Crisi d’impresa: Obblighi e Guida Legale Per Imprenditori

Sei un imprenditore e la tua azienda mostra segnali di difficoltà economica? Sai che oggi esistono obblighi precisi da rispettare in caso di crisi d’impresa?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in diritto della crisi d’impresa e ristrutturazione aziendale – è pensata per aiutarti a capire cosa fare, come prevenire il peggio e quali strumenti attivare in tempo.

Scopri quali sono gli obblighi imposti dal Codice della Crisi d’Impresa per imprenditori e amministratori, cosa fare in presenza di squilibri patrimoniali o finanziari, come funziona la composizione negoziata e quando è possibile evitare la liquidazione giudiziale.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, analizzare la tua situazione aziendale con un avvocato esperto e intervenire subito con una strategia legale su misura per salvare la tua impresa.

Introduzione:

La crisi d’impresa rappresenta una fase critica e delicata nella vita di ogni attività economica, che impone all’imprenditore obblighi specifici e azioni tempestive per evitare la perdita di continuità aziendale, la responsabilità personale e il peggioramento irreversibile della situazione patrimoniale e finanziaria. Il legislatore, attraverso il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, ha introdotto un sistema di regole e strumenti che pongono al centro la prevenzione, l’emersione anticipata delle difficoltà e l’intervento tempestivo degli organi di controllo e dell’imprenditore stesso.

L’obbligo principale dell’imprenditore è quello di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e dimensione dell’impresa, in grado di rilevare tempestivamente segnali di crisi e di perdita della continuità aziendale. Questo assetto non è una formalità, ma un sistema di controllo interno che deve consentire una lettura aggiornata della situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell’impresa e l’adozione di decisioni consapevoli. Quando l’imprenditore rileva l’esistenza di uno stato di crisi, ossia di squilibri che rendono probabile l’insolvenza futura, è tenuto ad attivarsi senza indugio per adottare una delle misure previste dall’ordinamento, come la composizione negoziata della crisi.

Questa è una procedura volontaria, riservata e non giudiziale, che prevede l’assistenza di un esperto indipendente e mira a favorire il risanamento dell’impresa attraverso la ricerca di soluzioni condivise con i creditori, la rinegoziazione dei debiti e il riequilibrio della situazione finanziaria. L’imprenditore che accede alla composizione negoziata può chiedere misure protettive per evitare l’aggressione del patrimonio, come la sospensione dei pignoramenti e delle azioni esecutive, ma ha anche l’obbligo di cooperare in buona fede, fornire tutte le informazioni richieste e agire nell’interesse della conservazione del valore aziendale. In alternativa o successivamente, l’imprenditore può valutare il ricorso a strumenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza, come il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione o, nei casi più gravi, la liquidazione giudiziale.

Questi strumenti implicano l’apertura di una procedura presso il tribunale e comportano effetti rilevanti sui contratti, sul patrimonio e sulla gestione dell’impresa. Tuttavia, il ricorso tardivo o strumentale a tali procedure può esporre l’imprenditore a responsabilità, soprattutto se emergono condotte negligenti o fraudolente. Gli imprenditori individuali e i legali rappresentanti delle società devono inoltre monitorare costantemente gli indicatori della crisi previsti dalle norme o suggeriti dalla prassi, come l’eccessivo indebitamento, la riduzione del patrimonio netto, le perdite ricorrenti, la tensione finanziaria cronica e la difficoltà nel pagamento di imposte, salari e fornitori. La mancata rilevazione o sottovalutazione di questi segnali può aggravare la posizione dell’imprenditore, soprattutto in sede di eventuale azione di responsabilità promossa da creditori, soci o curatori. Altro obbligo fondamentale è quello di mantenere una contabilità ordinata, veritiera e aggiornata, che consenta la ricostruzione della situazione aziendale. In caso contrario, l’imprenditore può essere chiamato a rispondere anche penalmente per bancarotta documentale o fraudolenta. I doveri dell’imprenditore in crisi si estendono anche alla tutela dei creditori e alla salvaguardia del valore dell’impresa.

Non è lecito compiere atti di distrazione, depauperamento o favoritismi selettivi che danneggino la massa dei creditori. L’amministratore che prosegue l’attività senza una ragionevole prospettiva di risanamento può essere responsabile per aggravamento del dissesto. Gli organi di controllo, come il collegio sindacale o il revisore legale, hanno a loro volta il dovere di vigilare sull’adeguatezza degli assetti organizzativi e segnalare tempestivamente l’emersione della crisi all’organo amministrativo. In caso di inadempienza, anche questi soggetti possono essere chiamati a rispondere per danni. La gestione della crisi richiede un’adeguata documentazione delle decisioni, delle azioni intraprese, dei contatti con i creditori e delle valutazioni effettuate.

Ogni scelta va ponderata e supportata da analisi tecniche, piani industriali, business plan e consulenze specialistiche. L’imprenditore deve mostrarsi proattivo e collaborativo, predisposto al confronto con esperti, banche, fornitori e lavoratori, per costruire soluzioni credibili e sostenibili. Gli strumenti digitali e le tecnologie gestionali possono essere un alleato per monitorare in tempo reale la situazione aziendale e simulare scenari futuri. Anche la formazione continua dell’imprenditore è un fattore chiave per affrontare la crisi con consapevolezza. Il Codice della Crisi ha spostato l’attenzione dalla mera repressione del dissesto alla cultura della prevenzione e del risanamento, in cui l’imprenditore diventa il primo attore del salvataggio della propria impresa. In caso di fallimento, la condotta dell’imprenditore nei mesi precedenti sarà oggetto di valutazione da parte del curatore, del giudice e dei creditori.

Saranno valutati gli atti compiuti, le omissioni, la tempestività degli interventi e la trasparenza delle comunicazioni. Una gestione corretta e documentata della crisi può salvaguardare non solo il patrimonio, ma anche la reputazione e la possibilità di ripartire in futuro. Anche sotto il profilo fiscale e previdenziale, l’imprenditore in crisi ha l’obbligo di mantenere un atteggiamento trasparente e corretto. L’omesso versamento di imposte, ritenute o contributi previdenziali può comportare non solo sanzioni amministrative, ma anche conseguenze penali.

Tuttavia, la legge prevede la possibilità di definizione agevolata, rateizzazione e transazioni fiscali in ambito concorsuale, strumenti che devono essere valutati e utilizzati per alleggerire il carico debitorio e favorire il risanamento. La responsabilità dell’imprenditore in crisi non si limita al piano giuridico, ma include anche un dovere etico verso dipendenti, fornitori e clienti. La trasparenza nella comunicazione, l’equità nel trattamento dei creditori e l’impegno nella ricerca di soluzioni concrete rappresentano elementi fondamentali di una gestione responsabile della crisi. In conclusione, la crisi d’impresa non è una condanna ma un passaggio che, se affrontato correttamente, può condurre a un nuovo equilibrio economico e organizzativo. L’imprenditore deve conoscere i propri obblighi, adottare gli strumenti a disposizione, farsi affiancare da consulenti esperti e agire con tempestività e responsabilità. Solo così potrà trasformare una fase critica in un’opportunità di rilancio.

Obbligo o Azione dell’Imprenditore in CrisiDescrizione sintetica
Adozione assetti adeguatiOrganizzazione contabile e gestionale in grado di rilevare la crisi tempestivamente
Attivazione composizione negoziataProcedura volontaria assistita da esperto per risanamento e protezione del patrimonio
Ricorso agli strumenti di regolazioneConcordato preventivo, accordi, liquidazione giudiziale in casi di insolvenza
Monitoraggio indicatori di crisiOsservazione costante di debiti, perdite, tensione finanziaria, ritardi nei pagamenti
Tenuta regolare della contabilitàRegistro fedele e aggiornato della situazione economico-patrimoniale
Tutela dei creditoriDivieto di atti pregiudizievoli, rispetto della par condicio creditorum
Ruolo degli organi di controlloObbligo di vigilanza e segnalazione al consiglio in caso di squilibri gravi
Documentazione delle scelteTracciabilità delle decisioni, piani, comunicazioni, contatti e analisi
Trasparenza e collaborazioneDialogo con stakeholder e creditori, uso strumenti digitali e gestionali
Correttezza fiscale e previdenzialeVersamento di imposte e contributi o accesso a rateazioni e transazioni fiscali
Comportamento responsabileEtica, comunicazione leale, impegno nella salvaguardia della continuità o nella gestione ordinata

La Riforma della crisi d’impresa: Quadro normativo vigente

La riforma della crisi d’impresa risale alla legge di delega 155/2017, attuata con il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi e dell’insolvenza – “CCII”), entrato in vigore il 15 luglio 2022. Tale Codice ha abrogato la vecchia legge fallimentare (L. 267/1942) e ha ridefinito i criteri di crisi e insolvenza, consolidando anche la disciplina sulla composizione della crisi da sovraindebitamento (L. 3/2012). A ciò si aggiungono vari decreti correttivi (D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024, ecc.) che hanno modificato il Codice della crisi per adeguarlo alle direttive UE e semplificarne alcuni istituti. Il D.Lgs. 270/1999 e la legge Marzano (L. 39/2004) restano in parte vigenti per grandi imprese o casi speciali. Restano applicabili le norme del Codice Civile (in particolare artt. 2086, 2381, 2409, 2486-2489, 2636 c.c. etc.) e del Codice Penale fallimentare, nonché le norme fiscali collegate (TUIR, D.P.R. 600/73, 633/72, ecc.) e le disposizioni tributarie e penali ordinarie.

Il CCII definisce “stato di crisi” come la difficoltà oggettiva dell’impresa a svolgere regolarmente l’attività alla luce degli obblighi incombenti. In particolare si distinguono i profili di precrisi (segnali allarme) e di insolvenza (incapacità di far fronte regolarmente ai debiti). Le norme prevedono la tempestiva individuazione di segnali di allarme economico-finanziari interni ed esterni. Tra le fonti normative da citare si annoverano inoltre: il Codice Civile (artt. 2086 e 2392 c.c.) – riformati nel contesto del nuovo codice della crisi –, la Legge Fallimentare integrativa (es. D.Lgs. 147/2020, D.L. 118/2021 convertito in L. 147/2021), la normativa sugli assetti organizzativi (Decreto Ministeriale in attuazione art. 13 CCII), e le norme di settore (ad esempio per professionisti, amministratori, organi di controllo, sindaci).

Categorie di imprenditori e obblighi specifici

La disciplina si applica ad ogni imprenditore (individuale o collettivo) e ente commerciale (anche cooperativa) «che esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi» (art. 2082 c.c.). Le disposizioni differenziano gli imprenditori minori o “sotto soglia” (con risorse limitate: fatturato, dipendenti, attivo contabile sotto determinate soglie), che godono di semplificazioni o esenzioni, e gli imprenditori collettivi (società di persone, S.r.l., S.p.A., ecc.). Ad esempio, le soglie per considerarsi impresa minore (art. 2 CCII, co.1 lett. d) e art. 359-368 CCII) escludono dalla liquidazione giudiziale le aziende più piccole. I criteri dimensionali (micro, piccola, media impresa) impattano inoltre su alcuni obblighi: le PMI (anche startup innovative) devono comunque adottare assetti adeguati alle proprie dimensioni e sottostare agli obblighi del codice.

Di seguito una sintetica ripartizione delle categorie di imprese e dei principali obblighi previsti, tenendo conto delle differenze di forma giuridica:

  • Impresa individuale e ditte individuali: l’imprenditore individuale risponde illimitatamente dei debiti societari. Deve comunque adottare adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili sulla base dell’art. 3 CCII. Non essendovi organi di controllo interni obbligatori, su di esso gravano direttamente gli obblighi di segnalazione della crisi (art. 375 CCII). Può accedere alla composizione negoziata (L.3/2012) o a procedure come il concordato preventivo o la liquidazione giudiziale.
  • Società di persone (S.n.c., S.a.s.): i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per i debiti sociali. Ciò accentua l’interesse a rilevare tempestivamente la crisi. Anche le società di persone devono mantenere assetti contabili adeguati (art. 3 CCII) e il socio accomandatario (nell’S.a.s.) assume un ruolo simile all’amministratore. Le assemblee dei soci devono essere convocate in presenza di perdite rilevanti (cod. civ. art. 2261 c.c. per S.n.c. e art. 2486 c.c. per S.a.s.). Sul piano fiscale, i soci rispondono pro quota delle imposte non versate dalla società.
  • Società di capitali (S.r.l., S.p.A., S.a.p.a., S.r.l.s.): dispongono di organi come amministratori, collegio sindacale e revisore (in base a soglie di legge). Gli amministratori (e in parte i sindaci/revisori) sono destinatari di numerosi obblighi: devono adottare adeguati assetti e procedure interne (art. 2086 c.c.), vigilare sui segnali di crisi (art. 2391 e 2409-bis c.c.), convocare assemblee se il patrimonio netto si riduce oltre la metà (art. 2447 c.c.) o se il capitale scende sotto il minimo legale (art. 2482-ter c.c.). In caso di segnale di crisi, l’organo amministrativo deve assumere immediatamente misure correttive. Il Codice della crisi estende anche agli amministratori la responsabilità solidale verso i creditori sociali per violazioni nella gestione dell’impresa, ad esempio frode nelle rappresentazioni finanziarie o mancata adozione di misure tempestive.
  • Artigiani e imprese familiari: pur soggetti anch’essi al Codice della crisi, tali imprese spesso rivestono i parametri di “impresa minore”. Tuttavia, obblighi contabili e fiscali restano analoghi (tenuta della contabilità, dichiarazione dei redditi, versamenti INPS/IVA, ecc.). L’artigiano che non adempie i doveri può incorrere in responsabilità amministrativa (cd. inadempimento verso il fisco o i fornitori).
  • Startup innovative e PMI: godono di particolari incentivi societari, ma in materia di crisi non hanno esoneri speciali: valgono gli obblighi generali (assetti, segnalazioni, ecc.). Per molte startup s.r.l. italiane, il legislatore ha previsto procedure semplificate (ad esempio il concordato semplificato per S.p.A. di piccole dimensioni) che facilitano la liquidazione controllata del patrimonio in crisi.
  • Grandi imprese e gruppi: oltre ai doveri generali, per le grandi società (sopra certe soglie di fatturato o capitale) sono previsti ulteriori obblighi di trasparenza (bilanci consolidati, relazione sulla gestione, audit esterno obbligatorio), nonché l’applicazione di regole speciali come l’amministrazione straordinaria (L. 270/99) o le procedure concorsuali per imprese insolventi di rilevanza strategica.

Le differenze di forma giuridica si ripercuotono anche sulle responsabilità penali e tributarie, poiché gli amministratori di società rispondono in solido per multe, tributi non versati e debiti pensionistici non assolti (v. artt. 28 e 29 D.P.R. 600/73). In una S.p.A., ad esempio, il CdA è tenuto all’obbligo di vigilanza e prevenzione del dissesto economico secondo l’art. 2476 c.c. (s.r.l.) o 2392 c.c. (s.p.a.).

Aspetti civilistici e contabili della Crisi d’Impresa

Doveri degli amministratori (art. 2086 c.c. e segg.)

Il Codice Civile stabilisce regole generali di gestione d’impresa: l’art. 2086 c.c., modificato dalla riforma, impone all’imprenditore (in forma societaria/collettiva) di «istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, idoneo a rilevare tempestivamente lo stato di crisi». In altri termini, gli amministratori devono predisporre sistemi di controllo interno, procedure di budget e reporting, piani gestionali e di tesoreria tali da individuare subito segnali di squilibrio. Al verificarsi di tali segnali, gli amministratori sono obbligati a intervenire prontamente per risanare l’impresa. Diversamente, rimangono esposti a responsabilità (civili verso la società e verso i terzi) per il danno derivante dalla prosecuzione di attività in perdita.

Analogamente, l’art. 2392 c.c. richiede agli amministratori di una S.p.A. di adempiere con «la diligenza del mandatario» ed espressamente di vigilare sulla gestione per evitare situazioni di crisi. La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito che l’amministratore deve “agire in modo informato” anche se non esecutivo, esercitando i poteri di monitoraggio con la diligenza richiesta dalla carica. In Cass. Civ. n. 29844/2024, infatti, si sottolinea che anche gli amministratori privi di deleghe «devono attivarsi per prevenire, eliminare o attenuare situazioni di criticità aziendale di cui siano o debbano essere a conoscenza».

Gli obblighi contabili scaturiscono dall’art. 2423 c.c. e seguenti: tutte le imprese devono tenere libri contabili regolari e redigere il bilancio annuale in modo veritiero. Le piccole società di capitali (S.r.l. sotto certe soglie) possono semplificare la redazione (bilancio ordinario ridotto), ma non hanno dispensa completa dalla contabilità. L’omessa o falsa tenuta delle scritture contabili è violazione grave: la Cassazione Penale ha confermato che l’occultamento o distruzione dei libri contabili con intenti illeciti integra il reato di bancarotta fraudolenta documentale. Ciò vale in particolare se avviene allo scopo di frodare creditori o procurare un ingiusto profitto, come stabilito da Cass. pen., sez. V, 29/2/2024, n. 8921.

Assemblee e capitale sociale

Per le società di capitali la legge impone controlli interni relativi al capitale: in S.p.A. l’assemblea deve essere convocata quando perdite superiori a 1/3 (o ½ del capitale sociale) emergono dal bilancio (art. 2447 c.c.). Se le perdite riducono il capitale legale al di sotto del minimo, si applicano gli artt. 2482-ter e segg. c.c.: di norma va deliberato lo scioglimento, salvo risanamento immediato. Con l’entrata in vigore del Codice della crisi, l’art. 2486 c.c. ha inserito un terzo comma che vincola gli amministratori a conservare il patrimonio sociale al manifestarsi di cause di scioglimento, pena responsabilità per i danni. In pratica, a partire da eventi come perdita di capitale, revoca iscrizione registro imprese o sopravvenuta insolvenza, l’imprenditore è tenuto a limitare la gestione cuscinetto a tutela dei creditori sociali.

Nelle società di persone l’obbligo di esaminare il patrimonio è meno codificato, ma analoghi principi di comportamenti diligenza valgono per i soci accomandatari. Se si verifica diminuzione del patrimonio sociale (art. 2291 c.c. S.n.c.) o scioglimento legale, è prevista la liquidazione dell’impresa, con conseguenze anche fiscali sulla tassazione della differenza di patrimonio.

Assetti e segnalazioni di crisi (art. 3 e segg. CCII)

Il Codice della crisi (CCII) ha introdotto specifiche norme di vigilanza e allerta: l’art. 3 stabilisce che l’imprenditore collettivo deve predisporre assetti adeguati «anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale». Tale norma non contiene indicatori passivi, ma rimanda ad arti. 12-13 del CCII (ora sostituiti in larga parte dal D.Lgs. 136/2024) ove sono individuati i cosiddetti segnali di allarme. Tra questi, come evidenziato anche dalla dottrina, assumono rilievo debiti scaduti verso lavoratori (oltre il 50% delle retribuzioni mensili non versate dopo 30 giorni), debiti verso fornitori scaduti da 90 giorni in misura superiore a quelli non scaduti, esposizioni bancarie scadute per oltre 60 giorni o superiori del 5% rispetto agli affidamenti. In sostanza, situazioni oggettive di tensione finanziaria devono indurre gli amministratori a fare immediata autovalutazione.

Di pari importanza sono i segnali esterni: l’art. 25-novies CCII (Segnalazioni dei creditori pubblici qualificati) prevede che INPS, INAIL, Agenzia Entrate e Agenzia delle Entrate-Riscossione notificano formalmente all’organo amministrativo i ritardi di contributi o tributi oltre soglie stabilite (es. contributi INPS >90 giorni e superiori al 30% di quelli dovuti o €15.000). La ricezione di tali segnalazioni obbliga l’impresa a intraprendere entro un termine (di norma 30 giorni) azioni correttive; in caso di inerzia si aprono gli strumenti di composizione (v. infra). I segnali di allarme costituiscono presupposto sia per l’obbligo interno (organi amministrativi/sindaci/revisori) di rilevazione precoce, sia per le segnalazioni formali esterne.

Gli organi di controllo societario (revisore legale, collegio sindacale) hanno il dovere di vigilanza potenziato: in caso di indicazione di pre-crisi essi devono segnalare all’organo amministrativo le anomalie riscontrate, anche suggerendo l’apertura di procedure di composizione. Il mancato rispetto di tali segnalazioni può comportare responsabilità dell’organo amministrativo.

Bilancio e procedure contabili

Il bilancio d’esercizio (o rendiconto per imprese minori) deve essere redatto in chiarezza e veridicità. Le revisioni contabili, ove previste (società quotate o al di sopra di certe soglie di fatturato/occupati), svolgono un ruolo chiave di vigilanza. L’art. 2423-ter c.c. impone il principio di continuità, il che significa che gli amministratori devono redigere il bilancio sempre sulla base del presupposto della continuità aziendale, salvo ragionevole certezza di dover perseguire la liquidazione. Un’errata valutazione della continuità, o il ritardo nell’adottare misure correttive, può tradursi in responsabilità per falsa rappresentazione del patrimonio e in sanzioni penali (per falso in bilancio o bancarotta).

Infine, è dovere di legge mantenere la trasparenza verso il Registro delle Imprese: eventuali ritardi nel deposito del bilancio approvato nei termini o omissione di aggiornamento degli atti (nome di soci, variazioni statutarie ecc.) possono esporre la società a sanzioni amministrative e, in casi gravi, a revoca della capacità imprenditoriale.

Quali sono gli obblighi fiscali della Crisi D’Impresa

Gli obblighi fiscali dell’imprenditore in crisi riguardano in primo luogo l’adempimento delle dichiarazioni e dei versamenti tributari (Irpef/Ires, Iva, contributi INPS/INAIL). In caso di insolvenza, le amministrazioni pubbliche (fisco e previdenza) diventano creditori privilegiati e possono ottenere il pagamento anche tramite meccanismi coattivi. In particolare:

  • Tassazione degli utili non distribuiti: in sede di revisione del bilancio, gli amministratori devono valutare eventuali riserve di utili e la possibilità di coprire perdite con riserve disponibili. Il mancato utilizzo di riserve di utili per coprire perdite può portare a responsabilità personali e a prelievi fiscali aggiuntivi (distributive a fini fiscali).
  • Versamenti contributivi e tributari: l’art. 25-novies CCII (segnalazioni INPS/INAIL/Erario) enfatizza il dovere di mantenere la regolarità contributiva. Il mancato pagamento dei contributi previdenziali entro le scadenze ordinarie può innescare segnalazioni ufficiali. Anche l’IRPEF/IRES deve essere versata; in caso di omesso versamento, gli amministratori possono essere sanzionati ai sensi del D.Lgs. 74/2000 (frode fiscale) o – dal 2024 – dall’innovativo regime (D.Lgs. 173/2024) che rafforza le pene per grandi evasori.
  • IVA e accise: analogo è l’obbligo di versare l’IVA maturata. La Cassazione ha recentemente sottolineato (Cass. SS.UU. 6/10/2023, n. 40797) che l’apertura della procedura concorsuale non sospende l’azione cautelare dell’Erario: infatti, il sequestro preventivo per confisca di beni relativi a reati tributari può procedere anche dopo il fallimento. In pratica, i crediti fiscali maturati a carico dell’impresa continuano a essere esigibili anche in pendenza di procedure concorsuali.
  • Accertamenti fiscali: l’impresa in crisi deve collaborare pienamente alle verifiche dell’Agenzia delle Entrate e dell’INPS. In caso di attestazioni falsificate o di mancato adempimento ai piani di rateizzazione concordati (c.d. saldo e stralcio, rottamazione ecc.), si configurano reati fiscali o amministrativi con pene variabili da sanzioni pecuniarie a reclusione. Ad esempio, la legge di bilancio 2024 ha inasprito le sanzioni per l’omesso versamento di ritenute certificate.
  • Imposte indirette: se l’impresa è insolvente e procede a operazioni straordinarie (cessione di azienda, trasformazione societaria), potrebbero applicarsi imposte di registro, ipotecarie e catastali su atti di cessione del ramo d’azienda (art. 24 D.P.R. 131/86) oppure eventuali prelievi IVA sulle rimanenze (art. 10 D.Lgs. 472/97). Gli amministratori devono verificare la corretta applicazione di tali imposte negli atti societari.

Se l’impresa entra in concordato o liquidazione, gli effetti fiscali dipendono dal tipo di procedura (ad es. nel concordato preventivo omologato con patto di ristrutturazione del debito le imposte possono essere rateizzate o, con il piano del consumatore, parzialmente cancellate). Tuttavia, la procedura concorsuale non elimina le imposte dovute prima del procedimento; semmai definisce la base di calcolo del passivo fiscale da soddisfare. Gli amministratori che occultano o non dichiarano la posizione fiscale della società possono essere perseguiti per reati tributari oppure per bancarotta fraudolenta, come la citata pronuncia delle S.U. 40797/2023.

Quali sono gli aspetti penali della Crisi D’Impresa

La riforma della crisi non ha introdotto nuovi reati, ma ha riformulato taluni profili della responsabilità penale dell’imprenditore e degli amministratori. Restano in vigore i reati fallimentari del Codice penale (capo X, artt. 216-254 L.F.), applicabili dal momento della dichiarazione di liquidazione giudiziale. In particolare:

  • Bancarotta semplice e fraudolenta: Si configura bancarotta fraudolenta documentale se l’imputato ha occultato o distrutto scritture contabili con l’intento di recare danno ai creditori o ottenere un profitto indebito. La Cassazione, con la pronuncia n. 8921/2024, ha confermato che la distruzione delle scritture contabili (anche solo la loro mancata consegna al curatore) integra tale reato. La bancarotta patrimoniale (per distrazione o per dissipazione) si configura quando gli amministratori sottraggono beni sociali allo scopo di frodare i creditori (art. 216 c.1 n.3 L.F.). I giudici richiedono la prova di dolo specifico (agire per conseguire profitto illecito) e non solo colpa grave.
  • Omessa dichiarazione di fallimento: L’art. 223 L.F. (omesso ricorso) punisce con reclusione chiunque, avendo l’obbligo di farlo, non richiede tempestivamente l’ammissione alla liquidazione giudiziale. Con l’entrata in vigore del CCII, tale omesso ricorso è stato depenalizzato (non più reato), ma ciò non esclude eventuali sanzioni amministrative o responsabilità civile verso i creditori. In compenso, la mancata attuazione delle procedure di allerta può costituire illecito penale nei casi di bancarotta preferenziale (frode ai creditori).
  • Reati societari impropri: falsità in bilancio, false comunicazioni sociali (artt. 2621-2622 c.c. diventati reati penali) si applicano anche in caso di crisi aziendale, ma spesso tali ipotesi confluiscono in bancarotta documentale quando riguardano società in stato di insolvenza.
  • Reati tributari: Come anticipato, l’apertura di una procedura concorsuale non immunizza l’imprenditore dal rischio di reati fiscali. La Cassazione penale (Sez. Unite) ha chiarito che i sequestri preventivi per reati tributari possono essere eseguiti anche dopo il fallimento. Di conseguenza, i legali rappresentanti rischiano l’accusa di frode fiscale o omesso versamento (artt. 10-bis e 10-ter L. 74/2000, fino a recenti modifiche) se dichiarazioni o versamenti sono falsificati o omessi, anche in presenza di concordati o piani di ristrutturazione.
  • Reati ambientali e lavoro: Imprese in crisi non esonerate dalle norme penali ambientali (es. sversamenti illeciti, discariche abusive) né da quelle sull’infortunio sul lavoro. Gli inadempimenti in tali ambiti possono aggravare la crisi (ad es. chiusura forzata di impianti) e portare a pesanti condanne penali dei titolari.

Sanzioni e conseguenze penali

In generale, la commissione di reati fallimentari comporta pene detentive (da 1 a 16 anni a seconda della fattispecie), oltre al risarcimento del danno ai creditori e allo Stato. Gli amministratori condannati possono anche essere sottoposti a interdizioni professionali (incapacità di ricoprire cariche sociali). Se un reato tributario accompagna lo stato di crisi (ad es. frode IVA), si assomma anche la confisca diretta o per equivalente dei proventi illeciti.

Quali sono gli strumenti di composizione della crisi

Il sistema italiano prevede diversi strumenti concorsuali e stragiudiziali per gestire la crisi mantenendo l’azienda in vita o liquidandola ordinatamente, sempre nel rispetto del principio di par condicio creditorum. Di seguito i principali:

  • Concordato preventivo (CCII artt. 58-91): procedura giudiziale (Tribunale) che permette all’impresa insolvente di concordare con i creditori un piano di ristrutturazione dei debiti o di liquidazione del patrimonio. L’imprenditore o l’organo amministrativo presenta la domanda (con allegato piano e perizia attestante la fattibilità); i creditori esprimono voto su ciascuna classe. In caso di omologazione, il concordato vincola i creditori assentiti. Esistono vari tipi di concordato: in continuità (salvaguardia impresa) e liquidatorio (soddisfazione creditori tramite liquidazione di beni). Dal 2024 è previsto un concordato semplificato per piccole imprese con minori obblighi istruttori. Le sentenze di Cassazione (p.es. n. 7337/2024) chiariscono la flessibilità richiesta nella predisposizione del piano e la necessità di rispettare l’ordine di prelazione dei crediti. Il D.Lgs. 136/2024 ha introdotto anche la prenotazione del finanziamento per facilitare i piani di concordato (art. 47-ter CCII).
  • Accordi di ristrutturazione dei debiti (Art. 57 CCII): strumento stragiudiziale per grandi aziende (non è procedura giudiziale). Consiste in un accordo negoziato tra l’impresa e i creditori, con certificazione di un esperto (1/3 creditori aventi credito o del Tribunale) che ne attesti la veridicità. Se approvato da creditori rappresentativi di almeno il 60% dei debiti (ad hoc soglie più elevate per banche e fisco), vincola anche i dissenzienti se omologato (anche d’ufficio) dal Tribunale. Gli accordi possono prevedere ristrutturazioni del debito, conversione in capitale, cessioni d’azienda. Il legislatore ha enfatizzato la loro fruibilità per imprese in pre-crisi o crisi interna (anche con esdebitazione parziale).
  • Liquidazione giudiziale (ex fallimento, art. 49 CCII): procedura di default terminale. Può essere aperta su richiesta dell’imprenditore (pensione di continuità esaurita) o di qualunque creditore (se 3 ratee scadute). Il curatore giudiziale gestisce i beni fino alla vendita in pubblica gara. A differenza del vecchio fallimento, il CCII ha abrogato il termine fisso per l’istanza fallimentare da parte dell’imprenditore, promuovendo una transizione verso il concordato; tuttavia, l’art. 15 CCII richiede di chiedere la liquidazione entro 60 giorni dallo stato di insolvenza (per evitare bancarotta per omesso ricorso). Nel corso della liquidazione non è inibita la stipula di contratti necessari al prosieguo dell’attività (finanziamenti prededucibili, affitti e forniture continue).
  • Composizione negoziata della crisi (Legge 27/2012, artt. 6-11): procedura alternativa extragiudiziale dedicata alle micro e piccole imprese non in stato di insolvenza conclamata. Un organismo di composizione (OCRI) nominato dal Tribunale assiste l’impresa nel negoziare un piano di soluzione del sovraindebitamento. L’imprenditore illustra la proposta (eventualmente appoggiata da un esperto) ai creditori qualificati e non. Se ottiene un accordo, il piano è omologato dal Tribunale (o dichiarato inefficace se non leale). Esiste anche il piano del consumatore (art. 8 L.3/2012) riservato agli imprenditori individuali non soggetti all’Iva: prevede una dilazione o cancellazione di parte dei debiti. L’istanza di composizione negoziata sospende le esecuzioni individuali (art. 37 D.Lgs. 83/2022) e non richiede soddisfazione dei creditori (a differenza del concordato). Recentemente, la Cassazione ha chiarito che i provvedimenti di inammissibilità in sede di sovraindebitamento non producono giudicato e possono essere impugnati (Cass. 30542/2024).
  • Piano attestato di risanamento (art. 67 CCII c.3-bis): procedura speciale introdotta nel 2022 per PMI e grandi imprese che consente di stipulare un contratto di finanziamento o cessione del quinto ai soci, garantito dalla realizzazione di un piano industriale attestato. Offre certezza ai nuovi finanziatori (purché l’accordo sia omologato dal tribunale).
  • Liquidazione giudiziale semplificata: previsto per le imprese minori, ma in parte disapplicato dal nuovo codice. Nella pratica, le microimprese (senza scritture contabili) vengono gestite dal curatore con procedure semplificate (art. 123 CCII).

Questi strumenti si affiancano alle misure di allerta (da titolo 2 CCII poi sostituito dalle nuove disposizioni) che prevedevano segnalazioni obbligatorie degli enti qualificati e organismi esterni (es. Consorzi fidi, Inps, Cciaa) nei casi di ritardo eccessivo nei pagamenti. Alcune norme (D.Lgs. 118/2021) hanno abrogato le procedure di allerta obbligatorie in senso stretto, preferendo la composizione negoziata volontaria.

Obblighi legali per tipo di impresa: tabelle riepilogative

Tabella 1. Obblighi legali per tipo di impresa

Tipologia impresaAssetti interniOrgani di controlloSegnalazioni obbligatorieSanzioni principali
Ditta individuale/artigianoAssetti contabili adeguati (art. 2086 c.c.); tenuta scritture contabili– Sindaci/revisori non obbligatoriSegnalazioni creditori qualificati (fisco, INPS) se debiti nei limitiSanzioni tributarie/amministrative; responsabilità civile per debiti non pagati
Società di personeAssetti (libri contabili) e controlli limitatiCollegio sindacale se previstoIdem; se presente collegio sindacale deve segnalare allarmeResponsabilità personale illimitata dei soci; reati fallimentari (bancarotta) e fiscali
Società di capitali (S.r.l., S.p.A.)Assetti organizzativi adeguati (art. 2086 c.c.); controlli interni (organi di controllo, revisione)Collegio sindacale, revisore legale (obbligatori sopra soglie)Obbligo segnalazione organi sindacali/revisore in caso di crisi (art. 25-octies CCII)Cassazione: attivo responsabilità amministratori (art. 2486 c.3 c.c.); bancarotta, falso in bilancio, sanzioni fiscali

(La tabella elenca sinteticamente alcuni obblighi; per maggiori dettagli si veda il testo.)

Tabella 2. Strumenti di composizione della crisi

Strumento/ProceduraNormativa di riferimentoRequisiti principaliEffetti/obiettivi
Composizione negoziata (L.3/2012, art.6)L. 27/01/2012, n.3 (Legge fallimentare)Impresa in stato di insolvenza imminente o debiti esigibili; mediazione presso OCRI; adesione creditori (con accesso al Trib.)Eliminare sovraindebitamento; evitare fallimento: piano di rientro o cessione agevolata; sospende azioni esecutive (art. 37 D.Lgs.83/2022)
Concordato preventivo (CCII art. 58-91)D.Lgs. 14/2019 (artt. 58-91)Impresa insolvente o in stato di crisi; piano di ristrutturazione certificato; voto favorevole di creditori (classi)Omologa del piano: ristrutturazione e proseguimento dell’attività (con o senza cessione), o liquidazione controllata del patrimonio
Accordo di ristrutturazione (CCII art. 57)D.Lgs. 14/2019 (art. 57)Impresa in crisi/insolvenza; accordo privato con 60% debiti certificato da professionistaContratto vincolante per tutti i creditori aderenti o omologato; evita fallimento tramite rinegoziazione dei debiti
Liquidazione giudiziale (ex fallimento)CCII art. 49 e segg.Insolvenza conclamata (imprenditore/creditore può chiedere apertura)Vendita dei beni dell’impresa; soddisfazione creditori secondo graduatoria; fine dell’attività
Piano del consumatore (L.3/2012, art.8)L. 27/01/2012, n.3Debiti non superiori a €20.000 (o €60k in sede penale); solo per imprenditori non IVARistrutturazione debiti personale (piano dilatorio o riduzione debiti); possibilità di grazia fino al 75% del debito; omologa giudiziale

(Solo alcuni esempi: esistono varianti di procedure e forme semplificate. La scelta dipende da dimensioni dell’impresa e situazione debitoria.)

FAQ – Domande Frequenti Sugli Obblighi della Crisi d’Impresa Per Imprenditori

  • Quando scatta l’obbligo di ricorso alla procedura? Con il nuovo codice, l’imprenditore (anche individuale) non è più obbligato penalmente a chiedere il concordato o fallimento entro 15 giorni dallo stato di insolvenza (come avveniva con l’art. 223 L.F.), ma rimane vincolato da obblighi civilistici: se è certo dell’insolvenza non può proseguire nell’attività senza rischi di bancarotta. In ogni caso, è fortemente consigliato attivarsi tempestivamente (es. tramite composizione negoziata o concordato) ai primi evidenti segnali di crisi.
  • Quali sanzioni amministrative possono colpire gli amministratori in crisi? Oltre alle responsabilità civili verso la società, in caso di fallimento, gli amministratori insolventi possono subire sanzioni amministrative (es. multe dall’Agenzia delle Entrate per irregolarità contabili) e interdizioni dall’esercizio dell’attività d’impresa (art. 216-ter L.F.). Inoltre, l’INPS può bloccare le posizioni INAIL e previdenziali, aggravando la crisi aziendale.
  • Come interagiscono concordato e piani fiscali agevolati? In genere, gli accordi fiscali (es. rottamazione ter o saldo&stralcio) devono essere gestiti con il Tribunale: se l’impresa entra in concordato, il piano fiscale può essere chiuso nella maggior parte dei casi (restano validi i pagamenti effettuati fino al concordato). Tuttavia, è prudente pagare tasse essenziali (IVA, ritenute) prima di procedere con piani stragiudiziali, in quanto permangono i crediti erariali con prelazione.
  • Un’impresa in crisi può continuare a operare regolarmente? Sì, fino a quando l’organo amministrativo ritiene che sussista continuità aziendale. Tuttavia, se lo stato di crisi è conclamato, continuare l’attività senza interventi può aggravare la responsabilità degli amministratori (ad es. Cass. civ. 29844/2024 prescrive a non esecutivi di intervenire comunque in gestione). Alcune misure cautelari (art. 54 CCII) consentono al tribunale di nominare un custode o imporre limitazioni per salvaguardare l’azienda in vista di una ristrutturazione.
  • Qual è la differenza tra insolvenza e crisi? La crisi (o “insolvenza economico-finanziaria”) è lo stato precedente al fallimento: si ha quando l’imprenditore non riesce a far fronte regolarmente ai debiti o presenta segnali allarmanti. L’insolvenza formale (ex art. 5 CCII) sussiste quando il patrimonio attivo non è più sufficiente a pagare i debiti esigibili. Le procedure (concordato, liquidazione, ecc.) richiedono la dimostrazione di tale stato.
  • I debiti tributari sono estinguibili nel concordato? Sì, i debiti tributari rientrano tra i crediti ammessi al concordato, ma non possono essere stralciati come altri debiti chirografari: in genere vengono rateizzati sul piano concordatario. In casi eccezionali (es. piano del consumatore), è prevista la remissione di una parte dei tributi su base percentuale del debito complessivo, ma ciò non esonera da eventuali responsabilità fiscali personali.
  • Che strumenti ha un piccolo artigiano in difficoltà? L’artigiano in crisi può proporre un piano di composizione negoziata (Legge 3/2012, art. 6) o, se rientra nei limiti, il piano del consumatore (art. 8 L.3/2012). Le procedure concorsuali classiche (concordato preventivo) sono applicabili anche alle ditte individuali, con eventuale nomina di curatore straordinario. Importante è non trascurare i segnali di allarme (art. 25-novies), poiché anche per lui l’INPS/Erario possono inviare segnalazioni che accelerano la soluzione della crisi.

Fonti normative e giurisprudenziali

  • Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (GU n. 38/2019; in vigore dal 15-7-2022), con successive modifiche (D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024, ecc.).
  • Codice Civile – artt. 2082 e segg. (impresa), 2392, 2409, 2423 e segg. (bilancio), 2482-ter, 2486 e segg. (scioglimento e responsabilità amministratori), 2636 c.c. (scioglimento cooperativa), 2765 e segg. (società di persone).
  • Legge Fallimentare integrativa – L. 3/2012 (sovraindebitamento), D.Lgs. 270/1999 (amministrazione straordinaria imprese di Stato), L. 39/2004 (ristrutturazione grandi imprese), D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021 (misure urgenti crisi), D.Lgs. 147/2020 (correttivo).
  • Normativa tributaria – D.P.R. 600/1973, 633/1972, 605/1973 (codice riscossione), D.Lgs. 74/2000 (reati tributari), D.Lgs. 173/2024 (riforma sanzioni tributarie).
  • Codice Penale – artt. 216-254 (L.F.), artt. 243-bis e segg. (inchiesta fallimentare).
  • Costituzione – art. 41 (libertà d’iniziativa economica) e art. 47 (tutela risparmio) richiamati nella relazione al CCII.
  • Giurisprudenza della Corte di Cassazione: tra le più recenti citiamo: Cass. civ., sez. II, 20 nov. 2024, n. 29844 (ruolo degli amministratori non esecutivi e obbligo di agire informati); Cass. Pen., SS.UU., 6 ott. 2023, n. 40797 (sequestro per reati tributari e crisi d’impresa); Cass. Pen., sez. V, 29 feb. 2024, n. 8921 (bancarotta documentale per mancata tenuta contabilità); Cass. civ. sez. III, 26 lug. 2023, n. 22715 (accordo di sovraindebitamento e procedure esecutive); Cass. civ. sez. Un. pen., 27 gen. 2016, n. 1405 (modifica art. 2086 c.c. con riforma crisi).

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