancato pagamento lascia sul suo “CRIF” un’ombra che ostacolerà l’accesso al credito nei prossimi anni.

7. Differenze in base alla forma giuridica dell’impresa

Gli effetti dell’inadempimento possono variare in ragione della forma giuridica dell’azienda debitore:

  • Partita IVA / Impresa individuale: Il titolare (persona fisica) risponde illimitatamente di tutti i debiti dell’attività. Ciò significa che, in caso di prestito COVID non pagato, tutti i suoi beni personali (compresa la prima casa, salvo il divieto generale di pignoramento per l’abitazione principale da parte dell’AdER) possono essere aggrediti dai creditori (banca e poi Erario per il Fondo). Lo stesso capitale di rischio (denaro personale investito) è a rischio. Tuttavia, va considerato che l’Agente della Riscossione non può pignorare la prima casa principale del contribuente, offrendo una minima protezione (diversa dalla banca, che potrebbe pignorare l’abitazione). In ogni caso, stipendi, conti correnti, seconde case e auto rimangono pignorabili.
  • Società di persone (S.n.c., S.a.s.): In queste imprese i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per i debiti sociali. Se la società contrae un prestito COVID e non lo rimborsa, i soci rischiano di vedersi escudere il patrimonio personale. In pratica, la banca (o poi lo Stato) potrà rivalersi sugli eventuali beni personali di ciascun socio, dopo aver escusso i beni sociali.
  • Società di capitali (S.r.l., S.p.A. ecc.): Per queste società la responsabilità dei soci è limitata al capitale conferito. In linea di principio, i creditori sociali (incluso lo Stato per il Fondo) possono aggredire solo il patrimonio aziendale. Tuttavia, i finanziamenti COVID spesso richiedono garanzie personali (fideiussioni) degli amministratori/soci, soprattutto in casi di società di piccola dimensione. Pertanto, se soci o amministratori hanno sottoscritto fideiussioni sul prestito, anche il loro patrimonio personale viene coinvolto. Inoltre, gli amministratori possono incorrere in responsabilità dirette (civile/penale) se hanno gestito male la società in crisi (art. 2086 c.c. e Codice Crisi). Ad esempio, non aver depositato per tempo istanza di fallimento o mantenuto l’impresa in perdita per ottenere credito ha implicazioni di responsabilità verso i creditori.

In sintesi, debitori indivuali e soci di snc/sas subiscono direttamente l’impatto patrimoniale. Società di capitali beneficiano della responsabilità limitata, ma restano esposte se vi sono garanzie personali o colpevole gestione aziendale. In ogni caso, il prestito non pago si riflette sia sul patrimonio societario sia (se presente) su quello personale dei garanti.

8. Strategie difensive per i debitori

Di fronte ad una richiesta di pagamento in caso di inadempimento, l’imprenditore o professionista può adottare diverse strategie di tutela:

  • Rinegoziazione del debito: Come prima opzione, è consigliabile tentare una trattativa con la banca. Molte banche hanno strumenti ABI o linee guida per ristrutturare i prestiti COVID (ad es. proroghe fino a 10 anni previa semplice procedura). Possono concordarsi nuovi piani di ammortamento, rateizzazioni temporanee, o saldo e stralcio (dove il debitore paga una parte del debito pattuita). È possibile anche chiedere al Fondo Garanzia o al Legislatore (tramite il proprio commercialista/avvocato) eventuali misure di sostegno, come riallestimenti o sostituzioni di garanzie.
  • Opposizione al decreto ingiuntivo: Se la banca ottiene un decreto ingiuntivo di pagamento (titolo esecutivo) nei confronti del debitore, quest’ultimo ha 40 giorni per proporre opposizione ex art. 645 c.p.c. L’opposizione può essere fondata su vari motivi tecnici: ad es. contestare l’esattezza del calcolo del debito, sostenere la nullità parziale del contratto (per vizi contrattuali o normativi), o documentare di aver già rimborsato somme. Per i prestiti COVID garantiti, non è però semplice impugnare la validità del contratto: come chiarito dalla Cassazione n.26248/2024, da sola l’ipotesi che la banca non abbia valutato il merito creditizio non rende nullo il prestito. In ogni caso, l’opposizione sospende l’esecuzione: se accolta, può far cadere il titolo esecutivo.
  • Transazioni e accordi stragiudiziali: Il debitore può cercare di chiudere il contenzioso con transazioni formali ai sensi del codice civile. Ciò significa accordarsi con il creditore (banca e/o lo Stato) su un importo ridotto e un nuovo piano di rimborso, facendo sottoscrivere una scrittura privata o atto notarile. Similmente, si può ricorrere alla composizione negoziata della crisi (legge 3/2012) o agli accordi di ristrutturazione del debito (ex D.Lgs. 14/2019), che prevedono l’adesione di tutti i creditori. Anche le procedure del sovraindebitamento (piano del consumatore o accordo di composizione) possono portare a un “saldo e stralcio” dei debiti residui, a patto di dimostrare meritevolezza e capacità di rimborsare una parte minima.
  • Procedimenti concorsuali: Se la crisi è grave, il ricorso a strumenti concorsuali può rappresentare una via difensiva. Un imprenditore può depositare istanza di concordato preventivo (liquidatorio o in continuità) per proporre ai creditori un piano di rientro che includa anche i prestiti COVID. In tal caso, i debiti verso banche e Fondo PMI vengono inseriti nel piano concordatario. Se il concordato ha esito, i debiti residui (non soddisfatti dal piano) sono estinti a norma di legge (incidente “esdebitazione”). In alternativa, per persone fisiche e P.IVA esistono procedure semplificate (es. accordi di composizione 3/2012) con possibile esdebitazione dei debiti residui. L’esdebitazione (per persona fisica/imprenditore minore) permette di ottenere la cancellazione dei debiti non coperti a fronte del buon adempimento del piano concordatario o del piano del consumatore. È però complessa e richiede il rispetto delle condizioni di legge.
  • Scudo penale e responsabilità: In fase di negoziazione o procedura si deve prestare attenzione alle responsabilità degli amministratori. Gli stessi strumenti del Codice della crisi offrono tutele (ad es. definizione collaborativa, liquidazione del patrimonio con esdebitazione, composizione assistita) che gli amministratori possono attivare per evitare sanzioni penali (bancarotta) o civili. In ogni caso, far trascorrere ulteriormente lo stato di crisi senza adottare misure può esporli a responsabilità verso i creditori.
  • Precauzioni pratiche: In concreto, il debitore dovrebbe mantenere copie delle comunicazioni, chiedere per iscritto ogni sollecito di pagamento, e se possibile attivare il commercialista o avvocato per negoziare. È importante sapere che, anche dopo l’intervento statale, lo Stato non ammette remissioni automatiche: “ogni euro pagato dallo Stato verrà richiesto integralmente al debitore”. Solo accordi formali con il creditore o procedure di insolvenza possono ridurre l’ammontare dovuto.

9. FAQ e casi pratici

D: Ho richiesto un prestito garantito COVID di €30.000 come libero professionista e non riesco più a pagarlo. Cosa succede?
R: Il prestito, garantito al 100% dal Fondo PMI, rimane dovuto. Dopo qualche rata non pagata la banca potrà escutere la garanzia statale. Lo Stato pagherà al posto suo €30.000 e diventerà suo creditore per quell’importo. Il professionista dovrà quindi restituire i €30.000 direttamente all’Agenzia Entrate (come se fosse una cartella esattoriale), oltre a eventuali rate non garantite rimaste. Il mancato pagamento verrà segnalato alle centrali rischi, rendendolo “cattivo pagatore” per anni. In ogni caso, l’impresa individuale risponde con tutto il suo patrimonio (tranne la prima casa per lo Stato). Conviene quindi cercare una rinegoziazione o una transazione con la banca prima che la situazione precipiti.

D: Sono amministratore di una S.r.l. con finanziamento COVID garantito. Se l’azienda va in crisi, rischio di dover pagare io personalmente?
R: In linea di principio la società di capitali risponde coi suoi beni, non con quelli personali degli amministratori. Tuttavia, se gli amministratori hanno fornito fideiussioni personali sul prestito, possono essere chiamati a pagare quei garanzie. Inoltre, se la crisi era nota e gli amministratori hanno utilizzato il prestito per continuare l’attività aggravando il dissesto, potrebbero essere accusati di bancarotta semplice per aggravamento. La Cassazione del 2024, però, ha precisato che non è automatica la nullità del contratto (né la bancarotta bancaria) per mancata verifica del merito da parte della banca. In ogni caso, gli amministratori devono attivarsi tempestivamente (anche con procedure preventive del Codice Crisi) per evitare responsabilità.

D: Ho sospeso le rate del mutuo aziendale con la moratoria COVID. Posso non riprendere i pagamenti dopo la scadenza?
R: No. La moratoria ha semplicemente sospeso temporaneamente le rate fino alla data prevista. Terminata la sospensione, il mutuo riprende il suo normale corso. Se non riprenderete i pagamenti, l’inadempimento sarà considerato come in qualsiasi altro mutuo: la banca potrà dichiarare decadenza del termine e chiedere l’immediato rimborso del capitale residuo. Anche le segnalazioni ai sistemi creditizi riprenderanno come prima. Le moratorie 2020 non hanno cancellato il debito, solo rinviato gli esborsi.

D: La banca mi ha notificato un decreto ingiuntivo per il prestito COVID. Come posso oppormi?
R: Puoi proporre opposizione entro 40 giorni dalla notifica, iscrivendoti al ruolo e indicando i motivi di fatto e di diritto. In opposizione potresti sostenere ad esempio che il calcolo del debito è errato o che ti sono stati addebitati costi ingiustificati. Sul piano sostanziale, la banca dovrà provare l’esistenza del debito residuo. In passato alcuni Tribunali hanno contestato (citando la Cass. n.26248/2024) la validità di mutui COVID concessi senza valutazione del merito, ma la Suprema Corte ha imposto criteri rigorosi: affermare la nullità esige prove specifiche di reato e dolo bancario. In pratica, per l’impresa è difficile far annullare il prestito sul piano giuridico, mentre è più efficace richiedere tempi e piani di rientro con la banca (es. proroga o dilazione). Se l’opposizione non è accolta, il decreto diventa titolo esecutivo: a quel punto, la banca (e successivamente lo Stato) potranno procedere con i pignoramenti.

D: Cosa rischiano soci e amministratori se il prestito COVID finisce in fallimento societario?
R: In caso di fallimento (liquidazione giudiziale), il prestito garantito sarà inserito nello stato passivo della società (a credito del Fondo PMI o della banca per la quota non garantita). Il curatore fallimentare può anche rivalersi contro i soci o i garanti personali se sono stati forniti fideiussioni. Se si scopre che gli amministratori hanno aggravato il dissesto (ad es. assumendo il prestito sapendo che l’azienda era insolvente), potrebbero rischiare il reato di bancarotta semplice per aggravamento del dissesto. Se invece hanno distratto i fondi (usandoli per fini estranei all’attività), al fallimento ciò costituirà bancarotta fraudolenta. Sul piano civile, possono essere chiamati in giudizio dai creditori sociali (o dallo Stato) per responsabilità amministrativa ex art. 2476 c.c. e simili, se violano gli obblighi di gestione dell’impresa in crisi. Pertanto è fondamentale che gli amministratori in difficoltà esplorino subito strumenti come ristrutturazioni o concordato per limitare danni e responsabilità.

D: È vero che lo Stato non può pignorare la mia prima casa per i debiti da prestiti COVID?
R: Sì, in generale la legge prevede l’impignorabilità della prima casa da parte del fisco nei casi in cui si tratti di abitazione principale del contribuente (ad esclusione delle ipoteche sorte prima e non cancellate). Nell’ipotesi di prestito garantito dallo Stato, dopo l’escussione il credito residuo diventa un credito di natura pubblica e viene riscosso con modalità esattoriali. L’Agenzia delle Entrate – Riscossione non può pignorare l’abitazione principale del debitore in base al d.lgs. 471/1997, salvo che non sia anche seconda casa o non ricada in eccezioni. Ciò significa che, diversamente da un’azione esecutiva bancaria, la casa principale del piccolo imprenditore o professionista è sostanzialmente protetta dai pignoramenti statali. Rimangono aggredibili, invece, gli altri beni: conti correnti, stipendi (fino al minimo vitale), immobili diversi dalla prima casa, veicoli di pregio, ecc.

D: Esiste una “remissione” del debito COVID per le imprese?
R: No, non esiste un meccanismo automatico di cancellazione del debito COVID. Lo Stato non concede sconti semplicemente perché ha pagato la banca. Come evidenziato nelle fonti, “il Fondo di Garanzia non prevede sconti o remissioni automatiche: ogni euro pagato dallo Stato verrà richiesto integralmente al debitore”. L’unica strada per alleggerire il debito è un accordo (transazione, rinegoziazione) con il creditore o una procedura concorsuale (concordato, esdebitazione) che preveda un ridimensionamento condiviso. In generale, qualsiasi remissione deve essere oggetto di trattativa con la banca o del piano concordatario omologato dal tribunale.

10. Fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali principali

  • Norme primarie: D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. “Cura Italia”) – artt. 13-14 (potenziamento Fondo PMI), art. 49 (microcredito), art. 56 (moratoria); D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. “Liquidità”), conv. L. 5/6/2020 n. 40 – art. 13 (fondo garanzia ampliato, finanziamenti fino a €30k con garanzia al 100%); D.Lgs. 385/1993 (Testo Unico Bancario) – in particolare art. 111 (microcredito) e art. 5 (obbligo diligenza delle banche); D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa, aggiornato dal D.Lgs. 136/2024); Codice Civile – artt. 1218 (adempimento), 1203 (surrogazione), 2086 (obbligo di gestione), 2476, 2497 (responsabilità degli amministratori).
  • Norme sui reati: Codice penale – art. 316-ter (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), art. 483 (falsità ideologica), artt. 217 e 2631-2632 cod. civ. (bancarotta e responsabilità amministratori nel vecchio regime), nuovo Codice Crisi – artt. 447-451 (delitti fallimentari).
  • Giurisprudenza civile e penale: Cass. civ. Sez. I, 8 ottobre 2024, n. 26248 (nullità dei mutui COVID per violazione art.5 TUB); Cass. pen., Sez. VI, 13 gennaio 2022, n. 11246 (indebita percezione di erogazioni pubbliche); Cass. pen., Sez. VI, 24 novembre 2021 (medesimo tema); Cass. civ. Sez. I, 1 agosto 2023, n. 23411 (credito statale privilegiato); Tribunale di Torino, 6 novembre 2022 (mutuo nullità, al p.t. applicato); Tribunale di Napoli, 22 febbraio 2022 (omologa accordo di composizione della crisi L.3/2012 per famiglia indebitata).

Cosa Succede Se Non Si Paga il Prestito Covid – Perché Affidarti a Studio Monardo

Hai ottenuto un prestito Covid garantito dallo Stato (tramite MCC o SACE) e oggi non riesci più a pagare le rate?

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⚠️ Se non intervieni, la banca può avviare la decadenza dal beneficio del termine e chiederti il rientro immediato dell’intero debito, anche con l’intervento di SACE o MCC per il recupero forzato.

Cosa può fare per te l’Avvocato Giuseppe Monardo

Analizza il contratto di finanziamento e i documenti firmati, individuando eventuali vizi o margini di difesa

Blocca richieste illegittime o eccessive, anche se il prestito è stato garantito dallo Stato

Contesta eventuali segnalazioni a sofferenza e centrale rischi, che danneggiano la tua reputazione creditizia

Predispone un piano di rientro o un saldo e stralcio, trattando direttamente con la banca o l’intermediario

Attiva, se necessario, una procedura di sovraindebitamento, per bloccare pignoramenti e cancellare parte o tutto il debito

Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

🔹 Avvocato esperto in contenzioso bancario e debiti da finanziamenti pubblici
🔹 Gestore della Crisi da Sovraindebitamento – iscritto al Ministero della Giustizia
🔹 Negoziatore della Crisi d’Impresa – abilitato ex D.L. 118/2021
🔹 Fiduciario OCC – Organismo di Composizione della Crisi
🔹 Coordinatore nazionale di avvocati esperti in diritto bancario, finanziario e crisi aziendali

Perché agire subito

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⚠️ Anche se il prestito è “garantito”, sei comunque responsabile del rimborso
📉 Rischi immediati: decreti ingiuntivi, pignoramenti, perdita di accesso al credito e blocco dell’attività
🔐 Solo un avvocato esperto può difenderti legalmente e trovare una via d’uscita sostenibile

Conclusione

Non riuscire a pagare un prestito Covid non è una colpa, ma una condizione che si può affrontare con gli strumenti giusti.
La garanzia statale non annulla la tua responsabilità, ma ti consente – se ben assistito – di negoziare, ristrutturare o azzerare il debito in casi di crisi reale.

Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa scegliere una difesa competente, concreta e su misura per proteggere la tua impresa e il tuo futuro.

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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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