Esdebitazione da Contributi INPS: Come Funziona (Guida 2025)

Come funziona l’esdebitazione da contributi INPS?

Scoprilo attraverso la nostra guida di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in procedure di sovraindebitamento ed esdebitazione da contributi INPS.

In fondo alla guida troverai poi tutti i contatti del nostro Studio Legale per richiedere subito una consulenza personalizzata.

Introduzione:

L’esdebitazione è il meccanismo giuridico che consente al debitore sovraindebitato di ottenere la liberazione dai debiti residui al termine di una procedura concorsuale, offrendo così un “fresh start” (nuovo inizio). In Italia, con l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022, come modificato fino al 2024), l’esdebitazione è divenuta parte integrante delle procedure concorsuali anche per i debiti previdenziali e assistenziali verso l’INPS. Ciò significa che, salvo eccezioni espressamente previste, i contributi INPS non pagati possono rientrare tra i debiti “cancellati” al termine della procedura di insolvenza del debitore.

Debiti INPS e sovraindebitamento: Molti lavoratori autonomi, piccoli imprenditori, commercianti, artigiani e professionisti si trovano, a seguito di crisi economiche o vicende personali, con debiti contributivi verso l’INPS (ad esempio, contributi previdenziali obbligatori non versati). Questa guida aggiornata ad aprile 2025 illustra come funziona l’esdebitazione da contributi INPS, ossia come queste obbligazioni previdenziali possano essere trattate e potenzialmente annullate nelle varie procedure previste dal Codice della crisi.

Procedura dopo procedura, analizzeremo:

  • Le soluzioni offerte dal nuovo Codice (composizione negoziata, liquidazione giudiziale, concordato minore, ristrutturazione dei debiti del consumatore, accordi di ristrutturazione dei debiti, ecc.) per gestire e azzerare i debiti contributivi;
  • I casi pratici e simulazioni per ogni procedura (esempi di piani e di esito delle procedure con debiti INPS);
  • I modelli di atti e domande utilizzabili nei diversi procedimenti (ad es. il ricorso per l’ammissione a una procedura di sovraindebitamento, la domanda di esdebitazione, etc.);
  • Un focus sulle diverse categorie di debitori (lavoratore autonomo, piccolo imprenditore, professionista, commerciante, artigiano), evidenziando per ciascuno le procedure accessibili e le particolarità relative ai debiti previdenziali;
  • Le condizioni e i limiti previsti per ottenere l’esdebitazione, con attenzione specifica alla posizione dei crediti INPS e alle più recenti novità normative e giurisprudenziali (Cassazione, Corti d’Appello, Tribunali) fino al 2025;
  • I riferimenti normativi (articoli di legge) e dottrinali aggiornati, per approfondire ogni aspetto;
  • Una sezione finale con tutte le fonti (normative, giurisprudenziali e dottrinali) citate nella guida.

Nota: Il linguaggio utilizzato sarà tecnico-giuridico ma accessibile, spiegando i concetti in modo chiaro anche ai non addetti ai lavori. Paragrafi brevi, titoli e sottotitoli organizzati per temi, ed eventuali riquadri di approfondimento permetteranno una consultazione agevole.

Quadro Normativo: Esdebitazione e Debiti Previdenziali

La disciplina dell’esdebitazione è contenuta nel Titolo V, Capo X del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII). In generale:

  • Cos’è l’esdebitazione: L’esdebitazione consiste nella liberazione del debitore persona fisica dai debiti residui non soddisfatti al termine di una procedura concorsuale liquidatoria. In altre parole, dopo che il patrimonio del debitore è stato liquidato e distribuito ai creditori, il debitore può essere esonerato dall’obbligo di pagare eventuali somme ancora dovute. L’art. 278 CCII sancisce infatti che con l’esdebitazione i crediti insoddisfatti diventano inesigibili nei confronti del debitore. Lo scopo è favorire il suo reinserimento nell’economia formale, senza rimanere per sempre schiacciato dai debiti pregressi.
  • Procedure da cui può derivare l’esdebitazione: Nel CCII l’esdebitazione opera principalmente al termine di una procedura di liquidazione, sia essa la liquidazione giudiziale (il “fallimento” nella nuova terminologia) o la liquidazione controllata (procedura liquidatoria per i sovraindebitati non fallibili). Inoltre, effetti sostanzialmente esdebitatori si ottengono anche attraverso procedure di composizione della crisi non liquidatorie, come il concordato minore o la ristrutturazione dei debiti del consumatore, in cui una parte dei debiti viene pagata secondo un piano e la parte residua viene cancellata all’esito positivo. Anche gli accordi di ristrutturazione dei debiti e il concordato preventivo (per le imprese maggiori) comportano, se omologati e adempiuti, l’effetto di liberazione dal debito ulteriore rispetto a quanto concordato.
  • Debiti esclusi dall’esdebitazione: La legge prevede alcune categorie di debiti che non vengono cancellati nemmeno con l’esdebitazione (restano quindi a carico del debitore). Tali eccezioni, elencate dall’art. 278 comma 7 CCII, sono essenzialmente: a) gli obblighi di mantenimento e alimentari (es. assegni di mantenimento familiare); b) i debiti da risarcimento danni per fatti illeciti extracontrattuali, nonché le sanzioni penali o amministrative pecuniarie che non siano accessorie a debiti estinti. – Esempio: una multa stradale o un’ammenda penale non vengono cancellate, a meno che non siano solo interessi o sanzioni accessorie su un debito principale che viene pagato. – Importante: i debiti verso enti previdenziali (INPS) non figurano tra le esclusioni. Pertanto i contributi previdenziali non versati non sono esclusi dall’esdebitazione, contrariamente a quanto in passato si era talvolta ritenuto. La Cassazione ha chiarito già dal 2016 che i debiti previdenziali sono collegati all’esercizio dell’impresa e non rientrano nei “rapporti estranei” all’attività d’impresa che la legge esclude dalla liberazione. In sostanza, dopo la procedura, anche i debiti verso l’INPS possono essere cancellati, al pari degli altri debiti concorsuali.

Giurisprudenza: Cass. Civ. Sez. I, 11 marzo 2016 n. 4844. – In questa sentenza storica la Corte di Cassazione ha stabilito in modo perentorio che l’esdebitazione libera il debitore anche dai debiti verso l’INPS, smentendo la tesi di quest’ultimo secondo cui i contributi obbligatori non sarebbero esdebitabili in quanto “pubblicistici”. La Suprema Corte ha osservato che l’art. 142 l.fall. (ora ripreso dall’art. 278 CCII) nell’elencare i debiti esclusi dall’esdebitazione non menziona affatto i crediti previdenziali; inoltre il rapporto contributivo è tutt’altro che “estraneo” all’impresa, essendo una conseguenza necessaria dell’impiego di lavoratori o dell’attività del datore di lavoro. Dunque, in assenza di un’esplicita esclusione di legge, i debiti INPS sono esdebitabili. Questo principio – consolidato in giurisprudenza di legittimità – è oggi confermato nel nuovo Codice della crisi, che non prevede alcun trattamento di sfavore per i crediti contributivi rispetto agli altri crediti chirografari. L’INPS, come ogni altro creditore concorsuale, partecipa alla procedura concorsuale e subisce gli effetti dell’esdebitazione finale.

  • Soggetti che possono accedere all’esdebitazione: Il beneficio della liberazione dai debiti riguarda solo i debitori persone fisiche (in quanto le società, se liquidate, di regola si estinguono e non hanno bisogno di “ripartire da zero”). In particolare vi accedono tutti i debitori elencati nell’art. 1 comma 1 CCII, quindi imprenditori commerciali insolventi (soggetti a liquidazione giudiziale) e debitori non fallibili in stato di sovraindebitamento (consumatori, professionisti, imprenditori minori, start-up innovative, imprenditori agricoli – soggetti alle procedure di sovraindebitamento). Nel caso il debitore sia una società di persone, l’esdebitazione opera in favore dei soci illimitatamente responsabili, purché anch’essi abbiano i requisiti richiesti. Da notare che per effetto di modifiche introdotte nel 2022-2024, oggi anche l’imprenditore individuale che abbia subito una liquidazione giudiziale ha diritto all’esdebitazione in tempi più rapidi e in modo quasi automatico, se rispetta le condizioni di legge (come vedremo). In passato l’ottenimento dell’esdebitazione era subordinato a una specifica istanza e a una valutazione più discrezionale; il CCII invece riconosce un vero e proprio “diritto all’esdebitazione” decorso un certo termine.
  • Tempistiche della liberazione dai debiti: L’art. 279 CCII (come modificato dal correttivo 2024) prevede che il debitore ha diritto all’esdebitazione trascorsi 3 anni dall’apertura della liquidazione (o anche prima, se la procedura si chiude in meno tempo). In sostanza, dopo tre anni dall’apertura della liquidazione giudiziale, il debitore persona fisica insolvente viene liberato dai debiti residui. Questa è una differenza significativa rispetto al passato: con la legge fallimentare l’esdebitazione si chiedeva solo a procedura chiusa e spesso la liquidazione poteva durare molti anni. Ora la legge cerca di bilanciare l’interesse dei creditori (che comunque ricevono distribuzioni nel frattempo) con quello del debitore a ritornare in bonis in tempi ragionevoli. Attenzione: per le procedure di sovraindebitamento (liquidazione controllata), come vedremo, la liberazione avviene di regola al momento della chiusura della procedura (che spesso è più rapida di 3 anni), salvo casi particolari.
  • Condizioni per ottenere l’esdebitazione: Il legislatore ha fissato alcune condizioni di meritevolezza e correttezza che il debitore deve rispettare per poter beneficiare della cancellazione dei debiti. L’art. 280 CCII elenca tali condizioni, molto simili a quelle già previste dalla vecchia legge fallimentare, volte a evitare che l’esdebitazione favorisca condotte fraudolente. In sintesi, il debitore è ammesso al beneficio solo se:
    1. Non ha subito condanne penali definitive per reati gravi legati all’insolvenza o all’attività d’impresa, in particolare bancarotta fraudolenta o delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, o altri delitti commessi in connessione con l’esercizio dell’attività di impresa (salvo riabilitazione). Esempio: una condanna per bancarotta fraudolenta preclude l’esdebitazione. In caso di procedimento penale pendente per tali reati, il giudice concorsuale aspetterà l’esito prima di concedere l’esdebitazione.
    2. Non ha compiuto atti di frode nella procedura concorsuale: cioè non deve aver distratto o nascosto parte dell’attivo, né simulato passività inesistenti, né aggravato il dissesto abusando del credito, ecc.. In breve, deve aver tenuto un comportamento leale durante la crisi, senza ostacolare o rallentare la procedura e collaborando con gli organi della procedura (curatore o liquidatore, OCC) tramite le informazioni e i documenti richiesti. La cooperazione attiva del debitore è fondamentale.
    3. Non deve aver già beneficiato di un’esdebitazione recente: il debitore non può ottenere esdebitazioni successive a breve distanza di tempo. La legge vieta una nuova esdebitazione se il debitore ne ha già usufruito nei 5 anni precedenti e in ogni caso non più di due volte in tutta la vita. Dunque la “fresh start” è concessa al massimo due volte, e almeno con un quinquennio di intervallo. Ciò per evitare abusi (ad esempio casi di indebitamenti ripetuti con cancellazione strategica dei debiti).
  • INPS e comportamento del debitore: Specificamente riguardo i debiti contributivi, non vi sono condizioni ulteriori se non quelle generali sopra descritte. Tuttavia, va notato che l’omesso versamento di contributi INPS può in alcuni casi costituire reato (ad es. l’omesso versamento di ritenute previdenziali oltre soglie di punibilità). Se il debitore è stato condannato per un reato di questo tipo connesso all’attività d’impresa, ciò potrebbe rientrare tra i reati impeditivi indicati alla lettera a) dell’art. 280 (in quanto reato commesso in connessione con l’esercizio dell’impresa). In tal caso l’esdebitazione verrebbe negata, a meno di intervenuta riabilitazione. Se invece non vi sono profili penali, l’omissione contributiva in sé non osta al beneficio, purché – come detto – il debitore collabori durante la procedura (ad esempio fornendo all’INPS e al curatore le informazioni per l’accertamento del debito contributivo). L’INPS parteciperà alla procedura come creditore privilegiato per i contributi (spesso godendo di privilegio generale sui mobili del debitore, ex art. 2753 c.c.) e otterrà il pagamento parziale secondo disponibilità. La parte non pagata, in mancanza di dolo del debitore e ricorrendo le altre condizioni, sarà infine cancellata dall’esdebitazione.

Nelle sezioni seguenti esamineremo in dettaglio le singole procedure previste dal Codice della crisi che possono condurre all’esdebitazione dei debiti contributivi verso l’INPS. Per ciascuna, descriveremo come funziona la procedura, come vengono trattati i crediti contributivi, quali atti e domande vanno presentati, e forniremo esempi pratici e indicazioni giurisprudenziali.

Composizione Negoziata della Crisi e Debiti INPS

La Composizione Negoziata della Crisi è uno strumento introdotto dal D.L. 118/2021 (conv. in L. 147/2021) e ora disciplinato nel Codice della crisi (artt. 12-25 CCII) che consente all’imprenditore in difficoltà di tentare il risanamento dell’impresa attraverso una procedura volontaria e confidenziale di negoziazione assistita da un esperto indipendente. Non si tratta di una procedura concorsuale in senso stretto (non comporta di per sé né liquidazione né esdebitazione automatica), ma è spesso il primo passo per evitare l’insolvenza o per preparare un accordo con i creditori.

Caratteristiche principali: L’imprenditore (anche piccolo imprenditore) che si trovi in uno stato di crisi o pre-insolvenza può richiedere la nomina di un esperto negoziatore tramite la piattaforma nazionale. L’esperto aiuta a facilitare le trattative con i creditori per trovare una soluzione (accordi stragiudiziali, ristrutturazione del debito, eventuale nuovo finanziamento, ecc.). Durante la composizione negoziata, su istanza dell’imprenditore, il tribunale può concedere misure protettive temporanee (stay delle azioni esecutive) per favorire le trattative.

Debiti contributivi nella Composizione Negoziata: I debiti verso l’INPS rivestono spesso un ruolo rilevante nelle crisi d’impresa, perché l’omesso versamento di contributi è una delle prime conseguenze delle difficoltà di liquidità. Nella composizione negoziata, l’INPS è uno dei creditori con cui negoziare. In pratica:

  • Ricognizione del debito: Per condurre trattative serie, l’imprenditore deve avere un quadro chiaro dei debiti contributivi. A tal fine, l’INPS ha attivato un servizio ad hoc (denominato “VE.RA – Certificazione dei Debiti Contributivi”) che consente di ottenere l’attestazione ufficiale dell’ammontare dei contributi e accessori dovuti. Tale certificato (previsto dall’art. 363 CCII) è utile nella composizione negoziata per conoscere esattamente il credito INPS da inserire nelle trattative e in eventuali piani di risanamento. Ad esempio: se un artigiano avvia la composizione negoziata, potrà chiedere all’INPS, tramite il servizio online dedicato, la certificazione di tutti i suoi debiti contributivi (gestione artigiani, gestione separata, sanzioni) e ottenere un documento da esibire all’esperto e agli altri creditori.
  • Trattamento dei contributi INPS: Durante la negoziazione l’imprenditore può proporre all’INPS un accordo sul debito contributivo. Tale accordo può consistere in una dilazione di pagamento (rateazione) o persino una riduzione parziale (stralcio) del debito, analogamente a quanto avviene con l’Agenzia delle Entrate per i debiti fiscali. Va precisato che, inizialmente, la normativa sulla composizione negoziata prevedeva espressamente la possibilità di una transazione fiscale per i debiti tributari, mentre per i debiti contributivi dell’INPS non era chiaro se si applicasse la medesima facoltà. Le più recenti riforme (decreto correttivo 2023 e 2024) hanno esteso la “transazione contributiva” anche ai debiti INPS nell’ambito della composizione negoziata, in coerenza con la Direttiva UE 2019/1023. In concreto, ciò significa che l’INPS può aderire a un accordo in cui accetta pagamenti parziali o dilazionati dei propri crediti, se ciò è funzionale al risanamento dell’impresa. L’accordo con INPS, come con gli altri creditori, resta di natura stragiudiziale (privata) ma può essere agevolato dalla presenza dell’esperto e delle misure protettive.
  • Esempio pratico (Composizione Negoziata): La ditta Alfa (una piccola impresa edile) accumula €50.000 di debiti contributivi verso l’INPS (omessi contributi per i dipendenti e gestione commercianti del titolare), oltre a debiti fiscali e verso fornitori. In stato di crisi, Alfa avvia una composizione negoziata. L’esperto nominato aiuta a quantificare il debito: tramite il portale INPS viene ottenuta la certificazione del debito contributivo esatto. Alfa propone ai creditori un piano di risanamento: ad esempio, all’INPS offre il pagamento del 40% del debito contributivo in 36 rate mensili, grazie anche all’apporto di un nuovo investitore, mentre ai fornitori chirografari offre il 30%. Durante le trattative, l’INPS – valutate le prospettive – può accordare una transazione accettando la riduzione e dilazione (considerando che, altrimenti, in caso di fallimento prenderebbe forse meno). Se l’accordo viene formalizzato, la composizione negoziata si conclude con successo e l’impresa evita la procedura concorsuale: l’INPS rinuncerà a riscuotere il restante 60% dei suoi crediti contributivi, considerandolo stralciato nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione volontaria.
  • Esiti della composizione negoziata: Se la negoziazione con i creditori (INPS compresa) ha esito positivo, si potrà stipulare un accordo stragiudiziale o un piano attestato di risanamento. Tali accordi, se eseguiti regolarmente, risolvono la crisi e fanno sì che i debiti siano pagati nella misura concordata; la parte eccedente, di fatto, viene “esdebitata” perché i creditori vi rinunciano consensualmente. In questo caso l’esdebitazione non è un provvedimento del giudice ma una conseguenza dell’accordo (transazione privata). Qualora invece la composizione negoziata non porti ad alcun accordo, l’imprenditore insolvente potrà accedere alle procedure concorsuali vere e proprie: ad esempio potrebbe presentare un concordato preventivo (anche in forma semplificata, ex art. 25-sexies CCII) oppure subire la liquidazione giudiziale. In tali procedure “formali”, come vedremo, il tema dell’esdebitazione (giudiziale) tornerà in rilievo. Ad esempio, se la ditta Alfa dell’esempio non riesce a trovare un accordo e viene aperta una liquidazione giudiziale, il titolare potrà poi ottenere l’esdebitazione giudiziale dei contributi non pagati trascorsi 3 anni.

Documentazione e atti pratici: Per avviare la composizione negoziata il debitore deve presentare istanza tramite la piattaforma telematica dedicata, con relazione particolareggiata sulla situazione aziendale. È fondamentale includere l’elenco completo dei debiti, compresi quelli previdenziali. L’INPS, a seguito del Messaggio INPS n. 4696 del 28/12/2021, ha impartito istruzioni dettagliate sull’uso di “VE.RA. – Certificazione Debiti Contributivi” proprio per le composizioni negoziate, a garanzia di trasparenza verso l’esperto e i creditori. Non vi è un “modulo” rigido di accordo: l’accordo con i creditori, se raggiunto, va formalizzato per iscritto e può essere omologato su base volontaria (ad es. trasformandolo in un accordo di ristrutturazione ex art. 57 CCII da far omologare al tribunale, soprattutto se si vuole renderlo efficace verso eventuali dissenzienti). In tal caso, la transazione con INPS andrà integrata nell’accordo omologato.

Vantaggi per i debiti INPS: Coinvolgere l’INPS nella composizione negoziata può portare vantaggi reciproci: l’impresa evita misure esecutive immediate (l’INPS, aderendo alla trattativa, generalmente sospende l’invio di nuove cartelle o azioni esecutive durante le trattative); l’INPS può ottenere una soddisfazione migliore che in un fallimento (ad esempio, incassando subito una parte del dovuto e non dovendo attendere lunghi tempi fallimentari). Se però l’impresa non riesce a risanarsi, l’INPS, come gli altri creditori, potrà attivarsi nelle successive procedure concorsuali (ad esempio insinuandosi al passivo della liquidazione giudiziale).

Liquidazione Giudiziale ed Esdebitazione dei Contributi

La Liquidazione Giudiziale è la procedura concorsuale tipica per gli imprenditori commerciali insolventi (ha sostituito il “fallimento” dal 2022). In questa procedura, il patrimonio dell’imprenditore insolvente viene liquidato sotto il controllo del tribunale e del curatore, e il ricavato distribuito ai creditori secondo le regole della par condicio. Per il nostro focus, la liquidazione giudiziale è fondamentale perché è al suo esito che scatta l’esdebitazione giudiziale del debitore persona fisica, includendo i debiti contributivi rimasti insoddisfatti.

Come funziona in sintesi: La liquidazione giudiziale si apre con sentenza del tribunale su istanza del debitore o dei creditori o del PM, quando l’imprenditore (anche piccolo, se sopra le soglie di fallibilità) è insolvente. Viene nominato un curatore, formato lo stato passivo dei crediti (l’INPS normalmente presenta domanda di insinuazione per i contributi omessi, classificati come crediti privilegiati ex art. 2753 c.c. per la parte di contributi e come chirografari per sanzioni e interessi), e avviata la liquidazione di beni e asset dell’impresa/debitore. La procedura può durare vari anni, specie se ci sono molti beni da vendere o cause da portare avanti.

Ruolo dell’INPS nella Liquidazione Giudiziale: L’INPS partecipa come creditore concorrente. In genere:

  • Presenta una domanda di ammissione al passivo per i contributi dovuti (spesso sulla base di avvisi di addebito o cartelle già notificate, o di un estratto conto debitorio fornito dall’INPS su richiesta del curatore). I crediti per contributi previdenziali godono di privilegio generale sui mobili (e, se si tratta di contributi per lavoratori dipendenti, anche di privilegio sul TFR e simili). Questo significa che in sede di riparto avranno priorità di pagamento rispetto ai crediti chirografari ordinari.
  • L’INPS può anche far valere sanzioni civili per omesso versamento: tali sanzioni (interessi di mora, sanzioni pecuniarie amministrative) non godono di privilegio e sono quindi chirografarie; inoltre, se interamente accessorie a contributi poi soddisfatti, possono estinguersi con questi. In caso di capienti attivi, il curatore pagherà prima i crediti privilegiati (anche INPS) nella percentuale realizzabile, poi – se avanza qualcosa – i chirografari.

Esdebitazione nella liquidazione giudiziale: Una volta completata la fase liquidatoria e fatti i riparti ai creditori, la procedura si chiude. A questo punto, se il debitore è una persona fisica, scatta l’esdebitazione. Le norme attuali prevedono che non occorre più un’apposita istanza del debitore, poiché trascorsi 3 anni dall’apertura (o al momento della chiusura se avviene prima) egli ha diritto alla liberazione dai debiti residui. In pratica:

  • Se la liquidazione giudiziale si conclude, ad esempio, in 2 anni, il debitore otterrà l’esdebitazione già con il decreto di chiusura (non deve aspettare 3 anni in tal caso).
  • Se la liquidazione dura più a lungo, dopo 3 anni dall’apertura il debitore può comunque chiedere al giudice delegato di emettere il decreto di esdebitazione parziale anticipata, liberandolo dai debiti già in quel momento (fermo restando che la procedura prosegue per distribuire eventuali altre somme ai creditori già insinuati).

Condizioni e verifica: Prima di concedere l’esdebitazione, il tribunale (o il GD) verifica che siano soddisfatte le condizioni di legge già illustrate (onestà, cooperazione, assenza di frodi, etc., v. art. 280 CCII). Ad esempio, si controllerà che il debitore non abbia occultato beni, che non sia stato condannato per bancarotta fraudolenta, ecc. Se il debitore ha rispettato tutto, il decreto di esdebitazione verrà emesso e notificato ai creditori.

Effetti sull’INPS: L’INPS, come gli altri creditori, subisce l’effetto esdebitativo. Ciò significa che per la parte di credito contributivo rimasta insoddisfatta nei riparti (ad esempio, l’INPS aveva €50.000 di credito contributi privilegiati ma riceve distribuzioni per €10.000; restano €40.000 scoperti), non potrà più agire contro il debitore. Quel debito viene cancellato. È importante notare che questa liberazione opera solo verso il debitore principale: restano invece fermi eventuali obblighi di terzi coobbligati o garanti. Dunque, se per quei contributi vi era un obbligato in solido (es. un coobbligato o un fideiussore), l’INPS potrà ancora rivalersi su di lui. Ma sul patrimonio personale del debitore esdebitato non potrà più procedere.

Esempio: Tizio, imprenditore individuale, subisce liquidazione giudiziale. Aveva €40.000 di debiti INPS (di cui €30.000 contributi, €10.000 sanzioni). Nella liquidazione, i beni di Tizio fruttano poco: l’INPS riceve €5.000 a titolo di riparto sul suo credito privilegiato (pagato al 16%); i chirografari nulla. Al termine, il tribunale emette decreto di esdebitazione: Tizio è libero dal restante debito di €35.000 verso INPS, che viene stralciato. L’INPS dovrà rinunciare a recuperare quella differenza nei confronti di Tizio, ma potrebbe ancora eventualmente escutere un coobbligato (ad es. Caio, se aveva garantito quel debito). Tizio potrà riprendere un’attività senza quell’onere pregresso.

Opposizioni e revoche: I creditori (INPS compreso) possono opporsi all’esdebitazione se ritengono che il debitore non ne abbia diritto (ad es. scoprono che ha nascosto beni o non è meritevole). In tal caso, il giudice valuterà le opposizioni. Se successivamente dovesse emergere che il debitore ha commesso frodi gravi (ad esempio ha sottratto beni alla procedura), la legge prevede la revoca dell’esdebitazione. Il CCII sul punto rinvia alla possibilità per il creditore pregiudicato di far valere l’eventuale inesistenza dei presupposti per il beneficio entro certi termini. Si tratta comunque di evenienze straordinarie. In generale, una volta emesso, il decreto di esdebitazione chiude la vicenda debitoria.

Modello di istanza di esdebitazione: Con il nuovo regime, non è sempre necessaria un’istanza formale se l’esdebitazione è “di diritto” dopo 3 anni. Tuttavia, in pratica, è consigliabile che il debitore presenti al tribunale una richiesta formale di esdebitazione, allegando una relazione del curatore che attesti il rispetto delle condizioni (cooperazione, assenza di atti in frode, etc.). Un fac-simile sintetico di istanza potrebbe includere:

  • Dati della procedura: numero di liquidazione giudiziale, tribunale, nome del debitore.
  • Richiesta: “Il sottoscritto debitore chiede, ai sensi degli artt. 278-281 CCII, di essere ammesso al beneficio dell’esdebitazione, essendo decorsi 3 anni dall’apertura della liquidazione (ovvero essendo intervenuta la chiusura in data …)”.
  • Dichiarazione condizioni: elenco delle condizioni tutte soddisfatte: es. “si dichiara di non aver subito condanne per bancarotta fraudolenta…, di aver collaborato con gli organi della procedura fornendo tutti i documenti richiesti, di non aver beneficiato di esdebitazione nei 5 anni precedenti, etc.”.
  • Allegati: copia della relazione finale del curatore che evidenzia la condotta del debitore, eventuale certificato penale per assenza di condanne rilevanti, documentazione su eventuali pagamenti parziali ai creditori.
  • Notifica ai creditori: l’istanza va comunicata ai creditori principali (nel vecchio rito, i creditori potevano opporsi entro 30 giorni).

Esdebitazione dell’ex imprenditore socio illimitatamente responsabile: Una situazione particolare è quella del socio di una società di persone fallita. La Cassazione, con la sentenza n. 4844/2016 citata, ha confermato che anche il socio fallito si libera dei debiti personali verso l’INPS relativi alla società. Il CCII ha recepito questo orientamento: se una SNC viene liquidata, i soci illimitatamente responsabili beneficiano dell’esdebitazione per i debiti sociali residui. Dunque, ad esempio, i contributi INPS dovuti dai soci artigiani di una SNC saranno trattati nella procedura e poi cancellati per la parte non pagata, con efficacia anche per i soci.

Concordato Minore e Debiti INPS

Il Concordato Minore è una nuova procedura di composizione della crisi riservata ai debitori non fallibili che esercitano attività d’impresa o professionale (imprenditori cosiddetti “minori” e professionisti) in stato di sovraindebitamento. È l’erede dell’“accordo di composizione” previsto dalla Legge 3/2012, ma con alcune innovazioni. In sostanza, il concordato minore consente al debitore di proporre ai propri creditori un piano di ristrutturazione dei debiti, sotto controllo del tribunale, che – se approvato a maggioranza dei crediti e omologato – permette di evitare la liquidazione e di soddisfare parzialmente i creditori, esdebitando il resto dei debiti.

Chi può accedere: Possono accedere al concordato minore:

  • Gli imprenditori commerciali sotto soglia (che non raggiungono i limiti per la liquidazione giudiziale), inclusi artigiani e commercianti con piccole attività.
  • Gli imprenditori agricoli (esclusi da fallimento, ma ammessi alle procedure di sovraindebitamento).
  • I professionisti e lavoratori autonomi con debiti derivanti dalla loro attività professionale (che non sono “consumatori”).
  • In generale, qualunque debitore non consumatore in sovraindebitamento che abbia un patrimonio o redditi tali da poter proporre un piano ai creditori. È escluso invece chi è “consumatore puro” (che dovrà utilizzare l’altra procedura, il piano del consumatore, v. oltre).

Come funziona: Il debitore elabora, con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e di un professionista attestatore, un piano concordatario che può prevedere la continuazione dell’attività o la sua cessazione. Di norma, per la legge il concordato minore dovrebbe garantire la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale del debitore (favorendo il risanamento e la continuità); può essere anche liquidatorio, ma solo se c’è l’apporto di risorse esterne significative. Il piano deve offrire ai creditori una soddisfazione non inferiore a quella ricavabile con una liquidazione (art. 75 CCII), e può prevedere pagamenti parziali dei debiti secondo una certa percentuale. I creditori votano sulla proposta: serve il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto (conteggiati per valore). Se la maggioranza approva, il tribunale omologa il concordato (verificati i requisiti di legge, tra cui fattibilità e convenienza per i creditori). Da quel momento, il piano diventa vincolante per tutti i creditori inclusi, anche dissenzienti. Esecuzione del piano: Il debitore esegue nei tempi previsti (ad es. paga le percentuali offerte, eventualmente vende beni previsti dal piano, ecc.). Una volta eseguito, il debitore è liberato dai debiti residui come stabilito nel piano.

Trattamento dei crediti INPS nel concordato minore: I crediti contributivi dell’INPS rientrano tra i crediti concorsuali del concordato minore. In particolare:

  • Se l’INPS è destinatario di una proposta di pagamento parziale (ad esempio il piano offre di pagare il 20% del debito contributivo), in linea di principio, l’INPS potrà votare sulla proposta come ogni altro creditore. Essendo un ente pubblico, spesso l’INPS adotta linee di condotta analoghe a quelle dell’Agenzia Entrate: valuterà se la proposta è migliorativa rispetto alla presumibile soddisfazione in caso di liquidazione controllata. Dal 2021, la normativa (L.176/2020) ha previsto che per i debiti fiscali e contributivi nelle procedure di sovraindebitamento il tribunale possa omologare il concordato minore anche senza adesione esplicita dell’ente, purché la proposta preveda il pagamento di almeno il 20% di tali debiti (o comunque un pagamento non inferiore a quello ottenibile liquidando i beni del debitore). Questo meccanismo è il cosiddetto “cram-down fiscale/contributivo”: in pratica se l’INPS (o l’Erario) rifiuta irragionevolmente la proposta ma gli altri creditori sono d’accordo e il piano è conveniente, il giudice può omologarlo lo stesso, rendendo la transazione efficace. Ad esempio, se l’INPS votasse no a un piano che gli offre 30% ma in caso di fallimento non avrebbe nulla, il tribunale può comunque approvare il piano giudicando la posizione dell’INPS non migliorabile altrove. In dottrina si evidenzia come ciò eviti che un solo creditore pubblico blocchi soluzioni vantaggiose per tutti.
  • Classi e trattamento dei privilegi: Nel concordato minore, il debitore può suddividere i creditori in classi. I crediti privilegiati (come i contributi INPS per la parte coperta da privilegio ex art.2753 c.c.) in teoria dovrebbero essere pagati integralmente o in misura non inferiore al valore di realizzo dei beni su cui grava il privilegio. Se il piano prevede di non pagare integralmente un credito privilegiato, è necessario il consenso del creditore privilegiato oppure l’apporto di risorse esterne che colmino la differenza (meccanismo simile al concordato preventivo ordinario). Spesso quindi i piani prevedono di pagare almeno parzialmente i crediti INPS in privilegio. Ad esempio, se l’INPS ha privilegio su beni per un valore stimato di €10.000 e credito privilegiato di €15.000, il piano potrebbe offrire €10.000 (ossia il 66%) a saldo, considerando che in liquidazione quello sarebbe il ricavato. La parte restante, se l’INPS accetta o se la maggioranza approva, rimane chirografaria e segue la sorte degli altri crediti chirografari (di solito una percentuale più bassa, oppure nulla se il piano non prevede soddisfacimento per chirografari).
  • Esempio pratico (Concordato Minore): Maria è un’artigiana (parrucchiera) con un piccolo negozio individuale. A causa del calo di lavoro accumula €20.000 di debiti verso fornitori, €15.000 di debiti bancari e €10.000 di debiti INPS (contributi artigiani non versati degli ultimi anni). Maria non è fallibile (ricavi e attivo sotto soglia), quindi si rivolge all’OCC e prepara un piano di concordato minore per evitare la liquidazione totale dell’attività. Il piano prevede che Maria versi, grazie anche all’aiuto di un familiare, €15.000 totali da ripartire ai creditori, mantenendo aperta l’attività per produrre reddito futuro. Supponiamo proponga: 30% ai fornitori, 20% alla banca (che ha garanzie limitate) e 50% all’INPS. L’INPS ha un privilegio generale su alcuni arredi e incassi; se da una liquidazione forzata stimerebbe di recuperare ad esempio €3.000 (30%), l’offerta del 50% risulta migliorativa. I creditori votano: la maggioranza (in valore) approva il piano. L’INPS, constatando l’offerta del 50% migliore del presumibile 30%, vota a favore (o potrebbe votare contrario, ma il tribunale comunque omologherebbe perché l’offerta è congrua). Il concordato minore viene omologato. Maria esegue il piano: paga €5.000 all’INPS (50%), €6.000 ai fornitori, €4.000 alla banca nei termini previsti. Esdebitazione: Con il decreto che attesta l’avvenuto adempimento, Maria è esentata dal pagamento dei restanti €5.000 verso INPS e dagli altri debiti residui verso fornitori e banca. Tali debiti sono definitivamente cancellati. Maria può proseguire la sua attività senza quei debiti pregressi.
  • Mancato adempimento: È importante eseguire fedelmente il piano. Se il debitore non adempie agli obblighi concordatari, il concordato minore può essere risolto (su istanza dei creditori). In caso di risoluzione, i debiti non pagati ritornano esigibili e, per l’INPS, ciò significa che potrebbe riprendere le azioni di recupero per l’intero credito originario detratto quanto eventualmente incassato. Quindi l’esdebitazione è condizionata al buon esito del piano: la liberazione definitiva dai debiti INPS (e altri) arriva solo dopo l’esecuzione completa.

Aspetti procedurali e atti: Per accedere al concordato minore, il debitore deve presentare un ricorso al tribunale competente, corredato dal piano e da una relazione dell’OCC che attesta fattibilità e convenienza. Il ricorso deve contenere:

  • L’indicazione della proposta ai creditori (percentuali, tempi e garanzie di pagamento).
  • L’elenco di tutti i creditori con l’importo dovuto e le cause di prelazione.
  • Le cause dell’indebitamento e le eventuali azioni già tentate per riequilibrare la situazione.
  • Una descrizione analitica del patrimonio del debitore (beni, crediti, redditi futuri) e, se continuativo, il piano industriale di prosecuzione dell’attività.
  • Il piano di classificazione dei creditori in eventuali classi e la trattazione dei privilegi. Ad es., come si intende soddisfare i crediti privilegiati (tra cui l’INPS).
  • L’indicazione di eventuali risorse esterne (terzi che apportano denaro per aumentare il soddisfacimento dei creditori).

La Relazione dell’OCC (Gestore) deve attestare che i dati sono completi e attendibili, e soprattutto esprimere un giudizio sulla convenienza del piano per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria. Ad esempio, l’OCC dirà: “in caso di liquidazione controllata i creditori privilegiati INPS avrebbero il X%, i chirografari Y%; con il piano proposto l’INPS riceve di più, quindi il piano è conveniente”. Questa relazione è fondamentale per convincere i creditori (e il giudice).

Dopo il deposito del ricorso, il tribunale nomina un giudice delegato e fissa l’udienza per il voto dei creditori, disponendo eventuali comunicazioni. L’INPS riceverà copia della proposta e della relazione e potrà presentare osservazioni. Se l’INPS ritiene che la proposta violi norme (es. non rispetti il privilegio in modo corretto) potrà sollevare obiezioni. In giurisprudenza, casi recenti confermano l’ammissibilità di piani che prevedono stralci di debiti tributari e contributivi, purché vengano rispettate le condizioni di legge e fornita motivazione adeguata sulla convenienza per l’Erario/INPS. Ad esempio, il Tribunale di Brescia (Sent. 73/2022) ha omologato un piano di ristrutturazione dei debiti di un socio di società, qualificato come consumatore, che includeva debiti IRPEF e INPS derivanti dalla partecipazione sociale, ritenendoli estranei all’attività d’impresa ai fini dell’accesso al piano del consumatore: questo per dire che c’è attenzione a inquadrare correttamente i debiti contributivi in base alla natura dell’attività del debitore (consumatore vs imprenditore).

Conclusione sul concordato minore: Se omologato e adempiuto, il concordato minore consente una vera e propria esdebitazione contrattuale-giudiziale: i creditori vengono soddisfatti in parte secondo il piano, e perdono definitivamente il diritto di perseguire il debitore per il resto. Per i debiti contributivi INPS ciò rappresenta un’importante opportunità: consente anche a piccoli imprenditori e autonomi di azzerare i debiti previdenziali (che altrimenti continuerebbero a crescere con sanzioni) e di ripartire puliti, magari mantenendo la propria attività. L’INPS generalmente collabora in queste procedure, inviando rapidamente l’ammontare del debito contributivo su richiesta dell’OCC, e valutando le proposte secondo le proprie circolari interne in materia di transazioni nei concordati. Si segnala che, in base alle linee guida, la difesa tecnica è obbligatoria nel concordato minore: il debitore deve farsi assistere da un avvocato, data la complessità degli atti da predisporre.

Ristrutturazione dei Debiti del Consumatore (Piano del Consumatore)

La Ristrutturazione dei debiti del consumatore è la procedura destinata esclusivamente ai debitori persone fisiche consumatori, cioè che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. È l’evoluzione del “piano del consumatore” della L.3/2012. In questa procedura il debitore propone un piano di pagamento parziale dei debiti, utilizzando le proprie risorse presenti o future, senza necessità di approvazione da parte dei creditori: sarà il tribunale a omologare il piano se ritiene che sia fattibile e che il debitore meriti il beneficio (cioè non abbia colpe gravi nell’aver contratto i debiti).

Chi è il consumatore ai fini della procedura: È considerato consumatore il debitore persona fisica che ha contratto le obbligazioni per scopi personali e non legati a un’attività di impresa o professionale. Anche un soggetto che in passato era imprenditore o professionista può accedere a questo piano, ma solo per i debiti che non derivano da quella attività. In altre parole, se il soggetto ha debiti “misti” (in parte personali, in parte di impresa), può presentare un piano del consumatore per quelli personali, mentre i debiti professionali dovrebbero essere trattati eventualmente con concordato minore separato. Tuttavia, c’è stata evoluzione: ad esempio, la giurisprudenza ha ammesso che un ex socio di società di persone potesse qualificarsi consumatore per i debiti fiscali e contributivi derivanti dalla partecipazione sociale, ritenendo che quei debiti (IRPEF sui redditi di partecipazione e contributi personali) non erano funzionali all’esercizio dell’impresa sociale, bensì obblighi personali conseguenti. Ciò mostra una certa flessibilità nel definire il perimetro dei debiti “da consumatore”. In generale, se il debito INPS nasce da omessi contributi di un’attività autonoma, il debitore non può qualificarsi consumatore per quel debito (dovrà usare il concordato minore). Se invece, ipotesi rara, il debito verso INPS deriva da ragioni personali (es. un privato che non ha pagato i contributi per la colf di casa), allora può rientrare in un piano del consumatore.

Funzionamento del piano del consumatore:

  • Il consumatore elabora con l’aiuto dell’OCC un piano di rientro sostenibile, indicando quanto e come intende pagare ai creditori. Ad esempio, può offrire di pagare una parte del debito attingendo al proprio stipendio per i prossimi X anni, oppure con il ricavato di vendita di un bene, etc. Non è richiesta l’approvazione dei creditori: a differenza del concordato, qui i creditori non votano.
  • Il tribunale, ricevuto il ricorso con il piano, convoca comunque i creditori per sentire eventuali osservazioni. L’INPS dunque potrà presentare le sue considerazioni (es. contestare i dati sul debito, oppure eccepire che il debitore non è un vero consumatore perché il debito è professionale). Il giudice verificherà la fattibilità del piano e soprattutto la meritevolezza del debitore (art. 69 CCII). Questo aspetto è cruciale: il piano può essere omologato solo se “il consumatore merita l’esdebitazione”, ossia se il sovraindebitamento non è dovuto a sua colpa grave, malafede o frode. La valutazione verte sulla causa dell’indebitamento e sul comportamento: p.e. un consumatore che si è indebitato per curarsi o per eventi sfortunati sarà considerato meritevole, chi invece ha accumulato debiti con leggerezza (es. gioco d’azzardo) potrà avere più difficoltà, anche se la riforma ha attenuato il rigore su questo, privilegiando l’idea di dare comunque una seconda chance salvo frodi conclamate.
  • Se il tribunale ritiene tutto in regola, omologa il piano. Da quel momento, il piano diviene vincolante. Il debitore dovrà eseguire i pagamenti promessi ai vari creditori secondo le scadenze previste. I creditori non possono attivare o proseguire azioni esecutive individuali (sono sospese/cessate).
  • Effetto esdebitativo finale: Una volta che il debitore ha adempiuto il piano (in tutto o per la parte a suo carico), è liberato da tutti i debiti residui inclusi nel piano (restano fuori eventuali debiti non inseriti o esclusi per legge). Ciò significa che l’INPS, se ad esempio nel piano ottiene solo un pagamento parziale, non potrà più esigere la differenza. L’omologazione del piano, a differenza del concordato, non produce immediatamente l’esdebitazione (che è differita al completamento dell’esecuzione, come condizione risolutiva), ma durante l’esecuzione il debitore è protetto.

Esempio pratico (Piano del consumatore): Giovanni è un ex commerciante che ha cessato l’attività e ora è un dipendente; i suoi debiti residui (della vecchia attività e personali) ammontano a €100.000, di cui €20.000 verso l’INPS per contributi commercianti non versati. Dopo aver chiuso la partita IVA, Giovanni si qualifica come consumatore solo per i debiti che non attengono alla sua ex attività. Purtroppo, però, i debiti INPS sono legati all’attività di commerciante (anche se cessata) – questo in teoria lo esclude dal piano del consumatore per quella parte. In una situazione del genere, Giovanni non sarebbe consumatore puro: dovrebbe ricorrere al concordato minore oppure includere tutti i debiti in una liquidazione controllata. Se invece prendiamo un altro esempio: Anna, insegnante statale, ha debiti per prestiti al consumo (€30.000) e inoltre un debito verso l’INPS di €5.000 perché non ha versato i contributi dovuti per una babysitter che aveva assunto per i figli. In questo caso Anna è chiaramente una consumatrice (nessun business), e il debito INPS (contributi come datore di lavoro domestico) è un debito personale. Anna presenta un piano del consumatore offrendo di pagare complessivamente €15.000 in 5 anni (tramite il quinto dello stipendio): ad esempio, propone di pagare il 50% dei prestiti (€15k su 30k) e integralmente i €5.000 dell’INPS per ragioni etiche. Oppure, potrebbe anche offrire meno all’INPS purché spieghi perché. Il tribunale valuta che Anna è meritevole (i debiti derivano da esigenze familiari, non da spese voluttuarie) e omologa il piano. L’INPS, se non viene pagato integralmente, non può opporsi oltre, purché abbia almeno quanto prenderebbe pignorandole lo stipendio (comunque limitato). Anna esegue i pagamenti. Al termine dei 5 anni, Anna è esdebitata: i creditori privati non possono più reclamare nulla, e se anche avesse lasciato una parte dei €5.000 INPS scoperte (poniamo avesse offerto solo €3.000), tale residuo viene cancellato.

Interazione con l’INPS: Nell’omologare il piano, il giudice deve verificare che il trattamento dei crediti pubblici non sia deteriore rispetto all’alternativa liquidatoria. Ad esempio, se Anna proponesse di pagare all’INPS solo il 10% mentre dalla liquidazione di un suo bene l’INPS potrebbe soddisfarsi in misura maggiore, il giudice potrebbe non omologare. In alcuni casi, i giudici hanno subordinato l’omologazione alla modifica del piano per garantire una certa soglia di pagamento ai crediti fiscali/previdenziali (applicando analogicamente i criteri del cram-down). La legge attuale (art. 68 CCII) richiede che il piano del consumatore assicuri ai crediti privilegiati un trattamento conforme alle regole di graduazione (a meno di consenso espresso del creditore). Ciò tutela l’INPS per la parte privilegiata del suo credito: se il piano vuol tagliare anche quella, serve il suo assenso o equivalenti.

Procedura e atti: Per avviare la ristrutturazione del consumatore, occorre depositare un ricorso presso il tribunale con l’assistenza di un OCC. Il ricorso deve contenere informazioni simili a quelle viste per il concordato (elenco creditori, cause indebitamento, redditi, ecc.), ma con enfasi sulla condizione di consumatore:

  • Deve dichiarare che il debitore non ha debiti derivanti da attività d’impresa o professionale, oppure separarli nettamente se presenti (cosa che in realtà gli precluderebbe il piano del consumatore per l’intero).
  • Includere il piano di pagamento dettagliato per ciascun creditore.
  • Allegare la relazione dell’OCC che, oltre a certificare i dati, contiene un giudizio sulla diligenza del debitore nell’assumere i debiti e sulle cause dell’indebitamento. L’OCC deve esprimersi sul perché il debitore è o meno meritevole. Ad esempio: “il debitore si è indebitato per far fronte a cure mediche impreviste, non ha assunto volontariamente obbligazioni sproporzionate alle sue capacità, etc.”.

Il tribunale, valutati gli incartamenti, può omologare direttamente se non emergono opposizioni fondate. La presenza di debiti INPS comporta in udienza quasi sempre un intervento dell’INPS (tramite avvocatura interna o difensore) per verificare l’importo e la qualifica del debitore. Ad ogni modo, non serve il voto favorevole dell’INPS: anche con il dissenso dell’ente, il giudice può omologare se il piano è equo e il debitore merita. In passato l’INPS (e l’AdER) spesso contestavano la possibilità stessa di tagliare contributi e tributi senza il loro consenso, ma la giurisprudenza ha confermato che nel piano del consumatore è legittimo falcidiare i debiti fiscali e contributivi unilateralmente, perché la legge lo consente in deroga al principio consensuale. Ciò è stato ritenuto compatibile anche coi principi costituzionali, in quanto bilanciato dalla verifica giudiziale della meritevolezza e dalla comparazione con l’alternativa liquidatoria.

Esdebitazione finale: Una volta completati i pagamenti del piano (che possono durare anche diversi anni), il giudice, su istanza del debitore o d’ufficio, dichiarerà l’esecuzione del piano e la conseguente extinctio dei debiti residui. Da notare che se per qualche ragione il debitore non riesce a pagare integralmente quanto promesso (ad es. perde il lavoro a metà piano), potrebbe chiedere una modifica del piano o, in estremis, convertirlo in liquidazione controllata o ricorrere all’esdebitazione dell’incapiente (se ne ricorrono i presupposti). I creditori riacquisiscono il diritto di pretendere le somme originarie solo se il piano viene revocato per dolo o frode del debitore (ad es. se aveva mentito sulla sua situazione).

In conclusione, la ristrutturazione dei debiti del consumatore è uno strumento potente per chi, pur non avendo un’attività, si trova schiacciato dai debiti (anche verso INPS) e dispone di un reddito regolare o qualche risorsa per offrire almeno un pagamento parziale. Permette l’esdebitazione dei contributi INPS in modo analogo alle altre procedure: l’INPS incassa quanto previsto nel piano e per il resto deve rinunciare ad ogni pretesa (a meno che emergano redditi imprevisti dopo l’omologazione: vedi oltre l’incapiente).

Liquidazione Controllata del Sovraindebitato

La Liquidazione Controllata è la procedura liquidatoria prevista dal Codice della crisi per i debitori civili e gli imprenditori minori non soggetti a liquidazione giudiziale (è l’equivalente della “liquidazione del patrimonio” ex L.3/2012). Si tratta, in sostanza, di mettere a disposizione dei creditori tutto il patrimonio del debitore sovraindebitato, liquidarlo sotto il controllo del tribunale e di un liquidatore nominato, e distribuire il ricavato ai creditori. Alla fine della liquidazione controllata, il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione dei debiti rimasti insoddisfatti, in modo analogo a quanto avviene nella liquidazione giudiziale.

Quando si sceglie la liquidazione controllata: Questa procedura è spesso l’ultima risorsa quando:

  • Il debitore sovraindebitato non è in grado di proporre un piano (né come consumatore né come concordato minore) perché non ha sufficiente reddito o struttura per sostenere pagamenti regolari, oppure i creditori non approverebbero alcun concordato.
  • Oppure quando un piano o concordato minore è fallito o non omologato, e si deve comunque procedere a liquidare i beni.
  • Può accedere chiunque si trovi in stato di insolvenza o sovraindebitamento (consumatore, piccolo imprenditore, professionista). La liquidazione controllata è spesso “competitiva” rispetto alla liquidazione giudiziale: ad esempio un piccolo imprenditore sotto soglia insolvente potrebbe essere soggetto a liquidazione controllata anziché giudiziale.

Come funziona: Il debitore (o in alcuni casi anche i creditori) presenta un ricorso per l’apertura della liquidazione controllata al tribunale. Il ricorso, se presentato dal debitore, contiene:

  • L’elenco di tutti i creditori e dei debiti dovuti, con indicazione delle eventuali cause di prelazione.
  • L’inventario di tutto il patrimonio del debitore (beni immobili, mobili, crediti, stipendi, etc.).
  • I redditi prevedibili nei successivi 4 anni (utile per valutare se il debitore potrebbe offrire qualcosa o se rientra nell’incapienza totale).
  • L’indicazione di atti di disposizione compiuti negli ultimi anni (per controllo su possibili atti revocabili).

Non è richiesta la proposta ai creditori, perché qui non c’è un piano di ristrutturazione: si dichiara di voler liquidare tutto il possibile. Viene nominato un liquidatore (spesso l’OCC stesso o un professionista) che gestisce la vendita dei beni e il riparto secondo la legge. I creditori devono presentare domanda di ammissione al passivo (come in un fallimento in miniatura). L’INPS quindi si insinua al passivo con i suoi crediti contributivi. La legge sul punto non distingue: i crediti contributivi hanno in liquidazione controllata le medesime collocazioni privilegiate previste dalla normativa generale (nessun privilegio speciale, ma privilegio generale mobiliare fino a 2 anni anteriori al concorso, ecc.). Il liquidatore redige uno stato passivo e un progetto di riparto.

Esempio: Paolo, ex artigiano, ora disoccupato, possiede solo un appartamento e un’auto, ma ha debiti totali per €200.000 (€50k banca ipotecaria sulla casa, €20k INPS, €130k altri). Non può offrire un concordato sostenibile. Presenta allora istanza di liquidazione controllata mettendo sul piatto la casa e l’auto. Il tribunale apre la procedura, nomina il liquidatore e sospende eventuali pignoramenti in corso. L’INPS si insinua per €20k con privilegio generale, la banca per €50k con ipoteca sulla casa, ecc. Il liquidatore vende la casa (supponiamo €100k) e l’auto (€5k). Dalla casa paga prima la banca (ipoteca) che assorbe €50k + interessi; restano €50k. Questi e i €5k dell’auto formano €55k da distribuire: prima si pagano i crediti con privilegio generale (tra cui l’INPS fino a 2 anni di contributi): supponiamo €15k vada all’INPS (coprendo il 75% del suo credito privilegiato), poi i chirografari prendono qualche percentuale (INPS per eventuali sanzioni residui e altri crediti chirografari). A fine liquidazione, Paolo non ha più beni, ha soddisfatto parzialmente i creditori.

Esdebitazione nella liquidazione controllata: La legge (art. 282 CCII) prevede che anche in questo caso il debitore persona fisica meritevole ottenga l’esdebitazione dei debiti rimasti. A differenza dell’imprenditore fallibile (3 anni), qui tipicamente l’esdebitazione è concessa subito dopo la chiusura della liquidazione controllata (che spesso è abbastanza rapida, magari 1-2 anni). Le condizioni di meritevolezza sono praticamente le stesse dell’art. 280 CCII: non aver frodato i creditori, non aver violato la legge con atti in frode, non aver già ottenuto altra esdebitazione recentemente, ecc. Il debitore deve comportarsi correttamente durante la procedura (fornire documenti, etc.). Se tutto è regolare, il decreto di chiusura della liquidazione controllata può contestualmente dichiarare l’esdebitazione del debitore.

Così Paolo, nel nostro esempio, sarebbe liberato dai €20k – 15k = €5k ancora dovuti all’INPS e da tutti gli altri debiti scoperti. L’INPS non potrebbe più pretendere nulla da Paolo; avrà preso la quota nel riparto e per il resto il credito è cancellato.

Rapporto con le altre procedure: Un debitore sovraindebitato può accedere direttamente alla liquidazione controllata, oppure arrivarci dopo il fallimento di un piano. Ad esempio, se un concordato minore non viene approvato dai creditori, il debitore sovraindebitato può “ripiegare” sulla liquidazione controllata. In tal caso, i crediti INPS già noti verranno semplicemente soddisfatti in sede liquidatoria. Oppure, se durante un piano del consumatore il debitore non riesce a rispettare il piano, può chiedere l’apertura della liquidazione controllata per liquidare quel poco che ha e poi esdebitarsi.

Atto introduttivo (modello di domanda di liquidazione controllata): Il ricorso per liquidazione controllata deve essere molto dettagliato. Le Linee guida emanate da alcuni tribunali, ad esempio il Tribunale di Livorno, indicano i contenuti minimi:

  • Descrizione del debitore e del nucleo familiare (situazione personale, soggetti a carico).
  • Requisiti per l’accesso: dichiarare che il debitore è sovraindebitato e non soggetto a liquidazione giudiziale (o perché consumatore, o perché piccolo imprenditore sotto soglia, etc.).
  • Situazione economica, patrimoniale e finanziaria: elenco analitico di beni immobili, mobili, conti correnti, stipendi, crediti verso terzi, ecc..
  • Elenco delle procedure esecutive o azioni pendenti.
  • Elenco di eventuali atti di disposizione patrimoniale negli ultimi 5 anni (donazioni, vendite a congiunti, ecc.).
  • Elenco di tutti i creditori con l’indicazione di importi e cause di prelazione (molto importante: qui si citano i creditori istituzionali come INPS, Agenzia Entrate, ecc., per cui spesso si allegano i relativi estratti debito).
  • Stima delle spese della procedura e capacità del patrimonio di coprirle (ad esempio se c’è un immobile, quello almeno servirà a pagare liquidatore e spese).
  • Dichiarazione di impegno a mettere a disposizione il ricavato e cessione dei redditi non necessari al mantenimento per la durata della procedura (spesso al consumatore viene chiesto di contribuire con una parte del reddito se ha stipendio, per aumentare l’attivo liquidabile).

Il tribunale, verificato che tutto sia in ordine e che non ci sia una fattibilità di un piano (in realtà non deve valutare merito, basta che il debitore voglia liquidare), dichiara aperta la liquidazione controllata. Da quel momento, il patrimonio del debitore è cristallizzato e soggetto solo agli atti del liquidatore. Il debitore perde la disponibilità dei beni (non può più venderli da solo). Nel contempo scattano effetti protettivi: i creditori non possono iniziare o proseguire pignoramenti, eventuali sequestri decadono (li sostituisce la procedura). L’INPS, se aveva emesso avvisi di addebito e pignoramenti presso terzi, vede tali azioni sospese: dovrà insinuarsi al passivo come tutti.

Distribuzione ai creditori: Dopo aver liquidato i beni, il liquidatore presenta un progetto di riparto. Segue la graduatoria legale: i crediti con garanzia reale (ipoteche, pegni) sul bene liquidato vengono soddisfatti sul ricavato di quel bene; poi i privilegi generali (tra cui contributi) sul restante attivo mobiliare; infine i chirografari. L’INPS potrebbe, se il patrimonio è nullo o modesto, non ricevere nulla o molto poco – ma non potrà, dopo, pretendere altro se il debitore ottiene l’esdebitazione.

  • Ad esempio, se Tizio (consumatore) in liquidazione controllata possiede solo modesti mobili e nessun reddito cedibile, la liquidazione potrebbe non distribuire nulla ai chirografari e neanche coprire tutti i privilegi. Ciò nondimeno, Tizio al termine potrà essere esdebitato: l’INPS non recupererà nulla ma dovrà cancellare quel credito (salvo attivarsi su eventuali coobbligati, se esistenti, come già detto).

Esdebitazione dell’incapiente vs liquidazione controllata: Un aspetto da sottolineare: la liquidazione controllata presuppone che qualche utilità ci sia per i creditori (anche minima). Se un debitore non possiede nulla di liquidabile e nessun reddito da offrire, avrebbe poco senso aprire una procedura liquidatoria (che ha costi). Per questi casi estremi è prevista la procedura di esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII) di cui parliamo nel prossimo paragrafo. In pratica: se il debitore è completamente nullatenente e senza futuro reddito, può chiedere direttamente l’esdebitazione senza liquidazione. In tutti gli altri casi, la via corretta è la liquidazione controllata con successiva esdebitazione.

Chiusura della procedura ed esdebitazione: Quando il liquidatore ha completato la liquidazione e distribuito tutto il ricavato (anche se niente), il tribunale chiude la procedura. Su istanza del debitore, viene dichiarata l’esdebitazione. Condizioni: le stesse di cui all’art. 280 CCII si applicano, adeguate al contesto. Va sottolineato che, trattandosi spesso di piccoli debitori, raramente vi sono condanne per reati fallimentari (che sono tipici degli imprenditori fallibili). Quindi, nella liquidazione controllata, la meritevolezza verte soprattutto sull’assenza di atti in frode e sulla cooperazione. Il CCII all’art. 282 comma 2 specifica probabilmente che l’esdebitazione può essere negata se il debitore ha colpe gravi nel sovraindebitamento (ad es. ha fatto spese sproporzionate sapendo di non poterle sostenere). Tuttavia, con le riforme, anche i consumatori un tempo ritenuti non meritevoli possono ottenere comunque l’esdebitazione, fatte salve le ipotesi di dolo o frode. Si consideri per analogia che l’art. 69 CCII (piano del consumatore) consente l’omologazione anche se il debitore è stato imprudente, purché non ci sia malafede. Quindi anche in liquidazione controllata, tendenzialmente, solo la malafede o frode manifesta preclude l’esdebitazione.

Documenti nella fase finale: Il liquidatore tipicamente redige una relazione finale da cui risulta se il debitore ha collaborato e come si è svolta la procedura. Questa relazione viene messa a disposizione dei creditori prima dell’udienza di chiusura. L’INPS potrebbe eccepire qualcosa se ritiene che il debitore abbia nascosto beni su cui vantava contributi (es: “il debitore aveva macchinari da lavoro non dichiarati su cui avremmo avuto privilegio”). Se emergono tali condotte, il giudice potrebbe rigettare l’istanza di esdebitazione. Altrimenti, emetterà decreto di esdebitazione.

  • Nota: L’esdebitazione non copre eventuali debiti successi dopo l’apertura della procedura (ma questi di solito non esistono, perché il debitore, non avendo reddito disponibile, in genere non contrae nuovi debiti significativi durante la liquidazione; eventuali nuove tasse o contributi sorte dopo non rientrano e resteranno a suo carico).

In conclusione, la liquidazione controllata permette di chiudere la posizione debitoria di soggetti sovraindebitati liquidando tutto il possibile in favore dei creditori. I debiti contributivi verso l’INPS vengono trattati come in un fallimento (parte privilegiata soddisfatta se possibile, eccedenza chirografaria eventualmente soddisfatta in minima parte) e, soprattutto, vengono cancellati alla fine per la parte non pagata. Questa procedura garantisce dunque all’artigiano, commerciante, professionista o consumatore che sia finito in una situazione disperata di ripartire da zero, sebbene previo sacrificio totale del suo patrimonio. È, in un certo senso, il “perdono dei debiti” al prezzo di consegnare tutto ciò che si ha.

Esdebitazione del Debitore Incapiente

Una delle novità più significative introdotte nel 2020 (L. 176/2020) e confluite nel Codice della crisi (art. 283 CCII) è l’esdebitazione del debitore incapiente, ovvero la possibilità per la persona fisica sovraindebitata priva di beni e di reddito di ottenere ugualmente la cancellazione dei propri debiti senza dover passare per una procedura di liquidazione (che sarebbe inutile, non avendo nulla da liquidare). Si tratta di un meccanismo eccezionale e una tantum, ispirato a ragioni di equità sociale: dare una seconda possibilità anche a chi è completamente privo di risorse, purché la situazione non sia dovuta a sua colpa eclatante.

Requisiti chiave: Secondo l’art. 283 CCII, il debitore persona fisica può chiedere l’esdebitazione “di diritto” se:

  • È meritevole: la crisi non deve essere stata causata da suo dolo o colpa grave. In pratica deve soddisfare gli standard di comportamento leale (non aver truffato i creditori, non aver dissipato il patrimonio intenzionalmente). La valutazione di meritevolezza tiene conto anche del comportamento precedente e successivo alla crisi. La norma (comma 7) elenca criteri: il giudice valuta l’origine dell’indebitamento, se il debitore ha provato a trovare un accordo, se ha causato volontariamente il proprio default, ecc.
  • Non è in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, neanche in futuro. Ciò significa che il debitore non possiede beni liquidabili, né redditi pignorabili, né prospetta miglioramenti imminenti. Perfino una piccola utilità indiretta (es. ai creditori potrebbe convenire comunque aprire una liquidazione per far valere azioni revocatorie) deve mancare. Insomma, dev’essere un caso di conclamata incapienza assoluta.
  • Una sola volta nella vita: il debitore incapiente può ottenere questo tipo di esdebitazione solo una volta. Se torna a indebitarsi e a trovarsi nullatenente, non potrà beneficiarne di nuovo.
  • Obbligo di pagamento in caso di sopravvenienze favorevoli: se entro 4 anni dal decreto di esdebitazione il debitore incapiente beneficia di entrate significative o acquisisce beni (ad esempio un’eredità, una vincita, un aumento di reddito rilevante), dovrà informare i creditori e il tribunale, e pagare almeno il 10% di ogni credito originario (nella misura in cui le nuove utilità lo consentono). Questa clausola è per evitare che persone che oggi sono nullatenenti ma domani magari ricevono una grossa somma restino “impunemente” senza pagare nulla. In sostanza, l’esdebitazione dell’incapiente è revocabile parzialmente se sopraggiunge una capacità contributiva: il debitore dovrà pagare pro quota i creditori (fino all’importo integrale del debito, ma almeno il 10%). Se non lo fa spontaneamente, i creditori potranno agire in esecuzione su quelle utilità, in deroga al decreto di esdebitazione.

Procedura: Il debitore presenta un ricorso al tribunale (volontaria giurisdizione) dichiarando la propria situazione e chiedendo l’esdebitazione ex art. 283. È necessaria la nomina di un gestore della crisi (OCC) anche in questo caso, per verificare la veridicità delle dichiarazioni. La procedura quindi prevede:

  1. Nomina dell’OCC (Gestore) – che funge da figura di controllo. Ad esempio, un avvocato o commercialista iscritto all’albo OCC viene incaricato.
  2. Istruttoria: il gestore raccoglie i documenti, avvisa i creditori della pendenza della procedura e redige una relazione da presentare al giudice, attestando: l’elenco dei creditori e debiti, che il debitore non ha beni né redditi, la causa dell’insolvenza e un giudizio sulla meritevolezza. Dev’essere chiaro che nemmeno liquidando eventuali residuali beni (se ha due spiccioli sul conto corrente, per dire) si otterrebbe apprezzabile soddisfazione per i creditori.
  3. Udienza e decisione: il tribunale fissa udienza, avvisa i creditori (anche qui l’INPS riceverà comunicazione). I creditori possono comparire e eventualmente contestare la sussistenza dei presupposti (magari l’INPS potrebbe obiettare: “il debitore ha in realtà un diritto di TFR maturato, quindi non è incapiente, esiga quello prima di chiedere lo “sconto” totale”). Il giudice valuta tutto e, se le condizioni sono soddisfatte, emette decreto di esdebitazione dell’incapiente, dichiarando inesigibili tutti i debiti del ricorrente.

Effetti sui debiti INPS: Il provvedimento cancella tutti i debiti concorsuali, quindi certamente include i debiti verso l’INPS. D’ora in poi l’INPS non potrà avviare o proseguire alcuna azione di recupero verso il debitore per quei crediti. Viene insomma messa una pietra sopra il passato. Naturalmente, restano comunque esclusi (come in ogni esdebitazione) eventuali debiti per multe, danni, assegni di mantenimento – ma i debiti contributivi non rientrano in tali eccezioni, quindi sono coperti a pieno titolo.

Cosa succede dopo: Per i successivi 4 anni, il debitore ha l’obbligo di tenere informato il gestore o il tribunale di ogni sua variazione patrimoniale rilevante. Ad esempio, se trova un lavoro stabile o percepisce una somma inaspettata. Come detto, se tali sopravvenienze avvengono, il debitore dovrà destinare ai vecchi creditori almeno il 10%. Se in 4 anni non succede nulla di significativamente migliorativo, il debitore potrà considerare definitivamente chiusa la partita con i creditori (esdebitazione irrevocabile). Se invece entro i 4 anni accade qualcosa, dovrà riattivarsi una forma di soddisfazione. La legge non prevede espressamente un meccanismo procedurale rigido per questa fase: potrà essere lo stesso creditore (es. l’INPS informata dal debitore o venutane a conoscenza) a intimare il pagamento del 10% e in caso fare esecuzione, oppure il debitore potrebbe spontaneamente depositare una somma presso il tribunale da ripartire ai creditori a seguito di sopravvenienza.

Esempio: Luisa, 30 anni, ex lavoratrice autonoma, ha €40.000 di debiti (di cui €10k verso INPS gestione separata, il resto prestiti personali). Non possiede nulla – vive in affitto, niente auto, disoccupata – e non ha famiglia che possa aiutarla. Luisa chiede l’esdebitazione da incapiente. L’OCC verifica che davvero non ha né beni né redditi e che i suoi debiti derivano in gran parte da spese di sussistenza fatte quando aveva perso il lavoro, quindi non c’è malafede. Il tribunale accoglie: tutti i debiti di Luisa sono cancellati. L’INPS chiude il suo conto debitorio per quei €10k (saranno una perdita per l’ente, ma altrimenti non avrebbe recuperato comunque nulla). Dopo due anni, però, Luisa trova un buon impiego e vince anche un piccolo premio in una lotteria: ha ora disponibilità. La legge la obbliga a attivarsi: poniamo che, valutate le sue nuove risorse, possa pagare 10% di ogni credito (cioè €1k all’INPS, e analogamente agli altri creditori). Se Luisa non facesse nulla, rischierebbe sanzioni e i creditori potrebbero far valere il loro diritto residuo almeno fino al 10%. Se invece Luisa paga quel 10%, resta comunque liberata dal restante 90%.

Meritevolezza e controlli: La giurisprudenza e la dottrina stanno dibattendo sui confini di applicazione di questa norma. C’è chi la vede come uno strumento molto “di nicchia”, da usare con cautela, perché di fatto priva i creditori di qualunque soddisfazione. Si insiste molto sulla valutazione della meritevolezza: per esempio, se il debitore ha colpe anche solo grossolane (aver vissuto sopra le proprie possibilità confidando poi di farla franca), alcuni tribunali potrebbero negare l’accesso. Tuttavia, l’orientamento prevalente è di interpretare la meritevolezza in senso non troppo restrittivo, guardando più che altro all’assenza di frodi. Il legislatore stesso, infatti, ha tolto riferimenti alla meritevolezza “pregressa” come requisito formale, limitandosi a dire “debitore meritevole… che non sia in grado di offrire utilità”. L’idea è aiutare chi è finito male per sfortuna o cause esterne. Ad esempio, casi concreti: persone sovraindebitate per la perdita del lavoro e malattie, che non possiedono nulla – questi sono candidati tipici per l’esdebitazione incapiente.

Va anche detto che l’esdebitazione incapiente non cancella obblighi eventualmente penali: se ad esempio il debitore aveva commesso reato di insolvenza fraudolenta o altri, il fatto di ottenere il beneficio non lo esime da responsabilità penali (ma qui parliamo solo di debiti civili).

Relazione OCC e modello di ricorso: Un possibile schema di ricorso per esdebitazione incapiente contiene:

  • Generalità del debitore e dichiarazione di trovarsi in stato di insolvenza senza alcuna capacità di adempimento.
  • Elenco creditori e importi (serve a quantificare il 10% eventuale).
  • Dichiarazione di assenza totale di patrimonio: es. “non possiedo immobili, non ho conti con saldo attivo (allego estratto conto), i mobili di casa sono di modesto valore e di uso comune, non sono cedibili, non ho crediti verso terzi, etc.”.
  • Eventuale attestazione di un ISEE basso, e documentazione sul reddito (es. NASpI o reddito di cittadinanza se percepito).
  • Motivi della situazione: narrazione delle cause (per permettere al giudice di valutare la buona fede: es. “mi sono indebitato per far fronte alle cure di un familiare gravemente malato, poi ho perso il lavoro…”).
  • Impegno a segnalare entro 4 anni qualunque miglioramento economico.

L’OCC allega una relazione dove conferma che ha verificato tutte le banche dati (Catasto, PRA, registri) e non risultano beni intestati al debitore, che i creditori sono stati informati e nessuno ha proposto soluzioni alternative (es. un creditore potrebbe offrire di rinunciare agli interessi se il debitore gli paga il capitale, ma se il debitore non può pagare nulla, ciò non cambia la sostanza).

Se il giudice rigetta: Può succedere che il giudice neghi l’esdebitazione incapiente. In tal caso, se il debitore ha comunque qualche piccola risorsa (anche 0,5% per i creditori), potrebbe essere aperta una liquidazione controllata tradizionale. L’incapiente è pensato per evitare procedure inutili; se però il tribunale ritiene che qualche utilità ci sia (magari perché nota che il debitore ha capacità lavorativa intatta e potrebbe generare reddito), potrebbe preferire indirizzarlo su una liquidazione con cessione del futuro stipendio.

Impatto per l’INPS: Dal punto di vista INPS, l’esdebitazione incapiente significa che l’istituto deve rinunciare completamente al credito verso quella persona, salvo recuperare (fino al 10%) se questa avrà fortuna nei 4 anni seguenti. È un sacrificio richiesto dalla legge in nome di un interesse pubblico: evitare che persone totalmente insolventi rimangano eternamente escluse dall’economia (magari spingendole al lavoro nero, ecc.). Liberandole dai debiti, si spera che possano tornare a contribuire all’economia e pagare le tasse e contributi futuri (fresh start come investimento sociale).

In sintesi, l’esdebitazione del debitore incapiente è un istituto di chiusura del sistema: garantisce l’esdebitazione anche quando nessun’altra procedura è praticabile, ovviamente a condizioni stringenti. Per i debiti contributivi, rappresenta una via d’uscita in casi estremi (si pensi a persone indebitate con INPS per contributi da lavoro autonomo mai pagati, che non hanno davvero nulla: con questa norma, dopo aver dimostrato la loro condizione, possono cancellare quel debito e magari ricominciare cercando un lavoro senza la paura di vedersi aggredire il primo stipendio dall’INPS).

Va ricordato infine che, come tutte le esdebitazioni, non coinvolge eventuali coobbligati: se il debitore incapiente aveva un fideiussore sul debito INPS, l’INPS potrà comunque agire contro il fideiussore per l’intero importo. Quindi l’esdebitazione è un fatto personale del debitore principale.

Focus sulle Categorie di Debitori e Debiti INPS

Le procedure sin qui descritte si applicano in modo diverso a seconda della categoria del debitore. In questa sezione forniamo un focus specifico su cinque tipologie di soggetti particolarmente interessati ai debiti contributivi INPS, evidenziando quali strumenti hanno a disposizione e con quali peculiarità:

Lavoratori Autonomi e Professionisti

Questa categoria comprende tutti i soggetti che svolgono un’attività lavorativa indipendente senza essere imprenditori commerciali in senso stretto. Esempi: un avvocato, un architetto, un consulente informatico freelance, un agente di commercio, ecc. Dal punto di vista contributivo, possono essere iscritti a gestioni previdenziali diverse: i professionisti spesso hanno una Cassa professionale privata (ad es. avvocati – Cassa Forense, dottori commercialisti – CNPADC), oppure se non hanno una cassa (professioni non ordinistiche) sono iscritti alla Gestione Separata INPS; gli agenti di commercio sono iscritti all’ENASARCO oltre che all’INPS, ecc. In ogni caso, qui ci concentriamo sui debiti verso enti previdenziali pubblici (INPS), quindi ipotizziamo professionisti o autonomi con contributi dovuti all’INPS gestione separata o gestione commercianti/artigiani.

Caratteristiche giuridiche: Il lavoratore autonomo/professionista, se non ha organizzazione d’impresa, non è soggetto a fallimento. Dunque, se va in crisi di debiti, ricade nell’ambito del sovraindebitamento. Ciò significa che:

  • Se i suoi debiti sono prevalentemente personali (non legati alla sua attività professionale), potrà scegliere la ristrutturazione del consumatore (piano del consumatore) per risolvere la crisi.
  • Se invece ha debiti rilevanti derivanti dalla sua attività professionale (es. tasse e contributi per la sua attività, debiti con fornitori dell’attività professionale), non è un consumatore. In tal caso ha a disposizione il concordato minore (procedura concorsuale negoziata con voto dei creditori)(seconda parte del focus “Lavoratori Autonomi e Professionisti” dopo l’interruzione)

… o la liquidazione controllata (se ritiene di non poter offrire un piano). In sintesi, un professionista sovraindebitato non può accedere alla liquidazione giudiziale, ma può usare le procedure di sovraindebitamento: piano del consumatore se i debiti sono di natura personale, altrimenti concordato minore o liquidazione controllata. La distinzione va fatta in base alla natura dei debiti più che alla qualifica soggettiva.

Debiti contributivi tipici: Un professionista/autonomo ha debiti INPS se:

  • È iscritto alla Gestione Separata INPS (perché, ad esempio, un ingegnere non iscritto all’albo versa i contributi lì, o un amministratore di società sui compensi). Potrebbe avere omesso di pagare i contributi dovuti sul reddito professionale.
  • Oppure, se rientrante come commerciante/artigiano (alcuni lavoratori autonomi hanno posizioni INPS artigiani/commercianti se svolgono attività d’impresa sia pure piccola). Es: un consulente marketing con partita IVA potrebbe essere iscritto come commerciante in Camera di Commercio e dover pagare i contributi fissi INPS commercianti trimestrali.
  • Debiti verso INAIL (assicurazione infortuni) possono esserci se soggetti obbligati, ma l’INAIL è altro ente; qui focalizziamo l’INPS.
  • I professionisti ordinistici in senso stretto (es. medici, avvocati) in genere non hanno debiti verso l’INPS perché versano alla propria Cassa. In tali casi, i debiti verso la Cassa professionale seguono regole analoghe a quelle INPS in queste procedure, ma la nostra guida si concentra sull’INPS. Vale notare però che diverse Casse professionali hanno ottenuto di essere equiparate all’INPS come trattamento nei concordati (godono di privilegio per i contributi analogamente, e anche loro crediti sono esdebitabili se non pagati interamente).

Strumenti e strategie: Un lavoratore autonomo/professionista in crisi con debiti contributivi ha vari percorsi:

  • Composizione negoziata? Se è un professionista, formalmente la composizione negoziata è rivolta agli imprenditori iscritti al Registro Imprese. Un avvocato o un architetto non vi accede (può semmai negoziare informalmente). Dunque, di solito la composizione negoziata è fuori portata per i puri professionisti (è pensata per aziende). Un agente di commercio individuale forse sì se ha ditta individuale. In ogni caso, raramente l’autonomo usa la comp. negoziata: più frequente passi direttamente a piano del consumatore o concordato minore.
  • Piano del consumatore: se l’indebitamento è dovuto in buona parte a ragioni non professionali (es. spese familiari, mutuo casa) e l’attività autonoma era marginale. Ma attenzione: se nel piano del consumatore volesse includere il debito INPS derivante dalla sua attività, occorre che quel debito sia considerabile “estraneo” all’attività. Di regola contributi previdenziali di lavoro autonomo non sono estranei – fanno parte dei costi dell’attività. La giurisprudenza è stata severa: un professionista con debiti fiscali e contributivi di quell’attività non può travestirsi da consumatore su quei debiti. Dovrebbe al più includerli se rappresentano un aspetto personale (es. contributi su redditi di partecipazione come nel caso di Brescia citato, dove il socio non gestiva l’impresa).
  • Concordato minore: è la via naturale per il professionista insolvente con debiti di attività. Ad esempio, un geometra con debiti verso fornitori del suo studio e verso INPS gestione separata opterà per un concordato minore, offrendo ai creditori un piano ragionevole. L’OCC in tal caso valuterà i flussi di reddito futuri (il professionista potrebbe continuare a lavorare e destinare parte del reddito ai creditori).
  • Liquidazione controllata: se l’attività è cessata o comunque il debitore preferisce chiudere, mette sul tavolo quel che ha (forse attrezzature, crediti residui) e liquida il tutto. Questo può accadere ad esempio a un consulente che abbia chiuso la partita IVA: liquida quel poco che c’è e ottiene esdebitazione.
  • Esdebitazione incapiente: se il professionista è rimasto completamente al verde (purtroppo non raro in vicende di p. IVA che falliscono), e non ha beni, può sfruttare l’art. 283 CCII come visto sopra. Dovrà dimostrare di essere meritevole (ad esempio la crisi può essere dipesa da fattori di mercato e non da sua spensieratezza).

Esempio Professionista: Un architetto, Mario, aveva uno studio ma la crisi edilizia lo ha messo in ginocchio. Ha €10.000 di debiti INPS gestione separata, €15.000 di IVA e Irpef non pagata, e €20.000 di debiti verso fornitori (software, plotter) e banche. Non ha immobili; possiede solo pc e attrezzature modeste. Mario vuole continuare a esercitare la professione. Non è un consumatore (debiti fiscali/professionali rilevanti), quindi con l’OCC prepara un concordato minore. Propone di pagare in 4 anni, con il suo reddito stimato, il 40% ai creditori chirografari. Per i debiti privilegiati (IVA, contributi) prevede di pagarli al 60%. In totale, su €45.000 di debiti, si impegna a pagarne circa €25.000. L’INPS, avendo €10k di credito privilegiato, riceverebbe €6k. Se Mario fallisse, l’INPS probabilmente prenderebbe meno (perché il patrimonio è scarso), quindi la proposta è ragionevole. I creditori votano positivamente (anche il Fisco e l’INPS, magari con la spinta del cram-down se servisse). Concordato omologato: Mario paga regolarmente. Al termine, l’INPS libera Mario dai restanti €4.000 di contributi non coperti, che vengono esdebitati.

Peculiarità: I professionisti talvolta hanno crediti verso clienti (es. parcelle non incassate). Nelle procedure concorsuali, questi crediti diventano parte dell’attivo da liquidare o da sfruttare. Ad esempio, nel concordato minore di Mario, egli destinerà ai creditori anche le somme che incasserà dai clienti nel frattempo per lavori già fatti. Nel piano si può prevedere che quei crediti vengano ceduti al liquidatore o vincolati. L’INPS come creditore privilegio generale potrebbe avere diritto a una parte di quegli incassi come attivo mobiliare.

Un altro aspetto: i debiti fiscali e contributivi spesso vanno di pari passo. Un autonomo insolvente probabilmente deve sia tasse che contributi. È importante quindi considerare una strategia unitaria: transazione fiscale e contributiva insieme nel concordato minore, ad esempio, oppure nel piano del consumatore assicurare un equo trattamento a entrambi. Fortunatamente, le procedure sovraindebitamento permettono di includerli tutti.

Procedimento pratico: Il professionista deve rivolgersi a un OCC o al tribunale:

  • Per un piano del consumatore o concordato minore, redigere ricorso con i contenuti detti (elenco crediti, ecc.). Non dimenticare di inserire il debito INPS tra quelli privilegiati e quantificarlo con precisione (magari allegando un estratto contributivo).
  • Notificare il ricorso all’INPS (PEC indicata, v. es. scheda di circolarizzazione creditori istituzionali del Tribunale di Livorno: per Livorno indicava la PEC della sede provinciale INPS).
  • L’INPS spesso nella fase di OCC risponde comunicando l’entità aggiornata del debito (capitale + sanzioni). Ciò confluisce nel piano.

Esdebitazione: Una volta omologato ed eseguito il piano, il professionista torna pulito. Potrà anche continuare a versare i contributi correnti (ad esempio, Mario dovrà versare puntualmente quelli dovuti sui redditi durante il piano, altrimenti accumulerebbe nuovi debiti fuori piano). Quindi la disciplina richiede anche di mantenersi in regola sul corrente, altrimenti il beneficio perde di significato.

In conclusione, per lavoratori autonomi e professionisti:

  • Se debiti personali: Piano del consumatore (l’INPS può rientrare se debito non legato a attività, es. collaboratore domestico).
  • Se debiti di attività: Concordato minore o liquidazione controllata. I contributi INPS, come visto, saranno falcidiabili e poi esdebitabili come gli altri crediti.
  • Se nulla da liquidare: Esdebitazione incapiente, includendo contributi.

Piccoli Imprenditori, Commercianti e Artigiani

I piccoli imprenditori, tra cui rientrano tipicamente i commercianti al dettaglio, gli artigiani, i coltivatori diretti e in generale le imprese individuali di ridotte dimensioni, hanno storicamente un trattamento particolare nell’ordinamento italiano: sono esclusi dal fallimento (art. 1 L.F. e ora art. 2 CCII li definisce non assoggettabili a liquidazione giudiziale se non superano determinate soglie di attivo/debiti). Ciò significa che quando un piccolo imprenditore si trova sommerso dai debiti, non verrà dichiarato fallito (liquidazione giudiziale), ma dovrà ricorrere agli strumenti di sovraindebitamento.

Categorie INPS: I commercianti e artigiani sono iscritti obbligatoriamente alle gestioni INPS speciali di categoria (Gestione Commercianti, Gestione Artigiani), con contributi fissi trimestrali più una quota sul reddito. Questo crea spesso debiti contributivi consistenti in caso di crisi, perché l’imprenditore continua ad essere tenuto a pagare un minimo di contributi anche se l’attività è in perdita. Inoltre, se aveva dipendenti, può avere debiti per contributi dei dipendenti (gestione lavoratori dipendenti).

Per i coltivatori diretti e imprenditori agricoli, c’è una gestione INPS specifica (CD/CM) con contribuzione propria: pure essi possono accumulare debiti verso l’INPS.

Procedure disponibili: I piccoli imprenditori, commercianti, artigiani, in caso di insolvenza possono:

  • Utilizzare il concordato minore (se vogliono tentare di salvare l’attività concordando un piano con i creditori). Questo è l’equivalente del concordato preventivo ma calibrato per loro.
  • Utilizzare la liquidazione controllata (se decidono di cessare l’attività e liquidare tutto, o se un concordato non è fattibile).
  • Se una parte dei debiti è personale e scollegata dall’impresa, potrebbero teoricamente fare un piano del consumatore per quella parte e parallelamente liquidazione per l’impresa, ma in pratica la legge tende a unificare le procedure (è prevista la possibilità di procedura unica familiare se più soggetti connessi, art. 66 CCII).
  • Composizione negoziata: è accessibile anche a un piccolo imprenditore (non c’è preclusione dimensionale per attivarla). Ad esempio, un ristoratore con 5 dipendenti può chiedere la nomina dell’esperto e tentare accordi con i fornitori e con l’INPS (per contributi dipendenti) prima di finire in procedura concorsuale. Tuttavia, nei fatti la comp. negoziata è più usata da imprese medio-grandi. Il piccolo può preferire accordi informali brevi o passare direttamente al concordato minore.

Trattamento dei debiti INPS:

  • Nel concordato minore del piccolo imprenditore, le regole sono quelle già spiegate: l’INPS come creditore privilegiato partecipa al voto; se il piano prevede continuità aziendale (es. l’artigiano continua la bottega) di solito si cerca di pagare i contributi dovuti almeno parzialmente per non gravare la gestione futura. I contributi dei dipendenti godono di privilegio speciale sui beni dell’azienda? In realtà, i contributi previdenziali non hanno privilegio speciale (salvo quelli su TFR). Hanno privilegio generale su mobili. Quindi l’INPS sta in grado paritario con altri privilegiati generali (Agenzia Entrate per alcune imposte).
  • Se l’azienda continua, è cruciale regolarizzare i contributi correnti: spesso l’omologazione di concordati con continuità è subordinata alla regolarità contributiva DURC per poter operare (anche se la legge consente una temporanea non regolarità durante la procedura, poi superata dall’omologazione che regolarizza per il passato).
  • L’INPS in concordato minore valuterà la proposta comparando con la liquidazione. Per i piccoli imprenditori spesso il valore di liquidazione dei beni (macchinari usati, piccolo magazzino) è basso, quindi l’ente può essere favorevole anche a percentuali apparentemente modeste se in liquidazione prenderebbe comunque poco.
  • Nel concordato minore liquidatorio con apporto di terzi (possibile se un parente mette soldi per evitare la chiusura), i crediti contributivi potrebbero essere pagati meglio che in fallimento. L’INPS, come gli altri, si giova di eventuali risorse esterne.
  • Nella liquidazione controllata, i debiti INPS sono trattati come detto: privilegio su attivo mobiliare, etc. Per un artigiano, i suoi utensili verranno venduti e parte del ricavato andrà all’INPS privilegiato. Il restante debito INPS andrà esdebitato.

Esempio Artigiano: Luigi, falegname artigiano, ha chiuso la sua bottega dopo anni di difficoltà. Debiti: €8.000 di contributi artigiani INPS, €5.000 di contributi dipendenti (aveva un apprendista), €20.000 di debiti con fornitori legno, €10.000 di debiti bancari. Possiede ancora i macchinari (valore stimato €15.000) e un furgone. Luigi opta per la liquidazione controllata, non avendo reddito per fare un concordato. Nella liquidazione, i macchinari e il furgone sono venduti a €12.000 netti. La parte di privilegio: l’INPS ha privilegio generale su quei €12.000 per i suoi €8k + 5k = €13k totali di contributi (dipendenti e propri). Riceverà quindi, in concorso con eventuali altri privilegiati, il pagamento fino a saturare €12.000. I privilegiati totali sono INPS €13k e, supponiamo, qualche piccola quota privilegiata dei dipendenti per ultime retribuzioni. Diciamo che all’INPS vanno €10.000 e il resto ad altri. Finita la liquidazione, Luigi chiede esdebitazione: rimangono scoperti €3.000 verso INPS, che vengono cancellati dal decreto di esdebitazione. Luigi è libero da tutti i debiti compresi quelli contributivi.

Caso Commerciante con affitto d’azienda: Alcuni commercianti possono trovarsi in concordato minore con continuità indiretta – es. cedono in affitto l’azienda a terzi, che proseguono l’attività. In questi casi, i debiti contributivi restano in capo al cedente e rientrano nel concordato: il terzo affittuario di solito ottiene un DURC pulito perché è nuovo soggetto, mentre i debiti INPS del cedente vengono trattati concorsualmente. L’INPS come creditore non può pretendere che il nuovo affittuario li paghi (sono personali del cedente), quindi dovrà accontentarsi di quanto offre il piano del cedente.

Meritevolezza nei sovraindebitati minori: Per i piccoli imprenditori/artigiani, la valutazione di meritevolezza è un po’ diversa dal consumatore. La legge non richiede un giudizio di meritevolezza per ammetterli a concordato minore – possono accedervi anche se la crisi è dovuta a scelte imprenditoriali errate. Solo l’esdebitazione finale richiede assenza di frodi. Quindi un artigiano che ha gestito male l’attività (sovraindebitandosi) non viene escluso: il concordato minore è comunque disponibile, saranno i creditori a decidere. L’INPS potrebbe essere “moralmente” critico se vede evasione contributiva dolosa, ma la sede per questo è l’eventuale opposizione all’esdebitazione conclusiva (se ad esempio scopre che l’artigiano teneva due contabilità, ecc.).

Conclusioni per le categorie

In sintesi:

  • Autonomi/professionisti: niente fallimento, sì a sovraindebitamento (piano del consumatore se debiti personali, concordato minore se debiti professionali, liquidazione controllata per chiudere).
  • Piccoli imprenditori (commercianti, artigiani): niente fallimento, sì a concordato minore, liquidazione controllata, ecc. Debiti INPS trattati come privilegiati; l’esdebitazione li copre se residuano.
  • In tutti i casi sopra: i debiti INPS post procedura (nuovi contributi) restano dovuti normalmente – l’esdebitazione riguarda solo il pregresso. Ad esempio, se un commerciante in concordato minore continua l’attività, dovrà pagare regolarmente i contributi correnti o altrimenti avrà nuovi debiti fuori piano non esdebitati.

Infine, un breve cenno a due particolari figure:

  • Imprenditore agricolo: Non fallisce, rientra nel sovraindebitamento. Ha debiti INPS (CD/CM). Può usare concordato minore o liquidazione controllata. Spesso i tribunali gli consentono di tenere qualche bene indispensabile per la vita (es. casa colonica) anche in liquidazione, come prevede la legge per i sovraindebitati.
  • Start-up innovative PMI: Anche se hanno certe agevolazioni sull’esenzione da fallimento, se sovraindebitate useranno queste procedure (poche casistiche finora).

Condizioni e Limiti dell’Esdebitazione per i Debiti INPS

Riassumiamo e focalizziamo qui le condizioni e i limiti specifici riguardanti l’esdebitazione, con particolare riferimento ai debiti previdenziali e assistenziali verso l’INPS:

1. Meritevolezza del debitore: È il filo conduttore di tutte le procedure di esdebitazione. Il debitore deve aver tenuto un comportamento onesto e collaborativo. In particolare:

  • Assenza di frode o dolo: Se risulta che il debitore ha sottratto attivi, simulato crediti inesistenti, o in generale agito in malafede verso i creditori (incluso l’INPS, ad esempio occultando proprietà per non pagarne i contributi), l’esdebitazione verrà negata. Questo è un limite invalicabile: la legge vuole evitare che l’istituto sia strumento di abuso. L’onere della prova di frodi può ricadere sui creditori o sul curatore, ma il giudice può anche rilevarlo d’ufficio.
  • Condotta post-insolvenza: Il debitore deve aver fornito tutte le informazioni e i documenti richiesti nella procedura (p. es. estratti contributivi, bilanci). Se ha ostacolato la procedura, l’esdebitazione può essere rifiutata. Ad esempio, se l’INPS chiede tramite il curatore chiarimenti su periodi di lavoro sommerso e il debitore non collabora, ciò incide negativamente.
  • Indebitamento non colposo grave: Per i piani del consumatore e per l’incapiente, il tribunale esamina anche come il debitore si è indebitato. Se emergesse che ha volontariamente non versato contributi pur avendone le possibilità (per finanziare magari spese voluttuarie), potrebbe dubitare della meritevolezza. Tuttavia, l’orientamento recente è di non usare la “colpa nell’indebitamento” come motivo assoluto di esclusione, se non c’è elemento di malafede. Ad esempio, un commerciante che ha evaso contributi per tenere in piedi l’azienda sperando di riprendersi non viene punito negandogli l’esdebitazione, a meno che la sua scelta non sia stata fraudolenta. Giurisprudenza: La valutazione può tener conto anche del comportamento dei creditori (“creditore colpevole”): ad es., se l’INPS stesso ha ritardato a lungo la riscossione facendo lievitare il debito con sanzioni, ciò potrebbe mitigare la colpa del debitore nel trovarsi con un debito enorme.

2. Debiti esclusi dall’esdebitazione: Come già elencato, sono:

  • Alimenti e mantenimento dovuti per legge: es. assegni al coniuge o ai figli non si estinguono (hanno natura diversa).
  • Debiti da illecito extracontrattuale e sanzioni non accessorie. Quindi, se nel debito verso l’INPS fossero comprese sanzioni amministrative autonome (ad es. una sanzione irrogata per lavoro nero), tali sanzioni non sarebbero cancellate dall’esdebitazione, in quanto rientrano tra le pene pecuniarie amministrative. Distinzione fine: se però le sanzioni sono semplici interessi di mora o aggi che l’INPS applica come accessori al contributo, esse hanno natura accessoria e decadono insieme al contributo principale. In pratica: le sanzioni civili INPS (interessi per ritardato pagamento, art. 116 L.388/2000) seguono la sorte del contributo. Le sanzioni amministrative (multe per violazioni normative sul lavoro) no. Dunque un verbale di maxi-sanzione per lavoro nero sarebbe, di per sé, non esdebitabile (rientra nelle ammende amministrative).
  • Obblighi di restituzione di aiuti di Stato eventualmente (non comuni nel contesto INPS).
  • Non sono invece esclusi i debiti tributari e contributivi in generale. Quindi i debiti previdenziali rientrano nell’esdebitazione salvo avere natura sanzionatoria autonoma (come detto).

3. Entità del pagamento ai fini dell’esdebitazione: Non c’è una soglia minima di pagamento ai creditori richiesta per poter accedere all’esdebitazione (eccetto il caso dell’incapiente che è zero per definizione). Questo vuol dire che anche se i creditori non ricevono nulla o quasi nulla, il debitore può essere esdebitato. Ciò può suonare drastico, ma è il principio del “fresh start”. Ovviamente, nelle procedure concordatarie l’esdebitazione è conseguenza di un certo pagamento concordato (quindi lì almeno qualcosina i creditori l’hanno avuta). Nelle liquidazioni, dipende dall’attivo: se l’attivo è zero, i creditori non prendono nulla e il debitore può comunque liberarsi (tipico caso incapiente). Questa è una differenza con alcuni ordinamenti esteri che richiedono un “minimum return”. In Italia, grazie alle riforme, si tende a dare chance anche a chi non può offrire nulla, fidando nel meccanismo dei 4 anni di sorveglianza per l’incapiente.

4. Tempistiche e durata del “beneficio”: L’esdebitazione, una volta concessa (salvo revoche entro termini brevi, vedi punto 5), è definitiva. Il debitore ne beneficia per sempre rispetto a quei debiti. Non c’è riattivazione successiva (tranne il caso delle sopravvenienze per l’incapiente entro 4 anni). Dopo l’esdebitazione, il debitore viene considerato “risanato” anche ai fini civilistici: ad esempio, cessa eventuale interdizione dagli uffici o incapacità (il Codice prevede che con l’esdebitazione “vengono meno le cause di ineleggibilità o decadenza collegate all’apertura della liquidazione giudiziale”). Dunque può tornare a fare l’imprenditore, partecipare a gare, ecc., senza le stigma del passato.

5. Opposizione dei creditori e revoca: I creditori, INPS incluso, possono:

  • Opporsi all’esdebitazione in sede di omologa/chiusura: dovranno indicare le ragioni (ad es. il creditore contesta la meritevolezza). Il tribunale decide. Se rigetta la richiesta di esdebitazione, il debitore rimane con i debiti. Questa è una situazione che può accadere ad esempio se emergono atti in frode. Per l’INPS, tipicamente, l’opposizione può basarsi su scoperte di patrimoni occulti o condotte fraudolente (es. il titolare aveva dipendenti in nero anche durante la procedura).
  • Revoca successiva: Il CCII prevede la revocabilità dell’esdebitazione se si scoprono entro 1 anno (termine fissato nel vecchio art. 143 l.fall., e ripreso nei principi generali) elementi rilevanti non noti prima. Ad esempio, si scopre che il debitore aveva vinto al gioco durante la procedura e non lo aveva dichiarato, oppure aveva simulatamene intestato beni a terzi. In tal caso, su istanza di un creditore o del PM, il tribunale può revocare il decreto di esdebitazione. Un’area grigia riguarda la mancata previsione nel CCII di revoca per atti di frode scoperti tardivamente: alcuni autori hanno segnalato un difetto normativo e la possibile incostituzionalità se non si permettesse la revoca (sarebbe un incentivo a nascondere e sperare di farla franca). Ma probabilmente si farà riferimento analogico alle norme precedenti che la ammettevano. Dunque l’INPS, se scoprisse dopo la chiusura che il debitore possedeva un immobile non dichiarato, potrebbe agire per revocare l’esdebitazione e poi eventualmente procedere su quel bene.

6. Rapporti con eventuali coobbligati/garanti: L’esdebitazione riguarda solo il debitore insolvente che ha attivato la procedura. Non libera i coobbligati o garanti. Quindi, se un terzo ha garantito quel debito INPS, l’INPS potrà comunque perseguirlo. Ad esempio: Tizio garante per i contributi di Caio; Caio ottiene esdebitazione, ma Tizio resta obbligato e l’INPS potrà chiedere a lui l’intero (salvo patuitions contrattuali). Questo è importante in ambito familiare: spesso coniugi o genitori garantiscono prestiti d’impresa – la loro posizione resta intatta. Tuttavia, spesso nelle crisi familiari si tende a presentare un’unica procedura di sovraindebitamento coinvolgendo entrambi (art. 66 CCII consente un ricorso unico per più soggetti legati da vincoli famigliari o di coobbligazione). In tal caso, se entrambi ottengono l’esdebitazione, il creditore non avrà più nessuno su cui rivalersi.

7. Debiti INPS futuri e obblighi contributivi pendenti: L’esdebitazione incide sui debiti anteriori. Non tocca gli obblighi contributivi successivi. Se durante la procedura concorsuale maturano nuovi contributi (ad es. un’azienda in concordato con continuità deve pagare i contributi per i dipendenti nel frattempo), quelli non rientrano nell’esdebitazione. Idem per contributi non ancora scaduti alla data di apertura della procedura (che però di solito vengono comunque inseriti come debito concorsuale per competenza). Quindi il debitore deve proseguire a pagare regolarmente quanto dovuto dopo. Ad esempio, un artigiano in concordato minore continua a versare trimestralmente i contributi correnti, e a fine piano solo i vecchi debiti pregressi saranno stralciati. Se non lo fa, i nuovi debiti non saranno coperti e l’INPS potrà perseguirli separatamente.

8. Transazione su contributi e decadenze: Se il debitore ha in corso una rateazione amministrativa con l’INPS (ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 112/1999 ad esempio) e poi accede a procedura concorsuale, di solito quella rateazione decade. Il debito residuo entra nel concorso. Non c’è un diritto dell’INPS a esigere sanzioni per la decadenza: tutto confluisce come credito concorsuale. L’esdebitazione riguarderà anche l’eventuale quota non pagata di quella rateazione. Dopo l’esdebitazione, il debitore può se vuole ristabilire rapporti con l’INPS chiedendo di regolarizzare la posizione contributiva (spesso serve per ottenere DURC per nuove attività). In genere, dopo l’omologazione di un concordato o l’esdebitazione, l’INPS rilascia il DURC regolare perché considera non esigibili i crediti pregressi.

9. Limite temporale tra procedure: Come visto, la legge impone che non si abusi di procedure concorsuali ripetute. L’art. 280 CCII impedisce una seconda esdebitazione prima di 5 anni e comunque più di due volte in totale. Quindi un debitore non può strategicamente fare un concordato ogni pochi anni e tagliare debiti a ripetizione. Se un soggetto ottiene un’esdebitazione nel 2025 e malauguratamente nel 2028 ha di nuovo debiti, non potrà chiedere una nuova esdebitazione se non dopo il 2030 (5 anni). Questo per i debiti contributivi significa che l’INPS, se il soggetto ricade in mora in tempi brevi, non verrà “disintegrato” di nuovo il suo credito: dovrà aspettare almeno 5 anni per un eventuale altro colpo di spugna. E comunque alla terza volta non è concessa (due è il massimo).

10. Rapporti con sanzioni penali per contributi omessi: Chiudiamo menzionando che l’esdebitazione non estingue il reato di omesso versamento di contributi (art. 2, comma 1-bis, D.L. 463/1983) se il debitore aveva superato le soglie di punibilità. Il pagamento integrale del debito entro specifiche scadenze estingue il reato, ma l’esdebitazione non equivale a pagamento, è un condono legale del debito. Dunque teoricamente un debitore potrebbe liberarsi civilmente del debito ma restare perseguibile penalmente per l’omissione (anche se in assenza di querela, e data l’inefficacia esecutiva del credito, spesso queste situazioni vengono valutate caso per caso). Non rientra nell’ambito civilistico, ma il debitore deve saperlo. Alcuni tribunali, prima di chiudere un fallimento con esdebitazione, aspettavano l’esito del penale se pendente (come da art. 280 comma 1 lettera a)).

In generale comunque, de iure condito, l’INPS non ha strumenti per opporsi all’esdebitazione sul solo assunto della “natura pubblica” del credito. Questa tesi è ormai superata: il credito contributivo, benché di natura pubblicistica, è trattato alla stregua degli altri nel concorso e può essere falcidiato e cancellato. L’INPS può semmai vigilare che il debitore non abusi dell’istituto e sollevare le eccezioni di mala fede se esistenti.

Fonti e Riferimenti

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14) – in particolare artt. 278-283 CCII sull’esdebitazione. (Testo aggiornato con D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024).
  • Legge Fallimentare previgente (R.D. 267/1942) – art. 142 (esdebitazione del fallito) per il confronto interpretativo con il nuovo Codice).
  • Legge 3/2012 sul sovraindebitamento (abrogata e confluita nel CCII) – previgenti artt. 7-14 (piano del consumatore, accordo, liquidazione) e art. 14-quaterdecies (esdebitazione sovraindebitato meritevole), utili per la genesi dell’art. 283 CCII.
  • Cassazione Civile, Sez. I, 11 marzo 2016 n. 4844 – Principio di diritto: *l’esdebitazione ex art. 142 l.f. libera anche dai debiti previdenziali verso gli enti previdenziali (INPS). Confermata l’interpretazione che tali debiti non sono “estranei all’esercizio dell’impresa”.
  • Cassazione Civile, Sez. I, 8 novembre 2018 n. 28597 – (non citata sopra ma rilevante) conferma che nel piano del consumatore è ammesso il cram-down dei crediti erariali/previdenziali senza consenso dell’ente, purché il giudice valuti la fattibilità e convenienza.
  • Tribunale di Brescia, Sentenza n. 73/2022 (23/12/2022) – Ammissibilità di piano del consumatore proposto da ex socio di s.a.s. comprensivo di debiti IRPEF e INPS da partecipazione societaria, qualificati come personali estranei all’impresa.
  • Tribunale di Milano, decreto 15/02/2021 – (fase ante codice) prima applicazione dell’esdebitazione dell’incapiente introdotta dalla L.176/2020, con esdebitazione concessa a debitore senza beni e fissazione monitoraggio 4 anni.
  • INPS, Messaggio n. 4696 del 28 dicembre 2021 – Istruzioni sull’utilizzo del servizio “VE.RA. – Certificazione Unica dei Debiti Contributivi” ai sensi dell’art. 363 CCII (composizione negoziata).
  • INPS, Circolare n. 70 del 26 luglio 2023 – Indicazioni sul trattamento dei crediti contributivi nelle procedure di composizione negoziata e nei concordati (con richiami alla transazione contributiva introdotta dal DL 73/2022). (Vedi portale INPS sezione normative).
  • Linea Guida Tribunale di Livorno – Gestione procedure sovraindebitamento (agg. 2023) – contiene utili schemi di ricorso e lista documenti per piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, oltre a modelli di comunicazione ai creditori istituzionali (es. INPS).
  • Relazione Illustrativa al D.Lgs. 83/2022 (Correttivo codice crisi) – spiega i motivi della riduzione a 3 anni del termine per esdebitazione e l’introduzione della possibilità di esdebitazione anticipata in pendenza di procedura.
  • Direttiva UE 2019/1023 (Insolvency Directive) – recepita in parte dal CCII: introduce il concetto di seconda opportunità per gli imprenditori onesti. Ha ispirato l’art.283 (fresh start di consumatori meritevoli) e il cram-down fiscale.

Esdebitazione da Contributi INPS: Perché Affidarsi a Studio Monardo

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Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa essere seguiti da un professionista abilitato che può attivare la giusta procedura giudiziale, rappresentarti in ogni fase e ottenere la cancellazione legale del debito previdenziale, anche se non hai beni da offrire.

Cosa fa per te l’Avvocato Monardo

  • Verifica i presupposti per accedere all’esdebitazione da contributi INPS
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  • Predispone tutti i documenti legali, fiscali e previdenziali richiesti
  • Ti assiste in udienza davanti al Tribunale fino all’esdebitazione finale
  • In caso di pignoramenti, chiede la sospensione e la protezione immediata

Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

L’Avvocato Monardo è:

  • Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, iscritto presso il Ministero della Giustizia
  • Fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC)
  • Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa, abilitato ex D.L. 118/2021
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Conclusione

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