Hai ricevuto un decreto ingiuntivo e vuoi sapere come reagire per non subire pignoramenti o altre azioni esecutive?
Questa guida dello Studio Monardo, – avvocati esperti in opposizione a decreti ingiuntivi e contenzioso civile – è pensata per aiutarti a difenderti subito e con competenza.
Scopri cos’è un decreto ingiuntivo, quando è possibile opporsi, quali sono i termini da rispettare, cosa scrivere nel ricorso e quali strategie legali adottare per bloccare l’azione del creditore.
Alla fine della guida, aggiornata alla Riforma Cartabia, troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, analizzare il tuo caso specifico e costruire una difesa efficace con l’assistenza di avvocati esperti.
Ricorso Per Decreto Ingiuntivo Riforma Cartabia: Come Funziona
Introduzione
Il decreto ingiuntivo è uno strumento giuridico rapido che consente a un creditore di ottenere un ordine di pagamento contro un debitore in modo unilaterale (senza iniziale contraddittorio) quando il credito è fondato su prova scritta ed è certo, liquido ed esigibile. Si tratta di un provvedimento emesso dal giudice su ricorso del creditore, che ingiunge al debitore di pagare una somma di denaro (o consegnare una determinata quantità di beni fungibili o una cosa mobile specifica) entro un termine stabilito, solitamente 40 giorni. Se il debitore non si oppone entro tale termine, l’ingiunzione diventa definitiva ed esecutiva, consentendo al creditore di procedere con l’esecuzione forzata (pignoramenti, ecc.).
La Riforma Cartabia (attuata col D.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 e corredata dal D.lgs. 31 ottobre 2024 n. 164 correttivo) ha introdotto importanti novità nel procedimento per decreto ingiuntivo, modificando sia la normativa del Codice di procedura civile sia alcune prassi operative. Tali modifiche mirano a rendere il procedimento più efficiente, veloce e adeguato all’era digitale, con effetti sia per gli avvocati (che devono adeguare modalità di redazione e deposito degli atti) sia per i cittadini creditori o debitori (che subiscono tempi e regole nuove). In questa guida pratica-operativa aggiornata a maggio 2025 esamineremo in modo chiaro come funziona oggi il ricorso per decreto ingiuntivo dopo la Riforma Cartabia, con esempi concreti, modelli di atti, simulazioni e una sezione Domande e Risposte.
Cosa troverai in questa guida:
- Cos’è e quando si può chiedere un decreto ingiuntivo, con le condizioni di ammissibilità e le prove necessarie.
- Le novità normative e procedurali introdotte dalla Riforma Cartabia, inclusi i cambiamenti nei termini, nelle forme dell’opposizione e nell’efficacia esecutiva del decreto.
- Come redigere e depositare telematicamente un ricorso per ingiunzione: passi operativi dal punto di vista dell’avvocato (deposito tramite il processo civile telematico) e del cittadino (nei casi consentiti).
- Cosa accade dopo l’emissione del decreto: notificazione al debitore, tempi di opposizione e cosa comporta un’eventuale opposizione (ossia l’avvio del giudizio di merito).
- Le novità sull’opposizione introdotte dalla riforma (tra cui la forma ricorso vs atto di citazione, il rito semplificato dal Giudice di Pace, l’obbligo di mediazione in fase di opposizione, ecc.).
- L’efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo: quando e come il decreto può essere provvisoriamente esecutivo, cosa cambia con la riforma (abolizione della formula esecutiva, nuove possibilità di ottenere l’esecuzione provvisoria anticipata).
- Differenze tra decreto ingiuntivo ordinario e decreto ingiuntivo europeo: cosa è l’ingiunzione di pagamento europea, in quali casi si utilizza e come differisce dalla procedura domestica italiana.
- Particolarità per crediti professionali e commerciali: come funziona il decreto ingiuntivo per onorari di avvocati e altri professionisti (inclusa la nuova procedura del parere di congruità con valore di titolo esecutivo prevista dalla legge sull’equo compenso) e per crediti tra imprese (interessi moratori ex d.lgs. 231/2002, fatture elettroniche come prova sufficiente, ecc.).
- Esempi pratici e modelli: verranno forniti fac‐simili di ricorso per decreto ingiuntivo e simulazioni (es. il caso di una fattura commerciale non pagata, o di una parcella professionale insoluta) per illustrare concretamente come procedere.
- Domande e Risposte frequenti: una sezione FAQ che chiarisce i dubbi più comuni (ad esempio: “Quanto tempo ci vuole per ottenere un decreto ingiuntivo?”, “Cosa succede se il debitore fa opposizione?”, “Posso chiedere un decreto ingiuntivo senza avvocato?”, “Come funziona il decreto ingiuntivo europeo?”, ecc.).
Al termine, si fornirà un elenco di tutte le fonti normative e giurisprudenziali citate nella guida, con riferimenti precisi (articoli di legge, decreti, sentenze) e link ufficiali ove disponibili, così da consentire approfondimenti ulteriori. Questa guida vuole essere uno strumento completo e aggiornato, dal taglio pratico e operativo, utile sia all’avvocato che deve applicare quotidianamente queste norme, sia al cittadino che voglia comprendere i propri diritti e obblighi in caso di credito non pagato.
Nota: Verranno evidenziate in particolare le novità introdotte dalla Riforma Cartabia entrata in vigore tra il 2023 e il 2024, distinguendo le regole previgenti da quelle attuali, in modo da evitare confusione nelle fasi transitorie.
Cos’è il decreto ingiuntivo e quando è ammissibile
Il decreto ingiuntivo (detto anche provvedimento d’ingiunzione) è un ordine di pagamento o di consegna emesso dal giudice senza contraddittorio iniziale (inaudita altera parte) su richiesta del creditore. Si tratta di un procedimento monitorio disciplinato dagli articoli 633–656 del Codice di procedura civile (c.p.c.), pensato per riscuotere crediti che presentino determinati requisiti di certezza e documentazione. In pratica, il creditore deposita un ricorso al giudice competente, allegando prove documentali del suo credito; il giudice, verificati i presupposti, emette un decreto che ingiunge al debitore di adempiere entro un certo termine (solitamente 40 giorni) a pena di esecuzione forzata.
Le condizioni di ammissibilità di un ricorso per ingiunzione, secondo l’art. 633 c.p.c., sono principalmente due:
- Credito fondato su “prova scritta”: Deve esistere un documento che provi il diritto fatto valere. Può essere una scrittura privata firmata dal debitore (es: contratto, promessa di pagamento, riconoscimento di debito), una fattura annotata nelle scritture contabili del creditore o comunque non contestata, un estratto autentico delle scritture contabili di un imprenditore, un avviso di parcella visato da un ordine professionale, un duplicato di fattura elettronica trasmessa tramite il Sistema di Interscambio, ecc.. La Riforma Cartabia 2022–2024 ha esplicitamente chiarito che la fattura elettronica rientra tra le prove scritte idonee: il D.Lgs. 164/2024 ha equiparato la fattura elettronica (trasmessa via SdI) a una fattura cartacea annotata nelle scritture contabili. Ciò semplifica l’ottenimento di decreti ingiuntivi su crediti commerciali, eliminando il dubbio sulla sufficienza della fattura elettronica da sola. È importante notare però che, in caso di opposizione, la fattura (soprattutto se non accompagnata da altri documenti contrattuali) potrebbe non bastare come prova piena del credito in giudizio ordinario, poiché è un documento formato unilateralmente dal creditore. Tuttavia, secondo la giurisprudenza recente, se la fattura è stata ricevuta e annotata in contabilità dal debitore senza contestazioni, essa assume valore probatorio importante e perfino natura confessoria, costituendo riconoscimento implicito del debito (Cass. civ. n. 3581/2024). In altre parole, la mancata contestazione della fattura da parte del debitore e la sua registrazione nei libri contabili possono valere come accettazione del credito contenuto in fattura.
- Credito certo, liquido ed esigibile: Il diritto di credito deve riguardare una somma di denaro determinata (liquida) e già scaduta/esigibile (non soggetta a termine o condizione sospensiva non verificata), oppure una quantità determinata di cose fungibili o la consegna di una cosa mobile specifica. Esempi: il mancato pagamento di una fattura alla scadenza, i canoni di locazione già maturati e non corrisposti, i contributi condominiali dovuti, gli onorari di un avvocato per una causa conclusa, la consegna pattuita di merce già prodotta e non contestata, ecc. Non è invece ottenibile un decreto ingiuntivo per crediti illiquidi o dipendenti da accertamenti giudiziali ulteriori – ad esempio il risarcimento di danni non previamente quantificati, la restituzione di un pagamento legata alla risoluzione di un contratto ancora da pronunciare, o in generale pretese che richiedono una sentenza costitutiva. Se il credito dipende da una prestazione non ancora eseguita dal creditore stesso (prestazione corrispettiva), occorre che il creditore abbia già adempiuto o offerto di adempiere la propria obbligazione, altrimenti manca il requisito dell’esigibilità. Ad esempio, Tizio non può ottenere ingiunzione per il pagamento del prezzo se non ha ancora consegnato la merce, salvo offrire la contestuale consegna. In taluni casi il creditore deve dichiarare nel ricorso di essere disposto ad accettare una prestazione parziale alternativa: l’art. 633 c.p.c. prevede che se si chiede la consegna di cose fungibili, il ricorrente deve dichiarare la somma di denaro che accetta in sostituzione (esempio: ingiunzione per consegna di 100 sacchi di grano, dichiarando di accettare €X in luogo del grano).
In aggiunta a questi requisiti principali, ci sono ulteriori condizioni specifiche da considerare:
- Competenza del giudice: Il ricorso va proposto all’ufficio giudiziario competente per valore e territorio. Generalmente è competente il giudice (Tribunale o Giudice di Pace) del luogo di residenza o domicilio del debitore, salvo competenze speciali (es. foro speciale previsto da contratto, materia di lavoro, obbligazioni da farsi in luogo determinato, ecc.). Per valore: il Giudice di Pace può emettere decreti ingiuntivi fino alla propria competenza per valore in cause civili (oggi €5.000 per le somme di denaro, salvo eccezioni), oltre a competenze specifiche. Il Tribunale ha competenza ordinaria per importi superiori. È importante individuare correttamente il giudice competente perché, se il decreto viene emesso da giudice incompetente, può essere opposto e annullato. Ad esempio, Cassazione ha chiarito che se in opposizione il giudice dichiara la propria incompetenza per valore, ciò comporta la revoca del decreto ingiuntivo opposto, con diritto dell’opponente alle spese di lite.
- Legittimazione attiva e passiva: Può chiedere decreto ingiuntivo chi è creditore di una somma certa liquida ed esigibile (anche un condominio per le quote condominiali, un professionista per la propria parcella, un’associazione o società per crediti contrattuali, ecc.). Può essere ingiunto chi è debitore di tale somma/obbligo. Possono essere più debitori (obbligazione solidale) o più creditori (creditori in solido, es. comproprietari che agiscono insieme). Nel caso di più debitori solidali, si può chiedere ingiunzione verso uno o tutti. È inoltre possibile ingiungere anche a eredi del debitore (per debiti ereditari) o a un garante che abbia obbligazione di pagamento (nei limiti del garante stesso). Nota: Se il debitore è un ente pubblico (P.A.), normalmente il decreto ingiuntivo è ammesso (non rientra nel divieto di azioni monitorie salvo specifici casi in contabilità pubblica). Occorre però notificare il ricorso e decreto all’Avvocatura dello Stato competente, se la P.A. ne ha il patrocinio obbligatorio.
- Ingiunzione su obblighi diversi dal pagamento di somme: Come visto, si può ingiungere anche la consegna di cose fungibili determinate (es. consegna di un quantitativo di beni) o di una cosa mobile specifica. In quest’ultimo caso, se la cosa non viene consegnata, il giudizio di opposizione o l’eventuale esecuzione forzata riguarderà quell’obbligo (esecuzione per consegna di cose). Non è invece ammesso decreto ingiuntivo per obblighi di fare infungibili o obblighi di astenersi: per quelli serve un giudizio ordinario o un provvedimento d’urgenza se ve ne sono i presupposti.
- Mancata contestazione del credito: Questo non è un requisito formale ma una valutazione pratica. In passato alcuni giudici erano riluttanti a concedere decreti ingiuntivi se risultava che il debitore avesse contestato il credito (ad esempio, con una lettera di reclamo sulla merce difettosa, o contestazione dell’onorario). La Riforma Cartabia ha chiarito che la mera contestazione del debitore non preclude il decreto se la contestazione è manifestamente infondata. Ciò significa che oggi un creditore può ottenere ingiunzione anche in presenza di contestazioni pretestuose o generiche da parte del debitore, rimettendo poi la decisione finale al giudizio di merito in caso di opposizione. In pratica, se i documenti a sostegno del credito sono solidi, il giudice può ritenere irrilevante una lettera di contestazioni generiche del debitore e emettere comunque il decreto (laddove invece, se le contestazioni rivelano una questione complessa sulla esistenza o ammontare del credito, il giudice potrebbe rigettare il ricorso ritenendo non “certo” il credito). Questa impostazione mira a velocizzare il recupero crediti anche in presenza di resistenze non fondate del debitore, lasciando all’eventuale fase di opposizione l’onere per il debitore di provare perché nulla è dovuto.
In sintesi, il procedimento monitorio è pensato per situazioni in cui, sulla carta, il diritto del creditore appare evidente e documentato, e quindi non necessita di un processo ordinario finché il debitore non sollevi formalmente una contestazione motivata (opposizione). Se il debitore non reagisce, l’ordine diviene definitivo rapidamente; se reagisce, si instaura un giudizio ordinario (di primo grado) dove si deciderà nel merito se il credito esiste o no.
Procedura pratica: come ottenere un decreto ingiuntivo
Vediamo ora passo per passo come si svolge la procedura per ottenere un decreto ingiuntivo, dal deposito del ricorso fino all’eventuale esecuzione:
1. Preparazione del ricorso per ingiunzione
Il ricorso è l’atto introduttivo con cui il creditore chiede al giudice l’emissione del decreto ingiuntivo. Deve essere redatto in forma scritta e contenere gli elementi previsti dall’art. 638 c.p.c. e seguenti. In particolare, un ricorso per decreto ingiuntivo conterrà:
- Intestazione all’autorità giudiziaria competente: es. “Tribunale Ordinario di [Nome Città]” oppure “Giudice di Pace di [Nome Città]”, a seconda della competenza. È fondamentale indicare correttamente l’ufficio giudiziario. (Vedi esempio pratico più avanti.)
- Dati delle parti: Il ricorrente (creditore) con generalità (nome, cognome/denominazione, C.F./P.IVA, residenza/sede) e il suo procuratore (avvocato con indicazione del foro e del numero di telefono/PEC se previsto), oltre alla elezione di domicilio digitale. Il convenuto ingiunto (debitore) con generalità e domicilio/residenza. Se il creditore agisce in rappresentanza (es. società rappresentata dal legale rappresentante, erede del creditore originario, procuratore, ecc.) va specificato.
- Oggetto della domanda: Si esplicita che si tratta di un ricorso ex artt. 633 ss. c.p.c. per ingiunzione di pagamento. Ad esempio: “Ricorso per decreto ingiuntivo di pagamento di €… oltre interessi”.
- Esposizione dei fatti e del titolo di credito: Una parte narrativa in cui il creditore spiega sinteticamente la causa del credito (es. fornitura di beni, prestazione professionale, mutuo, canoni locazione non pagati, etc.), allegando i riferimenti ai documenti probatori. Qui si indica la somma dovuta (capitale, interessi eventualmente maturati, altre voci se dovute) o la cosa da consegnare. Si possono numerare i documenti allegati (Doc. 1, Doc. 2, etc.) e descriverli (es: Doc.1: Fattura n. 123 del 01/02/2024 di €…, Doc.2: estratto autentico delle scritture contabili, Doc.3: contratto/ordine firmato dal debitore, ecc.). La chiarezza in questa fase è essenziale: bisogna dimostrare al giudice sulla base dei documenti che il credito è certo e scaduto.
- Richiesta al giudice (petitum): La parte conclusiva dove formalmente si chiede al giudice di emettere decreto. Di solito si formula così: “Chiede che l’Ill.mo Tribunale Voglia ingiungere a [debitore] di pagare in favore di [creditore] la somma di €X, oltre interessi al tasso… dal… fino al saldo, nonché le spese della presente procedura, entro 40 giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata.” Questa formulazione segue l’art. 641 c.p.c. sul contenuto del decreto.
- Eventuale istanza di provvisoria esecuzione ex art. 642 c.p.c.: Se ricorrono i presupposti, il creditore nel ricorso può chiedere espressamente che il decreto sia dichiarato provvisoriamente esecutivo nonostante l’eventuale opposizione del debitore. I casi previsti dalla legge (art. 642 c.p.c.) per ottenere ciò sin da subito sono: 1) il credito riguarda assegni, cambiali o altri titoli di credito o certificati di liquidazione di borsa, in cui la provvisoria esecuzione è obbligatoria; 2) quando vi è pericolo nel ritardo (il creditore deve motivare che, se deve attendere i tempi ordinari, rischia di perdere la garanzia del suo credito) – in questo caso il giudice può concedere esecuzione immediata ma normalmente dietro cauzione; 3) tradizionalmente, la giurisprudenza include tra i presupposti anche i crediti professionali per i quali vi sia un parere di congruità dell’ordine (es. parcella avvocato vistata dall’Ordine) come elemento che giustifica spesso l’esecutorietà immediata. Ad esempio, se un avvocato ingiunge il proprio cliente per onorari e allega il parere di congruità del Consiglio dell’Ordine, molti giudici concedono il decreto direttamente esecutivo. Nella richiesta si può formulare: “…e si chiede altresì che il decreto ingiuntivo venga dichiarato provvisoriamente esecutivo ex art. 642 c.p.c., ricorrendone i presupposti (in particolare… [qui si indica il motivo, ad es. ‘credito fondato su fattura autenticata e non contestata’ oppure ‘grave pregiudizio in caso di ritardo, attesa l’insolvenza del debitore’ etc.])”.
- Procura alle liti e relata di notifica: Tecnicamente la procura alle liti (mandato dell’assistito all’avvocato) può essere su foglio separato o in calce al ricorso. Nella prassi telematica, si allega il file della procura firmata dal cliente e la cosiddetta “relata di notifica” (in bianco, che verrà poi compilata dall’ufficiale giudiziario o dall’avvocato se notifica via PEC). La Riforma Cartabia impone la forma telematica, quindi la procura sarà digitale (firma digitale del cliente o firma autografa con scansione conforme).
Fac-simile esemplificativo di ricorso per decreto ingiuntivo:
(Di seguito proponiamo una traccia semplificata di un ricorso per decreto ingiuntivo, come esempio pratico. Questo modello va adattato al caso specifico: qui è un caso di fatture non pagate da una società cliente per fornitura di beni, con richiesta di interessi legali e provvisoria esecuzione.)
Tribunale Ordinario di Alfa
Ricorso ex artt. 633 ss. c.p.c. per decreto ingiuntivo
Ricorrente: Beta S.r.l., C.F. 12345678901, con sede in Alfa (MI), via Roma n.1, in persona del legale rapp.te pro tempore Sig. Mario Rossi, elettivamente domiciliata digitalmente presso l’avv. Carlo Verdi (PEC: carloverdi@ordineavvocati.it; Cod. fisc. VRDCL… ), che la rappresenta e difende giusta procura in calce al presente atto;
Contraente Debitrice: Gamma S.p.A., C.F. 09876543210, con sede in Beta (RM), via Milano n.20.
**Oggetto:** Recupero credito di €50.000,00 per forniture non pagate.
**Fatti e diritto:**
– Beta S.r.l. ha fornito a Gamma S.p.A. in data 10/01/2024 un lotto di materiali (descritti nella fattura n. 123 allegata) come da contratto di fornitura del 2023 (doc.2). La consegna è avvenuta regolarmente in data 12/01/2024 (DDT sottoscritto dal destinatario – doc.3).
– Gamma S.p.A. non ha corrisposto il prezzo pattuito di €50.000,00 entro la scadenza del 10/02/2024, come risulta dalla fattura elettronica n. 123 del 10/01/2024 (doc.1), trasmessa tramite SdI e da essa ricevuta senza alcuna contestazione. La fattura risulta annotata nelle scritture contabili di Beta S.r.l. (doc.4, estratto autentico del registro IVA vendite).
– Nonostante solleciti (raccomandata dell’1/03/2024 – doc.5), ad oggi il credito di €50.000,00 risulta insoluto. Si tratta di credito certo, liquido ed esigibile, comprovato da prova scritta ai sensi dell’art. 633 c.p.c. (fattura elettronica e documenti di consegna firmati).
– Beta S.r.l. ha interesse a recuperare celermente la somma, essendo Gamma S.p.A. risultata inadempiente anche verso altri fornitori (rischio di insolvenza). Pertanto, ricorrono i presupposti per concedere la **provvisoria esecuzione** ex art. 642 c.p.c., trattandosi di credito fondato su fattura non contestata e sussistendo pericolo nel ritardo.
**Per questi motivi,** Beta S.r.l., come sopra rappresentata, **chiede** che l’Ill.mo Tribunale di Alfa voglia ingiungere a Gamma S.p.A. di pagare in suo favore la somma di €50.000,00 oltre interessi legali dal 11/02/2024 sino al saldo e oltre alle spese e compensi della presente procedura, liquidate in decreto, **entro 40 giorni** dalla notifica del decreto ingiuntivo, **con avvertimento** che, in difetto, si procederà ad esecuzione forzata.
Si **chiede altresì** che il decreto ingiuntivo venga dichiarato **provvisoriamente esecutivo** ex art. 642 c.p.c. sin dalla notificazione, stante la natura del credito e l’urgenza illustrata.
Allega: doc.1 Fattura elettronica n.123/2024 (con ricevuta SdI); doc.2 Contratto di fornitura 2023; doc.3 DDT 10/01/2024 firmato; doc.4 Estratto notarile registri Beta; doc.5 Sollecito pag. 01/03/2024.
Luogo, data.
Avv. Carlo Verdi (firma digitale)
(Segue procura alle liti e successiva emissione del decreto da parte del giudice.)
Questo esempio mostra gli elementi chiave: l’indicazione delle parti, la descrizione del rapporto contrattuale e del credito con riferimenti ai documenti, la richiesta formale di ingiunzione di pagamento e l’eventuale clausola di esecutorietà immediata. Naturalmente, a seconda dei casi, la parte fattuale può essere più o meno complessa (ad es. se ci sono più fatture, se si tratta di interessi di mora ex d.lgs. 231/2002 per transazioni commerciali, se il credito è di lavoro con TFR, ecc., andranno adattate le richieste).
2. Deposito telematico del ricorso
Una volta redatto, il ricorso per decreto ingiuntivo deve essere depositato in cancelleria. Con la Riforma Cartabia e la generale digitalizzazione del processo civile, il deposito avviene obbligatoriamente in via telematica per tutti gli uffici giudiziari, incluso il Giudice di Pace. Già dal 2014 il deposito telematico era obbligatorio per i ricorsi monitori in Tribunale; la novità è che dal 30 giugno 2023 l’obbligo di deposito telematico è esteso anche ai procedimenti davanti al Giudice di Pace. Ciò significa che tutti gli atti del processo monitorio devono essere depositati tramite il Processo Civile Telematico (PCT), utilizzando i canali telematici ufficiali.
Come avviene il deposito telematico? L’avvocato del creditore prepara il fascicolo informatico tramite un redattore atti (software specifico, es. SLpct, Consolle Avvocato, etc.) creando una busta telematica contenente:
- Il ricorso in formato PDF testuale (convertito preferibilmente in PDF/A). Il documento deve essere firmato digitalmente dall’avvocato.
- La procura alle liti firmata (digitalmente o scansionata con attestazione di conformità se era cartacea).
- I documenti allegati: fatture, contratti, estratti di libri contabili, corrispondenza, ecc., anch’essi in PDF preferibilmente testuale o come scansioni, su cui l’avvocato appone la firma digitale come attestazione di conformità degli originali cartacei eventualmente (la normativa tecnica del PCT consente di dichiarare conformi le copie digitali).
- La nota di iscrizione a ruolo (nel PCT spesso è un campo compilabile o un modulo generato automaticamente dal redattore).
- La ricevuta di pagamento del contributo unificato e marche: il procedimento monitorio richiede il pagamento di un contributo unificato (importo dipende dal valore della causa, esente IVA) e di solito €27 di marca forfettaria per diritti. Nel deposito telematico, il pagamento può avvenire online (es. tramite il sistema PagoPA integrato) oppure allegando la scansione della marca e poi regolarizzando in cancelleria. Con la digitalizzazione, in molti tribunali si paga tutto telematicamente. Nota: In alcuni casi particolari il contributo non è dovuto (es: ingiunzioni di lavoro, se valore sotto €50 per Giudice di Pace, ecc.).
- Dati strutturati: il software chiederà di inserire i dati delle parti, il valore, l’oggetto, etc., che andranno a popolare i registri di cancelleria.
Una volta preparata la busta, l’avvocato la invia tramite la propria PEC all’indirizzo PEC del tribunale (il cosiddetto Punto di Accesso). Seguiranno 4 ricevute via PEC: accettazione, consegna, esito antivirus, esito controllo formale. Se tutto è corretto, il deposito viene accettato e il fascicolo risulterà iscritto a ruolo con un numero di RG (registro generale).
Per un cittadino non avvocato, è bene sapere che il deposito telematico può essere svolto solo da chi è dotato degli strumenti (firma digitale, registrazione ai servizi PCT). In linea generale, se il cittadino procede senza avvocato (casi rari, es. crediti sotto €1.100 davanti al Giudice di Pace, dove non è obbligatorio l’avvocato), può depositare cartaceamente o utilizzare eventualmente i servizi online del ministero (esiste un portale per il cittadino per ricorsi al GdP di ingiunzione e sanzioni, Portale dei Servizi Telematici – PST). Per importi piccoli < €1.100 il creditore può agire personalmente davanti al GdP e, secondo il Ministero, “il ricorso per decreto ingiuntivo al giudice di pace può essere presentato anche senza l’assistenza del legale se il valore della causa è inferiore a 1.100,00 €”, utilizzando appositi moduli. Tuttavia, nella pratica, l’uso di un avvocato è altamente consigliato anche in tali casi, data la complessità tecnica del deposito.
Dopo il deposito: La cancelleria verifica i pagamenti e la regolarità formale, poi passa il fascicolo al giudice designato. Il giudice esamina il ricorso e i documenti allegati. La legge prevede tempi piuttosto brevi: indicativamente entro 30 giorni il giudice deve pronunciarsi sul ricorso. In pratica, molti uffici riescono ad emettere il decreto anche in pochi giorni in caso di ricorsi completi e chiari, mentre in altri può volerci qualche settimana. La Riforma Cartabia ha introdotto un’ottica di maggiore celerità: ad esempio, l’art. 640 c.p.c. aggiornato implicitamente richiede al giudice di decidere senza indugio, e in alcuni tribunali è prassi calendarizzare l’evasione dei monitori entro il mese.
Il giudice ha tre possibili esiti all’esame del ricorso:
- Accoglimento: emette il decreto ingiuntivo come richiesto (integralmente o anche parzialmente se ritiene ad esempio qualche voce non dovuta).
- Rigetto: respinge il ricorso con decreto motivato. Ciò non preclude al creditore di ripresentare un nuovo ricorso correggendo magari i difetti, oppure di agire in via ordinaria. Il rigetto non è impugnabile, dato che non c’è contraddittorio; l’unica via è riprovare o citare in giudizio con causa ordinaria.
- Integrazioni o convocazione: il giudice, se ritiene che servano chiarimenti, può fissare udienza di comparizione del ricorrente (evento raro ma previsto dall’art. 640 comma 1 c.p.c.) o chiedere un’integrazione probatoria (art. 640 comma 2 c.p.c., ad esempio esibire l’originale di un documento, correggere un difetto di rappresentanza, ecc.). Dopo l’eventuale integrazione, deciderà.
Se il giudice accoglie, emetterà il decreto ingiuntivo vero e proprio. Questo documento conterrà:
- L’ingiunzione al debitore di pagare o consegnare quanto dovuto entro il termine di legge (di norma 40 giorni).
- L’avvertimento che il debitore può fare opposizione entro lo stesso termine e che, in mancanza di opposizione, il decreto diverrà esecutivo.
- La liquidazione delle spese legali del procedimento monitorio (contributo unificato, marca, compenso dell’avvocato secondo tariffa, solitamente a carico del debitore ingiunto).
- L’eventuale concessione della provvisoria esecuzione (se era stata chiesta e ritenuta fondata): in tal caso il decreto lo specificherà espressamente, autorizzando il creditore a procedere all’esecuzione immediatamente anche se il debitore fa opposizione (vedremo più avanti i dettagli su questo).
3. Notifica del decreto ingiuntivo al debitore
Una volta ottenuto il decreto, il creditore ha l’onere di notificarlo formalmente al debitore, insieme al ricorso e ai documenti allegati (il decreto deve essere notificato in forma integrale con il ricorso e l’atto di citazione in opposizione “in bianco” già predisposto). La notifica può essere eseguita:
- Tramite Ufficiale Giudiziario (mezzo tradizionale): l’avvocato prepara la relata di notifica e consegna l’atto all’Ufficiale Giudiziario per la notifica al debitore nei luoghi previsti (residenza, sede, PEC, ecc.).
- Direttamente dall’avvocato via PEC: oggi, per i destinatari che hanno un domicilio digitale obbligatorio (imprese, professionisti, pubbliche amministrazioni, e privati che abbiano eletto un domicilio PEC in registri pubblici), l’avvocato del creditore può notificare il decreto ingiuntivo a mezzo PEC ai sensi della L. 53/1994. In tal caso la notifica è immediata e si allega il ricorso con decreto in PDF firmato digitalmente e la relata di notifica in formato testo firmata digitalmente. La riforma Cartabia ha anche ampliato l’orario utile per notifiche via PEC: ora sono possibili h24 (con riferimento all’ora di invio e ricezione per stabilire la perfezione). Dunque, notificare via PEC a imprese o professionisti è spesso la via più rapida.
È fondamentale rispettare il termine di legge per la notifica: l’art. 644 c.p.c. stabilisce che il decreto ingiuntivo deve essere notificato entro 60 giorni dalla sua emissione (se la notifica va fatta in Italia; 90 giorni se all’estero), altrimenti perde efficacia. (Alcune fonti riportano 40 giorni, ma si riferiscono a termini previsti in situazioni particolari; il termine ordinario è 60 giorni per la notifica in Italia, prorogato a 90 per l’estero, come confermato dalla giurisprudenza). In caso di mancata notifica tempestiva, il decreto diventa inefficace e va richiesto nuovamente da capo. È possibile ottenere dal giudice una proroga dei termini di notifica in casi eccezionali (ad esempio, se il debitore risulta temporaneamente irreperibile e sono in corso ricerche).
La notifica segna per il debitore l’inizio del termine per adempiere o opporsi. Da quando il decreto viene notificato, il debitore ha generalmente 40 giorni per poter pagare o proporre opposizione (termine che il giudice indica nel decreto stesso, e che per legge non può essere inferiore a 40 giorni, ma potrebbe essere anche più lungo in casi particolari, ad esempio se il debitore è residente all’estero spesso si indicano 60 giorni per l’opposizione). Nel decreto ingiuntivo, il giudice può indicare un termine diverso da 40 giorni solo in ipotesi specifiche di legge (es. nelle ingiunzioni europee, o se una norma speciale lo prevede). Ad ogni modo, 40 giorni è la regola generale.
È importante notificare sia il ricorso che il decreto. Se la notifica manca del ricorso introduttivo o di eventuali allegati essenziali, l’ingiunzione potrebbe essere dichiarata nulla in caso di opposizione. Nella pratica, la copia notificata conterrà: il decreto firmato dal giudice, il ricorso con la relata di deposito e la procura alle liti, gli eventuali documenti (spesso si omettono gli allegati troppo voluminosi, indicando che sono a disposizione in cancelleria, ma i documenti fondamentali sarebbe bene allegarli sempre).
Novità introdotta dalla Riforma: quando l’opposizione viene proposta con atto di citazione (vedremo a breve), la legge riformata impone che contemporaneamente alla notifica al creditore opposto, l’ufficiale giudiziario depositi copia dell’atto di opposizione nel fascicolo d’ufficio del monitorio. Ciò serve a far risultare agli atti l’avvenuta opposizione. Questo onere ricade sull’ufficiale (o sull’avvocato notificante se via PEC, che dovrà depositare telematicamente la ricevuta). Anche se riguarda la fase di opposizione, lo citiamo qui perché è un meccanismo nuovo di raccordo tra notifica e cancelleria introdotto dal D.Lgs. 164/2024.
4. Il debitore di fronte al decreto ingiuntivo: opzioni entro 40 giorni
Una volta che il decreto ingiuntivo viene notificato, il debitore ingiunto ha essenzialmente tre possibilità entro il termine fissato (in genere 40 giorni):
- Pagare spontaneamente: Il debitore può decidere di adempiere pagando la somma ingiunta (capitale, interessi e spese legali indicate nel decreto) entro il termine. In tal caso, deve comunque pagare anche le spese liquidate dal giudice a favore del creditore (spese vive e onorario). Il pagamento estingue la questione; sarebbe opportuno poi che il debitore avvisasse il creditore/avvocato del pagamento effettuato. Il creditore a pagamento ricevuto può rilasciare una quietanza. Se il decreto era stato già iscritto a ruolo in esecuzione, il creditore dovrà fare atto di pignoramento negativo o rinuncia. Ma in fase monitoria, basta l’avvenuto pagamento: il decreto si considera soddisfatto e non serve andare oltre (sarà cura del creditore non iniziare esecuzione se ha avuto il pagamento). Non esiste un atto formale di “rinuncia al decreto” in caso di pagamento spontaneo; semplicemente il titolo non verrà usato coattivamente.
- Opporsi: Il debitore può ritenere ingiusto (in tutto o in parte) il pagamento richiesto e quindi può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 645 c.p.c. L’opposizione instaura un vero e proprio giudizio di merito tra creditore e debitore, davanti al giudice che ha emesso il decreto, per accertare se il credito esiste ed è dovuto. Approfondiremo a breve l’opposizione nella sezione successiva, perché la Riforma Cartabia ha innovato parecchio questa fase (in termini di modalità di introduzione del giudizio di opposizione e rito applicabile). In questa sede, basti dire che l’opposizione va proposta entro il termine di 40 giorni dalla notifica (salvo termini maggiori per estero, ecc.) mediante atto di citazione o ricorso a seconda dei casi, e che con l’opposizione non si perde il beneficio del termine: in altre parole, se il debitore propone opposizione, non è tenuto a pagare immediatamente e si passa al giudizio; tuttavia, se il decreto era stato dichiarato provvisoriamente esecutivo, il creditore può comunque iniziare l’esecuzione anche pendente l’opposizione, salvo che il giudice sospenda la provvisoria esecuzione (art. 649 c.p.c.).
- Non fare nulla (inerzia): Se il debitore lascia decorrere il termine senza né pagare né opporsi, il decreto ingiuntivo diviene definitivo. Tecnicamente, il creditore può chiedere apposizione della formula esecutiva decorso il termine, ma a seguito della riforma Cartabia questo passaggio è stato semplificato/abolito. Infatti, è stata eliminata la formula esecutiva: l’art. 475 c.p.c. è stato riformato e l’art. 476 c.p.c. abrogato, eliminando l’obbligo di munire il titolo della formula esecutiva per procedere a esecuzione. Pertanto, non occorre più richiedere al cancelliere il rilascio di copia esecutiva con la formula; il creditore può direttamente utilizzare la copia conforme del decreto ingiuntivo (o la stampa del provvedimento digitale attestata conforme) come titolo esecutivo una volta scaduto il termine di opposizione senza opposizione. Inoltre, non è più necessaria l’autorizzazione del Presidente del Tribunale per ottenere più copie esecutive (prima era richiesta per copie ulteriori oltre la prima, ex art. 476 c.p.c., ora abolito): il creditore può estrarre copie conformi a volontà, purché in possesso dell’originale o di copia conforme. Quindi, se il debitore non reagisce, il creditore passato il termine può procedere con la notifica del precetto e poi con il pignoramento. Il precetto è l’atto con cui si intima il pagamento entro almeno 10 giorni prima di iniziare l’esecuzione.
Riassumendo, dal punto di vista del debitore: ignorare il decreto ingiuntivo è estremamente rischioso perché lo trasforma in un titolo esecutivo definitivo, aprendo la strada a pignoramenti. Conviene o pagare (se si riconosce il debito) o attivarsi con un’opposizione (se si ha motivo di contestare il credito).
L’opposizione a decreto ingiuntivo dopo la Riforma Cartabia
L’opposizione a decreto ingiuntivo è l’atto con cui il debitore ingiunto (detto opponente) contesta il decreto e avvia un giudizio ordinario di cognizione contro il creditore (che in tale giudizio assume il ruolo di opposto). In pratica, l’opposizione trasforma il decreto ingiuntivo in una causa civile tra le stesse parti, volta ad accertare nel merito la sussistenza del credito. Da questo giudizio scaturirà una sentenza che confermerà, modificherà o annullerà il decreto ingiuntivo.
Forma dell’opposizione: atto di citazione o ricorso?
Prima della Riforma Cartabia, la regola era chiara: l’opposizione a decreto ingiuntivo si proponeva con atto di citazione notificato al creditore (art. 645 c.p.c. vecchio testo) e si incardinava un giudizio ordinario a tutti gli effetti. La Riforma Cartabia ha creato qualche incertezza iniziale, introducendo nuovi riti (in particolare il rito semplificato di cognizione per cause davanti al Giudice di Pace e alcune cause tribunali di minor complessità) e modificando in parte la formulazione delle norme. Vediamo la situazione attuale, alla luce anche del correttivo 164/2024 che ha chiarito definitivamente la questione.
- Opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale: Si propone con atto di citazione. L’art. 645 c.p.c. dopo il correttivo Cartabia recita: “L’opposizione si propone davanti all’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. L’atto introduttivo è notificato al ricorrente nei modi di cui all’articolo 638…”. Pur usando l’espressione generica “atto introduttivo”, per i decreti del tribunale ciò significa in pratica un atto di citazione (infatti il rinvio all’art. 638 c.p.c. è ai luoghi di notifica del ricorso monitorio). La conferma viene da interpretazioni autorevoli: “In caso di decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale, l’opposizione dovrà dunque essere proposta nella forma dell’atto di citazione, redatto ai sensi del nuovo art. 163 c.p.c.”. Dunque, se Tizio riceve un decreto ingiuntivo dal Tribunale di Milano, per opporsi dovrà far notificare un atto di citazione in opposizione a Caio (creditore) presso il suo indirizzo indicato nel ricorso (tipicamente lo studio del suo avvocato ex art. 638 c.p.c.). Entro quanto tempo? 40 giorni dalla notifica, salvo che il decreto stesso conceda un termine maggiore (mai minore di 40). L’atto di citazione in opposizione dovrà rispettare le formalità dell’art. 163 c.p.c. come modificato: quindi indicare il tribunale, le parti (attore = debitore opponente, convenuto = creditore opposto), i motivi specifici di opposizione (ossia le difese nel merito: perché non deve pagare o deve pagare meno), i documenti e mezzi di prova, il petitum (chiedere la revoca o modifica del decreto), la citazione a comparire a udienza fissa. La Riforma ha modificato i termini a comparire: oggi tra la notificazione della citazione e l’udienza devono esserci almeno 120 giorni liberi (150 se il convenuto risiede all’estero). Dunque, l’avvocato del debitore quando redige l’atto di citazione in opposizione, fissa un’udienza con un margine di almeno 4 mesi. Se fissa un’udienza troppo lontana (oltre i 120 giorni minimi di molto), il convenuto (creditore opposto) può chiedere di anticiparla, e il presidente del tribunale deve fissarla non oltre 30 giorni dopo la scadenza del termine minimo. Questo per evitare che l’opponente allunghi troppo i tempi fissando udienze lontane. In pratica, spesso si fissa a 130-150 giorni.
- Opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di Pace: Qui sta la novità più rilevante. La Riforma Cartabia ha introdotto per tutti i procedimenti davanti al Giudice di Pace il cosiddetto rito semplificato di cognizione (artt. 281-decies e segg. c.p.c.), che si avvia con ricorso e non con citazione (art. 316 c.p.c. come modificato). Pertanto, per i decreti ingiuntivi del Giudice di Pace si è posta la domanda: l’opposizione segue l’art. 645 (citazione) o le regole speciali del GdP (ricorso semplificato)? La soluzione emersa è che in tal caso l’opposizione va proposta con ricorso secondo le forme semplificate. In pratica, se un decreto ingiuntivo è stato emesso da un Giudice di Pace, l’opponente deve depositare in cancelleria del Giudice di Pace un ricorso in opposizione (ex art. 316 c.p.c.) contenente le proprie difese, e il Giudice di Pace fisserà l’udienza di comparizione con decreto (entro 30 giorni dal ricorso). Questa conclusione si basa sul fatto che per il Giudice di Pace la norma speciale (lex specialis) prevale: “ai sensi degli artt. 316 e 318 c.p.c., l’unico rito formalmente applicabile per i procedimenti pendenti dinanzi al Giudice di Pace è infatti quello semplificato”. Quindi, il debitore non deve notificare un atto di citazione al creditore, ma presentare un ricorso; sarà poi il giudice a disporre la notifica al creditore dell’atto di opposizione e del decreto di fissazione udienza. Il correttivo 2024 ha confermato questa doppia possibile forma, non caso l’art. 645 c.p.c. ora parla genericamente di “atto introduttivo”. Importante: questa distinzione vale per i decreti ingiuntivi emessi dopo l’entrata in vigore della Riforma (28/02/2023). In fase transitoria, se un Giudice di Pace aveva emesso un decreto prima della riforma e viene notificato dopo, potrebbero esserci stati dubbi. Ormai, al 2025, quasi tutti i decreti GdP rientrano nel nuovo rito. Dunque, ricapitolando:
- DI da Tribunale ⇒ opposizione con citazione (rito ordinario di cognizione).
- DI da Giudice di Pace ⇒ opposizione con ricorso (rito semplificato di cognizione GP).
- Opposizione in materia di lavoro o altri riti speciali: Se il decreto riguardava crediti di lavoro/previdenza (es. ingiunzione ex art. 636 c.p.c. per crediti di lavoro), l’opposizione seguirà il rito del lavoro (che è comunque introdotto con ricorso). Analogamente, decreti ingiuntivi inseriti in contesti particolari possono avere regole speciali. Un caso a parte: i decreti ingiuntivi su onorari di avvocato per prestazioni giudiziali seguono il rito sommario/speciale ex d.lgs. 150/2011 art. 14 in opposizione – su questo la Riforma ha trasformato il rito sommario in rito semplificato, ma comunque quell’opposizione era già da farsi con ricorso (essendo rito speciale). In pratica però, tali decreti spesso sono emessi dal tribunale, quindi l’opponente potrebbe percorrere la via ordinaria; c’è un lieve conflitto normativo, ma la legge speciale (d.lgs. 150/2011) prevede espressamente che l’opposizione a decreto ingiuntivo riguardante onorari di avvocato si faccia col rito di cui all’art. 14, quindi con ricorso. Comunque questi casi molto tecnici li segnaliamo per completezza: per un cittadino, sarà il suo avvocato a individuare il rito giusto.
Atto di opposizione: contenuto. L’opponente deve indicare, nell’atto di citazione o ricorso che sia, tutti i motivi di opposizione che intende far valere contro il decreto. Questo equivale alla “comparsa di risposta” di un convenuto in causa ordinaria, anzi è l’atto introduttivo stesso. È fondamentale sollevare subito tutte le contestazioni di merito (es. “non devo pagare perché la merce era difettosa”, “il calcolo degli interessi è sbagliato”, “ho già pagato una parte”, “il creditore era inadempiente” ecc.) e di procedura (es. “il decreto è nullo perché notificato senza ricorso”, “il giudice era incompetente” ecc.). Motivi non dedotti rischiano di essere preclusi. L’opposizione a decreto ingiuntivo, infatti, cumula la funzione di atto introduttivo e comparsa di risposta con eventuale domanda riconvenzionale. A differenza di una citazione ordinaria, qui l’attore sostanziale è il creditore ma in giudizio diventa convenuto; il debitore opponente assume la veste di attore formale. Questo a volte genera complicazioni su oneri probatori, ma la giurisprudenza dice che l’opposizione è una prosecuzione del procedimento: l’onere di provare il credito rimane al creditore opposto (con alcune attenuazioni se aveva un titolo di credito).
Costituzione del creditore opposto: Quando riceve l’atto di citazione in opposizione, il creditore deve costituirsi in giudizio come convenuto-opposto, depositando la propria comparsa di risposta entro i termini (di solito 70 giorni prima dell’udienza, essendo citazione a 120+ giorni; se l’opposizione è con ricorso GdP, si costituirà all’udienza depositando comparsa). Egli può anche proporre nuove domande (nei limiti consentiti, es. interessi maturati ulteriormente, oppure domanda riconvenzionale ad esempio per danni). Nella sostanza, il giudizio di opposizione si svolgerà come un normale processo di primo grado.
Svolgimento del giudizio di opposizione
Dopo la corretta instaurazione dell’opposizione, il decreto ingiuntivo non perde immediatamente efficacia, ma viene “sospeso” in attesa dell’esito del giudizio:
- Se il decreto non era provvisoriamente esecutivo, il creditore non può eseguire forzatamente finché pende il giudizio. Deve attendere la sentenza finale.
- Se il decreto era provvisoriamente esecutivo, il creditore può procedere con l’esecuzione anche durante il giudizio di opposizione (ad esempio pignorare beni del debitore). Tuttavia il debitore opponente può chiedere con un’istanza al giudice dell’opposizione di sospendere la provvisoria esecuzione per gravi motivi (art. 649 c.p.c.). Il giudice decide con ordinanza sulla sospensione. La Riforma non ha cambiato quest’aspetto, se non semplificando che l’istanza di sospensione può essere fatta anche come richiesta nel corpo dell’atto di opposizione e decisa rapidamente.
Il giudizio può seguire due riti differenti:
- Rito ordinario di cognizione (davanti al Tribunale) se opposizione con citazione. Si terrà la prima udienza ex art. 183 c.p.c., possibilità di trattazione scritta o orale a seconda dei casi. La Riforma Cartabia ha introdotto per il rito ordinario delle scadenze perentorie per le memorie istruttorie e ha eliminato il “tentativo obbligatorio di conciliazione” che in passato apriva l’udienza di prima comparizione (ora semmai la conciliazione è sempre facoltativa ma incoraggiata). Il giudice, se l’opponente non compare alla prima udienza, potrà confermare il decreto ingiuntivo con ordinanza, altrimenti si procederà come causa normale.
- Rito semplificato di cognizione (davanti al Giudice di Pace, o eventualmente Tribunale se mai l’opposizione rientrasse in casi di rito semplificato): in questo rito, introdotto con ricorso, il giudice fissa già l’udienza di comparizione e in quella formula i quesiti alle parti e invita a prendere posizione in forma scritta su di essi, poi passa alla decisione con una sorta di ordinanza o sentenza semplificata. Questo rito è più snello e pensato per cause minori. L’opposizione in GdP sicuramente segue tale rito; in tribunale normalmente no, a meno che per materia rientri in quelli del 281-decies (ma di solito l’opposizione monitoria tribunale è rito ordinario).
Mediazione obbligatoria in caso di opposizione: Una novità importante apportata dalla Riforma Cartabia (D.lgs. 149/2022) riguarda la mediazione civile nei procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo. Prima vi era incertezza: se il credito rientrava in materia soggetta a mediazione obbligatoria (es. contratti bancari, locazioni, condominio, assicurazione, ecc.), bisognava fare mediazione prima di chiedere il decreto? Molti ritenevano di no, perché il procedimento monitorio è sommario e urgente. La riforma ha introdotto l’art. 5-ter D.lgs. 28/2010 (ex art. 5-bis, numerazione variata) che dispone chiaramente che la mediazione non è condizione di procedibilità per la domanda monitoria, ma diventa obbligatoria dopo in caso di opposizione. In sostanza: il creditore può ottenere il decreto ingiuntivo senza tentare mediazione preventiva; se però il debitore propone opposizione su materia che sarebbe mediabile (es. un decreto ingiuntivo per parcelle mediche, oppure per affitto non pagato – locazione è materia di mediazione – oppure banca), allora nella fase di opposizione scatta l’obbligo di avviare la mediazione. E la legge pone tale onere a carico del creditore opposto (colui che ha richiesto il decreto). Il giudice, alla prima udienza di opposizione, verifica se la materia è tra quelle di mediazione obbligatoria; in tal caso invita le parti a iniziare la procedura di mediazione. Il creditore (opposto) deve presentare la domanda di mediazione entro 15 giorni (termine di rito). Se non lo fa, il giudice ne trae conseguenze (improcedibilità dell’opposizione, che in pratica rende definitivo il decreto). Questa norma è pensata perché: a) non si voleva rallentare l’ingiunzione immediata; b) ma se nasce la lite (opposizione), prima di impegnare il giudice, si tenta la conciliazione. Esempio: Alfa ottiene decreto ingiuntivo contro Beta per onorari di un avvocato (materia esclusa da mediazione per equo compenso? altro esempio: condominio quote). Beta fa opposizione. Ora, siccome la materia condominiale è soggetta a mediazione, Alfa (creditore) deve attivare la mediazione entro 15 gg dalla prima udienza. Se Alfa non lo fa, il giudice potrà dichiarare improcedibile l’opposizione di Beta? In realtà, essendo condizione di procedibilità della domanda principale (il credito di Alfa), la sanzione colpirà il decreto stesso: in pratica il giudice dovrebbe revocare il decreto per improcedibilità della pretesa di Alfa (anche se formalmente è l’opponente Beta che ha interesse a far valere la mancata mediazione). Attenzione: L’onere è sul creditore perché è lui che deve spiegare le ragioni del credito in mediazione (logico che chi chiede soldi motivi). Quindi i creditori che ottengono decreti in materie mediabili devono ricordarsi di attivarsi in caso di opposizione.
Esito dell’opposizione
Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si conclude con una sentenza (oppure con un’ordinanza definitoria se rito semplificato, che comunque vale come sentenza). Le possibili decisioni del giudice sono:
- Rigetto dell’opposizione: significa che il giudice conferma il decreto ingiuntivo. In tal caso, il decreto diventa esecutivo definitivamente (se già non lo era) e il debitore soccombente dovrà pagare il dovuto oltre alle spese legali del giudizio di opposizione. La sentenza che rigetta l’opposizione può talvolta contenere una condanna aggiuntiva se nel frattempo sono maturati interessi o altre somme; ma generalmente conferma l’importo ingiunto. Il debitore opponente può appellare questa sentenza come qualsiasi sentenza di primo grado.
- Accoglimento totale dell’opposizione: il giudice revoca il decreto ingiuntivo ritenendo infondato il credito. In questo scenario, il decreto è come se non fosse mai esistito; se il creditore aveva già eventualmente iniziato un’esecuzione in virtù di provvisoria esecutorietà, dovrà restituire quanto eventualmente ottenuto (con interessi) e pagare le spese all’opponente. Anche qui la sentenza è appellabile dal creditore (che vorrà insistere per il suo credito).
- Accoglimento parziale: il giudice potrebbe ritenere fondato il credito in misura minore. Esempio, ingiunzione per €10.000, ma in giudizio risulta che €2.000 erano già stati pagati; il giudice riduce il dovuto a €8.000 e così decidendo “accoglie parzialmente l’opposizione e, per l’effetto, revoca in parte il DI opposto, ingiungendo il pagamento del minor importo di…”. In sostanza il decreto viene sostituito/modificato dalla sentenza, che costituisce il nuovo titolo esecutivo per la somma ridotta. Anche le spese saranno regolate dal giudice tenendo conto della soccombenza parziale.
In qualunque caso, con la decisione di merito il decreto ingiuntivo “esaurisce” la sua funzione: dopo, il titolo per l’esecuzione (se il creditore risulta vincitore in toto o in parte) diviene la sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva. Il decreto non opposto, invece, non avendo sentenza, rimane esso stesso titolo definitivo.
Opposizione tardiva (art. 650 c.p.c.): Va menzionata la possibilità, per il debitore, di fare opposizione anche dopo scaduto il termine di 40 giorni, solo se prova di non aver avuto tempestiva conoscenza del decreto per irregolarità nella notifica o cause di forza maggiore. L’opposizione tardiva va proposta entro 10 giorni dal primo atto di esecuzione compiuto dal creditore (esempio: il debitore scopre il decreto quando gli notificano un pignoramento, allora entro 10 giorni può fare opposizione tardiva). La Riforma non ha toccato questa norma, ma una sentenza importante delle Sezioni Unite (Cass. SS.UU. n. 9479/2023) ha chiarito alcuni aspetti in materia di consumatori e clausole abusive. In particolare, se la mancata conoscenza tempestiva è dovuta a una clausola contrattuale nulla (tipo domicilio eletto in contratto poco trasparente), la tardiva opposizione è ammessa anche oltre i 10 giorni, perché si tutela il consumatore. Sono casi peculiari: per la guida pratica, basti sapere che se il debitore scopre tardi l’ingiunzione per notifica viziata, può chiedere al giudice di potersi opporre tardivamente.
Efficacia esecutiva del decreto ingiuntivo e provvedimenti del giudice
Uno dei punti chiave per il creditore che ottiene un decreto ingiuntivo è capire quando può procedere all’esecuzione forzata (pignoramento) contro il debitore. Normalmente, un decreto ingiuntivo non diventa esecutivo immediatamente alla sua emissione, ma:
- Se non viene proposta opposizione entro il termine (40 giorni), allora diventa esecutivo allo spirare di quel termine (art. 647 c.p.c.). Prima della riforma questo veniva formalizzato dal giudice con il decreto di esecutorietà, ora come visto non serve più la formula esecutiva: basta l’attestazione del cancelliere che non è stata presentata opposizione, per procedere direttamente con l’esecuzione.
- Se invece viene proposta opposizione, il decreto di per sé non è esecutivo (a meno che non fosse già stato dichiarato tale dal giudice). Quindi l’opposizione tempestiva sospende l’esecutorietà fino alla sentenza, salvo eccezioni.
Provvisoria esecutorietà al momento dell’emissione (art. 642 c.p.c.): Come già accennato, il creditore in alcuni casi può ottenere che il decreto ingiuntivo sia immediatamente esecutivo, cioè valido per iniziare il pignoramento senza aspettare 40 giorni. I casi tipici:
- Titoli di credito: se il credito si fonda su cambiale, assegno bancario o circolare, certificato di liquidazione di borsa, ecc., il giudice deve concedere la esecutorietà immediata (è obbligatoria per legge).
- Pericolo nel ritardo: se c’è il rischio concreto che il creditore, aspettando, non riesca più a soddisfarsi (ad esempio il debitore sta alienando beni, o è in grave dissesto), il giudice può concedere l’esecutorietà immediata. Spesso però viene subordinata a cauzione (una garanzia che il creditore deve depositare, poi restituita se vince, persa se perde).
- Crediti da lavoro: la legge non lo prevede automaticamente, ma in prassi i giudici concedono spesso esecutorietà ai decreti ingiuntivi per stipendi non pagati, TFR, ecc., vista la natura alimentare.
- Crediti professionali con parcella approvata: anche qui, benché l’art. 642 non lo citi espressamente, è consolidata prassi di molti tribunali di rilasciare decreti provvisoriamente esecutivi se l’avvocato o altro professionista ha prodotto il parere di congruità dell’Ordine di appartenenza o un contratto firmato dal cliente. Di fatto equiparano questo a una sorta di riconoscimento di debito.
La Riforma Cartabia non ha modificato l’art. 642 c.p.c. in modo sostanziale, ma ha esteso la portata delle prove scritte (includendo ad es. le fatture elettroniche) che possono convincere il giudice a dare esecutorietà. Inoltre, come evidenziato prima, ha chiarito che eventuali contestazioni infondate non impediscono l’esecutorietà.
Provvisoria esecuzione in pendenza di opposizione (art. 648 c.p.c.): Se il decreto non era stato dichiarato esecutivo all’origine, il creditore opposto durante il giudizio di opposizione può chiedere al giudice di concedere l’esecutorietà nonostante l’opposizione. L’art. 648 c.p.c. prevede che in prima udienza di trattazione, il giudice istruttore possa concedere esecuzione provvisoria al decreto, se l’opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione. Questo in pratica significa: se il debitore in opposizione non porta elementi documentali molto solidi a sua discolpa, il giudice può decidere che, in attesa della sentenza, il creditore può intanto procedere ad esecuzione. Ad esempio, se il debitore oppone solo dichiarazioni orali, senza alcuna ricevuta di pagamento o altro di tangibile, il giudice potrebbe concedere l’esecuzione provvisoria al creditore.
Novità dal correttivo 2024: per evitare dubbi interpretativi sull’espressione “provvedendo in prima udienza” che alcuni ritenevano impedisse di decidere prima, è stato aggiunto un comma all’art. 648 c.p.c. che consente al giudice, su istanza del creditore e in caso di urgenza, di pronunciarsi anche prima della prima udienza sulla concessione della provvisoria esecuzione, sentite le parti. Quindi il creditore può chiedere in opposizione un’anticipazione della decisione sull’esecutorietà, ad esempio depositando istanza motivata appena riceve l’opposizione. Il giudice può fissare un’apposita udienza o trattare con scambio di note, pur di decidere celermente sulla provvisoria esecuzione senza attendere la prima udienza ordinaria (che magari è fissata a mesi di distanza). Questa modifica tutela il creditore, permettendogli di agire subito se ci sono ragioni di urgenza specifiche (ad esempio il debitore sta dilapidando beni).
Sospensione dell’esecuzione (art. 649 c.p.c.): Dal lato opposto, come detto, il debitore opponente se il decreto era esecutivo, può chiedere la sospensione. La riforma non ha cambiato quest’articolo, quindi resta discrezione del giudice sospendere o meno. In pratica, se l’opponente presenta motivi seri e prova scritta a suo favore, il giudice è più propenso a sospendere l’efficacia esecutiva del decreto fino alla sentenza.
Abolizione della formula esecutiva: Ripetiamo qui perché cruciale: dal 2023 non occorre più la formula esecutiva sui decreti ingiuntivi (né su sentenze). Quindi, quando il decreto diventa definitivo, per procedere col precetto basta ottenere una copia conforme (anche scaricata dal polisweb con attestazione di conformità dell’avvocato). Non serve più rivolgersi in cancelleria per far apporre la frase “In Nome del Popolo…” ecc. Questo velocizza l’inizio dell’esecuzione. Inoltre, si possono fare copie esecutive multiple liberamente. Questa semplificazione è stata introdotta per eliminare un collo di bottiglia burocratico che causava ritardi.
Decreto ingiuntivo definitivo come titolo esecutivo: Se il decreto non è opposto o l’opposizione è rigettata, il decreto (o la sentenza che lo conferma) è un titolo esecutivo giudiziale. Il creditore notificherà al debitore un atto di precetto (intimazione a pagare entro almeno 10 gg) e, in mancanza, potrà iniziare il pignoramento dei beni (mobili, immobili, crediti verso terzi, ecc. a seconda dei casi). La presenza di un decreto ingiuntivo definitivo evita al creditore di dover discutere ancora del merito in sede esecutiva: si passerà direttamente all’espropriazione forzata dei beni del debitore.
Spese legali: Le spese del procedimento monitorio (ricorso) sono liquidate nel decreto stesso. Se segue opposizione, le spese dell’opposizione saranno liquidate nella sentenza finale. È possibile che al termine del giudizio le spese dell’ingiunzione iniziale vengano riviste: ad esempio, se il debitore vince l’opposizione, non solo il creditore perde, ma il giudice tipicamente pone a carico del creditore opposto le spese di entrambi i gradi (opposizione e monitorio), potendo revocare la precedente liquidazione. Le Sezioni Unite (Cass. SU 19302/2015) posero il principio che in caso di revoca del decreto, vanno stornate anche le spese del monitorio perché la domanda monitoria è risultata infondata.
Differenze tra decreto ingiuntivo ordinario e decreto ingiuntivo europeo
Accanto al procedimento d’ingiunzione nazionale disciplinato dal c.p.c., esiste un procedimento sovranazionale per la riscossione di crediti transfrontalieri nell’Unione Europea: l’ingiunzione di pagamento europea (European Order for Payment). Questo strumento è regolato dal Regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento Europeo e Consiglio, applicabile in tutti gli Stati membri UE (tranne la Danimarca) e consente di ottenere un decreto ingiuntivo valido in tutta l’UE.
Vediamo le principali differenze e caratteristiche:
- Ambito di applicazione: L’ingiunzione europea si utilizza per crediti pecuniari civili e commerciali transfrontalieri non contestati. “Transfrontaliero” significa che almeno una parte ha domicilio in uno Stato membro diverso da quello dell’autorità giudiziaria adita. Ad esempio, un’azienda italiana vanta un credito verso un cliente in Francia – può richiedere un’ingiunzione europea anziché rivolgersi al tribunale francese o usare i meccanismi di Bruxelles I. Il procedimento europeo è facoltativo: il creditore può scegliere se usarlo o seguire le vie ordinarie (decreto ingiuntivo italiano e poi riconoscimento all’estero del titolo).
- Autorità competente: Il regolamento lascia agli ordinamenti nazionali individuare quali giudici emettono l’ingiunzione europea. In Italia, sono competenti gli stessi giudici che sarebbero per un decreto ingiuntivo ordinario sul medesimo credito (Tribunale o GdP per valore). Spesso si concentra presso i tribunali. La domanda si può presentare allo stesso ufficio dove si potrebbe fare ingiunzione ordinaria, purché ci sia elemento estero e giurisdizione italiana secondo norme UE (Bruxelles I-ter). Non esiste un tribunale europeo unico, ogni Stato applica tramite propri giudici.
- Modulo standard e assenza di avvocato?: Il procedimento europeo prevede moduli standardizzati predisposti dal Regolamento (Modulo A per la domanda, modulo E per l’ingiunzione, ecc.). Il creditore compila il modulo indicando le parti, l’importo, la causa del credito e dichiarando che è dovuto. Non è strettamente richiesta l’assistenza di un legale, in teoria. Tuttavia, se in Italia il valore supera €1.100 (competenza GdP senza avvocato), serve comunque un avvocato per stare in tribunale. Quindi in pratica, per crediti sopra €5.000 l’ingiunzione europea in Italia vedrà coinvolto un avvocato.
- Prova del credito: Una grande differenza è che non è necessario allegare prove scritte nel procedimento europeo. Basta descrivere il credito. Il giudice emette l’ingiunzione europea basandosi sulle informazioni fornite, salvo che ritenga la domanda manifestamente infondata o irricevibile. Invece nell’ingiunzione italiana serve prova scritta convincente. Ciò significa che la soglia per ottenere un’ingiunzione europea è più bassa; però se il debitore la oppone, si andrà a un giudizio ordinario dove poi le prove serviranno.
- Notifica e lingue: L’ingiunzione europea emessa (utilizzando il Modulo E) va notificata al debitore preferibilmente in una lingua che capisce (il modulo prevede traduzioni). Il debitore ha 30 giorni per fare opposizione (termine fisso UE). La notifica spesso avviene per posta con ricevuta o altri mezzi ammessi transfrontalieri.
- Opposizione del debitore: Se il debitore presenta atto di opposizione (anche senza dover motivare dettagliatamente) entro 30 giorni, il procedimento europeo si chiude e, a scelta del creditore indicata nel modulo iniziale, il caso viene rinviato al giudice competente come processo civile ordinario nazionale oppure termina lì. Ad esempio, il creditore italiano nel modulo A può aver dichiarato: “in caso di opposizione intendo proseguire secondo il procedimento civile ordinario italiano” – allora l’opposizione determina l’avvio di un giudizio davanti allo stesso tribunale secondo le regole italiane. Se invece non l’aveva chiesto, l’opposizione chiude la procedura senza risultato, e il creditore dovrà valutare di agire per vie ordinarie separate.
- Mancata opposizione: Se il debitore non fa opposizione entro 30 giorni, l’ingiunzione europea diventa esecutiva. L’autorità emittente rilascia un attestato di esecutorietà (modulo G del Regolamento). A quel punto, l’ingiunzione europea è riconosciuta come titolo esecutivo in tutti gli Stati UE senza bisogno di delibazione. Il creditore potrà portarla direttamente all’ufficiale giudiziario in un altro paese per eseguire. Ad esempio, l’azienda italiana con ingiunzione europea contro il debitore francese, se non c’è opposizione, ottiene il titolo esecutivo europeo e può farlo valere in Francia senza passare da un giudice francese (grazie al Regolamento Bruxelles I-ter che elimina exequatur).
- Differenze pratiche: L’ingiunzione europea è utile quando il debitore sta in altro Stato: evita al creditore di dover capire la procedura locale di quel paese. Può applicare la sua e poi far valere il titolo. Di contro, se il debitore non paga volontariamente e oppone, il creditore si troverà a litigare in tribunale comunque (o nel proprio Stato o in quello del debitore a seconda della competenza sulla causa di merito). Talvolta, i creditori preferiscono il decreto ingiuntivo italiano anche contro esteri, e poi farlo valere col Regolamento 1215/2012 (exequatur abolito, ma serve ottenere un certificato di titolo esecutivo europeo ex art. 53). Entrambe le strade sono percorribili.
- Costi: L’ingiunzione europea ha costi simili a un monitorio nazionale (contributo unificato in base al valore, spese legali se avvocato). Il recupero delle spese segue principi analoghi: se il debitore non si oppone, in genere il debitore dovrà pagare spese indicate nell’ingiunzione. Se oppone e si va a giudizio, la sentenza finale deciderà le spese.
In sintesi, l’ingiunzione europea è uno strumento aggiuntivo, più snello sul fronte probatorio (basta l’affermazione del credito) ma con un termine di opposizione più breve (30 giorni) e l’efficacia multinazionale. Per un avvocato, la scelta tra procedura europea o nazionale dipende da vari fattori: localizzazione delle parti, trattati e convenzioni, valutazione sulla probabilità di opposizione, ecc.
Decreto ingiuntivo europeo vs ordinario – tabella di confronto:
- Giudice competente: ordinario = giudice italiano territorialmente competente; europeo = giudice designato dallo Stato membro (in Italia, analogamente per competenza interna).
- Forma domanda: ordinario = ricorso scritto libero; europeo = modulo standard.
- Prova richiesta: ordinario = prova scritta del credito; europeo = non richiesta allegazione prove (solo descrizione).
- Termine opposizione: ordinario = 40 giorni (minimo); europeo = 30 giorni fissi.
- Effetti mancata opposizione: ordinario = titolo esecutivo nazionale definitivo; europeo = titolo esecutivo riconosciuto in UE senza exequatur.
- Opposizione e rito successivo: ordinario = si apre giudizio di merito nazionale (già in atto); europeo = si apre giudizio ordinario secondo legge indicata (potrebbe anche essere trasferito in altro Stato se competenza era altrove).
- Utilità: ordinario = ottimo se debitore in Italia, o se comunque si preferisce procedura domestica; europeo = utile per debitori UE esteri, evitando procedure di riconoscimento successive.
Va sottolineato che il decreto ingiuntivo europeo non ha sostituito quello nazionale, ma coesiste come opzione. Un creditore italiano con debitore estero potrebbe benissimo usare il decreto ingiuntivo italiano e poi il Regolamento Bruxelles I per far eseguire all’estero (che richiede un certificato e la traduzione del provvedimento). In molti casi, se il debitore ha beni in Italia, conviene comunque il decreto italiano. Se ha solo beni fuori, l’ingiunzione europea è un ottimo strumento.
Crediti particolari: professionali e commerciali (peculiarità)
Alcune tipologie di crediti presentano regole o prassi specifiche nel contesto dei decreti ingiuntivi. Esaminiamo due categorie di frequente interesse: i crediti dei professionisti (avvocati, ingegneri, notai, medici, etc.) per le loro prestazioni d’opera, e i crediti commerciali tra imprese (B2B) o verso la Pubblica Amministrazione.
Crediti professionali (onorari di avvocati ed altri)
Quando un professionista iscritto ad un Albo (es. avvocato, commercialista, architetto, ecc.) deve riscuotere il compenso per la sua attività, il decreto ingiuntivo è spesso lo strumento elettivo. Vi sono alcune particolarità:
- Parcella e liquidazione: Gli avvocati e altri professionisti tradizionalmente accompagnano la richiesta di decreto con la parcella delle prestazioni. Ad esempio, l’avvocato dettaglia le attività svolte e l’onorario dovuto secondo i parametri ministeriali. In passato (prima della abolizione delle tariffe minime), occorreva il visto di congruità del Consiglio dell’Ordine sull’elenco delle prestazioni (per avvocati, art. 636 c.p.c.). Oggi non è più obbligatorio il parere dell’Ordine per presentare ricorso monitorio, ma averlo può aiutare a convincere il giudice. Molti tribunali richiedono ancora un qualche riscontro: o un contratto scritto di compenso col cliente, oppure il parere di congruità dell’Ordine. Con la Riforma Cartabia e la legge sull’Equo compenso (L. 49/2023), è stata valorizzata la procedura amministrativa per il recupero degli onorari: l’art. 7 di tale legge prevede che il professionista può farsi rilasciare dall’Ordine un parere di congruità sui compensi e tale parere, se non opposto dal cliente, diventa titolo esecutivo direttamente. In pratica: invece di fare subito decreto ingiuntivo, l’avvocato può chiedere all’Ordine di emettere un provvedimento che attesta che quell’importo è equo; notificarlo al cliente; se entro 40 giorni il cliente non fa opposizione in tribunale, quel parere vale come se fosse una sentenza (titolo esecutivo). Se il cliente si oppone, la causa si svolge davanti al tribunale competente con il rito di cui all’art. 14 d.lgs.150/2011 (cioè quello – ora semplificato – per la liquidazione giudiziale degli onorari). Questa è una novità del 2023 che offre un percorso alternativo al decreto ingiuntivo vero e proprio. Tuttavia, molti professionisti potrebbero continuare a usare il decreto ingiuntivo standard, specie se hanno già un accordo scritto col cliente.
- Competenza per gli onorari di avvocato: C’è una particolarità di competenza: se l’avvocato ingiunge il cliente per onorari di causa, la competenza territoriale è dello stesso ufficio giudiziario presso cui ha svolto la prestazione (art. 14 d.lgs. 150/2011). Es. avvocato di Roma ha difeso cliente in causa a Milano, per i suoi onorari dovrà rivolgersi al Tribunale di Milano (non Roma). Quindi attenzione al foro competente in materia di onorari legali.
- Provvisoria esecuzione quasi automatica: In molti decreti ingiuntivi per onorari, i giudici concedono ex art. 642 la provvisoria esecuzione quando la parcella è stata approvata dall’Ordine o accettata dal cliente. Ciò perché considerano il credito documentato e ritengono il professionista meritevole di tutela rapida. Ad esempio, un decreto ingiuntivo per onorari avvocato di €5.000 spesso esce già esecutivo, specie se accompagnato da parere di congruità o da un accordo firmato col cliente (tipo patto di quota lite, lettera di incarico firmata con importi, etc.).
- Opposizione su onorari: Se il cliente oppone il decreto, come accennato, c’è un rito speciale: tutte le controversie su compensi di avvocati vanno trattate con il rito ex art. 14 d.lgs.150/2011, che ora è rito semplificato. Ciò implica che l’opposizione in questi casi andrebbe fatta con ricorso (anche se il decreto fu emesso dal tribunale), perché la norma speciale prevale. È una eccezione alla regola vista sopra (Tribunale – citazione), dovuta alla specialità della materia.
- Altre professioni: Per altri professionisti (commercialisti, ingegneri, medici per prestazioni private, etc.), non c’è un rito speciale post opposizione, quindi valgono le regole generali (ad es. parcella ingegnere – decreto dal tribunale – opposizione con citazione standard). Ma anch’essi possono sfruttare la legge equo compenso se applicabile (che riguarda compensi verso committenti forti come imprese grandi e PA, per contratti standard).
- Equo compenso e titolo esecutivo: Riassumendo l’innov*(continua da sopra sui crediti professionali…)* La novità della legge Equo compenso 2023 rende quindi il parere di congruità un’alternativa al decreto ingiuntivo: se non c’è opposizione in 40 giorni, il parere diventa direttamente titolo esecutivo come se fosse un decreto ingiuntivo non opposto. Se invece c’è opposizione, si apre un giudizio, ma con il rito specialissimo previsto (art. 14 d.lgs.150/2011, ora semplificato monocratico invece che collegiale). Questa procedura vale non solo per avvocati ma per tutte le professioni ordinistiche coperte dalla legge (ingegneri, commercialisti, ecc., purché in ambito equo compenso). Resta ferma la possibilità per il professionista di scegliere di procedere direttamente con decreto ingiuntivo, soprattutto se dispone già di un accordo scritto sul compenso.
In ogni caso, quando un professionista agisce con decreto ingiuntivo, è bene che alleghi il più possibile: il conferimento dell’incarico firmato dal cliente, eventuali fatture o notule firmate, e preferibilmente il parere di congruità o la delibera di approvazione della parcella da parte del Consiglio dell’Ordine (quest’ultima non obbligatoria ma utile). Così il giudice avrà elementi per emettere prontamente il decreto anche provvisoriamente esecutivo.
(Esempio pratico: l’Avv. X ottiene un decreto ingiuntivo di €3.000 contro il cliente Y per una causa civile. Al ricorso allega la copia della convenzione di negoziazione assistita firmata dal cliente con l’obbligo di pagamento degli onorari, e la parcella dettagliata visata dal Consiglio dell’Ordine. Il Tribunale emette decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. Il cliente non si oppone entro 40 giorni: l’avvocato può procedere a pignorare lo stipendio del cliente. Se invece il cliente avesse fatto opposizione contestando l’entità dell’onorario, il giudizio si sarebbe svolto col rito speciale dell’art.14 d.lgs.150/2011, con eventuale sentenza del Tribunale – appellabile in Corte d’Appello – sui compensi dovuti.)
Crediti commerciali (tra imprese e verso P.A.)
Per crediti commerciali si intendono tipicamente somme dovute a fronte di transazioni tra imprese o tra un’impresa e una Pubblica Amministrazione, come fornitura di beni, appalti, prestazioni di servizi. In questi casi, il decreto ingiuntivo è lo strumento classico di recupero. Ci sono alcune particolarità normative da considerare:
- Interessi moratori speciali: Nel B2B (business to business) si applica il D.Lgs. 9 ottobre 2002 n. 231 (attuazione di direttive UE sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali). Questo decreto prevede che, salvo patto diverso, se un credito commerciale non è pagato entro la scadenza, maturano interessi moratori legali maggiorati (tasso BCE + 8 punti percentuali, aggiornato ogni semestre) e un importo forfettario di €40 a titolo di risarcimento minimo dei costi di recupero. Quindi, nel ricorso per decreto ingiuntivo, l’azienda creditrice potrà chiedere non solo il capitale, ma anche gli interessi ex d.lgs.231/2002 dal giorno successivo alla scadenza fattura, nonché €40 (o più, se i costi di recupero superano quella cifra) come indennizzo supplementare. Spesso i giudici ingiungono questi accessori come da legge, purché invocati.
- Fatture elettroniche come prova: Dal 2019 in Italia tutte le transazioni tra imprese (e verso PA) sono documentate da fattura elettronica attraverso il Sistema di Interscambio dell’Agenzia Entrate. Come già detto, il correttivo 2024 ha stabilito che la fattura elettronica trasmessa via SdI costituisce prova scritta sufficiente ai fini dell’ingiunzione, equiparata alla fattura con annotazione contabile cartacea. Questo semplifica molto le cose: prima alcune corti richiedevano l’“estratto notarile delle scritture contabili” dell’impresa creditrice (ossia un notaio certificava che dai libri contabili risultava il credito) se la fattura era un documento unilaterale. Ora non è più necessario: la fattura B2B non contestata è di per sé un valido documento su cui basare un decreto ingiuntivo. Naturalmente, se il debitore ha contestato per iscritto la fornitura (es. merce difettosa) prima, il giudice può valutare se rifiutare il decreto; ma come visto può anche emetterlo se ritiene la contestazione pretestuosa.
- Foro competente: Nei rapporti commerciali spesso esistono clausole contrattuali di foro competente o arbitrato. Se c’è una clausola di arbitrato, non si può fare decreto ingiuntivo (perché la controversia non è di competenza del giudice ordinario, salvo forse chiedere un provvedimento d’urgenza in certi casi). Se c’è una clausola di foro esclusivo, il ricorso monitorio va presentato al tribunale concordato (la clausola di foro vale anche per il monitorio). Per le imprese, è frequente il foro del creditore o debitore come da condizioni generali.
- Debitore pubblico (P.A.): Le imprese spesso vantano crediti verso Pubbliche Amministrazioni (es. forniture a ospedali, enti locali, ministeri). Il decreto ingiuntivo contro una P.A. è certamente ammissibile, con due accorgimenti: 1) va notificato, oltre che all’ente, anche all’Avvocatura Distrettuale dello Stato competente (ex art. 144 c.p.c. se l’ente è difeso ope legis dall’Avvocatura); 2) se il decreto diventa esecutivo, per riscuotere potrebbero esserci dei limiti (ad esempio, alcuni crediti verso enti locali sono pignorabili solo in parte sui tesorieri). Inoltre per le P.A., il D.Lgs.231/2002 fissa termini di pagamento standard (30 giorni o 60 in casi particolari) superati i quali scattano gli interessi moratori. Non di rado, la P.A. non oppone il decreto ma può tardare a pagare: il creditore dovrà in ultima istanza pignorare le somme presso il tesoriere dell’ente.
- Transazione debitoria: In alcuni casi il debitore commerciale ammette il debito ma chiede tempo. Attenzione: se il creditore accetta di dare più tempo formalmente, potrebbe interrompere la possibilità di procedere con decreto ingiuntivo immediato. Spesso però si ricorre a riconoscimenti di debito (il debitore firma un piano di rientro); quel riconoscimento diventa ulteriore prova per l’ingiunzione se poi il debitore non rispetta il piano.
- Ulteriori costi e danni: Fuori dal d.lgs.231, il creditore commerciale può chiedere nel ricorso anche eventuali penali contrattuali per il ritardo, se previste, o il risarcimento di danni ulteriori (però se i danni non sono liquidi, non si prestano al monitorio – meglio limitarlo a somme certe). Ad esempio, se c’è una clausola che per ogni giorno di ritardo si paga una certa somma, quella è liquida e si può ingiungere.
In generale, per crediti commerciali è buona prassi allegare al ricorso:
- Il contratto o ordine da cui nasce l’obbligo di pagamento.
- Le fatture emesse.
- Eventuali DDT (documenti di trasporto) o prove di consegna della merce.
- La corrispondenza di sollecito e l’eventuale mancata contestazione del debitore (es. email di sollecito rimaste senza risposta, o risposte vaghe).
In tal modo il giudice vedrà che il debitore non ha validi motivi per non pagare.
(Esempio pratico: La società Alfa SRL fornisce 10 computer alla Beta SRL. Beta non paga la fattura di €5.000 entro 60 giorni come da accordo. Alfa chiede decreto ingiuntivo, allegando il contratto firmato, la bolla di consegna firmata dal magazziniere di Beta e la fattura elettronica inviata. Il giudice emette decreto per €5.000 + interessi moratori ex d.lgs.231/02 (attualmente ~8% annuo) dal giorno successivo la scadenza fattura + €40. Beta SRL, in difficoltà finanziarie, non si oppone e non paga. Dopo 40 giorni, Alfa notifica precetto includendo gli interessi maturati (qualche decina di euro) e procede a pignorare il conto corrente di Beta per recuperare il dovuto.)
Domande frequenti (FAQ)
D: Quanto tempo ci vuole per ottenere un decreto ingiuntivo?
R: In molti casi è piuttosto rapido. Una volta depositato il ricorso, il giudice dovrebbe emettere il decreto entro 30 giorni. Nella pratica, i tempi variano da ufficio a ufficio: ci sono tribunali che emettono il decreto in pochi giorni (se la documentazione è completa), altri che impiegano qualche settimana o mese se sono oberati. L’avvocato può monitorare il fascicolo telematico per vedere quando il decreto viene firmato. In media, possiamo dire qualche settimana. È comunque molto più veloce di una citazione ordinaria (dove la prima udienza è a mesi di distanza). Attenzione: questi tempi riguardano l’ottenimento del decreto. Se poi il debitore fa opposizione, si apre un processo che può durare anche anni come un normale giudizio civile.
D: Ho davvero bisogno di un avvocato per fare un decreto ingiuntivo?
R: Nella stragrande maggioranza dei casi, sì, serve l’avvocato. Il decreto ingiuntivo è un atto giudiziario per cui la legge richiede il ministero di un legale, tranne in poche eccezioni: di regola, davanti al Giudice di Pace per cause di valore fino a €1.100 una parte può stare senza avvocato. Quindi, se ad esempio un privato deve farsi pagare €800 da un altro privato, teoricamente potrebbe presentare da solo ricorso per decreto ingiuntivo al Giudice di Pace. Esiste un servizio online del Ministero per aiutare in questi depositi minori. Tuttavia, a parte importi minimi, è consigliabile farsi assistere da un avvocato esperto: questi saprà indicare se il credito ha i requisiti, preparerà correttamente l’atto e gestirà eventuali opposizioni. Davanti al Tribunale è obbligatorio avere un avvocato (tranne il caso in cui il creditore sia egli stesso avvocato che si rappresenta da solo – ammesso per legge). Dunque, per crediti sopra €1.100 o per qualsiasi pratica complessa, bisogna incaricare un legale.
D: Qual è il costo di un decreto ingiuntivo?
R: Ci sono alcune voci di costo:
- Il contributo unificato: tassa di iscrizione a ruolo, variabile secondo il valore del credito. Ad esempio, credito fino a €1.100 = €43; fino a €5.200 = €98; fino a €26.000 = €237; fino a €52.000 = €518; e così via a scaglioni (importi attuali). Se il decreto viene opposto, non si paga un nuovo contributo per la causa di opposizione (si considera assolto con il monitorio).
- La marca da bollo da €27 per diritti forfettari di notifica telematica (nei tribunali; al GdP è inferiore).
- L’onorario dell’avvocato: dipende dalla tariffa professionale e dall’importo del credito. Orientativamente, potrebbe essere qualche centinaio di euro per crediti piccoli, fino a diverse migliaia per crediti molto alti, secondo i parametri forensi. La buona notizia per il creditore è che il giudice, nel decreto, di solito pone le spese a carico del debitore: liquida quindi un importo per rifondere il contributo, le marche e un onorario base. Quindi, se si riesce a riscuotere dal debitore, questi dovrà pagare anche (in tutto o in parte) le spese legali. Se però il debitore rimane insolvente, il creditore resta caricato dei costi sostenuti (si può portare a perdita fiscale eventualmente).
- Eventuali spese di notifica: la notifica via PEC fatta dall’avvocato è praticamente gratuita. La notifica tramite Ufficiale Giudiziario ha un costo variabile (di solito tra €20 e €40 a seconda della distanza e delle modalità, più eventuali spese postali). Anche queste spese di notifica vengono poi poste a carico del debitore nel decreto.
D: Cosa succede se il debitore, ricevuto il decreto ingiuntivo, non paga entro 40 giorni?
R: Se non paga né fa opposizione entro il termine, il decreto ingiuntivo diventa definitivo ed esecutivo. A quel punto il creditore può procedere con la fase esecutiva: il primo passo è notificare un atto di precetto, che è un ultimatum di pagamento entro almeno 10 giorni. Se neanche il precetto sortisce effetto, si può passare al pignoramento dei beni del debitore. Il pignoramento può essere immobiliare (sui suoi immobili), mobiliare (su beni mobili o denaro), presso terzi (es. pignorare stipendio presso il datore di lavoro, conti correnti in banca, crediti verso clienti, ecc.). Il decreto ingiuntivo definitivo vale come un giudicato: non si può più contestare il merito in fase esecutiva. Il debitore può solo al massimo opporre irregolarità nella forma del precetto/pignoramento, ma non può più discutere se doveva quei soldi o no (salvo casi eccezionali di opposizione tardiva, visti sopra, se proprio non era a conoscenza per motivi gravi). Quindi, il creditore con un decreto non opposto ha un titolo molto forte in mano. La riuscita dell’esecuzione dipenderà dall’esistenza di beni aggredibili: se il debitore è nullatenente o fallito, purtroppo il titolo resterà insoddisfatto. Ma il decreto ingiuntivo permette anche di iscrivere ipoteca giudiziale sui beni del debitore (ad esempio su un immobile, per cautelarsi prima ancora di pignorare).
D: E se invece il debitore fa opposizione?
R: In tal caso, come spiegato, si apre un vero giudizio civile tra le parti. Il decreto ingiuntivo non viene eseguito (salvo fosse esecutivo) e bisogna attendere l’esito finale. Il creditore diventa convenuto nel giudizio di opposizione. Egli dovrà dimostrare la bontà del suo credito presentando le prove; il debitore potrà presentare le sue difese e prove contrarie. Si potrebbe arrivare a una sentenza dopo magari 1-2 anni (dipende dal tribunale, se c’è appello ecc.). Se il creditore vince, otterrà una sentenza di condanna (che conferma il decreto) e potrà poi eseguire quella. Se il debitore vince, il decreto viene annullato e nulla è dovuto (magari con condanna del creditore alle spese). Durante il giudizio è possibile che le parti trovino un accordo transattivo: ad esempio, il debitore paga parzialmente o a rate e il creditore rinuncia alla causa. In tal caso, si può fare una conciliazione in giudizio o semplicemente il creditore rinuncia al decreto ingiuntivo e il debitore accetta (con accordo sulle spese), formalizzando il tutto in un verbale davanti al giudice o in una scrittura privata. Dunque l’opposizione porta a una causa, ma lascia spazio anche a soluzioni concordate in corso di causa, come qualsiasi causa civile.
D: Posso oppormi solo in parte a un decreto ingiuntivo?
R: Sì. L’opposizione può essere parziale. Ad esempio, se il decreto ingiuntivo ingiunge €10.000 e il debitore riconosce di doverne €6.000 ma contesta €4.000, può pagare spontaneamente i €6.000 (magari informando il creditore) e proporre opposizione limitatamente al resto. Nel giudizio di opposizione dichiarerà di aver già pagato una parte (il giudice ne terrà conto) e discuterà solo sul residuo. È anche possibile che nel corso dei 40 giorni il debitore faccia un pagamento parziale: questo non impedisce l’opposizione per il rimanente. Anzi, è consigliabile documentare nell’atto di opposizione l’avvenuto pagamento parziale così da restringere l’oggetto del contendere. Se invece il debitore paga l’intero importo dopo la notifica, tecnicamente sarebbe privo di interesse ad opporsi (perché ha soddisfatto la pretesa, a meno che voglia contestare comunque e chiedere la restituzione – caso raro). Quindi, opposizione parziale è ammessa e frequente.
D: In caso di decreto ingiuntivo europeo, il debitore estero come può opporsi?
R: Il decreto ingiuntivo europeo (ingiunzione UE) contiene anch’esso le istruzioni per l’opposizione: il debitore deve inviare una dichiarazione di opposizione (anche senza motivi dettagliati) entro 30 giorni all’autorità che ha emesso l’ingiunzione (indicata nel modulo). Può farlo in lingua accettata dall’autorità (idealmente la lingua del decreto). Una volta inviata l’opposizione, il procedimento europeo si blocca. Poi si seguirà il corso normale indicato: se il creditore aveva richiesto prosecuzione in caso di opposizione, si aprirà un giudizio ordinario nel paese competente. Altrimenti la procedura si chiude. Nel caso di un debitore che riceve un’ingiunzione europea da un altro paese, conviene sempre attivarsi entro 30 giorni inviando l’opposizione (ci sono moduli appositi anche per l’opposizione). Se si lascia scadere, quell’ingiunzione diventa esecutiva e verrà riconosciuta anche dinnanzi ai giudici del suo paese senza possibilità di difesa sul merito. In sintesi: l’opposizione a un’ingiunzione UE è più semplice (non serve avvocato per scrivere due righe di opposizione al modulo), ma va inviata tempestivamente.
D: Un decreto ingiuntivo può incidere sul casellario giudiziale o sui miei “record”?
R: No, il decreto ingiuntivo è un atto civile, non penale. Non compare nel casellario giudiziale (che registra condanne penali). Tuttavia, il fatto di avere un decreto ingiuntivo a proprio carico potrebbe risultare in alcune banche dati creditizie se sfocia in pignoramenti (ad esempio, le esecuzioni immobiliari sono pubbliche, e i protesti riguardano cambiali/assegni). Ma non esiste un “registro pubblico dei decreti ingiuntivi” consultabile per vedere se Tizio ne ha subiti. La cancelleria tiene traccia nei propri archivi interni. Solo le parti coinvolte e i loro avvocati possono accedere al fascicolo. Dunque, un decreto ingiuntivo non costituisce reato né illecito; è un evento della vita civile. Naturalmente, se uno subisce molti decreti ingiuntivi significa che ha molte morosità: indirettamente, questo potrebbe emergere nella sua storia creditizia (ad esempio banche o fornitori potrebbero venirne a conoscenza se i decreti poi sfociano in cause note).
D: Se il debitore fallisce durante la procedura, cosa succede al decreto ingiuntivo?
R: Se il debitore viene dichiarato fallito (o liquida in concordato) dopo che il decreto ingiuntivo è già diventato definitivo, il creditore deve interrompere le azioni esecutive individuali e insinuare il proprio credito nel fallimento. Il decreto ingiuntivo, in quanto titolo definitivo, fa fede dell’esistenza del credito, ma il soddisfacimento avverrà secondo le regole concorsuali (verosimilmente parziale). Se invece il fallimento interviene mentre pende l’opposizione (o entro i termini per opporsi), la situazione si complica: l’opposizione è sospesa e il credito verrà trattato nell’accertamento del passivo fallimentare. Il decreto ingiuntivo non definitivo non ha valore di cosa giudicata, quindi nel passivo potrebbe essere contestato dal curatore. In sintesi, il fallimento sposta la partita sul tribunale fallimentare. Per il creditore, avere un decreto ingiuntivo può comunque aiutare come prova del credito nello stato passivo. Va segnalato al curatore e al giudice delegato tempestivamente.
D: Differenza tra un decreto ingiuntivo e una cartella esattoriale (o ingiunzione fiscale)?
R: Il decreto ingiuntivo è disposto da un giudice su istanza di un privato o ente per crediti di natura privatistica (contratti, fatture, ecc.). La cartella esattoriale o l’ingiunzione fiscale sono invece atti amministrativi emessi da enti di riscossione (Agenzia Entrate Riscossione, Comuni, ecc.) per crediti di natura tributaria o sanzioni (tasse, multe). La cartella non richiede l’intervento di un giudice per essere emessa; deriva da un ruolo esattoriale formato dall’ente creditore pubblico. Per opporsi a una cartella, il cittadino deve fare un ricorso in commissione tributaria o al giudice competente entro termini brevi. Quindi sono procedimenti distinti: se devi riscuotere un credito privato, non puoi emettere una cartella, devi passare dal giudice con un decreto ingiuntivo. Viceversa, se ricevi un decreto ingiuntivo per una somma, non è una multa o tassa: è un creditore privato (o un ente pubblico ma per obblighi contrattuali) che agisce contro di te.
D: Un decreto ingiuntivo può essere impugnato in appello?
R: Il decreto ingiuntivo in sé non è appellabile perché è un provvedimento emesso senza contraddittorio. Lo strumento ordinario di impugnazione è l’opposizione (che dà luogo al giudizio di primo grado vero e proprio). Solo dopo che c’è una sentenza sull’opposizione si potranno fare appello e Cassazione come in ogni causa. Se il debitore non fa opposizione nei termini, il decreto passa in giudicato e non c’è più modo di impugnarlo nel merito. L’unica possibilità residua sarebbe un’azione di revocazione straordinaria (es. se si scopre un fatto decisivo occultato dolosamente, o falsità di prove, etc.) ma è estremamente raro e complicato, perché deve passare da un giudizio e non sospende intanto l’esecutività. Quindi, o ci si oppone entro 40 giorni, oppure il decreto diventa definitivo. Anche il creditore non ha appello: se il giudice rigetta il ricorso monitorio, non c’è appello, deve semmai fare una causa ordinaria ex novo. Se invece il giudice accoglie e il debitore oppone, e il creditore vince in sentenza di primo grado (opposizione rigettata), allora il debitore può fare appello contro la sentenza; se il debitore vince in primo grado (opposizione accolta e decreto revocato), il creditore può fare appello. L’appello riguarderà la sentenza di opposizione, non più direttamente il decreto.
D: Si può chiedere un decreto ingiuntivo per un credito prescritto?
R: No, se il credito è prescritto (cioè è decorso il termine di prescrizione senza atti interruttivi) il giudice dovrebbe rigettare il ricorso perché il diritto non è più esigibile. Spesso però la prescrizione è eccezione di parte: in sede monitoria il giudice potrebbe anche non accorgersene e emettere il decreto. In tal caso sarà compito del debitore opporsi eccependo che il credito era prescritto. Se ha ragione, il decreto verrà revocato. Quindi, il creditore farebbe male a chiedere un decreto su un credito prescritto: rischia solo di pagare spese. Diverso è se la prescrizione è quasi maturata: ad esempio, un credito con prescrizione di 5 anni arrivato al 4° anno e 11 mesi senza pagamento – in tal caso il creditore può depositare ricorso monitorio per interrompere la prescrizione (il ricorso e poi il decreto notificato interrompono il termine). Dunque il decreto ingiuntivo è spesso utilizzato anche per interrompere la prescrizione in extremis ed evitare che il tempo scada.
Riferimenti normativi e giurisprudenziali 🔎
- Codice di Procedura Civile – Artt. 633–656 c.p.c.: disciplina del procedimento per ingiunzione (condizioni, forma del ricorso, decreto, opposizione, ecc.). Disponibile su: Gazzetta Ufficiale (R.D. 28/10/1940 n.1443) aggiornato alle modifiche Cartabia. Si vedano in particolare: art. 633 (condizioni di ammissibilità), art. 638 (luoghi di notificazione), art. 640 (provvedimenti del giudice sul ricorso), art. 641 (contenuto del decreto e termine per opposizione), art. 642 (provvisoria esecuzione su richiesta), art. 644 (termine per notificare il decreto), art. 645 (forma e termine dell’opposizione, modificato dal D.Lgs. 164/2024), art. 648 (esecuzione provvisoria in pendenza di opposizione, nuovo co.3 inserito dal correttivo 2024), art. 649 (sospensione in opposizione), art. 650 (opposizione tardiva), art. 653 (esecutorietà del decreto non opposto), art. 654 (esecutorietà parziale).
- Decreto Legislativo 10 ottobre 2022 n. 149 (Riforma Cartabia – processo civile): ha innovato il procedimento civile, inclusi i monitori. G.U. n.243 del 17/10/2022. Di rilievo: abolizione formula esecutiva (abrogazione art. 476 c.p.c.), introduzione del rito semplificato per Giudice di Pace (modifica art. 316 c.p.c.), nuove norme su anticipazione udienza ex art. 163-bis c.p.c., modifica mediazione obbligatoria (inserimento art. 5-ter D.Lgs. 28/2010 per opposizione a ingiunzione). Vedi: Relazione illustrativa Riforma Cartabia 2022.
- Decreto Legislativo 31 ottobre 2024 n. 164 (Primo correttivo Riforma Cartabia): in vigore dal 26/11/2024. G.U. n.261 del 8/11/2024. Ha chiarito e integrato varie disposizioni: formulazione dell’art. 645 c.p.c. (opposizione con “atto introduttivo” generico), aggiunta co.3 art. 648 c.p.c. (istanza anticipata di provvisoria esecuzione in urgenza), riconoscimento fattura elettronica quale prova scritta ex art. 634 c.p.c., estensione termini a comparire a 120 gg e rimedi per udienza tardiva (art. 645 co.2 riflette art. 163-bis). Fonte: Diritto.it, “Correttivo Cartabia in vigore”.
- D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28 (Mediazione civile e commerciale), art. 5-ter: introdotto dalla Riforma Cartabia (ex art. 5-bis) disciplina l’obbligo di mediazione nelle opposizioni a decreto ingiuntivo. G.U. n.53 del 5/03/2010, mod. da D.Lgs. 149/2022. Prevede che l’onere di promuovere mediazione in caso di opposizione spetti al creditore opposto e che la mediazione va avviata dopo la pronuncia sull’eventuale esecutorietà (non prima del ricorso).
- Legge 21 aprile 2023 n. 49 (Disposizioni in materia di equo compenso delle professioni regolamentate): G.U. n.104 del 5/05/2023. L’art. 7, co.1–3 introduce la possibilità per i professionisti di ottenere un parere di congruità dal proprio Ordine sui compensi, il quale, se non opposto in 40 giorni, ha valore di titolo esecutivo anche per le spese e diritti accessori. L’opposizione va proposta dal cliente dinanzi al tribunale competente secondo il rito di cui all’art. 14 d.lgs.150/2011. Ciò crea un percorso alternativo al decreto ingiuntivo per il recupero degli onorari.
- D.Lgs. 1 settembre 2011 n. 150, art. 14: Rito per la liquidazione giudiziale dei compensi professionali ad avvocati. Stabilisce che le controversie ex L. 794/1942 (onorari avvocati) e relative opposizioni a decreti ingiuntivi in materia di onorari forensi sono regolate dal rito sommario (ora semplificato). La Riforma Cartabia ha aggiornato il termine “sommario” in “semplificato” e reso monocratico il tribunale. Cass. Sez. Unite 4485/2018 ha chiarito che tutte le domande di pagamento di avvocati verso clienti rientrano in questo rito speciale, escludendo il ricorso al rito ordinario. Questo significa che se un avvocato ottiene decreto ingiuntivo per parcella giudiziale e il cliente oppone, l’opposizione deve seguire art.14 d.lgs.150/11 (ricorso, e trattazione ex art.281-decies c.p.c. post-riforma).
- D.Lgs. 9 ottobre 2002 n. 231 (Attuazione direttiva UE su ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali): G.U. n.249 del 23/10/2002. Rilevante per i crediti commerciali, in quanto all’art. 3 prevede il diritto ad interessi moratori automatici (tasso BCE + maggiorazione) dal giorno successivo alla scadenza, e all’art. 6 un importo minimo di €40 per i costi di recupero. Tali somme possono essere richieste nel decreto ingiuntivo senza necessità di prova del danno (sono di diritto). Le direttive 2011/7/UE e 2014/55/UE hanno rafforzato queste tutele. Vedi anche: art. 1284 c.c. (tasso legale) per crediti civili non commerciali.
- Regolamento (CE) n. 1896/2006 del 12 dicembre 2006 che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento: ha introdotto l’ingiunzione di pagamento europea utilizzabile creditori/debitori in Stati diversi. GU L 399 del 30/12/2006, pag.1. Prevede modulistica standard (Allegati dal mod. A al mod. G), termine di 30 giorni per opposizione e libera circolazione dell’ingiunzione non opposta come titolo esecutivo europeo. Si vedano: art. 7 (contenuto della domanda ingiunzione UE), art. 16 (opposizione del convenuto entro 30 giorni), art. 18 (effetti dell’opposizione – prosecuzione in rito ordinario), art. 19 (riesame in casi eccezionali). Modificato dal Reg. (UE) 2015/2421 (che ha semplificato alcuni moduli). Fonte: Eur-Lex (principio di piena prova della fattura accettata, in analogia con art. 2720 c.c.).
- Regolamento (UE) n. 1215/2012 (Bruxelles I rifusione): GU L 351 del 20/12/2012. Rilevante perché consente il riconoscimento ed esecuzione delle decisioni giudiziarie civili tra Stati membri senza exequatur. Un decreto ingiuntivo italiano definitivo può essere portato in altro Stato UE accompagnato dal certificato ex art. 53 Reg.1215/2012 rilasciato dal tribunale, per procedere a esecuzione là. Alternativo all’uso del Reg.1896/2006. Facilita la riscossione transfrontaliera dei crediti.
- Principali sentenze di riferimento:
- Cass., Sezioni Unite, 13/04/2018, n. 4485: ha sancito che le controversie in materia di compensi professionali di avvocato devono essere trattate con il rito di cui all’art. 14 d.lgs.150/2011, escludendo la proponibilità con rito ordinario. Conferma la specialità del procedimento di opposizione in tali casi.
- Cass., Sezioni Unite, 06/04/2023, n. 9479: in tema di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. ha introdotto un’interpretazione estensiva a tutela del consumatore. Ha stabilito che, se il decreto ingiuntivo è stato notificato al consumatore in forza di una clausola contrattuale abusiva (es. domicilio eletto non chiaro), il termine di 10 giorni dell’opposizione tardiva non decorre rigidamente. In sostanza, il consumatore-debitore può opporsi tardivamente anche oltre i 10 giorni dal primo atto esecutivo, superando i limiti di cui all’art. 650 c.p.c., quando ciò sia necessario per garantire tutela da clausole vessatorie. Principio di diritto di grande rilevanza in materia consumeristica e di compatibilità con direttive UE.
- Cass. civ., Sez. II, 08/02/2024, n. 3581: fondamentale sulla valenza probatoria delle fatture non contestate. Ha statuito che la fattura commerciale, se annotata nelle scritture contabili del debitore e da questi non contestata tempestivamente, costituisce riconoscimento di debito con valore di confessione stragiudiziale. Ciò implica che in un’opposizione a decreto ingiuntivo, il giudice deve attribuire piena efficacia probatoria alla fattura accettata, facilitando la conferma del decreto. Rientra nel solco dell’art. 2720 c.c. (efficacia confessoria delle dichiarazioni contra se).
- Cass. civ., Sez. III, 13/02/2023, n. 4330: ha confermato, nella confusione post-riforma, che l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale va proposta con atto di citazione ex art. 645 c.p.c. (nel testo ante correttivo), rigettando l’idea di utilizzare il ricorso sommario per il tribunale. Decisione poi recepita dal legislatore nel correttivo 164/2024 (che parla ora di “atto introduttivo notificato”).
- Cass. civ., Sez. VI-III, 07/06/2023, n. 15988: ha chiarito che se in sede di opposizione a decreto ingiuntivo il giudice dichiara incompetenza per valore e rimette le parti al giudice competente, deve contestualmente dichiarare la nullità e revoca del decreto ingiuntivo opposto e condannare l’opposto alle spese. Questo per evitare che il decreto non revocato possa far titolo. Il credito andrà riproposto integralmente al giudice competente.
- Cass. civ., Sez. I, 17/03/2016, n. 5363: (non sopra menzionata, ma significativa) ha affermato che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, qualora l’opponente decada dalla prova testimoniale per non averla indicata nei termini, il decreto può essere confermato se il credito dell’opposto risulta provato dai documenti, sottolineando la natura di “somma urgenza” del monitorio.
- Tribunale di Venezia, linee guida 2023: (prassi) ha suggerito che per i decreti ingiuntivi richiesti dopo il 28/02/2023 al Giudice di Pace, l’opposizione vada proposta con ricorso (fonte interna: Trib. Venezia, linee guida post-riforma), confermando l’orientamento poi recepito normativamente.
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