Verifica Fiscale in Azienda: Come Comportarsi e Difendersi

Hai ricevuto un avviso di accesso o una comunicazione di verifica fiscale nella tua azienda? Non sottovalutare la portata dell’intervento dell’Agenzia delle Entrate.

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in assistenza durante verifiche fiscali e contenzioso tributario – è pensata per aiutarti a capire come comportarti, cosa aspettarti e come difenderti fin da subito.

Scopri come si svolge una verifica fiscale in azienda, quali sono i poteri dei funzionari, quali documenti possono essere richiesti, e soprattutto quali errori evitare per non trasformare un controllo in una sanzione o in un accertamento.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, farti assistere durante la verifica e tutelare te e la tua impresa con l’aiuto di un avvocato esperto in materia tributaria.

Introduzione:

La verifica fiscale in azienda è un accertamento svolto dagli organi dell’amministrazione finanziaria, come l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza, volto a controllare la correttezza degli adempimenti tributari e a individuare eventuali irregolarità, omissioni o comportamenti elusivi. Si tratta di un momento delicato per l’impresa, che può avere conseguenze significative sia sul piano economico sia sotto il profilo penale, e che va affrontato con preparazione, consapevolezza e il supporto di consulenti esperti. La verifica può essere programmata in base a indici di rischio elaborati tramite l’incrocio di banche dati oppure disposta per sorte o in seguito a segnalazioni, denunce, anomalie dichiarative o controlli incrociati.

L’attività ispettiva può avere a oggetto qualsiasi tributo, dalle imposte dirette all’IVA, dalle ritenute ai contributi previdenziali, e può estendersi anche a periodi di imposta già scaduti, entro i termini di accertamento previsti dalla legge. Prima dell’accesso, l’impresa può ricevere un invito al contraddittorio, nel quale l’Agenzia delle Entrate propone un confronto preventivo in relazione a possibili rilievi. Tuttavia, in molti casi la verifica inizia con un accesso diretto presso la sede aziendale, senza preavviso. Gli ispettori si presentano con un ordine di servizio, identificano l’oggetto del controllo e procedono alla raccolta di informazioni, documenti, registri contabili, dichiarazioni, nonché all’intervista di dipendenti o legali rappresentanti.

È fondamentale mantenere un atteggiamento collaborativo ma consapevole: l’impresa ha il diritto di farsi assistere da un consulente fin dal primo momento, di richiedere copia degli atti, di fare osservazioni scritte e verbali, di opporsi a richieste abusive o sproporzionate, e di vedere rispettati i limiti legali dell’attività ispettiva. La verifica può durare diversi giorni e terminare con la redazione di un processo verbale di constatazione (PVC), nel quale vengono elencati i rilievi fiscali riscontrati. Il PVC non è ancora un atto impositivo, ma rappresenta la base per l’emissione di un eventuale avviso di accertamento. L’impresa può presentare memorie difensive nei 60 giorni successivi, allegando documenti integrativi, perizie, elementi giustificativi o contestazioni di merito e procedura. In questa fase è determinante il ruolo del difensore tributario, che analizza il verbale, individua eventuali vizi e costruisce una strategia di risposta.

Se l’Agenzia delle Entrate ritiene fondati i rilievi, emette l’avviso di accertamento, con l’indicazione delle somme dovute, delle sanzioni e degli interessi. Anche in questo caso il contribuente può aderire all’accertamento, con una riduzione delle sanzioni, oppure presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria. L’adesione consente di evitare il contenzioso, ma presuppone l’accettazione parziale o totale della pretesa. Quando le violazioni riscontrate hanno anche rilievo penale (come nel caso di false fatture, omessa dichiarazione, dichiarazione fraudolenta), l’atto ispettivo viene trasmesso alla Procura della Repubblica e l’impresa può trovarsi coinvolta anche in un procedimento penale tributario. È quindi essenziale che ogni fase della verifica sia gestita con rigore, riservatezza e competenza tecnica, per evitare errori, ammissioni infondate o condotte che possano aggravare la posizione dell’azienda.

Durante l’accesso, gli ispettori possono anche richiedere l’esibizione di documentazione extracontabile, acquisire informazioni da fornitori, clienti, banche e controllate, nonché accedere ai dati informatici, ai registratori di cassa, agli archivi cloud. L’azienda ha il dovere di esibire i documenti richiesti nei termini, salvo giustificati motivi, ma può opporsi all’acquisizione di materiale coperto da segreto professionale o dati non pertinenti. È consigliabile che l’impresa abbia un protocollo interno per la gestione delle verifiche fiscali, che preveda la comunicazione immediata con i consulenti, la nomina di un referente aziendale, l’assistenza durante i colloqui e la tracciabilità delle operazioni svolte.

Dopo la chiusura della verifica, l’impresa può valutare con il proprio consulente l’opportunità di correggere spontaneamente eventuali irregolarità tramite il ravvedimento operoso, di aderire a definizioni agevolate, di impugnare l’atto o di richiedere la rateizzazione degli importi contestati. L’approccio strategico alla verifica fiscale deve essere orientato alla minimizzazione dei rischi, alla tutela del patrimonio aziendale e alla salvaguardia dell’immagine dell’impresa.

Per questo è importante anche la prevenzione: la regolarità contabile, l’aggiornamento costante della documentazione, la trasparenza nei rapporti con il fisco e l’adozione di un tax control framework sono strumenti che riducono la probabilità di rilievi e rafforzano la posizione difensiva. In conclusione, la verifica fiscale in azienda non è solo un controllo tecnico, ma un passaggio delicato che può incidere profondamente sulla vita economica e giuridica dell’impresa. Preparazione, prontezza, assistenza qualificata e gestione coordinata sono le chiavi per affrontarla senza errori e trasformarla, quando possibile, in un’occasione per migliorare il proprio assetto fiscale e organizzativo.

Fase o Aspetto della Verifica FiscaleDescrizione sintetica
Inizio della verificaAccesso diretto o preavviso, identificazione ispettori, ordine di servizio
Oggetto del controlloTributi diretti e indiretti, contributi, operazioni contabili e bancarie
Diritti del contribuenteAssistenza del difensore, copia atti, opposizione a richieste illegittime
Durata e attivitàRaccolta documenti, colloqui, ispezioni, acquisizioni informatiche e incroci dati
Processo verbale di constatazione (PVC)Sintesi dei rilievi fiscali, base per l’eventuale accertamento
Memorie difensive post-verifica60 giorni per invio osservazioni e documenti integrativi
Emissione avviso di accertamentoAtto impositivo con importi, sanzioni, interessi, impugnabile o definibile
Rischio penaleTrasmissione alla Procura per violazioni rilevanti (false fatture, omesse dichiarazioni, frodi)
Strumenti post-verificaAdesione, ricorso, ravvedimento operoso, rateizzazione
Prevenzione e controlloRegolarità contabile, documentazione aggiornata, tax control framework, formazione

Ma andiamo ora ad approfondire:

Quali Sono Le tipologie di controlli fiscali

Le tipologie di controllo più comuni sono:

  • Verifiche “a tavolino” (desk audit): l’amministrazione esamina i dati dichiarati confrontandoli con fonti esterne (banca dati, INPS, ecc.). Ad es. l’Agenzia delle Entrate può incrociare i redditi dichiarati con i flussi bancari (indagine finanziaria) o con segnalazioni di terzi. Recentemente la Cassazione ha ribadito che, se l’azienda non giustifica i movimenti bancari, i versamenti e i prelievi sui conti correnti possono essere considerati ricavi tassabili. Tali controlli si fondano su norme come l’art. 32 del DPR 600/1973 (indagini finanziarie) e l’art. 43 del DPR 600/1973 (accertamento), modificato dalla legge di bilancio 2016.
  • Accessi, ispezioni e verifiche in azienda: funzionari dell’Agenzia Entrate o militari della Guardia di Finanza possono accedere ai locali aziendali (artt. 51-52 DPR 633/1972) per esaminare documenti e beni. Questo tipo di controllo avviene tipicamente su delega del Fisco e richiede almeno 24 ore di preavviso. In caso di accesso, il contribuente ha diritto al contraddittorio preventivo, vale a dire a esporre le proprie ragioni in presenza degli ispettori prima della conclusione del controllo (Statuto del Contribuente, L. 212/2000, art. 7 e art. 6-bis introdotto nel 2024).
  • Accertamenti induttivi o analitico-induttivi: se emergono incongruenze, l’ufficio può liquidare imposte aggiuntive basandosi su presunzioni di ricchezza (vecchio “redditometro”), indicatori sintetici di affidabilità (ISA) o studi di settore. Gli ISA (succeduti agli studi di settore dal 2017) sono indici statistici che individuano attività a rischio di evasione. Anche in questo caso il Fisco deve permettere al contribuente di fornire chiarimenti, ad es. per contestare le presunzioni o presentare documenti giustificativi.
  • Accertamenti presso terzi: art. 32-33 del DPR 600/1973 consentono all’amministrazione di raccogliere informazioni da banche, notai, aziende di trasporto ecc. per ricostruire il reddito o l’IVA non dichiarati. Ad esempio, per i titolari di partita IVA può essere avviata una “indagine sui beni” (art. 32, comma 1-bis DPR 600/1973) o l’esame dei rapporti bancari (art. 32, comma 1 lett. b).
  • Verifiche documentali: il Fisco può chiedere l’invio di documenti contabili e fiscali via lettera (art. 41-42 DPR 600/1973) e quindi invitare il contribuente a dedurre per iscritto. Negli ultimi anni, inoltre, l’Agenzia ha diffuso controlli “monotematici” su specifici fenomeni (fatture false, compensazioni indebite, abusivismo) e ha potenziato gli automatismi informatici (es. segnalazioni di anomalie dai sistemi telematici delle fatture elettroniche).
  • Controlli sugli adempimenti formali: omissioni o irregolarità nella tenuta dei registri contabili, nella conservazione delle fatture o nei versamenti delle ritenute possono anch’essi dar luogo a sanzioni. Il Fisco verifica la corretta tenuta dei registri e la coerenza delle operazioni documentate, anche con verifiche incrociate (es. mancata rilevazione di una fattura attiva può emergere dall’indagine sui conti correnti del cliente).

In breve, i controlli fiscali possono essere di vario tipo e intensità, ma l’impresa deve sapere che ha comunque il diritto (Statuto del Contribuente) di essere informata e di difendersi. Ad esempio, dal 2024 ogni atto impositivo autonomamente impugnabile deve essere preceduto da un contraddittorio generalizzato: l’ufficio invia al contribuente uno schema di atto e concede almeno 60 giorni per osservazioni e accesso agli atti. Questa novità (art. 6-bis Statuto) mira a garantire il confronto prima dell’atto finale.

Procedura di accertamento e fasi del controllo fiscale

Quando inizia un controllo fiscale, la procedura segue fasi codificate:

  1. Avvio del controllo: l’azienda riceve spesso una “lettera di inizio verifica” o un “invito al contraddittorio” (secondo il nuovo art. 6-bis). In alcuni casi (es. indagini su larga scala) l’avviso formale può essere la notifica dell’atto di accertamento. Se si tratta di indagini “a tavolino”, non c’è necessariamente una comunicazione formale all’inizio, ma viene poi notificato un avviso di accertamento (art. 43 DPR 600/1973).
  2. Termini di decadenza: il diritto dell’Amministrazione di accertare si estingue oltre determinati termini. In base alla disciplina vigente, gli avvisi di accertamento IRPEF/IRES/IRAP/IVA devono essere notificati entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della dichiarazione (ad esempio, dichiarazione 2020 → accertamento entro 31/12/2025). Il termine sale al settimo anno se la dichiarazione è omessa o nulla. Queste regole sono fissate dall’art. 43 del DPR 600/1973 così come modificato dalla legge di bilancio 2016. È bene ricordare che il termine di decadenza può essere interrotto da atti interruttivi (ad esempio, comunicazioni e memorie) e sospeso da eventi particolari (es. controlli su istanza, procedure concorsuali).
  3. Contraddittorio e difese: come detto, il contribuente ha diritto di partecipare al contraddittorio prima che l’atto definitivo sia emesso. Prima dell’udienza o della conclusione, può inoltre presentare documenti, scritture contabili e memorie difensive scritte per confutare gli elementi dell’accertamento. In passato questo diritto era previsto solo in casi particolari (art. 7 Statuto per verifica su campione), ma ora il contraddittorio è obbligatorio in tutti i casi di atti impugnabili, salvo eccezioni. L’amministrazione deve comunicare il modello di atto e dare almeno 60 giorni per risposte. È fondamentale sfruttare questo passaggio: ogni documento o spiegazione provvante, consegnata in modo tempestivo, può far cadere contestazioni e ridurre sanzioni.
  4. Notifica dell’avviso di accertamento: se il contribuente non adempie o le spiegazioni non convincono, l’ufficio procede alla contestazione formale con un avviso di accertamento (art. 43 DPR 600/1973). L’avviso indica le violazioni, i dati dell’imponibile accertato, le norme applicate e i calcoli delle imposte e sanzioni. Una volta ricevuto l’avviso, il contribuente dispone di 60 giorni per impugnare in Commissione Tributaria (o 90 giorni se per l’IRAP), presentando ricorso. Se invece si tratta di sanzioni irrogate immediatamente, vale il medesimo termine di impugnazione ex art.16 Dlgs 472/97.
  5. Decorsi i termini: se il contribuente omette di impugnare, l’atto di accertamento diventa definitivo e si può passare alla fase di riscossione coatta delle somme (cartella di pagamento). In ogni caso, il contribuente potrà ancora usare mezzi alternativi (ravvedimento, definizione agevolata) purché nei limiti e tempi previsti.

Come ci si difende da una verifica fiscale in azienda:

Durante tutto il processo di verifica e accertamento, l’imprenditore dispone di vari strumenti per difendersi:

  • Contraddittorio preventivo: come già detto, la procedura di confronto informale con l’ufficio (e la nuova forma generalizzata introdotta dal 2024) è un’opportunità di chiarire contestazioni prima della chiusura dell’accertamento. In questa fase l’azienda può rappresentare fatti e produrre prove documentali a proprio favore.
  • Ravvedimento operoso: se prima della notifica di controllo si scopre un errore, l’impresa può correggerlo spontaneamente. Il ravvedimento operoso (art. 13 del D.Lgs. 472/1997) consente di regolarizzare omissioni/irregolarità versando imposte dovute, interessi e sanzioni ridotte. Ad esempio, il ravvedimento breve (entro 30 giorni) taglia la sanzione a 1/8 del minimo, il ravvedimento oltre a 90 giorni ma prima dell’ulteriore dichiarazione a 1/6. Ciò permette di evitare l’innesco formale del controllo e dimezzare drasticamente le sanzioni prevalse.
  • Accertamento con adesione: anche in sede di accertamento già avviato, il contribuente può chiedere la negoziazione di una definizione (art. 6 D.Lgs. 218/1997). Con l’adesione si chiude la lite pattiziamente con qualche “sconto” sulle imposte (in relazione all’effettiva rideterminazione di imponibile e oneri), evitando così il contenzioso tributario. Tale strumento è accessibile di norma dopo la contestazione e prima della notifica dell’avviso di accertamento, sempre che l’ufficio proponga l’adesione.
  • Conciliazione giudiziale: in alternativa o dopo l’incardinazione del giudizio, è possibile ricorrere alla conciliazione tributaria (D.Lgs. 546/1992, art. 48-bis, introdotto dal DL n. 50/2017). Si propone al giudice tributario una transazione della controversia; se accettata da entrambi le parti, diventa titolo esecutivo con benefici per l’imprenditore (riduzione di sanzioni e interessi). Dal 2024 è abolito il reclamo-mediazione: per i ricorsi notificati dal 4/1/2024 non è più prevista la fase obbligatoria di reclamo-mediazione e si deve direttamente proporre la conciliazione giudiziale.
  • Autotutela: anche dopo l’atto di accertamento, l’azienda può presentare all’Ufficio un’istanza di autotutela per correggere o annullare provvedimenti viziati da errori materiali o giuridici. La Cassazione ha ammesso che l’Amministrazione ritiri persino in peius i propri atti illegittimi (c.d. autotutela “in malam partem”) se riconosciuta l’illegittimità, purché entro i termini di decadenza. In pratica, la rettifica spontanea di un avviso nullo o illegittimo non preclude al contribuente successivi mezzi giurisdizionali.
  • Difesa processuale: se il ricorso in Commissione Tributaria è inevitabile, il contribuente deve preparare una difesa mirata (con un professionista). Durante il contenzioso, è fondamentale discutere limiti e motivi del contestato, esibire documenti originali (anche con istanze integrative) e, se necessario, chiedere consulenza tecnica o nuovi accertamenti di parte.
  • Altri rimedi: a volte la regolarizzazione può avvenire con il solo pagamento dell’imposta e delle sanzioni ridotte (“definizione agevolata” e “ravvedimento brevi”). Inoltre, grazie allo Statuto, il contribuente può (in alcuni casi) dialogare preventivamente con l’Agenzia per chiarire fattispecie complesse (c.d. adempimento collaborativo), anche se questa procedura è tuttora in fase sperimentale per grandi imprese e partite IVA selezionate.

Tabella – Strumenti di difesa principali:

StrumentoFinalitàRiferimento normativo
Ravvedimento operosoCorreggere errori spontaneamente con sanzioni ridotteArt. 13, D.Lgs. 472/1997
Dichiarazione integrativaPresentare una dichiarazione tardiva o correttivaArt. 5, D.P.R. 322/1998 (IRPEF/IVA), entro i termini di legge
Contraddittorio preventivoConfronto con il Fisco prima dell’atto impositivoArt. 6-bis Statuto Contribuente (L. 212/2000)
Accertamento con adesioneDefinire l’imposta con accordo tra contribuente e FiscoD.Lgs. 218/1997 (art. 4 e ss.)
Conciliazione giudizialeTransazione della lite tributaria davanti al giudiceArt. 48-bis, D.Lgs. 546/1992 (introdotto da D.L. 50/2017)
Autotutela (ricorso Ufficio)Istanza all’Agenzia per annullare/modificare l’atto(Non previsto da specifica legge; si basa sulla discrezionalità amministrativa e sul principio di legalità)

Quali sono le sanzioni fiscali

Le sanzioni amministrative tributarie dipendono dalla violazione commessa. In generale, la legge indica una sanzione base calcolata in percentuale sul tributo evaso, con minimi fissi; a questa si applicano aumenti (fino al triplo) in caso di recidiva o plurime violazioni. Diamo alcuni esempi tipici (D.Lgs. 472/1997, 471/1997; Regime forfettario esclude alcune sanzioni):

  • Omessa dichiarazione: se la ditta non presenta la dichiarazione dei redditi o dell’IVA, la sanzione va dal 120% al 240% dell’imposta dovuta, con un minimo di €250. Se la dichiarazione viene poi presentata entro il termine di quella successiva (o comunque prima di un controllo), la sanzione si riduce alla metà (60%-120%).
  • Dichiarazione infedele: se è indicato un reddito o un’imposta inferiore a quella vera, la sanzione base è dal 90% al 180% della maggiore imposta accertata (anziché dal 100% al 200% come in passato). Analogamente vale per l’IVA infedele.
  • Tardiva presentazione: se la dichiarazione viene inviata in ritardo (entro 90 giorni dalla scadenza) la sanzione base è ridotta a un minimo di €250 (ad es. €150–500 per l’IRPEF).
  • Mancata registrazione o fatture carenti: la violazione di obblighi formali (es. mancata tenuta di registri contabili, fatture incomplete o non registrate) prevede sanzioni da 90% a 180% dell’imposta relativa (minimo €500). Se l’errore non incide sulla liquidazione del tributo, la sanzione va da €250 a €2.000.
  • Locazioni immobiliari: per le locazioni non dichiarate, la sanzione è dal 240% al 480% per canoni omessi, o dal 180% al 360% se dichiarati in modo infedele (valori maggiorati in caso di “cedolare secca” scelto dal proprietario).
  • Ritardi nei versamenti IVA o delle ritenute: le sanzioni vanno dal 30% al 100% della cifra non versata, in base ai giorni di ritardo (30% tra 15 e 90 gg., fino a 100% dopo 90 giorni), con minimo €250. (La misura è stabilita dall’art. 13 del D.Lgs. 471/1997 per tributi amministrativi, e talvolta dall’art. 13 del D.Lgs. 74/2000 per le conseguenze penali del ritardo.)
  • Sanzioni penali tributarie: oltre alle multe amministrative, alcune violazioni (ad es. emissione/uso di fatture false, omesso versamento di ritenute) costituiscono reato tributario. Tali fattispecie (previste dal D.Lgs. 74/2000) sono punite con sanzioni penali (fino a molti anni di reclusione) e la confisca, ma rientrano in un diverso ambito (penale) rispetto al contenzioso tributario.

Tabella – Esempi di sanzioni tributarie:

ViolazioneSanzione pecuniariaRiferimento normativo
Omessa dichiarazione (IRPEF/IVA/IRAP)120–240% delle imposte dovute (min. €250)(60–120% se tardiva entro il termine successivo)D.Lgs. 471/1997, art. 1 (commi 1-3)
Dichiarazione infedele (IRPEF/IVA)90–180% delle imposte non versateD.Lgs. 471/1997, art. 2
Omesso versamento IVA/ritenute30–100% del dovuto (in base al ritardo)D.Lgs. 471/1997, art. 13; DPR 634/1972
Mancata registrazione operazioni90–180% dell’IVA imputataD.Lgs. 471/1997, art. 6 (c.1-bis)
Locazioni immobiliari non dichiarate240–480% dell’IVA sul canone (omissione)180–360% (infedele)D.Lgs. 471/1997, art. 4 (commi 2-3)
Omessa presentazione studi di settore/ISA€2.000 (se non presentati dopo invito)D.Lgs. 471/1997, art. 5 (c.4)

Ogni sanzione può essere ridotta come detto dal ravvedimento operoso. Va altresì ricordato che le somme delle sanzioni riscosse (art. 15 DPR 600/1973) confluiscono a favore dell’Erario.

Come funziona il contenzioso tributario

Se l’azienda decide di non accettare l’accertamento fiscale, può far valere le proprie ragioni con un ricorso tributario:

  • Il primo grado della giustizia tributaria è costituito dalle Commissioni tributarie provinciali (CTP). Il ricorso deve essere notificato entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso (90 giorni per IRAP) e motivato per iscritto. È consigliabile allegare tutta la documentazione utile (fatture, libri contabili, perizie) già in fase di ricorso.
  • Se il ricorso viene respinto in CTP, è possibile impugnare la decisione presso la Commissione regionale (CTR) entro 30 giorni dalla notifica della sentenza di primo grado. La CTR valuta nuovamente tutti gli aspetti, con rinnovazione del contraddittorio.
  • In ultima istanza, si può portare il caso in Cassazione, ma solo per questioni giuridiche (non si riaprono i fatti) entro 60 giorni dalla sentenza di appello. Qui l’interpretazione delle norme fiscali diviene il centro della controversia.
  • Attenzione: dal 2015 in poi non è più obbligatorio tentare il reclamo-mediazione prima di proporre ricorso (per le controversie fino a €50.000); tuttavia è previsto che il giudice, prima di decidere, inviti comunque a chiedere la conciliazione.

Nel corso del contenzioso tributario, le parti possono depositare memorie illustrative e documentazione aggiuntiva fino al momento dell’udienza di discussione (salvo eventuali limitazioni imposte dal giudice). Il contribuente può anche chiedere di vedere gli atti a base dell’accertamento (diritto di accesso) e, su richiesta, nomina di CTU (consulente tecnico d’ufficio) per criticare accertamenti tecnici (es. valori immobiliari, stima ingiustificata di ricavi).

Uno strumento recente di alleggerimento del contenzioso è la conciliazione paritetica preventiva: prima di andare in giudizio, aziende con ricavi fino a €5 milioni possono incontrare un funzionario dell’Agenzia per raggiungere un accordo amichevole sulla pretesa erariale (misurabile sui conti finanziari). È una procedura facoltativa (D.L. n. 119/2018) che evita il contenzioso se si trova un’intesa.

Simulazioni pratiche e casi di studio di verifiche fiscali in azienda

  1. Verifica di una S.r.l. edile: La G.d.F. entra nei locali dell’azienda di costruzioni e trova irregolarità fatturali (fatture emesse incomplete, mancati versamenti di ritenute, acquisti non contabilizzati, IVA non liquidata). Parallelamente, esegue un accertamento bancario sui conti correnti della società e del titolare. I funzionari rilevano numerosi prelievi e versamenti ingiustificati. L’azienda non è in grado di giustificare tutte le movimentazioni; così l’Agenzia ricostruisce il fatturato sulla base di questi dati (art. 32 DPR 600/73). In sede di contraddittorio, l’imprenditore presenta parziali spiegazioni, ma molte contestazioni vengono confermate. Alla fine la S.r.l. riceve un avviso di accertamento con imposte, interessi e sanzioni ridotte (ravvedimento breve). Se fosse andata in giudizio, avrebbe dovuto allegare contratti, ordini e altri documenti probanti l’attività effettiva per difendersi.
  2. Accertamento analitico per partita IVA: Mario, titolare di Partita IVA nel commercio, presenta sempre dichiarazioni in perdita. In un controllo, l’Agenzia nota che gli incassi bancari (vedi investigazioni art. 32) sono molto superiori ai costi registrati. Inoltre, Mario ha omesso di versare parte dell’IVA e di consegnare alcune fatture di acquisto all’ufficio. Viene quindi emesso un avviso di accertamento IVA e IRPEF basato su valutazione induttiva. In sede di contraddittorio, Mario fornisce parte della documentazione mancante e si avvale del ravvedimento per il versamento tardivo delle somme. Riesce così a ridurre le sanzioni tramite il ravvedimento “lungo” (1/6 del minimo). Decide inoltre di ricorrere per discutere le modalità di determinazione del reddito (soprattutto l’accertamento induttivo basato sui flussi finanziari). L’avvocato tributarista sottolinea che alcune carte contabili erano incomplete e ottiene che la Commissione tributaria riformi in parte l’accertamento.

Questi casi evidenziano l’importanza di documentare ogni operazione contabile, reagire subito a ogni contestazione (usando il contraddittorio e il ravvedimento) e conservare traccia di ogni giustificazione. Con un approccio proattivo e l’assistenza di professionisti, è possibile limitare l’impatto dei controlli.

Tabelle riepilogative

  • Scadenze generali per l’accertamento:
CircostanzaTermine di decadenza
Dichiarazione regolarmente presentata31 dicembre del quinto anno successivo alla dichiarazione (p.e. dich. 2021 → accert. entro 31/12/2026)
Dichiarazione omessa o nulla (IRPEF/IVA/IRAP)31 dicembre del settimo anno successivo (p.e. mancata dich. 2021 → accert. entro 31/12/2028)
Nota: Per altri tributi (es. IMU, TARI, vari locali) valgono regole analoghe secondo norme specifiche del T.U. accertamenti.
  • Principali tipologie di controllo:
Controllo fiscaleCome operaPrincipale norma di riferimento
Verifica documentale (desk)Analisi delle dichiarazioni e contiArt. 32-33 DPR 600/1973; art. 36 TUIR
Indagine finanziaria (accert. bancario)Verifica movimenti bancariArt. 32 DPR 600/1973
Verifica in azienda (ispezione/accesso)Esame libri e documenti in sedeArt. 51-52 DPR 633/1972
Studi di settore/ISAConfronto dati dichiarati con parametri statisticiL. 208/2015; Provv. MEF/Entrate annuali
Controlli su terziRichiesta info a banche, clienti, fornitoriArt. 32-33 DPR 600/1973
  • Strumenti di difesa: (riassunto come sopra)
  • Sanzioni tributarie: (vedi tabella esempi già esposta).

Domande frequenti (FAQ)

D: In quale fase devo fare attenzione per non perdere il diritto di difesa?
R: Fin dal primo contatto formale con l’Agenzia o GdF – ad esempio dalla comunicazione di accesso o dall’invito al contraddittorio – è importante preparare la propria difesa. Verificare subito i documenti richiesti, rispondere entro i termini (ad es. 60 giorni per memorie difensive dopo l’invito) e chiedere eventualmente consulenza. Se arriva direttamente un avviso di accertamento, non attendere passivamente: fate redigere un ricorso entro i 60 giorni di legge. Ricordate che l’atto si considera legittimo fino a prova contraria.

D: Cosa posso fare quando ricevo l’avviso di accertamento?
R: Leggerlo attentamente e annotare ogni contestazione. È possibile proporre immediatamente l’accertamento con adesione entro 30 giorni (per chi paga l’imposta contestata) oppure proporre ricorso in Commissione Tributaria entro 60 giorni. Anche dopo la chiusura dell’accertamento, per alcuni errori è consentito il ravvedimento operoso ridotto (entro 90 giorni dalla dichiarazione). In ogni caso, raccogliete prove e documenti giustificativi: saranno utili sia per la fase di contraddittorio sia per il giudizio.

D: Quali rischi corro se non rispondo o non impugno?
R: Se non si risponde al contraddittorio o non si impugna l’avviso, questo diventa definitivo. L’azienda sarà tenuta a pagare imposte, interessi e sanzioni stabiliti nell’avviso, senza poterli contestare giudizialmente. Inoltre, la mancata opposizione aumenta la sanzione: il contribuente “passivo” non può più ottenere la riduzione del 40% prevista in caso di ricorso accolto. Meglio dunque reagire sempre nei termini.

D: Posso sanare gli errori pagando meno sanzioni?
R: Sì, con il ravvedimento operoso l’imprenditore può versare tributii dovuti con sanzioni ridotte (fino a 1/8 del minimo). Ad es., un’omissione corretta entro 30 giorni costa molto meno di una contestazione d’ufficio. Anche in caso di omessa dichiarazione si può sanare entro i termini successivi (sanzione 60–120% invece di 120–240%). Usare questi strumenti evita spesso l’intervento formale del Fisco.

D: E se c’è un errore dell’Agenzia nell’atto?
R: Si può fare istanza di autotutela presso l’Ufficio richiedendo l’annullamento (ad esempio per nullità o vizio procedimentale) anche dopo la notifica. Recentemente la Cassazione ha confermato che l’Agenzia può (e deve) riformare i propri atti illegittimi anche “in pejus”. Se ciò non avviene, si potrà sempre contestare l’errore in giudizio.

D: Quanto deve conservare i documenti contabili un’azienda?
R: In genere, almeno fino al termine di decadenza dell’accertamento relativo a quegli anni (5 o 7 anni dopo la dichiarazione). È consigliabile conservare i documenti rilevanti (fatture, contratti, libri contabili) per ulteriori 3-5 anni in più, dato che alcune indagini (es. su operazioni estere) possono basarsi su controlli incrociati anche successivi.

D: Cosa mi salva dall’accertamento penale?
R: Se la violazione (ad es. omesso versamento IVA o false fatture) fa scattare anche il reato tributario (D.Lgs. 74/2000), va valutata la non punibilità per ravvedimento ex art. 13 D.Lgs. 472/97. Se si regolarizza spontaneamente pagando ciò che si deve (entro 90 giorni dall’errore) e non c’è stato alcun controllo, la violazione amministrativa di norma non si trasforma in reato (art. 13 co.1 lett.c D.Lgs. 472/97).

Conclusioni

Una verifica fiscale può essere un momento delicato, ma con tempestività e correttezza si riducono i rischi. Preparare la contabilità, conoscere i propri diritti (contraddittorio, accesso agli atti, ravvedimento) e affidarsi a un consulente di fiducia è fondamentale per evitare sorprese. In ogni caso, l’imprenditore non è indifeso: gli strumenti di difesa (legali e amministrativi) sono molti e offrono opportunità concrete di regolarizzare, ridurre le sanzioni e, se necessario, contestare gli errori dell’Amministrazione.

Fonti normative, circolari e giurisprudenza (aggiornate a maggio 2025)

  • Statuto del contribuente (L. 27 luglio 2000, n. 212): garanzie procedurali del contribuente (contraddittorio, termini, pubblicità).
  • D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600: Testo Unico delle imposte sui redditi, articoli 32 (indagini finanziarie) e 43 (termini di accertamento).
  • D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633: Testo Unico IVA (artt. 51-52 per accessi/ispezioni).
  • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472: disposizioni generali sulle sanzioni tributarie.
  • D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471: sanzioni amministrative specifiche per IRPEF, IVA, IRAP.
  • D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218: disposizioni su accertamento con adesione e conciliazione giudiziale.
  • D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546: codice di rito tributario (processo, conciliazione) e successive modifiche (D.Lgs. 156/2015, 50/2017, 220/2023).
  • Legge di bilancio 2016 (L. 208/2015): modifiche art. 43 DPR 600/1973 (termine decadenza 5/7 anni).
  • D.Lgs. 219/2023 (Statuto del contribuente): introduce art. 6-bis sul contraddittorio generalizzato.
  • Cassazione, sez. trib., ord. 19/06/2024 n. 16850: conferma legittimità dell’accertamento bancario ex art. 32 DPR 600/73.
  • Cassazione, sez. trib., sent. 31/03/2025 n. 8452: ammette validità di prove acquisite “irritualmente” se accertamento resta valido.
  • Cassazione, sez. trib., sent. 21/11/2024 n. 30051: legittima l’autotutela in pejus su atti tributari illegittimi.
  • Commissione Tributaria (CTP/CTR): interpretazioni di casi concreti (ad es. applicazione delle garanzie dello Statuto, ammissibilità dell’accertamento per indagini finanziarie, ecc.).
  • Circolari e risoluzioni Agenzia Entrate: Chiarimenti su procedure accertative e rilascio contraddittorio (per es. Circolare AGE n. 32/E/2014 sul contraddittorio endoprocedimentale).

Verifica Fiscale in Azienda: Perché Affidarti a Studio Monardo

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Verifica la legittimità degli accessi e delle richieste, intervenendo in caso di abusi o violazioni di legge

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Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

🔹 Avvocato esperto in verifiche fiscali, difesa tributaria e contenzioso con l’Agenzia delle Entrate
🔹 Gestore della Crisi da Sovraindebitamento – iscritto al Ministero della Giustizia
🔹 Negoziatore della Crisi d’Impresa – abilitato ex D.L. 118/2021
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Conclusione

La verifica fiscale non è solo un controllo amministrativo: è un momento critico da affrontare con lucidità e strategia.

Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa essere protetto sin dal primo accesso, evitare errori irreparabili e difendere la tua impresa da conseguenze economiche e reputazionali.

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