Difesa Fiscale e Risanamento Aziendale: La Guida

La tua impresa è schiacciata dai debiti fiscali e rischia il blocco delle attività? Cerchi una soluzione per difenderti dal Fisco e risanare l’azienda?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in difesa fiscale e risanamento aziendale – è pensata per aiutare imprenditori come te a uscire da una situazione critica con strumenti concreti e legali.

Scopri quali sono le strategie per gestire i debiti con l’Agenzia delle Entrate, come evitare pignoramenti e fermi amministrativi, e quando è possibile accedere a soluzioni come la transazione fiscale, la composizione negoziata o il piano di ristrutturazione del debito.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, analizzare la tua situazione aziendale con un avvocato esperto e studiare un piano efficace per salvare l’impresa e ripartire.

Introduzione:

La difesa fiscale e il risanamento aziendale sono due aspetti strettamente connessi nella gestione di un’impresa in difficoltà, poiché l’equilibrio economico-finanziario non può prescindere dal corretto rapporto con il fisco e dalla gestione consapevole delle passività tributarie. La guida per affrontare efficacemente questa fase critica parte dalla consapevolezza della propria situazione: ciò significa che l’impresa deve monitorare costantemente la propria posizione fiscale, analizzare i debiti maturati, verificare la presenza di cartelle esattoriali, avvisi di accertamento, ruoli in riscossione o iscrizioni a ruolo, e distinguere tra debiti certi, contestati, rateizzati o ancora definibili. Il primo passo nella difesa fiscale è la ricognizione completa e aggiornata del debito, accessibile attraverso il cassetto fiscale, la consultazione degli estratti di ruolo e il dialogo con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Con questi dati alla mano, si può definire una strategia difensiva coerente, valutando per ciascun debito l’eventuale possibilità di impugnazione, la sussistenza di vizi formali, la prescrizione o l’illegittimità della pretesa. Per i debiti non impugnabili o già consolidati, si apre il capitolo del risanamento: il legislatore mette a disposizione strumenti che consentono di ristrutturare la posizione fiscale in modo sostenibile. Il più noto è la rateizzazione, ordinaria o straordinaria, che permette di suddividere l’importo dovuto fino a 72 o 120 rate mensili, con la sospensione delle misure esecutive per tutta la durata del piano. Parallelamente, è possibile accedere a misure straordinarie come la transazione fiscale, prevista nell’ambito del concordato preventivo o degli accordi di ristrutturazione dei debiti.

Questo istituto consente all’impresa di proporre all’amministrazione un pagamento parziale e dilazionato dei debiti fiscali, purché il piano risulti conveniente rispetto all’ipotesi liquidatoria. La transazione deve essere adeguatamente motivata, supportata da documentazione contabile e previsioni finanziarie credibili, e approvata dall’Agenzia delle Entrate. In molti casi, il risanamento aziendale passa anche dalla composizione negoziata della crisi, una procedura riservata, volontaria e stragiudiziale che consente all’imprenditore di gestire in modo ordinato le difficoltà aziendali con l’assistenza di un esperto indipendente.

Durante questa fase, è possibile trattare con tutti i creditori, inclusi gli enti fiscali e previdenziali, e presentare proposte di rientro o di ristrutturazione graduale, godendo della sospensione delle azioni esecutive e cautelari. Questo approccio permette di evitare il collasso immediato, preservare il valore aziendale e negoziare soluzioni più sostenibili. Anche l’adozione di un tax control framework può giocare un ruolo chiave nel percorso di risanamento: si tratta di un sistema interno di controllo dei rischi fiscali, che consente all’impresa di gestire in modo trasparente e documentato le proprie posizioni tributarie, favorendo anche un rapporto collaborativo con il fisco. La difesa fiscale deve estendersi anche ai contenziosi in corso: se l’impresa ha in piedi ricorsi contro accertamenti o cartelle, deve valutare con i propri consulenti se proseguire nella difesa giudiziale, accedere a strumenti deflattivi come la mediazione o la conciliazione, o aderire a eventuali definizioni agevolate introdotte dal legislatore, come la rottamazione delle cartelle, il saldo e stralcio o le sanatorie straordinarie.

La scelta dipende dall’analisi del contenzioso, dal valore in gioco, dal rischio processuale e dall’impatto finanziario della controversia. Tutti gli strumenti devono essere utilizzati in una visione integrata, in cui l’obiettivo non è solo ridurre il debito, ma costruire un percorso di risanamento completo. Questo include la ristrutturazione finanziaria, la riorganizzazione produttiva, la revisione dei costi, la pianificazione fiscale e il rafforzamento dei flussi di cassa. Il supporto di professionisti esperti è indispensabile: commercialisti, avvocati tributaristi, consulenti d’impresa e advisor specializzati in crisi aziendali devono lavorare insieme per costruire un piano credibile, sostenibile e legalmente conforme. Gli amministratori devono essere consapevoli che l’omessa adozione di misure tempestive può comportare responsabilità civili e penali, in particolare per omesso versamento di imposte, bancarotta tributaria, abuso di strumenti giuridici o dissipazione del patrimonio sociale. Anche la continuazione dell’attività in assenza di presupposti di risanamento può essere fonte di responsabilità, e quindi è necessario documentare ogni decisione e motivarla in funzione della tutela dei creditori e della continuità aziendale.

Una parte fondamentale del processo è la comunicazione: i rapporti con l’Agenzia delle Entrate devono essere improntati a trasparenza e collaborazione, così come quelli con l’INPS, le banche, i fornitori e i lavoratori. Il risanamento non è un processo isolato, ma coinvolge tutti gli stakeholder e richiede una gestione aperta, ma rigorosa, delle relazioni. Nei casi più complessi, il risanamento può includere anche operazioni straordinarie come cessioni di rami d’azienda, conferimenti, scissioni o trasformazioni, tutte operazioni che richiedono una pianificazione fiscale attenta per evitare contestazioni e ottimizzare gli effetti tributari. In conclusione, la difesa fiscale e il risanamento aziendale non sono percorsi alternativi ma complementari, che richiedono visione strategica, competenza tecnica, capacità negoziale e tempestività. Un’impresa che affronta le proprie difficoltà in modo strutturato, con l’assistenza di professionisti qualificati e con una piena consapevolezza degli strumenti disponibili, può uscire dalla crisi, ridurre i debiti fiscali e ricostruire condizioni di sostenibilità a lungo termine.

Area di InterventoDescrizione sintetica
Ricognizione debitoria fiscaleAnalisi completa di imposte dovute, cartelle, accertamenti, sanzioni
Rateizzazione ordinaria o straordinariaFino a 72 o 120 rate, con sospensione delle azioni esecutive
Transazione fiscalePagamento parziale e dilazionato dei debiti fiscali in sede concorsuale
Composizione negoziata della crisiProcedura con esperto indipendente e misure protettive contro aggressioni dei creditori
Definizione dei contenziosiValutazione di adesioni, conciliazioni, mediazioni e sanatorie fiscali
Tax Control FrameworkSistema di controllo interno per la gestione e prevenzione del rischio fiscale
Ristrutturazione integrataIntervento su flussi finanziari, struttura aziendale, pianificazione fiscale
Responsabilità degli amministratoriObbligo di agire tempestivamente, evitare aggravamento del dissesto, tutela dei creditori
Comunicazione e gestione degli stakeholderDialogo con fisco, banche, lavoratori, fornitori, trasparenza documentata
Operazioni straordinarieCessioni, scissioni, trasformazioni con pianificazione fiscale
Supporto professionale integratoConsulenza multidisciplinare per la gestione coordinata della crisi e della difesa fiscale

Quali sono gli strumenti di difesa fiscale per un imprenditore

Gli imprenditori e i consulenti tributari dispongono di molteplici strumenti per fronteggiare i rilievi fiscali, sia in via amministrativa sia in sede giudiziaria. Una conoscenza aggiornata e completa è fondamentale per orientare la scelta strategica più adeguata caso per caso.

Il Contenzioso tributario per difendere un imprenditore

Il contenzioso tributario è la procedura giurisdizionale ordinaria per impugnare gli atti impositivi emessi dall’Agenzia delle Entrate. È disciplinato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Codice del processo tributario). Il contribuente può proporre ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla notifica dell’atto impositivo, eccezion fatta per alcuni specifici avvisi (p.e. accertamento catastale, dichiarazione omessa, sanzioni). Dal 2019 la notifica del ricorso avviene quasi esclusivamente via PEC: il ricorso in PDF firmato deve essere spedito all’indirizzo PEC dell’Agenzia delle Entrate competente, mentre le prove di consegna (ricevute PEC) documentano l’avvenuta notifica.

Nel merito del giudizio tributario, le Commissioni Tributarie – provinciali e regionali – valutano la legittimità dell’atto impugnato sulla base degli elementi di fatto e di diritto prodotti dalle parti. In caso di esito negativo per il contribuente, è possibile proporre appello alla Commissione Tributaria Regionale (entro 60 giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado) e, successivamente, ricorso per Cassazione alla Suprema Corte. Le controversie di valore superiore a 60.000 euro devono seguire un procedimento con udienza pubblica, mentre quelle fino a 60.000 euro seguono un rito semplificato. Prima di proporre ricorso, era necessario esperire (fino al 3 gennaio 2024) la fase di reclamo/mediazione presso l’Agenzia; questa procedura precontenziosa – introdotta dal D.L. 98/2011 – è stata tuttavia abrogata dal D.Lgs. 220/2023.

Esempio pratico (contenzioso tributario): Mario Rossi impugna un avviso di accertamento per IRPEF del 2023. Redige il ricorso evidenziando errori di calcolo e violazioni di motivazione. Dal 2019 notifica il ricorso via PEC all’Agenzia della sua provincia entro 60 giorni. Durante il giudizio, contesta le presunzioni di maggior reddito e chiede la riduzione delle imposte. Il giudice tributario valuterà la fondatezza dei rilievi dell’ufficio e la correttezza del contraddittorio.

L’Autotutela per difendersi da imprenditore

L’autotutela tributaria è l’istituto tramite cui l’Amministrazione finanziaria può annullare, revocare o correggere i propri atti impositivi anche d’ufficio. La disciplina è stata radicalmente riformata dal D.Lgs. 219/2023 (entrato in vigore il 18 gennaio 2024). Con questa riforma lo strumento dell’autotutela, un tempo regolato dal DM 37/1997, è stato inserito nello Statuto del contribuente (Legge 212/2000, artt. 10-quater e 10-quinquies).

Si distingue tra autotutela obbligatoria e facoltativa. L’autotutela obbligatoria impone all’Agenzia di annullare o ridurre gli atti di imposizione (anche in pendenza di giudizio o dopo sentenza definitiva) quando sussistono ipotesi tassative di “manifesta illegittimità” dell’atto stesso. Tra queste ipotesi figurano, per esempio, errori materiali, motivazione inesistente o violazione palese di legge. L’art. 10-quater co.1 Statuto Contribuente stabilisce che l’ufficio deve procedere all’annullamento “in tutto o in parte – anche senza istanza del contribuente” quando sussistono i casi di manifesta illegittimità previsti dalla norma.

Nell’autotutela facoltativa invece il contribuente può chiedere esplicitamente all’Agenzia di rivedere un atto impugnabile, ad esempio inoltrando un reclamo o ricorrendo agli interpelli correttivi. Se l’ufficio ritiene fondata la richiesta, può emettere un nuovo atto (di annullamento, modifica o rettifica) più favorevole.

La riforma 2023 ha esteso i poteri di autotutela e ha introdotto la possibilità di impugnare l’eventuale diniego di autotutela in sede giudiziaria. In pratica, se l’Agenzia rifiuta di intervenire in autotutela, il contribuente potrà ricorrere contro quel diniego, considerandolo a tutti gli effetti un atto amministrativo contestabile.

Esempio pratico (autotutela): Un’azienda scopre di aver subito un doppio pagamento d’imposta IVA su un acquisto. Presenta istanza di annullamento in autotutela dell’atto di liquidazione dell’imposta. L’Ufficio verifica l’errore materiale e annulla d’ufficio l’atto, emettendo un’ordinanza di cancellazione. In alternativa, in caso di mancata risposta o diniego da parte dell’Agenzia, l’imprenditore può impugnare tale diniego secondo le novità del 2024.

Come funziona l’accertamento con adesione

L’accertamento con adesione è uno strumento deflativo del contenzioso che consente al contribuente di definire la pretesa fiscale in fase precontenziosa, evitando il giudizio. Disciplina primaria è il D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 218, art. 1. La procedura si svolge dopo la notifica dell’avviso di accertamento: il contribuente e l’Ufficio possono incontrarsi in contraddittorio e stipulare un accordo che ridetermina la base imponibile e le imposte dovute. In caso di adesione, il contribuente gode di forti benefici: riduzione delle sanzioni a un terzo del minimo edittale e (se concordata) azzeramento degli interessi di mora. Inoltre la domanda di adesione sospende i termini per proporre ricorso per 90 giorni.

Dall’1° maggio 2024 l’istituto è stato ulteriormente riformato dal D.Lgs. 13/2024. Ora sono previsti due “binari” di adesione: con o senza condizioni. Nell’adesione senza condizioni, il contribuente accetta integralmente i rilievi dell’ufficio; nell’adesione condizionata, l’accordo è subordinato all’accoglimento dell’istanza del contribuente sulle questioni indicate (ad es. errori di calcolo). L’obiettivo della riforma era incoraggiare la definizione dell’accertamento senza contenziosi, incentivando il dialogo tra Amministrazione e contribuente. L’accertamento con adesione si rivolge a tutti i contribuenti (persone fisiche, società, sostituti d’imposta, ecc.) e riguarda le imposte sui redditi, l’IVA e le imposte indirette.

Esempio pratico (accertamento con adesione): Dopo la notifica di un avviso di accertamento per IRAP in cui sono contestati maggiori ricavi, l’imprenditore contesta gli importi. Presenta domanda di adesione e riceve dall’ufficio la nuova proposta ridotta. Durante il contraddittorio, dimostra all’ufficio di avere un errore nel calcolo del margine imponibile. L’Agenzia accoglie parte delle richieste e, per accordo, si concorda un tributo ridotto e sanzioni al 33% del minimo. Entrambe le parti firmano l’atto conclusivo, evitando il ricorso.

Come funzionano reclamo e mediazione tributaria

Fino alla fine del 2023 il contribuente era tenuto ad esperire preventivamente reclamo e mediazione tributaria (art.17-bis D.Lgs. 546/92). Con il reclamo-mediazione il contribuente poteva, entro 60 giorni dalla notifica dell’atto impositivo, proporre istanza di riesame (reclamo) con l’Agenzia delle Entrate e sottoporre la controversia a un mediatore fiscale. Questo strumento mirava a ridurre il contenzioso, ma era stato criticato per scarsa efficacia. Con il D.Lgs. 220/2023 (in vigore dal 4 gennaio 2024) tale fase obbligatoria è stata abrogata.

Dal 2024 il ricorso tributario non richiede più il passaggio formale del reclamo; contestualmente è stato potenziato l’istituto della conciliazione giudiziale (di cui al punto seguente). In pratica, per le controversie fino a 50.000 euro (valore della lite) la mediazione/reclamo non esiste più.

Esempio pratico (ex-mediazione): Un contribuente notificava all’Agenzia un reclamo contro un accertamento in tempi brevi per poi eventualmente ricorrere. Dal 2024 questa fase è superata: può decidere direttamente di impugnare l’atto in sede giudiziaria.

Come funziona la conciliazione giudiziale

La conciliazione giudiziale tributaria è uno strumento deflativo che permette di chiudere una controversia pendente in Commissione Tributaria attraverso un accordo tra contribuente e Amministrazione durante il processo. Introdotta con i precedenti articoli 48 e seguenti del D.Lgs. 546/1992, è stata recentemente ampliata dalla Legge 130/2022 e dal D.Lgs. 220/2023.

La conciliazione può essere fuori udienza (mediante istanza congiunta da presentare al giudice), in udienza (all’apertura della camera di consiglio), oppure proposta d’ufficio dal giudice tributario. L’accordo deve essere redatto in forma scritta e siglato da entrambe le parti. Il principale vantaggio è la drastica riduzione delle sanzioni tributarie: in caso di conciliazione le sanzioni vengono ridotte mediamente a un quarto o un terzo del minimo (secondo i criteri definiti dalla legge).

La procedura recente prevede ad esempio per i processi di primo grado sanzioni ridotte al 40% del minimo, in secondo grado al 50% e in Cassazione al 60% (quest’ultimo limite si applica ai ricorsi notificati dal 5 gennaio 2024). In breve, il contribuente ha incentivo a transigere definendo un importo leggermente inferiore a quello contestato, ma ottenendo un risparmio sulle sanzioni e chiudendo definitivamente il giudizio. Contestualmente, la Legge delega 111/2023 ha esteso questa facoltà anche alle liti in Cassazione, ove compatibile.

Esempio pratico (conciliazione giudiziale): Durante l’udienza di primo grado in Commissione Tributaria, il giudice propone (o le parti richiedono) la conciliazione. L’Amministrazione ritira l’impugnazione, il contribuente accetta una minorazione della pretesa e concorda di pagare imposta, interessi e sanzioni ridotte. L’accordo viene verbalizzato e la causa viene dichiarata chiusa, evitando il proseguimento del giudizio. In base alle nuove regole, se l’accordo viene definito in primo grado la sanzione applicata sarà il 40% del minimo.

Come funziona l’interpello tributario

L’interpello tributario è il procedimento mediante il quale il contribuente può ottenere un parere preventivo e vincolante dall’Agenzia delle Entrate sull’interpretazione di una norma fiscale applicabile al proprio caso concreto. Rientra nello Statuto del contribuente (art. 11 L. 212/2000). L’istanza di interpello può riguardare, ad esempio, la qualificazione di una determinata operazione, l’interpretazione di una norma fiscale complessa, o la risoluzione di dubbi interpretativi. L’Agenzia deve rispondere entro i termini stabiliti dalla legge (in genere alcuni mesi) e la risposta (detta “parere” o “risoluzione”) è vincolante se completa e puntuale.

Lo scopo è evitare comportamenti illeciti e contenziosi. Come chiarisce l’Agenzia delle Entrate, l’interpello “costituisce lo strumento concesso al contribuente per conoscere preventivamente il parere dell’Amministrazione finanziaria circa l’interpretazione di norme tributarie controverse, in relazione a casi concreti e personali, al fine di evitare sanzioni”. L’ultima riforma dello Statuto Contribuente (D.Lgs. 219/2023) ha ulteriormente ridefinito i termini di risposta e le categorie di interpelli (interpretativo, anti-elusivo, per opzioni, ecc.). Di norma, l’interpello non sospende i termini di pagamento delle imposte né costituisce titolo per accedere a rimborsi immediati; ha piuttosto valore di garanzia giuridica futura.

Esempio pratico (interpello): Un’impresa si trova a valutare se una particolare spesa possa rientrare nei crediti d’imposta per ricerca e sviluppo. In presenza di incertezze interpretative, l’impresa presenta un interpello all’Agenzia delle Entrate chiedendo conferma della propria qualificazione di spesa e del trattamento fiscale. L’Agenzia, dopo aver valutato i documenti e la normativa, emette un parere scritto che conferma (o nega) l’interpretazione proposta, vincolando se stessa per quel caso.

Come funziona il regime di adempimento collaborativo (cooperative compliance)

Il regime di adempimento collaborativo, noto anche come cooperative compliance, è un programma volontario rivolto alle grandi imprese e ai gruppi multinazionali per garantire maggiore certezza e collaborazione con l’Amministrazione fiscale. Introdotto dal D.Lgs. 128/2015, il regime è stato potenziato dalla recente riforma fiscale (D.Lgs. 221/2023 e seguenti). L’adesione implica che il contribuente (prevalentemente soggetti con elevati ricavi, p.es. oltre 50 milioni di euro) sottoscriva un piano di compliance concordato con l’Agenzia e fornisca l’accesso a informazioni contabili e fiscali.

Grazie a questo approccio «collaborativo», l’Agenzia assicura all’impresa stabilità e trasparenza sulla posizione fiscale, limitando i controlli alle aree meno soggette a rischio (focalizzandosi solo sui profili residuali). Nel dicembre 2024 è stato approvato un nuovo modello di adesione in vista delle novità normative: il D.Lgs. 221/2023 ha infatti ampliato i requisiti di accesso al regime (estendendo, per esempio, la platea delle imprese ammesse). Dal 17 dicembre 2024 si utilizza il nuovo “modello di adesione al regime di adempimento collaborativo” redatto dall’Agenzia delle Entrate.

Esempio pratico (cooperative compliance): Una grande impresa industriale consolida ogni anno un piano fiscale con il proprio gruppo AE (Grandi Contribuenti). Attraverso il meccanismo di cooperative compliance, l’azienda presenta preventivamente al Fisco i propri bilanci e i documenti di transfer pricing, concordando le modalità di controllo. In cambio ottiene una maggiore certezza sulla legittimità dei propri comportamenti tributari, con sostanziale eliminazione di verifiche ordinarie sui profili già oggetto del piano concordato.

Tutela penale-tributaria: cosa sapere

La tutela penale tributaria riguarda le responsabilità penali connesse a violazioni fiscali gravi (reati tributari). Il regime sanzionatorio penale è contenuto nel D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74 (introduce reati come dichiarazione fraudolenta, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, omesso versamento IVA, ecc.). La guida fiscale deve sempre tener conto che, oltre ai contenziosi tributari e sanzioni amministrative, l’azienda e i suoi dirigenti possono incorrere in indagini penali in caso di violazioni dolose o colpose gravi. Per questo, in caso di contestazioni rilevanti conviene ricercare la consulenza di un penalista tributarista.

Dal punto di vista difensivo, il contribuente indagato può adottare misure quali la remissione in bonis o il ravvedimento operoso (nel caso del mancato versamento), ma in sede penale valgono regole specifiche (ad es. l’irretrattabilità degli atti di indagine a opera dei militari della Guardia di Finanza). L’attestazione e l’esecuzione di un piano attestato di risanamento (v. oltre) possono avere effetti favorevoli anche in chiave penale: in base alla normativa fallimentare, l’attestazione di un piano che rispetti i requisiti di legge esclude l’operatività di alcuni reati di bancarotta.

Esempio pratico (tutela penale-tributaria): Un imprenditore riceve un avviso di fine indagine da parte della Procura per presunta dichiarazione fraudolenta. In parallelo con il contenzioso tributario, attiva la consulenza di un penalista. Se anche la sua azienda sta attuando un piano di risanamento attestato, gli atti compiuti in esecuzione di quel piano sono esenti da rilievo penale di bancarotta (art. 19 L.F.).

Come Funziona Il Piano di rientro con l’Agenzia delle Entrate per un’impresa

Oltre alla definizione del contenzioso, è previsto in alcuni casi il piano di rientro dall’omissione di versamenti o dalle cartelle esattoriali. Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha potenziato strumenti di rateizzazione e dilazione agevolata. Ad esempio, i piani di dilazione introdotti dal “Decreto Crescita” o da altri provvedimenti consentono di ottenere la rateizzazione di debiti fiscali e contributivi. A partire dal 2023 sono state previste procedure speciali di rientro agevolato per monti di debiti sorti in specifici periodi (p. es. emergenza Covid) e in caso di impegno di investimenti. Le regole variano continuamente: è sempre opportuno verificare presso il sito dell’Agenzia (circolari e risoluzioni aggiornate) le modalità di presentazione della domanda di dilazione.

Esempio pratico (piano di rientro): Un’impresa ha debiti IVA iscritti a ruolo per 50.000 euro. Presenta domanda di rateizzazione ordinaria presso l’Agenzia, ottenendo il pagamento dilazionato in 60 rate mensili. Nel caso di situazioni particolari (p.es. gravi difficoltà economiche certificate), è possibile chiedere la “rateazione agevolata”: in tal caso l’Agenzia, valutati i presupposti, può concedere un allungamento del piano di rientro fino a 72 rate o la sospensione per un periodo, a condizione di fornitura di garanzie o impegni di investimento.

Risanamento aziendale – La Guida

La seconda parte della guida esamina gli strumenti di risanamento aziendale e gestione della crisi d’impresa, ormai inquadrati nel Nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 2020) e ulteriori interventi (legge delega n. 118/2021, D.Lgs. attuativi e successive modifiche). Gli strumenti di risanamento sono volti a salvaguardare la continuità aziendale e soddisfare i creditori in contesti di crisi, evitando la liquidazione forzata.

Come funziona un piano attestato di risanamento (art. 56 CCII)

Il piano attestato di risanamento (art. 56 Codice della crisi) è uno strumento negoziale rivolto a imprenditori in stato di crisi o insolvenza. È il successore del “piano di risanamento” già previsto dalla legge fallimentare (legge 3/2012). L’art. 56 CCII disciplina i requisiti di ammissibilità: il piano deve essere redatto da un professionista indipendente (attestatore) che ne certifica la fattibilità e la coerenza con il recupero economico; deve contenere misure corrette in caso di scostamenti; e deve essere sottoposto all’approvazione dei creditori. La riforma ha introdotto che il piano può essere stipulato fuori dal tribunale, attraverso un accordo tra l’imprenditore e i creditori (ad esempio banche e fornitori).

Condizione essenziale per accedere a questo strumento è lo “stato di crisi” o di “insolvenza” dell’impresa. Secondo la prassi, il piano deve prevedere modi di soddisfare i creditori a una percentuale maggiore rispetto al valore di liquidazione, altrimenti non potrà essere adottato. Tra i contenuti tipici del piano attestato vi sono: dilazioni del debito, riduzione di costi contrattuali (pactum de non petendo), nuovi finanziamenti, rinegoziazione dei termini, cessione di attivi, accordi bilaterali con creditori privilegiati. Il piano non è omologato dal tribunale; ha valenza accordo contrattuale.

Esempio pratico (piano attestato): Un’impresa manifatturiera con gravi perdite predispone un piano attestato da un consulente fallimentare. Il piano propone rateizzazione di un mutuo bancario, rinegoziazione dei debiti verso fornitori e introiti da nuovi ordini già acquisiti. I creditori accettano il piano (in assemblea con maggioranze previste) e il tribunale non interviene se il piano è stato gestito correttamente. Grazie al piano, le azioni e pagamenti fatti in esecuzione del piano stesso sono esenti da revocatoria fallimentare e da reati di bancarotta.

Come funzionano gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis L.F.)

L’accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis L.F. è previsto dal vecchio Codice della crisi (Legge fallimentare). Esso consente a un imprenditore in crisi di proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione del debito (solitamente banche e finanziatori). La procedura si apre davanti al tribunale, che omologa l’accordo se raggiunge almeno il 60% dei creditori in valore (o 75% in alcuni casi). L’accordo può prevedere riduzioni o dilazioni dei debiti, conversione di parte del debito in capitale, passaggi di partecipazioni societarie, ecc. Importante: i creditori finanziari che hanno aderito possono ricevere il cosiddetto “patto marciano”, ossia un diritto di prelazione speciale su eventuali rendite future. Dal punto di vista fiscale, l’art. 182-bis prevede la sospensione di accertamenti sulle quote di debito ristrutturato; i creditori e l’impresa trattano anche gli aspetti tributari (IVA, imposte anticipate, ecc.).

Come funziona il concordato preventivo

Il concordato preventivo è una procedura concorsuale in tribunale (artt. 160-185 L.F./CCII) che permette all’impresa di proporre ai creditori un piano di rientro, mantenendo l’attività. La proposta può essere in continuità (l’impresa resta in esercizio e soddisfa i creditori con parte degli utili futuri) o liquidatoria (vengono ceduti beni). Dopo l’approvazione da parte delle classi di creditori, il tribunale omologa il concordato. Per l’omologa in continuità, la riforma ha introdotto il “cram down” trasversale (mod. L. 3/2012): anche se una classe dissente, è possibile l’omologa se è garantita la pagata, secondo la graduazione, anche con risorse ultralegali (art. 112 CCII). Tuttavia, come ribadito da recente giurisprudenza, il piano concordatario in continuità deve dimostrare una reale discontinuità con la gestione precedente per essere omologato. In pratica, se i creditori rifiutano, l’impresa deve offrire un programma credibile di ripresa (nuova finanza, riduzione dei costi, ecc.).

Esempio pratico (concordato preventivo): Una società di costruzioni presenta un concordato in continuità per debiti maturati. Nel piano propone un nuovo socio finanziatore, cessioni parziali di rami d’azienda e il pagamento del 30% dei debiti in 5 anni. Se i creditori (in una o più classi) approvano sufficientemente il piano, il tribunale può omologarlo. Se una classe non approva ma gli altri fornitori sono tutelati (cross class cram down), si potrà ugualmente ottenere l’omologazione. Tuttavia, il Tribunale di Lucca (marzo 2025) ha ricordato che non basta un semplice accordo: l’omologazione richiede “evidente discontinuità” nella gestione dell’impresa rispetto al passato.

Come funziona la composizione negoziata della crisi

Introdotta dal D.L. 118/2021 (conv. L. 15/2022), la composizione negoziata è una procedura stragiudiziale (con intervento di un esperto indipendente) pensata per le micro, piccole e medie imprese in crisi. Prevede che l’imprenditore, assistito da un professionista (esperto negoziatore), intraprenda trattative con i creditori principali (ad es. banche, fornitori) per concordare un piano di rientro. L’esperto redige una relazione che attesta lo stato di crisi e le prospettive di risanamento. Se la maggior parte dei creditori adotta l’accordo secondo i voti stabiliti, l’imprenditore può ottenere l’esenzione da sanzioni penali tributarie e da revocatorie fallimentari per gli atti eseguiti in conformità al piano (garanzia prevista dalla stessa legge). La procedura è volontaria, confidenziale e punta a definire extragiudizialmente la crisi.

Esempio pratico (composizione negoziata): Un piccolo gruppo d’imprese agricole in difficoltà si avvale di un professionista per negoziare con le banche un allungamento delle scadenze del mutuo e con i fornitori uno sconto sui crediti. L’esperto redige la relazione negoziale e i creditori firmano l’accordo. In tal modo l’impresa ottiene nuovi termini di pagamento e rimane in attività, beneficiando della protezione (sospensione di revocatorie e responsabilità penali) offerta dalla legge.

Tabelle riassuntive

Ecco la tabella completa e chiara che distingue tra strumenti di difesa fiscale e strumenti di risanamento aziendale, con i riferimenti normativi e le principali caratteristiche:

Strumenti di Difesa Fiscale

StrumentoNorma di RiferimentoDescrizione e Funzione
Contenzioso tributarioD.Lgs. 546/1992Ricorso in Commissione tributaria, appello e Cassazione. Strumento ordinario di difesa contro gli atti dell’Agenzia.
AutotutelaStatuto del contribuente, art. 10-quater e quinquiesAnnullamento o rinuncia da parte dell’Ufficio; può essere obbligatoria (in caso di illegittimità manifesta) o facoltativa.
Accertamento con adesioneD.Lgs. 218/1997, modificato dal D.Lgs. 13/2024Accordo tra contribuente e Ufficio prima del contenzioso; riduzione sanzioni a 1/3.
Conciliazione giudizialeD.Lgs. 546/1992, artt. 48 ss.; L. 130/2022; D.Lgs. 220/2023Accordo tra le parti in corso di giudizio; sanzioni ridotte al 40-60%.
Reclamo/Mediazione (Abrogato)D.Lgs. 546/1992, art. 17-bis (introdotto dal DL 98/2011)Sostituito dal 4 gennaio 2024 dalla conciliazione giudiziale potenziata.
InterpelloL. 212/2000, art. 11Richiesta preventiva e vincolante all’Agenzia per interpretazione delle norme tributarie.
Cooperative complianceD.Lgs. 128/2015; D.Lgs. 221/2023; D.M. 6/12/2024Regime volontario di collaborazione con il Fisco per grandi imprese, con trasparenza preventiva.
Tutela penale tributariaD.Lgs. 74/2000Difesa in sede penale per reati fiscali; richiede strategie specifiche.
Piani di rientro / AdeguamentoProvvedimenti AE variPossibilità di rateizzare o definire debiti; strumenti come saldo e stralcio, rateizzo agevolato in caso di crisi.

Strumenti di Risanamento Aziendale

StrumentoNorma di RiferimentoDescrizione e Finalità
Piano attestato di risanamentoArt. 56 CCII – D.Lgs. 14/2019Accordo con i creditori, attestato da un professionista; esenzione da revocatoria e responsabilità penale.
Accordi di ristrutturazione dei debitiArt. 182-bis L.F./CCIIAccordo omologato dal tribunale; richiede adesione di almeno il 60% dei creditori.
Concordato preventivoArtt. 160 e seguenti CCIIProcedura giudiziale (in continuità o liquidatoria); omologazione da parte del tribunale, con voto dei creditori e possibili “cram down”.
Composizione negoziata della crisiArt. 2 D.L. 118/2021Procedura extragiudiziale con esperto indipendente; destinata alle PMI; possibili esoneri da revocatoria e responsabilità penale.
Composizione semplificata per debitori minoriArtt. 63-66 CCIIPercorso facilitato per piccoli imprenditori non soggetti a procedure concorsuali; consente pagamento graduale dei debiti.
Concordato con continuità aziendale (micro/piccole imprese)Artt. 62-70 CCIIVersione semplificata del concordato per micro e piccole imprese; senza commissario giudiziale, con maggioranze semplificate.

FAQ (Domande Frequenti)

Contenzioso Tributario

  • Quando posso proporre ricorso tributario? Entro 60 giorni dalla notifica dell’atto impugnabile (i termini variano se l’atto è notificato tramite specifici agenti, ma in generale è questo). Dalla riforma 2017, il ricorso va notificato via PEC; si raccomanda di salvare le ricevute.
  • Quali sono le fasi del processo tributario? Il processo si svolge in due gradi più Cassazione: Commissione Tributaria Provinciale (primo grado), Regionale (appello), Cassazione. Vi sono termini rigidi per atti difensivi, memorie e impugnazioni.
  • Il debito si prescrive durante il giudizio? No, il giudizio sospende solamente i termini per pagare e per prescrizione si calcola dal momento in cui il giudice si pronuncia definitivamente o rinuncia. Se si perde il ricorso, il debitore deve pagare quanto stabilito in sentenza.

Autotutela

  • Quando l’Agenzia deve intervenire d’ufficio? Nei casi tassativi di “manifesta illegittimità” elencati nell’art. 10-quater Statuto (DM 37/97); ad es. errore materiale, sopravvenuta giurisprudenza di favore, violazione palese di una norma.
  • Posso contestare il diniego di autotutela? Sì. Con la riforma del 2024 il contributore che riceve un diniego motivato può impugnare tale provvedimento come se fosse un atto amministrativo definitivo.
  • Cos’è l’“acquiescenza”? Se in autotutela l’atto è annullato o modificato, il contribuente può essere tenuto a rinunciare implicitamente o esplicitamente al ricorso (acquiescenza). Gli effetti variano a seconda che vi sia o meno richiesta esplicita di acquiescenza (art. 6 L. 212/2000).

Accertamento con adesione

  • Chi può richiederlo? Tutti i contribuenti soggetti a IVA e imposte sul reddito, compresi sostituti d’imposta e società di gruppo (comprese quelle in consolidato fiscale).
  • Quando presentare l’istanza? Entro i 15 giorni successivi alla notifica dell’avviso di accertamento o del pvc (verbale di constatazione). Dopo la domanda di adesione, il termine per il ricorso si sospende per 90 giorni.
  • Sanzioni ridotte e benefici: Se l’accordo viene sottoscritto, le sanzioni (per imposte dirette e IVA) sono pari a 1/3 del minimo previsto per legge. In più, si chiude il contenzioso senza futuri interessi aggiuntivi.

Conciliazione giudiziale

  • Quando si può richiedere? In ogni grado di giudizio tributario aperto (Commissioni Provinciali e Regionali) finché c’è giudizio pendente. La richiesta può essere congiunta (entrambe le parti) o proposta dal giudice.
  • Qual è il risparmio sulle sanzioni? Significativo: a seconda del grado di giudizio, le sanzioni sono ridotte a frazione del minimo (es. 40% in primo grado), rendendo l’accordo spesso conveniente rispetto a rischiare la sentenza.
  • Come si formalizza l’accordo? Deve essere redatto in forma scritta (verbale di conciliazione) e sottoscritto da contribuente e Ufficio. Viene omologato dal presidente della commissione o da un giudice delegato, chiudendo il processo.

Interpelli

  • Su quali materie si può interpella­re? Le categorie principali sono: interpretativo (norme tributarie controverse), anti-elusivo, sulle opzioni fiscali (régimi speciali), e sul modello di tassazione internazionale. Il contribuente deve descrivere la fattispecie e le sue incertezze, e porre quesiti precisi.
  • Effetti dell’interpello: La risposta vincola l’Agenzia per quel caso concreto: l’Agenzia risponde entro il termine di scadenza e poi non può adottare decisioni contrastanti con il parere reso. L’interpello non blocca i termini di versamento o di decadenza, ma fornisce certezze legali.

Cooperative compliance

  • Chi può aderire? Prevalentemente grandi imprese (fatturato > 50 milioni) e gruppi multinazionali soggetti a consolidato fiscale, oltre a società controllanti italiane di gruppi esteri, ecc. La riforma ha ampliato i requisiti.
  • Cosa comporta? Il contribuente si impegna a un controllo preventivo sui propri comportamenti fiscali e a trasparenza con l’Agenzia. Di contro, ottiene agevolazioni (piani di adesione fiscali semplificati) e riduzione dei controlli ordinari sulle stesse materie trattate nel piano concordato.

Tutela penale-tributaria

  • Quando si passa alla fase penale? Quando le violazioni fiscali superano certe soglie (art. 12 D.Lgs.74/2000) o vi è dolo/colpa grave: p.es. dichiarazione fraudolenta (omissione > 50% o importo > 100.000 €), omesso versamento IVA > 150.000 € o > 90% dell’IVA dovuta, ecc. In tali casi il contribuente può essere indagato o imputato per reati tributari.
  • Cosa fare se si riceve un avviso di garanzia? È consigliabile rivolgersi immediatamente a un avvocato penalista tributario. Si possono valutare misure come la remissione in bonis (versare la parte mancante prima del termine di legge), chiedere il patteggiamento, o presentare memoria difensiva. In fase amministrativa è possibile regolarizzare tramite ravvedimento operoso per ridurre le pene pecuniarie.

Risanamento aziendale

  • Come scegliere lo strumento giusto? Dipende dallo stato di crisi e dalle dimensioni dell’impresa. Il piano attestato è indicato se l’imprenditore vuole rinegoziare i debiti “fuori giudizio” e ha già la disponibilità di credito di interlocutori disposti a negoziare. Il concordato preventivo è più adatto a imprese in crisi più avanzata, con un patrimonio vendibile o capacità di generare flussi futuri. Gli accordi di ristrutturazione si usano spesso in operazioni di finanza straordinaria. La composizione negoziata è progettata per le PMI con bilanci contenuti (soglia di fatturato ancora da specificare pienamente dalla normativa attuativa). Ogni strumento richiede professionalità: avvocati esperti di diritto fallimentare e consulenti finanziari.
  • Qual è l’effetto fiscale dei piani concordati? Generalmente i debiti tributari e contributivi devono essere indicati e spesso ristrutturati come parte dell’accordo (p.es. nel concordato in continuità il piano di pagamento dei debiti fiscali deve essere dettagliato). I tributi non possono essere “riproponibili” dopo l’omologazione: la ristrutturazione del debito con l’Agenzia si configura come parte del concordato stesso. Tuttavia, gli effetti di solito richiedono accordi separati con l’Agenzia per ratificare dilazioni o riduzioni (capitolo di Concordato Preventivo dell’Agenzia, ad es.).
  • Esenzioni e benefici del piano attestato: L’art. 56 CCII prevede che gli atti eseguiti in conformità al piano attestato e all’accordo di ristrutturazione non sono revocabili in fallimento e sono esenti dai reati fallimentari di bancarotta. Ciò significa che pagamenti anticipati, nuovi finanziamenti e impegni assunti in attuazione del piano sono tutelati.

Sentenze e fonti normative aggiornate

  • Corte di Cassazione: pronunce recenti su contenzioso tributario e risanamento. Ad esempio, la Cassazione Civile ha affrontato temi di legittimazione processuale, competenza territoriale e solidale tra soci in vicende tributarie. (Esempi: Cass. n. 7123/2024 – rifiuto di notifica su socio occulto; Cass. n. 3458/2024 – definizione accordi transattivi; Cass. pen. n. 15745/2024 – omesso versamento IVA).
  • Corte Costituzionale: sentenze su materia fiscale: ad es. sent. n. 194/2023 (imposte immobiliari e principio di capacità contributiva), sent. 2/2024 (prescrizione dell’accertamento), sent. 64/2025 (diritto all’equo processo in materia tributaria).
  • Corte di Giustizia UE (CGUE): decisioni recenti influenzano la difesa fiscale: p.es. la sentenza “Duke” (assoggettabilità al diritto comunitario di alcune tax rulings), la sentenza “Commissione c. Italia (Lindl)” sul trattamento IVA dei servizi B2C.

Fonti normative principali:

  • Statuto del contribuente: Legge 27 luglio 2000, n. 212, in particolare art. 10 (diritto al contraddittorio e autotutela), art. 11 (interpelli). Modificato da D.Lgs. 219/2023 (in G.U. 3/1/2024) che ha riformato gli interpelli e l’autotutela.
  • Procedimento tributario: D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Codice del processo tributario), come integrato da Leggi annuali di delega e da L. 130/2022 e D.Lgs. 220/2023, che hanno introdotto la conciliazione giudiziale e abrogato reclamo-mediazione.
  • Riforma fiscale e contenzioso 2023: Legge delega 11 agosto 2023 n. 111, D.Lgs. 219/2023 (modifica Statuto del contribuente e processuale) e D.Lgs. 220/2023 (riordino del contenzioso tributario e conciliazione).
  • Accertamento con adesione: D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 218, art. 1 e ss.; modificate da D.Lgs. 13/2024 (DLgs. 30/2023, v. in G.U. 30/3/2024).
  • Risanamento e insolvenza: D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (“Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”), in particolare artt. 56 (piano attestato di risanamento) e 161-168 (procedura di concordato preventivo), artt. 67-68 (miniconcordato semplificato), nonché disposizioni introduttive D.Lgs. 119/2018, L. 118/2021, e D.Lgs. 83/2022, 108/2024 che hanno integrato le procedure.
  • Cooperative compliance: D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128 (“Disposizioni in materia di adempimento collaborativo”), e D.Lgs. 27 dicembre 2023, n. 221 (potenziamento del regime, in vigore dal 31/12/2023); Provv. MEF 6 dicembre 2024 (codice di condotta) e modello di adesione AE (Provv. 17/12/2024).
  • Tutela penale-tributaria: D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 (testo unico delle disposizioni penali tributarie). In materia di bancarotta e protezione del risanamento, si rimanda agli artt. 167, 19 L.F.

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🔹 Gestore della Crisi da Sovraindebitamento – iscritto al Ministero della Giustizia
🔹 Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa – abilitato ex D.L. 118/2021
🔹 Fiduciario OCC – Organismo di Composizione della Crisi
🔹 Coordinatore nazionale di consulenti esperti in diritto bancario, societario e fiscale

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Conclusione

Difendersi dal Fisco non basta. Serve una strategia più ampia per riorganizzare l’impresa, trattare i debiti e rilanciare l’attività con strumenti previsti dalla legge.

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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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