Hai ricevuto un avviso di accertamento, una cartella esattoriale o un atto dell’Agenzia delle Entrate che ritieni ingiusto? Vuoi sapere come presentare ricorso alla Commissione Tributaria per difenderti?
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati specializzati in contenzioso tributario – è pensata per aiutarti a impugnare correttamente gli atti del Fisco e tutelare i tuoi diritti.
Scopri come funziona il ricorso alla Commissione Tributaria, quali sono gli atti impugnabili, entro quali termini presentarlo, quali documenti servono e quali errori evitare per non compromettere la tua difesa.
Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, far analizzare il tuo caso da un avvocato esperto e preparare una strategia su misura per contrastare efficacemente le pretese fiscali.
Introduzione:
Il costo di un ricorso alla Commissione Tributaria (oggi “Corte di Giustizia Tributaria”) dipende da diversi elementi, tra cui il valore della controversia, le spese vive da sostenere per l’avvio del procedimento, la necessità di assistenza tecnica e gli eventuali oneri legati al rischio di soccombenza. Sebbene non esista un costo fisso uguale per tutti i casi, è possibile identificare le principali voci che incidono sul costo complessivo del ricorso e costruire una stima attendibile per ciascun scenario.
Il primo costo certo e obbligatorio è il contributo unificato tributario, una tassa di accesso al giudizio che varia in base al valore della lite, ovvero all’importo della pretesa fiscale contestata, al netto di interessi e sanzioni (salvo casi particolari). Gli importi attualmente in vigore sono:
- 30 euro per controversie fino a 2.582,28 euro
- 60 euro tra 2.582,29 e 5.000 euro
- 120 euro tra 5.000,01 e 25.000 euro
- 250 euro tra 25.000,01 e 75.000 euro
- 500 euro tra 75.000,01 e 200.000 euro
- 1.500 euro oltre 200.000 euro
Il versamento va effettuato tramite modello F23 o F24 a seconda delle modalità previste dal giudice competente e deve essere allegato al momento del deposito del ricorso, pena l’inammissibilità. A questo si aggiungono le spese vive: marche da bollo per le copie autentiche, costi per la notifica del ricorso (se effettuata tramite servizio postale o ufficiale giudiziario), e talvolta costi per ottenere documentazione amministrativa o contabile da allegare. Queste spese variano in media da 50 a 150 euro a seconda dei casi.
Un’altra voce importante è il compenso del professionista che assiste il contribuente. L’assistenza tecnica è obbligatoria in tutte le controversie superiori a 3.000 euro (salvo che il contribuente sia abilitato alla difesa), e fortemente consigliata anche sotto tale soglia, dato il tecnicismo del processo tributario. Il compenso dell’avvocato tributarista, del commercialista o di altro difensore abilitato può essere:
- a forfait, in base al valore della lite e al grado di complessità
- a percentuale, sul valore dell’imposta contestata
- a tariffa, secondo i parametri ministeriali o con accordi personalizzati
Indicativamente, per una controversia semplice sotto i 10.000 euro, il costo può oscillare tra 500 e 1.500 euro; per liti tra 25.000 e 75.000 euro, può salire a 2.000–4.000 euro; per cause di valore elevato o con più gradi di giudizio, anche oltre 5.000 euro. Alcuni professionisti prevedono anche una componente variabile, legata all’esito favorevole.
Per chi versa in condizioni economiche disagiate, è possibile richiedere il patrocinio a spese dello Stato, che consente di farsi assistere gratuitamente, se il reddito del nucleo familiare non supera il limite fissato annualmente (attorno ai 12.000 euro). In tal caso, tutti i costi, incluse imposte di bollo, notifica e compenso del difensore, sono a carico dell’erario.
Un altro costo potenziale da considerare è quello relativo alle spese di soccombenza, cioè l’obbligo di pagare le spese processuali alla controparte se si perde la causa. Il giudice, in base al valore e alla complessità della controversia, può condannare il contribuente a rimborsare all’Agenzia delle Entrate o all’ente impositore le spese legali, anche per migliaia di euro. In casi di parziale soccombenza o controversie particolarmente complesse, le spese possono essere compensate, cioè ognuno paga le proprie. Tuttavia, il rischio esiste e va valutato prima di procedere.
In alcuni casi, la controversia può chiudersi in via agevolata, ad esempio tramite conciliazione giudiziale o mediazione tributaria (obbligatoria per liti fino a 50.000 euro), con una significativa riduzione delle sanzioni e, a volte, anche delle spese. In fase di mediazione, il contribuente può proporre un pagamento parziale o dilazionato, evitando il contenzioso e riducendo i costi complessivi.
Infine, va considerata l’eventuale necessità di sostenere costi per perizie tecniche, consulenze contabili, traduzioni giurate o altre attività specialistiche in caso di contenziosi complessi o con impatti su più annualità.
In conclusione, il costo di un ricorso tributario dipende dal valore della controversia, dalla complessità del caso, dalla necessità di assistenza tecnica e dai rischi di soccombenza. La scelta di presentare ricorso deve essere accompagnata da una valutazione costi-benefici consapevole, meglio se con il supporto di un consulente. In molti casi, soluzioni alternative come la mediazione o l’adesione all’accertamento possono evitare spese processuali più onerose e garantire un risultato più rapido e prevedibile.
Voce di Costo | Importo indicativo (€) | Descrizione sintetica |
---|---|---|
Contributo unificato tributario | 30 – 1.500 | Tassa d’iscrizione al ruolo, calcolata sul valore della lite |
Spese vive | 50 – 150 | Notifiche, marche da bollo, documenti, copie |
Compenso del professionista | 500 – 5.000+ | In base al valore, complessità e durata della controversia |
Patrocinio a spese dello Stato | 0 (se ammesso) | Gratuito per redditi bassi, previo esame dei requisiti |
Rischio spese di soccombenza | Variabile | Il giudice può condannare il contribuente a pagare le spese dell’ente impositore |
Costi da mediazione o conciliazione | Ridotti | Possono evitare il contenzioso con minori costi e sanzioni ridotte |
Costi accessori tecnici (perizie, consulenze) | 200 – 2.000+ (se necessari) | In casi particolari, per questioni contabili, tecniche o immobiliari complesse |
Ma andiamo ora ad approfondire:
1. Tipi e fasi del contenzioso tributario
- Reclamo e mediazione tributaria (fino al 2023): prima di adire il giudice tributario, per controversie di valore fino a €50.000 il contribuente doveva presentare reclamo all’Agenzia delle Entrate con proposta di mediazione entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. L’Agenzia aveva 90 giorni per rispondere o proporre un accordo. Solo in caso di rifiuto o mancato accordo il contribuente poteva adire la Commissione/Corte di Giustizia Tributaria di primo grado entro altri 30 giorni. Dal 4 gennaio 2024 questo istituto è stato abrogato (DLgs. 220/2023): i ricorsi notificati dal 4/1/2024 in poi possono essere proposti direttamente in tribunale tributario senza reclamo preventivo. Il Ministero dell’Economia ha precisato che l’abrogazione si applica ai ricorsi notificati dall’4/1/2024 in poi; per quelli inviati entro il 3/1/2024 resta valida la vecchia disciplina.
- Primo grado (Commissione/Corte di Giustizia Tributaria di I grado): il ricorso tributario si propone alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (ex “commissione provinciale”), entro 60 giorni dalla notifica dell’atto impugnato (a pena di inammissibilità). Il giudice valuta la fondatezza delle ragioni del contribuente. Tipicamente si attende oltre un anno per la decisione (oltre 12–18 mesi nei dati recenti). Se il giudice accoglie il ricorso il contribuente ottiene la cancellazione totale o parziale del debito tributario; in caso contrario il debito rimane dovuto con sanzioni e interessi. In entrambi i casi le motivazioni della sentenza sono immediatamente esecutive (non serve attendere il termine per gli ulteriori gradi di giudizio).
- Secondo grado (Corte di Giustizia Tributaria di II grado – appello): si può fare appello contro la sentenza di primo grado (senza termine di valore minimo). L’appello va notificato entro 60 giorni dalla decisione del primo grado. L’appello si tiene dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria “di secondo grado” (ex “commissione regionale”). Anche l’appello dura mediamente uno o due anni. Se l’appello ha esito favorevole al contribuente, il debito (con sanzioni) viene annullato; se favorevole al fisco, il contribuente è condannato. In appello, come in primo grado, le spese di giudizio restano in linea di massima a carico del soccombente (vedi FAQ e fonti normative).
- Ricorso per Cassazione: è ammesso soltanto in presenza di questioni di diritto (es. interpretazione di norme). Va proposto entro 60 giorni dall’udienza di appello. Il contributo unificato è equiparato a quello civile (vedi sotto), e i tempi di giudizio sono molto lunghi (spesso 2–3 anni di istruttoria; obiettivo di riduzione a 2 anni secondo i piani ministeriali). Le pronunce della Cassazione sono limitate a questioni giuridiche, non a nuove valutazioni di merito. Le possibilità di accoglimento in Cassazione sono inferiori rispetto ai gradi precedenti, data la natura selettiva dei criteri (va dimostrata violazione o interpretazione erronea della legge). Se accolta, la causa può tornare al secondo grado per riesame nel rispetto dell’orientamento di diritto stabilito.
2. Costi diretti del contenzioso tributario
Nel contenzioso tributario si devono sostenere costi diretti quali il contributo unificato, gli onorari del legale, le eventuali consulenze tecniche/perizie, oltre alle spese vive (notifiche, copie, bolli).
- Contributo Unificato (CUT) tributario: è la tassa di iscrizione a ruolo. I suoi importi sono fissati dal DPR n.115/2002 (T.U. spese di giustizia), art. 13 e seguenti. Nel processo tributario il contributo varia in base al valore della controversia. Per il primo grado, ad esempio, si applicano questi scaglioni (soglie di valore e importo in euro): Valore controversia (attribuito dal ricorrente) Contributo unificato dovuto (I grado) fino a €2.582,28 € 30 da €2.582,29 a €5.000 € 60 da €5.000,01 a €25.000 € 120 da €25.000,01 a €75.000 € 250 da €75.000,01 a €200.000 € 500 oltre €200.000 € 1.500
- (Fonte: tabelle ufficiali esposte da Avv. Andreani).
- Onorari legali: l’avvocato o il professionista fiscale viene pagato con parcella. Non esiste una tariffa obbligatoria fissa nel contenzioso tributario, ma si usano i parametri forensi stabiliti dal DM 55/2014 (aggiornato 2022). Questi parametri danno fasce di compenso indicative in base al valore della controversia e alla fase procedurale. Ad esempio, per una lite di valore compreso tra €26.000 e €52.000, il parametro del “contributo alla decisione” (fase finale della causa) prevede un onorario minimo di circa €2.085 e massimo di €6.254. In generale, la parcella totale può andare dal 2–3% del valore in contestazione fino a tariffe fisse concordate. I parametri servono solo come linee guida; in pratica le parti possono accordarsi liberamente.
- Consulenze tecniche e perizie: spesso nei ricorsi tributari si allegano perizie tecniche (es. valutazioni immobiliari, stime aziendali, CTU contabili). Gli onorari dei consulenti tecnici sono regolati dal DM 143/2014 (agg. 2022) e dipendono dal tipo di perizia. A titolo di esempio, per una perizia di inventari e rendiconti contabili, l’onorario può variare da €145,12 a €970,42. Per questioni più complesse (valori aziendali, attuario, ecc.), gli importi possono salire fino a qualche migliaio di euro. In ogni caso, le spese peritali vanno pagate in anticipo dal contribuente e, se la causa si conclude a suo favore, possono essere richieste in rimborso (vedi FAQ).
- Spese vive e amministrative: includono marche da bollo (ad es. marca da bollo da €16,00 sul ricorso), diritti di segreteria, notifiche a mezzo ufficiale giudiziario o posta, spese di cancelleria e similari. Sono di solito modeste (dell’ordine di poche decine/centinaia di euro), ma sono costi in più a carico del contribuente.
3. Costi indiretti e rischi
Oltre ai costi diretti sopra elencati, il contenzioso tributario implica rischi finanziari indiretti:
- Sanzioni tributarie: se il contribuente perde, deve pagare l’imposta contestata con le sanzioni previste dalla legge. In generale, la sanzione base è del 120% dell’imposta non versata (ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 471/1997), salvo riduzioni nei casi favorevoli al contribuente (es. ravvedimento). Le sanzioni aumentano il costo dell’eventuale soccombenza. Se invece il contribuente vince, l’Amministrazione è condannata a restituire solo l’imposta principale indebitamente riscossa (più interessi), non però le sanzioni già emesse (salvo revoca amministrativa).
- Interessi legali: per il periodo di tempo tra la data originaria di pagamento e l’effettivo versamento (post-sentenza), si applicano gli interessi legali (intorno al 4–5% annuo attualmente). Anche questi aumentano l’importo da pagare in caso di soccombenza.
- Rischio di pagare le spese di giudizio: nel processo tributario la regola generale (art. 17 D.Lgs. 546/1992) era che ciascuna parte sopporta le proprie spese. Tuttavia, per liti di valore superiore a €2.582,28 (vecchi Lire 5 milioni) il giudice è tenuto a condannare il soccombente a rimborsare le spese alla parte vittoriosa. In pratica, chi perde paga il contributo unificato (CUT) e – in certi casi – una parte degli onorari dell’altro. In caso di estinzione del giudizio per sopravvenuta mancanza di oggetto, le spese restano generalmente a carico di chi le ha anticipate. Questo significa che vincere consente in genere di recuperare il CUT e parte del costo legale: il giudice può rimettere nelle tasche del contribuente vittorioso le spese processuali (vedi FAQ).
4. Dati aggiornati: tariffe e statistiche
Ecco alcuni dati recenti e tabelle riepilogative sui costi e sugli esiti del contenzioso tributario.
- Contributo unificato: come visto, per il primo grado la tabella degli importi è la seguente: Valore controversia Contributo unificato (primo grado) fino a €2.582,28 € 30 €2.582,29 – €5.000,00 € 60 €5.000,01 – €25.000,00 € 120 €25.000,01 – €75.000,00 € 250 €75.000,01 – €200.000,00 € 500 oltre €200.000 € 1.500 Per confronto, nelle sezioni specializzate di appello (ad es. nelle controversie di lavoro) o in Cassazione si usano i contributi del civile: in Cassazione ad esempio si pagano €1.036 in media (per valore “indeterminabile”), saliti a €3.372 per i casi di gran valore.
- Costi legali (parcelle): i parametri forensi danno un’idea degli onorari minimi/massimi. Ad esempio, per un contenzioso di €52.000 la tabella (fase decisionale) indica un onorario minimo ≈€2.085 e massimo ≈€6.254. In pratica, studi tributari specialistici chiedono spesso una percentuale del valore (spesso dal 2% in su) o importi fissi concordati. Non esistono aliquote fisse obbligatorie.
- Consulenze/perizie: come detto, per perizie contabili DM 143/2014 prevede compensi da poche decine a qualche centinaio di euro (es. 145–970 €). Per perizie finanziarie o immobiliari i costi possono superare i 1.000–2.000 euro, a seconda della complessità.
- Tempi di giudizio: prima della riforma, il contenzioso tributario era notoriamente lungo. Dati 2017 indicavano una durata media del primo grado di oltre 2 anni (758 giorni), mentre l’intero ricorso (primo e secondo grado) superava i 4 anni. Le recenti semplificazioni digitali hanno ridotto i tempi: secondo la Relazione 2023 del MEF, la durata media del primo grado è ora circa 1 anno e 2 mesi (il valore più basso dal 2019), e il secondo grado varia anch’esso (dati non citati esplicitamente). In ogni caso, conviene prevedere almeno 1–2 anni per le prime due fasi, più altri 1–2 anni se si arriva in Cassazione.
- Probabilità di vittoria: i dati statistici ufficiali (IV trim. 2023) mostrano che l’Amministrazione finanziaria vince in una quota importante di cause. In primo grado il fisco risulta totalmente favorevole in circa il 47% delle sentenze (per valore 47% dei ruoli), mentre il contribuente ottiene una vittoria piena solo nel 27,5% dei casi. In appello la percentuale di sentenze favorevoli al contribuente scende ulteriormente: solo il 23,9% dei provvedimenti di secondo grado è completamente favorevole al contribuente. (Le cause intermedie, con esito parziale, sono un’altra percentuale). In sintesi, come sintetizza FiscoOggi: il contribuente vince in primo grado meno di 3 volte su 10, e in appello meno di 1 volta su 4. Queste percentuali sono influenzate anche dal fatto che molte liti di modesto importo finiscono con il contribuente soccombente.
5. Tabelle riepilogative
Tabella 1 – Contributo Unificato (Primo Grado)
Valore della Controversia (€) | Contributo Unificato (I Grado) |
---|---|
Fino a 2.582,28 | 30 € |
Da 2.582,29 a 5.000,00 | 60 € |
Da 5.000,01 a 25.000,00 | 120 € |
Da 25.000,01 a 75.000,00 | 250 € |
Da 75.000,01 a 200.000,00 | 500 € |
Oltre 200.000,00 | 1.500 € |
Tabella 2 – Esiti e Probabilità (Dati 2023)
Grado di Giudizio | % Vittorie del Contribuente |
---|---|
Corte di I grado (primo grado) | ~ 27% |
Corte di II grado (appello) | ~ 24% |
Corte di Cassazione | – (dato non rilevato) |
Fonte: Rapporto IV trimestre 2023, Direzione Giustizia Tributaria
6. FAQ – Domande frequenti
- D: Quanto costa presentare un ricorso in primo grado?
R: Il costo immediato è principalmente il contributo unificato più eventualmente le spese di notifiche. Per esempio, se si impugna un atto che contesta €10.000 di imposte, il contributo (vedi Tabella 1) sarebbe €120. A questo va aggiunto l’onorario del legale (variabile), eventuali perizie (se richieste), e spese di cancelleria/posta. In sintesi, un ricorso di media entità (ca. €10-20k) comporta un contributo ~€120, più alcune centinaia di euro di spese vive e onorari legali. - D: Cosa si paga in appello e in Cassazione?
R: Anche l’appello e la Cassazione richiedono il pagamento del contributo unificato. L’appello in genere costa di più (di norma il 50% in più rispetto al primo grado). In Cassazione si paga come in civile: circa €1.036 (valore indeterminabile) o €3.372 per controversie di grande importo. In aggiunta bisogna pagare gli onorari degli avvocati del secondo grado e, se accettato l’atto, quelli del cassazionista. - D: Quanto costa la mediazione (reclamo) tributaria?
R: Fino al 2023 la procedura di reclamo e mediazione era gratuita, cioè senza contributo unificato, ma richiedeva il tempo indicato (60 giorni per presentare l’istanza). Dal 2024 l’istituto è soppresso, quindi non è più necessario impegnarsi in tale fase (si va direttamente all’udienza). - D: I costi legali si possono recuperare se vinco?
R: Sì, in parte. In base all’art. 15 del D.Lgs. 546/1992 il giudice tributario condanna la parte soccombente a rimborsare le spese di lite della parte vincitrice, per controversie di valore superiore a €2.582,28. Di conseguenza, se il contribuente vince, la sentenza di solito gli restituisce il contributo unificato pagato (poiché era una spesa di lite) e può fargli recuperare parte degli onorari dell’avvocato. Attenzione però: non si recuperano mai le spese vive come le marche da bollo già versate, e l’entità del rimborso degli onorari dipende dalla decisione del giudice. Se invece il contribuente perde, sarà lui a rimborsare le spese legali all’Agenzia. - D: Quanto tempo ci vuole per avere una sentenza?
R: Non c’è una regola fissa, ma in media oggi un ricorso in primo grado può durare 1–2 anni. Come dato di riferimento, dati 2017 indicavano circa 2 anni per la prima sentenza. Le riforme degli ultimi anni (uso del deposito telematico e semplificazioni) hanno ridotto i tempi: nel 2023 il primo grado è durato in media circa 14 mesi (valore più basso degli ultimi anni). L’appello richiede solitamente tempi analoghi, quindi prevedere almeno altri 12–18 mesi per il secondo grado. Se si ricorre in Cassazione, aggiungere anche altri anni per l’udienza e la decisione. - D: Quali rischi corro se perdo il contenzioso?
R: Se il contribuente perde, deve pagare il tributo originale con sanzioni e interessi maturati. Tipicamente la sanzione minima è il 120% dell’imposta (art. 13 D.Lgs. 471/97), salvo casi di ravvedimento ridotto. Aggiungere gli interessi legali fino al pagamento. In più, il giudice lo condannerà a pagare le spese di giudizio dell’Agenzia (quindi devolverà il contributo unificato e parte degli onorari al Fisco). In sintesi, perdere significa raddoppiare o triplicare l’esborso fiscale iniziale, oltre alle spese legali sostenute. - D: Quante possibilità ho di vincere?
R: Dipende dal caso, ma le statistiche mostrano che storicamente il contribuente vince meno spesso del fisco. Come detto, in primo grado le sentenze totalmente favorevoli al contribuente sono intorno al 27%, e in appello solo il ~24%. Va comunque considerato che spesso i ricorsi di valore modesto (es. piccoli tributi locali) finiscono senza soddisfare il contribuente. Non esistono garanzie: il successo dipende dalla forza degli argomenti giuridici e dalla prova presentata. - D: Conviene fare ricorso o accettare l’atto?
R: Se si ritiene che l’atto dell’Agenzia sia illegittimo o errato (es. si dispone di documenti che dimostrino l’errore), può valere la pena impugnare: i costi diretti (contributo, onorari) sono solo una frazione delle somme in gioco. Se invece la controversia è di modesto importo e l’esito è incerto, occorre valutare il rapporto fra rischio (sanzioni), costi e tempo. In ogni caso, dopo l’abrogazione del reclamo-mediazione non c’è più il “filtro” amministrativo preliminare: se si intende contestare un atto, si può direttamente fare ricorso.
7. Fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali
- Normativa principale: D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (nuovo Testo unico del contenzioso tributario); D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico spese di giustizia); Legge 27/12/2013, n. 147 (finanziaria 2014) – art.1 c.598 (valore lite nelle commissioni); Legge 22/12/2022, n. 234 (Legge di Bilancio 2023) – art.4 (rinominazione delle corti tributarie); Legge 6/8/2023, n. 111 (Delega fiscale); D.Lgs. 8/11/2023, n. 219 e D.Lgs. 20/12/2023, n. 220 (attuazione della delega fiscale, abolizione reclamo/mediazione); DM 30/6/2014, n. 55 (parametri forensi); DM 25/3/2014, n. 143 (compensi CTU); altri decreti ministeriali e circolari del MEF in materia di contributo unificato.
- Giurisprudenza significativa: Corte di Cassazione, ordinanza 10/10/2024 n. 26439 (calcolo del contributo unificato per iscrizione ipotecaria); ordinanza 20/12/2024 n. 33702 (Onlus e contributo unificato); Sezioni Unite Cass. 15/4/2021 n. 10013 (sulla non esenzione delle Onlus); Cass. 21/2/2018 n. 1144 (principi su ipoteca tributaria); oltre a numerose sentenze di merito delle Commissioni e Corti Tributarie.
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