Crisi D’impresa E Debiti Tributari: Come Difendersi

La tua impresa è sommersa dai debiti fiscali e non riesce più a far fronte alle richieste dell’Agenzia delle Entrate?

Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa e gestione dei debiti tributari – è pensata per aiutarti a intervenire subito, prima che la situazione diventi irreversibile.

Scopri quali strumenti legali sono disponibili per affrontare una crisi aziendale aggravata da debiti fiscali, come funziona il nuovo Codice della Crisi d’Impresa, quando puoi accedere a un piano di ristrutturazione o alla composizione negoziata, e come evitare pignoramenti, ipoteche e fallimenti.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, valutare la tua situazione insieme a un avvocato esperto e difendere la tua impresa con una strategia concreta, legale e sostenibile.

Introduzione:

La crisi d’impresa è una situazione complessa e potenzialmente pericolosa per la sopravvivenza economica e patrimoniale dell’azienda, che si verifica quando l’impresa non è più in grado di far fronte regolarmente ai propri obblighi finanziari e tributari. I debiti tributari, in particolare, rappresentano una delle componenti più gravi della crisi poiché coinvolgono il rapporto con l’Erario e con enti pubblici dotati di poteri fortemente incisivi. Difendersi in modo efficace significa innanzitutto individuare tempestivamente i segnali della crisi, tra cui la perdita di continuità aziendale, l’incapacità di onorare imposte e contributi, il blocco dei pagamenti e la presenza di ingiunzioni o pignoramenti da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione. Quando emergono tali segnali, è fondamentale attivarsi senza ritardo per evitare che la situazione peggiori fino al punto di non ritorno. Il primo passo consiste nell’effettuare una diagnosi approfondita dello stato di salute dell’impresa, analizzando la situazione economico-finanziaria e patrimoniale, anche con il supporto di advisor o consulenti.

L’obiettivo è capire se la crisi è reversibile e quali strumenti di risanamento sono attivabili. In presenza di debiti fiscali accumulati, è indispensabile procedere a una ricognizione dettagliata delle esposizioni verso l’erario, distinguendo tra imposte non pagate, cartelle esattoriali, avvisi di accertamento, ruoli affidati alla riscossione e procedimenti esecutivi in corso. Una volta acquisita consapevolezza della propria posizione, l’impresa può valutare l’utilizzo di strumenti di composizione negoziata della crisi, introdotti dalla riforma del Codice della crisi d’impresa. La composizione negoziata consente all’imprenditore di avviare un dialogo riservato e assistito con i creditori, compresa l’amministrazione finanziaria, al fine di trovare soluzioni condivise.

Durante questa fase l’imprenditore può chiedere misure protettive del patrimonio aziendale, come la sospensione delle azioni esecutive e cautelari, che offrono una tregua utile per riorganizzare i flussi e cercare accordi. Tra le misure attivabili vi è anche il pagamento rateale dei debiti tributari, la riduzione delle sanzioni, la compensazione con crediti fiscali e la richiesta di transazione fiscale. Quest’ultima, prevista nell’ambito di concordati preventivi e accordi di ristrutturazione, permette di proporre all’Erario un pagamento parziale e dilazionato del debito tributario, sulla base di un piano di risanamento credibile. La transazione fiscale, tuttavia, richiede una valutazione di convenienza da parte dell’Agenzia delle Entrate, che verificherà la congruità dell’offerta e la possibilità di ottenere un maggiore soddisfacimento rispetto a uno scenario liquidatorio. La riforma della crisi ha inoltre introdotto strumenti più snelli come il concordato semplificato, destinato a situazioni in cui non si riesca a raggiungere un accordo con i creditori ma si voglia comunque evitare la liquidazione giudiziale.

In presenza di debiti fiscali rilevanti e in mancanza di accordi, l’impresa rischia misure fortemente impattanti come il pignoramento dei conti, l’iscrizione di ipoteche, il fermo amministrativo di beni mobili registrati, l’interruzione di rimborsi fiscali e la segnalazione nella centrale rischi. In questi casi è essenziale adottare una strategia difensiva tempestiva. La difesa può consistere nell’impugnazione degli atti dell’Agenzia delle Entrate o dell’agente della riscossione, ad esempio per vizi di notifica, prescrizione del credito, mancata motivazione o violazione del diritto al contraddittorio. Il ricorso va presentato alla giustizia tributaria, che è competente per tutte le controversie in materia di tributi. In alternativa o in parallelo, è possibile richiedere all’agente della riscossione la dilazione del pagamento, in forma ordinaria o straordinaria, fino a un massimo di 72 o 120 rate mensili. Il piano di rateizzazione consente all’impresa di sospendere le azioni esecutive e di mantenere la possibilità di operare. L’accesso alla rateizzazione non comporta la rinuncia alla difesa, ma è spesso uno strumento utile per guadagnare tempo e liquidità. In casi estremi, se la crisi si aggrava e non ci sono prospettive di risanamento, l’impresa può essere assoggettata a procedure concorsuali come la liquidazione giudiziale, l’equivalente dell’ex fallimento. In tale evenienza, i debiti tributari seguono un trattamento specifico: l’amministrazione finanziaria partecipa al passivo come creditore privilegiato e può esercitare azioni revocatorie o opposizioni.

Anche nel contesto liquidatorio, tuttavia, possono emergere responsabilità personali degli amministratori, dei soci o dei sindaci, specialmente in presenza di omessi versamenti, distrazioni patrimoniali o mancata vigilanza. La difesa tributaria in fase di crisi comporta quindi anche un’analisi delle responsabilità personali e delle eventuali azioni di regresso che possono essere attivate. Un aspetto critico della crisi con debiti tributari è la posizione dei rappresentanti legali e degli amministratori che possono essere ritenuti solidalmente responsabili per il mancato versamento di ritenute e IVA. Inoltre, in presenza di reati tributari come omesso versamento IVA, indebita compensazione, dichiarazione fraudolenta, può essere aperto un procedimento penale con conseguenze rilevanti. La difesa penale tributaria, in tali casi, assume un’importanza fondamentale. È possibile ricorrere a misure deflattive come l’estinzione del reato mediante pagamento integrale del debito, il patteggiamento o l’applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto.

Tuttavia, l’accesso a questi benefici richiede una difesa tempestiva e strategica, volta a dimostrare la buona fede e la volontà di regolarizzare la posizione. È anche importante considerare il ruolo delle società di revisione e degli organi di controllo interno, che in situazioni di crisi devono segnalare tempestivamente lo stato di difficoltà e stimolare l’adozione di misure correttive. La mancata segnalazione può comportare responsabilità professionale. Infine, un elemento decisivo nella difesa dell’impresa in crisi con debiti tributari è la comunicazione. Mantenere un dialogo aperto con l’amministrazione, adottare un atteggiamento collaborativo e documentare ogni azione intrapresa è fondamentale per dimostrare la buona fede e ottenere soluzioni ragionevoli.

L’uso degli strumenti digitali, come il cassetto fiscale, la posta elettronica certificata e i servizi online dell’Agenzia delle Entrate, consente un monitoraggio continuo della posizione e facilita le interlocuzioni. In conclusione, la crisi d’impresa con debiti tributari è una sfida che richiede prontezza, consapevolezza e il supporto di consulenti esperti. La difesa non si limita all’impugnazione degli atti, ma comprende una pluralità di strumenti giuridici, negoziali, procedurali e penali che devono essere calibrati sulla base della situazione concreta. Solo attraverso un approccio integrato e tempestivo l’impresa può evitare conseguenze irreversibili e trovare una via di uscita sostenibile.

Aspetto della Crisi e Difesa TributariaDescrizione sintetica
Riconoscimento tempestivo della crisiAnalisi dei segnali economico-finanziari e fiscali, diagnosi dello stato dell’impresa
Ricognizione dei debiti tributariVerifica di cartelle, avvisi, ruoli, pignoramenti, rate e azioni esecutive
Composizione negoziata della crisiProcedura volontaria e assistita per accordi con i creditori, inclusa l’Agenzia delle Entrate
Transazione fiscaleProposta di pagamento parziale e dilazionato dei debiti tributari in ambito concorsuale
Concordato semplificatoStrumento per chiudere la crisi anche in assenza di accordi con i creditori
Rateizzazione dei debitiPiano di pagamento in 72 o 120 rate per sospendere azioni esecutive e ristrutturare
Impugnazione atti dell’ErarioDifesa in giudizio contro cartelle, avvisi, fermi, ipoteche e pignoramenti
Responsabilità degli amministratoriRischio di responsabilità solidale e penale per omessi versamenti e inadempienze
Reati tributari e difesa penaleEstinzione del reato con pagamento, patteggiamento, non punibilità per tenuità
Ruolo degli organi di controlloSegnalazione tempestiva e stimolo all’adozione di soluzioni
Comunicazione e gestione digitaleUso di canali digitali per monitoraggio, interlocuzione e gestione documentale con il fisco

Quadro normativo essenziale (aggiornato a maggio 2025)

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019): disciplina ora in vigore le procedure di regolazione della crisi. Definisce la crisi come «squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rende probabile la perdita della continuità aziendale» (art.2). Impone all’imprenditore l’obbligo di segnalazione dell’eventuale crisi e la nomina di un esperto indipendente se necessario (artt. 6, 14). Numerose modifiche successive (Legge 147/2021, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 136/2024) hanno integrato il codice con nuovi strumenti (ad es. composizione negoziata della crisi) o chiarito i criteri applicativi.
  • Decreto correttivo 2024 (D.Lgs. 13/9/2024, n. 136): è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27/9/2024 ed è entrato in vigore il 28/9/2024. Questo intervento ha “far fronte alle criticità interpretative” del Codice. Ha introdotto nuove misure (es. agevolazioni alla composizione negoziata, rafforzamento della transazione fiscale negli accordi e concordato, tutela del patrimonio nei 90 giorni di trattativa fiscale, ecc.) e semplificazioni (es. liberalizzazione per le sotto-soglia nell’accesso alla composizione negoziata).
  • Normative fiscali correlate: nell’ambito della crisi, rilevano anche interventi fiscali come il D.L. 69/2023 (creazione del cram-down fiscale, sospensione delle azioni esecutive durante le trattative fiscali, regolazione dei termini di adeguamento nell’accordo, ecc.) e disposizioni di natura penale (ad es. il nuovo art. 25-ter D.Lgs. 74/2000 sulla dichiarazione fraudolenta). Bisogna inoltre considerare le circolari e i messaggi operativi (ad es. i Messaggi INPS n. 4696/2021 e 15359/2024 sulla certificazione dei debiti contributivi e le transazioni previdenziali) e le sentenze più recenti, soprattutto della Cassazione, che chiariscono i limiti di responsabilità di amministratori e soci.
  • Prassi operativa e giurisprudenza: le Camere di Commercio svolgono un ruolo chiave nella composizione negoziata e nella nomina degli esperti. L’INPS e l’Agenzia delle Entrate rilasciano certificazioni dei debiti (CUDC per l’INPS, constatazioni dell’Erario), e forniscono istruzioni (es. il Messaggio INPS n. 3553/2024 per le transazioni contributive). La giurisprudenza di legittimità recente ha ribadito principi fondamentali: ad esempio la Cassazione ha affermato che l’esdebitazione ex art. 280 CCII è subordinata unicamente a requisiti soggettivi (assenza di comportamenti fraudolenti), non più a un pagamento minimo oggettivo; le Sezioni Unite hanno precisato che gli ex soci rispondono dei debiti fiscali della società cancellata solo nei limiti di quanto ricevuto in liquidazione; e l’ultima ordinanza Cass. 8696/2025 ha stabilito che l’amministratore non è direttamente responsabile per i debiti fiscali della società in mancanza di una norma di successione.

Tipologie di debiti tributari e contributivi in crisi

In fase di crisi, gli imprenditori devono tenere presente le specificità di ciascuna categoria di debito pubblico:

  • IVA (Imposta sul Valore Aggiunto): è un tributo indiretto, calcolato sul valore aggiunto e versato periodicamente. In caso di mancato versamento, si accumulano sanzioni (30–100%) e interessi (1% mensile). In procedura concorsuale l’IVA non versata non è prededucibile e viene trattata come credito chirografo (pari grado). Tuttavia, l’imprenditore può proporre transazioni fiscali in accordi o concordato (art. 63 e 88 CCII): ad esempio, chiedere il pagamento parziale dell’IVA dovuta, con rateazione, nell’ambito di un piano di risanamento. Rimane esclusa la possibilità di ridurre o ignorare indebitamenti relativi all’IVA di terzi (si pensi alle ritenute operate ai dipendenti o ai collaboratori), salvo casi eccezionali di rimborso disapplicativo. Tabella 1 riepiloga il trattamento dei debiti IVA: Tipo debito Natura fiscale Status in procedura Note IVA dovuta Indiretta (erario) Chirogr. (senza privilegio) Soggetta a sanzioni/interessi; oggetto di transazione fiscaledurante accordi/concordato. IVA a rimborso Indiretta Credito distinto (su cui l’impresa versa IVA) Potrebbe essere compensato con altri debiti; contenzioso in pendenza.
  • Imposte sul reddito (IRPEF/IRES): l’IRPEF grava sul reddito delle persone fisiche (es. titolari di ditte individuali) e l’IRES sul reddito delle società (aliquota ordinaria 24%). La crisi solitamente fa emergere debiti relativi ad acconti non pagati (persone giuridiche) o conguagli maturati. Anche qui, in assenza di garanzie speciali, i debiti d’imposta sono crediti chirografari (pari grado). Strategia difensiva: contestare gli accertamenti infondati, rateizzare i versamenti se possibile (si può chiedere la remissione in bonis delle sanzioni se dichiarazioni erano in regola), oppure includere questi debiti nel piano di ristrutturazione con pagamenti dilazionati. Se l’azienda è in liquidazione, l’Agenzia delle Entrate cercherà di recuperare il tributo residuo, ma anche per i debiti d’imposta può essere concesso l’esdebitazione (vedi sotto) se il liquidatore dimostra assenza di condotte dolose.
  • IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive): viene calcolata sul valore della produzione netta. In crisi, spesso l’IRAP è fonte di contenzioso (es. sul calcolo delle basi imponibili). In procedura, l’IRAP non gode di status privilegiato: resta un credito chirografo dello Stato/Regione. Non è inclusa nelle transazioni fiscali (ad esempio l’art. 88 CCII si riferisce ai tributi amministrati dallo Stato), ma l’impresa può comunque proporne il pagamento parziale in un piano concordatario con tutti gli altri debiti verso l’Erario.
  • Contributi previdenziali (INPS, INAIL): i contributi INPS sulle retribuzioni e i premi INAIL sono debiti dell’impresa verso enti previdenziali. Parte di essi (contributi a carico dei lavoratori) sono prededucibili in procedura e da pagare prioritariamente; gli oneri a carico del datore hanno invece rango di credito privilegiato con grado pari a quello fiscale, da soddisfare dopo i prededucibili. In caso di inadempimento, si calcolano sanzioni (fino al 30%) e interessi (1,5%). L’INPS ha istituito la procedura C.U.D.C. – Certificazione Unica Debiti Contributivi: su richiesta del debitore o del tribunale, rilascia un certificato con l’ammontare dei debiti contributivi. Questo documento è obbligatorio per accedere alla composizione negoziata e utile in concordato per determinare l’entità complessiva dei debiti. Recentemente (D.Lgs. 136/2024, art. 16) l’ambito degli accordi di ristrutturazione è stato esteso anche alle transazioni sui crediti contributivi: il debitore può proporre il pagamento parziale o dilazionato dei contributi maturati. Esempio: un’impresa in crisi può negoziare con INPS un piano di rateizzazione concordando di pagare, ad esempio, il 50% dei contributi residui con dilazioni, inserendo la proposta nel piano di concordato o nell’accordo di ristrutturazione.
  • Altri tributi: occorre considerare imposte locali (IMU, TARI, imposte ipotecarie/catastali, etc.). Queste ultime non sono incluse nelle transazioni fiscali di Codice (art. 88 CCII esclude esplicitamente i tributi locali) e devono essere gestite separatamente, ad esempio tramite definizioni agevolate. Rimane valido l’art. 48-bis DPR 602/1973 che impedisce alle pubbliche amministrazioni di pagare fornitori inadempienti fiscali o previdenziali sopra i 5.000€: il correttivo 2024 ha però stabilito che durante i 90 giorni successivi alla domanda di transazione fiscale questa norma non opera, per evitare di aggravare la crisi dell’impresa negoziatrice.

La Tabella 1 seguente riassume i tipi di debito e il loro trattamento in procedura:

Debito tributario/contributivoNatura fiscale/previdenzialeRango in proceduraNote operative e strategie difensive
IVATributo indiretto (Erario)Credito chirografoSoggetta a sanzioni (30–100%) e interessi (1% mese). Non prededucibile. Può essere oggetto di transazione fiscale in accordi/ concordato (pagamenti parziali/dilazionati).
IRPEF / IRESTributi diretti (Erario)Credito chirografoRiguardano versamenti e acconti. Rateizzabili o transigibili nel piano. Contestabili gli accertamenti infondati. Piani concordatari devono prevedere pagamenti almeno pari a quelli di una liquidazione ordinaria.
IRAPTributo regionale (IRAP)Credito chirografoCalcolato sulla produzione netta. Non trattato dalla transazione fiscale, ma gestibile nel piano concordatario assieme agli altri debiti verso l’Erario.
Contributi INPS/INAILContributi previdenziali/assistenzialiPrededucibili in parte (soggetti) e privilegiati (datore)Si applicano sanzioni (30%) e interessi (1,5%). Necessaria certificazione INPS dei debiti. Possibile transazione previdenziale (art.88 CCII) in concordato e accordi di ristrutturazione.
IMU, TARI, altri tributi localiTributi localiCrediti privilegiatiNon trattati dalle norme di transazione fiscale. Gestiti tramite accordi con gli enti locali o definizioni separate. Possibile forte impatto (p.es. fermo amministrativo o iscrizione ipotecaria).

Strumenti di regolazione della crisi

Di fronte a debiti tributari insostenibili, l’imprenditore ha a disposizione diversi strumenti procedurali, giudiziali e stragiudiziali, per risanare o gestire l’insolvenza.

Composizione negoziata della crisi (arts. 12‑25 CCII)

La composizione negoziata è un percorso extragiudiziale introdotto nel 2021 (D.L. 118/2021 conv. L.147/2021) per anticipare la soluzione delle difficoltà. L’imprenditore o la società in stato di crisi (o di «squilibrio patrimoniale») può chiedere al tribunale (tramite CCIAA) di nominare un esperto indipendente, che avvia trattative riservate con creditori, soci e altri stakeholder. Questa procedura non prevede spossessamento: l’impresa rimane pienamente operativa. Può accedervi qualsiasi impresa, anche sotto soglia dimensionale, in cui si profili una crisi o anche solo uno squilibrio.

Fasi principali:

  • Deposito della domanda alla Camera di Commercio con documentazione di bilancio, stato patrimoniale, prospetto economico e piano di risanamento.
  • Verifica di accesso: l’esperto verifica che non ci siano ostacoli (es. società già in liquidazione giudiziale) e valuta lo stato di crisi dell’impresa.
  • Nomina dell’esperto e avvio delle trattative riservate. L’esperto può proporre misure di ristrutturazione, contattare creditori pubblici (Agenzia delle Entrate, INPS) e privati.
  • Possibilità di accordo: l’esito può essere un accordo di ristrutturazione formale o semplici intese; altrimenti il percorso è revocato e può nascere una liquidazione (prevista dal cosiddetto concordato semplificato di liquidazione).

Vantaggi: nessuna involontaria perdita di controllo dell’impresa, assoluta riservatezza e flessibilità negoziale. L’esperto definisce un piano, ma le decisioni finali restano in capo all’imprenditore. In particolare, è un canale privilegiato per mettere a punto una transazione fiscale: benché il CCII non preveda formalmente la stessa transazione dell’accordo giudiziale, l’esperto può mediare con il Fisco e l’INPS per piani di pagamento (ad es. riconciliazioni di debiti iscritti), facilitati dalla sospensione delle esecuzioni (vedi art. 56 DL 69/2023) e dai divieti temporanei di esproprio.

Certificazione contributiva: per poter accedere, l’imprenditore deve presentare il Certificato Unico dei Debiti Contributivi (C.U.D.C.) rilasciato dall’INPS. Tale certificazione, prevista dall’art. 363 CCII, attesta i crediti previdenziali pregressi e serve per valutare l’intera esposizione aziendale.

Esempio: Una s.r.l. manifatturiera con fatturato di €2 mln presenta perdite consistenti e ha debiti iva per €50.000 e contributi INPS per €30.000. L’imprenditore attiva la composizione negoziata: nomina un esperto, ottiene il CUDC INPS, e inizia trattative con Agenzia delle Entrate e INPS. Concorda di saldare immediatamente il 20% delle somme e rateizzare il resto in 5 anni. Contemporaneamente concorda un piano di rientro con i fornitori su 3 anni. L’esperto redige un piano di risanamento che sottopone ai creditori. Se approvato, l’impresa riesce a salvare i posti di lavoro e consolidare l’attività, evitando la bancarotta.

Accordi di ristrutturazione del debito (art. 57 CCII)

Gli accordi di ristrutturazione consentono all’impresa di elaborare piani di soddisfazione dei creditori con approvazione del tribunale. Possono essere di tipo societario (rientrano nel recesso soci) o di altra natura (anche per singole classi di creditori). La procedura prevede: deposito di un ricorso al tribunale con piano e documenti; periodo di stand-still (assenza di azioni esecutive) per tre mesi; convocazione dei creditori in assemblea e votazioni (piano approvato se si ottengono i quorum di voto richiesti).

In questi accordi, la transazione fiscale e contributiva è disciplinata (art. 63 CCII, sostituito da D.Lgs. 136/2024). Il debitore può proporre il pagamento parziale o dilazionato di tutti i tributi e contributi maturati fino alla data della proposta. Dopo il deposito, Agenzia delle Entrate e INPS (e INAIL) devono esprimere il consenso, secondo regole di competenza decentrata. Una volta ottenuta l’adesione dei creditori pubblici, il piano si considera concluso (“omologato”) senza ulteriori opposizioni. Se l’accordo viene ratificato dal giudice, l’impresa riparte con debiti tributari ristrutturati a livelli sostenibili.

Strategia pratica: in un accordo di ristrutturazione l’imprenditore presenta subito la domanda di transazione al Fisco e all’INPS insieme ai documenti del piano. Viene depositata copia della proposta presso gli uffici territoriali competenti (Agenzia Entrate e INPS). Le autorità interessate hanno 90 giorni di tempo per aderire. Questo consente di ottenere certezza sui debiti pubblici prima dell’omologazione.

Concordato preventivo (artt. 84‑112 CCII)

Il concordato preventivo è una procedura concorsuale giudiziale in cui l’impresa propone un piano di ristrutturazione soggetto all’approvazione dei creditori e del tribunale. Esistono vari tipi: in continuità aziendale (con prosecuzione dell’attività) o di liquidazione (cessazione dell’attività con cessione del patrimonio). Con il nuovo codice la possibilità di ricorrere al concordato copre imprese di tutte le dimensioni.

Nel concordato, la transazione fiscale e contributiva (art. 88 CCII) consente di includere nel piano il pagamento parziale o rateizzato di tributi e contributi. Il debitore deve depositare la proposta di pagamento presso il tribunale e notificare copia agli uffici fiscali e previdenziali competenti. Dal 28/9/2024, tali proposte sono decidibili dai Direttori Regionali (non più dai singoli funzionari). In sostanza, Agenzia e INPS valutano la proposta in raccordo e la loro adesione forma parte dell’omologazione del concordato.

Aspetti operativi: al ricorso di concordato vanno allegati gli studi di fattibilità (bilanci, prospetti) e si può allegare l’offerta di transazione. Durante il procedimento si sospendono le azioni esecutive (moratoria concorsuale). Importante novità: durante i 90 giorni successivi al deposito della proposta di transazione fiscale, né l’Agenzia delle Entrate né gli enti locali possono promuovere nuove esecuzioni o applicare il blocco dei pagamenti pubblici ai sensi del DPR 602/1973. Ciò protegge la continuità aziendale in attesa dell’esito.

Esempio: Una S.p.A. con debiti IRES e IVA per €500.000, debiti INPS per €200.000 e debiti bancari di €1 mln lancia un concordato preventivo. Nel piano propone di pagare 40% ai creditori e illustra come raggiungerà tale percentuale. Contemporaneamente invia agli uffici fiscali e all’INPS una proposta di transazione: ad esempio, saldare subito il 30% dei tributi e contributi e dilazionare il resto in 5 anni. Se creditori e tribunale omologano il piano, l’azienda esce dalla crisi con un carico debitorio ristrutturato e in grado di ripartire.

Liquidazione giudiziale (ex fallimento)

Se le altre strade falliscono, si arriva alla liquidazione giudiziale (ex fallimento). Il tribunale dichiara il fallimento, nomina un curatore e avvia la fase liquidatoria. Nel curatore rientrano le voci di debito, ivi compresi i tributi. In passato i crediti dell’Erario godevano di privilegi elevati (artt. 2751‑2763 c.c.), ma con il nuovo Codice e i decreti correttivi la distinzione è mutata: oggi, salvo i contributi a favore dei dipendenti, anche le tasse maturate in periodo di insolvenza sono considerate pari grado (c.d. crediti chirografari).

Cruciale resta il beneficio dell’esdebitazione (art. 280 CCII): il debitore che ha subito la liquidazione può ottenere l’estinzione dei debiti residui (compresi quelli tributari) se soddisfa i requisiti. In base all’orientamento consolidato confermato dalla Cassazione del 6/11/2024 n. 28505, il beneficio non dipende dalla quantità di attivo liquidato, ma solo dal mancato dolo del debitore. In pratica, basta dimostrare di non avere distratto o dissipato il patrimonio per ragioni illecite; la legge, infatti, ha eliminato il «requisito oggettivo» che richiedeva un minimo di soddisfazione. Ciò significa che, anche pagando pochissimo i creditori, il debitore può essere liberato dai debiti fiscali residui se non ci sono stati comportamenti fraudolenti.

Implicazioni pratiche: in liquidazione giudiziale l’Agenzia delle Entrate partecipa alla distribuzione, ma i crediti tributari (salvo riduzioni dovute ai privilegi ridotti) sono soddisfatti per poco. L’esdebitazione fa sì che anche questi residui tributi vengano di norma cancellati, alleggerendo l’ex imprenditore da un peso enorme. È però fondamentale che il giudice fallimentare non rilevi alcuna colpa grave (distrazioni di beni, frodi, ecc.) nei comportamenti degli amministratori.

Sovraindebitamento

Per imprenditori individuali o professionisti (e anche piccole imprese), si considera la legge sul sovraindebitamento (L. 3/2012). Prevede l’accordo di ristrutturazione dei debiti o il piano del consumatore. Questi strumenti permettono di coinvolgere i debiti fiscali tra quelli ristrutturabili, in particolare se sono non dovuti all’attività prevalente (es. debiti personali di un socio). Tuttavia, l’ambito è più spesso soggettivo (privati, piccoli imprenditori) e qui si focalizza il discorso sulle imprese in senso stretto.

Strategie pratiche e simulazioni

Per applicare quanto sopra in modo concreto, è utile seguire alcune linee guida operative:

  • Mappatura dei debiti: prima di tutto, raccogliere tutte le cartelle e avvisi da Agenzia Entrate e INPS, ordinandoli per scadenza e tipologia (IVA, imposte, contributi). Calcolare interessi e sanzioni maturati. Calcolare il totale del passivo (compresi banche, fornitori, fisco, enti previdenziali). Questo costituisce la base per ogni proposta di transazione o piano concordatario.
  • Verifica normativa e contenzioso: valutare la possibilità di annullare o ridurre debiti mediante ricorsi tributari (ad es. contestando la legittimità di un avviso di accertamento). In alcuni casi è preferibile ottenere una decisione favorevole in sede giudiziale prima di proporre un piano, per migliorare la posizione negoziale. Ciò vale soprattutto per somme ingenti o contestazioni complesse.
  • Piani di transazione: definire con i consulenti un’offerta concreta all’Erario e all’INPS. Ad esempio, «paghiamo subito il 20% e poi in 60 rate mensili», o «pagheremo il 40% alla scadenza quinquennale». È fondamentale essere credibili: l’offerta viene comparata con l’eventuale liquidazione ordinaria (art. 88 CCII prevede che i crediti tributari non siano soddisfatti in misura inferiore a quanto frutterebbe una vendita in fallimento). Spesso si fissa una percentuale minima di recupero, calcolata con perizie di stima dei beni.
  • Timing e scadenze: in concordato preventivo i termini sono fissi: dal deposito del ricorso il tribunale può fissare il voto in assemblea entro alcuni mesi. In composizione negoziata i tempi sono più flessibili ma vanno calcolati: servono almeno alcuni mesi di trattativa (dalla nomina dell’esperto) prima di giungere a proposte formalizzabili. È consigliabile iniziare le negoziazioni con il Fisco il prima possibile, anche oralmente, per preparare il terreno alla successiva domanda formale. Durante tutto il percorso ricordarsi di rispettare termini di presentazione documenti fiscali: p.e. non si possono lasciare decadere dichiarazioni pendenti pensando alla crisi.
  • Coinvolgimento dei consulenti: i revisori, commercialisti e avvocati concorsualisti svolgono un ruolo centrale. L’esperto della composizione negoziata spesso supervisiona la validità dei dati economici. Nel concordato il professionista delegato o il commissario giudiziale collaborano alla redazione del piano. Un avvocato tributarista aiuta a predisporre la proposta di transazione e a gestire il colloquio con l’Agenzia.
  • Dialogo con creditori: nelle procedure giudiziali coinvolgere l’Erario e l’INPS significa dialogare con le direzioni territoriali; nelle trattative negoziate, con la sede INPS competente e, in certi casi, con gli Avvocati dello Stato incaricati. Far pervenire loro una proposta scritta (tramite PEC) e attendere risposta nel termine legale (spesso 90 giorni). Se non rispondono negativamente, l’offerta si considera accettata per silenzio.
  • Limiti e precauzioni: non tutti i debiti possono essere cancellati. Ad esempio, contributi maturati dopo l’apertura di un concordato devono comunque essere pagati nei termini (se benefici di moratoria, valgono specifiche regole). Gli amministratori devono evitare di aggravare la crisi (per es. incassando crediti per sé) perché altrimenti rischiano la revoca dell’esdebitazione o addirittura conseguenze penali (artt. 25-ter CCII per bancarotta fraudolenta). In sede di composizione negoziata, l’imprenditore deve fornire dati veritieri e trasparenti sotto la propria responsabilità.

Simulazione operativa: per chiarire il processo, consideriamo due casi ipotetici semplificati.

Caso 1 – Impresa sotto-soglia (composition negoziata): Una s.r.l. artigiana con 10 dipendenti ha subito perdite per €200.000. I debiti registrati sono: IVA €30.000, IRPEF dipendenti €20.000 (ritenute versate tardivamente), contributi INPS €25.000, fornitori €150.000. L’imprenditore ha risorse patrimoniali limitate (immobili per €50.000). Avvia la composizione negoziata presentando bilanci 2019-2023 e il C.U.D.C. INPS. L’esperto conferma lo stato di crisi. Nel giro di due mesi l’esperto negozia con Agenzia Entrate e INPS: ottiene dal Fisco un impegno a rateizzare l’IVA (entro 10 anni) senza sanzioni; dall’INPS ottiene una rateizzazione dei contributi (in 5 anni). Contemporaneamente, dopo colloqui diretti, l’imprenditore convince i fornitori a scendere al 40% sugli importi dovuti con pagamento semestrale. Al termine del percorso (3 mesi), il piano di risanamento strutturato dall’esperto viene condiviso da tutte le parti. L’impresa evita il fallimento e avvia un piano di ripianamento verosimile, rimediando parte delle perdite grazie alla ristrutturazione del debito.

Caso 2 – Azienda media (concordato preventivo con transazione): Una società commerciale con 50 dipendenti e fatturato €10 mln non è più in grado di onorare debiti bancari e fiscali. A fine 2024 risulta un passivo totale di €3 mln, di cui €600.000 verso l’Erario (IVA, IRES, IRAP) e €300.000 contributi INPS. Il piano aziendale 2025, redatto da esperti, mostra un margine operativo leggero, ma positivo. Gli amministratori decidono per un concordato preventivo in continuità: propongono di pagare il 60% dei debiti complessivi in 5 anni. Nel piano allegato sottolineano una soddisfazione di massima dei creditori privilegiati (dipendenti e fisco) come richiesto dall’art.88 CCII. Contestualmente, presentano agli uffici delle Entrate e INPS una proposta di transazione: “paghiamo il 50% delle imposte e contributi entro 8 anni, con garanzie (pegno, fideiussione) a salvaguardia.” Deposito la proposta al Tribunale e la notifica ai competenti uffici. Entro 60 giorni Arriva parere favorevole del Fisco e INPS (siglando l’accordo). Si convoca l’assemblea dei creditori, che approva il piano con le maggioranze previste. Il tribunale omologa. Gli esiti: la società ottiene un blocco degli interessi su tributi e contributi, “brucia” metà del debito residuo mediante il piano concordatario e si focalizza sul rilancio, con un notevole alleggerimento del carico fiscale complessivo.

Responsabilità di amministratori e soci

In situazioni di crisi, è fondamentale capire chi risponde dei debiti.

  • Amministratori: in linea generale, gli amministratori di una società di capitali non sono automaticamente tenuti a pagare i debiti della società con il proprio patrimonio personale. La Cassazione ha più volte ribadito che la responsabilità verso l’Erario dei singoli dirigenti, escluso il ruolo di liquidatore, è limitata alle sanzioni e interessi causati dalla loro condotta, non all’intero tributo. Recentemente l’ordinanza Cass. 8696/2025 ha esplicitato che «è esclusa la responsabilità diretta dell’amministratore per i debiti fiscali della società» in mancanza di un’esplicita norma di successione. In pratica: se la società non versa l’IVA, l’amministratore (ormai uscito di carica) non subisce una cartella a suo nome, salvo che non abbia agito in modo tale da determinare reati tributari (evasione) o bancarotta fraudolenta. In sede concorsuale gli amministratori rispondono verso la curatela o i creditori sociali per eventuali perdite patrimoniali da negligenza gestionale (artt. 2392 c.c. e 375 CCII).
  • Soci: per i soci di società di capitali la giurisprudenza recente delle Sezioni Unite (Cass. SU n. 3625/2025) ha stabilito che gli ex soci rispondono dei debiti fiscali della società cancellata solo nei limiti delle somme che hanno effettivamente incassato dalla liquidazione. Ciò significa che non esiste una “successione automatica” dei debiti: il Fisco deve provare che un socio ha tratto benefici (utili, proventi) dall’attività liquidata. In precedenza c’erano posizioni divergenti (alcuni ritenevano che ogni socio rispondesse limitatamente alle somme ricevute dall’atto costitutivo, altri in misura pari ai crediti della società); ora il principio intermedio è consolidato.
  • Esdebitazione: con l’eliminazione del requisito oggettivo dal Codice della crisi, un debitore fallito che non ha compiuto atti dolosi può ottenere l’esdebitazione dei debiti residui, compresi quelli tributari. Gli unici ostativi restano i comportamenti illeciti (art. 142 l. fall. e art. 280 CCII). Questo orientamento è stato ribadito dalla Cassazione: l’importanza sta nel requisito soggettivo e non nella quantità di debito non saldato. In pratica, se l’amministratore dimostra di non aver distratto beni o commesso frodi, anche un patrimonio quasi nullo non preclude il rilascio da ogni debito.
  • Revisori legali e organi di controllo: essi hanno l’obbligo (art. 12 D.Lgs. 14/2019) di segnalare allo stato di crisi gli amministratori quando ravvisano dubbi sulla continuità aziendale. La mancata segnalazione può incidere sulla loro responsabilità civile verso la società o terzi. Inoltre, violazioni contabili finalizzate a nascondere debiti tributari (es. false scritture, distrazioni) possono configurare responsabilità verso la società e verso i creditori, e talvolta reati (art. 2632 c.c., bancarotta).

Domande frequenti (FAQ)

D: Cos’è la composizione negoziata e quando conviene ricorrervi?
R: È una procedura stragiudiziale gestita dall’esperto nominato dal tribunale (tramite CCIAA). Conviene quando l’impresa è in quasi-crisi: prima che scoppi un’insolvenza irreversibile. L’obiettivo è prevenire il fallimento negoziando direttamente con creditori e autorità fiscali, senza perdere subito il controllo. È indicata soprattutto per debiti inferiori alla soglia fallimentare o quando si possiedono prospettive di ripresa ma serve tempo per riconciliazioni con erario/inps.

D: Qual è la differenza tra transazione fiscale e concordato in continuità?
R: La transazione fiscale è un accordo tra debitore, Agenzia delle Entrate e INPS (eventualmente con omologa giudiziale) per pagare parzialmente i tributi/contributi. Nell’accordo di ristrutturazione (art. 63 CCII) e nel concordato (art. 88 CCII) si inseriscono proposte di transazione. Il concordato in continuità è invece un piano globale che coinvolge tutti i creditori (privati e pubblici) e prevede la prosecuzione aziendale. In sintesi, la transazione fiscale riguarda solo i debiti tributari/contributivi, mentre il concordato è più ampio e riguarda tutte le passività. Però spesso la transazione fiscale è parte integrante del piano concordatario.

D: Gli amministratori rischiano sanzioni penali per debiti fiscali non versati?
R: Se semplicemente si omette di versare l’IVA o altri tributi, la Cassazione ha chiarito che non c’è responsabilità penale a meno che il fatto non integri evasione fiscale (ad es. dichiarazione fraudolenta). La responsabilità civile è limitata alle sanzioni/penali non versate e non al debito principale. Tuttavia, gli amministratori devono vigilare sullo stato di crisi: la mancata tempestiva richiesta di fallimento (art. 375 CCII) può costituire reato di bancarotta semplice. Inoltre, se nelle ultime gestioni si sono compiuti atti di distrazione di beni, false dichiarazioni o pagamenti preferenziali, si può configurare bancarotta fraudolenta (che esclude l’esdebitazione) o responsabilità erariale.

D: L’INPS e l’Agenzia Entrate partecipano al concordato?
R: Sì. L’Agenzia delle Entrate e gli Enti previdenziali (INPS/INAIL) possono votare a favore o contro il concordato come qualsiasi altro creditore. Inoltre, grazie alle normative attuali, l’imprenditore può offrire piani di pagamento separati per i loro crediti (transazione fiscale/previdenziale). È quindi fondamentale coinvolgerli subito, depositando le proposte formali al momento del ricorso (copia via PEC), per assicurarsi adesione o opposizione formale.

D: Che succede se in liquidazione il patrimonio aziendale copre poco i debiti tributari?
R: In passato esisteva un requisito oggettivo per l’esdebitazione (avere pagato almeno una certa percentuale dei creditori), ma con il Codice della crisi questo non è più richiesto. La Cassazione del 6/11/2024 (n. 28505) ha ribadito che l’esdebitazione dipende solo dal requisito soggettivo (assenza di dolo da parte del debitore). Quindi, anche se le imposte raccolte in liquidazione siano quasi nulle, il debitore può essere liberato dal residuo fisco se non ha commesso irregolarità.

D: Si possono cancellare del tutto i debiti IRES/IRPEF?
R: In un concordato o accordo di ristrutturazione la cancellazione totale non è semplice. L’imprenditore può proporre di pagare in misura ridotta o con dilazioni i debiti IRES/IRPEF, ma deve garantire il massimo recupero ragionevole (come espresso dalle valutazioni di un tecnico). Se nessun piano viene approvato, solo la liquidazione e l’esdebitazione potranno estinguere eventuali residui, a certe condizioni soggettive.

D: Come cambiano i termini di presentazione del Concordato?
R: Con il Codice della crisi, l’imprenditore in difficoltà (anche in stato di liquidazione volontaria) può presentare ricorso per concordato in qualsiasi momento, senza più limiti di tempo, purché non abbia già avuto sentenze di fallimento o concordato respinte definitivamente. Ciò è valido anche dopo il 31 dicembre 2023, data di piena entrata in vigore del titolo dedicato.

D: È possibile rateizzare i debiti fiscali senza andare in crisi?
R: Sì, l’imprenditore deve sempre considerare le soluzioni ordinarie: piani di dilazione (ex artt. 19 e 21 DLgs. 472/1997), sospensione per calamità, remissione in bonis delle sanzioni (se la dichiarazione è stata presentata regolarmente e il ritardo è dovuto a eventi eccezionali). Queste strade amministrative possono essere tentate anche in parallelo, ma vanno valutate con cautela perché in caso di crisi conclamata servirà comunque ricorrere a procedure concorsuali straordinarie.

D: Quali tabelle o strumenti riassuntivi usare per decidere la strategia?
R: È utile predisporre confronti schematizzati: ad esempio, una tabella comparativa fra composizione negoziata, concordato preventivo e accordi di ristrutturazione (vedi Tab. 2) può aiutare a capire l’accesso, i tempi, i costi e i risultati attesi di ciascuno strumento. Nell’analisi pratica, vengono spesso usati fogli di calcolo che simulano il rimborso ai creditori e l’eventuale risparmio di sanzioni per il debitore. Inoltre, ogni procedura ha un proprio cronoprogramma: scadenze processuali, termini di attesa (es. 90 giorni per le transazioni, 120 giorni per il concordato), da rispettare rigorosamente.

Tabelle riepilogative

Tabella 2. Confronto tra principali strumenti di regolazione della crisi

StrumentoAccesso e CondizioniEffetti su debiti tributari/contributiviResponsabilità AmministratoriTempi tipici
Composizione negoziata (extragiud.)Impresa in crisi o squilibrio (tutte le dimensioni). No procedimenti pendenti incompatibili.Possibilità di trattare con Agenzia Entrate/INPS. Nessuna autom. sospensione, ma l’esperto concorda soluzioni di pagamento. Debiti rimangono vivi ma possono essere rinegoziati.Nessuno spossessamento: responsabilità ordinarie (civil/penal) rimangono in capo ad amministratori.3–6 mesi (dipende da complessità)
Accordi di ristrutturazione (art.57 CCII)Impresa solvibile; approvazione creditori (50% in valore di ciascuna classe, 66% del totale); omologazione tribunale.Debiti tributari possono essere inseriti nella proposta con pagamento parziale (transazione fiscale). Sospensione espropri (art.44) per 60-90 giorni dalla domanda.Circolario del concordato: azienda resta gestionale. Eventuali responsabilità pregresse valutate nel piano.4–6 mesi (dalla domanda all’omologa)
Concordato preventivo (art.84 CCII)Impresa (anche grande), con piano di continuità o liquidazione. Approvazione con maggioranze di classe.Debiti tributari/contributivi possono essere oggetto di transazione. Presentazione obbligatoria di proposta agli enti pubblici. Moratoria (sospensione azioni) 120-270 giorni dall’istanza.Gestione affidata ai creditori/curatore. Obbligo di nomina di un commissario giudiziale. Le responsabilità pregresse restano ad amm. fino a esdebitazione.6–12 mesi (anche più, in base a complessità)
Liquidazione giudiziale (fallimento)Dichiarazione fallimento se insolvenza conclamata. Curatore liquidatore gestisce.Tutti i debiti (tra cui fiscali) confluiscono nella massa passiva. Prededucibili: crediti contributivi per retribuzioni maturate. Esdebitazione possibile dopo liquidazione.Solo curatore legittimato ad agire in responsabilità (art.146 L. fall. replace). Gli amm. rispondono solo se dolo/negligenza grave accertata.1–2 anni (dipende dalla procedura liquidativa)

(La tabella è indicativa e non esaustiva; ogni fattispecie va approfondita con consulenza specialistica.)

Conclusioni

La gestione dei debiti tributari in crisi d’impresa richiede un bilanciamento di strategia fiscale e concorsuale. È fondamentale agire tempestivamente: l’avvio di una procedura (composizione negoziata o concordato) può porre fine alle azioni esecutive e offrire tempo prezioso. Le ultime norme e sentenze tendono a favorire il superamento della crisi (agevolando le transazioni e l’esdebitazione), ma richiedono preparazione rigorosa e trasparenza nei conti. Una consulenza integrata tra commercialisti e avvocati specializzati in diritto fallimentare/tributario è essenziale. L’imprenditore e il suo team legale dovrebbero utilizzare tutte le risorse normative disponibili (contributi dell’INPS, supporti giudiziali, tavoli di composizione negoziata) per ricostituire la continuità aziendale o contenere i danni.

Fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali

  • Normativa primaria: D.Lgs. 12 gen. 2019, n. 14 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza); D.Lgs. 118/2021 conv. L. 147/2021; D.Lgs. 14 giu. 2022, n. 83 (attuazione Direttiva UE 2019/1023); D.Lgs. 13 set. 2024, n. 136 (correttivo al CCII); D.L. 69/2023 (misure fiscali per crisi aziendali); D.L. 36/2022 e L. 233/2021 (varie disposizioni collegate).
  • Normativa fiscale e previdenziale: D.P.R. 602/1973 (art. 48-bis sulla compensazione); D.Lgs. 472/1997 (sanzioni e rateazioni tributarie); disposizioni INPS (art. 363 CCII, Messaggi n. 4696/2021 e 15359/2024 su certificazione debiti e transazioni).
  • Giurisprudenza: Cass. civ. Sez. I, 6 nov. 2024, n. 28505 (beneficio esdebitazione, eliminazione requisito oggettivo); Cass. ord. 2 apr. 2025, n. 8696 (amministratore non diretto responsabile per debiti IVA); Cass. SS.UU. 12 feb. 2025, n. 3625 (responsabilità ex soci limitata alle somme incassate); altri orientamenti consolidati in materia di transazioni fiscali (es. Cass. 1 apr. 2024, n. 8497 e Cass. 28 nov. 2023, n. 32790 – vedi fonti di redazione fiscale).

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