Vuoi accedere ad un sovraindebitamento perché hai troppi debiti e necessiti di una guida pratica passo per passo?
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Buona lettura.
Introduzione:
La legge sul sovraindebitamento offre ai cittadini e alle piccole imprese in difficoltà economica la possibilità di uscire da una situazione di debiti insostenibili in modo legale e definitivo. Si tratta di un insieme di procedure pensate per chi non riesce più a far fronte alle proprie obbligazioni (rate di mutuo, prestiti, bollette arretrate, cartelle esattoriali, ecc.) e rischia pignoramenti o altre azioni esecutive. Questa normativa, introdotta inizialmente con la Legge n. 3/2012 (nota anche come “Legge Salva Suicidi”), è stata profondamente riformata e integrata nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). Tale Codice, emanato con D.Lgs. 14/2019 e successivamente modificato, disciplina dal 2022 anche le crisi da sovraindebitamento dei debitori civili (consumatori, professionisti, imprenditori minori e altri soggetti esclusi dalle normali procedure fallimentari).
Ad aprile 2025 la normativa sul sovraindebitamento presenta importanti novità rispetto al passato, frutto di vari correttivi legislativi e dell’evoluzione giurisprudenziale. L’obiettivo del legislatore è rendere queste procedure più accessibili, rapide ed equilibrate, offrendo maggiori strumenti ai debitori onesti per risolvere la propria crisi, pur tutelando in modo equo i diritti dei creditori. Tra le innovazioni più rilevanti vi sono:
- l’introduzione di una moratoria fino a 2 anni per il pagamento di alcuni crediti privilegiati nei piani del consumatore;
- maggiore flessibilità nella presentazione e modifica dei piani di ristrutturazione (il giudice può concedere termini per integrare documenti o apportare correzioni);
- la previsione del diritto di reclamo (un vero e proprio appello) contro le decisioni del giudice nelle procedure di sovraindebitamento, rimediando al precedente limite per cui le decisioni erano difficilmente impugnabili;
- l’ampliamento dei beneficiari delle procedure: ad esempio, è stata estesa la definizione di consumatore per includere anche soci di società di persone per i debiti estranei all’attività d’impresa, e si consente a più membri della stessa famiglia di presentare una procedura unica e congiunta (procedura familiare);
- il rafforzamento dell’istituto dell’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui): è stata introdotta una specifica procedura di esdebitazione del debitore incapiente, per chi non ha alcun patrimonio né reddito da offrire ai creditori;
- diverse modifiche volte a accelerare e semplificare la liquidazione controllata (la procedura liquidatoria dei debitori sovraindebitati), come l’eliminazione della durata minima di 4 anni e l’allungamento dei termini per i creditori per presentare domande di ammissione al passivo.
Questa guida pratica – aggiornata alle ultime novità di aprile 2025 – illustra in modo chiaro e operativo come funzionano le procedure di sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi e fornisce consigli utili per i cittadini alle prese con debiti insostenibili, inclusi i rapporti con il Fisco (Agenzia delle Entrate e riscossione dei tributi). Troverai esempi concreti, casi tipo e tabelle riassuntive per comprendere meglio i requisiti, i passaggi e i vantaggi di ogni strumento. Pur utilizzando un linguaggio semplice e diretto, faremo riferimento con precisione alle norme vigenti e alle più recenti interpretazioni dei tribunali, così da offrire un quadro completo e affidabile.
Che cos’è il sovraindebitamento e chi può accedere alle procedure
Con sovraindebitamento si intende la situazione in cui un debitore non è più in grado di pagare i propri debiti in modo regolare, con mezzi normali, a causa del perdurare di uno squilibrio tra obbligazioni assunte e patrimonio liquidabile immediatamente. In pratica, si è sovraindebitati quando le rate e le scadenze superano stabilmente le proprie disponibilità economiche, senza prospettive realistiche di recupero spontaneo. Questa condizione può riguardare persone fisiche consumatrici (privati cittadini con debiti personali, ad esempio per finanziamenti, carte di credito, bollette, tasse), ma anche piccoli imprenditori, lavoratori autonomi o start-up che, per le ridotte dimensioni, non rientrano nelle normali procedure fallimentari. Infatti, le procedure di sovraindebitamento sono riservate ai debitori chiamati “non fallibili”: coloro che non raggiungono le soglie per la dichiarazione di fallimento (ora liquidazione giudiziale) e in generale tutti i soggetti esclusi dalla legge fallimentare, come:
- Consumatori, cioè persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Ad esempio, un impiegato indebitato per acquisto auto o spese mediche è un consumatore; se però ha anche debiti derivanti da una sua piccola attività commerciale, quei debiti d’impresa non lo qualificano come consumatore, ma potrà comunque accedere alle procedure adatte (vedremo come).
- Imprenditori minori (piccole imprese sotto determinate soglie di fatturato, attivo e debiti) e imprenditori agricoli. Questi soggetti non vengono assoggettati alla liquidazione giudiziale (il fallimento del nuovo Codice) e quindi possono usare gli strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento.
- Professionisti, artigiani, start-up innovative, enti non profit e altri soggetti non fallibili, che abbiano comunque debiti insostenibili.
- Soci di società di persone (S.n.c., S.a.s.) per i debiti personali estranei all’attività sociale. Questa è una novità: in passato il socio illimitatamente responsabile rischiava il fallimento insieme alla società, mentre ora – se i suoi debiti personali non riguardano l’impresa – può essere trattato come un consumatore per quelle esposizioni.
Chi si trova in sovraindebitamento può rivolgersi alle procedure di composizione della crisi previste dalla legge, purché soddisfi alcuni requisiti generali:
- Stato di sovraindebitamento attuale: il debitore deve trovarsi in una situazione di squilibrio finanziario tale da non riuscire a pagare regolarmente i propri debiti (non basta temere future difficoltà, ci deve essere già un’incapacità concreta di far fronte alle obbligazioni).
- Assenza di procedure maggiori: il debitore non deve essere soggetto (né attualmente né di recente) a procedure concorsuali diverse (fallimento/liquidazione giudiziale, concordato preventivo ordinario, ecc.), né avere i requisiti per accedervi. In sostanza, le procedure di sovraindebitamento sono alternative e residuali rispetto a quelle previste per le imprese più grandi.
- Meritevolezza e buona fede: la legge richiede che il debitore non abbia causato il proprio indebitamento con comportamenti fraudolenti, colpa grave o malafede. Ciò significa che non può accedere ai benefici chi ha accumulato debiti volontariamente con dolo o in modo irresponsabile, ad esempio contraendo obbligazioni senza alcuna prospettiva di poterle onorare o sottraendo risorse ai creditori. Il concetto di “debitore meritevole” è particolarmente valutato dal giudice, specie se il piano proposto chiede di cancellare una parte dei debiti senza pagarla. Errori onesti di valutazione, sfortune economiche, perdita del lavoro, crisi di mercato o vicende come malattie, separazioni, ecc., non precludono l’accesso; mentre frodi, spese voluttuarie spropositate o uso disinvolto del credito possono portare a un giudizio di non meritevolezza (e quindi al rigetto dell’istanza di sovraindebitamento).
- Intervallo tra procedure: per evitare abusi, la legge stabilisce che non si possa ottenere l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) più di una volta in un certo periodo. In particolare, dopo aver già beneficiato di una procedura con esdebitazione, bisogna attendere almeno 4-5 anni per poterne ottenere un’altra. Ad esempio, se un debitore ha ottenuto la cancellazione dei debiti tramite liquidazione controllata con esdebitazione, non potrà presentare un nuovo piano o concordato minore nei 5 anni successivi. In passato era ostativo anche solo aver fatto ricorso a una procedura da sovraindebitamento nei 5 anni precedenti, ma il Correttivo 2024 ha allentato questo vincolo: ora conta solo se si è già goduto della cancellazione dei debiti, non il semplice fatto di aver tentato una procedura.
Se il debitore rientra in questi requisiti di base, può scegliere lo strumento più adatto tra quelli previsti nel Codice della Crisi. È importante sottolineare che tutte le procedure richiedono l’assistenza di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi), un organismo terzo e indipendente che aiuta a predisporre la domanda e svolge funzioni di controllo. Ne parleremo in dettaglio più avanti, ma significa che il cittadino indebitato non può “fare da sé”: dovrà rivolgersi a questi organismi (spesso istituiti presso gli Ordini professionali, le Camere di Commercio o enti specializzati) che metteranno a disposizione un gestore della crisi. Questo professionista lo guiderà nella preparazione della proposta di soluzione della crisi, predisporrà una relazione sulla situazione debitoria e accompagnerà la pratica in tribunale.
Nei prossimi paragrafi analizzeremo in dettaglio ciascuno degli strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento previsti dalla legge attuale: la ristrutturazione dei debiti del consumatore, il concordato minore, la liquidazione controllata del sovraindebitato e l’esdebitazione del debitore incapiente. Vedremo per ognuno come funziona, quali vantaggi offre, quali sono le condizioni di accesso e come interagisce con i creditori (in particolare con il Fisco). Successivamente affronteremo gli aspetti pratici comuni (rapporti con Agenzia Entrate-Riscossione, domanda tramite OCC, documentazione, errori da evitare, ecc.).
Gli strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento
Il Codice della Crisi e dell’Insolvenza (CCII) prevede quattro principali procedure per regolare la crisi da sovraindebitamento del debitore civile:
- Ristrutturazione dei debiti del consumatore – è l’evoluzione del vecchio “piano del consumatore”, dedicata esclusivamente alle persone fisiche consumatrici, che consente di proporre un piano di rientro dai debiti senza bisogno dell’accordo dei creditori.
- Concordato minore – è la nuova versione dell’“accordo di composizione della crisi”, pensata per piccoli imprenditori, professionisti o anche consumatori che preferiscano coinvolgere i creditori: prevede infatti una proposta concordataria che deve essere approvata da una maggioranza di creditori e omologata dal tribunale.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato – corrisponde alla liquidazione del patrimonio della legge 3/2012; in pratica è una procedura liquidatoria in cui i beni del debitore vengono venduti per pagare i creditori, sotto controllo del tribunale, e al termine il debitore può ottenere l’esdebitazione (liberazione dai debiti non soddisfatti).
- Esdebitazione del debitore incapiente – è una procedura introdotta di recente, riservata ai casi estremi in cui il debitore non ha alcun bene liquidabile né capacità di pagare: consente, a certe condizioni, di cancellare i debiti immediatamente, senza pagare nulla, salvo revocare il beneficio se sopravvengono miglioramenti economici nei tre anni successivi.
Vediamo ora nel dettaglio ciascuno di questi strumenti.
Ristrutturazione dei debiti del consumatore
La ristrutturazione dei debiti del consumatore (disciplinata dall’art. 67 CCII) è la procedura riservata esclusivamente ai debitori consumatori meritevoli. In altre parole, solo una persona fisica che ha contratto debiti per scopi personali (non legati a un’attività professionale o imprenditoriale) può accedere a questo strumento, e a patto che il suo comportamento non sia stato malizioso o gravemente imprudente nella genesi dell’indebitamento.
Questa procedura permette al consumatore di presentare al tribunale un piano di ristrutturazione dei propri debiti, cioè un programma dettagliato con cui propone come intende pagare (in tutto o in parte) i creditori, secondo le sue effettive possibilità. La caratteristica fondamentale del piano del consumatore è che non richiede l’approvazione dei creditori: sarà il giudice a valutare il piano e, se lo ritiene fattibile ed equo, ad omologarlo (approvarlo) rendendolo vincolante per tutti i creditori. I creditori hanno facoltà di presentare osservazioni e far emergere eventuali circostanze di malafede o di impraticabilità, ma non votano né possono bloccare il piano se questo risponde ai requisiti di legge. Questo aspetto è molto importante: consente al consumatore onesto di ottenere la protezione del tribunale e la ristrutturazione dei debiti anche senza il consenso (o contro il parere) di banche, finanziarie o Agenzia delle Entrate, purché il piano offra loro quanto di ragione secondo la legge.
Contenuto e struttura del piano del consumatore
Nel predisporre un piano di ristrutturazione, il debitore – aiutato dall’OCC – deve:
- Elencare tutti i propri debiti e i creditori (importi, natura del debito, eventuali garanzie reali come ipoteche o privilegi).
- Descrivere dettagliatamente la propria situazione economica e familiare, indicando i redditi, il patrimonio (beni mobili e immobili posseduti), le spese necessarie per il sostentamento proprio e della famiglia, eventuali sopravvenienze positive o negative previste.
- Formulare una proposta di pagamento sostenibile, spiegando quanto e in che tempi potrà pagare a ciascun creditore. Il piano può prevedere varie soluzioni, anche combinate: ad esempio la vendita di alcuni beni non essenziali per ricavare liquidità da distribuire, la rateizzazione di parte dei debiti con un certo tasso di soddisfacimento, l’eventuale stralcio (cancellazione) di una quota dei crediti che il debitore non è in grado di pagare.
- Dimostrare la fattibilità e la convenienza del piano: occorre allegare documentazione (buste paga, dichiarazioni dei redditi, perizie sugli immobili, ecc.) e spesso l’OCC certifica le capacità del debitore. Inoltre il piano deve garantire che i creditori ricevano almeno quanto otterrebbero in una liquidazione dei beni del debitore. Questo principio di “convenienza” serve a tutelare i creditori: se il debitore possiede beni sufficienti che, venduti, consentirebbero di pagarli più di quanto offre il piano, il giudice non omologherà la proposta (perché in tal caso sarebbe più vantaggiosa la liquidazione controllata).
- Prevedere misure a tutela dei creditori privilegiati: i crediti con privilegio o ipoteca (es. mutuo sulla casa, stipendi dei dipendenti, ecc.) normalmente dovrebbero essere pagati integralmente o comunque fino a capienza del valore delle garanzie. Nel piano del consumatore è però possibile chiedere di differire o ridurre il pagamento di questi crediti, a certe condizioni. Ad esempio, si può proporre di pagare solo una parte del mutuo residuo se il valore dell’immobile ipotecato è inferiore al debito, oppure di pagare un credito privilegiato in forma dilazionata. Una importante novità introdotta nel 2024 è la possibilità di concedere al debitore una moratoria fino a 24 mesi per iniziare a pagare i creditori privilegiati o con ipoteca. Questo significa che il piano può prevedere che, dall’omologazione, per uno o due anni il debitore non paghi le rate ai creditori privilegiati, iniziando magari a rimborsarli solo dopo aver prima soddisfatto i creditori più deboli o essersi riorganizzato finanziariamente. In passato la legge consentiva al massimo una moratoria di 1 anno, ora estesa a 2 anni per dare più respiro al debitore. Naturalmente, trascorsi i 24 mesi, i pagamenti ai privilegiati devono riprendere secondo il piano.
- Mantenimento dei beni essenziali: il piano può prevedere che il debitore trattenga alcuni beni indispensabili. Ad esempio, il consumatore potrebbe voler evitare di perdere la prima casa. La legge consente di farlo, purché il piano mostri che mantenere la casa (continuando a pagare il mutuo se c’è) è sostenibile e non lede i creditori. A tal fine, spesso il piano lascia fuori dal perimetro il mutuo ipotecario sulla casa, continuando a pagarne le rate regolarmente, oppure include una clausola per cui le rate scadute del mutuo saranno rimborsate all’esito positivo del piano. Il Correttivo 2024 ha introdotto espressamente questa possibilità: se il debitore è in regola con il mutuo sulla casa di abitazione, può proseguire i pagamenti e mantenere l’abitazione; se invece ci sono rate scadute, il giudice può autorizzare il debitore a pagarle separatamente (evitando così che la banca proceda a esecuzione ipotecaria). In sintesi, il piano del consumatore punta a riequilibrare la posizione debitoria senza annientare le basi economiche di vita del debitore: si salvaguardano per quanto possibile i beni e redditi essenziali, mentre ci si accorda per pagare ai creditori ciò che è realisticamente fattibile.
Una volta depositato il piano in tribunale, con tutta la documentazione e la relazione dell’OCC che attesta veridicità dei dati e la fattibilità della proposta, si apre la fase giudiziale. Il giudice fissa un’udienza e informa tutti i creditori. Questi, come detto, non votano, ma possono presentare opposizioni o osservazioni (ad esempio contestare la meritevolezza del debitore o l’importo offerto). All’udienza, il giudice valuta ogni aspetto:
- verifica che il debitore sia effettivamente un consumatore e che non ci siano elementi di frode;
- verifica la meritevolezza: se emergono atti in frode ai creditori (es. aver nascosto beni, simulato vendite, ecc.) o un indebitamento colposo (es. ricorso al credito spropositato senza motivo), il giudice può dichiarare inammissibile la procedura. In caso contrario, passa a valutare il merito del piano;
- verifica che il piano sia sostenibile per il debitore e conveniente per i creditori (come detto, i creditori dovrebbero ricevere almeno quanto potrebbero ricavare dalla liquidazione dei beni del debitore);
- esamina le eventuali contestazioni dei creditori.
Se tutto è in regola, il tribunale emette un decreto di omologazione del piano. Da quel momento:
- Il piano diventa obbligatorio per tutti i creditori inclusi, anche per quelli dissenzienti o che non hanno partecipato.
- Si sospendono e vietano le azioni esecutive individuali: i creditori non possono avviare né proseguire pignoramenti o cause per i crediti oggetto del piano (salvo autorizzazioni specifiche, ad esempio se il piano prevede la vendita di un bene, quell’esecuzione potrà andare avanti solo secondo il piano).
- Il debitore inizia a eseguire quanto previsto dal piano (pagando le rate convenute, alienando i beni indicati, ecc.), sotto la vigilanza dell’OCC o di un commissario nominato.
Quando il debitore avrà adempiuto completamente agli obblighi previsti dal piano (ad esempio, ha pagato tutte le rate concordate nei tempi stabiliti), otterrà il risultato finale sperato: l’esdebitazione, ossia la cancellazione definitiva di tutti i debiti residui inclusi nel piano che non siano stati soddisfatti. In sostanza, se il piano prevedeva di pagare solo il 50% di un certo debito e quell’importo è stato regolarmente versato, il restante 50% viene legalmente annullato e il creditore non potrà più pretenderlo. L’esdebitazione nel piano del consumatore è intrinseca all’omologazione: il decreto che approva il piano stabilisce già che, a fronte dell’esatto adempimento del piano, il debitore è liberato dai debiti ulteriormente non pagati.
È bene evidenziare che, se invece il debitore non rispetta il piano senza giustificato motivo (ad esempio smette di pagare le rate concordate), i creditori possono chiedere la revoca dell’omologazione e tornare a perseguirlo per l’intero importo dovuto (deducendo magari quanto ha pagato nel frattempo). Il mancato rispetto del piano fa perdere i benefici, a meno che intervengano circostanze eccezionali: in alcuni casi, prima di dichiarare fallito il piano, il giudice potrebbe autorizzare modifiche o integrazioni (grazie alla nuova flessibilità introdotta, che consente al debitore di apportare correzioni entro 15 giorni se emergono problemi formali). Ma se il piano diventa impraticabile, l’alternativa sarà probabilmente la liquidazione controllata del patrimonio.
Esempio pratico: Mario è un impiegato con uno stipendio netto di 1.500 € al mese. A causa di alcune vicissitudini (spese mediche familiari e periodo di disoccupazione) ha accumulato debiti per circa 60.000 €: 20.000 € con la banca per prestiti personali, 5.000 € di bollette e affitti arretrati, e 35.000 € con l’Agenzia delle Entrate per tasse non pagate. Mario non possiede casa (vive in affitto) né altri beni di valore, a parte un’auto utilitaria. Con il suo stipendio attuale può permettersi di destinare al massimo 300 € al mese ai creditori, il resto gli serve per vivere. Si trova quindi in uno stato di sovraindebitamento conclamato. Rivolgendosi a un OCC, scopre di poter usare il piano del consumatore. Con l’aiuto del gestore della crisi, Mario elabora un piano così strutturato:
- Pagare 300 € al mese per 5 anni (60 mesi) ai creditori chirografari (banca, fornitori vari), per un totale di 18.000 € da ripartire proporzionalmente tra di loro, pari a circa il 40% dei loro crediti.
- Pagare all’Agenzia delle Entrate una somma di circa 10.000 €, suddivisa sempre in 60 rate mensili (circa 167 € al mese, compresi nei 300 € totali). Dato che parte del debito fiscale è costituito da sanzioni e interessi di mora, Mario propone di stralciare queste componenti e pagare solo imposte e interessi legali. In pratica, dei 35.000 € originari verso il Fisco, al netto di sanzioni potrebbe restare ad esempio 20.000 € di quota capitale: Mario propone di pagarne metà (10.000 €), pari a un soddisfo del 50%.
- Prevedere che eventuali entrate straordinarie (ad esempio un bonus o il TFR in caso di cessazione del rapporto di lavoro) vengano in parte utilizzate per incrementare i pagamenti ai creditori.
- Mantenere la propria auto, necessaria per recarsi al lavoro, impegnandosi però a venderla e sostituirla con un mezzo più economico nel caso sopravvenga una grave difficoltà a rispettare le rate.
I creditori vengono informati del piano. La banca è contraria perché recupererebbe solo 40% del suo credito in 5 anni, ma non può proporre alternative migliori dati i redditi modesti di Mario. L’Agenzia delle Entrate solitamente aderisce a piani che rispettino le regole (nel caso di Mario, pagare 50% delle imposte non è irragionevole considerando che in un’alternativa liquidazione non otterrebbe di più, essendo Mario privo di beni). Anche se qualcuno dei creditori si oppone, il Tribunale può omologare il piano di Mario se accerta che egli è meritevole (nel suo caso, i debiti derivano da cause sfortunate, non da dolo) e che sta offrendo tutto il possibile compatibilmente con il mantenimento dignitoso suo e della sua famiglia. Una volta omologato, Mario dovrà rispettare le 60 rate mensili pattuite. Durante questi 5 anni, sarà protetto dai pignoramenti: ad esempio, l’Agenzia delle Entrate sospenderà qualsiasi azione esecutiva sulle sue retribuzioni perché è in corso il piano. Al termine dei 5 anni, se Mario avrà pagato ogni rata puntualmente, il tribunale lo dichiarerà esdebitato, ossia i creditori (compreso il Fisco) non potranno più avanzare pretese per la differenza non pagata. Mario avrà quindi pagato circa 28.000 € a fronte di 60.000 € di debiti e sarà libero dal resto, potendo ricominciare senza il peso dei vecchi debiti.
Di seguito una tabella riepilogativa dei punti chiave della ristrutturazione dei debiti del consumatore:
Ristrutturazione dei debiti del consumatore – Sintesi
Caratteristiche | Descrizione |
---|---|
Chi può accedervi | Solo persone fisiche consumatori, con debiti contratti per scopi estranei ad attività di impresa o professione. |
Accordo dei creditori | Non richiesto. Il piano è deciso dal giudice; i creditori possono fare osservazioni ma non votano né possono impedirne l’omologa se sono rispettati i requisiti di legge. |
Requisiti specifici | Debitore meritevole (assenza di dolo o colpa grave nell’indebitamento). È precluso se il debitore ha già ottenuto un’esdebitazione nei 5 anni precedenti. Necessario offrire ai creditori almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione dei beni. |
Cosa prevede | Un piano di pagamenti su misura: possono esserci rateizzazioni fino a diversi anni, dilazioni di pagamenti di crediti privilegiati (anche con moratoria fino a 2 anni), stralcio parziale di debiti chirografari, cessione di beni non essenziali, ecc. Il tutto rispettando il principio di sostenibilità per il debitore. |
Vantaggi per il debitore | Mantiene il controllo del proprio patrimonio (non c’è liquidazione forzata dei beni, salvo quanto previsto dal piano). Può evitare di perdere la prima casa se il piano lo consente. Ottiene la sospensione di pignoramenti e azioni esecutive. Se adempie al piano, ottiene l’esdebitazione dei debiti residui. |
Effetti per i creditori | Devono rispettare il piano omologato dal giudice. Perdono la possibilità di agire individualmente (tutto è regolato nel piano). Ricevono i pagamenti secondo le percentuali e tempistiche stabilite; eventuali importi non pagati sono cancellati a fine procedura. I creditori privilegiati/ipotecari sono tutelati nei limiti del valore delle garanzie e possono ottenere interessi se il piano è dilazionato oltre 24 mesi. |
Norme di riferimento | Artt. 67-73 del Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019 aggiornato). È l’evoluzione del “piano del consumatore” della Legge 3/2012. |
Concordato minore
Il concordato minore (artt. 74 e seguenti CCII) è la procedura di composizione concordata della crisi che coinvolge attivamente i creditori. È concettualmente simile a un concordato preventivo, ma su scala ridotta e calibrato per i debitori non fallibili o di minori dimensioni. Può accedervi:
- un imprenditore minore in crisi (che potrebbe anche essere teoricamente fallibile, ma sceglie questa via se i debiti non sono troppo elevati e preferisce evitare la liquidazione giudiziale);
- un professionista o lavoratore autonomo sovraindebitato;
- anche un consumatore che, per qualsiasi ragione, non voglia o non possa seguire la procedura del piano del consumatore (ad esempio, se il suo comportamento non è del tutto meritevole e teme un rigetto, potrebbe tentare comunque un accordo con i creditori presentando un concordato minore dove il giudizio di meritevolezza è meno stringente, oppure se ha sia debiti personali che qualche debito d’impresa, può preferire una procedura unitaria).
Il concordato minore consiste nel presentare ai creditori una proposta di accordo per la ristrutturazione dei debiti, che diventerà efficace solo se approvata dagli stessi creditori (in numero o in percentuale stabilita) e poi omologata dal tribunale. È quindi una procedura più “contrattuale” rispetto al piano del consumatore: qui il debitore ha bisogno di un consenso da parte dei creditori, sebbene facilitato dal fatto che, se la maggioranza approva, l’accordo diventa obbligatorio anche per gli eventuali dissenzienti (si applica la regola della maggioranza).
Modalità di proposta e voto dei creditori
La domanda di concordato minore, preparata con l’ausilio dell’OCC, deve contenere una proposta dettagliata di come il debitore intende risanare la propria posizione debitoria. Può prevedere anch’essa pagamenti parziali, dilazioni, cessioni di beni, intervento di risorse esterne (per esempio un parente che versa una somma per aiutare) e ogni altra soluzione utile. Una differenza rispetto al piano del consumatore è che nel concordato minore spesso si fa riferimento alle “risorse esterne” come elemento chiave: contributi di terzi o nuova finanza che incrementino l’attivo a disposizione dei creditori. Il Codice, dopo le modifiche 2024, specifica che per risorse esterne si intendono effettivamente apporti che aumentano l’attivo disponibile al momento della domanda (ad esempio denaro fresco immesso da un familiare), e non meri miglioramenti percentuali per i creditori. Chiarire questo serve a rendere più agevole la verifica da parte del tribunale.
La proposta viene comunicata a tutti i creditori, i quali hanno diritto di voto. La legge fissa le maggioranze necessarie per l’approvazione: tipicamente, serve il voto favorevole di almeno il 60% dei crediti (dunque una maggioranza qualificata calcolata sul totale dei crediti ammessi al voto). È possibile anche suddividere i creditori in classi se ci sono situazioni differenti (per esempio separare i privilegiati dai chirografari), e in tal caso occorre il voto favorevole della maggioranza delle classi e dei crediti. In ogni caso, se la proposta ottiene il quorum richiesto di consensi, si forma l’accordo. I creditori che non hanno aderito rimangono comunque vincolati se l’accordo viene omologato.
Come per il piano del consumatore, il tribunale verifica i requisiti e la convenienza della proposta. Non sarebbe omologato, ad esempio, un concordato minore che lasci ai creditori meno di quanto potrebbero ricavare liquidando i beni del debitore (principio del best interest of creditors). Inoltre, anche nel concordato minore c’è un controllo di meritevolezza, sebbene formalmente il Codice non parli di “debitore meritevole” come condizione esplicita (questa parola è usata per il consumatore). Tuttavia, se il debitore ha tenuto comportamenti frodatori, i creditori stessi probabilmente non si fideranno e il giudice può rilevare profili di abuso. In particolare, la legge dichiara ora inammissibile la proposta di concordato minore se il debitore ha già ottenuto un’esdebitazione nei 5 anni precedenti. È stata invece eliminata la precedente causa di inammissibilità legata all’aver semplicemente utilizzato procedure da sovraindebitamento nei 5 anni (senza esdebitazione): ciò significa che un debitore che ad esempio abbia tentato un accordo due anni prima, poi revocato perché non riusciva a pagare, può riprovarci, ma uno che abbia avuto la cancellazione dei debiti 3 anni fa non potrà accedere di nuovo così presto.
Omologazione e vincoli del concordato minore
Se la maggioranza dei creditori approva la proposta, il giudice procede all’omologazione (salvo che riscontri violazioni di legge). Con l’omologazione:
- L’accordo diventa efficace e vincolante per tutti i creditori anteriori, compresi quelli dissenzienti o non votanti.
- Come nelle altre procedure, scatta il blocco delle azioni esecutive individuali: i creditori dovranno soddisfarsi secondo quanto previsto nel concordato, e non potranno iniziare o proseguire pignoramenti separati.
- Il debitore è tenuto a eseguire fedelmente l’accordo omologato, nei tempi e modi convenuti.
Durante la pendenza del procedimento (dal deposito della domanda fino all’omologazione o alla conclusione), il debitore può chiedere misure protettive per congelare eventuali azioni esecutive già in corso, così da evitare il depauperamento del patrimonio mentre si cerca l’accordo.
Un elemento peculiare è la gestione dei creditori pubblici (Erario e enti previdenziali). Nel concordato minore è possibile includere i debiti fiscali e contributivi attraverso la cosiddetta transazione fiscale e contributiva (art. 63 CCII), che consente di proporre il pagamento parziale di imposte e contributi, con abbattimento di sanzioni e interessi, previa adesione dell’ente. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione e l’INPS quindi parteciperanno al voto. La legge stabilisce delle soglie minime di pagamento per questi crediti privilegiati pubblici: ad esempio, se i creditori pubblici non sono prevalenti, può bastare offrire il 30% del loro credito perché il tribunale possa omologare anche senza il loro consenso; se invece costituiscono la gran parte del debito (oltre il 50%), occorre offrire almeno il 40%. Inoltre, se il Fisco è l’unico creditore o il principale (caso non infrequente), la giurisprudenza ha stabilito che non si può fare un concordato “forzoso” senza il suo assenso: in tal caso o aderisce o la proposta non può essere imposta. In pratica, il tribunale può effettuare un cram-down fiscale, ovvero omologare il concordato minore anche con il voto contrario dell’Erario, ma solo se altri creditori significativi sono a favore e se l’erario riceve almeno la soglia minima indicata dalla legge.
Il concordato minore, una volta eseguito dal debitore, porta anch’esso all’esdebitazione del debitore per le eventuali somme ancora non pagate secondo l’accordo (ad esempio, se l’accordo prevedeva il pagamento del 50% di tutti i debiti chirografari, il restante 50% viene cancellato a fine procedura). In caso di inadempimento rilevante dell’accordo, invece, i creditori riacquistano il diritto di agire per l’intero importo originario, salvo quanto già ricevuto (possono chiedere al giudice la risoluzione del concordato per inadempimento).
Esempio pratico: Luigi è un piccolo imprenditore edile in crisi: ha debiti per 200.000 € (fornitori, banche e 50.000 € di debiti IVA e contributi). Ha ancora in proprietà alcuni macchinari e un piccolo capannone del valore stimato di 100.000 €. Luigi preferirebbe evitare di liquidare tutto, perché spera di continuare l’attività su scala ridotta. Decide quindi di tentare un concordato minore offrendo ai creditori il seguente accordo:
- Vendere il capannone (valore 100.000 €) e destinare il ricavato interamente ai creditori: con tale somma, pagare integralmente i 50.000 € di debito IVA (che ha privilegio) e utilizzare i restanti 50.000 € per pagare parzialmente i fornitori e le banche (che hanno crediti chirografari per 150.000 € in totale, dunque verrebbero pagati circa al 33%).
- Continuare a utilizzare i macchinari (che servono per lavorare) ma impegnarsi a cederli se necessario per soddisfare meglio i creditori entro 2 anni.
- Prevedere un pagamento aggiuntivo di 500 € al mese per 3 anni ai chirografari, attingendo dagli utili futuri dell’attività, per aumentare il loro soddisfacimento (500 € x 36 mesi = 18.000 €, che porterebbe la percentuale per chirografari a circa 45%).
- Chiedere la falcidia (riduzione) dei debiti previdenziali con pagamento del minimo richiesto dalla legge.
I creditori votano: l’Agenzia delle Entrate (per l’IVA) accetta perché viene pagata al 100% (condizione necessaria per l’omologa, essendo credito privilegiato); i fornitori votano a favore dato che il 45% più qualcosa dai macchinari è meglio di quanto otterrebbero in caso di liquidazione (dove l’erario avrebbe preso gran parte del valore del capannone lasciando ai chirografari forse il 0-10%); la banca invece vota contro, ritenendo bassa la percentuale. Si raggiunge comunque il quorum (poniamo che i favorevoli rappresentino il 70% del totale crediti, quindi oltre il 60%). Il tribunale verifica la correttezza del procedimento e omologa il concordato minore. Luigi vende il capannone, paga il Fisco e parzialmente gli altri, quindi negli anni seguenti versa i 500 € mensili ai chirografari. Terminati i 3 anni, Luigi ha adempiuto il concordato: i debiti residui dei fornitori e della banca sono definitivamente annullati, e Luigi può proseguire l’attività libero dai vecchi debiti (salvo le eventuali garanzie che magari un terzo aveva prestato, che restano, ma lui personalmente è esdebitato).
Tabella di sintesi sul concordato minore:
Concordato minore – Sintesi
Caratteristiche | Descrizione |
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Chi può accedervi | Debitori sovraindebitati non consumatori, ad esempio piccoli imprenditori, ditte individuali, professionisti, start-up non fallibili. Può accedervi anche un consumatore se lo preferisce (ma di solito il consumatore opta per il piano dedicato). |
Accordo dei creditori | Necessario. Il piano deve essere approvato dai creditori con le maggioranze previste (in genere almeno il 60% dei crediti). I creditori votano la proposta. Se approvata e omologata, vincola anche i dissenzienti. |
Requisiti specifici | Nessun divieto di accesso per il consumatore o imprenditore onesto. È però inammissibile se il debitore ha già ottenuto un’esdebitazione nei 5 anni precedenti. Il debitore deve trovarsi in situazione di sovraindebitamento e la proposta deve offrire ai creditori una soddisfazione almeno pari all’alternativa liquidatoria. Il giudice valuta l’assenza di frodi o atti in frode (meritevolezza implicita). |
Cosa prevede | Una proposta concordataria che può includere:– Pagamento parziale dei debiti chirografari (con una certa percentuale);– Eventuale pagamento ridotto dei privilegiati (transazione fiscale/contributiva entro limiti di legge);– Dilazioni di pagamento su più anni;– Apporto di risorse esterne (denaro da terzi) per aumentare l’attivo;– Eventuale continuità aziendale (se il debitore vuole proseguire l’attività, può proporre un piano di rilancio con pagamento graduale dei creditori). |
Vantaggi per il debitore | Evita la liquidazione completa dei propri beni se c’è prospettiva di risanamento. Mantiene in parte la gestione (sotto controllo OCC) e può conservare l’attività. Blocca i pignoramenti durante la procedura e, dopo l’omologa, i creditori possono agire solo secondo l’accordo. Al termine, ottiene l’esdebitazione per la parte di debito eventualmente falcidiata (non pagata). |
Effetti per i creditori | Possono negoziare e votare la proposta. Se approvata a maggioranza, diventa vincolante: i creditori riceveranno i pagamenti come da accordo e rinunciano alle azioni individuali. I privilegiati di norma sono soddisfatti almeno in parte preferenziale; i chirografari accettano una perdita parziale compensata dalla rapida definizione. Il Fisco può essere cramdownato (soddisfatto forzosamente) solo se riceve almeno la quota minima e altri creditori approvano. |
Norme di riferimento | Artt. 74-83 CCII. Evoluzione dell’“accordo di composizione” ex L.3/2012. Normativa integrata con disposizioni su transazione fiscale (art. 63 CCII) e classi di voto simil-concordato preventivo. |
Liquidazione controllata del sovraindebitato
La liquidazione controllata è la procedura concorsuale che mira a liquidare (vendere, realizzare in denaro) tutto il patrimonio del debitore sovraindebitato, per pagare il più possibile i creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione. È uno strumento residuale, cui in genere si ricorre quando il debitore non è in grado di proporre un piano o un concordato sostenibile, oppure quando egli stesso preferisce liberarsi dei debiti mettendo a disposizione i propri beni e ottenendo poi l’esdebitazione. Corrisponde, in sostanza, a una “piccola bancarotta” della persona fisica o dell’azienda minore, ma con procedure semplificate e adattamenti rispetto alla liquidazione giudiziale delle imprese maggiori.
Chi può accedere: qualsiasi debitore sovraindebitato (consumatore, imprenditore minore, professionista, ecc.) può chiedere la propria liquidazione controllata. Inoltre, i creditori o il Pubblico Ministero possono chiedere al tribunale l’apertura di una liquidazione controllata nei confronti del debitore insolvente, se questi non prende iniziative. Ad esempio, se un debitore è inerte e ha patrimonio aggredibile, un creditore potrebbe rivolgersi al tribunale per far aprire la liquidazione (in passato non era possibile perché le procedure di sovraindebitamento erano avviate solo su istanza del debitore; il nuovo Codice invece lo consente, anche se con preferenza per soluzioni concordate).
Condizioni: bisogna essere in stato di sovraindebitamento effettivo. È richiesta, anche qui, la meritevolezza: se emergono atti in frode, il tribunale potrebbe dichiarare improcedibile la domanda. Una novità importante introdotta nel 2024 (art. 268 CCII modificato) è che non si può aprire una liquidazione controllata se non c’è alcun attivo da liquidare, a meno che non vi siano prospettive di recuperare qualcosa con azioni legali. In pratica, se il debitore è totalmente nullatenente, la liquidazione viene evitata perché sarebbe solo un costo inutile: in tali casi conviene semmai l’esdebitazione diretta del debitore incapiente (vedi sezione successiva). L’OCC deve attestare che esiste un minimo di attivo realizzabile (beni da vendere o crediti recuperabili); altrimenti la procedura verrà dichiarata improcedibile e il debitore potrà eventualmente puntare all’esdebitazione senza attivo. Questa norma mira a evitare procedure costose in cui i creditori non ricavano nulla e a risparmiare risorse pubbliche.
Effetti dell’apertura della liquidazione controllata: il tribunale, verificati i presupposti, emette una sentenza di apertura della liquidazione. Da questo momento:
- Il patrimonio del debitore diventa oggetto della procedura: viene nominato un Liquidatore (figura analoga al curatore fallimentare) che subentra nella gestione dei beni del debitore e procede a individuare, custodire e poi liquidare tali beni. Il debitore perde la disponibilità dei beni compresi nella liquidazione (non può più venderli o usarli liberamente).
- Tutti i creditori devono presentare le proprie domande di credito al Liquidatore entro un termine fissato (il Correttivo 2024 l’ha aumentato a 90 giorni dalla comunicazione di apertura, prorogabili di altri 30), per essere ammessi al passivo della liquidazione.
- Scattano gli effetti tipici delle procedure concorsuali: si sospendono tutti i pignoramenti in corso sui beni del debitore e nessun creditore può iniziarne di nuovi; eventuali ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni precedenti possono essere revocate; gli interessi sui debiti chirografari cessano di maturare.
- Il debitore ha l’obbligo di collaborare col Liquidatore e l’OCC, fornendo tutte le informazioni e i documenti, e deve astenersi da comportamenti lesivi. Il suo comportamento verrà valutato ai fini dell’esdebitazione finale: l’art. 269 CCII ora prevede che la relazione dell’OCC valuti espressamente la diligenza o negligenza del debitore nel contrarre i debiti, perché se emergono colpe gravi o frodi, ciò potrà portare a negargli la cancellazione dei debiti a fine procedura.
Il Liquidatore, entro un certo tempo, prepara un programma di liquidazione: decide quali beni vendere e con quali modalità, se proseguire eventualmente un’attività d’impresa per un periodo o affittarla, se ci sono azioni legali da intraprendere (per esempio cause risarcitorie a favore del debitore da proseguire, o azioni revocatorie contro atti che il debitore ha compiuto prima per sottrarre beni ai creditori). Questo programma viene sottoposto al giudice, il quale lo approva e ne segue l’esecuzione. Tra le novità normative c’è l’obbligo per il Liquidatore di relazionare ogni 6 mesi al giudice sull’andamento della liquidazione; il mancato deposito delle relazioni semestrali può causare la revoca del liquidatore. Inoltre, il giudice può ridurre o azzerare il compenso del liquidatore se questi viene sostituito per inadempienze, a garanzia di una gestione diligente.
Durante la liquidazione controllata, il debitore ha diritto a un sostentamento minimo: alcuni beni e redditi sono esclusi dalla procedura, come già previsto in parte dal codice di procedura civile. Ad esempio, non sono liquidabili:
- i beni impignorabili per legge (vestiario, oggetti di uso quotidiano, ricordi di famiglia, ecc.);
- una parte dello stipendio o della pensione, nei limiti di quanto serve al mantenimento del debitore e famiglia (il giudice può determinare la quota che il debitore può conservare mensilmente per vivere);
- gli strumenti necessari per l’eventuale attività lavorativa, nei limiti di un valore modesto, salvo che il realizzo di essi sia decisivo per pagare i creditori.
Questi aspetti assicurano che la liquidazione, per quanto drastica, non lasci il debitore e la sua famiglia in miseria assoluta.
Man mano che il Liquidatore ricava somme (vendendo beni, incassando crediti, ecc.), procede a pagare i creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione:
- Spese di giustizia e procedurali (compensi del liquidatore, OCC, contributi dovuti allo Stato per la procedura, ecc.) – hanno la precedenza assoluta.
- Creditori privilegiati, pignoratizi e ipotecari – ciascuno sul ricavato dei beni su cui vantano prelazione (ad esempio, il creditore ipotecario verrà soddisfatto con la vendita dell’immobile ipotecato, fino a copertura del suo credito; i crediti di lavoro hanno privilegio generale su tutti i beni; il Fisco ha privilegi su beni mobili e immobili per IVA, ritenute non versate, ecc.).
- Creditori chirografari (senza garanzia) – ricevono solo se restano fondi dopo aver pagato integralmente i privilegiati (o in percentuale se non c’è capienza per soddisfarli completamente).
Spesso, purtroppo, nella liquidazione del sovraindebitato i creditori chirografari ottengono poco o nulla, specie se vi sono ipoteche o privilegi a saturare il patrimonio.
La liquidazione controllata termina quando tutte le attività sono state liquidate e distribuite. Il liquidatore presenta il rendiconto finale e un rapporto riepilogativo. A quel punto il tribunale dichiara chiusa la procedura.
Esdebitazione nella liquidazione controllata
La vera “uscita di sicurezza” per il debitore, dopo la dolorosa liquidazione dei propri beni, è l’esdebitazione, ossia la liberazione dai debiti rimasti insoddisfatti. Nel precedente regime (Legge 3/2012) il debitore doveva fare un’apposita istanza a fine liquidazione e il tribunale decideva, con vari limiti, se concedere o meno la cancellazione dei debiti. Il Codice attuale, in linea con la normativa europea sul fresh start per i debitori meritevoli, prevede un meccanismo più automatico:
- Se il debitore ha cooperato e non ci sono ragioni ostative, il tribunale, contestualmente al decreto di chiusura della liquidazione, dichiara inesigibili verso il debitore tutti i debiti concorsuali non soddisfatti. È quindi lo stesso provvedimento finale che sancisce l’esdebitazione.
- Questa esdebitazione può essere concessa anche prima della chiusura formale, se sono trascorsi almeno 3 anni dall’apertura della liquidazione. Trascorso questo periodo minimo, il debitore meritevole non deve attendere necessariamente la fine (che magari si protrae per lite in corso o difficoltà varie): il tribunale può dichiarare la cancellazione dei debiti già dopo 3 anni dall’avvio, a prescindere dal fatto che la liquidazione si concluda successivamente. Questo riduce i tempi di attesa per il fresh start a 3 anni, in linea con la direttiva UE 2019/1023.
- Non serve un’istanza formale del debitore per l’esdebitazione dopo 3 anni; diversamente, se la liquidazione si chiude prima dei 3 anni, il debitore deve aver presentato istanza affinché l’esdebitazione sia pronunciata subito.
- Restano esclusi dall’esdebitazione alcuni debiti di natura particolare, che la legge non cancella nemmeno con la procedura concorsuale: ad esempio gli obblighi di mantenimento e alimentari, le obbligazioni derivanti da condanne penali a risarcimenti di danni o multa, e in genere i debiti estranei alla massa concorsuale. Però quasi tutti i debiti “economici” (banche, fornitori, fisco, bollette, ecc.) sono compresi nell’esdebitazione.
Va sottolineato che il debitore può vedersi negare l’esdebitazione se ha tenuto comportamenti scorretti: la legge elenca cause di esclusione come aver distratto beni, non aver cooperato, aver violato obblighi nel corso della procedura, o aver falsificato documenti. Inoltre, l’esdebitazione può essere revocata se entro l’anno successivo si scopre che è stata ottenuta con dolo o frode (ad esempio il debitore aveva nascosto un grosso bene che non è stato liquidato).
In caso di ricorso del creditore per liquidazione forzata, il Codice prevede che il debitore possa comunque “correre ai ripari” presentando in extremis un proprio piano (ristrutturazione del consumatore o concordato minore) e il giudice non potrà aprire la liquidazione fino all’esito di quel piano. Ciò a conferma della preferenza del sistema per le soluzioni che evitino la liquidazione, se possibili.
Esempio pratico: Maria è una libera professionista sommersa dai debiti dopo il fallimento della sua attività. Ha debiti per 300.000 € (banche, fornitori, Fisco) e il suo unico bene di valore è un appartamento di proprietà in cui non risiede (lo aveva ereditato). Non avendo un reddito sufficiente per proporre un piano di rientro, Maria sceglie di avviare la sua liquidazione controllata. Il tribunale apre la procedura, nomina un Liquidatore e sospende i pignoramenti in corso (le banche stavano cercando di pignorarle l’appartamento: ora la vendita avverrà nell’ambito della liquidazione concorsuale). Il Liquidatore vende l’immobile ricavando 200.000 €. Con questa somma:
- paga le spese della procedura (poniamo 10.000 € tra compensi e spese legali),
- poi paga i creditori privilegiati: ad esempio, 50.000 € di debiti fiscali con privilegio (IVA, ritenute) e 20.000 € di TFR di un ex dipendente,
- restano 120.000 € da distribuire ai creditori chirografari, il cui totale era 230.000 € circa: riescono quindi ad avere un riparto del ~52% ciascuno.
Alla fine, Maria avrà ancora formalmente dei debiti non pagati (circa 110.000 € di chirografari). Tuttavia, il tribunale, constatato che Maria ha collaborato e non ha nascosto nulla, nel decreto di chiusura dichiara inesigibili i debiti residui. Questo significa che i creditori a cui è rimasto insoluto il 48% non potranno più chiedere nulla a Maria. Di fatto Maria, vendendo l’unico suo bene, ha pagato il possibile e ora viene liberata dal peso restante. La sua situazione finanziaria riparte da zero (fermo restando che, se in futuro erediterà un patrimonio prima del termine della procedura, quello verrebbe aggredito entro la procedura stessa; ma dopo la chiusura e l’esdebitazione, eventuali nuove disponibilità saranno sue e i vecchi creditori non potranno toccarle).
Tabella riassuntiva sulla liquidazione controllata:
Liquidazione controllata – Sintesi
Caratteristiche | Descrizione |
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Chi la può avviare | Debitore sovraindebitato di qualsiasi categoria (consumatore o no) che vuole liquidare i propri beni per chiudere la posizione debitoria. Possono chiederla anche i creditori o il P.M. contro il debitore insolvente, se questi non propone alternative. |
Requisiti specifici | Stato di insolvenza/sovraindebitamento conclamato. È necessaria la presenza di un attivo liquidabile (beni o crediti recuperabili); se il debitore è totalmente incapiente, la procedura è improcedibile (in tal caso si valuta l’esdebitazione incapiente). Il debitore deve essere onesto e collaborativo: frodi o occultamenti possono portare a non ammettere la procedura o a negare l’esdebitazione finale. |
Effetti immediati | Con la sentenza di apertura:– Nomina di un Liquidatore e spossessamento del patrimonio del debitore (i beni vengono gestiti dal Liquidatore per venderli).– Sospensione di tutti i pignoramenti e divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali.– Termine per i creditori di presentare le domande di ammissione al passivo (entro 90 giorni, prorogabili di 30).– Il debitore è soggetto a esame e deve consegnare documenti, beni, e cooperare fedelmente. |
Procedura di liquidazione | Il Liquidatore redige un programma di liquidazione e, ottenuta l’approvazione, liquida i beni (vendite all’asta o trattative, riscossione crediti, eventuali azioni legali contro terzi debitori del debitore o revocatorie di atti pregiudizievoli fatti prima). Distribuisce poi il ricavato ai creditori secondo le priorità di legge. Il giudice vigila e risolve eventuali contestazioni. |
Pagamento dei creditori | Secondo l’ordine dei privilegi:1. Spese e costi della procedura;2. Crediti con privilegi speciali o ipoteche sul ricavato dei relativi beni (fino a capienza del valore di realizzo);3. Crediti con privilegio generale (es. crediti di lavoro, parte dei crediti fiscali) sul ricavato residuo;4. Crediti chirografari (solo se resta qualcosa, in proporzione).I creditori ricevono quindi generalmente una percentuale del loro credito, spesso bassa per i chirografari. |
Durata | Variabile in base al patrimonio da liquidare e alle difficoltà (es. vendita immobili può richiedere anni). Il Codice aveva previsto un minimo di 4 anni di durata per la procedura (durata durante la quale eventuali nuovi beni affluivano), ma tale vincolo è stato eliminato dal 2024. Ora la procedura può chiudersi anche prima se tutto il liquidabile è stato realizzato. In ogni caso, dopo 3 anni dall’apertura, il debitore può già ottenere l’esdebitazione (fresh start). |
Esdebitazione finale | Al termine (o dopo 3 anni), se il debitore ha collaborato e non ci sono cause ostative, il giudice concede l’esdebitazione: i debiti residui non pagati sono cancellati e il debitore ne viene liberato. Restano escluse solo categorie particolari (debiti alimentari, da dolo, ecc.). L’esdebitazione può essere negata o revocata se il debitore ha agito con frode o grave malafede. |
Norme di riferimento | Artt. 268-277 CCII per apertura e svolgimento; Artt. 278-281 CCII per esdebitazione in liquidazione controllata. Deriva dalla liquidazione del patrimonio di L.3/2012, con modifiche introdotte dai correttivi (D.Lgs. 83/2022 e 136/2024). |
Esdebitazione del debitore incapiente
L’esdebitazione del debitore incapiente è la più recente e innovativa procedura introdotta in tema di sovraindebitamento (disciplinata dall’art. 283 CCII). Si tratta di uno strumento eccezionale, destinato a quei debitori persone fisiche che:
- Non possiedono alcun patrimonio liquidabile né redditi pignorabili con cui soddisfare i creditori, nemmeno in minima parte (debitore incapiente in senso stretto).
- Si trovano in questa situazione senza colpa grave, cioè per circostanze indipendenti dalla loro volontà (disgrazie economiche, malattie, perdita del lavoro, ecc.), e non hanno tenuto comportamenti maliziosi o fraudolenti verso i creditori.
- Sono comunque meritevoli di ottenere un “fresh start” in quanto hanno tentato tutto il possibile o quantomeno la loro situazione è irreversibile al punto che costringerli a restare indebitati a vita non avrebbe senso né utilità per i creditori.
A queste condizioni, il debitore può chiedere al tribunale di essere esdebitato subito, senza dover prima eseguire un piano di pagamento o una liquidazione dei beni (dato che beni non ne ha). In pratica è una cancellazione giudiziale dei debiti a costo zero, che permette al soggetto di ripartire da capo. Proprio per la delicatezza di “perdonare” i debiti senza rimborso, la legge pone criteri stringenti:
- Il debitore deve provare la propria incapienza totale, ossia l’assenza di beni utilmente liquidabili e di redditi presenti o futuri con cui potrebbe soddisfare i creditori. Questo significa ad esempio non avere case, auto, conti di risparmio, né stipendi significativi oltre la soglia di sopravvivenza. Vengono valutate anche le prospettive: se il debitore è giovane e sanissimo, il tribunale potrebbe dire “puoi ancora lavorare e pagare qualcosa in futuro, quindi non ti esdebito adesso”. Se invece l’incapienza è oggettiva (es. persona anziana con sola pensione minima, nullatenente), allora il requisito è soddisfatto.
- Deve essere dimostrata la buona fede del debitore: niente sovraindebitamento doloso o per colpa grave. Se ad esempio i debiti derivano da sanzioni per reati o da gioco d’azzardo compulsivo, potrebbe essere messa in dubbio la meritevolezza. Il debitore incapiente deve essere “meritevole” tanto quanto (se non di più) un debitore consumatore che chiede un piano: l’esdebitazione senza pagamento è riservata solo a chi davvero non ha colpe e ha semplicemente subito la sorte.
- Il debitore deve impegnarsi a mantenere una condotta trasparente nei 3 anni successivi: la legge impone l’obbligo di informare l’OCC e il tribunale di qualsiasi miglioramento della propria situazione economica entro i tre anni seguenti alla pronuncia di esdebitazione. Questo perché l’esdebitazione dell’incapiente non è uno scudo irrevocabile: se entro 3 anni dal provvedimento la situazione cambia (ad esempio, il debitore riceve un’eredità, trova un lavoro ben retribuito, vince alla lotteria, ecc.), i creditori potranno essere parzialmente soddisfatti con le nuove risorse.
Vediamo come funziona in pratica:
- Il debitore presenta la domanda tramite l’OCC, allegando tutti i documenti a riprova della sua condizione (dichiarazioni dei redditi che mostrano reddito zero o bassissimo, estratti conto bancari vuoti, stato di famiglia per eventuali carichi, certificati medici se non può lavorare, ecc.). L’OCC redige una relazione che evidenzia la sussistenza dei requisiti.
- Il tribunale valuta il caso. Se ritiene che ci siano anche solo piccoli asset realizzabili, può negare l’accesso e indirizzare magari verso la liquidazione controllata. Se invece riconosce l’incapienza e la meritevolezza, emette un decreto di esdebitazione dell’incapiente.
- Con questo provvedimento, tutti i debiti del debitore si intendono cancellati (dichiarati inesigibili) fin da subito. I creditori non possono più procedere contro il debitore per il recupero dei loro crediti. È un sollievo immediato.
- La legge però fissa alcune eccezioni: come già detto, l’esdebitazione (anche qui) non copre obblighi di mantenimento, debiti per risarcimenti di danni derivati da fatto illecito extracontrattuale, e multe/ammende penali. Queste categorie restano comunque dovute (ad esempio, se ho debiti per alimenti verso un figlio non sono cancellati). Inoltre, i debiti sorti dopo la presentazione della domanda non sono toccati.
- Nei tre anni successivi, il debitore è in una sorta di “libertà vigilata” economica: se ottiene nuove risorse rilevanti, dovrà darne conto. L’OCC svolge monitoraggio e se scopre sopravvenienze, ne informa i creditori. I creditori in tal caso potrebbero chiedere di revocare in parte il beneficio ed essere pagati con quelle sopravvenienze. Ad esempio: Tizio esdebitato incapiente oggi, tra 2 anni eredita 50.000 €. Quei soldi, al netto magari di una franchigia per consentirgli di tenere qualcosa, potrebbero dover essere ripartiti tra i vecchi creditori riaprendo in pratica la liquidazione (limitamente a ciò).
- Passati i 3 anni, il controllo cessa e l’esdebitazione diventa definitiva: ciò che è stato è stato, i creditori non potranno più reclamare nulla anche se Tizio al quarto anno diventa miliardario (ormai i debiti pregressi sono cancellati senza condizioni dopo il triennio di osservazione).
Questa procedura rappresenta un ultimo spiraglio per chi è intrappolato nei debiti senza via d’uscita. Pensiamo a un disoccupato di lunga durata con migliaia di euro di debiti per bollette, o un piccolo imprenditore che ha perso tutto ed è anziano: senza esdebitazione incapienti, queste persone resterebbero indebitate a vita, con i creditori che comunque non recupererebbero niente perché non c’è nulla da prendere. Con la nuova legge, invece, si può chiudere formalmente la loro posizione debitoria, consentendo loro anche psicologicamente di ripartire.
Esempio pratico: Carlo, 70 anni, ex commerciante, ha chiuso da anni il negozio fallendo informalmente e ora vive con una pensione minima sociale. Ha ancora circa 80.000 € di debiti residui (fornitori mai pagati, affitti arretrati, contributi non versati). Non possiede casa (vive ospite da un parente) né beni di valore; la pensione è di poche centinaia di euro al mese, appena sufficienti alle spese quotidiane. I creditori formalmente potrebbero pignorargli un quinto di pensione, ma su 600 € al mese pignorare 120 € aggraverebbe la sua indigenza e comunque impiegherebbero decenni a rientrare forse di qualcosa. Carlo è esattamente il profilo per cui è pensata l’esdebitazione incapiente. Tramite un OCC, presenta istanza e il tribunale esdebità Carlo dai suoi 80.000 € di debiti. I creditori, pur comprensibilmente insoddisfatti, devono prenderne atto: Carlo non sarà costretto a vita a versare briciole di pensione e soprattutto non vivrà col timore costante di pignoramenti. Se, ipotesi remota, nei prossimi 3 anni Carlo ricevesse un’eredità (poniamo 10.000 €), quel denaro verrebbe utilizzato per pagare i creditori (probabilmente riaprendo la procedura di liquidazione per acquisire l’importo). Ma se – come più probabile – nulla cambia nella sua situazione economica, dopo 3 anni l’esdebitazione diventerà definitiva e i creditori non avranno più alcuna pretesa su di lui.
Tabella di sintesi sull’esdebitazione del debitore incapiente:
Esdebitazione del debitore incapiente – Sintesi
Caratteristiche | Descrizione |
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Chi può ottenerla | Solo persone fisiche (no società) che sono completamente incapienti, cioè senza beni né redditi utilmente pignorabili, e che si trovano in questa condizione senza colpa grave o dolo. Tipici casi: disoccupati di lungo termine, nullatenenti, soggetti con solo pensione minima, ecc., con debiti pregressi impagabili. |
Quando si chiede | Può essere richiesta in alternativa alle altre procedure, quando il debitore non ha davvero nulla da offrire ai creditori. È una procedura una tantum: la legge di bilancio 2025 ha previsto che sia istituito un fondo pari a 500.000 € destinato a coprire le spese di procedura per i debitori incapienti, così da non gravarli nemmeno di tali costi. Non è ripetibile a breve distanza di tempo (si applicano gli stessi limiti per la ri-esdebitazione). |
Cosa comporta | Il tribunale, valutati i requisiti, emette un decreto che cancella tutti i debiti del debitore incapiente senza alcun pagamento ai creditori. È la massima forma di sollievo: il debitore esce liberato dai debiti immediatamente. |
Caveat e condizioni | L’esdebitazione può essere concessa solo se:– Il debitore non ha davvero risorse (l’OCC deve confermare assenza di patrimonio liquidabile e redditi sufficienti). Anche potenziali crediti verso terzi contano: se ne ha, dovrebbe cederli ai creditori piuttosto.– Il debitore è meritevole e in buona fede (no dolo o colpa grave nell’indebitarsi). Ad esempio, non deve aver truffato i creditori, o continuato a fare spese inutili sapendo di non poter pagare.– Il debitore non deve nascondere eventuali miglioramenti futuri: per 3 anni dopo l’esdebitazione ha l’obbligo di dichiarare ogni incremento patrimoniale significativo. |
Effetti per il debitore | Ottiene subito lo sblocco da ogni azione di riscossione: i creditori non possono più perseguitarlo per i debiti pregressi. Può ripartire da zero senza l’angoscia debitoria. Deve però mantenere una condotta trasparente per 3 anni (se gli arriva un sostanzioso reddito, verrà in parte destinato ai creditori). Dopo 3 anni di “osservazione”, potrà godersi eventuali nuovi redditi liberamente. |
Effetti per i creditori | Subiscono la cancellazione dei loro crediti (inesigibilità) per ordine del giudice. Tuttavia, conservano per 3 anni una speranza: se il debitore ottiene risorse, possono chiederne la distribuzione proporzionale. Di fatto, accettano un rischio: se nulla cambia, non vedranno nulla (ma del resto non l’avrebbero visto comunque). |
Norme di riferimento | Art. 283 CCII. Introdotta nel sistema italiano prima con L. 176/2020 (modifica alla L.3/2012) e ora trasfusa nel Codice della Crisi. Legge di Bilancio 2025 (art. 1, c.893 L.207/2024) ha istituito il Fondo per l’esdebitazione incapienti per coprire spese procedurali e compensi OCC nei procedimenti ex art. 283 CCII. |
Rapporti con il Fisco: debiti tributari e strumenti come rateizzazione, rottamazione e transazione fiscale
Un capitolo cruciale per molti cittadini sovraindebitati riguarda i debiti verso il Fisco e gli enti pubblici (Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrate-Riscossione ex Equitalia, INPS per contributi, Comuni per multe, etc.). Le somme dovute al Fisco spesso derivano da cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdeR), che agisce come agente di riscossione unificato. Vediamo come funzionano e quali possibilità esistono per gestirle, sia all’interno delle procedure concorsuali di sovraindebitamento, sia con strumenti amministrativi paralleli (rateizzazioni, definizioni agevolate, ecc.).
Le cartelle esattoriali e la riscossione coattiva
Quando un contribuente non paga una tassa, un tributo o una multa entro i termini, l’ente creditore (ad es. l’Agenzia delle Entrate per imposte, un Comune per multe, l’INPS per contributi) iscrive a ruolo l’importo dovuto e AdeR emette una cartella di pagamento (volgarmente detta “cartella esattoriale”). La cartella è un atto che intima il pagamento entro 60 giorni; se non si paga né si impugna, la cartella diventa definitiva e AdeR può procedere con le azioni esecutive:
- Fermo amministrativo di veicoli (iscrizione al PRA che blocca la possibilità di usare/vendere l’auto) per debiti oltre 1.000 €.
- Ipoteca su immobili di proprietà del debitore per debiti oltre 20.000 € (con alcune condizioni, vedremo a breve il caso della prima casa).
- Pignoramenti di stipendi, conti correnti, immobili, ecc., secondo le regole generali del codice di procedura civile ma con alcune facilitazioni (non serve passare dal tribunale per l’ordine di pignoramento, la cartella stessa è titolo esecutivo).
Quindi, un cittadino con debiti fiscali vede arrivare cartelle e, se non riesce a pagarle, rischia in tempi anche brevi di subire pignoramenti su conto, stipendio/pensione (con trattenute dirette), ipoteche e potenzialmente vendite immobiliari.
Rateizzazione ordinaria delle cartelle (piano di rientro)
Lo strumento “di prima difesa” per chi riceve cartelle e non può pagare subito l’intero importo è chiedere una rateizzazione ad Agenzia Entrate-Riscossione. La normativa sulle rate è stata resa più flessibile negli ultimi anni:
- Per debiti fino a 120.000 € per ogni richiesta, la rateizzazione viene concessa automaticamente con una semplice domanda, senza bisogno di documentare la difficoltà economica. È sufficiente dichiarare di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà. Questa soglia di 120.000 € è stata elevata nel 2022 (prima era 60.000 €) per aiutare più contribuenti.
- La dilazione standard è su 72 rate mensili (6 anni). Dal 2023 sono state introdotte ulteriori estensioni: per le richieste presentate nel 2025 e 2026, è possibile avere fino a 84 rate (7 anni); per richieste nel 2027-2028 fino a 96 rate; dal 2029 in poi fino a 108 rate (9 anni). Questo graduale aumento permette piani più lunghi per chi presenterà domanda nei prossimi anni, come misura di sollievo post-crisi Covid.
- Se il debito supera 120.000 €, la rateazione è ancora possibile, ma bisogna presentare documentazione finanziaria che provi lo stato di difficoltà e il piano deve essere approvato; in tali casi si può arrivare fino a 120 rate (10 anni) in casi eccezionali.
- Una volta concessa la rateizzazione, il debitore deve pagare regolarmente ogni mese la rata. Se paga puntualmente, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione sospende le azioni esecutive: non procederà a nuovi pignoramenti e anzi eventuali fermi e ipoteche in itinere possono essere revocati una volta pagato un certo numero di rate. Attenzione: se c’è già un pignoramento in corso (es. stipendio), di solito questo continua parallelamente e anzi può essere considerato come modalità di pagamento delle rate.
- Decadenza: se il debitore non paga un certo numero di rate (attualmente sono tollerati fino a 8 rate non pagate, anche non consecutive, prima di decadere), il beneficio si perde e AdeR può riprendere le azioni sul residuo.
La rateizzazione ordinaria è uno strumento utilissimo: congela immediatamente i pignoramenti (AdeR non può iscrivere ipoteca o avviare esecuzioni finché il piano è attivo), e permette di spalmare il debito in più anni. Bisogna tuttavia essere realistici: il piano include anche interessi di dilazione e l’aggio della riscossione, dunque allungare può significare pagare di più complessivamente, ma in modo sostenibile.
Esempio: un debitore con 6.000 € di cartelle può ottenere 72 rate da circa 85 € al mese. Con ciò evita qualunque azione esecutiva e, se rispetta i pagamenti, si mette in regola gradualmente.
Definizioni agevolate (es. “rottamazione” delle cartelle)
Negli ultimi anni il legislatore ha più volte introdotto misure eccezionali di definizione agevolata dei debiti iscritti a ruolo, note come rottamazioni delle cartelle o saldo e stralcio. Si tratta di condoni parziali o condizioni di favore per chiudere le proprie pendenze col fisco. È importante per il cittadino sovraindebitato conoscere queste opportunità, perché possono ridurre significativamente il debito fiscale e contributivo, facilitando poi la soluzione globale.
Le principali iniziative recenti:
- Rottamazione-ter (2017-2018) e rottamazione-quater (2023): permettono di pagare le cartelle versando solo l’importo residuo dovuto a titolo di capitale e un piccolo contributo spese, annullando sanzioni e interessi di mora. In pratica, uno sconto consistente sui debiti. La rottamazione-quater, introdotta con la Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022), riguarda i carichi affidati all’agente della riscossione dal 2000 fino al 30 giugno 2022. Chi ha aderito (presentando domanda entro luglio 2023) può pagare il dovuto in un massimo di 18 rate fino al 2027. Ad esempio, se avevi una cartella di 10.000 € di cui 4.000 € di sanzioni e 2.000 € di interessi, con la rottamazione paghi solo 4.000 € (capitale) + un po’ di spese, risparmiando 6.000 €. È un enorme vantaggio per ridurre l’esposizione.
- Saldo e stralcio 2019: misura una tantum per contribuenti in grave difficoltà (ISEE familiare sotto 20.000 €) che consentiva di estinguere le cartelle di alcune tipologie di debiti (contributi, imposte) pagando percentuali molto ridotte (16%, 20% o 35% a seconda dell’ISEE). Attualmente non è più possibile aderire (era legata a scadenze passate), ma è utile sapere che esistono stati condoni mirati per situazioni di disagio.
- Stralcio dei mini-debiti: nel 2023 è stato disposto l’annullamento automatico dei debiti fino a 1.000 € affidati a ruolo tra il 2000 e il 2015, ad esclusione di alcuni casi. Molti piccoli debiti fiscali sono stati semplicemente cancellati d’ufficio per alleggerire il carico.
- Milleproroghe 2025 – riammissione rottamazione: per chi aveva aderito alla rottamazione-quater nel 2023 ma è decaduto per non aver pagato le prime rate scadute, la legge di conversione del decreto Milleproroghe (L. 15/2025) ha previsto la possibilità di essere riammessi al beneficio. Occorre presentare domanda entro il 30 aprile 2025 e pagare le rate arretrate; si potrà poi proseguire nei pagamenti con un nuovo calendario che prevede la ripartenza dal 31 luglio 2025 come scadenza per la prima o unica rata. Questa è un’opportunità importante se si era persa la rottamazione per un ritardo: consente di non perdere lo sconto.
Il consiglio pratico è: tenersi informati sulle eventuali nuove edizioni di rottamazioni o condoni. Spesso nelle leggi di bilancio o decreti collegati emergono queste possibilità. Per un sovraindebitato, sfruttare una definizione agevolata può ridurre il monte debitorio e semplificare anche l’eventuale piano del consumatore o concordato. Ad esempio, se i debiti fiscali originari di 50.000 € vengono rottamati e ridotti a 20.000 €, sarà più facile poi presentare un piano per pagare quei 20.000 € in 5 anni piuttosto che 50.000 € con sanzioni.
Attenzione: aderire a una rottamazione non preclude necessariamente le procedure concorsuali, ma occorre coordinarsi. Se si è aderito e si stanno pagando le rate di rottamazione, normalmente conviene escludere quei debiti dalla procedura concorsuale (o comunque considerarli al netto dello sconto). Viceversa, se si avvia una procedura concorsuale, i debiti fiscali rientreranno in essa e non potranno poi essere “rottamati” a parte, salvo i casi di conversione della procedura in accordo col fisco.
La transazione fiscale e la gestione dei debiti tributari nelle procedure di sovraindebitamento
All’interno dei piani del consumatore e dei concordati minori, i debiti verso l’Erario (Agenzia Entrate, Agenzia Riscossione per imposte e tasse) e verso gli enti previdenziali seguono regole particolari:
- Nel piano del consumatore (ristrutturazione del debito), i crediti fiscali e contributivi non hanno un potere di veto perché non votano. Tuttavia, il tribunale deve valutare la fattibilità del piano anche riguardo a essi. Il debitore può proporre di non pagarli integralmente, ma in tal caso deve rispettare la regola generale: offrire almeno quanto il Fisco otterrebbe in una liquidazione. Ad esempio, se un debito IVA è privilegiato e in una liquidazione sarebbe pagato al 30%, il piano può proporre di pagarlo al 30% dilazionato. Non esiste una “transazione fiscale” formalmente nel piano del consumatore (che è procedura del tutto giudiziale), ma di fatto sì: l’Agenzia delle Entrate può fare osservazioni, e se il giudice ritiene equa la proposta (rispettosa delle soglie), la omologa anche senza accordo esplicito dell’Agenzia.
- Nel concordato minore, come visto, c’è la figura della transazione fiscale. Il debitore inserisce nella proposta l’adesione alle regole di trattamento dei crediti fiscali di cui all’art. 63 CCII. In base a tali regole:
- Se il debito fiscale è preminente (più del 50% dei crediti), bisogna offrire almeno il 40% e l’Agenzia deve comunque essere d’accordo se è l’unico creditore rilevante (non la si può schiacciare da sola).
- Se i crediti privati rappresentano almeno il 25% del totale, allora basta offrire il 30% al Fisco e se i privati approvano la proposta, il tribunale può omologarla anche col voto contrario del Fisco (cram-down fiscale). In pratica, il voto favorevole di altri creditori può superare il dissenso erariale, a condizione di quel minimo pagamento.
- La transazione fiscale consente anche di abbattere sanzioni e interessi per il Fisco, come avviene nelle rottamazioni, ma negoziandolo nel contesto del concordato.
- Nella liquidazione controllata, non c’è transazione perché non c’è una trattativa: i debiti fiscali seguono il loro ordine di privilegio. Ad esempio, IVA e ritenute non versate sono privilegiati (e prendono precedenza sui chirografari); l’IRPEF o IRES non pagata senza ritenute è chirografa e viene trattata come gli altri. Al termine, come detto, se c’è esdebitazione, il residuo dei debiti fiscali viene anch’esso cancellato (lo Stato incassa quel che ha preso durante la liquidazione, il resto lo perde).
- Nell’esdebitazione incapiente, i debiti fiscali sono trattati come tutti gli altri: vengono azzerati dal provvedimento (salvo eventuali somme per recupero di aiuti di Stato o multe, se qualificati come esclusi). Lo Stato non è contento di condonare, ma la legge lo prevede come extrema ratio per debitori nullatenenti.
Va ricordato che i debiti tributari per somme dovute a titolo di risarcimento danni erariali o multe penali non si estinguono con le procedure concorsuali (ad es. se uno deve risarcire l’erario per peculato, quella è una condanna che resta). Ma per le comuni cartelle di tasse, contributi, IVA ecc., sì.
Blocco dei pignoramenti e protezione della prima casa: un punto importante nell’interazione con il Fisco è la tutela dell’abitazione principale:
- Già fuori dalle procedure concorsuali, la legge prevede che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non possa pignorare la prima casa del debitore se ricorrono queste condizioni: il debitore vi risiede anagraficamente, è l’unico immobile di proprietà (oltre forse a pertinenze), e non è di lusso (categorie catastali A/8 o A/9). Inoltre il debito totale con AdeR dev’essere inferiore a 120.000 €. In tal caso, AdeR può iscrivere ipoteca sull’immobile (a garanzia), ma non potrà procedere alla vendita forzata. Se invece il debitore ha altri immobili o il debito supera 120.000 €, allora la casa non è protetta e AdeR può pignorarla (dopo aver iscritto ipoteca e atteso almeno 6 mesi).
- Entrare in una procedura di sovraindebitamento aggiunge protezione: una volta presentata l’istanza (piano o concordato) il debitore può chiedere al giudice la sospensione di eventuali pignoramenti in corso. Il giudice di solito la concede, specialmente se è un pignoramento immobiliare sulla casa che si vuole includere nel piano. Ciò consente di stoppare un’asta imminente, ad esempio, e gestire il bene nella procedura (magari vendendolo con più calma a prezzo migliore a vantaggio di tutti). Dopo l’omologazione, come già spiegato, nessun creditore può iniziare azioni esecutive individuali: ciò vale anche per AdeR. Quindi cartelle, pignoramenti di stipendio, fermi amministrativi su auto – tutto rimane congelato e poi decade se previsto dal piano o accordo.
- Nella liquidazione controllata, la casa anche se prima casa può essere venduta, perché in sede concorsuale non vale il divieto (quella norma vincola solo l’Agente della riscossione in esecuzioni individuali). Però, se la casa è di modesto valore e la sua vendita non darebbe vantaggi ai creditori privilegiati, può capitare che non venga liquidata. Ad esempio, se c’è un mutuo che assorbe tutto il valore, il liquidatore potrebbe lasciare la casa al debitore e non fare l’asta (non conviene a nessuno).
- Durante una rateizzazione con AdeR, i pignoramenti non ancora iniziati non verranno avviati. Se c’è un pignoramento già in corso (stipendio), si può tentare di includerlo nel piano: se la procedura parte, quel pignoramento sarà inglobato e la trattenuta dovrà cessare per lasciare spazio al piano complessivo.
Riassumendo i consigli pratici sui debiti fiscali:
- Attiva subito una rateizzazione delle cartelle se ancora non hai avviato la procedura concorsuale e hai pignoramenti minacciati: questo ti darà respiro e tempo per organizzare il sovraindebitamento.
- Verifica se puoi aderire a una rottamazione: ridurre il debito è metà della soluzione. Ad esempio nel 2023-2024 c’era la rottamazione-quater, nel futuro potrebbero essercene altre. Se hai già aderito, non perdere le scadenze o informati sulle riammissioni.
- Nella proposta di piano o accordo, tratta i debiti fiscali con rispetto: offri loro il massimo che puoi permetterti nel rispetto delle regole (ad esempio, privilegia il pagamento dell’IVA e dei contributi nei limiti). Un Fisco ben trattato è un alleato: spesso l’Agenzia Entrate-Riscossione non si oppone se la proposta è seria, e con le nuove norme può essere forzata se minoritaria.
- Sulla prima casa, sfrutta la norma di impignorabilità se applicabile e/o le tutele delle procedure: segnala subito all’OCC se c’è un’asta pendente, per poter chiedere al giudice la sospensione. La casa di abitazione viene considerata un bene essenziale: i giudici tendono a favorire soluzioni che permettano al debitore di conservarla, se ciò non danneggia eccessivamente i creditori. Ad esempio, autorizzando nel piano il pagamento del mutuo in corso e magari soddisfacendo gli altri creditori con altre risorse.
Iter pratico per accedere alla procedura di sovraindebitamento
Vediamo ora, in forma sintetica passo-passo, come si svolge operativamente il percorso per accedere a una delle procedure di sovraindebitamento:
- Consulenza iniziale e scelta della procedura: il debitore, resosi conto di non poter pagare i debiti, si rivolge a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC). Gli OCC sono presenti in molte città (presso Camere di Commercio, Ordini degli Avvocati o dei Commercialisti, oppure enti privati accreditati). In alternativa, può consultare un professionista esperto (avvocato, commercialista) che a sua volta coinvolgerà un OCC per l’istruttoria. Nella fase iniziale si valuta la situazione: entità dei debiti, natura (se ci sono debiti da consumatore o d’impresa), patrimonio disponibile, redditi attuali e prospettici. In base a questo, si sceglie lo strumento più adatto:
- Se il debitore è consumatore con capacità di pagare almeno in parte: si prediligerà la ristrutturazione dei debiti del consumatore.
- Se è un imprenditore o professionista: si valuta un concordato minore (specie se ci sono molti creditori e volontà di proseguire attività) oppure, se l’attività è cessata e i beni vanno liquidati, direttamente la liquidazione controllata.
- Se il debitore è nullatenente e senza reddito: si propone l’esdebitazione dell’incapiente.
- Raccolta documentazione: questa è una fase cruciale. Il debitore deve predisporre tutta la documentazione utile a ricostruire la sua posizione finanziaria. Tipicamente occorre:
- Elenco completo di tutti i creditori con indicazione degli importi dovuti (contratti di finanziamento, estratti conto dei fornitori, copie delle cartelle esattoriali, bollette insolute, ecc.). Anche i crediti contestati o non ancora scaduti vanno indicati, per trasparenza.
- Documenti su redditi e spese: ultime dichiarazioni dei redditi, buste paga, certificati di pensione, estratti conto bancari recenti, elenco delle spese familiari mensili (affitto, bollette, alimentari, scuola figli, spese mediche, ecc.).
- Situazione del patrimonio: visure catastali per immobili, documenti di proprietà di veicoli, saldo di eventuali conti e depositi, polizze assicurative con valore di riscatto, partecipazioni societarie. Se qualche bene è gravato da ipoteche o pegni, indicarlo.
- Eventuali atti notarili o transazioni degli ultimi anni: se si sono venduti beni o fatte donazioni negli ultimi tempi, vanno segnalate (servirà per verificare possibili atti in frode o revocabili).
- Stato di famiglia, estratto dell’atto di matrimonio (per capire se c’è comunione o separazione dei beni), eventuali procedure esecutive in corso (pignoramenti, decreti ingiuntivi ricevuti).
- Una relazione narrativa in cui il debitore spiega la storia del suo indebitamento: quando e perché ha iniziato a indebitarsi, quali eventi gli hanno impedito di pagare (es. “Nel 2019 ho perso il lavoro e mi sono mantenuto con carta di credito, poi è arrivato il Covid e…”). Questo serve all’OCC e al giudice per valutare la meritevolezza.
- Predisposizione del piano o progetto da presentare: con tutti i dati alla mano, l’OCC (o il professionista incaricato) elabora la strategia:
- Se è un piano del consumatore o concordato minore, bisogna definire la proposta di trattamento dei crediti (quanto pagare a ciascuno, in che tempi, con quali risorse). Si fanno simulazioni di sostenibilità sul reddito del debitore, si verificano possibili aiuti esterni (un familiare può offrire una somma? vendere un piccolo bene?).
- L’OCC redige una relazione da allegare, nella quale attesta la veridicità dei dati e dà un giudizio sulla fattibilità del piano e sulla meritevolezza del debitore. Questa relazione è obbligatoria e molto influente: contiene il parere tecnico neutrale per il giudice.
- Viene redatto l’atto di ricorso al tribunale, che conterrà: l’indicazione della procedura scelta, l’elenco dettagliato dei creditori e dell’importo offerto a ciascuno, le modalità e tempi di pagamento, l’eventuale piano di liquidazione di beni, la richiesta di eventuali misure protettive (es. “si chiede la sospensione della procedura esecutiva n… davanti al Tribunale di…, relativa all’immobile X”).
- Il ricorso è firmato dal debitore e dall’eventuale suo difensore legale e presentato presso il tribunale competente (di solito, il tribunale del luogo di residenza del debitore, se persona fisica).
- Nel caso di liquidazione controllata, la domanda consiste in un ricorso che chiede appunto l’apertura della liquidazione. Bisogna allegare l’elenco di creditori, inventario dei beni, stato di famiglia, e sempre la relazione dell’OCC. Non c’è un “piano” da proporre ai creditori, ma spesso il debitore può manifestare l’intenzione di collaborare e magari indicare se vorrebbe tenere qualche bene non essenziale, sapendo che decide il giudice.
- Procedimento in tribunale – ammissione e omologazione: una volta depositata la domanda, il tribunale la esamina. Se i documenti sono completi e i requisiti formali in regola, il giudice fissa un’udienza. In un piano del consumatore, all’udienza il giudice sente eventualmente il debitore e l’OCC, verifica se ci sono opposizioni dei creditori, e decide se omologare il piano. In un concordato minore, prima dell’udienza viene avviata la raccolta delle votazioni dei creditori: l’OCC invia la proposta ai creditori e questi hanno un termine per esprimere il voto (anche via PEC). Poi all’udienza il giudice verifica l’esito delle votazioni e le eventuali opposizioni di creditori dissenzienti, quindi omologa se il concordato è approvato e conforme alla legge. Nella liquidazione controllata, l’udienza serve per sentire il debitore e accertare eventuali contestazioni; dopodiché se decide di aprire la liquidazione, il tribunale emette una sentenza di apertura nominando il Liquidatore e disponendo gli effetti (ordine ai creditori di presentarsi, ecc.). Nell’esdebitazione incapiente, il giudice può decidere anche senza udienza (o con una breve comparizione del debitore per conoscerlo): se valuta tutto in regola, emette il decreto di esdebitazione.
- Misure protettive e urgenze: spesso, insieme al ricorso iniziale, il debitore può chiedere misure d’urgenza per proteggersi nel frattempo. Ad esempio, se c’è un’asta immobiliare fissata prima dell’udienza di omologa, si chiede subito un provvedimento di sospensione delle esecuzioni. Il tribunale può emettere un decreto inaudita altera parte (senza sentire i creditori) sospendendo i pignoramenti fino all’udienza. Questa sospensione può essere confermata o revocata all’udienza a seconda di come procede il caso. In generale, la legge consente di congelare le azioni esecutive dal momento del deposito della domanda o dell’ammissione per dare respiro al debitore.
- Omologazione o apertura della procedura: superata la fase istruttoria, si arriva al provvedimento:
- Decreto di omologazione per piani del consumatore e concordati minori: come visto, questo decreto rende efficace la proposta e impone al debitore di eseguirla e ai creditori di rispettarla. Può contenere disposizioni specifiche (es: nomina di un custode per vendere un bene secondo il piano, oppure un commissario giudiziale per vigilare sull’esecuzione del piano in casi complessi, sebbene nelle procedure minori spesso non ci sia commissario).
- Sentenza di apertura della liquidazione controllata: nomina liquidatore, fissa i termini per i creditori, stabilisce le udienze successive (ad esempio l’udienza per l’esame dello stato passivo).
- Decreto di esdebitazione incapiente: cancella debiti e nomina un OCC o liquidatore per vigilare sui successivi 36 mesi in ottemperanza all’art. 283 CCII (nel frattempo va emanato il regolamento del Fondo incapienti per coprire i costi).
- Comunicazione ai creditori: gli OCC hanno il compito di notificare o comunicare ai creditori il provvedimento di omologa/apertura. Ad esempio, se si omologa un piano del consumatore, tutti i creditori ricevono copia del decreto di omologa, così sanno che da quel momento devono attenersi al piano. Nella liquidazione, i creditori vengono avvisati di presentare domanda di insinuazione.
- Esecuzione della procedura: questa è la fase sostanziale:
- Nel piano del consumatore o concordato minore, il debitore inizia a effettuare i pagamenti previsti (versando all’OCC o direttamente ai creditori secondo istruzioni). Se deve vendere un bene come da piano, di solito lo fa con l’assistenza dell’OCC che verifica che il ricavato vada ai creditori. Può darsi che venga nominato un “gestore” specifico per eseguire il piano (spesso coincide con l’OCC stesso). Importante: il debitore deve attenersi scrupolosamente a quanto promesso. Eventuali variazioni necessitano di autorizzazione del giudice (ad esempio se il debitore ha saltato due rate per malattia ma ora può riprendere, può accordargli di allungare un po’ il piano), oppure di una modifica concordata coi creditori (nelle procedure con voto) e ri-omologata.
- Nella liquidazione controllata, il Liquidatore procede secondo il programma: vende i beni (ad es. tramite procedure d’asta), riscuote crediti, scioglie contratti in corso se opportuno, etc. Poi predispone lo stato passivo (elenco crediti ammessi) e realizza il riparto. Il debitore può dover comparire nelle udienze di verifica crediti per confermare o contestare i crediti insinuati dai creditori.
- Nell’esdebitazione incapiente, formalmente non c’è nulla da eseguire (non ci sono pagamenti). Tuttavia, va monitorata la situazione del debitore per 3 anni. L’OCC può chiedergli periodicamente aggiornamenti su reddito, patrimonio, e controlla d’ufficio eventuali variazioni (ad es. una verifica catastale tra due anni per vedere se ha acquistato immobili, o controllare se in banca compaiono movimenti inconsueti).
- Conclusione e chiusura: a seconda dei casi:
- Se il debitore adempie integralmente al piano del consumatore o accordo, l’OCC ne dà atto e il tribunale emette un decreto di attestazione del completamento con contestuale esdebitazione. In pratica sancisce che la procedura è chiusa e il debitore libero dai debiti residui. Questo momento può essere formale o anche implicito se l’omologa già prevedeva l’esdebitazione automatica. Comunque, si redige un verbale finale.
- Se invece il debitore non riesce a rispettare quanto stabilito, la controparte (creditori o OCC) può segnalare l’inadempimento al giudice. Il giudice può tentare di salvare il piano con modifiche (ad esempio, se il debitore ha saltato due rate per malattia ma ora può riprendere, può accordargli di allungare un po’ il piano), oppure dichiarare la risoluzione del piano/concordato. La risoluzione comporta che i creditori riacquistano i loro diritti originari (al netto di quanto eventualmente già incassato durante il piano). A quel punto, il debitore potrebbe vedersi di nuovo aggredibile. Spesso come ultima spiaggia il debitore chiede di essere ammesso alla liquidazione controllata per liquidare quel che ha e farsi esdebitare (il Codice incoraggia questa conversione se il piano fallisce senza colpa gravissima del debitore).
- Nella liquidazione controllata, quando il liquidatore ha venduto tutto e ripartito il ricavato, presenta il conto finale. I creditori possono fare osservazioni; poi il giudice emette decreto di chiusura della liquidazione. Se il debitore ha cooperato, in quello stesso decreto dichiara l’esdebitazione (o lo fa contestualmente trascorsi 3 anni).
- Nell’esdebitazione incapiente, trascorsi i 3 anni di sorveglianza, l’OCC relaziona se c’è stata qualche sopravvenienza. Se niente di rilevante è emerso, semplicemente non succede altro e l’esdebitazione diventa definitiva. Se invece il debitore ha avuto nuove risorse, i creditori possono chiedere al giudice di revocare parzialmente l’esdebitazione: di fatto si apre una mini-liquidazione limitata a quelle risorse sopravvenute per distribuirle. Dopo di che la posizione si chiude.
- Post-chiusura:
- Il debitore, ora liberato dai debiti, può concentrarsi nel ricostruire la propria vita finanziaria. Va notato che la chiusura di una procedura di sovraindebitamento e l’esdebitazione vengono registrate nei pubblici registri (il registro delle procedure concorsuali) e probabilmente risultano anche nelle banche dati creditizi. Ciò potrebbe comportare difficoltà ad accedere al credito per qualche tempo, ma è comunque una situazione migliore che non avere decine di segnalazioni di sofferenze e pignoramenti. Col tempo (di solito 5 anni) anche la traccia della procedura viene cancellata dai database creditizi.
- È opportuno che il debitore faccia tesoro dell’esperienza: dopo l’esdebitazione, la legge non permette un’altra cancellazione per molti anni, quindi sarebbe assai rischioso indebitarsi di nuovo pesantemente. Le procedure sono pensate per dare una seconda chance, non la terza o quarta: la disciplina e l’educazione finanziaria diventano cruciali per non ricadere in problemi.
Consigli pratici per i cittadini indebitati
Affrontare una situazione di sovraindebitamento è prima di tutto un percorso di consapevolezza e riorganizzazione. Ecco alcuni consigli utili per gestire al meglio questo difficile frangente e sfruttare in modo efficace gli strumenti offerti dalla legge:
- Non negare il problema, agisci presto: se ti accorgi che i debiti stanno sfuggendo al controllo (continuativo ricorso a scoperti, rate pagate in ritardo, necessità di chiedere prestiti per pagarne altri), non aspettare che la situazione precipiti del tutto. Prima ti informi sulle soluzioni (rateizzazioni, piani del consumatore, ecc.), maggiori possibilità avrai di salvare alcuni beni e risolvere con minor sacrificio. Molti si muovono solo dopo il pignoramento dello stipendio o l’avviso di vendita della casa: è comunque possibile intervenire, ma ormai lo stress e i costi sono maggiori.
- Fai una mappa completa dei tuoi debiti: prendi carta e penna (o un foglio Excel) ed elenca tutti i debiti: chi è il creditore, quanto c’è scritto che devi, da quando non paghi, se ci sono garanzie (ipoteche, firme di garanti). Aggiungi eventuali azioni già iniziate (ingiunzioni, decreti, pignoramenti). Questo quadro ti serve per capire l’entità reale del sovraindebitamento e comunicarla chiaramente a chi ti aiuterà (OCC o avvocato). Non trascurare i debiti “piccoli” (una multa non pagata, una bolletta arretrata): accumulandosi, anche quelli pesano e potrebbero essere affidati a società di recupero o all’esattore.
- Raccogli e conserva la documentazione: crea un fascicolo con tutti gli atti rilevanti: copie dei contratti di finanziamento, estratti conto dal momento in cui hai iniziato a saltare pagamenti, lettere di messa in mora ricevute, cartelle esattoriali notificate, ecc. Non buttare via nulla, anche se vecchio. Spesso occorre dimostrare la data di notifica di una cartella o il tasso applicato da una finanziaria: aver sottomano i documenti accelera il lavoro e può evitare errori (ad esempio dimenticare un creditore, che poi potrebbe contestare la procedura).
- Non fare nuovo debito per pagare il vecchio (se sei già in crisi): è comprensibile la tentazione di chiedere un altro prestito per “tappare i buchi” delle rate scadute, ma attenzione: a meno che sia una soluzione strutturale (es. un consolidamento a tasso minore, fattibile se la banca ancora si fida di te), di solito è peggio. Accumuli altri interessi e sposti solo il problema più in là. In ambito di sovraindebitamento, contrarre nuovi debiti quando si è insolventi può anche essere visto come colpa grave (stai aggravando il dissesto). Quindi meglio fermarsi e cercare aiuto tramite le procedure piuttosto che entrare in un circolo di prestiti su prestiti. Se proprio devi, preferisci soluzioni informali e senza interessi (es. aiuto da parenti) e informane l’OCC, così si gestisce nel piano magari rimborsando anche il parente in modo regolare.
- Taglia le spese superflue e documenta il tuo tenore di vita sobrio: quando andrai dal giudice, implicitamente sarai giudicato anche per come hai gestito le tue finanze. Se presenti un piano del consumatore ma si scopre che negli ultimi mesi hai speso centinaia di euro in beni voluttuari (viaggi, ristoranti di lusso, smartphone nuovi), la tua credibilità ne risente. Ciò non significa che devi vivere miseramente, ma è opportuno adottare un profilo di spesa consono alla situazione di crisi. Ad esempio, se hai due auto e puoi venderne una per pagare qualche debito, fallo prima della procedura (mostra buona volontà); evita abbonamenti costosi (pay TV, palestra esclusiva) se poi dichiari che non riesci a pagare le bollette. Ogni euro risparmiato può servire per convincere i creditori e il giudice della tua serietà e massimizzare la quota pagabile nel piano.
- Scegli con cura l’OCC o il professionista che ti assiste: la legge ti permette di rivolgerti a un OCC accreditato. Puoi trovarne l’elenco sul sito del Ministero della Giustizia o presso il tribunale locale. Nella pratica, spesso ci si affida a professionisti (avvocati, commercialisti) che collaborano con OCC di fiducia. È importante che chi ti segue abbia esperienza specifica in sovraindebitamento: sono procedure particolari, con insidie procedurali e necessità di mediazione. Un segnale positivo è se il professionista ha già curato casi simili o fa parte egli stesso di un OCC. Non farti attrarre da facili promesse (“ti cancello tutti i debiti al 10%!”) senza un’analisi approfondita: ogni situazione è diversa e diffida di chi non vuole prima vedere carte e numeri. Chiedi anche chiarimenti sui costi: gli OCC hanno tariffe stabilite per legge (il compenso del gestore di solito è proporzionale al debito e viene poi in parte pagato all’esito). Assicurati di capire quanto dovrai pagare e quando (molti OCC chiedono un fondo spese iniziale). Da gennaio 2025 è previsto un Fondo statale che potrà coprire i costi degli OCC per i debitori incapienti: informati se tu potresti rientrare, in modo da non rinunciare alla procedura per paura dei costi.
- Sii onesto e trasparente con chi ti aiuta: nascondere un debito o un bene all’OCC è la peggior strategia. Prima o poi salta fuori (magari segnalato dal creditore stesso in udienza) e mina la fiducia di tutti. Ricorda che la procedura può anche prevedere indagini, accesso alla Centrale Rischi, interrogazioni banche dati: se c’è un conto non dichiarato, verrà scoperto. Meglio dichiarare anche ciò che pensi “non scoprirebbero”, facendo semmai presente perché l’avevi taciuto. L’OCC è dalla tua parte, ma non può difenderti su un’informazione falsa.
- Segui le indicazioni dell’OCC e rispetta le scadenze: durante l’iter, ti verrà chiesto di fornire documenti, magari aprire un conto dedicato, o compiere atti (ad esempio, aggiornare il certificato di residenza, ecc.). Rispetta queste richieste e consegna tutto puntualmente. Ogni ritardo può posticipare l’udienza o creare intoppi. Tieni un calendario delle attività (es: “entro tale data devo portare l’estratto contributivo INPS”) e spunta man mano.
- Prepara la tua comparizione in tribunale: se dovrai comparire davanti al giudice (non sempre accade, ma spesso sì per ascoltare il debitore), abbi un atteggiamento collaborativo e rispettoso. Rispondi alle domande con sincerità, riconosci le tue difficoltà ma anche la tua volontà di rimediare. Non presentarti con arroganza come se fosse dovuto che ti cancellino i debiti: fai capire invece che hai compreso la lezione e che con l’aiuto della procedura conti di voltare pagina. Quell’impressione personale può contare sulla valutazione di meritevolezza.
- Durante l’esecuzione del piano, non abbassare la guardia: se il giudice ti dà l’ok con un piano di 5 anni, ad esempio, inizia subito a metterti da parte i soldi per le rate future. Non aspettare la scadenza di ogni singola rata per cercare il denaro. Fai un budget mensile: il denaro destinato ai creditori non va toccato per altre spese. Se proprio un mese hai un’emergenza (es. riparazione auto) e rischi di saltare una rata, avvisa immediatamente l’OCC e il giudice tramite il tuo legale: potrebbero essere comprensivi se lo sanno prima e autorizzare uno slittamento. Se invece non dici nulla e salti due rate di fila, i creditori possono subito muoversi per risolvere il piano.
- Dopo l’esdebitazione, cerca di non ricadere negli errori: avere i debiti cancellati è una liberazione, ma non significa poter riprendere a chiedere credito indiscriminatamente. Purtroppo può capitare di sentirsi “sollevati” e voler recuperare tempo: attenzione, perché dopo aver beneficiato della legge, difficilmente ti sarà concessa di nuovo in breve tempo. Quindi costruisci la tua vita finanziaria su basi più solide: risparmia un po’ ogni mese per creare un piccolo fondo emergenze (così se capita un imprevisto, non torni in rosso), usa con prudenza le carte di credito, evita il buy now pay later a meno di necessità. Se riesci, aumenta le entrate (un secondo lavoretto, vendere oggetti inutili) e goditi la stabilità raggiunta.
- Supporto psicologico e familiare: il sovraindebitamento è anche una prova emotiva. Spesso porta depressione, ansia, vergogna. Non isolarti: condividi (per quanto possibile) con la famiglia la situazione e le soluzioni in atto. Spiega ai figli, se grandicelli, perché occorre tirare la cinghia per un periodo. Chiedi sostegno a chi ti è vicino: anche solo parlare del problema aiuta a ridimensionare la paura. Se ti senti sopraffatto, non esitare a rivolgerti a servizi di ascolto o a uno psicologo: il benessere mentale è importante per portare a termine il piano di risanamento.
In conclusione
Affrontare i debiti fuori controllo è un compito arduo, ma la legge sul sovraindebitamento 2025 fornisce una cassetta degli attrezzi completa per uscirne legalmente e ripartire. In questa guida abbiamo visto che esistono percorsi diversi a seconda delle situazioni: dal piano che ristruttura i debiti mantenendo i beni essenziali, all’accordo con i creditori che permette di proseguire un’attività, fino alla liquidazione con esdebitazione e al perdono dei debiti per chi proprio non ha più nulla.
L’importante è agire con consapevolezza, affidandosi a professionisti competenti e mantenendo un atteggiamento proattivo e onesto. Le ultime riforme normative – in risposta anche alle difficoltà economiche generate dalla pandemia – hanno reso queste procedure più accessibili, veloci e flessibili, con maggior equilibrio tra interessi del debitore e diritti dei creditori. Ad esempio, abbiamo la moratoria che dà respiro immediato, la possibilità di reclamo contro decisioni ingiuste, l’ammissione di procedure familiari per risolvere insieme la crisi di più membri, e persino un fondo pubblico che aiuterà i più deboli a sostenere le spese della procedura. Anche la giurisprudenza recente conferma un orientamento favorevole a dare al debitore una seconda opportunità, purché la sua condotta sia stata corretta e la soluzione proposta sia seria e conveniente per i creditori.
In sintesi, non bisogna vergognarsi di cercare aiuto: il sovraindebitamento può capitare per mille ragioni e la legge esiste proprio per questo. Informati, pianifica e agisci: con un po’ di pazienza e seguendo i passaggi giusti, potrai liberarti dal peso dei debiti e tornare a guardare al futuro con serenità.
Pratica di Sovraindebitamento: Perché Affidarsi a Studio Monardo
Perché affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo per risolvere i tuoi debiti e ottenere l’esdebitazione
Se ti trovi in una situazione in cui non riesci più a pagare mutui, finanziamenti, cartelle esattoriali o debiti aziendali, la soluzione legale esiste. È la pratica di sovraindebitamento, una procedura prevista dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) che consente di bloccare i creditori e cancellare tutti o parte dei debiti.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa avere al tuo fianco un professionista abilitato e competente che può attivare e gestire personalmente la pratica con l’OCC e in Tribunale, per darti una vera possibilità di rinascita economica.
Cosa fa per te l’Avvocato Monardo
- Verifica gratuitamente se puoi accedere alla procedura
- Costruisce il piano o l’istanza su misura
- Si occupa dei rapporti con l’OCC e i creditori
- Presenta e segue la pratica in Tribunale
- Ti difende da eventuali contestazioni
- Ti accompagna fino alla sentenza finale di esdebitazione
Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
L’Avvocato Monardo è:
- Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, iscritto al Ministero della Giustizia
- Fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC)
- Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa, abilitato ex D.L. 118/2021
- Coordinatore di una rete nazionale di avvocati e commercialisti esperti in diritto bancario, tributario e dell’esecuzione forzata
È uno dei pochi professionisti in Italia che segue direttamente la tua pratica dall’inizio alla fine, con esperienza e precisione.
Perché far partire subito la pratica
- Blocchi pignoramenti, ipoteche e cartelle
- Fermi l’aumento degli interessi e delle sanzioni
- Proteggi la casa, il conto, lo stipendio o la pensione
- Recuperi la serenità personale e familiare
- Eviti errori che potrebbero farti respingere la domanda
Conclusione
La pratica di sovraindebitamento è la via legale per uscire dai debiti e ricominciare. Ma serve un avvocato esperto.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa scegliere un professionista abilitato, riconosciuto e operativo su tutto il territorio nazionale, che ti accompagna con metodo, chiarezza e sicurezza fino alla cancellazione dei debiti.
Qui di seguito tutti i contatti del nostro Studio Legale specializzato in pratiche di sovraindebitamento: