Hai ottenuto un microcredito con le misure del decreto Cura Italia, ma ora non riesci più a pagare le rate?
Allora questa guida dello Studio Monardo – gli avvocati esperti in cancellazione dei debiti da finanziamenti agevolati e microcrediti statali – è esattamente quello che ti serve.
Scopri cosa succede se non riesci a restituire il microcredito, quali sono le conseguenze legali e finanziarie, cosa può fare davvero la banca e quando interviene la garanzia pubblica.
In fondo alla guida troverai tutti i riferimenti utili per richiedere una consulenza riservata, analizzare il tuo caso specifico e difenderti con una strategia legale su misura.
Cosa Succede Se Non Pago Il Microcredito del Cura Italia: La Guida Di Studio Monardo
Introduzione
Il “Decreto Cura Italia” (D.L. 18/2020), emanato durante l’emergenza Covid-19, ha introdotto o potenziato misure di accesso al credito per sostenere famiglie, lavoratori autonomi, professionisti e imprese (incluse PMI e titolari di Partita IVA) colpiti dalla crisi. Tra queste misure rientrano varie forme di microcredito e finanziamenti di piccolo importo, spesso garantiti dallo Stato tramite il Fondo Centrale di Garanzia PMI. Esempi sono i piccoli prestiti fino a 25.000€ (poi elevati a 30.000€) garantiti al 100% per PMI e autonomi, microfinanziamenti fino a 3.000€ a 18 mesi per ditte individuali e professionisti, nonché l’estensione del microcredito imprenditoriale ex art. 111 TUB da 25.000€ a 40.000€. Queste operazioni, sebbene nate in un contesto emergenziale, mantengono la natura di finanziamenti bancari ordinari – la presenza della garanzia statale non esonera le banche dal rispetto delle regole ordinarie di credito.
Questa guida approfondisce cosa accade in caso di inadempimento (mancato pagamento) di tali microcrediti “Cura Italia”, esaminando in dettaglio:
- le conseguenze legali (in sede civile e, in caso di abusi, anche penali),
- le conseguenze fiscali e patrimoniali per il debitore inadempiente,
- il ruolo e l’attivazione del Fondo di Garanzia e le relative procedure di escussione,
- l’impatto sul merito creditizio del debitore (segnalazioni nelle centrali rischi pubbliche e private),
- le possibilità di rinegoziazione, moratoria o ristrutturazione del debito,
- gli strumenti di tutela del debitore (sia stragiudiziali che concorsuali) e le tutele disponibili per i creditori (banche e Stato),
- i riferimenti normativi aggiornati a aprile 2025,
- la giurisprudenza più rilevante e recente in materia.
L’obiettivo è fornire una guida completa, con linguaggio tecnico giuridico, rivolta a avvocati e imprenditori, per comprendere le implicazioni del mancato rimborso di questi finanziamenti. Nelle sezioni seguenti, verranno prima delineate le tipologie di microcredito Cura Italia e i loro meccanismi, per poi analizzare dettagliatamente le conseguenze di un eventuale default e le opzioni a disposizione delle parti.
Tipologie di Microcrediti “Cura Italia” e Caratteristiche
In via preliminare, è utile chiarire quali sono i finanziamenti riconducibili al cosiddetto “microcredito” del Cura Italia, poiché le conseguenze del mancato pagamento possono variare in base alla tipologia e alla normativa specifica che li disciplina. Di seguito le principali categorie:
- 1) Microprestiti fino a 25.000€ (poi 30.000€) per PMI, autonomi e Partite IVA – Introdotti dall’art. 13, comma 1, lett. m) del Decreto Liquidità (D.L. 23/2020, strettamente collegato al Cura Italia), erano piccoli finanziamenti fino al 25% del fatturato 2019 (massimo 25.000€, poi elevato a 30.000€) destinati a imprese e titolari di Partita IVA danneggiati dal COVID-19. Questi prestiti sono chirografari (senza garanzie reali), con durata iniziale fino a 6 anni (di cui 24 mesi di preammortamento) e tasso d’interesse calmierato. La caratteristica chiave è la garanzia statale del Fondo PMI al 100% dell’importo, concessa automaticamente e gratuitamente. In pratica, la banca eroga il credito confidando nella copertura integrale da parte del Fondo di Garanzia in caso di insolvenza del cliente. A partire dal 2021, la durata massima rimborsabile è stata estesa fino a 10 anni, offrendo ai debitori maggiore respiro per la restituzione.
- 2) Finanziamenti con garanzia all’80-90% per PMI fino a 5 milioni di euro – Oltre ai microprestiti di cui sopra, il Fondo di Garanzia (potenziato dal Cura Italia) ha coperto un’ampia gamma di prestiti a piccole e medie imprese fino a importi elevati (fino a 5 milioni €) con garanzia 80% statale diretta (90% in riassicurazione). Questi non sono “microcrediti” in senso stretto, ma rientrano nelle misure emergenziali. Il meccanismo prevede che per importi superiori a 30.000€, la garanzia pubblica copra una percentuale (70-90%) lasciando una parte di rischio a carico della banca o dei Confidi. Ad esempio, per un prestito di 100.000€ con garanzia statale 90%, la banca resta esposta per il 10%. In caso di insolvenza, la banca escute il Fondo per la quota garantita e mantiene il diritto di rivalersi sul debitore per la quota scoperta. Questa categoria include anche finanziamenti per liquidità o investimenti coperti da garanzia statale nell’ambito del Temporary Framework UE (fondo MCC per PMI e garanzia SACE per grandi imprese).
- 3) Microcredito “imprenditoriale” ex art. 111 TUB (25.000→40.000€) – Il Cura Italia (art. 49 D.L. 18/2020) ha previsto l’innalzamento dell’importo massimo del microcredito imprenditoriale regolato dal TUB da 25.000€ a 40.000€, con possibilità di arrivare fino a 50.000€ in presenza di determinate condizioni. Si tratta dei microcrediti erogati da operatori di microcredito (soggetti iscritti ex art. 111 TUB) a imprese e professionisti, tipicamente di importo ridotto e accompagnati da servizi ausiliari. Il decreto ha esteso anche a queste operazioni le garanzie del Fondo PMI e le moratorie. Tuttavia, l’effettiva operatività del nuovo limite di 40.000€ ha richiesto decreti attuativi e l’adeguamento del DM MEF 176/2014, per cui l’entrata a regime è avvenuta solo in seguito. In caso di default su questi microcrediti, essendo anch’essi garantiti dal Fondo Centrale (se deliberato), operano dinamiche simili ai prestiti bancari garantiti.
- 4) Piccoli finanziamenti per persone fisiche fino a 3.000€ – Il Cura Italia ha introdotto una misura specifica (art. 49, co.1, lett. k, D.L. 18/2020) per lavoratori autonomi e persone fisiche esercenti attività d’impresa o professioni: un finanziamento rapidissimo di importo contenuto (massimo 3.000€) e durata 18 mesi meno un giorno, anch’esso garantito dallo Stato. Questi microprestiti “personali” erano volti a dare liquidità immediata a micro-imprese individuali e partite IVA, mediante erogazione bancaria basata su autocertificazione del danno da Covid e copertura dell’80% del Fondo PMI (90% in caso di riassicurazione tramite confidi). Pur se di ammontare modesto, il mancato rimborso comporta l’attivazione della garanzia statale e l’escussione similmente alle altre categorie.
- 5) Moratorie su prestiti e altre misure per famiglie – Anche se non si tratta di nuovi finanziamenti, vanno menzionate le moratorie e sospensioni di pagamento previste dal Cura Italia, perché incidono sullo status dei microcrediti esistenti. L’art. 56 D.L. 18/2020 ha consentito alle micro, piccole e medie imprese di sospendere fino al 30/09/2020 (poi prorogato) le rate di mutui e leasing, includendo espressamente anche le operazioni di microcredito. Per le famiglie e persone fisiche, il Fondo Gasparrini (sospensione mutui prima casa) è stato ampliato e molte finanziarie hanno aderito su base volontaria a moratorie per prestiti al consumo. Sebbene non siano “microcrediti” in senso proprio, queste misure hanno rilevanza perché il mancato pagamento durante il periodo di moratoria non costituiva inadempimento né segnalazione a sofferenza, congelando di fatto le conseguenze negative. Ad esempio, Banca d’Italia precisò che l’adesione alla moratoria ex lege non comportava segnalazioni negative in Centrale Rischi. Terminato il periodo di grazia, tuttavia, il prestito è tornato esigibile regolarmente.
In sintesi, sotto l’etichetta “microcredito del Cura Italia” rientrano sia i piccoli finanziamenti agevolati creati ad hoc durante l’emergenza (es. 25.000/30.000€ e 3.000€), sia forme di microcredito ordinario potenziato dalla normativa emergenziale. Tutti questi finanziamenti, in caso di mancato pagamento, attivano meccanismi di recupero del credito in parte peculiari (per via della garanzia pubblica) che andremo ora ad esaminare. Le differenze principali attengono alla copertura della garanzia (100% vs 80%) e alla natura del debitore (consumatore, piccolo imprenditore, società), ma molti effetti dell’inadempimento sono comuni.
Conseguenze dell’Inadempimento: Profili Generali
“Non pagare” un microcredito ottenuto con le misure del Cura Italia espone il debitore a una serie di conseguenze civili, patrimoniali e anche potenzialmente penali. È importante distinguere i vari piani:
- Inadempimento Civile e Contrattuale: il mancato pagamento di una o più rate configura un inadempimento contrattuale (art. 1218 c.c.). Tipicamente, dopo un certo numero di rate non pagate (spesso 2 o 3 consecutive, secondo il contratto), la banca può dichiarare la decadenza dal beneficio del termine, ossia chiedere immediatamente il rimborso di tutto il debito residuo in un’unica soluzione. Il debitore inadempiente sarà tenuto a pagare: il capitale residuo, gli interessi maturati e interessi moratori contrattuali (solitamente più alti) dal momento della mora, oltre ad eventuali penali previste nel contratto di finanziamento. L’inadempimento, di per sé, non costituisce reato: il diritto italiano non punisce penalmente la mera insolvibilità civile. Tuttavia, le tutele civilistiche del creditore sono molto incisive, specie in presenza della garanzia statale, come si vedrà a breve.
- Conseguenze Patrimoniali: una volta divenuto definitivo l’inadempimento (ad es. dopo costituzione in mora e risoluzione del contratto di prestito), il creditore procederà al recupero forzoso delle somme. Per i microcrediti Cura Italia entra in gioco il Fondo di Garanzia statale: la banca, invece di iniziare subito lunghe azioni esecutive contro il debitore, attiverà la garanzia pubblica per recuperare la quota coperta (80%-100% del capitale). Questo shift ha due effetti: (i) lo Stato (Fondo PMI) paga la banca per la parte garantita, subentrando in quella porzione di credito (surrogazione ex art. 1203 c.c.); (ii) il debitore si ritrova creditore lo Stato per l’importo pagato al posto suo, mentre resta debitore verso la banca per l’eventuale parte non coperta dalla garanzia. In pratica, ad esempio, su un prestito di 100.000€ garantito all’80%, se il debitore non paga: la banca ottiene 80.000€ dal Fondo di Garanzia e chiederà al debitore i restanti 20.000€; il Fondo (cioè lo Stato) diventa creditore verso il debitore inadempiente per gli 80.000€ pagati.
- Impatto sul Merito Creditizio: già dopo poche settimane di ritardo, la banca segnala le rate impagate ai sistemi di informazione creditizia privati (es. CRIF, Experian, Cerved) e, se l’esposizione supera determinate soglie, alla Centrale dei Rischi di Banca d’Italia. In base alle regole di vigilanza, un arretrato di oltre 90 giorni classifica il credito come “default” o sofferenza (se c’è anche valutazione di insolvenza). Dunque, il debitore inadempiente viene segnalato come cattivo pagatore, il che compromette il suo rating creditizio e la possibilità di ottenere nuovi finanziamenti. La segnalazione di sofferenza in Centrale Rischi (per importi rilevanti, es. oltre 30.000€) è particolarmente pregiudizievole, poiché è visibile a tutto il sistema bancario. Anche i piccoli importi, però, rimangono nei SIC privati: una singola rata non pagata oltre 60-90 giorni comporta un’informazione negativa che permane diversi anni. Va evidenziato che durante le moratorie ex lege del 2020-21 le segnalazioni negative erano sospese, ma cessata la moratoria, un mancato pagamento genera segnalazione come di consueto. In sostanza, il “nome” del debitore inadempiente finisce nelle banche dati dei cattivi pagatori, con conseguenze reputazionali e operative (difficoltà di accesso al credito, necessità di garanzie aggiuntive, ecc.).
- Possibili Risvolti Penali (casi di frode o abuso): come anticipato, il semplice inadempimento non configura reato. Tuttavia, attorno ai finanziamenti garantiti dallo Stato sono stati introdotti e applicati reati specifici qualora il prestito sia stato ottenuto indebitamente con false attestazioni o sia stato utilizzato in modo illecito. Ad esempio, chi ottiene un finanziamento COVID garantito dallo Stato mediante dichiarazioni false commette il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.). La Cassazione ha confermato questa qualificazione nel caso di una professionista che aveva falsificato il reddito per ottenere 25.000€ garantiti, dichiarando danni da Covid inesistenti: ciò costituisce reato perché l’intervento del Fondo di Garanzia è considerato un “aiuto pubblico” a tutti gli effetti. In tali ipotesi, l’inadempimento (il mancato rimborso) assume rilevanza penale perché si accompagna a una condotta fraudolenta iniziale. Un altro possibile profilo penale è la malversazione (art. 316-bis c.p.) nel caso di distrazione dei fondi ottenuti a fini diversi da quelli dichiarati, ma la giurisprudenza tende a inquadrare queste condotte comunque nell’alveo dell’indebita percezione o, nei casi più gravi di artifici, della truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640, co.2 c.p.). Inoltre, dal lato delle banche, è emerso il tema della concessione abusiva di credito: se la banca eroga un prestito garantito a un’impresa chiaramente insolvente solo per scaricare il rischio sullo Stato, potrebbe concorrere nel reato di bancarotta semplice aggravata (per aver aggravato il dissesto dell’impresa) nel successivo fallimento. Su questo aspetto torneremo nella sezione giurisprudenziale, data la rilevanza in diverse pronunce del 2023-2024.
In definitiva, il mancato pagamento di un microcredito “Cura Italia” attiva immediatamente il meccanismo della garanzia pubblica e dà luogo a un doppio fronte di recupero crediti (banca per l’eventuale parte non garantita, Stato per la parte garantita). Il debitore subisce inoltre danno alla propria reputazione creditizia e rischia, se vi sono irregolarità, conseguenze penali. Nelle sezioni che seguono analizzeremo più nel dettaglio questi profili, partendo dal ruolo del Fondo di Garanzia e dalle procedure di escussione.
Ruolo del Fondo di Garanzia e Procedure di Escussione dello Stato
Una peculiarità dei finanziamenti emergenziali Cura Italia è la presenza della garanzia “a prima richiesta” del Fondo Centrale di Garanzia PMI (gestito da MCC – Mediocredito Centrale per conto dello Stato). In caso di inadempimento del debitore, questa garanzia altera il consueto iter di recupero crediti: la banca viene rimborsata (in tutto o in parte) dallo Stato, e lo Stato subentra come creditore verso il debitore. Approfondiamo come avviene questo passaggio e quali procedure l’accompagnano:
- Escussione della Garanzia da parte della Banca: quando il debitore omette il pagamento e supera la soglia di tolleranza (in genere 90 giorni di ritardo o classificazione a sofferenza), la banca attiva formalmente la procedura di escussione della garanzia statale. Le norme operative del Fondo richiedono che la banca invii al debitore un avviso prima di escutere la garanzia, avvertendolo che il Fondo PMI pagherà il dovuto e si rivarrà poi su di lui. Questo avviso (obbligatorio, a pena di decadenza della garanzia) tutela il debitore informandolo delle conseguenze imminenti e dandogli un’ultima chance di regolarizzare. Decorso il termine senza esito, la banca presenta domanda di escussione al Fondo entro i termini previsti (molto brevi, tipicamente entro 90 giorni dall’inadempimento conclamato). Trattandosi di garanzia “a prima richiesta e pagamento indennitario”, il Fondo di Garanzia paga la banca senza necessità di attendere l’esito di azioni giudiziarie contro il debitore. Ad esempio, con garanzia all’100%, la banca recupera l’intero capitale residuo dal Fondo; con garanzia all’80-90%, la banca recupera quella percentuale e può eventualmente agire per il resto.
- Surrogazione dello Stato come Creditore: una volta corrisposto l’indennizzo, il Fondo di Garanzia si surroga nei diritti della banca verso il debitore per l’importo pagato (art. 1203 c.c.). Ciò significa che lo Stato acquisisce il credito (per capitale e interessi pagati alla banca) nei confronti del debitore inadempiente. Tecnicamente, la banca rilascia quietanza per la parte garantita e mantiene – se del caso – solo la quota di credito non coperta. Di solito, per semplificare, la banca e il Fondo coordinano le azioni di recupero: in molti casi di garanzia 100%, la banca dopo l’escussione cede l’intera pratica al soggetto pubblico, concentrando in capo a quest’ultimo l’azione di recupero. Se c’è una parte non garantita (es: 20%), la banca potrà decidere se agire parallelamente per quella quota o attendere. L’importante è che, per la quota garantita, il debitore ora deve restituire i soldi allo Stato, non più alla banca. Questo debito verso lo Stato conserva natura civile (non è un tributo), ma gode di uno status privilegiato come vedremo.
- Procedura di Recupero Coattivo tramite Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER): Il credito vantato dallo Stato (Fondo PMI) per le somme pagate rientra tra i crediti di natura pubblica soggetti a riscossione mediante ruolo. La legge infatti prevede una corsia preferenziale: il Fondo di Garanzia, una volta escussa la garanzia, affida il recupero a Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia), potendo utilizzare le stesse procedure accelerate dei crediti erariali. In particolare, il recupero avviene ai sensi del D.P.R. 28 gennaio 1988 n.43 (Testo Unico sulla riscossione coattiva delle entrate patrimoniali dello Stato), che consente: (i) la formazione di un titolo esecutivo immediato (il debitore viene iscritto a ruolo e gli viene notificata una cartella di pagamento esecutiva senza bisogno di sentenza); (ii) tempi molto più rapidi rispetto a un pignoramento ordinario, poiché non occorre passare per un decreto ingiuntivo né attendere termini di precetto – la cartella esattoriale, dopo la notifica e decorsi 60 giorni senza pagamento, legittima già l’esecuzione forzata. In pratica, il debitore inadempiente potrebbe vedersi arrivare una cartella esattoriale da AdER per il credito del Fondo PMI anche pochi mesi dopo il default, anziché aspettare anni di causa. Questo meccanismo conferisce allo Stato-creditore un notevole vantaggio procedurale.
- Privilegio Statale sul Credito Recuperato: Oltre alla procedura rapida, la legge assicura al credito dello Stato una posizione di privilegio generale mobiliare sui beni del debitore. In base all’art. 9 del D.lgs. 123/1998 (normativa sui finanziamenti pubblici) e successive modifiche, il credito vantato da MCC (per il Fondo PMI) o da SACE in seguito all’escussione è assistito da privilegio generale sui beni mobili del debitore, posizionandosi appena dopo i crediti per spese di giustizia e i crediti di lavoro (art. 2751-bis c.c.). Si tratta di un vero e proprio “super-privilegio” statale: in caso di esecuzione forzata o fallimento, lo Stato avrà diritto di essere soddisfatto con precedenza sulla gran parte degli altri creditori chirografari e anche privilegiati minori. Ad esempio, se il debitore possiede beni pignorabili (macchinari, automezzi, crediti verso terzi), il ricavato andrà prima a coprire le spese legali, poi gli eventuali dipendenti creditori, quindi il Fondo di Garanzia per il suo credito, relegando tutti gli altri creditori non privilegiati in coda. Questo rafforzamento della posizione creditoria statale è stato ritenuto fondamentale per garantire il recupero delle somme pubbliche impiegate a sostegno (evitando che lo Stato resti insoluto in caso di concorso di creditori).
- Limiti e modalità della Riscossione Pubblica: Sebbene efficiente, la riscossione tramite AdER comporta alcune particolarità. Anzitutto, la somma iscritta a ruolo può comprendere oneri di riscossione e interessi di mora tipici delle cartelle esattoriali, che si aggiungono al debito originario. Inoltre, la normativa vigente pone alcune tutele per il debitore che non esistono nell’esecuzione privata: ad esempio, Agenzia Entrate-Riscossione non può pignorare la prima casa del debitore se è l’unico immobile di residenza non di lusso (può iscrivere ipoteca oltre 20.000€ di debito, ma non procedere alla vendita forzata). Questo significa che, paradossalmente, un debitore proprietario solo della propria abitazione principale risulta meno esposto all’esproprio immobiliare da parte dello Stato rispetto a quanto sarebbe con una banca (che invece potrebbe aggredire l’immobile). Restano però pienamente pignorabili da AdER gli altri beni: conti correnti, stipendi (nei limiti di legge), seconde case o immobili commerciali, veicoli, ecc. Inoltre, il debitore ha la possibilità di chiedere a AdER una rateizzazione del debito iscritto a ruolo, secondo le regole generali (piani fino a 72 o 120 rate mensili a seconda dell’importo, con decadenza in caso di ulteriori inadempimenti). Questa facoltà di dilazione può costituire uno strumento di sollievo per il debitore che intenda regolarizzare la posizione evitando misure esecutive drastiche.
In sintesi, l’attivazione del Fondo di Garanzia in caso di default comporta un passaggio di testimone: la banca recupera in pochi mesi dal Fondo gran parte del credito, mentre il debitore vede trasformarsi il suo debito verso la banca in un debito verso lo Stato. Lo Stato esercita il recupero tramite l’Agente della Riscossione con poteri speciali (esecuzione accelerata e crediti privilegiati), bilanciati tuttavia da alcune protezioni (come il divieto di pignorare la prima casa nelle condizioni dette). Per l’imprenditore o professionista, questo scenario significa che il debito non scompare affatto con l’intervento statale: semplicemente, bisognerà pagare un nuovo creditore (lo Stato) che spesso è ancor più organizzato nel riscuotere. Da notare anche che il Fondo di Garanzia non prevede sconti o remissioni automatiche: ogni euro pagato dallo Stato verrà richiesto integralmente al debitore, essendo esclusa la liberazione del debitore salvo pagamento. Solo attraverso eventuali procedure concorsuali o transazioni (vedi oltre) il debitore potrebbe cercare uno sconto sul dovuto.
Impatto sulle Centrali Rischi e sul Rating Creditizio del Debitore
Una preoccupazione immediata per qualsiasi debitore che si trovi in difficoltà è l’effetto che il mancato pagamento avrà sulla sua reputazione creditizia e sulle segnalazioni presso le centrali rischi finanziarie. I microcrediti Cura Italia, pur essendo spesso di importo limitato, non fanno eccezione: il loro default comporta segnalazioni negative che possono condizionare pesantemente la vita economica futura del debitore (sia esso un imprenditore, un professionista o una famiglia). Vediamo i principali effetti:
- Segnalazione nei Sistemi di Informazione Creditizia privati (CRIF, Experian, etc.): Questi sistemi registrano l’andamento dei finanziamenti al dettaglio (prestiti, mutui, carte di credito) di praticamente ogni banca e finanziaria. Già dopo 30 giorni di ritardo su una rata, la banca può segnalare un “ritardo di 1 mese” a queste banche dati; dopo 2 rate scadute, si segnala un ritardo più grave, fino ad arrivare alla sofferenza se il credito viene classificato a perdita. Una volta segnalato, il nominativo del debitore resta memorizzato: un ritardo grave o sofferenza viene conservato nei SIC per almeno 36 mesi dalla regolarizzazione o chiusura del rapporto. Ciò significa che, anche se in futuro il debitore riuscisse a pagare il dovuto (magari grazie all’intervento del Fondo di Garanzia, quindi indirettamente), la macchia di quel default rimarrà visibile per tre anni, rendendo arduo ottenere nuovi finanziamenti nel frattempo. Le politiche creditizie delle banche infatti penalizzano chi abbia precedenti insoluti. Inoltre, se il debitore cerca di “rifinanziare” il prestito in default con un altro istituto (per esempio, per sostituire il debito con la banca con un debito verso una finanziaria), troverà quasi certamente chiuse le porte a causa della segnalazione in corso.
- Centrale dei Rischi della Banca d’Italia: Si tratta della centrale rischi pubblica, alimentata dagli intermediari vigilati, che censisce le posizioni debitorie di importo rilevante. Attualmente, la segnalazione scatta per esposizioni superiori a 30.000 € (considerando l’insieme dei rapporti di un cliente verso una banca). Molti microcrediti Covid erano inferiori a tale soglia; tuttavia, se il debitore aveva anche altri affidamenti, o se il finanziamento supera la soglia, la banca dovrà segnalarlo in CR. La segnalazione più grave è quella a “sofferenza” (clienti in stato di insolvenza o equiparato): in tal caso non v’è soglia minima, la banca può segnalare a sofferenza anche importi piccoli se ritiene il cliente insolvente. È verosimile che chi non riesce a pagare un prestito di 25-30 mila € garantito dallo Stato venga considerato in sofferenza, attivando la segnalazione anche in Centrale Rischi. La conseguenza è che tutti gli operatori finanziari (banche, confidi, ecc.) vedranno che quel cliente ha una sofferenza a suo carico, inibendo di fatto ogni nuovo credito. La segnalazione di sofferenza può essere rimossa solo quando il debito è estinto o nel caso in cui il tribunale accerti che era illegittima. Diversamente, rimane negli archivi e influenza pesantemente il rating del soggetto. Si noti che, grazie a un intervento normativo durante la pandemia, le moratorie ex lege non dovevano produrre segnalazioni a sofferenza: il MEF chiarì che chi sospendeva le rate per Covid non andava segnalato negativamente. Tuttavia, questa protezione cessa con la fine della moratoria. Dunque, se dopo il periodo di sospensione il debitore non riprende i pagamenti, la banca segnalerà il default come di consueto.
- Effetti sul Rating Interno e su Future Garanzie: Oltre alle centrali rischi ufficiali, la storia di inadempimento incide sul merito creditizio interno presso la banca originaria e potenzialmente sul merito di altre garanzie pubbliche. Ad esempio, il Fondo di Garanzia PMI adotta criteri di ammissibilità anche legati alla credit history: un’impresa che sia risultata in sofferenza garantita potrebbe trovare ostacoli a ottenere nuove garanzie statali in futuro, poiché la normativa del Fondo escludeva alcune categorie di imprese “in difficoltà” già prima del Covid (anche se durante l’emergenza tali criteri furono allentati). Inoltre, lo score bancario del soggetto verrà declassato: ciò potrebbe attivare il rientro di altri affidamenti (ad esempio, revoca di fidi di cassa, cancellazione di carte di credito) per cross-default o covenant incrociati. Insomma, il default su un microcredito può innescare una reazione a catena sull’intera posizione bancaria del debitore.
- Deterioramento della Reputazione Commerciale: Per un imprenditore o un professionista, l’aver avuto un insoluto garantito dallo Stato è visto molto negativamente anche dai partner commerciali e da eventuali investitori. Non di rado fornitori e clienti (specie se di grandi dimensioni) consultano database sui fidi e sulle pagelle creditizie (es. Cerved rating) dove confluiscono le informazioni delle centrali rischi: una segnalazione di default può ridurre la fiducia dei terzi, comportare richieste di pagamenti anticipati dai fornitori o peggiorare le condizioni commerciali applicate. In ambito pubblico, se il soggetto partecipa a bandi o gare, un grave inadempimento finanziario potrebbe anche incidere sui requisiti morali o comportare controlli più stringenti (si pensi all’affidabilità richiesta negli appalti).
In definitiva, non pagare il microcredito significa “bruciarsi la reputazione creditizia”. Anche se la banca viene rimborsata dallo Stato, ciò non salva il debitore dalla “pagella” negativa: anzi, il beneficio pubblico non copre la reputazione. Il debitore dovrà convivere per anni con quell’evento pregiudizievole segnalato nei sistemi finanziari, a meno che non riesca a successivamente riabilitarsi (ad esempio, con un accordo di ristrutturazione o pagando integralmente il dovuto e attendendo la cancellazione delle segnalazioni).
Da notare che, qualora l’inadempimento sfoci in una procedura concorsuale (fallimento, concordato, ecc.), anche questo diventa pubblico e consultabile (registro delle imprese, casellario fallimentare), aggravando ulteriormente la situazione dal punto di vista reputazionale.
Rinegoziazione, Moratorie e Ristrutturazione del Debito
Di fronte alle difficoltà di rimborso, prima o anche dopo essere incorsi nell’inadempimento, il debitore ha alcune possibili vie d’uscita negoziali o legali per evitare o attenuare le conseguenze sopra descritte. In questa sezione esaminiamo le opzioni di rinegoziazione con la banca, le moratorie e proroghe disponibili e, nei casi più complessi, gli strumenti di ristrutturazione del debito (accordi o procedure concorsuali minori) che possono includere anche i microcrediti garantiti.
- Rinegoziazione del finanziamento con la banca: Le normative emergenziali stesse incoraggiavano la rinegoziazione. Il Cura Italia, ad esempio, prevedeva la possibilità di rinegoziare un finanziamento esistente aggiungendo almeno un 10% di credito nuovo con garanzia statale (art. 49 co.1 lett. d, D.L.18/2020). Molte imprese hanno colto questa opportunità per allungare la durata dei prestiti pre-Covid e ottenere liquidità aggiuntiva. Se il debitore prevede difficoltà, può cercare di rimodulare il piano di ammortamento col proprio istituto: ad esempio, allungare la durata (riducendo l’importo delle rate), eventualmente chiedere un periodo di pre-ammortamento aggiuntivo (sospensione del pagamento della quota capitale per alcuni mesi). Nel corso del 2021, è stato concesso per legge di estendere da 6 a 10 anni la durata dei prestiti garantiti, misura che ha richiesto però l’accordo della banca e la comunicazione al Fondo. Anche oggi (2025), nulla vieta contrattualmente alla banca e al debitore di accordarsi per modificare il contratto di mutuo: la banca può rinunciare alla decadenza dal termine e ridefinire un nuovo piano di rientro. Bisogna però considerare che la banca, dopo aver escusso la garanzia statale, ha meno incentivo a trattare – spesso preferisce incassare dallo Stato. Dunque, la rinegoziazione è più fruttuosa prima che il default diventi conclamato e prima che la garanzia venga attivata. Il debitore dovrebbe attivarsi tempestivamente, presentando alla banca un piano credibile (es. riduzione rata, allungamento) magari coadiuvato da un consulente finanziario o legale. Convincere la banca a non escutere subito il Fondo può essere difficile, ma in alcuni casi l’istituto potrebbe preferire evitare la trafila burocratica e tenersi il cliente sul lungo termine, soprattutto se intravede prospettive di ripresa.
- Moratorie e sospensioni di pagamento: Durante la crisi pandemica, come visto, c’erano moratorie legislative (per PMI fino a sett. 2021) e moratorie volontarie ABI (accordi di sospensione rate per imprese e famiglie). Oggi tali moratorie straordinarie sono terminate. Tuttavia, è ancora possibile ottenere moratorie su base contrattuale: molte banche aderiscono a protocolli ABI che prevedono la possibilità di sospendere o posticipare rate in caso di comprovate difficoltà (ad esempio, l’Accordo ABI 2019 è stato prorogato). Il debitore può chiedere una sospensione temporanea delle rate (ad esempio 6-12 mesi) per superare una crisi di liquidità momentanea. Nel 2023 alcune categorie colpite dal caro-energia hanno ottenuto nuove dilazioni mediante interventi normativi mirati, ma per i prestiti Covid non vi sono ulteriori moratorie ex lege. In caso di eventi eccezionali (es. nuove calamità naturali che colpiscono il territorio del debitore), il governo potrebbe introdurre moratorie localizzate, ma sono evenienze straordinarie. Resta comunque, sul piano privato, la possibilità di concordare col creditore uno standstill (sospensione) del pagamento: ad esempio, il debitore può proporre di pagare solo interessi per un periodo, o di saltare alcune rate e aggiungerle in coda. Queste modifiche richiedono di solito una pattuzione scritta e spesso l’intervento di una transazione novativa. Un vantaggio di una moratoria concordata è che la banca potrebbe astenersi dalla segnalazione a sofferenza, classificando il credito come “forborne” (oggetto di concessione) invece che default, se reputa che la sospensione eviterà il deterioramento.
- Consolidamento del debito con nuovo finanziatore: In alcuni casi il debitore potrebbe tentare di rifinanziare il microcredito presso un altro istituto, magari approfittando di garanzie private o confidi. Ad esempio, se il rating personale non è ancora compromesso, si potrebbe ottenere un prestito personale da una finanziaria per chiudere quello garantito (evitando così l’escussione statale). Questa operazione, tuttavia, nel 2025 è resa ardua perché le finanziarie conoscono il contesto: molti istituti chiedono espressamente se il prestito da estinguere è uno di quelli Covid garantiti e, in caso affermativo, sono restii. Inoltre, spesso il debitore in difficoltà non trova facilmente nuovi creditori disposti ad esporsi. Un’eccezione potrebbero essere i confidi regionali o cooperative di garanzia: alcuni offrono prodotti di consolidamento debiti per microimprese, magari assistiti da garanzie mutualistiche. In tali casi, il debito verrebbe ristrutturato fuori dal quadro del Fondo PMI (che verrebbe rimborsato subito col nuovo prestito). Questa strada è molto caso-specifica e dipende dalla meritevolezza del debitore e dall’esistenza di sponsor o garanti (es. un familiare che garantisca il nuovo prestito).
- Accordi transattivi a saldo e stralcio: Qualora il debito sia già passato allo Stato (dopo escussione del Fondo) o sia rimasto come residuo verso banca, il debitore può tentare una transazione a saldo e stralcio, ovvero offrire un importo inferiore a chiusura totale della posizione. Le banche, sul loro residuo non garantito, potrebbero essere disponibili a sconti (soprattutto se modesto e difficile da recuperare). Lo Stato, tramite AdER, in genere non fa sconti individuali: tuttavia, se il debito è iscritto a ruolo, il debitore potrebbe usufruire di eventuali definizioni agevolate delle cartelle se previste dalla legge (le cosiddette “rottamazioni”). Ad esempio, in anni recenti vi sono state rottamazioni che stralciavano sanzioni e interessi sui debiti fiscali: se una di queste includesse anche i crediti come quelli del Fondo PMI (che sono entrate patrimoniali dello Stato), il debitore potrebbe chiudere pagando il solo capitale senza interessi. Bisogna verificare caso per caso le norme di ogni sanatoria fiscale. In sede stragiudiziale pura, AdER ha poca discrezionalità nel ridurre l’importo: però può valutare piani di rientro personalizzati. Un’opportunità può emergere se il debitore riesce a reperire un importo liquido consistente (ad es. grazie a un terzo finanziatore o vendita di un bene) da offrire immediatamente: a volte le banche (sul loro credito) accettano, e l’AdER potrebbe chiudere la pratica se la legge glielo consente (ad esempio aderendo a transazioni fiscali previste in procedure concorsuali, v. infra).
- Procedure di ristrutturazione del debito (sovraindebitamento e concordati): Se la situazione debitoria complessiva del soggetto è grave, può convenire ricorrere agli strumenti di composizione delle crisi da sovraindebitamento (per soggetti non fallibili) o alle procedure concorsuali classiche (per società e ditte fallibili). Nel Codice della Crisi e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019) vigente, anche il piccolo imprenditore sotto soglia o il professionista può accedere a procedure come: il Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore o dell’imprenditore minore, il Concordato minore, la Liquidazione controllata (ex liquidazione del sovraindebitato). In tali sedi, è possibile trattare il debito derivante dal microcredito garantito come parte del passivo e proporre un pagamento parziale. Ad esempio, un professionista sommerso dai debiti (incluso il microprestito Covid non pagato) può proporre al tribunale un piano del consumatore offrendo il pagamento, poniamo, del 20% a tutti i creditori chirografari. Attenzione: il credito dello Stato per la parte garantita, essendo privilegiato, dovrà essere soddisfatto in misura maggiore di eventuali chirografari; tuttavia, se le risorse sono poche, anche quel credito privilegiato potrebbe subire un parziale soddisfo (nei limiti di capienza sui beni). L’aspetto positivo è che, con l’omologazione di un piano o concordato, il debitore ottiene l’esdebitazione: la liberazione dai debiti residui al termine, inclusi quelli verso lo Stato. Ad esempio, nella liquidazione controllata (equivalente del fallimento per non fallibili) il debitore persona fisica può chiedere di essere esdebitato dai debiti non soddisfatti, e ciò opera anche sul debito verso il Fondo PMI. Certo, si tratta di soluzioni drastiche che comportano spesso la liquidazione del patrimonio del debitore e lo stigma del fallimento civile, ma rappresentano un’ultima ratio di tutela. Per le società o ditte soggette a fallimento, il mancato pagamento del prestito Covid potrebbe portare all’istanza di fallimento da parte della banca o (più probabilmente) di altri creditori: una volta aperta la liquidazione giudiziale, il credito dello Stato verrà insinuato con il suo privilegio. La società potrebbe tentare un concordato preventivo o un accordo di ristrutturazione che includa anche il credito statale: recenti prassi mostrano che l’erario (MCC/AdER) partecipa votando nelle classi di creditori privilegiati; se l’offerta è pari almeno al valore di realizzo del privilegio, lo Stato può essere crammato down anche se non è d’accordo, purché rispettato il trattamento di legge. In un concordato semplificato per liquidazione (introdotto nel 2022 per PMI), l’imprenditore può liquidare beni offrendo il ricavato ai creditori: qui lo Stato prenderà la sua parte in privilegio, e poi il tribunale chiuderà la procedura estinguendo i debiti. Insomma, le procedure concorsuali possono risolvere definitivamente la posizione debitoria, ma a prezzo della cessazione dell’attività o di un impegno serio di rientro.
In conclusione, il debitore ha a disposizione varie strategie di gestione della crisi: dalle soluzioni negoziali bilaterali (rinegoziazione, moratoria, saldo e stralcio) alle soluzioni collettive giudiziali (piani e concordati). La scelta dipende dall’entità del debito, dalla presenza di altri crediti, e dalle prospettive economiche. Un imprenditore in bonis ma solo temporaneamente illiquido punterà a rinegoziare con la banca, magari facendo leva sulla garanzia statale come argomento per ottenere condizioni migliorative (ad es. tasso più basso in cambio di piano di rientro più lungo). Un debitore fortemente insolvente, con più debiti tra cui il microcredito, valuterà l’accesso alle procedure di sovraindebitamento per congelare le azioni esecutive (automatic stay) e trattare un taglio del debito sotto controllo del giudice. In ogni caso, è cruciale agire proattivamente e con consulenza qualificata: attendere passivamente l’escussione del Fondo e l’arrivo della cartella esattoriale spesso riduce le opzioni disponibili.
Tutele per il Debitore e per il Creditore
Nella vicenda del mancato pagamento di un microcredito garantito dallo Stato, sia il debitore che i creditori (banca e Stato) dispongono di specifici strumenti di tutela dei propri interessi. Queste tutele derivano da norme imperative, da principi generali e da accorgimenti contrattuali. Esaminiamole separatamente.
Strumenti di tutela per il debitore inadempiente
Dal lato del debitore (sia esso consumatore, autonomo o piccolo imprenditore), le tutele mirano principalmente a limitare gli effetti più gravosi dell’esecuzione e a preservare i mezzi di sostentamento minimi, oltre che a prevenire abusi da parte dei creditori. Tra le principali tutele si annoverano:
- Impignorabilità di beni essenziali: Il codice di procedura civile esenta da pignoramento alcuni beni indispensabili (ad es. abiti, oggetti di uso quotidiano, attrezzi di lavoro in parte, alimenti, ecc.). Queste norme (artt. 514 ss. c.p.c.) valgono anche nelle esecuzioni promosse dallo Stato tramite AdER. Inoltre, come già detto, la prima casa del debitore persona fisica non può essere espropriata da AdER se ricorrono le condizioni di legge (unico immobile di proprietà non di lusso e residenza anagrafica del debitore) – questo vincolo non sussiste per un creditore privato, ma imbriglia il creditore pubblico. Ciò garantisce al debitore e alla sua famiglia di non perdere il tetto in casi di debiti con Stato (compreso quello derivante da garanzia escussa). Anche stipendi e pensioni sono parzialmente protetti: la legge fissa un limite alla pignorabilità (di regola massimo 1/5 dello stipendio o pensione netta, e nulla sulla parte di pensione minima). Dunque, se il debitore ha un reddito da lavoro, il creditore potrà al più trattenerne il 20% per ripagarsi, lasciando il restante per vivere.
- Limiti agli interessi di mora e alle spese: Il debitore gode delle norme anti-usura e di trasparenza bancaria, che impediscono al creditore di applicare interessi di mora o penali eccessive. Anche se moroso, il debitore può contestare importi non dovuti (ad es. anatocismo o tassi eccedenti soglie usura) e chiedere che vengano espunti dal conteggio. Nel contesto del Fondo di Garanzia, le commissioni di recupero a favore di AdER sono stabilite per legge e non possono essere discrezionalmente aumentate. Se il debitore riscontra irregolarità nel calcolo del debito (per es. la banca ha chiesto più del dovuto, o AdER ha iscritto a ruolo importi errati), può attivare gli strumenti di tutela giudiziale: opposizione a decreto ingiuntivo, opposizione all’esecuzione, ricorso contro la cartella esattoriale, ecc. Certamente serve assistenza legale, ma vi è la possibilità concreta di far ridurre il dovuto se vi sono addebiti illegittimi.
- Diritto di opposizione e verifica giudiziale: Il debitore ha sempre diritto di far verificare da un giudice la legittimità dell’azione di recupero. Nel caso di un microcredito garantito, se la banca agisce con decreto ingiuntivo, il debitore può proporre opposizione sollevando le proprie difese (vizi del contratto di finanziamento, errori di calcolo, ecc.). Se invece arriva una cartella AdER, il debitore può proporre opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi (artt. 615 e 617 c.p.c.) dinanzi al giudice dell’esecuzione, ad esempio eccependo la prescrizione del credito o la mancata notifica degli atti presupposti. È anche possibile, in alcuni casi, promuovere un giudizio ordinario per far accertare l’inesistenza del debito residuo se il contratto fosse nullo (questo però è complesso, come vedremo nella giurisprudenza). Inoltre, nelle procedure concorsuali minori (sovraindebitamento), il debitore sotto controllo del giudice può far valere ragioni di meritevolezza per ottenere l’omologazione di un piano anche senza l’accordo di tutti i creditori.
- Esdebitazione finale: Come accennato, la legge prevede che, una volta eseguita la liquidazione del patrimonio del debitore onesto ma sfortunato, questi possa essere liberato dai debiti residui. Nel nuovo Codice della Crisi (artt. 282 ss. CCII) l’esdebitazione è concessa di diritto al debitore persona fisica insolvente al termine della liquidazione controllata, salvo casi di dolo o frode. Ciò include i debiti verso banche e Stato. Pertanto, se il debitore fallisce (in senso lato) e non vi è nulla da prendere, dopo la procedura potrà ripartire da zero senza l’ombra perenne del debito garantito non pagato. Questa è una tutela fondamentale: il fallito di buona fede non è sepolto dai debiti a vita, ma ha una prospettiva di fresh start. Ovviamente l’esdebitazione cancella il debito verso Stato/banca non pagato, ma non elimina eventuali responsabilità penali per il modo in cui è originato: se il prestito fu ottenuto con frode, il reato resta.
- Tutela contro pratiche scorrette e segnalazioni errate: Il debitore è protetto dal Codice del Consumo e dal Testo Unico Bancario rispetto a pratiche di recupero aggressive o scorrette da parte della banca o società di recupero. Può sporgere reclamo o segnalazione a Banca d’Italia se subisce molestie indebite. Inoltre, in caso di segnalazione illegittima in Centrale Rischi (ad esempio, se il debitore non era davvero insolvente o vi è uno scambio di persona), può agire per la cancellazione e il risarcimento del danno reputazionale. Diverse sentenze hanno riconosciuto il risarcimento a chi è stato segnalato erroneamente e ha perso occasioni di credito per tale ragione. Dunque, il debitore non è inerme: può far valere i propri diritti tramite Autorità di controllo o in giudizio per contenere abusi.
Tutele e rimedi per i creditori (banca e Stato)
Dal lato dei creditori coinvolti – l’istituto finanziatore e il Fondo di Garanzia (lo Stato) – le tutele consistono per lo più in privilegi legali e agevolazioni processuali, molte delle quali abbiamo già visto:
- Garanzia Statale a protezione della banca: La tutela primaria per la banca è intrinseca al meccanismo: la presenza della garanzia pubblica al 80-100% ha evitato che la banca subisse perdite in caso di insolvenza del debitore. Ciò ha realizzato lo scopo del legislatore di sostenere il credito senza esporre eccessivamente gli intermediari. La banca, grazie al Fondo PMI, recupera spesso il dovuto in tempi rapidi e con minima escussione del patrimonio del debitore, evitando lunghe procedure. Questa è una forma di tutela patrimoniale del creditore privata eccezionale, giustificata dalla situazione emergenziale.
- Privilegi processuali e sostanziali dello Stato: Come visto, lo Stato subentrante gode di un titolo esecutivo immediato (ruolo esattoriale) e di un privilegio generale mobiliare, che sono forme di tutela del credito pubblico per assicurare che le risorse impiegate rientrino. In aggiunta, lo Stato non paga contributo unificato o spese per procedere al recupero (la procedura esattoriale ha costi caricati al debitore). Inoltre, la legge fallimentare (oggi Codice della Crisi) riconosce ai crediti dello Stato anche in sede concorsuale un trattamento privilegiato: ad esempio, nei piani di riparto fallimentari il privilegio ex art. 9 D.lgs 123/1998 viene soddisfatto prima dei chirografari, assicurando allo Stato di incassare il possibile. Esiste persino una tutela ulteriore: qualora il patrimonio del fallito non basti a soddisfare tutti i creditori privilegiati, la giurisprudenza ha più volte confermato che il credito dello Stato garantente mantiene la natura privilegiata anche per la parte non soddisfatta dalla garanzia, scongiurando l’ipotesi che diventasse chirografo e andasse perduta. Questa interpretazione sottolinea la volontà di proteggere completamente il credito pubblico derivante da garanzia escussa.
- Revoca della garanzia in casi di dolo del debitore: Il Fondo di Garanzia, da regolamento, prevede la decadenza dal beneficio della garanzia in caso di dolo o frode del beneficiario. Ciò significa che, se il debitore ha ottenuto il prestito con dichiarazioni mendaci o documenti falsi, la garanzia può essere revocata (o non onorata). In tal caso la banca riacquista il diritto di agire verso il debitore sull’intero importo. Questa è una tutela indiretta sia per lo Stato (che evita di pagare in caso di truffa conclamata) sia per la banca onesta che abbia subito un raggiro dall’utente. In pratica, però, se la garanzia è già stata escussa e successivamente si scopre la frode, lo Stato potrà rivalersi integralmente sul debitore anche in via penale, e la banca potrebbe essere chiamata a restituire l’indennizzo (ma è scenario raro perché le verifiche antifrode avvengono prima dell’erogazione o subito dopo).
- Azione penale contro i debitori frodatori: Qualora il mancato pagamento sia frutto non solo di difficoltà economica ma di un disegno criminoso (es. il debitore ha chiesto il prestito sapendo di fallire o per girare i fondi all’estero), i creditori possono attivare la leva penale presentando denuncia. Come menzionato, casi di false attestazioni integrano reati di indebita percezione o truffa ai danni dello Stato. L’avvio dell’azione penale e un’eventuale condanna costituiscono una forma di tutela “punitiva” ma anche pratica: il debitore condannato potrebbe essere obbligato in sede penale a restituire il profitto del reato (ossia le somme indebitamente ottenute) a titolo di risarcimento allo Stato. Ad esempio, la Cassazione ha affermato che nel reato di indebita percezione ex art. 316-ter c.p., “il profitto del reato è costituito dall’importo del finanziamento illegittimamente conseguito”, il che apre la strada alla confisca o restituzione di quelle somme. Ciò tutela lo Stato recuperando il mal tolto e funge da deterrente per abusi futuri.
- Responsabilizzazione delle banche (concessione abusiva): Anche se può sembrare paradossale chiamarla “tutela del creditore”, la giurisprudenza recente ha sviluppato il principio che la banca finanziatrice deve valutare attentamente il merito creditizio anche con garanzia pubblica, altrimenti il contratto può essere affetto da nullità o la banca può perderne i benefici. In alcune pronunce di merito (Tribunali di Vicenza, Asti, Torino, Piacenza) il finanziamento è stato dichiarato nullo per illiceità se concesso a impresa decotta al solo scopo di lucrare la garanzia. E la Cassazione ha confermato che l’obbligo di sana e prudente gestione (art. 5 TUB) non è derogato dal D.L. Liquidità, quindi la banca deve comunque svolgere istruttoria. Questa evoluzione, approfondita oltre, mira a tutelare l’ordinamento (e indirettamente lo Stato) contro abusi del sistema: se una banca concedesse credito indiscriminatamente contando sul Fondo, commetterebbe un illecito. La “tutela” in questo senso si traduce nella possibilità per lo Stato (o per la curatela fallimentare) di eccepire la nullità del contratto di mutuo, rendendo irrecuperabile il credito per la banca che abbia colposamente aggravato il dissesto dell’impresa. Ciò è un’arma a doppio taglio: tutela il ceto creditorio non colpevole (altri creditori concorrenti che altrimenti vedrebbero lo Stato sopravanzarli) e l’integrità dei fondi pubblici, ma ovviamente priva la banca negligente della protezione contrattuale.
- Clausole contrattuali accessorie: Infine, va detto che i contratti di finanziamento con garanzia statale spesso includevano clausole di immediata risoluzione in caso di decadenza della garanzia (ad es. se il Fondo revoca la garanzia, la banca può risolvere il contratto e chiedere tutto subito) e clausole di maggiori tutele reali (ad esempio, l’impegno del debitore a non concedere ipoteche su beni senza il consenso della banca fino a rimborso). Tali clausole hanno lo scopo di proteggere il creditore dal deterioramento delle proprie posizioni. Inoltre, in non pochi casi, oltre alla garanzia statale sono state richieste garanzie personali dei soci o di terzi: queste restano valide e azionabili. Quindi, se Caio non paga il microcredito garantito, la banca può attivare il Fondo PMI e contemporaneamente escutere l’eventuale fideiussore di Caio per la parte scoperta (o anche per l’intero, salvo il beneficio d’escussione se pattuito). Il fideiussore poi resterà obbligato verso lo Stato per la parte pagata. Questa rete di garanzie incrociate (statale e personale) è una forte tutela creditoria, perché aumenta le chances di soddisfacimento.
Riassumendo, il quadro normativo ha predisposto robuste tutele per i creditori coinvolti nei prestiti Covid: la banca è protetta dalla garanzia pubblica e da eventuali co-garanzie, lo Stato è protetto da privilegi e procedure speciali, e il sistema nel complesso è protetto da norme che sanzionano gli abusi. Di contro, il debitore dispone di strumenti di tutela difensiva, per evitare conseguenze eccessivamente afflittive e per ottenere, nei casi estremi, una liberazione dai debiti residui. Il bilanciamento di queste tutele è continuamente oggetto di valutazione da parte dei tribunali, come vedremo nella prossima sezione dedicata alle pronunce giurisprudenziali più significative.
Giurisprudenza Rilevante (aggiornata ad Aprile 2025)
In questi anni successivi all’introduzione dei microcrediti Cura Italia, la materia ha originato un contenzioso significativo, soprattutto in sede fallimentare e di contestazione delle modalità di concessione dei finanziamenti. Di seguito esaminiamo le pronunce più rilevanti e recenti che hanno affrontato casi di mancato rimborso di prestiti garantiti dallo Stato, evidenziando i principi di diritto emersi.
Obbligo di valutazione del merito creditizio e nullità del contratto
Una tematica cruciale è se la banca dovesse comunque valutare il merito creditizio del cliente nonostante la garanzia pubblica e quali rimedi si applicano se ciò non avviene. Su questo punto c’è stato un acceso dibattito in giurisprudenza:
- Tribunale di Vicenza, decreto 19 maggio 2022: è stata una delle prime decisioni a sancire la nullità di mutui Covid per concessione abusiva di credito. Nel caso concreto, due finanziamenti garantiti al 90% erano stati erogati a un’impresa praticamente insolvente per ripianare esposizioni pregresse. Il Tribunale (in sede di opposizione allo stato passivo fallimentare) ha ritenuto che il contratto avesse causa illecita in quanto volto unicamente ad assicurare alla banca la garanzia statale su un credito altrimenti destinato a insolvibilità. Si è richiamata la violazione della normativa di sana e prudente gestione (art. 5 TUB, Circolare 285/2013 di Banca d’Italia) e delle norme sul Fondo PMI. Inoltre, ha ravvisato la contrarietà all’ordine pubblico economico e una integrazione con norme penali: in particolare l’operazione è stata considerata funzionale a un indebito conseguimento della garanzia statale (profilo di reato ex art. 316-ter c.p.) e tale da configurare aggravamento doloso del dissesto (richiamato l’art. 217 L.F. sulla bancarotta semplice). Il decreto Vicenza concludeva per la nullità dei mutui ex art. 1418 c.c., con la conseguenza di escludere il credito della banca dal passivo fallimentare (somme irripetibili perché erogate in violazione di norme imperative).
- Tribunale di Torino, decreto 4 ottobre 2022: in linea con Vicenza, ha dichiarato nullo un finanziamento Covid da 50.000€ concesso a impresa insolvente, sottolineando la gravemente colposa assenza di istruttoria da parte della banca e il carattere illecito dell’operazione che procrastinava il fallimento grazie alla garanzia pubblica. Anche qui si è parlato di contrasto con l’art. 217 L.F. e di nullità per violazione di norma penale imperativa. Queste pronunce hanno creato quello che si è definito un orientamento minoritario ma robusto, volto a colpire l’azzardo morale delle banche.
- Tribunale di Asti, decreto 8 gennaio 2024 n. 105/2024: caso molto citato, in cui il Tribunale piemontese ha negato l’ammissione al passivo alla banca creditrice di un mutuo Covid da 100.000€, dichiarando il mutuo nullo per illiceità della causa. La situazione fattuale vedeva la banca aver erogato il prestito senza alcuna istruttoria e destinato a coprire un debito pregresso, con l’impresa già in dissesto evidente. Il collegio ha ribadito che l’operazione aveva come scopo concreto solo di ottenere la garanzia statale su crediti deteriorati (“causa concreta in contrasto con le norme… che regolano l’accesso alle garanzie del Fondo”). Ha quindi elencato una serie di violazioni: art. 5 TUB e norme di vigilanza, norme istitutive del Fondo PMI, art. 1343 c.c. (causa illecita), art. 316-ter c.p. (indebita percezione di erogazioni pubbliche), art. 323 CCII (già art. 217 L.F., bancarotta semplice per aggravamento del dissesto). Sia l’indebita percezione sia la bancarotta semplice sono state ritenute norme penali di protezione di interessi pubblici tali da conferire imperatività e riflettersi sulla validità del contratto. Risultato: mutuo nullo ex art. 1418 c.c. e credito banca inesigibile verso il fallimento. Questa decisione (Asti 2024) ha destato molto clamore perché ha applicato in concreto la sanzione più severa alla banca, neutralizzando il debito.
- Tribunale di Piacenza, decreto 8 gennaio 2025: è un provvedimento recentissimo, significativo perché conferma la linea ma viene sottoposto a reclamo. Il GD di Piacenza aveva escluso dallo stato passivo un credito bancario di finanziamento MCC, reputandolo nullo per violazione dell’obbligo di merito creditizio (banca totalmente negligente). Il Tribunale, decidendo sul reclamo, ha rigettato l’opposizione della banca, quindi confermando l’esclusione del credito. Tuttavia, nel decreto motivato (collegiale) Piacenza 2025, i giudici fanno importanti puntualizzazioni di principio: distinguono tra concessione abusiva di credito (illecito civile ex art. 2043 c.c., che darebbe luogo semmai a risarcimento danni verso terzi) e nullità del contratto per contrarietà a norma imperativa penale. Affermano che per dichiarare la nullità serve verificare in concreto la sussistenza del reato ipotizzato (es. concorso della banca nella bancarotta semplice), con tutti i suoi elementi soggettivi e oggettivi. Nel caso specifico di Piacenza, il Tribunale ha ritenuto – in linea con Torino 2022 – che la condotta integrasse effettivamente il concorso in bancarotta semplice ex art. 323 CCII (già art. 217 L.F.), data la colpa grave della banca e l’aggravamento del dissesto. Di conseguenza ha confermato la nullità. Questa pronuncia è interessante perché, pur seguendo l’orientamento di nullità, richiede un rigoroso accertamento del fatto penalmente rilevante: in sostanza, non basta dire “la banca non ha valutato merito creditizio, contratto nullo”, bisogna verificare che ciò integri realmente un reato (nel caso specifico, l’aver posticipato il fallimento finanziando l’insolvente costituisce bancarotta semplice).
- Cassazione Civile, Sez. I, 8 ottobre 2024 n. 26248 (Pres. Terrusi, Rel. Vella): questa è finora la pronuncia di legittimità più autorevole sul tema. La Cassazione, chiamata a valutare il decreto di un Tribunale (Piemonte) che aveva escluso un credito bancario in fallimento dichiarando nullo un mutuo ex art.13 lett. m) DL 23/2020, ha colto l’occasione per tracciare i confini della questione. La Suprema Corte ha anzitutto confermato l’obbligo della banca di valutare il merito creditizio anche per finanziamenti 100% garantiti dallo Stato, escludendo che il D.L. Liquidità avesse introdotto deroghe ai principi di sana e prudente gestione. Ha sottolineato che la normativa emergenziale eliminava la valutazione da parte del Fondo (garanzia concessa senza valutazione del beneficiario), ma non esonerava la banca dal dovere di adeguata verifica. Su questo punto, quindi, Cassazione afferma un principio netto: la banca che eroga deve comunque comportarsi diligentemente ex art. 1176 co.2 c.c. e 5 TUB. Dopodiché, però, la Cassazione ha censurato la pronuncia di merito che aveva dichiarato la nullità: ha rilevato che il Tribunale aveva erroneamente fondato la nullità sulla negligente valutazione del merito creditizio (che al massimo rileva come elemento di un fatto di bancarotta semplice), senza motivare compiutamente sull’effettivo concorso della banca in tale reato. In altri termini, Cassazione 26248/2024 ha detto: se si vuole dichiarare nullo un contratto per contrasto con norma penale, bisogna spiegare quale reato avrebbe integrato la stipula del contratto e come sono presenti elemento oggettivo e soggettivo. Poiché il decreto impugnato non l’aveva fatto a sufficienza, la Cassazione ha cassato con rinvio. Di fatto, la Suprema Corte non esclude la possibilità della nullità in astratto, ma esige rigore: serve un accertamento in concreto (che normalmente travalica i poteri del giudice fallimentare, salvo basarsi su fatti noti). La sentenza Cass. n. 26248/2024 rappresenta quindi un monito a non applicare con leggerezza la sanzione di nullità, pur ribadendo la colpevolezza potenziale della banca negligente.
- Altre pronunce di merito (opposte a nullità): va segnalato che non tutti i Tribunali hanno abbracciato la teoria della nullità. Ad esempio, il Tribunale di Modena, 4 giugno 2024 n. 1018 ha escluso che la sola violazione dell’obbligo di merito creditizio comporti nullità del contratto, ritenendo al più configurabile una responsabilità risarcitoria della banca (verso i creditori concorsuali o verso il debitore per concessione abusiva) ma non la caducazione del rapporto. Analogamente il Tribunale di Milano, 16 maggio 2024 ha negato la nullità di un mutuo garantito Covid, argomentando che l’art. 13 DL 23/2020 non elimina la causa del contratto (che resta finanziamento alle imprese) e che l’inosservanza delle norme di correttezza può dare luogo a sanzioni diverse dalla nullità. Queste decisioni riflettono un orientamento più tradizionale: la nullità “virtuale” ex art. 1418 c.c. per violazione di norme penali è ammessa solo se la legge penale vieta specificamente quel contratto. Nel caso di specie, i reati di bancarotta semplice o indebita percezione colpiscono le condotte, non dichiarano mai nullo il contratto; quindi – secondo questa linea – il contratto resta valido, ferma restando la punibilità o la responsabilità della banca su altri piani.
In definitiva, sul tema “prestiti Covid e nullità per abuso del credito” la giurisprudenza è in evoluzione. Possiamo riassumere lo stato dell’arte così: 1) La banca deve effettuare l’istruttoria di merito creditizio anche per prestiti garantiti, e la mancata valutazione costituisce comportamento colposo (con possibili rilievi civilistici e penali). 2) Alcuni Tribunali hanno punito tale condotta con la nullità del mutuo, soprattutto in sede fallimentare per escludere il credito della banca dal concorso. 3) La Cassazione ha posto un freno a questa tendenza: la nullità richiede la prova di un concorso nel reato da parte della banca, non basta l’astratta negligenza. 4) Di conseguenza, è presumibile che in futuro i giudici di merito, seguendo Cassazione, dichiareranno nulli i contratti solo nei casi estremi in cui la banca abbia di fatto agito in malafede o con colpa grave, facilitando un reato (es. casi clamorosi di prestiti “fittizi” per salvare bilanci). Negli altri casi si propenderà per altre soluzioni: responsabilità risarcitoria della banca verso gli altri creditori (concessione abusiva di credito) o semplice sanzione reputazionale. Per i debitori, la via della nullità come strumento di difesa è incerta e difficilmente da loro azionabile (emerge quasi solo su iniziativa di curatori fallimentari).
Reato di indebita percezione e profili penali
Sul fronte penale, abbiamo già accennato a Cass. penale n. 2125/2022 (sentenza depositata il 18 gennaio 2022), che ha fatto chiarezza su quale reato si configuri quando un soggetto ottiene un finanziamento Covid con false dichiarazioni. In quel caso, riguardante una professionista che falsificò i ricavi per ottenere 22.000€ garantiti, la Cassazione ha stabilito che si configura il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.). È stato escluso il reato di truffa aggravata, in quanto la condotta si è sostanziata in un’autocertificazione mendace, senza ulteriori artifici o raggiri sofisticati: la falsa dichiarazione resa alla banca per ottenere la garanzia pubblica viene assorbita nel 316-ter (reato speciale per chi consegue erogazioni pubbliche senza averne diritto). Quindi, anche un prestito erogato da un soggetto privato può portare a reato contro la PA se c’è di mezzo una garanzia statale: la garanzia è considerata “erogazione” di aiuto pubblico. Questa pronuncia è importante per i creditori pubblici, perché consente strumenti come la confisca, e per i debitori perché chiarisce i rischi penali di dichiarare il falso. Altre sentenze di merito (Tribunale di Napoli, 2021) hanno confermato che l’utilizzo difforme delle somme (non per scopi aziendali) può integrare malversazione (art. 316-bis), ma la linea prevalente è punire soprattutto l’ottenimento fraudolento (316-ter) o, se c’è un raggiro complesso, la truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640 co.2 c.p.).
Infine, merita menzione Cassazione penale, sez. V, 27 ottobre 2023 n. 39836 (vicenda non specifica sui prestiti Covid, ma su concessione abusiva di credito): le Sezioni Unite avevano già affermato nel 2022 (sent. n. 33719/2022) che la violazione di norme extra-penali comporta nullità del contratto solo se la norma penale considera quella stipula reato, altrimenti si rischia incertezza. Questa prospettiva di rigore si riflette anche in sede civile, come abbiamo visto.
In sintesi giurisprudenziale: il debitore inadempiente di un microcredito Cura Italia potrebbe trovarsi coinvolto in cause civili o concorsuali dove si discute della validità del finanziamento stesso, e in procedimenti penali qualora vi siano state irregolarità nell’ottenimento. Per gli avvocati è fondamentale conoscere questi orientamenti: ad esempio, in difesa di un fallimento, si potrà valutare di eccepire la nullità del prestito se vi sono evidenze di erogazione colposa; in difesa di una banca, si dovrà dimostrare di aver rispettato gli obblighi istruttori per evitare sanzioni drastiche. La materia è ancora in divenire e ulteriori interventi della Cassazione (anche a Sezioni Unite, se il contrasto persiste) potranno stabilizzare il diritto vivente.
Nel frattempo, valgono i principi espressi dalle pronunce citate: serietà e trasparenza nella concessione del credito da parte delle banche, integrità e buona fede da parte dei beneficiari nel richiederlo e nel destinarlo ai fini dichiarati. Il mancato pagamento, quando è frutto di mera sventura economica, attiva i meccanismi di recupero ma non travolge la validità del contratto; quando invece è l’epilogo di un prestito ottenuto disonestamente o con leggerezza colpevole, la giurisprudenza tende ormai a privare quel contratto di tutela giuridica e a colpire i responsabili (siano essi debitori o anche funzionari di banca compiacenti).
Conclusione
Il mancato pagamento di un microcredito ottenuto grazie alle misure del Cura Italia costituisce un evento con conseguenze articolate: immediate sul piano economico (intervento del Fondo di Garanzia, attivazione della riscossione statale, deterioramento del credit score) e di medio-lungo termine sul piano legale (azioni esecutive, possibili procedure concorsuali, contenziosi sulla validità del finanziamento, eventuali implicazioni penali).
Per un avvocato chiamato ad assistere un imprenditore o un professionista in questa situazione, è essenziale muoversi su diversi fronti: negoziale (tentando soluzioni come moratorie o accordi), difensivo (tutelando il patrimonio indispensabile del cliente ed evitando segnalazioni scorrette), e strategico (valutando se attivare procedure di sovraindebitamento o eccepire eventuali nullità per alleggerire il carico debitorio). Parimenti, un legale che assiste la banca o lo Stato dovrà far valere i privilegi e le corsie preferenziali predisposte dalla legge, nonché vigilare contro possibili stratagemmi dilatori del debitore, tenendo però conto dei paletti posti dalla giurisprudenza (ad esempio, una banca che abbia agito senza diligenza potrebbe vedere contestata la propria pretesa in sede fallimentare).
Dal quadro delineato emergono alcuni consigli pratici: per i debitori, agire tempestivamente in caso di difficoltà, sfruttare ogni margine di dialogo con la banca e, ove necessario, ricorrere senza indugio alle procedure di composizione della crisi prima che la posizione degeneri con l’intervento esattoriale. Per i creditori, seguire le procedure previste rigorosamente (es. invio degli avvisi al debitore, rispetto dei termini per escutere la garanzia) per non pregiudicare i propri diritti, e mantenere standard di istruttoria elevati anche durante l’emergenza per evitare in futuro contestazioni di nullità.
In definitiva, il “Cura Italia” ha fornito strumenti importanti di sostegno finanziario, ma ha anche creato un intreccio complesso tra diritto privato e pubblico nel recupero dei crediti. Non pagare uno di questi microcrediti significa entrare in un terreno in cui convergono diritto bancario, fallimentare, amministrativo e penale. La presente guida, aggiornata ad aprile 2025, ha cercato di coprire tali aspetti in modo organico. Si raccomanda comunque, data la continua evoluzione normativa e giurisprudenziale, di monitorare futuri aggiornamenti (ad esempio eventuali nuove sentenze di Cassazione o modifiche legislative sul Fondo di Garanzia) che possano ulteriormente incidere sulle conseguenze del mancato rimborso.
Riferimenti Normativi, Giurisprudenziali e Documentali
Normativa (leggi e decreti):
- Decreto-Legge 17 marzo 2020, n. 18 (“Cura Italia”), conv. in Legge 24 aprile 2020, n. 27 – Art. 49 (potenziamento Fondo Garanzia PMI, innalzamento microcredito a 40k), Art. 54 (Fondo sospensione mutui prima casa), Art. 56 (moratoria PMI sino al 30/9/2020).
- Decreto-Legge 8 aprile 2020, n. 23 (“Liquidità”), conv. in Legge 5 giugno 2020, n. 40 – Art. 13 (misure potenziate Fondo Garanzia PMI: garanzia 100% fino 25k/30k – lett. m, garanzia 90% PMI, finanziamenti 3k – lett. k, ecc.).
- Decreto-Legge 19 maggio 2020, n. 34 (“Rilancio”), conv. in Legge 17 luglio 2020, n. 77 – (Ulteriori disposizioni su finanziamenti e fondo, es. aumento a 30.000€ dei prestiti 100%).
- Decreto-Legge 14 agosto 2020, n. 104 (“Agosto”), conv. in Legge 13 ottobre 2020, n. 126 – (Proroga moratorie fino al 31/1/2021, disposizioni aggiuntive su garanzie).
- Legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge di Bilancio 2021) – (Proroga operatività straordinaria Fondo PMI al 30/6/2021).
- Decreto-Legge 25 maggio 2021, n. 73 (“Sostegni-bis”), conv. in Legge 23 luglio 2021, n. 106 – Art. 16 (Estensione durata prestiti garantiti da 6 a 10 anni, proroga garanzie al 31/12/2021, riduzione coperture: 100→90%, 90→80% dal 1/7/21).
- Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio 2022) – (Estensione garanzie PMI fino al 30/6/2022, rimodulazione criteri in uscita dal Temporary Framework).
- Legge 662/1996, art. 2 comma 100 lett. a) – Istituzione del Fondo Centrale di Garanzia PMI.
- Legge 266/1997, art. 15 – Rifinanziamento e criteri Fondo PMI.
- D.M. 31 maggio 1999, n. 248 – Regolamento attuativo Fondo di Garanzia PMI (criteri e modalità di concessione delle garanzie).
- D.M. 20 giugno 2005 (Min. Att. Produttive) – Modifiche al Regolamento Fondo PMI (disciplina operativa garanzie e controgaranzie).
- D.L. 24 gennaio 2015, n. 3, conv. L. 33/2015, art. 8-bis – Introduzione privilegio generale sui crediti dello Stato derivanti da escussione garanzie (c.d. “super-privilegio” MCC).
- D.lgs. 31 marzo 1998, n. 123, art. 9 – Privilegio speciale a favore dello Stato per crediti da finanziamenti agevolati (applicato ai crediti da garanzie pubbliche).
- D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 – Testo Unico Riscossione (fondamento giuridico per la riscossione mediante ruolo dei crediti del Fondo PMI).
- Codice Civile: art. 2741 (par condicio creditorum, privilegi), art. 2751-bis (crediti privilegiati per retribuzioni), art. 1418 (nullità contratto contrario a norme imperative), art. 1343 (causa illecita), art. 1203 (surrogazione nei crediti per pagamento del terzo), art. 1175 e 1375 (buona fede contrattuale), art. 1176 co.2 (diligenza qualificata nell’attività d’impresa), art. 2043 (atto illecito aquiliano – es. concessione abusiva credito).
- Testo Unico Bancario (D.lgs. 385/1993): art. 5 (sana e prudente gestione bancaria); art. 111 (disciplina operatori di microcredito e limiti importo); art. 117 (trasparenza contratti bancari).
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019): art. 323 (reato di bancarotta semplice per aggravamento del dissesto, succedaneo dell’art. 217 L.F.); art. 282-283 (esdebitazione del debitore incapiente).
- Legge Fallimentare (R.D. 267/1942) previgente (per procedure aperte prima del 15/7/2022): art. 217 n.4 (bancarotta semplice per ricorso abusivo al credito), art. 216 (bancarotta fraudolenta), art. 67 (azioni revocatorie eventuali per pagamenti).
- Codice del Consumo (D.lgs. 206/2005): art. 25-32 (pratiche commerciali scorrette, applicabili a recupero crediti verso consumatori).
- Normativa Antiusura (L. 108/1996): limiti ai tassi di interesse moratori (applicabile se interessi di mora eccedono tasso soglia).
- D.L. 69/2013, art. 52 conv. L. 98/2013 – Divieto di espropriazione da parte di Equitalia dell’unico immobile di residenza del debitore (prima casa impignorabile per il Fisco, con eccezioni).
Giurisprudenza (sentenze e decreti):
- Cass. Civ., Sez. I, 08/10/2024 n. 26248 (Pres. Terrusi, Rel. Vella) – Obbligo di valutazione del merito creditizio anche per finanziamenti garantiti dallo Stato; nullità del mutuo per violazione norma imperativa penale solo se accertata la sussistenza di reato (concorso in bancarotta semplice).
- Cass. Pen., Sez. II, 18/01/2022 n. 2125 – Indebita percezione di erogazioni pubbliche ex art. 316-ter c.p. per chi ottiene finanziamento Covid garantito con autodichiarazione falsa; il finanziamento bancario con garanzia statale è qualificato come “erogazione a danno dello Stato” ai fini penali.
- Cass. Pen., Sez. Unite, 30/09/2022 n. 33719 – Principi in tema di nullità virtuale del contratto per violazione di norme penali: necessita di un divieto esplicito o di un’illiceità della stipula che integri reato; importanza del principio di certezza del diritto.
- Cass. Civ., Sez. I, 27/10/2023 n. 29840 – Concessione abusiva di credito: conferma della configurabilità come fatto illecito civile della banca verso la massa fallimentare; rilevanza della violazione degli obblighi di verifica creditizia (decisione non specifica su prestiti Covid ma di principio).
- Tribunale di Vicenza, 19/05/2022 (decreto) – Mutui ex DL Liquidità dichiarati nulli per illiceità della causa; banca aveva concesso credito a impresa insolvente per rimborsare propri crediti, sfruttando garanzia MCC. Richiamati art. 1343 c.c., art. 316-ter c.p., art. 217 L.F.; credito escluso dal passivo.
- Tribunale di Torino, 04/10/2022 (decreto) – Nullità di finanziamento garantito per violazione norme imperative; enfatizzata la colpa grave della banca nell’erogare senza istruttoria e contrasto con norme di ordine pubblico economico.
- Tribunale di Asti, 08/01/2024 n. 105/2024 (decreto) – Caso emblematico di nullità del mutuo da 100k€ garantito 90%; impresa in dissesto, banca eroga senza verifica e copre debito pregresso: “operazione a causa illecita, contrastante con disposizioni bancarie e penalmente rilevante (indebita percezione, bancarotta)”. Contratto nullo ex art.1418 c.c., credito banca non ammesso.
- Tribunale di Piacenza, 08/01/2025 (decreto collegiale) – Conferma di esclusione credito bancario; ribadito che finanziamento MCC erogato senza alcuna valutazione a impresa insolvente è atto illecito causa di aggravamento del dissesto (art. 323 CCII) e dunque nullo. Distinzione rispetto a mera concessione abusiva (che darebbe solo risarcimento). Necessario accertamento concreto della fattispecie penale per dichiarare nullità.
- Tribunale di Modena, 04/06/2024 n. 1018 – Orientamento opposto: esclusa nullità del finanziamento garantito MCC per sola violazione doveri di concessione; tale violazione rileva ai fini di responsabilità ma non travolge il contratto né la garanzia.
- Tribunale di Milano, 16/05/2024 (decreto) – In tema di prestiti Covid, afferma che la contrarietà a generici principi di correttezza non determina nullità; contratto valido, semmai banca responsabile per abuso del diritto.
- Tribunale di Pescara, 02/07/2024 – (Menionato in dottrina) Pronuncia favorevole alla tesi dell’inesistenza di una causa concreta lecita se manca istruttoria e impresa manifestamente insolvente; interpretazione funzionale alla punibilità ex art. 2035 c.c. dell’indebito oggettivo (restituzione indebito senza contratto valido).
- Corte Costituzionale 21/12/2021 n. 245 – (In riferimento a limiti pignorabilità prima casa da parte del Fisco) Ha confermato la legittimità del regime differenziato tra esecuzioni private e pubbliche in ragione della diversa natura dei crediti, bilanciando diritto di proprietà e interesse fiscale.
Documentazione e prassi:
- Circolare Banca d’Italia n. 139/1991 – Istruzioni Centrale dei Rischi (soglie di segnalazione, definizione di sofferenza).
- Comunicazioni MEF e ABI sulla moratoria Covid (2020) – Chiarimenti sulla neutralità delle moratorie ai fini delle segnalazioni (ad es. Comunicazione ABI 23/3/2020; FAQ MEF aprile 2020).
- Circolari gestore Fondo di Garanzia COVID-19: Circolare MCC n. 5/2020 (variazioni su finanziamenti in moratoria); Circolare n. 8/2020 (applicabilità garanzia a nuovi importi microcredito solo dopo adeguamento normativo).
- Vademecum Ente Nazionale Microcredito – Misure Cura Italia (aprile 2020) – Riassunto provvedimenti per microcredito, incl. moratoria art.56 applicabile anche a operatori microcredito.
- Relazione illustrativa DL Liquidità 2020 (Camera Deputati, Dossier) – Chiarimenti sul perché non fu esclusa la verifica banca del merito creditizio e su finalità garanzia pubblica.
- Dati MCC/Mediocredito Centrale – Report aggiornati sulle inadempienze dei prestiti Covid (es. tasso di default, escussioni effettuate, importi recuperati – fonti: bilanci banche 2023, PwC NPL report 2021).
- Linee guida ABI su ristrutturazione debiti – Indicano possibili interventi su finanziamenti garantiti (es. modulistica per proroga a 10 anni con consenso MCC).
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