Hai ottenuto un finanziamento agevolato con la Nuova Sabatini ma ora non riesci più a pagare le rate?
Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in tutela legale delle imprese e gestione dei debiti da incentivi pubblici – è pensata proprio per chi si trova in difficoltà dopo aver beneficiato della misura.
Scopri cosa succede in caso di mancato pagamento delle rate, quali sono i rischi concreti per la tua azienda, se si perde il contributo statale e come difendersi da eventuali richieste di revoca o recupero forzoso.
Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza personalizzata, valutare la tua situazione e intervenire legalmente con il supporto di professionisti specializzati in debiti aziendali e agevolazioni pubbliche.
Nuova Sabatini: Cosa Succede Se Non Pago Le Rate Del Finanziamento? Guida di Studio Monardo
La Nuova Sabatini – formalmente “Beni Strumentali (Nuova Sabatini)” – è un’agevolazione statale che supporta le piccole e medie imprese (PMI) nell’acquisto di macchinari, impianti, attrezzature e tecnologie, tramite finanziamenti bancari agevolati e contributi statali in conto interessi. Ma cosa accade se l’impresa beneficiaria non paga le rate di rimborso del finanziamento? In questa guida tecnico-giuridica aggiornata ad aprile 2025, analizzeremo in dettaglio:
- Come funziona la Nuova Sabatini (struttura del finanziamento, requisiti, agevolazioni, erogazione e rimborso);
- Le conseguenze giuridiche e amministrative del mancato pagamento delle rate, distinguendo tra inadempimenti lievi e gravi;
- Le normative rilevanti (decreti attuativi MIMIT, leggi di bilancio, circolari operative) aggiornate al 2025;
- La giurisprudenza recente (TAR, Consiglio di Stato, giudici civili) in tema di revoca dei contributi e sanzioni per inadempienza;
- Alcune simulazioni pratiche di casi in diversi settori (industria, artigianato, agricoltura, innovazione tecnologica, servizi) riguardanti imprese che non hanno pagato le rate nei termini;
- Il ruolo delle banche convenzionate e degli intermediari finanziari, le procedure di revoca e recupero crediti, le comunicazioni verso il Ministero (MIMIT);
- Le possibilità di rinegoziazione, sospensione o sanatoria del debito in casi particolari.
Seguendo un approccio organico, esamineremo dapprima il funzionamento della misura, per poi affrontare le conseguenze dell’inadempimento e le relative tutele. Infine, un’ampia sezione di fonti normative e giurisprudenziali fornirà riferimenti ufficiali (MIMIT, Gazzetta Ufficiale, sentenze) per approfondimenti.
Come Funziona la Nuova Sabatini: Struttura e Operatività
La Nuova Sabatini è stata introdotta dall’art. 2 del Decreto-Legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla L. 98/2013, per facilitare l’accesso al credito delle PMI che investono in beni strumentali nuovi (macchinari, impianti, attrezzature, hardware, software e tecnologie digitali). Nel tempo la misura è stata rifinanziata e modificata da varie leggi di bilancio e decreti attuativi, fino alla disciplina attuale definita dal Decreto interministeriale 25 gennaio 2016 (MISE-MEF) e successivamente aggiornata dal Decreto interministeriale 22 aprile 2022 (che ha introdotto sezioni dedicate a investimenti Industria 4.0, Green e Sud). Di seguito esaminiamo i punti chiave del funzionamento.
Soggetti beneficiari e requisiti di accesso
Possono beneficiare della Nuova Sabatini le micro, piccole e medie imprese (PMI) che, alla data di presentazione della domanda, soddisfano i seguenti requisiti principali:
- Costituzione e iscrizione: essere regolarmente costituite e iscritte al Registro delle Imprese (o Registro delle Imprese di Pesca per le aziende ittiche). Devono avere sede legale o almeno un’unità locale in Italia. Le imprese estere possono accedere solo se aprono un’unità locale in Italia (da attestare al momento della richiesta di erogazione del contributo).
- Operatività e solvibilità: essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non in liquidazione volontaria né sottoposte a procedure concorsuali con finalità liquidatoria (fallimento, concordato liquidatorio, ecc.). In altre parole, l’azienda deve essere attiva e non trovarsi in stato di crisi conclamata (“impresa in difficoltà” ai sensi della normativa UE).
- Regolarità sugli aiuti: non essere incorsa in provvedimenti di recupero di aiuti di Stato dichiarati illegali o incompatibili dalla Commissione Europea e non rimborsati (clausola degli aiuti “degni” prevista dalla normativa UE). In pratica, l’impresa non deve avere pendenti ordini di restituzione di altri incentivi illegalmente fruiti.
- Ulteriori requisiti specifici: ad esempio, per la nuova componente “Sabatini Capitalizzazione” (introdotta nel 2024 per incentivare la patrimonializzazione delle PMI) è richiesto che l’impresa sia costituita in forma di società di capitali e impegnata in un processo di aumento di capitale, con determinati vincoli (ad es., l’aumento dev’essere almeno pari al 30% del finanziamento agevolato). Inoltre, né amministratori né soci devono avere condanne definitive per reati societari ex art. 2632 c.c..
Sono ammessi tutti i settori produttivi, inclusi agricoltura e pesca, con la sola esclusione delle attività finanziarie e assicurative. Questo significa che tanto un’impresa manifatturiera quanto un’azienda agricola o un’impresa artigiana possono accedere, purché rientrino nei parametri PMI e rispettino i requisiti suddetti. Settori come commercio, servizi, turismo, innovazione tecnologica, ecc., sono tutti eleggibili.
Investimenti finanziabili e importi
L’agevolazione copre investimenti in beni strumentali nuovi destinati a uso produttivo. In particolare rientrano:
- Macchinari, impianti e attrezzature (immobilizzazioni materiali classificate alle voci B.II.2, B.II.3 e B.II.4 del bilancio ex art. 2424 c.c.) – ad esempio: macchine utensili, impianti produttivi, attrezzature industriali e commerciali, apparecchiature varie.
- Hardware, software e tecnologie digitali – inclusi programmi informatici, sistemi e servizi digitali (nel contesto di progetti di digitalizzazione aziendale, come quelli Industria 4.0).
- Beni a basso impatto ambientale (Green) – anch’essi rientranti nelle categorie sopra, ma con caratteristiche di ecosostenibilità (la normativa prevede un riconoscimento specifico per investimenti “Green” certificati).
Terreni e fabbricati e immobilizzazioni in corso/acconti sono esclusi dal finanziamento. Dunque l’acquisto di un immobile o il mero anticipo su forniture non rientra; la misura è focalizzata su beni strumentali operativi e completi.
Quanto ai limiti di importo e durata del finanziamento agevolato:
- Importo minimo e massimo: il finanziamento assistito da Nuova Sabatini dev’essere compreso tra 20.000 € e 4.000.000 € per ciascuna impresa beneficiaria. Il tetto massimo, inizialmente di 2 milioni di euro, è stato elevato a 4 milioni di euro dalle normative più recenti. Ciò consente anche a imprese con piani di investimento molto consistenti di accedere al contributo, fermo restando che oltre i 4 milioni non si può ottenere l’agevolazione sulla parte eccedente.
- Durata: la durata del finanziamento non può superare 5 anni (60 mesi), escluso un eventuale periodo di preammortamento iniziale. In caso di leasing, la durata massima del leasing finanziario è anch’essa 5 anni, con obbligo di esercitare il riscatto (acquisto finale del bene) al termine. Il limite di 5 anni è previsto per garantire che il contributo pubblico (calcolato su 5 anni di interessi) copra l’intero periodo; eventuali estensioni oltre i 5 anni non sono normalmente ammesse, salvo misure straordinarie (come vedremo per le sospensioni Covid-19).
- Copertura dell’investimento: il finanziamento bancario/leasing può coprire fino al 100% dell’investimento ammissibile. L’impresa può quindi teoricamente finanziare l’intero costo del macchinario tramite la banca, senza esborso iniziale (al netto di IVA), purché rientri nei massimali suddetti. Resta inteso che l’IVA e le spese non ammissibili sono a carico dell’impresa.
Agevolazione concessa: il contributo in conto interessi
La peculiarità della Nuova Sabatini sta nel doppio sostegno: finanziamento bancario + contributo statale. In pratica:
- L’impresa ottiene da una banca convenzionata un finanziamento (o leasing) alle condizioni di mercato, per l’importo e la durata approvati.
- Parallelamente, il Ministero delle Imprese e Made in Italy (MIMIT, ex MiSE) concede un contributo a fondo perduto calcolato in misura proporzionale agli interessi sul finanziamento. Il contributo viene erogato direttamente all’impresa a rate (normalmente annuali) e alleggerisce il costo effettivo del finanziamento.
Il contributo è determinato “in misura pari al valore degli interessi calcolati, in via convenzionale, su un finanziamento di durata 5 anni” ad un certo tasso d’interesse annuo prestabilito. Nello specifico, i tassi convenzionali utilizzati (aggiornati con le maggiorazioni introdotte negli ultimi anni) sono:
- 2,75% annuo per gli investimenti ordinari (beni strumentali generici).
- 3,575% annuo per gli investimenti in tecnologie digitali “Industria 4.0” e per gli investimenti Green. Si tratta di una maggiorazione del +30% rispetto al tasso ordinario (infatti 2,75% × 1,3 ≈ 3,575%), introdotta per incentivare maggiormente la transizione digitale ed ecologica.
- 5,0% annuo per le micro e piccole imprese del Mezzogiorno (Nuova Sabatini Sud), e 3,575% per le medie imprese del Sud. Questa è una recente articolazione (in vigore dal 2022-2023) destinata alle imprese nelle regioni meridionali, che eleva significativamente il contributo per le piccole dimensioni (portandolo a un tasso convenzionale del 5%). È stata prevista dalla Legge di Bilancio 2022 e attuata dal Decreto MISE 22 aprile 2022 (Capo III “Nuova Sabatini Sud”).
Questi tassi convenzionali servono solo per calcolare il contributo. In concreto, l’importo del contributo è pari agli interessi che maturerebbero su un finanziamento di pari importo e durata, applicando quel tasso. Ad esempio, per un finanziamento di 100.000 € a 5 anni al tasso convenzionale 2,75%, il contributo totale sarebbe circa 7.262 € (che corrisponde agli interessi su 5 anni al 2,75% annuo, calcolati con rate costanti). Di fatto, dunque, lo Stato copre gli interessi (fino a quelle percentuali) lasciando all’impresa l’onere di restituire solo il capitale – se la banca applica un tasso uguale o inferiore a quello convenzionale, l’impresa azzera o riduce moltissimo il costo finanziario.
Nota: Il contributo statale non dipende dal tasso effettivamente applicato dalla banca, che può essere diverso. Anche se la banca applicasse un tasso più alto del 2,75%, il contributo resterebbe calcolato su 2,75% (o 3,575% etc.). Viceversa, se la banca applica un tasso minore, il contributo rimane quello predefinito (consentendo addirittura un guadagno in conto interessi per l’impresa). Questo meccanismo semplificato è stabilito per prassi, salvo diverse disposizioni nelle convenzioni ABI-MIMIT.
In termini di erogazione, attualmente (dopo le semplificazioni introdotte) il contributo viene pagato in un’unica soluzione per le operazioni di importo fino a 200.000 €, oppure in 6 quote annuali per importi superiori, distribuite su 5-6 anni dalla data di completamento investimento. Ciò significa che l’impresa non riceve subito tutto il contributo a fondo perduto, ma lo incassa gradualmente: ad esempio, per un contributo totale di € 60.000, potrebbe ricevere € 10.000 l’anno per 6 anni (in coincidenza con le rate di ammortamento del finanziamento). In passato l’erogazione era sempre frazionata annualmente, ma diverse norme hanno consentito l’erogazione in unica soluzione per importi minori e hanno esteso tale possibilità: dal 2021 in poi, indipendentemente dall’importo, è prevista l’erogazione in un’unica tranche per le domande presentate dal 1° gennaio 2021.
Ricapitolando, per l’impresa beneficiaria la Nuova Sabatini comporta: ottenere un finanziamento/leasing di importo e durata definiti (rimborsando le rate secondo il piano concordato con la banca) e parallelamente ricevere dal Ministero pagamenti annuali (o un’unica soluzione) che complessivamente riducono o annullano gli interessi a suo carico.
Procedura: domanda, concessione, erogazione e rimborso
Vediamo sinteticamente il processo operativo:
- Domanda di finanziamento e contributo – L’impresa presenta, contestualmente, la richiesta di finanziamento alla banca/intermediario finanziario aderente e la domanda di accesso al contributo al Ministero (tramite la stessa banca). È prevista un’apposita modulistica unificata. La domanda deve essere fatta prima di avviare l’investimento (non sono ammessi investimenti già iniziati, pena la non agevolabilità). Infatti, il MIMIT richiede che la data di avvio lavori o il primo ordine vincolante siano successivi alla presentazione della domanda, per evitare di incentivare ex post investimenti già decisi.
- Istruttoria bancaria e prenotazione fondi – La banca valuta il merito di credito dell’azienda e la fattibilità dell’operazione. In parallelo, verifica la regolarità formale della domanda di agevolazione. Se tutto è conforme e la banca intende concedere il finanziamento, delibera la concessione del prestito e trasmette la delibera al Ministero insieme alla documentazione della domanda. Il MIMIT a questo punto impegna le risorse (nel limite dei fondi disponibili) per riservare il contributo all’azienda (c.d. “prenotazione”).
- Concessione del contributo – Il Ministero emette il provvedimento di concessione dell’agevolazione, che specifica l’ammontare dell’investimento ammesso, il contributo concedibile e il relativo piano di erogazione, nonché gli obblighi a carico dell’impresa beneficiaria. Il decreto di concessione viene inviato sia all’impresa sia alla banca. Da questo momento, l’agevolazione è formalmente assegnata (salvo poi essere erogata al realizzarsi delle condizioni).
- Stipula ed erogazione del finanziamento – Entro 30 giorni dal provvedimento ministeriale (per la versione “Capitalizzazione”, l’impresa deve anche sottoscrivere l’aumento di capitale previsto), la banca stipula il contratto di finanziamento con l’impresa e eroga la somma finanziata in un’unica soluzione. In caso di leasing, l’erogazione avviene al fornitore (pagamento del bene) anziché all’impresa, sempre entro 30 giorni dalla consegna/collaudo del bene. Nota: La banca può anche stipulare il contratto ed erogare prima di ricevere il decreto di concessione ministeriale, a proprio rischio, ma normalmente attende la formale concessione.
- Realizzazione dell’investimento – L’impresa deve quindi procedere all’acquisto e installazione dei beni, completando l’investimento entro 12 mesi dalla data di stipula del finanziamento. Questo termine di 12 mesi è tassativo (salvo proroghe eccezionali, ad es. per Covid si concesse +6 mesi). Entro lo stesso termine l’impresa deve aprire la eventuale sede operativa prevista (se nella domanda aveva dichiarato di attivarne una). A investimento ultimato, l’impresa paga tutte le fatture al fornitore (pagamento a saldo) – condizione fondamentale prima di poter ottenere il contributo statale.
- Richiesta di erogazione del contributo – Una volta completato l’investimento e pagati i beni, l’impresa presenta al Ministero la richiesta di erogazione del contributo. Dal 2023 la procedura è telematica, tramite la piattaforma dedicata, compilando il modulo RU (Richiesta Unica). La richiesta è resa sotto forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che l’investimento è ultimato e che tutti i beni sono stati pagati a saldo. Deve essere inviata con firma digitale entro 120 giorni dal termine ultimo di conclusione dell’investimento (che, ricordiamo, è 12 mesi + eventuali proroghe). Importante: il mancato rispetto dei termini per la presentazione della richiesta di erogazione determina la revoca totale dell’agevolazione. In altre parole, se l’impresa non chiede nei tempi la liquidazione del contributo, perde il diritto al contributo stesso (cause di revoca che vedremo). Contestualmente alla richiesta RU, vanno allegati documenti come: dichiarazione di completamento investimento, copia delle fatture riportanti la dicitura obbligatoria di bene acquistato con fondi Sabatini, quietanze di pagamento, perizia tecnica se investimenti Industria 4.0, ecc.
- Erogazione del contributo statale – Ricevuta la richiesta, il MIMIT la esamina e, se tutto regolare, dispone l’erogazione del contributo spettante. Come detto, a seconda dei casi può essere un pagamento unico o la prima quota annuale. Dal momento della prima erogazione, l’impresa (per contributi pluriennali) dovrà poi inviare annualmente la conferma per le quote successive. In generale, il contributo viene erogato in quote annuali per 5-6 anni, secondo il piano temporale indicato nel decreto di concessione, e si esaurisce entro il sesto anno dalla data di ultimazione dell’investimento. Le imprese con contributo rateale devono ogni anno inviare una richiesta di pagamento della quota, dichiarando di non essere incorse in cause di decadenza nel frattempo.
- Rimborso del finanziamento alla banca – Parallelamente all’iter di cui sopra, l’impresa deve ovviamente rimborsare le rate del finanziamento alla banca/leasing alle scadenze pattuite (ad es. rate mensili o trimestrali). Il piano di ammortamento viene definito nel contratto di finanziamento. Tipicamente, può trattarsi di rate trimestrali costanti posticipate comprensive di quota capitale e interessi; per i leasing, canoni periodici + un maxi canone finale (riscatto). La presenza del contributo statale non modifica la responsabilità dell’impresa verso la banca: il finanziamento è un rapporto di credito privato, per cui l’impresa è tenuta a restituire capitale e interessi secondo il contratto, indipendentemente dall’arrivo o meno del contributo. La banca, d’altro canto, conosce che l’impresa riceverà dallo Stato una sovvenzione, ma questa non transita attraverso la banca (se non in alcuni meccanismi particolari come cessione di credito alla CDP, non rilevanti ai fini dell’obbligo di pagamento delle rate da parte dell’impresa). Va anche ricordato che il finanziamento può essere coperto fino all’80% dal Fondo di garanzia per le PMI: molte operazioni Sabatini sono assistite dalla garanzia pubblica, che interviene in caso di insolvenza per rimborsare parte del dovuto alla banca. Ciò tuttavia riguarda la banca e il Fondo; per l’impresa rimane l’impegno integrale.
In sintesi, finché l’impresa segue correttamente tutte le fasi e rispetta termini e condizioni, ottiene il beneficio completo: il macchinario, il finanziamento bancario e il contributo pubblico sugli interessi. Ma cosa accade se qualcosa va storto, in particolare se l’impresa non riesce a pagare puntualmente le rate di rimborso alla banca? Nella prossima sezione esamineremo proprio le conseguenze degli inadempimenti.
Mancato Pagamento delle Rate: Inadempimento Lieve vs Grave
Il mancato pagamento delle rate del finanziamento (o dei canoni di leasing) da parte dell’impresa beneficiaria costituisce un inadempimento agli obblighi contrattuali assunti con la banca. In base alla gravità e persistenza dell’inadempimento, si delineano scenari differenti:
- Inadempimento lieve: un ritardo limitato nel pagamento, che viene però tempestivamente sanato dall’impresa (ad esempio con qualche giorno o settimana di ritardo, entro un termine di tolleranza). In questo caso, l’impresa regolarizza la propria posizione senza che il rapporto di finanziamento sia risolto. Le conseguenze sono per lo più il pagamento di interessi di mora e qualche possibile segnalazione interna, ma la fruizione della Sabatini può proseguire regolarmente, evitando la revoca se la regolarizzazione avviene entro i termini previsti.
- Inadempimento grave: un mancato pagamento protratto nel tempo o reiterato, tale da configurare un vero e proprio insoluto. In particolare, il mancato pagamento che supera i 120 giorni senza essere sanato, oppure il mancato pagamento di più rate consecutive, porta la banca a dichiarare l’impresa decaduta dal beneficio del termine e a risolvere il contratto di finanziamento. In questo scenario, si attivano le clausole di risoluzione per inadempimento e scattano le procedure di revoca del contributo da parte del Ministero. Gli effetti sono molto più pesanti: l’impresa può perdere completamente l’agevolazione, vedersi richiesto il rimborso di quanto già ottenuto e affrontare azioni di recupero crediti.
È opportuno sottolineare che non esiste una definizione normativa esplicita di “inadempimento lieve” e “grave” – sono categorie descrittive per distinguere situazioni di ritardo scusabile vs insolvenza conclamata. La disciplina ufficiale parla piuttosto di eventi specifici (inadempimento non sanato entro 120 giorni, risoluzione del contratto, ecc.) che determinano la revoca. Esaminiamo dunque la tempistica critica dei 120 giorni e le procedure previste.
Termini di tolleranza e comunicazioni obbligatorie (120 giorni)
La circolare attuativa del MISE/MIMIT (da ultimo la Circ. direttoriale 6 dicembre 2022 n. 410823 e s.m.i.) prevede un meccanismo di monitoraggio degli inadempimenti da parte delle banche e di comunicazione al Ministero. In particolare:
- Se l’impresa salta una scadenza di pagamento di una rata o canone, la banca ne prende atto e attende eventuali pagamenti tardivi. L’impresa potrebbe essere sollecitata a versare l’importo dovuto il prima possibile.
- Entro 120 giorni dall’inadempimento, se l’impresa non si è rimessa in regola con i pagamenti, la banca è tenuta a comunicarlo al Ministero attraverso la piattaforma informatica. In pratica la normativa concede fino a 4 mesi di tempo all’impresa per sanare il ritardo. Se entro quel periodo l’impresa paga gli arretrati (magari con interessi di mora), l’inadempimento viene “curato” e la banca non effettua la segnalazione al MIMIT. Questo rappresenta una sorta di tolleranza operativa: piccoli intoppi di breve durata, risolti in tempi ragionevoli, non fanno decadere subito il beneficio.
- Trascorsi i 120 giorni senza pagamento, invece, la banca deve procedere alla segnalazione formale. La comunicazione viene inviata tramite la piattaforma ministeriale, indicando che vi è un inadempimento dell’impresa alle condizioni di rimborso del finanziamento.
Parallelamente, se l’inadempimento si protrae così a lungo, è probabile che la banca inizi le procedure contrattuali previste in caso di morosità: ad esempio la costituzione in mora, la decadenza dal beneficio del termine e la richiesta di pagamento immediato di tutto il debito residuo. Tuttavia, la circolare MIMIT distingue due step:
- Comunicazione di inadempimento (entro 120 giorni): se l’impresa non paga entro 120 giorni dalla scadenza, ma il contratto di finanziamento non è ancora risolto (cioè la banca magari spera ancora in un recupero), viene comunque segnalato l’inadempimento. Il Ministero, in attesa di definire la revoca, nel frattempo sospende l’erogazione del contributo. Infatti, l’art. 10 comma 4 del DM 25/2016 stabilisce che il Ministero sospende i pagamenti del contributo nel caso in cui la banca comunichi il mancato rispetto delle condizioni di rimborso da parte dell’impresa. Ciò avviene “nelle more del perfezionamento del provvedimento di revoca”, ovvero in attesa di valutare se revocare definitivamente l’agevolazione. La sospensione cautelativa serve a bloccare ulteriori esborsi pubblici verso un’impresa potenzialmente inadempiente.
- Comunicazione di risoluzione (entro 60 giorni dall’evento): se l’inadempimento è così grave da portare la banca a risolvere o far decadere il contratto di finanziamento (di solito dopo alcune rate non pagate e formale intimazione), allora la banca deve comunicarlo al Ministero entro 60 giorni dalla risoluzione/decadenza. Questa comunicazione tipicamente arriva quando ormai è chiaro che l’impresa non onorerà il debito secondo i termini originari.
In entrambi i casi, l’effetto immediato sul fronte agevolazione è la sospensione dei pagamenti del contributo statale: il Ministero interrompe qualsiasi erogazione in corso all’impresa, congelando di fatto il beneficio. Ad esempio, se l’impresa aveva ricevuto la prima quota di contributo ma nel frattempo è diventata morosa sulle rate, non riceverà la seconda quota finché la situazione non sarà chiarita.
Riepilogo operativo: l’impresa che paga in ritardo ma entro 120 giorni evita la segnalazione e può proseguire fruendo del contributo (pagando eventualmente penali di mora al finanziatore). Se invece il ritardo supera i 120 giorni, scatta la segnalazione al Ministero e la sospensione del contributo; se il ritardo porta addirittura alla risoluzione del finanziamento, si va verso la revoca totale.
Conseguenze dell’inadempimento lieve (ritardo sanato)
Nel caso di inadempimento lieve, ovvero un ritardo di pagamento comunque sanato prima che la banca attivi la risoluzione e prima della soglia critica dei 120 giorni, le conseguenze per l’impresa sono limitate a livello di rapporto con la banca:
- Interessi di mora: il contratto di finanziamento prevederà quasi certamente l’applicazione di interessi moratori per i giorni di ritardo. Ad esempio, un tasso di mora calcolato spesso come tasso contrattuale + qualche punto percentuale. Il prospetto informativo di una cooperativa di garanzia riporta: “In caso di mancato o ritardato pagamento, l’importo dovuto sarà maggiorato degli interessi di mora”. Dunque l’impresa dovrà pagare un piccolo sovrapprezzo per il ritardo.
- Nessuna segnalazione alla Centrale Rischi se il ritardo è breve: in genere, le banche segnalano alla Centrale Rischi di Bankitalia i crediti scaduti da oltre 90 giorni. Un ritardo brevissimo (poche settimane) se sanato potrebbe non comportare segnalazione di sofferenza o sconfinamento rilevante. Tuttavia, se il ritardo supera i 90 giorni, potrebbe configurarsi come “past due” e comparire nelle banche dati creditizie, con impatto sulla reputazione finanziaria dell’impresa.
- Continuità dell’agevolazione: dal lato del Ministero, se l’impresa rientra in regola entro i 120 giorni, la banca non comunica nulla e quindi il Ministero non sospende né revoca. Le erogazioni del contributo proseguiranno regolarmente. Anche eventuali ritardi minori (es. 30 giorni) che la banca non porta a conoscenza del Ministero rimangono un fatto interno banca-cliente, senza ripercussioni amministrative.
Si può dire quindi che un singolo ritardo modesto, risolto rapidamente, non pregiudica il beneficio Sabatini. Ovviamente, l’impresa deve fare attenzione perché ripetuti ritardi o difficoltà potrebbero preludere a problemi maggiori. Inoltre, la banca potrebbe adottare un atteggiamento più prudente (ad esempio, non erogare ulteriori finanziamenti) se nota difficoltà, ma nell’ambito dello stesso finanziamento Sabatini, un ritardo sanato non fa perdere l’agevolazione.
Un aspetto importante: finché l’impresa non è formalmente inadempiente in modo grave, non deve restituire il contributo già incassato. Cioè, se c’è stato solo un piccolo ritardo ma poi tutto si normalizza, l’impresa mantiene quanto ricevuto e continua a ricevere il resto a scadenza. Non ci sono “penalità” ulteriori previste per un lieve inadempimento oltre agli interessi di mora.
Conseguenze dell’inadempimento grave: revoca del contributo e altre sanzioni
Se invece l’inadempimento non viene sanato e degenera in uno scenario di insolvenza contrattuale (rate non pagate per mesi), la situazione assume connotati di grave inadempienza, con conseguenze a più livelli:
- Risoluzione del contratto di finanziamento – La banca, esaurite le tolleranze, dichiara risolto il contratto per inadempimento o notifica la decadenza dal beneficio del termine all’impresa. Ciò significa che tutto il debito residuo diventa immediatamente esigibile. Ad esempio, dopo due/tre rate non pagate, la banca può inviare una lettera formale di risoluzione, chiedendo la restituzione in un’unica soluzione di tutto il capitale residuo più interessi e penali. Questa risoluzione sarà comunicata al Ministero entro 60 giorni. Da notare che, secondo la Convenzione tra ABI, CDP e Ministero, in caso di revoca del contributo il finanziatore ha facoltà (non obbligo) di dichiarare l’impresa decaduta dal termine e risolvere il contratto. In pratica però, se la risoluzione avviene per morosità, è inevitabile.
- Revoca dell’agevolazione da parte del Ministero – Una volta ricevuta notizia dell’inadempimento grave, il Ministero avvia il procedimento di revoca del contributo concesso. Le cause di revoca sono elencate all’art. 12 del DM 25 gennaio 2016 (norma ancora in vigore, seppur integrata da successivi atti): tra queste, la risoluzione o decadenza del contratto di finanziamento è specificamente prevista come causa di revoca (art. 12, comma 1, lett. o). Pertanto, il verificarsi della risoluzione contrattuale per mancato pagamento comporta la perdita del contributo statale. La procedura tipica è la seguente: il Ministero invia all’impresa una comunicazione di avvio del procedimento di revoca, indicando le ragioni (es. inadempimento e risoluzione) e assegnando un termine per eventuali memorie o giustificazioni. L’impresa può presentare controdeduzioni (ad esempio contestare di aver pagato, o chiedere una dilazione), ma se non emergono elementi risolutivi, il Ministero procede con il provvedimento di revoca vero e proprio. La revoca può essere totale (se l’intero contributo viene annullato) o parziale. In casi di finanziamento non completato, potrebbero revocare solo la parte non maturata, ma quando c’è risoluzione generalmente si perde tutto il contributo, salvo eccezioni.
- Restituzione delle somme già erogate – A seguito della revoca, l’impresa beneficiaria è tenuta a restituire al Ministero le quote di contributo eventualmente già ricevute, in quanto divenute indebitamente percepite dopo la decadenza dell’agevolazione. Il provvedimento di revoca normalmente ingiunge la restituzione entro un certo termine, decorso il quale si procede al recupero forzoso. Ad esempio, in un caso relativo ad altre agevolazioni (Legge 488/92), il decreto di revoca disponeva l’obbligo di restituire la somma percepita. Per la Sabatini, analogamente, se l’impresa aveva già incassato, poniamo, due annualità di contributo, dovrà restituirle integralmente. Il recupero avviene tramite l’erario: il Ministero può iscrivere a ruolo le somme dovute o procedere con ingiunzione, affidandosi poi all’Agente della Riscossione (Agenzia Entrate-Riscossione) per recuperarle coattivamente, come crediti verso lo Stato. In alcuni casi il decreto di revoca indica come beneficiario della restituzione la banca concessionaria (ad esempio nelle misure 488 era la banca a ricevere la restituzione), ma per la Sabatini probabilmente le somme tornano al Ministero stesso (o a CDP se la provvista era pubblica). In ogni caso, l’impresa dovrà trovare le risorse per rimborsare quanto ricevuto indebitamente.
- Interessi e sanzioni sul dovuto – Le somme da restituire di solito sono maggiorate degli interessi legali o di mora calcolati dal momento dell’erogazione a quello della restituzione. Questo per compensare il vantaggio indebito di aver detenuto fondi pubblici. Ad esempio, se un’impresa aveva ottenuto 50.000 € di contributi poi revocati, dovrà ridarli con gli interessi maturati (spesso interessi legali annui, oppure un tasso indicato dal decreto di concessione). Inoltre, qualora la revoca derivi da comportamenti irregolari dell’impresa (es. false dichiarazioni), potrebbero applicarsi sanzioni amministrative ulteriori o segnalazioni alla Procura.
- Perdita di altri benefici e segnalazioni – L’impresa che subisce la revoca di un contributo pubblico per inadempienza rischia di essere esclusa da altre agevolazioni future. In particolare, molti bandi pubblici prevedono, tra i requisiti, la regolarità contributiva e il non essere incorsi in provvedimenti di revoca per cause imputabili all’impresa. Inoltre, la revoca per inadempimento potrebbe far scattare l’applicazione della clausola di esclusione da aiuti se assimilata a “aiuto illegale non rimborsato” – anche se tecnicamente la revoca per inadempimento interno non è un aiuto illegale UE, alcune amministrazioni la considerano come posizione irregolare finché non si regolarizza la restituzione. Dunque finché l’impresa non ha restituito quanto dovuto, potrebbe trovare precluso l’accesso ad altri incentivi pubblici.
- Intervento del Fondo di Garanzia (se presente) – Un dettaglio: se il finanziamento era garantito dal Fondo PMI e l’impresa è insolvente, la banca potrà escutere la garanzia. Il Fondo erogherà alla banca l’importo garantito (fino all’80% del debito residuo). Ma ciò non solleva l’impresa dal debito: semplicemente la banca viene rimborsata in parte dallo Stato, e il Fondo di Garanzia (sottoscritto da Mediocredito Centrale per conto del MIMIT) subentrerà nei diritti verso l’impresa. In pratica, l’impresa ora dovrà allo Stato (Fondo) la somma pagata alla banca. Questo aggiunge un ulteriore canale di recupero crediti statale: l’impresa insolvente può ritrovarsi una cartella esattoriale sia per la restituzione del contributo revocato, sia per il rimborso al Fondo di Garanzia per quanto pagato alla banca (quest’ultimo aspetto esula dalla Sabatini in sé, ma è una conseguenza tipica dei finanziamenti garantiti).
- Procedimento giudiziale civile – La banca, malgrado la garanzia statale, potrebbe comunque agire legalmente contro l’impresa (ad esempio per la parte non coperta da garanzia, o per l’intero se non vuole attendere il Fondo). Quindi l’impresa potrebbe subire un decreto ingiuntivo, un pignoramento di beni, ecc., come in qualsiasi caso di credito bancario insoluto. Questa è una conseguenza privata contrattuale: la banca fa valere i propri diritti in tribunale per recuperare il credito residuo. La presenza della revoca del contributo non incide su questo (se non nel peggiorare la situazione finanziaria dell’impresa, che oltre al debito bancario deve restituire i contributi).
- Eventuali profili penali – Il mancato pagamento in sé non è un reato (è un inadempimento civile). Tuttavia, se il Ministero riscontra che l’inadempimento è dovuto a condotte dolose – ad esempio false dichiarazioni per ottenere il contributo inizialmente, o uso improprio dei fondi – potrebbe profilarsi una responsabilità penale. L’art. 12 del DM 2016 lettera a) prevede la revoca se l’impresa ha reso dichiarazioni mendaci o esibito atti falsi. Tali condotte possono integrare reati di falso ideologico in atto pubblico (art. 481 c.p. se dichiarazione in atto amministrativo) o di truffa ai danni dello Stato (art. 640-bis c.p.) se con artifici l’impresa ha indebitamente ottenuto denaro pubblico. In casi gravi, il Ministero trasmette gli atti alla Procura. Dunque, se la revoca scaturisce da frode (ad esempio fatture false presentate, come in un caso accertato dalla Guardia di Finanza), l’imprenditore può subire un processo penale. Ciò però riguarda le ipotesi di dolo; nel caso più comune di insolvenza dovuta a difficoltà economiche e non a frode, non vi sono reati, ma solo le sanzioni amministrative e civilistiche già descritte.
Sintesi: l’inadempimento grave porta quasi inevitabilmente alla perdita completa dell’agevolazione. L’impresa si ritrova a dover rimborsare il finanziamento alla banca (o al fondo di garanzia) e contestualmente a restituire i contributi statali ricevuti, con aggravio di interessi. In sostanza, viene azzerato il beneficio: l’investimento resta a carico dell’impresa, che però a quel punto ha dimostrato di non riuscire a sostenerlo, e quindi rischia seriamente la continuità aziendale (specie se l’importo era elevato). Inoltre, l’impresa viene segnata come inaffidabile sia per il sistema bancario sia per quello pubblico, subendo un grave danno reputazionale e pratico.
Procedura formale di revoca e tutela dell’impresa
È opportuno evidenziare che, prima di perfezionare la revoca, il Ministero deve rispettare un iter procedimentale che offre all’impresa la possibilità di difendersi:
- Comunicazione di avvio del procedimento: come previsto dalla L. 241/1990 sul procedimento amministrativo, l’ufficio ministeriale comunica all’impresa l’intenzione di revocare l’agevolazione, spiegando i motivi (es: “risoluzione del finanziamento per inadempimento”). L’impresa viene invitata a presentare memorie e documenti difensivi entro un termine (di solito 10 o 15 giorni).
- Valutazione delle controdeduzioni: se l’impresa risponde spiegando le proprie ragioni (ad es. che c’è stato un errore, o che sta per pagare, o chiedendo una dilazione), il Ministero deve valutarle. Nel caso citato di MEC 3 S.r.l., ad esempio, l’impresa aveva fornito controdeduzioni e inizialmente il TAR le aveva ritenute valide per annullare la revoca. In caso di semplice morosità però, difficilmente l’impresa avrà argomenti per evitare la revoca, se non documentando di aver nel frattempo pagato il dovuto (il che però sanerebbe tardivamente la posizione verso la banca, ma potrebbe non bastare se il contratto è già risolto).
- Provvedimento di revoca motivato: trascorso il termine e valutate le difese, il Ministero emette il decreto di revoca, indicando le norme violate (ad esempio “visto l’art. 12 lett. o del DM 25/2016”) e l’entità del contributo revocato (totale o parziale). Viene inoltre ingiunto il recupero delle somme erogate e si avvisano l’impresa delle conseguenze (decadenza dal beneficio, ecc.).
- Notifica del provvedimento: la revoca viene notificata all’impresa (di solito via PEC). Da quel momento l’agevolazione è formalmente persa. Una copia viene inviata anche alla banca e ad eventuali altri enti coinvolti (CDP, etc).
- Possibilità di ricorso: l’impresa, se ritiene illegittima la revoca, può impugnare il provvedimento. Qui però sorge un interessante aspetto di giurisdizione: la giurisprudenza recente ha stabilito che, quando la revoca è motivata da inadempienze del beneficiario a obblighi previsti dall’atto di concessione, la controversia rientra nella giurisdizione del giudice ordinario (civile) e non del giudice amministrativo. In altre parole, la revoca per inadempimento è considerata alla stregua di una risoluzione per inadempimento di un contratto pubblico di sovvenzione, quindi attiene a diritti soggettivi dell’impresa e va davanti al tribunale civile. Su questo torneremo nella sezione Giurisprudenza. Comunque, l’impresa può fare ricorso per far valere le proprie ragioni (ad esempio, contestare che il pagamento era stato effettuato, o che il Ministero ha male interpretato i fatti).
- Esecuzione forzata del recupero: se l’impresa non fa ricorso (o lo perde) e non restituisce spontaneamente i contributi revocati, il Ministero procede con la riscossione coattiva, come detto tramite ruolo esattoriale o ingiunzione fiscale.
Va precisato che l’eventuale ricorso non sospende automaticamente la revoca, salvo che il giudice (TAR o tribunale civile, a seconda della giurisdizione) conceda una sospensiva. Dunque, in mancanza di sospensiva, l’impresa dovrebbe comunque restituire i soldi, e semmai sperare di riaverli indietro se vince la causa – circostanza che solitamente scoraggia dal proseguire nel contenzioso, a meno di palesi errori da parte dell’Amministrazione.
Normativa Vigente (2025) su Revoca e Inadempimenti
Norme primarie: La disciplina della Nuova Sabatini è contenuta nel citato art. 2 DL 69/2013 (convertito dalla L. 98/2013) e successive modifiche intervenute con le leggi di stabilità e di bilancio. Ogni anno dal 2014 ad oggi, le leggi di bilancio hanno rifinanziato e in alcuni casi modificato aspetti della misura. Ad esempio, la Legge di Bilancio 2020 (L. 160/2019) ha incrementato il tetto finanziabile a 4 milioni e introdotto la possibilità di erogazione in unica soluzione per finanziamenti fino a 100k. La Legge di Bilancio 2021 (L. 178/2020) ha esteso ulteriormente l’erogazione unica a tutte le operazioni nel 2021. La Legge di Bilancio 2022 (L. 234/2021) ha introdotto la “Nuova Sabatini Sud” con contributi maggiorati (5% e 3,575% per PMI del Sud). La Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) ha rifinanziato la misura e destinato risorse PNRR React-EU. Da ultimo, la Legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024) ha stanziato ulteriori 1,7 miliardi di euro per il periodo 2025-2029, assicurandone la continuità operativa.
Norme secondarie: La regolamentazione attuativa più aggiornata consta di due decreti interministeriali:
- Il Decreto 25 gennaio 2016 (MISE-MEF) pubblicato sulla G.U. n.58 del 10/03/2016, che ha definito la “nuova disciplina” unificante le procedure di concessione ed erogazione. Esso è articolato in vari articoli (definizioni, requisiti, procedimento, obblighi, revoche, ecc.). L’art. 12 di questo decreto elenca tutte le cause di revoca dell’agevolazione – elenco che abbiamo richiamato prima (dichiarazioni false, mancanza requisiti, alienazione beni, mancato completamento investimenti, omessa richiesta contributo, fallimento, controlli negati, cumulo eccedente, risoluzione finanziamento).
- Il Decreto 22 aprile 2022 (MISE-MEF) pubblicato sulla G.U. n.139 del 16/06/2022, che ha aggiornato la disciplina introducendo nuovi “Capi” dedicati a Sabatini 4.0, Sabatini Green e Sabatini Sud in attuazione di modifiche normative sopravvenute (in particolare l’incremento per il Sud e la priorità a investimenti tecnologici). Questo decreto sostanzialmente aggiorna e integra quello del 2016, mantenendo però invariato l’impianto di base per quanto riguarda obblighi e cause di revoca. Ad esempio, ribadisce che la banca deve comunicare gli inadempimenti entro 120 giorni e le risoluzioni entro 60 giorni, e conferma le ipotesi di revoca.
Circolari operative: Il Ministero emana inoltre circolari esplicative e di istruzioni alle banche. Importanti per il nostro tema:
- La Circolare direttoriale 6 dicembre 2022, n. 410823, che ha coordinato le istruzioni operative alla luce delle novità normative. Essa dettaglia la procedura di richiesta contributo e contiene (punto 13.10) la previsione di sospensione erogazione in caso di inadempimento e revoca nei casi di cui all’art. 12 del decreto.
- Le Circolari direttoriali 3 luglio 2023 n. 28277 e 11 dicembre 2023 n. 50031, che hanno apportato piccole modifiche integrative (ad esempio modulistica aggiornata, ulteriori chiarimenti).
- La Circolare direttoriale 22 luglio 2024, n. 1115, che ha introdotto le istruzioni attuative per la nuova Sabatini Capitalizzazione (il contributo aggiuntivo legato ad aumenti di capitale). Questa circolare ha specificato anche gli obblighi relativi all’aumento di capitale (es. versamento entro 30 gg dal decreto di concessione, mantenimento per almeno 3 anni, ecc.), la cui violazione può comportare la revoca parziale del contributo (ossia la perdita dell’incremento premiale).
- Le FAQ ministeriali aggiornate, che spesso chiariscono casistiche pratiche. Ad esempio, FAQ su cumulabilità e su tempistiche di completamento investimento (con riferimento alle proroghe Covid).
Normativa emergenziale Covid-19: Durante la pandemia, sono state emanate norme specifiche per sospendere le scadenze dei finanziamenti, con riflessi sulla Sabatini. In particolare l’art. 56 del DL Cura Italia (DL 18/2020) ha permesso alle PMI di chiedere la sospensione delle rate in scadenza nel 2020. Tale misura è stata prorogata fino al 30 giugno 2021 dall’art. 1 c.248 L. 178/2020. Il MISE confermò che per i finanziamenti Sabatini la sospensione dei pagamenti fino al 30/06/2021 era applicabile “anche in deroga al limite massimo di durata del finanziamento (5 anni)”. Ciò significa che un’impresa poteva congelare le rate per alcuni mesi senza essere considerata inadempiente. Il Ministero chiarì anche che l’erogazione delle quote di contributo non subiva modifiche: quindi l’impresa continuava a ricevere il contributo come se pagasse (visto che il ritardo era legalmente giustificato). Questa è stata una forma di tutela straordinaria, ormai terminata.
Oggi, ad aprile 2025, non ci sono moratorie generali attive. Tuttavia, rimane la possibilità per le parti di accordarsi per una rinegoziazione privata (che vedremo a breve), o l’eventualità di future misure di sostegno se vi fossero nuove crisi sistemiche.
In definitiva, il quadro normativo attuale stabilisce chiaramente che il mancato pagamento delle rate oltre soglie di tolleranza comporta la decadenza dall’agevolazione. Le fonti legislative e attuative concordano su questo punto, offrendo però all’impresa strumenti preventivi (come la moratoria Covid, ora non più vigente) e la possibilità di sanare i ritardi entro termini prefissati.
Giurisprudenza Recente su Revoca dei Contributi e Inadempimenti
La materia della revoca di contributi pubblici in caso di inadempienze del beneficiario ha generato un contenzioso peculiare, soprattutto sul piano della giurisdizione (cioè: se le controversie vadano portate davanti al giudice amministrativo o a quello ordinario). Inoltre, vi sono alcune pronunce di merito interessanti su casi di revoca di agevolazioni (non solo Sabatini, ma anche altre simili) per comportamenti dell’impresa.
Esaminiamo quindi i contributi della giurisprudenza amministrativa (TAR e Consiglio di Stato) e civile (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, e merito civile) rilevanti al nostro tema.
Giurisdizione: giudice ordinario vs TAR
Fino a qualche anno fa non era univoco quale fosse il giudice competente a decidere sui provvedimenti di revoca di aiuti pubblici motivati da inadempimenti. Recentemente, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno consolidato un principio:
Se la revoca è disposta per inadempimenti o irregolarità imputabili al beneficiario, la controversia appartiene al giudice ordinario, in quanto si verte su diritti soggettivi conseguenti a un rapporto ormai consolidato di concessione di aiuto. Viceversa, se la revoca dipende da ragioni di interesse pubblico o da una rivalutazione discrezionale della Pubblica Amministrazione (ad es. vizi originari del procedimento di concessione, venir meno dei presupposti per scelta amministrativa), la controversia rientra nella giurisdizione amministrativa poiché coinvolge valutazioni di interesse legittimo.
In termini semplici, quando l’amministrazione agisce in autotutela “pura” per rimediare a un provvedimento viziato o non più opportuno, è affare da TAR; quando invece revoca perché l’impresa non ha rispettato le regole o ha violato gli obblighi (inadempimento contrattuale), è più assimilabile a un rapporto privatistico e la causa va dal giudice civile.
Questo orientamento era stato anticipato da Cass. SS.UU. n. 3057/2016 e ribadito in varie pronunce nel 2023. In particolare:
- Cass. Sez. Unite 4 gennaio 2023 n. 146 e 21 giugno 2023 n. 17757: hanno riaffermato che le revoche per inadempimento vanno al giudice ordinario.
- Cass. Sez. Unite 12 luglio 2023 n. 19966: ordinanza importante che ha risolto un conflitto tra giudice civile e TAR in un caso di revoca di fondi legge 488/92 per utilizzo di fatture false. Le SU hanno richiamato il criterio sopra: se la revoca è basata su fatti di illecito del privato (es. fatture false = inadempimento alle condizioni), giudice ordinario; se fosse stata decisa per motivi di opportunità o vizi originari, sarebbe stato TAR. In conclusione, le SU hanno attribuito quel caso al giudice ordinario, cassando la decisione contraria del Tribunale di Napoli e ordinando al giudice ordinario di conoscere la causa.
L’impatto di ciò sulla Sabatini: se un’impresa impugna la revoca della Sabatini per inadempimento (es. mancato pagamento rate), dovrà farlo davanti al Tribunale civile competente per territorio (con eventuale appello in Corte d’Appello e poi ricorso in Cassazione). Non potrà rivolgersi al TAR, pena il difetto di giurisdizione. Infatti, in questi casi non c’è margine di discrezionalità amministrativa: il Ministero applica clausole previste dalla legge/contratto, accertando un inadempimento oggettivo, quindi l’impresa ha un diritto soggettivo (mantenere il contributo) che l’amministrazione nega per sua colpa contrattuale – tipica materia da giudice ordinario.
Un caso concreto molto recente lo conferma:
- Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 gennaio 2025 n. 361: riguardava proprio la revoca di un contributo (nel caso specifico a una PMI, MEC 3 s.r.l., per un macchinario acquistato con contributo Sabatini) a causa di false dichiarazioni sulla data di pagamento di una fattura. In primo grado, curiosamente, il TAR Lazio aveva deciso entrando nel merito e annullando la revoca, ritenendo di avere giurisdizione (forse perché vedeva il profilo del mendacio come esercizio di potere pubblico). Il Consiglio di Stato, in appello, ha invece dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e accolto l’eccezione del Ministero, indicando che la controversia spetta all’A.G.O. (Autorità Giudiziaria Ordinaria). Dunque il TAR non avrebbe dovuto pronunciarsi sul merito (e la sentenza di primo grado è stata riformata in tal senso). Questo è perfettamente in linea con Cassazione SU 2023.
In sintesi, oggi vi è uniformità: se un’impresa vuole contestare la revoca Sabatini perché sostiene di non aver commesso inadempimenti o che la sanzione è eccessiva, dovrà farlo davanti al giudice civile (probabilmente con un’azione di accertamento dell’illegittimità della revoca e/o di risarcimento danni).
Pronunce di merito su revoche di contributi
Pur essendo il giudice ordinario il foro competente, possiamo menzionare brevemente alcuni contenuti di merito emersi in controversie passate (a volte discusse davanti al TAR prima che la giurisdizione fosse chiarita):
- Casi di falso o irregolarità: Nella citata vicenda MEC 3 s.r.l., l’oggetto era una revoca perché l’impresa aveva dichiarato che tutte le fatture erano pagate, ma in realtà una fattura risultò saldata dopo la richiesta del contributo. Il TAR Lazio aveva dato ragione all’impresa, ritenendo che avendo questa ottenuto una garanzia bancaria a copertura e pagato poi poco dopo, non vi fosse intento elusivo e che la condizione potesse ritenersi sostanzialmente soddisfatta. Questo giudizio però è stato vanificato dal difetto di giurisdizione. Tuttavia, segnala che a volte i giudici di merito possono valutare se l’inadempimento sia formale o sostanziale. Nel caso specifico l’impresa non aveva pagato prima di chiedere il contributo (violando art. 10 c.2 DM 2016 che impone pagamento a saldo prima della richiesta), ma aveva comunque garantito il pagamento con fideiussione e poi pagato pochi giorni dopo. Questo apre una riflessione: c’è spazio per contestare la proporzionalità di una revoca? Il TAR aveva praticamente applicato un principio di buon senso, ma giuridicamente poi il Consiglio di Stato ha spostato la questione al giudice ordinario. Resta da vedere come il giudice ordinario deciderà sul merito (se l’impresa perseguirà la causa): potrebbe in teoria riconoscere che la revoca è legittima in punto di diritto ma magari accordare un risarcimento minimo, oppure cercare di interpretare la norma in modo meno rigido. In generale però, i margini per sfuggire alla revoca quando un requisito è violato (specie se dichiarazioni mendaci) sono ridotti.
- Casi di utilizzo irregolare dei beni: Una causa di revoca ex art. 12 lett. d) DM 2016 è la cessione o distrazione dei beni finanziati entro 3 anni dal completamento investimento. Se un’impresa vende il macchinario prima di 3 anni, perde il contributo. Questo è emerso in alcuni casi pratici portati in giudizio. Ad esempio, TAR e Consiglio di Stato hanno confermato revoche nei casi in cui l’impresa, prima dei 3 anni, aveva alienato i beni o li aveva destinati ad usi diversi dal progetto approvato. In tali sentenze si sottolinea che l’obbligo triennale di mantenimento dell’investimento è chiaro e vincolante, e la sua violazione comporta decadenza, indipendentemente dalle ragioni (ad es. anche se l’impresa sostiene di averli sostituiti con equivalenti).
- Casi di cumulo illegittimo di aiuti: L’art. 12 lett. n) DM 2016 prevede revoca se l’impresa ha fruito di altre agevolazioni sulle stesse spese superando le intensità di aiuto consentite. Questo riguarda il rispetto dei limiti UE sugli aiuti di stato. In un caso, un’impresa aveva ottenuto sia la Sabatini sia un contributo regionale sul medesimo macchinario, eccedendo il massimale cumulabile. La revoca Sabatini fu disposta per l’intero importo. I giudici hanno ritenuto legittimo il provvedimento, poiché il beneficiario è responsabile di non cumulare incentivi oltre i limiti. Ciò serve a ribadire: l’impresa deve autolimitarsi, e se sfora perde l’agevolazione.
- Casi di fallimento dell’impresa: Se l’impresa fallisce entro 3 anni dall’investimento (lett. l), la revoca è quasi automatica. In tali circostanze, tuttavia, il curatore fallimentare potrebbe non opporsi, anzi spesso è lui stesso a comunicare l’impossibilità di proseguire il progetto. Non risultano particolari sentenze su questo punto perché è pacifico (il fallimento travolge i benefici).
- Questioni procedurali: Alcune imprese hanno contestato la revoca lamentando vizi procedurali, ad esempio: mancata comunicazione di avvio, difetto di motivazione, sproporzione. In sede amministrativa, i TAR avevano talvolta accolto ricorsi su vizi formali (revoche fatte senza attendere i termini di difesa, etc.). Quindi l’amministrazione oggi è piuttosto attenta a seguire correttamente la procedura, proprio per non prestare il fianco. Dal punto di vista del giudice ordinario, egli potrà annullare l’atto per analoghi motivi (violazione di legge sulle norme procedimentali). Le sezioni specializzate in materia d’impresa potrebbero essere competenti, trattandosi di rapporto contrattuale pubblico? Non è ancora chiarissimo, ma essendo cause contro la PA, probabilmente le tratterà il tribunale civile in sezione ordinaria.
Giurisprudenza civile di legittimità: Oltre alla giurisdizione, le Sezioni Unite hanno affrontato temi come la prescrizione del diritto alla restituzione dei contributi revocati (stabilendo che si applica la prescrizione ordinaria decennale, decorrente dall’adozione del provvedimento di revoca). Hanno inoltre sottolineato che in caso di contestazione, bisogna guardare al petitum sostanziale: se il privato chiede l’annullamento dell’atto di revoca per poter trattenere i soldi, sta facendo valere un suo diritto soggettivo, dunque la causa è ordinaria.
In definitiva, la giurisprudenza conferma che non pagare le rate e perdere la Sabatini è considerato un inadempimento contrattuale dell’impresa verso la PA, sanzionato con la risoluzione del “contratto di contributo”. Non c’è margine di discrezionalità: è quasi automatico. Dunque le imprese hanno potuto raramente spuntarla, se non in casi di interpretazioni cavillose o vizi formali del procedimento di revoca.
Ruolo di Banche e Intermediari, Revoca e Recupero Crediti
Le banche convenzionate e gli intermediari finanziari (es. società di leasing) svolgono un ruolo cruciale sia nella fase di concessione sia nella gestione degli eventi patologici (come i mancati pagamenti):
- Elenco banche aderenti: Le banche che intendono operare nella Sabatini devono aderire a una Convenzione tra MIMIT, Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e ABI. Vi è un elenco ufficiale aggiornato degli istituti aderenti. Tali banche si impegnano a rispettare le procedure e a trasmettere tutte le informazioni richieste al Ministero.
- Erogazione e controllo: Le banche erogano i finanziamenti con fondi propri (o usando la provvista CDP dedicata, ma dal 2019 questa è stata sostituita dalla possibilità di provvista “diversa”, cioè fondi bancari ordinari). Esse verificano che i soldi vengano effettivamente utilizzati dall’impresa per pagare i beni strumentali. Ad esempio, richiedono copia di fatture e contabile dei pagamenti prima di erogare (soprattutto nelle operazioni in leasing).
- Comunicazioni periodiche: Le banche devono, tramite la piattaforma, aggiornare il Ministero su eventi come: ultimazione investimento, esito dei controlli sulla documentazione, variazioni contrattuali, ecc. Inoltre, come già spiegato, hanno l’obbligo di comunicare eventuali inadempimenti o risoluzioni nei termini stabiliti. La convenzione ABI-MIMIT specifica che la mancata osservanza delle regole procedurali da parte della banca può portare alla sua revoca dall’elenco dei soggetti abilitati a operare nella misura (quindi le banche sono incentivate a fare tutto per bene).
- Sospensione del contributo: Quando la banca comunica un’inadempienza grave, il Ministero sospende i pagamenti del contributo all’impresa e ne informa probabilmente anche la banca. La convenzione 2022 prevede che in caso di revoca o riduzione del contributo, la CDP non applicherà penali per rimborso anticipato della provvista alla banca, ecc., a conferma che la banca può chiudere la pratica senza costi aggiuntivi.
- Recupero crediti bancario: La banca, dopo la risoluzione, attiverà le normali procedure di recupero del credito verso l’impresa. Questo può includere: solleciti legali, decadenza dal beneficio del termine (accelerazione del debito), iscrizione a sofferenza del cliente, escussione di garanzie (pegno, ipoteca, fideiussioni di terzi se presenti, e la già citata garanzia pubblica del Fondo PMI), e infine azioni giudiziarie (ingiunzioni, pignoramenti). Le banche spesso cedono i crediti deteriorati a società di recupero (NPL). In particolare, in certe operazioni Sabatini, la banca ha già ceduto il credito a CDP (era previsto un meccanismo di smobilizzo del credito verso CDP), ma ciò non cambia per l’impresa, che dovrà eventualmente pagare a CDP o chi per essa.
- Coordinamento con il Ministero: Dopo la revoca, la banca potrebbe essere coinvolta nel calcolo delle somme da restituire. Ad esempio, il Ministero potrebbe chiedere alla banca l’eventuale storno di contributi sul conto dell’impresa (se li avesse canalizzati tramite di essa, ma in Sabatini solitamente vanno all’impresa direttamente via mandato di pagamento). Più concretamente, la banca fornirà al Ministero i dati finali (es. importo finanziamento effettivamente erogato, data risoluzione, rate pagate/non pagate) che possono servire al Ministero per chiudere il procedimento.
- Facoltà di non risolvere: È interessante notare che la circolare prevede che, anche dopo la revoca del contributo, la banca possa decidere di non risolvere il contratto di finanziamento. Ciò potrebbe accadere se l’inadempimento verso il Ministero non coincide con un inadempimento verso la banca. Immaginiamo un caso: l’impresa ha mentito su qualcosa (es. non ha tenuto il bene 3 anni), quindi il Ministero revoca il contributo, ma l’impresa sta comunque pagando regolarmente le rate alla banca. In tal caso, la banca non ha motivo di risolvere il finanziamento (l’impresa è solvibile); la revoca è avvenuta per una causa non finanziaria. La banca quindi prosegue il rapporto creditizio fino a naturale scadenza, anche se l’impresa ha perso il contributo. Questo scenario è raro ma possibile (revoca per ragioni diverse dall’insolvenza).
- Interazione con CDP: In passato, le banche attingevano a un Plafond Sabatini presso CDP per farsi finanziare a loro volta i prestiti concessi. Ora non è più obbligatorio. Comunque, la convenzione con CDP regola che se un finanziamento Sabatini viene estinto anticipatamente (ad esempio per risoluzione), la banca deve restituire la provvista a CDP senza penali. Quindi anche sul fronte CDP la pratica si chiude senza costi ulteriori.
- Tutela della banca: La banca è protetta dal fatto che il contributo è aggiuntivo: il venir meno del contributo non incide sul suo credito verso l’impresa. Inoltre, la presenza del Fondo di Garanzia (fino all’80%) fa sì che la banca spesso recuperi gran parte del dovuto anche se l’impresa fallisce o è insolvente, trasferendo allo Stato il rischio finale. In altre parole, dal punto di vista della banca, la Sabatini è una operazione a rischio mitigato: o paga l’impresa (grazie anche al contributo statale che la aiuta), o interviene la garanzia pubblica.
- Obblighi post-revoca: Dopo la revoca, la banca deve trasmettere al Ministero la documentazione finale di chiusura e segnalare eventuali recuperi. Ad esempio, se l’impresa ha rimborsato anticipatamente parte del finanziamento prima della risoluzione (ipotesi remota in caso di insolvenza), la banca comunicherà l’ammontare erogato e i rimborsi eseguiti, così il Ministero ricalcola eventualmente il contributo dovuto (potrebbe ridurre proporzionalmente la richiesta se parte dell’investimento non è stata finanziata).
- Revoca dal ruolo di banca convenzionata: Se una banca commettesse gravi inadempienze (es. non segnalasse inadempimenti delle imprese, causando danno erariale perché il Ministero continua a pagare contributi indebitamente), il Ministero potrebbe revocarle l’adesione alla convenzione, impedendole di fare nuove Sabatini. Questo è una sanzione estrema che mira a mantenere alta l’attenzione degli intermediari.
In sintesi, banche e intermediari sono alleati dell’amministrazione nel monitorare le imprese. Funzionano un po’ come “sensori sul territorio”: essendo le controparti dirette dei beneficiari, sono le prime a sapere se l’impresa è in difficoltà (quando non riceve la rata). Il Ministero si fida delle comunicazioni delle banche per intervenire. Questa collaborazione è formalizzata e obbligata dalla legge e dalle convenzioni, e funziona in modo abbastanza rodato. Ciò ha anche un effetto benefico: l’impresa sa che non può nascondere un proprio default al Ministero, perché la banca è tenuta a dichiararlo. Dunque, in teoria, l’impresa sarà stimolata a dialogare sia con la banca che con il Ministero per trovare soluzioni prima di arrivare al punto di rottura.
Possibili Soluzioni: Rinegoziazione, Moratorie e Sanatorie
Di fronte a difficoltà finanziarie, un’impresa beneficiaria della Nuova Sabatini potrebbe chiedersi se esistono vie per evitare la revoca pur non riuscendo temporaneamente a pagare le rate. Le opzioni possibili includono:
Rinegoziazione del finanziamento
La rinegoziazione consiste nel modificare, d’accordo con la banca, le condizioni del finanziamento (durata, tasso, importo delle rate). Ad esempio, se un’impresa ha problemi di liquidità, potrebbe chiedere di allungare la durata residua del prestito (riducendo l’importo di ciascuna rata) o di avere un periodo di sola quota interessi (preammortamento) per qualche mese.
È possibile rinegoziare senza perdere la Sabatini? In linea di massima, sì, è possibile, ma con alcune limitazioni:
- La durata massima non può superare 5 anni salvo eccezioni autorizzate. Quindi non si può allungare oltre il limite originario previsto dalla legge. Tuttavia, a causa della sospensione Covid, alcune operazioni sono andate oltre 5 anni (es. sospese 6 mesi). Fu permesso in deroga. Oggi, una rinegoziazione che porti il piano a 6 anni probabilmente richiederebbe un assenso del MIMIT, altrimenti violerebbe le condizioni di ammissibilità e potrebbe far scattare la revoca (lett. o art. 12: decadenza del contratto se comporta superamento del limite di 4 milioni, nel 2016 non citava durata, ma la durata è un requisito ex lege).
- La banca dovrebbe comunicare al Ministero le variazioni oggettive del finanziamento. La convenzione e la normativa prevedono che modifiche come la data di scadenza, la riduzione dell’importo finanziato, ecc., siano notificate. Alcune modifiche potrebbero richiedere un aggiornamento del decreto di concessione del contributo (ad esempio se si riduce l’importo, il contributo va ricalcolato in proporzione).
- Rinegoziazione prima dell’inadempimento: l’ideale è che l’impresa si muova prima di saltare le rate. Se prevede difficoltà, contatta la banca e il Ministero (per conoscenza) e propone un piano. Se la banca accetta, può predisporre un atto integrativo al contratto di finanziamento. Il Ministero in genere non si oppone a modifiche che non aggravino la posizione pubblica. Ad esempio, se l’impresa chiede solo di pagare in 7 rate semestrali invece che 14 trimestrali (durata uguale), non vi è problema. Se chiede 1 anno in più di durata, formalmente non sarebbe ammesso; tuttavia, esistono stati di eccezione (Covid docet). Potrebbe eventualmente essere chiesto un atto normativo ad hoc per sbloccare questa flessibilità.
- Impatto sul contributo: la rinegoziazione di solito non aumenta il contributo spettante. Anzi, se l’importo finanziato diminuisce o l’investimento è ridotto, il contributo cala. Se la durata si allunga oltre 5 anni, il Ministero quasi certamente non riconoscerebbe contributo sugli interessi oltre il quinto anno (come da legge). Quindi l’impresa pagherebbe di tasca propria l’interesse extra.
- Fattibilità: Molto dipende dalla disponibilità della banca. Le banche di solito preferiscono trovare un accordo piuttosto che portare a sofferenza un credito, se intravedono ragionevoli possibilità di rimborso futuro. Quindi, rinegoziare è plausibile (ad esempio trasformare 5 anni in 6 anni se i calcoli lo consentono) – ma serve capire se normativamente la Sabatini tollera quell’anno in più. Alla luce delle deroghe Covid, probabilmente sì, purché ci sia una motivazione (la banca comunicherà al Ministero e il Ministero potrebbe tacitamente acconsentire).
- Un caso di rinegoziazione potrebbe essere stato: durante la pandemia, alcune imprese che non avevano aderito subito alla moratoria, poi l’hanno fatta in ritardo con accordo bilaterale. Oppure imprese che hanno chiesto di ridurre temporaneamente le rate (cosa fattibile con strumenti come accordi ABI di ristrutturazione debiti PMI).
In conclusione, la rinegoziazione è consigliabile come prima strada: anticipare i problemi e rimodulare il debito per evitare di diventare inadempienti. Se fatta bene, può permettere all’impresa di continuare a pagare regolarmente (anche se a ritmo ridotto) e quindi mantenere il contributo Sabatini. Naturalmente, se la situazione è troppo compromessa e la banca non crede nel recupero, potrebbe rifiutare la rinegoziazione e preferire chiudere.
Sospensione delle rate (moratoria)
Le moratorie straordinarie, come quella concessa durante il Covid-19, sono interventi esterni decisi per legge. Attualmente non ce ne sono. Però ci può essere la sospensione concordata con la banca per un breve periodo:
- Le banche possono concedere una sospensione del pagamento delle quote capitale per alcuni mesi (è un tipo di rinegoziazione in fondo). Ad esempio, concedere 6 mesi di sola quota interessi. Questo spesso rientra negli “accordi ABI” per le PMI in difficoltà, come l’Accordo per il Credito 2019/2020 dove erano previste misure di sospensione. In tali casi, se l’impresa ottiene questa moratoria, tecnicamente non è inadempiente perché la banca ha accettato di modificare temporaneamente le scadenze.
- Il Ministero come reagisce? Se la sospensione non altera durata o importo finale, ma sposta solo avanti le rate, potrebbe comportare che il piano di erogazione del contributo resti invariato. Ad esempio, il Ministero continua a pagare le quote nei 5 anni originari, mentre la banca incassa le ultime rate magari al 5° anno e mezzo. Questo crea uno sfasamento. Durante il Covid fu esplicitamente autorizzato e il Ministero ha detto che continuava a pagare come previsto. Fu una deroga chiara (“anche in deroga alla durata 5 anni”). Fu possibile perché c’era legge. Senza legge, se ora un’impresa ottiene 6 mesi di sospensione, formalmente sfora i 5 anni. Il Ministero potrebbe non fare nulla se la banca non segnala (e la banca non segnalerà perché non c’è inadempimento). Molto probabilmente, in simili casi informali di sospensione, il Ministero non viene messo a conoscenza (poiché la banca non ha obbligo di segnalare variazioni di piano se non contrattualizzate come nuove scadenze).
- In pratica, una sospensione di poche mesi concordata non dovrebbe comportare revoca, poiché non c’è “mancato rispetto delle condizioni” in senso stretto – le condizioni sono state ridefinite consensualmente. Però resta la questione durata massima: se la sospensione fa slittare la fine oltre 5 anni, sarebbe opportuno notificare al Ministero e ottenere assenso.
- Se la crisi è di sistema, le imprese possono sperare in sanatorie legislative. Ad esempio, in passato sono state introdotte norme di “saldo e stralcio” per alcuni aiuti o condoni. Non risulta nulla di simile per Sabatini al momento. Una ipotetica sanatoria potrebbe essere: consentire alle imprese decadute di rientrare se pagano il dovuto entro tot mesi. Attualmente non vi è alcuna sanatoria del genere. Una volta revocato, il contributo è perso.
- L’unica scappatoia post revoca potrebbe essere negoziare col Ministero una soluzione transattiva: ad esempio se l’impresa impugna in tribunale, potrebbe poi trovare un accordo transattivo col Ministero (es. restituire solo il 50% dei contributi per chiudere la lite). Ciò però rientra nel contenzioso, non è una procedura standard.
“Sanatoria” e riammissione al beneficio
Con sanatoria si può intendere: possibilità di riottenere il contributo revocato se l’impresa adempie tardivamente. Purtroppo, la norma Sabatini non prevede espressamente nulla del genere. Tuttavia, ipotizziamo un caso:
- L’impresa ha avuto la revoca avviata (Ministero ha sospeso contributo e inviato avvio procedimento), ma prima che la revoca sia conclusa, l’impresa riesce a pagare tutte le rate arretrate e magari trova un accordo con la banca per ripristinare il finanziamento. In tal scenario ideale, la banca potrebbe comunicare al Ministero che l’impresa è tornata in bonis e che il finanziamento non è più in decadenza (magari la banca rinuncia alla risoluzione). Il Ministero, vedendo venir meno la causa, potrebbe decidere di non procedere oltre con la revoca. In fondo, la revoca non è ancora emanata, siamo nella fase di “sospensione nelle more”. Il Ministero potrebbe archiviare il procedimento se ritiene l’inadempimento sanato (benchè formalmente la comunicazione c’è stata). Non ci sono linee guida pubbliche su questo, ma amministrativamente nulla vieta che se la banca ritira la segnalazione (perché l’impresa ha pagato), il Ministero possa soprassedere.
- Se invece la revoca è già decretata, l’unica via è il ricorso o la richiesta di riesame in autotutela. Una “sanatoria” ad hoc potrebbe essere chiesta dall’impresa appellandosi magari a motivi eccezionali (es. “ora ho pagato tutto, vi prego riammettetemi”). Difficilmente la PA lo farà, a meno di intervento politico. In teoria il Ministero potrebbe annullare in autotutela la revoca se rileva nuovi elementi, ma se la causa di revoca era effettiva al momento giusto, non ci sono vizi.
In passato su altre misure (es. fondi UE) sono state fatte sanatorie normative: il legislatore ha talvolta concesso alle imprese decadute di regolarizzare tardivamente entro certi limiti. Per la Sabatini non risultano esempi.
Dunque il concetto di “sanatoria” va più interpretato come prevenzione o rimedio tempestivo: pagare il dovuto entro i 120 giorni è di fatto una sanatoria del ritardo. O, se oltre, prima che la revoca sia formalizzata, cercare di sistemare e convincere la PA a desistere.
Supporto consulenziale e gestione della crisi
Un’impresa in difficoltà con la Sabatini dovrebbe:
- Comunicare apertamente con la banca: spiegare la situazione, chiedere soluzioni (dilazione, sospensione, ecc.). Le banche preferiscono trovare un accordo piuttosto che arrivare a escutere garanzie e a cause.
- Coinvolgere il Ministero se necessario: ad esempio, se la banca è disposta ma servirebbe l’ok a superare un vincolo normativo, si può inviare una richiesta di autorizzazione al MIMIT (Divisione V incentivi) spiegando che per salvare l’investimento servirebbe più tempo. Non c’è garanzia di risposta positiva, ma tentare è meglio che tacere e poi essere revocati.
- Valutare strumenti di risanamento: se la crisi è più ampia, considerare procedure come il Concordato preventivo o piani di ristrutturazione del debito. Tuttavia, attenzione: se l’impresa entra in concordato con finalità liquidatoria, perde la Sabatini comunque (perché è equiparato a procedura concorsuale, quindi non nel libero esercizio dei diritti). Un concordato in continuità, invece, potrebbe preservare l’operatività. In caso di concordato, spesso scatta la revoca (il fallimento e procedure analoghe sono causa espressa di revoca lettera l)). Ma se è un concordato in continuità e l’impresa continua l’attività, potrebbe provare a mantenere il bene e far valere la necessità di mantenere il contributo per attuare il piano. Non ci sono molti precedenti pubblici su questo incrocio.
- Assistenza legale specializzata: sia per trattare con la banca sia per l’eventuale contenzioso col Ministero, è opportuno farsi assistere da legali esperti sia di diritto bancario che amministrativo, data la peculiarità (es. capire dove ricorrere, TAR o giudice ordinario – come visto, scelta cruciale).
In conclusione, la strada migliore è non arrivare all’inadempimento irreversibile. Ma se succede, sfruttare i margini di flessibilità contrattuale (rinegoziazione, sospensione) può salvare l’agevolazione. Se tutto fallisce, l’impresa purtroppo andrà incontro alla revoca e alle conseguenze viste, con scarse possibilità di recuperare il beneficio.
Di seguito presentiamo alcune simulazioni pratiche in diversi settori per illustrare questi concetti in situazioni concrete.
Simulazioni Pratiche di Casi di Inadempimento in Diversi Settori
Per comprendere meglio le dinamiche descritte, esaminiamo cinque scenari ipotetici di imprese che beneficiano della Nuova Sabatini ma incappano in difficoltà nel pagamento delle rate. I casi coprono vari settori – industria, artigianato, agricoltura, innovazione/tecnologia e servizi – evidenziando eventuali peculiarità e l’applicazione delle regole generali.
Caso 1: Industria manifatturiera – Inadempimento grave e revoca
Azienda Alfa S.p.A. – settore metalmeccanico (industria): Alfa produce macchinari industriali e nel 2023 ha investito in un nuovo centro di lavoro CNC dal costo di 800.000 €, finanziato con Nuova Sabatini. Ha ottenuto un finanziamento quinquennale di 800.000 € da una banca convenzionata e un contributo Sabatini complessivo di circa 90.000 € (calcolato su 2,75% annuo). Nel 2024, a causa di un improvviso calo di ordini e problemi di liquidità, Alfa inizia a ritardare i pagamenti. Scenario: non paga le rate di luglio e ottobre 2024.
- Fase iniziale: Dopo la prima rata saltata (luglio), la banca sollecita il pagamento. Alfa promette che salderà entro breve, ma a ottobre salta una seconda rata. A questo punto ha 2 rate insolute. Il ritardo della prima ha superato i 90 giorni. La banca, secondo le regole, a novembre (entro 120 gg dal primo insoluto) comunica al MIMIT l’inadempimento dell’azienda Alfa, poiché essa non è rientrata in regola entro 120 giorni dalla scadenza di luglio.
- Sospensione contributo: Il Ministero riceve la comunicazione e sospende l’erogazione della quota di contributo prevista per fine 2024. Alfa infatti avrebbe dovuto ricevere a dicembre 2024 la seconda quota annuale di contributo, ma ciò viene bloccato.
- Assenza di reazione dell’impresa: Alfa nel frattempo non trova i fondi per sanare le rate insolute. La crisi di liquidità perdura. A gennaio 2025 la banca considera l’intero credito scaduto e, seguendo le procedure interne, dichiara la decadenza dal beneficio del termine, chiedendo il rimborso immediato di tutto il debito (circa 640.000 € di capitale residuo). Comunica anche la risoluzione del contratto di finanziamento al Ministero entro 60 giorni, come richiesto.
- Procedimento di revoca: Il MIMIT, avendo ora la certezza dell’inadempimento grave (risoluzione), avvia a febbraio 2025 il procedimento di revoca del contributo concesso ad Alfa. Invia una PEC indicando che, a causa della risoluzione del finanziamento (causa di revoca ex art. 12 lett. o DM 2016), intende revocare l’intero contributo. Dà 10 giorni ad Alfa per eventuali osservazioni.
- Nessuna risposta utile: Alfa, in gravissime difficoltà, non presenta controdeduzioni oppure si limita a spiegare la sua crisi senza poter proporre soluzione concreta (non ha reperito fondi né un accordo di ristrutturazione).
- Revoca totale: A marzo 2025 il Ministero adotta il decreto di revoca: l’intero contributo di 90.000 € viene revocato, disponendo che Alfa debba restituire la quota già incassata (diciamo 15.000 € ricevuti nel 2023 come prima tranche) entro 60 giorni, più interessi legali. Viene anche esplicitato che eventuali altre tranche non verranno erogate.
- Conseguenze: Alfa S.p.A. ora deve:
- Restituire 15.000 € + interessi al Ministero (se non paga, si procederà con iscrizione a ruolo).
- Pagare alla banca 640.000 € + interessi di mora e spese legali. La banca, visto che Alfa non paga, attiva la garanzia del Fondo PMI che copre ad esempio l’80%: quindi circa 512.000 € li ottiene dal Fondo, e rimangono 128.000 € scoperti. La banca agisce legalmente per recuperare quei 128.000 €, notificando un decreto ingiuntivo. Il Fondo di Garanzia subentrerà per i 512.000 € rimborsati, chiedendo anch’esso ad Alfa di restituire (via MEF).
- Alfa, sovraindebitata, decide di portare i libri in tribunale e avvia una procedura di fallimento (liquidazione giudiziale). Il fallimento verrà aperto a metà 2025.
- Epílogo: con il fallimento, la revoca del contributo era comunque inevitabile anche solo per la causa di fallimento entro 3 anni. Il curatore valuterà i debiti: sia la banca (o il Fondo) che lo Stato (credito da revoca) saranno creditori insinuati. Probabilmente Alfa verrà liquidata e i creditori recupereranno pochi centesimi. Alfa S.p.A. cessa l’attività, avendo perso il macchinario (che verrà venduto dal curatore) e avendo vanificato l’agevolazione.
Commento: Questo scenario mostra il caso peggiore, in cui un’impresa industriale non riesce a risollevarsi. La perdita del contributo ha aggravato la situazione (invece di 90k di aiuto, si è trovata 15k da restituire), ma è stata conseguenza della crisi, non causa. Con l’inadempimento grave, la revoca è stata veloce e inesorabile. Settore industriale o no, la legge è uguale: Alfa non ha avuto un trattamento diverso per il fatto di essere manifatturiera. L’unico aspetto è che l’importo grosso ha attivato anche il Fondo di Garanzia, che come visto tutela la banca ma trasferisce il debito all’erario.
Caso 2: Impresa artigiana – Inadempimento lieve risolto
Laboratorio Beta SNC – settore artigianato (ceramica): Beta è una piccola impresa artigiana di produzione ceramiche artistiche. Nel 2024 acquista un nuovo forno industriale da 50.000 €, finanziato con Sabatini (finanziamento di 50k a 5 anni, contributo totale atteso ~4.500 €). A inizio 2025, Beta subisce ritardi nei pagamenti da parte di alcuni clienti importanti e attraversa un problema di cassa. Scenario: Beta ritarda il pagamento della rata di marzo 2025 di circa 2 mesi.
- Mancato pagamento: la rata di € 2.500 (circa) con scadenza- Mancato pagamento: La rata di €2.500 con scadenza marzo 2025 non viene pagata. Beta riceve un sollecito dalla banca ad aprile.
- Regolarizzazione entro 120 giorni: A fine aprile Beta riesce a incassare pagamenti arretrati da clienti e utilizza quei fondi per pagare in ritardo la rata di marzo, versando anche gli interessi di mora contrattualmente previsti (qualche decina di euro). Verso inizio maggio 2025 la rata dovuta è saldata.
- Effetti: La banca non segnala l’inadempimento al Ministero, perché Beta è rientrata in regola entro circa 60 giorni (ben prima del termine di 120 giorni). Formalmente c’è stato un ritardo, ma l’obbligo di segnalazione scatta solo se il ritardo supera 120 giorni senza pagamento. Beta dunque non viene considerata “inadempiente grave” dal sistema Sabatini.
- Contributo intatto: Il Ministero non sospende nulla (non è nemmeno a conoscenza del breve ritardo). Beta riceve regolarmente la quota di contributo a fine 2025.
- Conseguenze minime: Beta ha solo dovuto pagare gli interessi di mora per i 60 giorni di ritardo alla banca. Eventualmente, la banca potrebbe averla segnalata come “scaduto” a Centrale Rischi per quel breve periodo, ma avendo poi saldato, la posizione torna regolare. Non ci sono ripercussioni amministrative: nessuna revoca, nessuna penalità pubblica.
Commento: Questo scenario mostra un inadempimento lieve e sanato. L’impresa artigiana Beta, pur con difficoltà temporanea, ha evitato la revoca pagando entro il “periodo di grazia”. Il programma Sabatini è rimasto pienamente operativo per lei. Ciò illustra l’importanza di sanare prontamente qualsiasi arretrato. Beta, essendo piccola, ha potuto risolvere rapidamente; imprese di dimensioni minori spesso hanno importi di rata più gestibili, quindi anche una famiglia o un piccolo artigiano può magari trovare risorse personali o piccoli prestiti per rientrare.
Caso 3: Azienda agricola – Revoca per uso improprio dei beni
Azienda Agricola Gamma – settore agricoltura: Gamma, impresa agricola familiare, nel 2022 ha acquistato con Sabatini un trattore e attrezzature con un finanziamento di €100.000 (contributo Sabatini circa €8.000). Nel 2024 però decide di vendere quel trattore (magari per prenderne un altro usato più adatto) senza attendere 3 anni dal completamento dell’investimento. Inoltre, Gamma inizia ad avere difficoltà e a fine 2024 omette il pagamento di una rata. Scenario: Doppia violazione – cessione anticipata del bene e mancato pagamento.
- Alienazione del bene: Nel settembre 2024 Gamma vende il trattore acquistato (uno dei beni agevolati) a un’altra azienda, ottenendo liquidità. Questo atto viola l’obbligo di non alienare o distogliere i beni nei 3 anni successivi all’investimento. La banca non viene informata immediatamente, ma durante un controllo di routine (il Ministero effettua controlli a campione sui beneficiari) o in sede di richiesta contributo annuale, il fatto emerge. Ad esempio, a dicembre 2024 Gamma presenta richiesta per la quota contributo successiva e dichiara gli investimenti ancora in uso. Se omettesse di dire che ha venduto il trattore, fornirebbe una dichiarazione mendace – comunque il Ministero potrebbe scoprirlo (ad es. incrociando dati o tramite ispezione).
- Inadempimento finanziario: A ottobre 2024 Gamma non paga la rata trimestrale del finanziamento di €6.250. Non sanerà nemmeno entro 120 giorni perché ha usato i soldi della vendita per pagare debiti urgenti verso fornitori e stipendi.
- Procedimento: La banca segnala a gennaio 2025 al Ministero l’inadempimento (>120 giorni non sanato). Separatamente, nel frattempo il Ministero aveva avviato un controllo per la cessione del bene (ipotizziamo che l’abbia scoperta da riscontri sul territorio).
- Revoca: La causa di revoca c’è sia per l’inadempimento finanziario (lett. o) sia per l’alienazione anticipata (lett. d). Il Ministero, ricevute queste informazioni, avvia un procedimento di revoca combinato. Gamma nel frattempo propone di ricomprare un altro trattore e chiede clemenza, ma la norma è rigida. Nel decreto finale di revoca (primavera 2025) il MIMIT dispone la revoca totale del contributo per duplice violazione. Gamma deve restituire quanto ricevuto (aveva ottenuto già metà contributo in due tranche).
- Conseguenze: Oltre a dover restituire i contributi percepiti (~€4.000), Gamma resta senza il trattore (che ha venduto) e con il debito bancario risolto da pagare. La banca escute la garanzia ISMEA (nelle operazioni agricole spesso c’è ISMEA in luogo del Fondo PMI), recupera parte del credito. L’azienda agricola, impoverita di mezzi, rischia la chiusura.
- Settore agricolo peculiare: In agricoltura i progetti spesso coinvolgono fondi europei (PSR) che hanno regole simili di vincolo d’uso dei beni. Gamma forse ignorava la portata di quei vincoli. Non ci sono eccezioni settoriali: le regole Sabatini su revoca valgono anche in agricoltura (con l’attenuante che i beneficiari agricoli non possono sommare aiuti oltre certe soglie de minimis, ma questo è un altro aspetto).
Commento: Questo scenario evidenzia una causa di revoca differente: non tanto il mancato pagamento, quanto la violazione degli obblighi sull’uso dei beni. L’impresa agricola Gamma avrebbe perso il contributo anche se avesse pagato le rate puntualmente, poiché ha venduto il bene agevolato. In più, avendo anche mancato una rata, peggiora la situazione. In agricoltura come nell’industria, le regole di revoca si applicano identiche. Gli agricoltori devono stare attenti a non violare le norme UE correlate (le FAQ ministeriali sottolineano che anche negli aiuti agricoli ci sono restrizioni, ad esempio divieto di aumentare produzione se l’OCM lo vieta, ecc., pena revoca). Gamma in questo caso ha imparato a proprie spese che vendere un bene vincolato comporta la decadenza.
Caso 4: Startup tecnologica – Tentativo di salvataggio con rinegoziazione
Start-up Delta S.r.l. – settore innovazione/tecnologia (software): Delta è una piccola startup innovativa che nel 2023 ha acquistato server e attrezzature IT con un finanziamento Sabatini di €200.000 (contributo ~€17.000, con maggiorazione 4.0 essendo beni digitali). Nel 2024 perde un importante investitore e fatica a generare ricavi; rischia insolvenza ma ha prospettive di nuovi clienti nel 2025. Scenario: Delta prevede di non poter pagare le rate da gennaio 2025 in poi e cerca di rinegoziare.
- Pre-inadempimento e negoziazione: A fine 2024 Delta vede che non riuscirà a sostenere la rata di gennaio 2025 (€10.000 circa trimestrale). Invece di attendere il default, contatta la sua banca a dicembre 2024, spiegando la situazione e presentando un piano: chiede di sospendere le rate di capitale per 6 mesi e di allungare la durata residua di 1 anno (da fine 2027 a fine 2028) per ridurre le rate. La banca, valutate le prospettive (Delta ha alcuni contratti in pipeline e un possibile nuovo socio), è disponibile in linea di massima. Tuttavia, la banca evidenzia che la durata iniziale era 5 anni (fino al 2027) e portarla a 6 anni richiede di sforare le condizioni Sabatini. Viene deciso di coinvolgere il MIMIT nella discussione.
- Richiesta al MIMIT: Delta, con il supporto della banca, invia a gennaio 2025 una richiesta al Ministero chiedendo autorizzazione ad una modifica del piano di ammortamento per ragioni straordinarie, al fine di evitare la revoca e assicurare il completamento dell’investimento. Si fa leva sul fatto che la misura è rifinanziata fino al 2029 e che un breve allungamento servirebbe a salvare l’azienda.
- Interlocuzione: Il Ministero non ha un format per rispondere a tali richieste, ma informalmente (magari via contatto telefonico con l’ufficio competente) potrebbe far sapere che tollererebbe una sospensione di 6 mesi in analogia con la passata moratoria Covid, purché il contributo resti calcolato su 5 anni. Viene ipotizzato che il contributo di Delta rimarrà distribuito fino al 2027 come da decreto originario (non si allinea alla nuova scadenza 2028), oppure che l’ultima quota venga posticipata, su decisione ministeriale.
- Accordo: La banca e Delta formalizzano un accordo di rinegoziazione: le rate di gennaio e aprile 2025 saranno solo interessi (niente quota capitale), il piano di rimborso del capitale riprenderà da luglio 2025 con nuove rate ricalcolate fino a luglio 2028. La banca comunica queste variazioni al Ministero tramite la piattaforma, indicando che la durata si estende di 6 mesi oltre il previsto.
- Implementazione: Grazie a ciò, Delta non viene mai segnalata come inadempiente – sta rispettando il nuovo piano. Il Ministero non revoca perché non c’è formale default: la condizione di durata leggermente maggiore è stata gestita come eccezione concordata (magari coperta dal potere del Ministero di approvare variazioni oggettive).
- Ripresa: Nel secondo semestre 2025, Delta chiude nuovi contratti e inizia a incassare. Ritorna in salute e dal 2026 paga regolarmente. Nel 2028 completa i pagamenti del finanziamento. Il Ministero, dal canto suo, aveva erogato a Delta le prime quote di contributo nel 2024 e 2025; poi nel 2026 avrebbe dovuto erogare la terza, ma nota che i tempi sono cambiati. Tuttavia, decide di erogare comunque le restanti quote annuali nel 2026 e 2027, mantenendo il calendario originario, e di erogare un’ultima piccola quota finale nel 2028 (oppure già nel 2027 pagando il dovuto residuo in un’unica soluzione). In qualunque modo venga gestito, Delta riceve l’intero contributo di €17.000 entro fine piano, senza perdite.
- Outcome: Delta riesce a superare la crisi senza perdere il beneficio. Nel 2029 l’azienda è florida, il contributo Sabatini ha effettivamente sostenuto la sua crescita come previsto.
Commento: Questo scenario ideale mostra un caso di rinegoziazione riuscita, dove la banca e l’impresa cooperano attivamente e il Ministero mostra flessibilità pragmatica. Ovviamente, nella realtà non sempre il Ministero può adeguarsi: formalmente, estendere la durata oltre 5 anni era fuori dalla norma, ma nel contesto di post-pandemia e con l’obiettivo politico di salvare start-up innovative, possiamo immaginare che tolleri deviazioni moderate. Delta ha giocato d’anticipo, ha coinvolto tutti gli attori, e ciò ha permesso di evitare l’inadempimento. Non tutte le situazioni saranno così, ma serve a evidenziare che esiste uno spazio di manovra prima di arrivare alla revoca, soprattutto se l’impresa mostra trasparenza e piani credibili.
Caso 5: Impresa di servizi – Revoca parziale e contestazione
Impresa Epsilon SRL – settore servizi (logistica): Epsilon, PMI nel campo della logistica, ottiene nel 2021 un finanziamento Sabatini da €300.000 per acquistare veicoli e software (contributo previsto ~€27.000). Nel 2022-2023 paga regolarmente e riceve due quote di contributo. Nel 2024 vende uno dei furgoni acquistati (in violazione dei vincoli triennali) e inoltre commette un errore: non presenta nei termini la richiesta di erogazione per la quota di contributo del 2024 (dimenticanza amministrativa). Scenario: Revoca parziale per inadempimenti procedurali, con Epsilon che fa ricorso.
- Mancata richiesta contributo nei termini: La richiesta di erogazione annuale va presentata entro 60 giorni dalla fine del periodo annuale. Epsilon avrebbe dovuto inviare il modulo RQR per la terza quota entro novembre 2024, ma per un disguido interno non l’ha inviato. Il Ministero, come previsto, considera ciò una causa di revoca (art. 12, comma 1, lett. h: mancata presentazione delle richieste di erogazione nei termini). Nel frattempo Epsilon aveva anche venduto un veicolo nel settembre 2024, violando l’art. 12 lett. d.
- Provvedimento del Ministero: A gennaio 2025 il MIMIT adotta un decreto di revoca parziale: revoca il contributo relativo alla quota non richiesta (terza quota) e relativo al bene ceduto. Poiché Epsilon aveva già percepito due anni di contributo, il Ministero non chiede indietro quelli (perché fino ad allora Epsilon era in regola e i beni – tranne uno – erano mantenuti). Ma revoca tutto il residuo: in pratica Epsilon non riceverà la terza e quarta quota e viene escluso il bene venduto. In valore, invece di €27.000 totali ne riceverà solo €18.000 (due tranche già avute).
- Epsilon reagisce: L’azienda ritiene la sanzione eccessiva per una svista e un singolo furgone venduto. Propone al Ministero di riammettere la richiesta in ritardo, senza esito. Decide quindi di fare ricorso. Sulla base delle indicazioni giurisprudenziali, dovrebbe agire davanti al Tribunale civile competente. Tuttavia, erroneamente presenta ricorso al TAR della sua regione a marzo 2025 chiedendo l’annullamento della revoca parziale.
- Giurisdizione e merito: Il TAR solleva d’ufficio la questione di giurisdizione, richiamando l’orientamento Cons. Stato e Cass. SU 2023, e dichiara il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione a favore del giudice ordinario. Epsilon ha perso tempo, ma può riassumere la causa al giudice ordinario.
- Esito finale: Valutando costi e benefici, Epsilon decide di non proseguire in sede civile, considerando che ormai la maggior parte del contributo l’aveva avuta e il residuo perso era relativamente modesto. Continua l’attività senza quel furgone (ne affitta uno all’occorrenza) e rinuncia al contenzioso.
- Considerazioni: Epsilon ha sperimentato come anche inadempimenti procedurali minori (una domanda tardiva) sono presi sul serio dal Ministero, con la revoca della quota corrispondente. La normativa non prevede flessibilità: “il mancato rispetto dei suddetti termini determina la revoca dell’agevolazione”. Probabilmente Epsilon avrebbe potuto evitare la revoca parziale se avesse chiesto proroga prima della scadenza, ma non lo ha fatto. Quanto alla giustizia, il caso mostra che l’impresa deve individuare correttamente il giudice competente: il TAR non l’ha aiutata (anzi, ha correttamente declinato). Se Epsilon fosse andata in Tribunale civile, avrebbe potuto forse ottenere un esito nel merito (difficile, perché le regole erano chiare, ma magari tentare di far riconoscere un errore scusabile). In ogni caso, il costo di azioni legali per €9.000 di contributo residuo probabilmente non valeva la pena.
Commento: Il caso Epsilon evidenzia come anche le omissioni burocratiche (dimenticarsi di inviare un modulo) causano revoche, e come l’impresa deve muoversi nel giusto foro per contestare. Nei servizi, come in altri settori, non c’è clemenza normativa: i termini sono termini. Inoltre, è esemplificativo di una revoca parziale: invece di revocare tutto, il Ministero ha revocato in proporzione (solamente le parti di contributo non maturate o sul bene non più esistente). Questo approccio modulare rientra nei poteri del Ministero (anche l’art. 15.2 della circolare indica possibilità di revoca parziale).
Queste simulazioni coprono diverse fattispecie: dall’industria che fallisce, all’artigiano che recupera, all’agricoltore che ignora i vincoli, alla startup che negozia, al servizio che incappa in errori formali. Come si vede, la disciplina è uniforme ma le circostanze variano: in tutti i casi, però, il mancato rispetto delle regole (pagamenti o altri obblighi) porta a conseguenze pesanti sulla fruizione dell’agevolazione.
Conclusioni
La Nuova Sabatini è un importante strumento di sostegno finanziario alle PMI italiane per investimenti produttivi. Tuttavia, il suo godimento è vincolato al rispetto di precisi obblighi da parte dell’impresa beneficiaria, primo fra tutti il regolare rimborso delle rate di finanziamento.
In caso di mancato pagamento delle rate, la normativa prevede una tolleranza limitata (fino a 120 giorni per rimediare), dopodiché scattano meccanismi che possono condurre alla revoca totale dell’agevolazione. Abbiamo visto che per inadempimenti lievi, risolti tempestivamente, l’impresa può evitare la revoca e proseguire senza perdere il contributo. Al contrario, in presenza di inadempimenti gravi o protratti, l’iter conduce alla revoca con relative conseguenze: sospensione del contributo, richiesta di restituzione delle somme erogate, e possibili azioni di recupero forzoso.
Oltre al mancato pagamento, anche altre violazioni (dichiarazioni mendaci, mancato rispetto dei termini procedurali, cessione anticipata dei beni, cumulo illecito di aiuti, ecc.) costituiscono cause di revoca, come dettagliato dall’art. 12 del DM attuativo.
L’impresa beneficiaria, pertanto, deve prestare la massima attenzione sia alla gestione finanziaria (assicurandosi di poter sostenere il piano di rimborso, o altrimenti attivandosi per tempo con la banca per trovare soluzioni), sia al rispetto formale di tutti gli obblighi collegati all’agevolazione. Ignorare anche solo un adempimento può costare la perdita del contributo.
In caso di difficoltà, esistono possibili vie di rinegoziazione o sospensione accordate con la banca, e in casi eccezionali normative emergenziali (come quelle emanate per Covid) possono aiutare a evitare che ritardi temporanei sfocino in revoche. È dunque fondamentale che l’impresa in crisi comunichi tempestivamente con i propri finanziatori e, se necessario, con il Ministero, cercando di arginare il problema prima che diventi irreversibile.
Dal punto di vista giuridico, abbiamo chiarito che le controversie relative alla revoca dei contributi per inadempienze dell’impresa sono devolute alla giurisdizione ordinaria. Un’impresa che voglia contestare una revoca (ritenendola ingiusta o viziata) dovrà rivolgersi al tribunale civile competente, eventualmente dopo aver valutato costi e benefici di una battaglia legale. Le recenti pronunce di Cassazione e Consiglio di Stato hanno eliminato dubbi in merito, evitando all’impresa di impugnare davanti al giudice sbagliato.
In definitiva, “Cosa succede se non pago le rate del finanziamento?” – riassumendo i punti chiave emersi:
- Se il ritardo è contenuto e rapidamente sanato, probabilmente nulla di irreparabile: pagherai qualche interesse di mora ma manterrai il contributo (nessuna revoca).
- Se il mancato pagamento perdura e supera le soglie di guardia, perderai l’agevolazione: il Ministero sospenderà e poi revocherà il contributo, e dovrai restituire quanto eventualmente già ottenuto. Inoltre la banca potrà esigere immediatamente tutto il debito residuo.
- Una volta revocato il contributo, non c’è margine di trattativa ordinaria: il provvedimento è definitivo, salvo tu faccia ricorso in tribunale e riesca a dimostrare un abuso o vizio dell’amministrazione (evenienza rara se la revoca è dovuta a un tuo inadempimento oggettivo).
- Le banche e il Ministero agiscono coordinati in questi casi: appena la banca segnala il tuo default, il Ministero interviene. Non ci si può nascondere.
- Prevenire è meglio che curare: comunicare con la banca, rinegoziare se possibile, e rispettare tutti i termini amministrativi, sono le migliori strategie per non incorrere nelle severe sanzioni previste.
La guida ha dunque illustrato in dettaglio il funzionamento della Nuova Sabatini e le implicazioni del mancato pagamento delle rate, integrando riferimenti normativi e esempi pratici. Le fonti normative e giurisprudenziali seguenti forniscono ulteriori dettagli ufficiali per chi volesse approfondire specifici aspetti trattati.
Fonti Normative e Giurisprudenziali (Bibliografia)
- Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) – Sito ufficiale “Beni strumentali (Nuova Sabatini)”. Informazioni generali sulla misura, requisiti, settori ammessi, agevolazioni. (URL: mimit.gov.it, sezione Incentivi – Nuova Sabatini)
- Legge di Bilancio 2025 (L. 30 dicembre 2024 n. 207) – Rifinanziamento Nuova Sabatini con 1,7 miliardi per 2025-2029.
- Decreto-Legge 21 giugno 2013 n. 69, art. 2 (conv. in L. 98/2013) – Istituzione originaria della “Nuova Sabatini”. Prevede finanziamenti agevolati alle PMI per investimenti in beni strumentali e contributo statale sugli interessi.
- Decreto Interministeriale 25 gennaio 2016 (MISE-MEF) – Disciplina attuativa della Nuova Sabatini (G.U. n.58 del 10-03-2016). In particolare: art. 5 (termini realizzazione investimenti), art. 10 (modalità erogazione contributo e obblighi, es. diciture fatture, richieste entro 60/120 gg), art. 12 (cause di revoca).
- Decreto Interministeriale 22 aprile 2022 (MISE-MEF) – Nuova disciplina aggiornata (G.U. n.139 del 16-06-2022). Introduce Sabatini 4.0, Sabatini Green, Sabatini Sud. Mantiene cause di revoca e obblighi, con adeguamenti.
- Circolare direttoriale MISE 6 dicembre 2022 n. 410823 – Istruzioni operative vigenti (testo coordinato). Sezione 13: obblighi di comunicazione di banche e imprese, sospensione erogazione in caso di inadempimento, procedura di revoca. Par. 13.10 e 13.11 in particolare.
- Circolare direttoriale MIMIT 22 luglio 2024 n. 1115 – Istruzioni “Nuova Sabatini Capitalizzazione”. Specifica termini e modalità per aumento di capitale e integrare documentazione (richiamata in [1] avviso). (Introduzione dell’incremento contributivo per PMI che aumentano il capitale sociale).
- FAQ Nuova Sabatini – MIMIT – Domande frequenti pubblicate sul sito ministeriale. Chiariscono ad esempio: definizione di “avvio investimento” (deve essere successivo alla domanda); cause di revoca (riepilogo in linguaggio semplificato); cumulabilità con altre agevolazioni; proroghe Covid, ecc.
- Avviso MIMIT 2021 – Moratoria COVID-19 – Comunicazione ufficiale sul sito MiSE della proroga al 30/06/2021 della sospensione delle rate per le imprese aderenti alla moratoria Covid, in attuazione dell’art. 1 c.248 L.178/2020. Conferma che la durata finanziamento può sforare 5 anni in deroga e che l’erogazione contributo non subisce modifiche.
- Convenzione MIMIT-ABI-CDP “Beni Strumentali” (testo coordinato aggiornato ad agosto 2024) – Regola i rapporti con banche: obbligo di comunicazioni, facoltà banca di risolvere finanziamento in caso di revoca contributo, niente penali su provvista CDP, ecc. (Disponibile sul sito MIMIT).
- Cassazione Civile Sezioni Unite 17 febbraio 2016 n. 3057 – Sentenza storica che distingue giurisdizione su revoca aiuti: giudice ordinario se revoca per inadempienze beneficiario.
- Cassazione Civile Sezioni Unite 4 gennaio 2023 n. 146 – Ordinanza confermativa: revoca per fatti imputabili al privato = giurisdizione ordinaria.
- Cassazione Civile Sezioni Unite 21 giugno 2023 n. 17757 – Ribadisce i criteri di riparto in materia di revoche di contributi.
- Cassazione Civile Sezioni Unite 12 luglio 2023 n. 19966 – Ordinanza (caso L.488/92) che risolve conflitto giurisdizione: afferma che la revoca derivante da accertamento di inadempimenti del fruitore di obblighi o vincoli di legge è materia da A.G.O.. Commentata in Diritto.it 22/08/2023.
- Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 gennaio 2025 n. 361 – Sentenza che dichiara inammissibile il ricorso TAR per difetto di giurisdizione in un caso di revoca contributo per inadempimento (dich. mendace su pagamento). Conferma giurisdizione ordinaria e richiama Cass. SU 2023. (Caso MEC 3 s.r.l.).
- TAR Lazio – sentenza n. 9034/2023 – (Citata in Cons. Stato 361/2025) Pronuncia di primo grado che aveva annullato la revoca a MEC 3 s.r.l. per supposta insussistenza della violazione, poi riformata per giurisdizione.
- Gazzetta Ufficiale:
- GU Serie Generale n.58 del 10-03-2016, Decreto 25/1/2016 (codice 16A01933) – testo ufficiale delle norme (consultabile su sito GU).
- GU Serie Generale n.139 del 16-06-2022, Decreto 22/4/2022 (22A03524).
- Leggi di bilancio rilevanti: L.160/2019 art.1 cc.226-229; L.178/2020 art.1 cc.95-96; L.234/2021 art.1 cc.47-48 (introd. Sabatini Sud); L.197/2022 art.1 cc.414-416 (rifinanziamento 2023); L.207/2024 art.1 c.461 (rifinanziamento 2025) – richiamate nella sezione normativa MIMIT
Nuova Sabatini: Cosa Succede Se Non Pago le Rate del Finanziamento? Affidati a Studio Monardo
Hai ottenuto un finanziamento agevolato con contributo statale tramite la Nuova Sabatini, ma ora non riesci più a sostenere il pagamento delle rate?
Non sei il solo. Sempre più imprese si trovano in difficoltà dopo aver beneficiato dei finanziamenti Sabatini, soprattutto in presenza di crisi di liquidità, calo degli ordinativi o aumento dei costi.
Quando i pagamenti si bloccano, la banca può revocare il finanziamento, il MIMIT (ex MISE) può revocare il contributo e in breve tempo scatta la richiesta di rimborso integrale, con interessi e sanzioni.
Ma attenzione: esistono strumenti legali per difendersi e soluzioni per rientrare senza affondare la tua attività.
Affidati a Studio Monardo, lo studio legale esperto nella gestione di debiti da finanziamenti agevolati
L’Avvocato Giuseppe Monardo è specializzato nella difesa di imprenditori che non riescono più a pagare finanziamenti legati a bandi pubblici, tra cui quelli concessi con la Nuova Sabatini.
Cosa fa per te l’Avvocato Monardo
✅ Verifica il contratto di finanziamento e controlla se ci sono irregolarità nella richiesta di revoca o nei calcoli effettuati da banca e MIMIT
✅ Contesta l’eventuale provvedimento di revoca del contributo o la richiesta di rimborso integrale
✅ Blocca azioni di recupero forzato, cartelle, fermi o iscrizioni ipotecarie in caso di escussione della garanzia
✅ Predispone un piano legale di rientro o attiva una procedura di saldo e stralcio
✅ Valuta, se necessario, l’accesso a una procedura di esdebitazione, nei casi di crisi aziendale conclamata
Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
🔹 Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, iscritto al Ministero della Giustizia
🔹 Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa, abilitato ex D.L. 118/2021
🔹 Fiduciario di un OCC – Organismo di Composizione della Crisi
🔹 Coordinatore nazionale di avvocati e consulenti specializzati in diritto bancario e contenzioso con enti pubblici
Perché agire subito
– La banca può chiedere il rientro immediato se salti anche una sola rata
– Il MIMIT può revocare l’intero contributo concesso, anche se già erogato
– Il debito può finire in mano all’Agenzia delle Entrate Riscossione, con pignoramenti e segnalazioni
– Solo un intervento legale tempestivo ti permette di difenderti e salvare la tua attività
Conclusione
Non riuscire a pagare le rate del finanziamento Sabatini non significa essere un cattivo imprenditore.
Ma senza una difesa legale, rischi di perdere tutto: azienda, credibilità e patrimonio.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo vuol dire avere al tuo fianco un esperto capace di trattare con banche ed enti pubblici, bloccare le richieste e chiudere il debito nel modo più vantaggioso.
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