La tua impresa non riesce più a far fronte ai debiti e hai ricevuto un’istanza di liquidazione giudiziale? O temi che la situazione possa degenerare fino al fallimento?
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto della crisi d’impresa e procedure concorsuali – è pensata per aiutarti a comprendere cosa comporta la liquidazione giudiziale, come evitarla e come difenderti.
Scopri quando viene disposta la liquidazione giudiziale, cosa cambia rispetto al fallimento, quali sono le conseguenze per l’imprenditore, gli amministratori e i soci, e quali soluzioni alternative puoi attivare, come la composizione negoziata della crisi o il piano di ristrutturazione del debito.
Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, analizzare la tua situazione con un avvocato esperto e studiare una strategia su misura per salvare la tua impresa o tutelarti nel corso della procedura.
Introduzione:
La liquidazione giudiziale è la procedura concorsuale che ha sostituito il vecchio fallimento a seguito dell’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019). Essa rappresenta lo strumento con cui si accerta l’insolvenza di un’impresa e si procede alla liquidazione del suo patrimonio sotto il controllo del tribunale, al fine di soddisfare i creditori secondo un ordine legale. Ma quando può essere avviata? Qual è il debito minimo richiesto e quali sono i requisiti soggettivi e oggettivi?
Innanzitutto, per l’apertura della procedura è necessario che sussista uno stato di insolvenza, ossia l’impossibilità dell’impresa di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni. L’insolvenza deve essere attuale e non solo prospettica. La verifica dello stato di insolvenza è compito del tribunale, che valuta le circostanze concrete, come protesti, pignoramenti, inadempimenti prolungati, mancati pagamenti verso fornitori, banche o dipendenti, dichiarazioni di incapienza, blocco della produzione, ecc.
Per quanto riguarda il debito minimo, l’art. 2, comma 1, lettera d), e l’art. 121 del Codice della Crisi stabiliscono che la procedura di liquidazione giudiziale può essere richiesta se l’impresa ha debiti scaduti e non pagati per almeno 30.000 euro. Questo limite è stato aggiornato rispetto alla normativa fallimentare precedente, che prevedeva soglie più articolate basate su ricavi e attivo. Adesso, il dato dirimente è l’esistenza di una esposizione non onorata pari o superiore a tale soglia, il che rende più chiaro e uniforme l’accesso alla procedura. Va precisato che il debito deve essere scaduto, certo e liquido, e non può consistere solo in posizioni contestate o potenziali.
La richiesta può essere presentata dallo stesso debitore (autoliquidazione), da un creditore, dal pubblico ministero o, in alcuni casi, anche da organi di vigilanza come l’INPS o l’Agenzia delle Entrate, quando ricorrono gravi indizi di insolvenza. Se a presentare la domanda è un creditore, deve allegare documentazione che provi il credito, il mancato pagamento e l’esistenza dell’insolvenza. Se la domanda è presentata dal debitore, deve contenere una relazione sulla propria situazione economico-finanziaria, l’elenco dei creditori, dei debiti, dei beni, dei contenziosi in corso e degli atti di straordinaria amministrazione effettuati negli ultimi anni.
Sul piano soggettivo, la liquidazione giudiziale riguarda gli imprenditori commerciali che superano determinati parametri dimensionali, ovvero che non sono qualificabili come “sotto soglia”. Sono esclusi dalla procedura gli imprenditori minori, che possono invece accedere a procedure semplificate come il concordato minore o la liquidazione controllata del patrimonio. Per essere soggetto a liquidazione giudiziale, l’impresa deve avere superato, in almeno uno dei tre esercizi precedenti, anche solo uno dei seguenti limiti:
- Ricavi annui superiori a 200.000 euro
- Attivo patrimoniale superiore a 300.000 euro
- Debiti, anche non scaduti, superiori a 500.000 euro
Se l’impresa non ha superato almeno uno di questi limiti, non può essere dichiarata in liquidazione giudiziale, ma potrà accedere solo a procedure per crisi da sovraindebitamento. In caso di società, anche gli amministratori, i soci illimitatamente responsabili e i componenti degli organi di controllo possono essere coinvolti nella procedura, sia per l’attività di verifica delle cause della crisi, sia – in presenza di irregolarità – ai fini dell’eventuale responsabilità patrimoniale o penale.
Va inoltre ricordato che l’avvio della procedura comporta una serie di effetti immediati: il blocco delle azioni esecutive individuali, la sospensione degli interessi sui debiti chirografari, lo scioglimento o la sospensione dei contratti pendenti, la nomina di un giudice delegato e di un curatore. Quest’ultimo prende in carico la gestione del patrimonio, la sua liquidazione e la ripartizione tra i creditori secondo l’ordine delle cause legittime di prelazione.
La procedura si svolge sotto la supervisione del tribunale e prevede una fase di verifica del passivo, in cui i creditori devono presentare domanda di ammissione. Alla fine, dopo la liquidazione dell’attivo e la chiusura della procedura, il debitore può accedere all’esdebitazione, cioè alla liberazione dai debiti residui non soddisfatti, se ne ricorrono i requisiti di buona fede e collaborazione.
In sintesi, per l’apertura della liquidazione giudiziale occorre che l’impresa versi in stato di insolvenza, che esista un debito certo, liquido e scaduto pari ad almeno 30.000 euro, e che siano superati i requisiti dimensionali minimi stabiliti dalla legge. Il rispetto di questi requisiti è imprescindibile: se manca anche uno solo di essi, la domanda verrà rigettata. La procedura, una volta aperta, comporta effetti giuridici, patrimoniali e personali rilevanti, per cui va affrontata con assistenza qualificata e con piena consapevolezza delle conseguenze.
Requisito o Elemento | Descrizione sintetica |
---|---|
Debito minimo | Almeno 30.000 euro di debiti scaduti, certi e liquidi |
Stato di insolvenza | Impossibilità attuale di far fronte regolarmente alle obbligazioni |
Soggetti legittimati | Debitore, creditore, PM, enti pubblici (es. INPS, AE) |
Parametri dimensionali | Ricavi > 200.000 €, Attivo > 300.000 €, Debiti > 500.000 € (superati in almeno uno degli ultimi 3 anni) |
Imprenditori esclusi | Imprenditori minori, artigiani e soggetti sotto soglia |
Effetti della procedura | Sospensione esecuzioni, blocco interessi, nomina curatore, gestione liquidatoria |
Ammissione al passivo | Creditori devono depositare domanda entro i termini fissati dal giudice |
Possibile esdebitazione finale | Libera il debitore dai debiti residui se ha cooperato e agito in buona fede |
Documentazione da allegare | Elenco creditori, beni, conti, contenziosi, dichiarazioni, atti ultimi anni |
Assistenza necessaria | Obbligatoria per presentare la domanda e gestire la procedura con corretta difesa tecnica e contabile |
Ma andiamo ora ad approfondire:
Debito Minimo e Requisiti per la Liquidazione Giudiziale
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 1° settembre 2021) ha riformato in modo organico la disciplina del fallimento, sostituendolo con la liquidazione giudiziale (procedura concorsuale “maggiore” destinata alle imprese non più in grado di far fronte alle proprie obbligazioni). Questa guida – aggiornata a maggio 2025 – illustra in dettaglio i presupposti soggettivi e oggettivi necessari per l’apertura della liquidazione giudiziale, con particolare riguardo al debito minimo richiesto. Sono inoltre esaminate le modifiche legislative intervenute fino al 2024 (incluso il terzo correttivo D.Lgs. 136/2024), la giurisprudenza più recente ed i dubbi pratici frequenti.
1. Quadro normativo di riferimento
- Il Codice della crisi pone come cardine della liquidazione giudiziale lo stato di insolvenza del debitore e l’assenza di requisiti dimensionali “minori”. In particolare, l’art. 121 CCII stabilisce testualmente che «le disposizioni sulla liquidazione giudiziale si applicano agli imprenditori commerciali che non dimostrino il possesso congiunto dei requisiti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d)». Ciò significa che si possono aprire procedure di liquidazione giudiziale solo nei confronti di imprese insolventi che superano almeno uno dei limiti dimensionali stabiliti dall’art. 2, c.1, lett. d (di seguito illustrati). Le imprese che soddisfano simultaneamente tutti e tre i limiti di “impresa minore” sono escluse dalla procedura maggiore e accedono a percorsi alternativi (concordato preventivo minoritario o liquidazione controllata).
- Lo stato di insolvenza è definito dall’art. 2, c.1, lett. b) CCII come «lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni». In pratica, si considera insolvente chi, pur avendo attivo (beni, liquidità, crediti) non riesce a pagare regolarmente i debiti scaduti. Tale condizione si valuta sulla base di elementi concreti (bilanci, carenze di liquidità, titoli esecutivi insoluti, pignoramenti su saldi bancari, ecc.) e deve essere accertata giudizialmente. La giurisprudenza sottolinea che anche un’impresa in liquidazione volontaria è considerata insolvente se il patrimonio non basta a coprire i debiti.
- I riferimenti normativi da considerare includono il D.Lgs. 14/2019 integrato dalle successive modifiche: in particolare il D.Lgs. 147/2020 (correttivo alla crisi), il D.Lgs. 83/2022 (attuazione della direttiva UE 2019/1023) e, più recentemente, il terzo correttivo D.Lgs. 136/2024 entrato in vigore il 28/9/2024. Tali interventi hanno apportato correzioni tecniche o procedure complementari alla disciplina di codice, ma non hanno alterato i requisiti essenziali di accesso alla liquidazione giudiziale (stato di insolvenza e limiti dimensionali). Le principali novità del D.Lgs. 136/2024 riguardano aspetti organizzativi e procedurali (ad es., abolizione dell’obbligo per la cancelleria di iscrivere d’ufficio il domicilio digitale dell’impresa in crisi, semplificazioni sugli obblighi del curatore come l’eliminazione dell’obbligo di redigere i bilanci in assenza del debitore, ecc.), ma non incidono sulla soglia minima di debiti né sui criteri di qualificazione soggettiva.
2. Requisiti soggettivi: chi può essere assoggettato
- Imprenditore commerciale insolvente: La liquidazione giudiziale può essere richiesta solo nei confronti di imprese e imprenditori commerciali che siano in stato di insolvenza, come definito dall’art. 2 CCII. Sono esclusi gli enti pubblici e, in linea di principio, i consumatori/privati (per i quali esistono le procedure di sovraindebitamento e liquidazione controllata).
- Non imprese “minori”: Fondamentale è il requisito dimensionale: le imprese che congiuntamente soddisfano i limiti di “impresa minore” (art. 2, c.1, lett. d)) non possono essere ammessi alla liquidazione giudiziale. I tre limiti, riferiti ciascuno agli ultimi tre esercizi, sono:
- Attivo patrimoniale totale dell’impresa ≤ €300.000;
- Ricavi totali dell’impresa ≤ €200.000;
- Debiti complessivi (anche non scaduti) ≤ €500.000.
Tali valori fungono da soglie “massime” per classificare un’impresa come minore. Se l’impresa supera anche uno solo di questi limiti in almeno uno degli ultimi tre esercizi, viene considerata non minore e può quindi essere dichiarata in liquidazione giudiziale se insolvente. I limiti sono cumulativi (devono essere rispettati tutti e tre contemporaneamente) e può essere il debitore stesso, anche in sede di autotutela, a dimostrare di rientrare nei limiti (ossia di essere impresa minore). In mancanza di tale prova, si presume che i requisiti dimensionali per la non caduta in fallibilità sussistano. In sintesi, le imprese non minori – in quanto superano almeno un limite – sono assoggettabili alla liquidazione giudiziale a condizione di insolvenza.
- Debitori ammessi a procedure alternative: Gli imprenditori che soddisfano simultaneamente i limiti di impresa minore sono invece esclusi dalla liquidazione giudiziale. Questi soggetti vengono destinati alle procedure semplificate del codice: in particolare, se insolventi possono accedere alla liquidazione controllata o al concordato preventivo minore (o ad altri strumenti di composizione della crisi). La liquidazione controllata – riservata a soggetti non fallibili – richiede soglie di debiti differenti (ad es. €50.000 di debiti maturi per l’apertura su istanza dei creditori) e sarà illustrata in altra sede. La distinzione tra liquidazione giudiziale e controllata viene evidenziata già in codicillo: ad esempio, l’art. 49, c.5 CCII stabilisce che non si procede con la liquidazione giudiziale se i debiti scaduti dell’impresa sono inferiori a €30.000, mentre per la liquidazione controllata (art. 268 CCII) il limite è di €50.000. Lo schema seguente riassume i principali requisiti dimensionali:
Requisito/Procedura | Impresa minore (esclusa LJ) | Impr. non minore (ammessa LJ se insolvente) | Liquidazione controllata |
---|---|---|---|
Attivo totale (ultimo triennio) | ≤ €300.000 | > €300.000 in almeno un anno(o non contemporaneamente ≤300k) | Nessun limite formale (riguarda tutti i soggetti non fallibili) |
Ricavi totali (ultimo triennio) | ≤ €200.000 | > €200.000 in almeno un anno | (–) |
Debiti totali (anche non scaduti) | ≤ €500.000 | > €500.000 in almeno un anno | (–) |
Debiti scaduti e non pagati | Non previsto come filtro per impresa minore | – | ≥ €50.000 (limite aprire procedura) |
Debiti scaduti e non pagati (LJ) | – | ≥ €30.000 | – |
Nota: L’impresa minore è tale solo se congiuntamente possiede i tre limiti del primo blocco; in caso contrario è tenuta alla procedura maggiore (liquidazione giudiziale, se insolvente). Inoltre, la legge esclude l’apertura di liquidazione giudiziale anche a prescindere dalle dimensioni se l’ammontare complessivo dei debiti scaduti e non pagati è inferiore a €30.000 (limite aggiornabile periodicamente ai sensi dell’art. 2, c.1, lett. d) CCII).
3. Requisiti oggettivi e soglia minima di debito
- Debiti scaduti minimi: L’art. 49, comma 5, CCII dispone espressamente che non si procede all’apertura della liquidazione giudiziale se l’ammontare complessivo dei debiti già scaduti e non pagati è inferiore a €30.000. Questo requisito oggettivo impone una soglia assoluta: al momento della decisione deve risultare (dall’istruttoria giudiziaria) che i debiti insoluti non superano i 30k. Se invece i debiti scaduti raggiungono o superano tale importo, la soglia è soddisfatta e non v’è ostacolo in tal senso all’apertura della procedura. La norma riporta come “limite fissato”, peraltro, che può essere periodicamente aggiornato secondo gli indici ISTAT (ex art. 2, c.1, lett. d CCII). In pratica, le “piccole” situazioni debitorie sotto i 30.000 € vengono riservate a soluzioni stragiudiziali o ai creditori sottoposti a esecuzioni individuali; superata tale soglia, l’impresa è considerata degna di attenzione concorsuale.
- Sovraposizione con altri limiti: Il requisito dei 30k è distinto dai limiti dimensionali di cui sopra. In altre parole, un’impresa può superare i parametri di impresa minore (ad esempio avere debiti complessivi superiori a 500k o fatturato oltre i 200k) ma in ogni caso viene disposta la liquidazione giudiziale solo se pure i debiti scaduti superano i 30k. Viceversa, anche un’impresa non minore (superatrice di almeno un limite) non può essere liquidata giudizialmente se non raggiunge tale soglia minima di debiti scaduti. La sentenza della Cassazione n. 26926/2017 (v. sotto) ha rimarcato che per il calcolo dei 30k non conta se il creditore che ha proposto l’istanza ha un credito di tale importo: basta che emerga, da qualunque titolo, un ammontare complessivo di debiti maturi ≥30k.
- Aggiornamento del valore: Il legislatore ha previsto che l’importo di 30.000 € sia aggiornato periodicamente (come per gli altri limiti dimensionali) con decreto del Ministero della giustizia ogni 3 anni. Finora non sono segnalati aggiornamenti concreti, per cui la soglia rimane attualmente invariata.
4. Onere della prova
- L’onere di provare i requisiti (in particolare l’assenza delle condizioni di impresa minore e il superamento dei limiti di debito minimo) grava sul debitore. Infatti, l’art. 121 CCII rimette al debitore (o impresa interessata) il compito di dimostrare di possedere tutti i tre limiti di impresa minore; se fallisce tale dimostrazione, si presumono i requisiti per la procedura maggiore. In sede di istanza di liquidazione giudiziale proposta da un creditore, la corte d’Appello di Brescia ha recentemente ribadito che «incombe sul debitore l’onere di fornire la prova della sussistenza dei requisiti». Ciò vale anche per il debito minimo: il debitore può tentare di dimostrare (esibendo bilanci, scritture contabili, documenti ecc.) che i debiti maturi non raggiungono i 30k; ma in assenza di tale prova positiva, si ritiene non superata la soglia.
- La giurisprudenza ammette che la dimostrazione può avvenire mediante ogni mezzo di prova: ad esempio, bilanci depositati, scritture contabili, estratti di conti, documenti attestanti incassi futuri o transazioni che riducano il passivo. È peraltro riconosciuto che in fase di reclamo (impugnativa della sentenza di apertura) la Corte può tenere conto di fatti precedenti (dichiarati o emersi successivamente) anche per verificare il superamento della soglia minima. In ogni caso, il dato da provare è quantitativo e si basa sulla consistenza del debito complessivo.
- Se il creditore che deposita l’istanza non produce direttamente un titolo di almeno 30k, non è un problema: basta che esista dal contenzioso o dal fascicolo di procedura un importo complessivo di debiti scaduti ≥30k. La Cassazione, in proposito, ha spiegato che non è necessario che un singolo credito sia di 30.000 € per far ammettere la domanda: occorre solo che l’ammontare complessivo dei debiti scaduti e non pagati raggiunga quella cifra.
5. Effetti del mancato rispetto dei requisiti
- Soglia di debito non raggiunta (debiti < €30k): Se nell’istruttoria risulta che i debiti scaduti sono inferiori a €30.000, non può essere aperta la liquidazione giudiziale. In tal caso, il tribunale rigetta l’istanza di fallimento/liquidazione e, se del caso, può disporre in alternativa (per lo stesso debitore) l’avvio di una procedura di liquidazione controllata. Numerose pronunce di merito confermano questa conseguenza: ad esempio, il Tribunale di Lucca (12 giu. 2023) ha escluso il fallimento di un imprenditore i cui debiti scaduti, pur rilevanti, risultavano ancora inferiori a €30k.
- Requisiti dimensionali non rispettati (impresa minore): Analogamente, se il debitore è in stato di insolvenza ma tutti e tre i limiti di impresa minore risultano rispettati (ad es. attivo ≤300k, ricavi ≤200k, debiti complessivi ≤500k), la procedura di liquidazione giudiziale non si applica. In questo caso l’impresa non è fallibile (“minore”) e i creditori potranno eventualmente avvalersi delle procedure riservate ai piccoli debitori (accordo di composizione della crisi o liquidazione controllata). Per contro, se è violato anche un solo limite dimensionale, l’impresa è “maggiorata” e, se insolvente, può essere assoggetta alla liquidazione giudiziale.
- Conseguenze di eventuale ritardo: Non esiste un termine perentorio entro cui presentare l’istanza di liquidazione giudiziale, ma il Codice introduce pesanti sanzioni per l’imprenditore che, pur essendo insolvente, ritarda ingiustificatamente la richiesta. In particolare, l’art. 324 CCII punisce con il carcere fino a 2 anni chiunque «aggrava colposamente il dissesto impendendo o ritardando con colpa grave la dichiarazione» di liquidazione giudiziale. Ciò vale anche per l’imprenditore persona fisica che mira all’esdebitazione: una condotta collaborativa e tempestiva agevola il riconoscimento dell’esdebitazione finale, mentre una condotta negligente aggrava le responsabilità (civili e penali) verso i creditori.
6. Procedura di apertura e competenza
- Istanza iniziale: La liquidazione giudiziale si apre con sentenza del tribunale su istanza di parte. Possono essere istanti sia l’imprenditore/debitore stesso (tramite il proprio difensore) sia i creditori (in genere solo quelli muniti di titolo esecutivo). La presentazione del ricorso segue le regole generali dell’ordinamento concorsuale (art. 211 CCII), comprendendo la documentazione che attesti l’insolvenza e l’ammontare dei debiti.
- Tribunale competente: Secondo l’art. 27, c.2 CCII, la competenza è del tribunale del luogo dove il debitore ha il centro degli interessi principali (cosiddetto COMI). In assenza di indicazioni contrarie, si adotta il criterio del domicilio o della sede legale dell’impresa.
- Effetti dell’apertura: Con la sentenza di apertura la massa attiva si forma con i beni del debitore (liquidazione del patrimonio), e si accentrano in un’unica procedura tutti i creditori concorsuali (la par condicio creditorum). Dalla pubblicazione della sentenza in G.U. decorre il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali contro l’imprenditore (art. 150 CCII). Il curatore è nominato dal tribunale e assume l’amministrazione dei beni in dissesto, riferendo periodicamente.
7. Novità normative recenti (2022-2024)
- D.Lgs. 83/2022 (c.d. attuazione direttiva UE): Ha introdotto nell’ordinamento nuove procedure di composizione negoziata della crisi, ma non ha modificato i requisiti di accesso alla liquidazione giudiziale.
- D.Lgs. 136/2024 (terzo correttivo): Pubblicato in G.U. il 27/9/2024, è entrato in vigore il 28/9/2024. Ha introdotto correzioni di dettaglio al Codice, tra cui: l’abolizione dell’art. 199 CCII (che in via transitoria prevedeva l’iscrizione d’ufficio del domicilio digitale della procedura); l’esigenza per il curatore di dichiarare, all’atto dell’accettazione, di avere tempo e risorse adeguate; e l’eliminazione dell’obbligo in capo al curatore di redigere i bilanci semestrali dell’impresa qualora il debitore li ometta. Questi interventi mirano a snellire la procedura e a rafforzare la diligenza del curatore, ma non sono intervenuti sulle soglie di accesso (solidi il riferimento alla soglia €30.000 e ai limiti dimensionali previsti).
- Norme transitorie e future: Il terzo correttivo contiene anche disposizioni transitorie per le procedure in corso alla data di entrata in vigore. Non si segnalano, alla data del 2025, ulteriori modifiche legislative specifiche relative al “debito minimo”. L’attenzione degli operatori resta rivolta a eventuali futuri adeguamenti dei parametri numerici (ex art. 2, c.1, lett. d CCII) e all’attuazione completa delle misure concorsuali europee.
8. Giurisprudenza significativa (2020-2025)
Di seguito si riportano alcuni punti fermo della giurisprudenza recente sull’argomento:
- Tribunale di Lucca (12/6/2023): ha esaminato una domanda di liquidazione giudiziale di un’impresa in dissesto, accertando che i debiti scaduti (*) erano ancora inferiori a €30.000. In presenza di tale dato negativo (limite non raggiunto), il tribunale ha rigettato l’istanza di liquidazione giudiziale e ha disposto l’apertura alternativa della liquidazione controllata.
- Cassazione civile n. 26926/2017 (sentenza richiamata dal Ticozzi): benché anteriore al CCII, ha affermato il principio applicabile anche dopo la riforma: «non serve che il credito di €30.000 verso l’impresa sia di titolarità del creditore che agisce, ma solo che si provi che esistono debiti di questo ammontare». In altre parole, per superare la soglia non è necessario un singolo titolo di pari importo; basta la consistenza complessiva del passivo maturato.
- Corte d’Appello di Venezia (11/3/2021): ha ribadito che i bilanci degli ultimi tre esercizi rappresentano una prova privilegiata del possesso dei requisiti dimensionali. Se il debitore non deposita bilanci aggiornati, deve provare in altro modo (es. mediante scritture contabili o altri documenti) di rientrare nei parametri dell’impresa minore. In breve, la Corte ha confermato che il superamento dei limiti dimensionali costituisce condizione necessaria per la liquidazione giudiziale.
- Corte d’Appello di Brescia (sent. 21/7/2023, n.1249/2023): ha stabilito esplicitamente che “incombe sul debitore l’onere di fornire la prova della sussistenza dei requisiti” dimensionali. Nei fatti, un Srl ricorrente in Cassazione lamentava di non essere stata sentita sulla questione dei limiti dimensionali; invece la Corte ha ritenuto corretta la decisione di merito che aveva attribuito al solo debitore l’onere di allegare i dati che dimostrassero l’essere sottosoglia.
- Cassazione civile n. 29472/2022: ha riconosciuto che la prova del superamento della soglia minima di debiti maturi (30k) può emergere anche in fase di reclamo (impugnazione della sentenza di apertura) e può tenere conto di fatti anteriori emersi tardivamente. Ciò implica che, se dopo l’apertura della procedura vengono scoperte ulteriori passività pregresse, esse possono far modificare il calcolo del debito minimo retroattivamente.
- Tribunale di Catania (22/3/2023): su un caso di procedure di gruppo, ha ritenuto che anche imprese minori appartenenti allo stesso gruppo (in quanto connesse da vincoli societari o gestionali) potessero essere assoggettate congiuntamente alla liquidazione giudiziale di gruppo, pur singolarmente sotto soglia. È un orientamento di merito che sottolinea le implicazioni economiche delle strutture societarie, ma non altera i requisiti formali previsti per il singolo soggetto.
9. Tabelle riassuntive
- Tabella 1: Requisiti dimensionali e procedure Soglia/Parametro Impresa minore (≦) Impresa non minore (≧) Effetto concorsuale Attivo totale (3 anni) €300.000 > €300.000 in almeno 1 anno Se superato anche uno dei limiti, impr. è non minore (ammessa LJ se insolvente). Ricavi totali (3 anni) €200.000 > €200.000 in almeno 1 anno — Debiti totali (anche non sc.) €500.000 > €500.000 in almeno 1 anno — Debiti maturi (insoluti) – (non criterio imp.min.) ≥ €30.000 Se inferiore a 30k: no LJ; ≥30k: si può aprire LJ in presenza di insolvenza. Debiti maturi (controLC) – ≥ €50.000 Per procedure di liquidazione controllata (sovraindebitamento).
- Tabella 2: Differenze tra procedure concorsuali Procedura Debiti minimi (scaduti) Destinatari tipici Finalità principale Liquidazione giudiziale ≥ €30.000 Imprese commerciali non minori in stato di insolvenza Realizzazione concorsuale ordinata del patrimonio, par condicio creditorum. Liquidazione controllata ≥ €50.000 Debitori non fallibili (piccoli imprenditori, professionisti, consumatori) Composizione della crisi del piccolo debitore insolvente (procedura semplificata). Concordato preventivo minore Nessuna (consenso) Imprese insolventi minori con progetti di risanamento anticipati Risanamento mediante piano concordato (con esdebitazione). (Ex DL 118/2021) Nota: Il concordato minore non richiede una soglia minima di debiti: l’accesso è scelto dall’imprenditore, che propone ai creditori un piano di ristrutturazione o liquidazione anticipata.
10. FAQ (Domande frequenti)
- 1. Qual è il debito minimo richiesto per avviare una liquidazione giudiziale?
La legge richiede che l’ammontare complessivo dei debiti scaduti e non pagati dell’impresa sia di almeno €30.000. Se, all’atto della decisione, i debiti insoluti risultano inferiori a questa soglia, non può essere aperta la liquidazione giudiziale. Questo limite integra lo stato di insolvenza come requisito oggettivo dell’accesso alla procedura. - 2. Cosa succede se i debiti scaduti sono inferiori a €30.000?
In tal caso il tribunale rigetta l’istanza di liquidazione giudiziale. L’impresa insolvente resta soggetta solo alle esecuzioni individuali dei creditori. Spesso, se vi è comunque insolvenza e il debitore non è impresa minore, il tribunale può disporre in alternativa la liquidazione controllata (se formalmente ammissibile). In sostanza, l’affare non è abbastanza grande da giustificare il fallimento, ma i creditori potranno agire coattivamente sui beni insoluti. - 3. Quali requisiti dimensionali escludono la procedura di liquidazione giudiziale?
Sono espressamente escluse le imprese minori, cioè quelle che congiuntamente rispettano i tre limiti di cui all’art. 2, c.1, lett. d: attivo ≤€300.000, ricavi ≤€200.000, debiti (anche non scaduti) ≤€500.000. Se questi tre parametri sono tutti validi nell’ultimo triennio, l’impresa non è ammessa alla liquidazione giudiziale (anche se insolvente). I dati devono essere provati dal debitore tramite documentazione contabile. - 4. Chi deve dimostrare il possesso dei requisiti dimensionali?
L’onere della prova spetta al debitore. In pratica è il debitore/imprenditore (o chi difende in giudizio l’impresa) a dover dimostrare di essere sottosoglia, depositando bilanci o scritture che evidenzino gli importi necessari. Se il debitore non produce tali prove, si assume che egli sia non minore e pertanto assoggettabile a liquidazione giudiziale. - 5. In base a cosa si calcolano i limiti dimensionali (attivo, ricavi, debiti)?
I limiti si riferiscono ai valori complessivi indicati nei bilanci degli ultimi tre esercizi (o dall’inizio dell’attività se inferiore). Ad esempio, l’attivo complessivo di ogni anno non deve superare €300.000, ecc. Non rilevano dati una tantum o provenienti da enti terzi (ad es. rapporti bancari interinali) se non riconducibili ai valori contabili ufficiali. In mancanza di bilanci depositati, si può ricorrere ad altra documentazione (contratti, carte contabili, ecc.). L’interpretazione giurisprudenziale suggerisce cautela: per gli organi giudiziari è preferibile avere bilanci ufficiali per attribuire confidenza alla classificazione, salvo validi elementi sostitutivi. - 6. Qual è la differenza principale fra liquidazione giudiziale e liquidazione controllata?
Liquidazione giudiziale (fallimento): si applica solo alle imprese non minori e insolventi, con debiti ≥€30k. È la procedura maggiore del CCII, finalizzata all’accertamento passivo e alla liquidazione del patrimonio del debitore.
Liquidazione controllata: è riservata ai debitori (anche non imprenditori, p.es. consumatori o professionisti) non fallibili che siano comunque insolventi. Non è vincolata dai limiti di impresa minore. Richiede, ai fini dell’apertura su istanza dei creditori, debiti maturi ≥€50k. La procedura controllata è più agile (coinvolge un organismo di composizione della crisi) e conserva in capo al debitore alcuni poteri gestionali, con l’obiettivo di soddisfare i creditori in modo dilazionato e sotto supervisione. - 7. Chi può chiedere l’apertura della liquidazione giudiziale?
Possono istituirla sia il debitore stesso (tendenzialmente accompagnato dal proprio legale) che uno o più creditori muniti di credito esigibile e (di norma) titolo esecutivo. Il tribunale esamina quindi tutti i presupposti legali. In passato vi era anche la figura del Pubblico Ministero che poteva segnalare situazioni di evidente insolvenza, ma nel CCII tale competenza viene sostanzialmente assorbita dalla segnalazione degli organismi (art. 370 CCII) e dagli obblighi del debitore. In ogni caso, sia debitori che creditori devono avvalersi della difesa tecnica (avvocato) per l’istanza (art. 9 CCII). - 8. Cosa succede in caso di superamento dei debiti dopo l’apertura?
L’evoluzione del debito nell’istruttoria incide sulla procedura solo in casi particolari. Di norma, i debiti successivamente scaduti o emersi non annullano l’apertura. Tuttavia la Cassazione ha ammesso che in sede di reclamo si possono considerare fatti nuovi emersi (ad es. passività occultate) che modifichino il calcolo iniziale della soglia. In pratica, se nei mesi successivi gli ispettori o i creditori scoprono ulteriori debiti ormai scaduti relativi al periodo anteriore, questo può rafforzare la posizione di insolvenza già accertata. - 9. L’imprenditore può evitare la liquidazione giudiziale?
Prima dell’apertura, il debitore può ottenere una composizione concordata della crisi (piani attestati o concordato preventivo) con i creditori, evitando il fallimento. Una volta avviata la procedura concorsuale, questo non è più possibile (si chiuderebbe con liquidazione). Se tuttavia emergono in corso d’opera proposte di concordato, la procedura di liquidazione giudiziale può essere trasformata in concordato (convocando l’assemblea dei creditori). Il legislatore incentiva la ricerca preventiva di soluzioni negoziate, ma fino a prova contraria l’art.121 CCII considera il fallimento come ultima risorsa. - 10. Cosa cambia con le ultime riforme del 2024?
Il D.Lgs. 136/2024, come detto, non ha mutato i requisiti di accesso. Rimane fermo il debito minimo di €30k per la liquidazione giudiziale e i limiti per l’impresa minore. Le novità del 2024 semplificano aspetti procedurali e di gestione, ma non incidono sui presupposti sostanziali. Occorre comunque monitorare gli adeguamenti futuri delle soglie, che il Ministero della Giustizia può aggiornare ai sensi dell’art. 348 CCII.
11. Fonti normative, dottrinali e giurisprudenziali
- Normative: D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi e dell’insolvenza) – artt. 2(b), 2(d), 27, 49, 121, 268, 282, 348 CCII; D.Lgs. 83/2022; D.Lgs. 136/2024 (correttivo CCII); Legge fallimentare previgente (L.267/1942, art.15); altre disposizioni transitorie.
- Giurisprudenziali: Corte di Cassazione n. 26926/2017 (interpretazione art.15 LF); Corte di Cassazione n. 29472/2022 (superamento soglia in sede di reclamo); Corte d’Appello di Venezia 11/3/2021 (prove limiti dimensionali); Corte d’Appello di Brescia 21/7/2023, n.1249/2023 (onere della prova a carico del debitore); Tribunale di Lucca 12/6/2023 (soglia €30k nei fatti); Tribunale di Catania 22/3/2023 (liquidazione giudiziale di gruppo e imprese minori); altri provvedimenti di merito sulle procedure concorsuali.
Liquidazione Giudiziale: Perché Affidarti a Studio Monardo
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Il tribunale ha già emesso una sentenza o stai rischiando l’apertura della procedura?
La liquidazione giudiziale (ex fallimento) è la misura più drastica prevista dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Significa la perdita immediata del controllo dell’impresa, la nomina di un curatore e l’apertura di un procedimento che coinvolge tutti i beni dell’imprenditore.
⚠️ Ma non tutto è perduto: se agisci per tempo, puoi bloccare la procedura, impugnarla o accedere a strumenti alternativi per risolvere la crisi.
Cosa può fare per te l’Avvocato Monardo
✅ Analizza la situazione economica e patrimoniale dell’impresa, valutando la legittimità della richiesta di liquidazione
✅ Predispone un reclamo contro la sentenza, se ci sono i presupposti per ribaltarla
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✅ Attiva strumenti alternativi alla liquidazione, come la composizione negoziata, gli accordi con i creditori o il piano di ristrutturazione
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Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
🔹 Avvocato esperto in diritto fallimentare, crisi d’impresa e difesa da procedure concorsuali
🔹 Gestore della Crisi da Sovraindebitamento – iscritto al Ministero della Giustizia
🔹 Negoziatore della Crisi d’Impresa – abilitato ex D.L. 118/2021
🔹 Fiduciario OCC – Organismo di Composizione della Crisi
🔹 Coordinatore nazionale di avvocati e commercialisti specializzati in risanamento aziendale
Perché agire subito
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Conclusione
La liquidazione giudiziale non è sempre inevitabile. Se l’impresa ha ancora margini o se la procedura è stata avviata in modo affrettato, puoi difenderti e salvare il tuo lavoro.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa avere una guida esperta che conosce la crisi, la legge e le soluzioni per proteggere la tua azienda e la tua persona.
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