Vuoi sapere come funziona la composizione negoziata e perché è utile ad un’azienda?
Qui di seguito troverai la nostra guida di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in crisi d’impresa e composizione negoziata.
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Che cos’è la Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa e perché è utile alle aziende?
La Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa (CNC) è una procedura volontaria e stragiudiziale introdotta nell’ordinamento italiano nel 2021 per aiutare le imprese in difficoltà a risanarsi. In pratica, l’imprenditore in stato di squilibrio economico-finanziario (cioè con problemi patrimoniali o di liquidità che rendono probabile una crisi o insolvenza futura) ma ancora con possibilità ragionevoli di recupero può richiedere l’assistenza di un esperto indipendente nominato dalla Camera di Commercio. L’esperto affianca l’imprenditore nel condurre trattative riservate con i creditori al fine di trovare una soluzione per superare la crisi (ad esempio rinegoziando i debiti, ottenendo nuova finanza o individuando investitori). A differenza delle tradizionali procedure concorsuali, la composizione negoziata non prevede la perdita di gestione dell’azienda né una dichiarazione di fallimento, ed è concepita per preservare la continuità aziendale ove possibile, evitando che si arrivi alla liquidazione giudiziale come unica via. In sostanza, l’obiettivo primario è favorire il risanamento dell’impresa e mantenere in vita il suo valore economico (know-how, avviamento, posti di lavoro), nell’interesse sia dell’imprenditore sia dei creditori, che in caso di successo potrebbero ottenere soddisfazione migliore rispetto a un fallimento disordinato.
Questa procedura è utile alle aziende perché consente di guadagnare tempo e protezione per ristrutturare il debito senza subire nell’immediato azioni esecutive o istanze di fallimento da parte dei creditori. Durante le trattative, infatti, l’impresa può chiedere misure protettive (vedremo più avanti di cosa si tratta) che bloccano temporaneamente pignoramenti e altre azioni, creando una sorta di “tregua” entro cui negoziare soluzioni. Inoltre la composizione negoziata è confidenziale: fino a che l’imprenditore non attiva misure che richiedono pubblicità, la procedura rimane riservata e non viene a conoscenza del pubblico o del mercato. Questo aspetto è fondamentale per evitare il discredito commerciale che spesso accompagna l’emersione pubblica di uno stato di crisi, consentendo all’azienda di continuare a operare e “restare sul mercato” mentre lavora al proprio risanamento.
Infine, la recente esperienza mostra che la Composizione Negoziata sta diventando uno strumento sempre più utilizzato dalle imprese italiane. Dopo un fisiologico periodo iniziale di rodaggio, nel 2024 le richieste di accesso sono quasi raddoppiate rispetto all’anno precedente, passando da circa 600 istanze nel 2023 a 1.089 nel 2024. Questo incremento, evidenziato dall’Osservatorio di Unioncamere, indica che l’istituto sta riscuotendo il favore delle imprese in crisi, grazie anche alle modifiche normative che ne hanno ampliato l’efficacia e agli incentivi introdotti di recente. In breve, la composizione negoziata è uno strumento innovativo che, se ben utilizzato, può offrire all’azienda un percorso di ristrutturazione guidata e protetta, evitando soluzioni traumatiche e preservando la continuità aziendale nell’interesse di tutti i soggetti coinvolti.
Qual è il quadro normativo della Composizione Negoziata e quali sono le novità fino ad aprile 2025?
La disciplina della Composizione Negoziata è relativamente recente e si è evoluta negli ultimi anni attraverso varie fonti normative. L’istituto è stato introdotto per la prima volta con il Decreto-Legge 24 agosto 2021 n. 118, convertito con modifiche dalla Legge 21 ottobre 2021 n. 147. Questo decreto, emanato in piena pandemia da Covid-19, ha anticipato l’entrata in vigore di strumenti di allerta e composizione assistita previsti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), istituendo di fatto la composizione negoziata come risposta più immediata e flessibile alle esigenze di prevenzione della crisi. Dal 15 novembre 2021 la procedura è operativa presso le Camere di Commercio per imprenditori commerciali e agricoli in difficoltà.
Successivamente, con l’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) il 15 luglio 2022, la disciplina della composizione negoziata è stata inserita nel Codice stesso, precisamente agli articoli 12 – 25-quinquies. In questa occasione, il legislatore ha integrato l’istituto nel nuovo sistema organico delle procedure di regolazione della crisi, in parte sostituendo gli originari strumenti di “allerta” previsti dal Codice (come gli OCRI – Organismi di Composizione della Crisi – che di fatto non sono mai entrati in funzione) con un approccio più volontario e negoziale. Contestualmente, il D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83 (cosiddetto correttivo bis) ha adeguato il CCII alle indicazioni della Direttiva UE 2019/1023 (Insolvency Directive), portando alcune modifiche anche alla composizione negoziata. Questo intervento ha rafforzato l’allineamento dell’istituto ai principi comunitari, ad esempio ribadendo l’importanza delle procedure di allerta precoce e predisponendo la possibilità di accordi di ristrutturazione soggetti ad omologazione (PRO) e altri strumenti complementari nel ventaglio delle soluzioni possibili.
L’evoluzione più recente è rappresentata dal Decreto Legislativo 13 ottobre 2024 n. 136, noto come terzo correttivo del Codice della Crisi, entrato in vigore a fine settembre 2024. Questo intervento normativo ha avuto un duplice scopo: da un lato chiarire e coordinare alcune disposizioni emerse come poco chiare nella prima fase di attuazione (alla luce dell’esperienza pratica e dei primi orientamenti giurisprudenziali), dall’altro introdurre correttivi sostanziali per colmare lacune e incentivare l’utilizzo dell’istituto. In particolare, il correttivo 2024 ha:
- Rafforzato la disciplina di accesso e incompatibilità: è stato modificato l’art. 25-quinquies CCII (Limiti di accesso alla composizione negoziata) per chiarire in quali casi un’impresa non può accedere alla procedura. Ora è espressamente previsto che l’istanza di nomina dell’esperto non può essere presentata se è già pendente una domanda di accesso a una procedura concorsuale (ad esempio un’istanza di concordato preventivo o di liquidazione giudiziale), indipendentemente da chi l’abbia proposta. Resta inoltre il divieto di accesso se l’imprenditore ha rinunciato a una precedente domanda concorsuale nei 4 mesi precedenti (per evitare usi strumentali della CNC come escamotage dilatorio). Questa modifica ha risolto un dibattito interpretativo: in passato alcune corti avevano consentito l’accesso alla CNC anche con istanze di fallimento pendenti promosse da terzi (interpretazione estensiva), ma con la riforma la regola è chiara nel precludere la composizione negoziata in presenza di qualunque procedura concorsuale già in corso, salvo il caso in cui tale procedura venga sospesa o rinunciata.
- Previsto l’utilizzo della transazione fiscale anche nell’ambito della composizione negoziata (nuovo art. 23, comma 2-bis CCII). Di questa importante novità si darà conto nel dettaglio più avanti, ma in sintesi ora l’imprenditore può includere nella trattativa un accordo di regolazione dei debiti tributari e previdenziali, analogamente a quanto avviene nel concordato preventivo.
- Uniformato la disciplina per le piccole imprese (sottosoglia): il correttivo-ter ha armonizzato gli esiti e gli strumenti a disposizione delle imprese “minori” con quelli delle imprese maggiori, modificando l’art. 25-quater CCII. Ora anche le piccole imprese possono accedere alle stesse soluzioni negoziali (contratti per la continuità, accordi con effetti protettivi, ecc.) e alle stesse procedure concorsuali semplificate (concordato minore, liquidazione controllata, concordato semplificato) in caso di esito negativo. In più, è stata prevista la possibilità anche per le imprese sotto-soglia di accedere alla nuova transazione fiscale (prima limitata alle imprese soggette a concordato preventivo).
- Introdotto misure premiali fiscali per incentivare le imprese ad utilizzare la composizione negoziata. Si tratta di benefici sul piano tributario (riduzione di sanzioni e interessi, dilazioni di pagamento) collegati al buon esito delle trattative, di cui parleremo nell’apposita sezione.
Oltre a questi interventi principali, la normativa primaria è affiancata da vari decreti attuativi e regolamenti. Ad esempio, il D.M. 28 settembre 2021 n. 202 ha istituito l’elenco degli esperti negoziatori della crisi e definito i requisiti di iscrizione, e il D.M. 3 marzo 2022 n. 75 ha disciplinato il registro dei gestori della crisi d’impresa (figure affini ai futuri esperti). In sintesi, ad aprile 2025 la composizione negoziata si presenta come un istituto ben integrato nel Codice della Crisi, affinato da due anni di correttivi normativi e arricchito da importanti novità (transazione fiscale, incentivi) volte a renderlo più efficace e attraente. Questo quadro normativo dinamico testimonia la centralità che il legislatore attribuisce alla soluzione negoziale della crisi d’impresa, considerandola un pilastro per intervenire tempestivamente e scongiurare gli esiti distruttivi dell’insolvenza conclamata.
Chi può accedere alla Composizione Negoziata e con quali requisiti?
La Composizione Negoziata è uno strumento aperto alla generalità delle imprese commerciali e agricole, di qualsiasi dimensione, purché ricorrano determinati presupposti di difficoltà. In particolare possono accedervi:
- Imprese soggette alle procedure concorsuali ordinarie (imprenditori commerciali non piccoli e società), incluse le società di capitali grandi e PMI. Queste erano il target principale sin dall’origine: l’imprenditore che “si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza, ma per il quale risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento” può presentare istanza di composizione negoziata. Dunque, l’impresa non deve essere già in dissesto irreversibile: devono sussistere spiragli di recupero (continuità aziendale attuabile o possibilità di accordi) tali da giustificare l’attivazione della procedura. Ad esempio, un’azienda con perdite significative e tensioni di cassa, ma con un business di base ancora valido e prospettive di nuovi ordini, è candidata ideale. Viceversa, un’impresa “decotta” priva di qualunque prospettiva di rilancio non soddisfa lo scopo della CNC – come hanno sottolineato alcuni tribunali, la composizione negoziata non può essere usata per procrastinare un’insolvenza irreversibile in assenza di un serio progetto di risanamento.
- Imprese minori e sotto-soglia (cioè quelle che non superano i limiti per l’assoggettabilità al fallimento, oggi liquidazione giudiziale). Diversamente dal vecchio sistema, che per i piccoli debitori prevedeva solo le procedure di sovraindebitamento, la composizione negoziata è aperta anche alle piccole imprese. Il legislatore ha previsto alcune regole ad hoc per uniformare gli esiti: ad esempio, anche le imprese minori possono concludere contratti di risanamento con effetti protettivi e accedere al concordato minore (l’equivalente del concordato preventivo per non fallibili) oppure alla liquidazione controllata dei beni in caso di esito negativo. In pratica, nessuna impresa è esclusa in via di principio: anche l’imprenditore individuale sotto soglia o l’imprenditore agricolo (tradizionalmente non fallibile) possono attivare la CNC. Ciò ha esteso a tutto il tessuto imprenditoriale italiano – fatto in gran parte di PMI – la possibilità di usufruire di questo percorso negoziale di risanamento.
- Imprese già in stato di insolvenza: questo punto merita attenzione. La legge definisce il presupposto come “situazioni di squilibrio che rendono probabile la crisi o l’insolvenza”, dicitura che sembra guardare a imprese pre-insolventi (in crisi incipiente). Tuttavia, la giurisprudenza recente ha adottato un approccio estensivo, ammettendo che possano accedere alla composizione negoziata anche imprese già insolventi, purché non vi sia una procedura concorsuale in corso e sussista comunque uno scenario di risanamento (anche solo tramite liquidazione dei beni con soddisfacimento parziale dei creditori). Ad esempio, la Corte d’Appello di Trieste (sent. 22 maggio 2024) ha stabilito che un’impresa in conclamata insolvenza, contro cui pendeva un’istanza di fallimento promossa da un creditore, poteva comunque perseguire la composizione negoziata e ciò impediva l’apertura della liquidazione giudiziale. La Corte ha rilevato che né l’art. 12 CCII né la normativa vigente escludevano espressamente il debitore insolvente dall’accesso, e che anzi dal combinato disposto degli artt. 12 e 25-quinquies CCII (vecchio testo) si desumeva che solo una domanda di liquidazione presentata dallo stesso debitore fosse ostativa. Allo stesso modo, il Tribunale di Perugia (ord. 15 luglio 2024) ha ritenuto ammissibile l’accesso alla CNC da parte di una società già posta in liquidazione volontaria e sostanzialmente insolvente, la quale proponeva un piano di risanamento di natura liquidatoria (basato sulla vendita dell’unico immobile e distribuzione del ricavato ai creditori). Secondo il giudice umbro, la “ragionevole perseguibilità del risanamento” può comprendere anche il risanamento dell’esposizione debitoria tramite liquidazione dell’attivo, non solo la prosecuzione dell’attività d’impresa. Questi orientamenti estensivi tendevano a far prevalere la finalità pratica dell’istituto (evitare un fallimento disordinato) sulla lettera originaria. Attenzione però: con la riforma del settembre 2024, come detto, l’art. 25-quinquies CCII è stato riformulato e oggi vieta l’accesso alla CNC in presenza di una qualsiasi procedura concorsuale pendente, a prescindere da chi l’abbia attivata. Ciò significa che, se un creditore o il PM hanno già chiesto il fallimento dell’impresa e tale procedimento è in corso, l’imprenditore non può ripiegare sulla composizione negoziata (a meno che il procedimento concorsuale venga sospeso o congelato). Quindi, in uno scenario 2025, un’azienda insolvente può sì tentare la strada negoziale, ma deve muoversi tempestivamente, prima che i creditori ottengano provvedimenti dal tribunale. In ogni caso, i tribunali continueranno a vigilare sull’effettiva fattibilità del risanamento: se emerge chiaramente che l’insolvenza è irreversibile e manca qualunque piano credibile, la richiesta verrà respinta o le misure protettive non saranno confermate.
In sintesi, l’iniziativa di accedere alla composizione negoziata spetta esclusivamente all’imprenditore (è una procedura volontaria). Non vi sono limiti dimensionali o settoriali preclusivi: possono attivarla sia una piccola ditta artigiana sia una grande società per azioni, sia un agricoltore sia un’impresa edilizia. Ciò che conta è che l’imprenditore riconosca lo stato di difficoltà prima che diventi irreparabile e che non abbia già avviato o subito altre procedure concorsuali. Inoltre, è bene ricordare che l’istanza è inammissibile se l’imprenditore ha, nei quattro mesi precedenti, depositato e poi desistito da una domanda di concordato o di liquidazione: questa regola serve a evitare abusi (ad esempio, presentare un concordato per guadagnare tempo, ritirarlo e poi partire subito con la CNC come ulteriore dilazione). La filosofia di fondo è che la composizione negoziata dev’essere uno strumento tempestivo e genuino di risanamento, non un espediente ultimo per ritardare l’inevitabile. Pertanto, l’accesso è precluso quando ormai la situazione è precipitata al punto da coinvolgere già l’autorità giudiziaria in modo formale (istanze di insolvenza pendenti) oppure quando l’imprenditore si è mosso in modo ondivago e strumentale. Per tutti gli altri, la porta è aperta: vale il principio del “chi prima si attiva, più chance ha di salvarsi”, in linea con l’obiettivo di emersione precoce della crisi promosso dalla riforma.
Come si avvia la procedura? (Domanda di accesso, piattaforma telematica e documentazione)
L’iter per accedere alla Composizione Negoziata inizia con la presentazione di un’istanza di nomina dell’esperto tramite un’apposita piattaforma telematica nazionale gestita dalle Camere di Commercio. In pratica, l’imprenditore (o il legale rappresentante della società) deve collegarsi al portale online dedicato (accessibile dal sito della Camera di Commercio competente per territorio, ovvero quella della provincia in cui l’impresa ha la sede legale) e autenticarsi con identità digitale. Tramite la piattaforma, compila la domanda inserendo le informazioni richieste e allegando una serie di documenti obbligatori, tra cui generalmente:
- Situazione economico-patrimoniale aggiornata dell’impresa (ultimi bilanci depositati, situazione contabile recente, elenco dei debiti scaduti e dei crediti da riscuotere).
- Relazione sull’attività aziendale e sulle cause della crisi, redatta dall’imprenditore, che illustri le difficoltà incontrate e le prospettive di risanamento.
- Un piano di risanamento (anche semplificato) o una bozza di piano, cioè le linee guida delle possibili azioni da intraprendere per riequilibrare l’impresa (ad esempio ristrutturazione dei debiti, taglio dei costi, aumento di capitale, cessione di rami d’azienda, ecc.). Non è richiesto un piano dettagliatissimo fin da subito, ma occorre delineare una strategia di massima su cui l’esperto e i creditori potranno lavorare.
- L’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti, cause di prelazione e scadenze. Questo serve a dare all’esperto una mappa chiara di chi dovrà essere coinvolto nelle trattative.
- Una dichiarazione circa l’assenza di cause ostative previste dalla legge. In particolare l’imprenditore deve attestare, ai sensi dell’art. 17 CCII, di non aver presentato lui stesso domanda di apertura di liquidazione giudiziale (fallimento) e di non aver già pendenti procedure ex art. 40 CCII (come concordati) o, se le ha, di indicarle. Inoltre dichiara l’eventuale presenza di ricorsi per fallimento promossi da creditori o di altre procedure concorsuali in corso. Queste dichiarazioni sono cruciali per verificare l’ammissibilità (v. limiti art. 25-quinquies sopra discussi).
- Il risultato di un test pratico di autodiagnosi e una check-list predisposti dal sistema. Infatti la piattaforma mette a disposizione un questionario di autodiagnosi che, tramite una serie di indicatori quantitativi, aiuta l’imprenditore a valutare la gravità della situazione e la perseguibilità del risanamento prima ancora di inviare l’istanza. C’è anche una check-list che funge da guida nella redazione del piano, evidenziando gli aspetti da considerare (continuità aziendale, sostenibilità dell’indebitamento, eventuali apporti di finanza esterna, etc.). L’imprenditore deve compilare questi strumenti: il loro esito sarà esaminato dall’esperto come base per l’analisi di coerenza del piano.
Una volta completata la domanda e caricati i documenti, l’imprenditore trasmette l’istanza sempre attraverso la piattaforma. Non è necessario depositare nulla in tribunale in questa fase iniziale, perché la composizione negoziata è amministrativa e stragiudiziale; sarà la Camera di Commercio a gestire la nomina dell’esperto. L’istanza si intende presentata con la pubblicazione nel Registro delle Imprese (sezione relativa all’impresa) di una comunicazione di avvenuta presentazione – ma attenzione: tale pubblicazione non avviene immediatamente e, soprattutto, se l’imprenditore non richiede misure protettive, la procedura rimane riservata. Infatti, la CNC ha natura riservata finché il debitore non richiede misure protettive o altri provvedimenti che per legge vanno pubblicati. Ciò significa che l’attivazione della piattaforma e la nomina dell’esperto non vengono resi noti esternamente, evitando all’impresa pubblicità negativa. In assenza di misure protettive, nemmeno i creditori sono informati automaticamente all’avvio: saranno contattati dall’esperto al momento opportuno. Viceversa, se il debitore contestaulmente o in un secondo momento chiede misure protettive (come spesso accade, v. oltre), allora l’istanza e l’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto devono essere iscritte nel Registro delle Imprese per dare pubblicità ai terzi.
Una volta ricevuta l’istanza tramite la piattaforma, la Camera di Commercio attiva la procedura di nomina. La legge prevede che in ogni Regione sia costituita una Commissione di esperti incaricata di designare l’esperto negoziatore per ciascuna istanza. Questa Commissione regionale (in carica per 2 anni) è composta tipicamente da 3 membri effettivi (più supplenti) nominati rispettivamente: uno dal Presidente del Tribunale del capoluogo di Regione (solitamente un magistrato della sezione imprese), uno dal Presidente della Camera di Commercio regionale, e uno dal Prefetto del capoluogo. In tal modo si garantisce un mix di competenze giuridiche, economiche e di conoscenza del territorio, nonché l’indipendenza del processo di selezione. La Commissione esamina l’istanza e individua, nell’elenco degli esperti istituito presso le Camere di Commercio, un professionista idoneo, tenendo conto della natura e complessità dell’impresa, dell’assenza di conflitti di interesse e della necessaria rotazione degli incarichi. Gli esperti iscritti nell’elenco sono professionisti qualificati (avvocati, dottori commercialisti o consulenti del lavoro con almeno 5 anni di esperienza) che hanno seguito uno specifico corso di formazione sulla crisi d’impresa e possiedono requisiti di indipendenza e onorabilità stabiliti dalla legge.
Dopo la designazione, la Camera di Commercio comunica la nomina all’esperto selezionato. Entro 2 giorni lavorativi dalla notifica, l’esperto deve accettare o rifiutare l’incarico, dopo aver effettuato una verifica preliminare dei requisiti e un esame sommario della documentazione caricata sulla piattaforma. In caso di accettazione, l’esperto comunica formalmente all’imprenditore l’avvio dell’incarico (tipicamente via PEC) e contestualmente l’istanza e l’accettazione vengono pubblicate sul Registro delle Imprese (come detto, solo se il debitore ha richiesto misure protettive, altrimenti la riservatezza permane). Da questo momento inizia la fase operativa della composizione negoziata. Se invece l’esperto designato dovesse rifiutare (ad esempio per conflitto d’interessi non emerso subito, o per impedimenti personali), la Commissione provvede a una nuova nomina. Nella pratica, i rifiuti sono rari, perché la selezione preventiva mira già a individuare un esperto adatto e disponibile.
Riassumendo, l’avvio della procedura avviene interamente online e in tempi rapidi: l’imprenditore compila l’istanza sulla piattaforma con i documenti richiesti; la Commissione regionale nomina l’esperto; l’esperto accetta e comunica l’avvio delle trattative. Tutto questo iter, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe compiersi in pochi giorni o settimane, così da non vanificare l’esigenza di tempestività. Già entro pochi giorni dall’accettazione l’esperto di norma contatta l’imprenditore per organizzare un primo incontro e pianificare le attività successive. Nessun tribunale è coinvolto in questa fase di avvio: il giudice entrerà in gioco solo se e quando l’imprenditore richiederà misure protettive o autorizzazioni (vedremo dopo). Questa snellezza procedurale è un punto di forza della composizione negoziata, specie rispetto alle lungaggini tipiche delle procedure concorsuali.
Qual è il ruolo dell’esperto indipendente e come viene nominato?
L’esperto indipendente nominato nella composizione negoziata è una figura chiave: funge da facilitatore e supervisore imparziale delle trattative, con il compito di aiutare le parti a individuare una soluzione percorribile di risanamento. È importante chiarire che l’esperto non ha poteri decisori vincolanti né poteri sostitutivi nella gestione dell’impresa – non è un commissario giudiziale né un liquidatore. Il suo ruolo è quello di negoziatore qualificato e mediatore: analizza la situazione aziendale, assiste l’imprenditore nel predisporre proposte da sottoporre ai creditori, convoca e gestisce gli incontri negoziali, e cerca di comporre le divergenze tra le parti, facendo emergere un accordo. In caso di esito positivo, l’esperto attesterà la soluzione raggiunta; in caso negativo, relazionerà sulle cause dell’insuccesso e sulle alternative residue.
Nomina e requisiti dell’esperto: come descritto nel paragrafo precedente, l’esperto viene nominato da un’apposita Commissione regionale, che attinge a un Elenco di esperti della crisi d’impresa tenuto presso Unioncamere. Possono iscriversi a questo elenco avvocati, commercialisti o consulenti del lavoro con almeno 5 anni di esperienza professionale, che abbiano frequentato uno specifico corso di formazione sulla composizione negoziata. La nomina avviene tenendo conto del settore e delle caratteristiche dell’azienda in crisi, in modo da designare un esperto con competenze adeguate. Ad esempio, per un’industria manifatturiera complessa potrebbe essere scelto un commercialista esperto in ristrutturazioni aziendali, magari affiancato informalmente da un consulente industriale se necessario; per un’impresa agricola, potrebbe essere indicato un professionista con esperienza nel settore agribusiness, e così via. La terzietà e indipendenza dell’esperto rispetto all’imprenditore e ai creditori è fondamentale: l’esperto dovrà dichiarare di non avere conflitti di interesse o rapporti pregressi significativi con l’azienda o con soggetti ad essa legati, a garanzia dell’obiettività del suo operato (questo è oggetto di verifica da parte della Commissione di nomina e dell’esperto stesso prima dell’accettazione dell’incarico).
Una volta accettato l’incarico, l’esperto contatta tempestivamente l’imprenditore e prende visione approfondita dei dati e dei documenti aziendali. Entro pochi giorni generalmente si tiene un primo incontro tra l’esperto e l’imprenditore (e i suoi consulenti) per fare il punto sulla situazione. In questa riunione iniziale, l’esperto:
- Si fa illustrare nel dettaglio la storia aziendale, le cause della crisi, lo stato dei rapporti con i principali creditori e le linee essenziali del piano di risanamento immaginato dall’imprenditore.
- Verifica la completezza delle informazioni fornite e può richiedere eventuali integrazioni documentali (es. aggiornamento dei dati di cassa, stime sul valore di certi asset da vendere, ecc.).
- Concorda con l’imprenditore una strategia di approccio ai creditori: quali incontrare per primi, quali proposte formulare, se coinvolgere subito tutti in un tavolo collegiale o partire con negoziati riservati bilaterali con taluni creditori strategici. Questo dipende molto dal caso concreto (ad esempio, se il grosso del debito è verso banche, sarà cruciale un incontro con il ceto bancario; se ci sono fornitori strategici da rassicurare, si pianificheranno contatti specifici con loro).
- Spiega all’imprenditore le regole del gioco della composizione: la necessità di gestire l’impresa con correttezza durante le trattative, gli obblighi di informarlo su certe operazioni (vedi oltre), l’opportunità o meno di attivare subito le misure protettive.
Fin da subito l’esperto assume un ruolo di terzo imparziale: egli deve infatti contemperare gli interessi dell’imprenditore al risanamento con quelli dei creditori a essere soddisfatti il meglio possibile. La legge impone agli organi sociali dell’impresa e ai creditori di collaborare lealmente con l’esperto, fornendo le informazioni richieste e partecipando alle trattative in buona fede. L’esperto può richiedere chiarimenti, incontrare anche singolarmente i creditori, e ha il dovere di segnalare eventuali condotte o atti che possano pregiudicare la riuscita delle trattative. Ad esempio, se durante la procedura l’imprenditore volesse compiere un atto di straordinaria amministrazione non coerente con gli obiettivi del risanamento (poniamo, cedere un bene aziendale essenziale senza informare nessuno, o pagare un creditore minore ignorando gli altri), l’esperto deve essere informato preventivamente e, se ritiene che l’atto pregiudichi gli interessi dei creditori o le prospettive di risanamento, lo segnala per iscritto all’imprenditore e all’organo di controllo interno (collegio sindacale). Se poi l’imprenditore insiste nel compiere ugualmente quell’atto, l’esperto ha il potere di iscrivere il proprio dissenso nel Registro delle Imprese, rendendo così pubblico che quell’operazione è avvenuta contro il suo parere e potenzialmente danneggia i creditori. Un’annotazione del genere è un serio campanello d’allarme: oltre a mettere in guardia i creditori, può spingere il tribunale (se sono in essere misure protettive) a revocarle o a valutare l’interruzione della procedura. In effetti la normativa prevede che, qualora l’imprenditore ponga in essere atti pregiudizievoli nonostante l’opposizione dell’esperto, quest’ultimo informa immediatamente il tribunale che aveva concesso le misure protettive, segnalando il venir meno dei presupposti per mantenerle. Questo meccanismo incentiva l’imprenditore a comportarsi correttamente durante la CNC: diversamente dal concordato preventivo (dove c’è un commissario che autorizza o meno gli atti), qui l’imprenditore resta libero di agire ma sotto la vigilanza attenta di un esperto che può far suonare l’allarme se qualcosa mette a rischio l’equilibrio delle trattative.
Oltre al ruolo di controllo e mediazione, l’esperto può fornire un importante apporto tecnico: grazie alla sua esperienza, può aiutare l’imprenditore a redigere un piano più solido e credibile, suggerire modifiche o misure aggiuntive, nonché prospettare soluzioni innovative. Ad esempio, può consigliare di valutare la cessione di un ramo d’azienda a un investitore interessato, oppure di ricorrere a strumenti come accordi di ristrutturazione o transazioni fiscali (se appropriati) per rendere il risanamento più fattibile. L’esperto, pur restando neutrale, ha a cuore il buon esito del percorso: il suo scopo è facilitare un accordo vantaggioso per tutti, se esiste. Ciò potrebbe richiedere di trovare compromessi accettabili: l’esperto cercherà di far emergere convergenze, ad esempio convincendo i creditori che un certo sacrificio (come attendere un anno in più per essere pagati, o rinunciare a una quota di interessi) è preferibile al rischio di perdere molto di più in caso di fallimento dell’impresa. Allo stesso tempo dovrà far capire all’imprenditore fino a dove è possibile spingersi nelle concessioni senza compromettere la fattibilità dell’azienda.
Durante tutto il procedimento, l’esperto redige rapporti periodici (tramite la piattaforma) sullo stato delle trattative. Infine, al termine – sia esso positivo o negativo – egli deposita sulla piattaforma una relazione finale dettagliata. In tale relazione, oltre a descrivere l’attività svolta, l’esperto dà atto delle soluzioni emerse durante le trattative e valuta se sono idonee al superamento della crisi. In caso di esito positivo, l’esperto attesta quale accordo o operazione è stata conclusa e dichiara soddisfatti i requisiti (ad esempio, se si è concluso un contratto di risanamento con continuità aziendale, l’esperto attesterà che esso garantisce la continuità per almeno due anni, condizione per accedere ad alcuni benefici fiscali). In caso di esito negativo, l’esperto indicherà se comunque ci sono possibili soluzioni concorsuali attivabili (come un concordato semplificato) o se la situazione è di insolvenza irreversibile richiedendo quindi la liquidazione giudiziale. La relazione finale segna la conclusione formale della composizione negoziata.
Un ultimo aspetto: il compenso dell’esperto. L’esperto ha diritto a un compenso per la sua attività, che per legge è a carico dell’imprenditore richiedente. Dunque sarà l’azienda in crisi a pagare l’esperto, secondo tariffe stabilite da un decreto ministeriale o accordi (in genere in base al tempo impiegato e alla complessità). Per evitare conflitti di interesse, il compenso viene liquidato dopo la conclusione dell’incarico, da parte di un organo terzo (il Segretario Generale della Camera di Commercio che ha nominato l’esperto, sentito l’esito). Sono previsti correttivi premiali: ad esempio, alcune Camere modulano il compenso incentivando il buon esito (un bonus in caso di accordo raggiunto) o prevedendo in parte l’intervento di un fondo pubblicistico di supporto per alleggerire il costo a carico dell’impresa. In ogni caso, l’onorario dell’esperto dovrà essere proporzionato e tale da non gravare eccessivamente su un’azienda già in crisi. L’imprenditore, dal canto suo, deve considerare la spesa per l’esperto come un investimento per la salvezza dell’impresa: disporre di un professionista qualificato che negozia con i creditori spesso consente di ottenere risultati migliori (in termini di dilazioni, stralci, nuova finanza) di quanto l’azienda riuscirebbe da sola.
In conclusione, l’esperto indipendente è il regista delle trattative nella composizione negoziata: non toglie il comando all’imprenditore, ma lo guida con esperienza e ne monitora le mosse, garantendo trasparenza e correttezza verso i creditori. È una figura di fiducia per tutte le parti, il cui scopo finale è far sì che l’impresa e i suoi creditori trovino un punto d’incontro per evitare l’insolvenza conclamata. La sua presenza imprime metodo e credibilità al percorso di risanamento, offrendo alle parti la possibilità di confrontarsi su basi oggettive e con la terzietà necessaria a superare le diffidenze reciproche.
Cosa sono le misure protettive e cautelari e come funzionano?
Le misure protettive (e le eventuali misure cautelari accessorie) sono uno strumento fondamentale messo a disposizione dell’imprenditore in composizione negoziata per creare un ambiente favorevole alle trattative. In sostanza, le misure protettive sono provvedimenti temporanei che limitano le azioni individuali dei creditori e bloccano le procedure esecutive e dichiarative a carico dell’impresa, così da evitare che durante le negoziazioni il patrimonio aziendale venga aggredito o l’impresa venga travolta da istanze di fallimento. Vediamo in dettaglio come operano:
Richiesta e attivazione delle misure protettive: l’imprenditore può richiedere l’applicazione delle misure protettive contestualmente all’istanza di nomina dell’esperto (spuntando l’apposita opzione sulla piattaforma) oppure con un’istanza successiva, sempre tramite la piattaforma, in un momento qualsiasi delle trattative. Spesso la richiesta viene fatta sin da subito, specie se vi sono creditori aggressivi (banche pronte a pignorare beni, fornitori che minacciano decreti ingiuntivi, ecc.) o se la situazione è tale per cui anche il solo rischio di un fallimento pendente comprometterebbe le trattative.
Una volta inviata la richiesta di misure protettive, questa viene pubblicata nel Registro delle Imprese insieme all’accettazione dell’esperto (generalmente entro 2 giorni dall’accettazione, come prevede l’art. 18 CCII). La pubblicazione segna l’attivazione immediata delle misure protettive “automatiche” previste dalla legge. In particolare, dal giorno della pubblicazione dell’istanza di misure protettive:
- I creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore. Ciò significa che sono sospesi i pignoramenti mobiliari e immobiliari, i sequestri conservativi, i procedimenti di esecuzione forzata già in corso non possono proseguire, e non se ne possono avviare di nuovi. Ad esempio, se un creditore stava per notificare un pignoramento su un macchinario, dovrà fermarsi; se una banca aveva già pignorato un immobile ma ancora non venduto, la vendita viene congelata fino a nuovo ordine. Questo “ombrello protettivo” impedisce la dispersione del patrimonio aziendale durante le trattative. (Va notato che restano escluse dalla sospensione per legge alcune tipologie di crediti, in particolare i crediti dei lavoratori: le azioni dei dipendenti per stipendi e TFR non sono bloccate dalle misure protettive. Tuttavia, la giurisprudenza ha chiarito che se un lavoratore-creditore presenta istanza di fallimento contro l’azienda durante la CNC, anch’essa non può essere accolta: il “favor” per i lavoratori consente loro di proseguire le cause per i pagamenti ma non di far dichiarare il fallimento dell’impresa in pendenza della composizione).
- I creditori non possono acquisire o far valere cause di prelazione sul patrimonio del debitore se non concordate con l’imprenditore. Questa clausola evita che, durante le trattative, qualche creditore astuto tenti di ottenere pegni, ipoteche o privilegi che lo avvantaggino rispetto agli altri. Ad esempio, se prima della CNC un creditore non garantito aveva avviato un’azione monitoria e stava per iscrivere ipoteca giudiziale, con la pubblicazione della CNC ciò non è più consentito se non c’è accordo con l’imprenditore. Si mantiene così la parità di trattamento tra i creditori durante la negoziazione.
- I creditori non possono rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti né modificarne le condizioni in danno del debitore per il solo fatto che quest’ultimo non abbia pagato debiti scaduti prima della CNC. Questa è una protezione fondamentale per la continuità aziendale: ad esempio, un fornitore di materie prime non può interrompere le forniture o cambiare arbitrariamente le condizioni (richiedendo pagamento anticipato) solo perché l’impresa ha vecchi insoluti verso di lui e ha avviato la composizione negoziata. Allo stesso modo, le società di leasing o di forniture essenziali (energia, telecomunicazioni) non possono risolvere i contratti in corso unicamente in ragione dei mancati pagamenti pregressi. In pratica, la legge congela temporaneamente gli effetti risolutivi dei debiti scaduti, per evitare che l’azienda in crisi venga “uccisa” dal venir meno di contratti vitali proprio mentre cerca di risollevarsi. Questa tutela ha un limite: non obbliga i creditori a continuare a concedere nuovo credito o nuove forniture se ciò li esporrebbe a perdite ulteriori, ma certamente impedisce reazioni negative automatiche al solo annuncio della procedura.
- Non può essere pronunciata o proseguita alcuna dichiarazione di fallimento (liquidazione giudiziale) o accertamento dello stato di insolvenza dell’imprenditore, per tutta la durata delle trattative. Questo vuol dire che i creditori non possono ottenere una sentenza di fallimento mentre è in corso la composizione negoziata; se avevano già depositato un’istanza di fallimento, il tribunale dovrà sospendere o rinviare finché dura la protezione. Come già accennato, questa regola è automatica ex lege dal momento della pubblicazione e non richiede una conferma giudiziale iniziale. Ad esempio, la Corte d’Appello di Firenze ha chiarito che il divieto di dichiarare il fallimento opera per legge sin dalla pubblicazione dell’istanza di CNC, senza bisogno che il giudice emetta un provvedimento ad hoc. In altri termini, la semplice pendenza della composizione negoziata, una volta attivata con le misure protettive, è di per sé ostativa a dichiarare il fallimento. Questo protezione serve a evitare che i creditori “corrano in tribunale” appena saputo del tentativo di risanamento, compromettendo sul nascere la negoziazione. (L’unica eccezione è se il tribunale revoca le misure protettive per abuso o mancanza dei presupposti: in tal caso il divieto viene meno e un fallimento può essere dichiarato, ma si tratta di situazioni patologiche).
- Sono sospesi alcuni obblighi legali che graverebbero sull’imprenditore in crisi. In particolare, per espressa previsione dell’art. 20 CCII, dal giorno della pubblicazione dell’istanza di composizione e fino alla fine delle trattative non si applicano le norme del codice civile che imporrebbero di ripianare le perdite o sciogliere la società per riduzione del capitale al di sotto del minimo. Ciò riguarda gli artt. 2446, 2447, 2482-bis e 2482-ter c.c. per le società di capitali: se l’azienda ha erosione del capitale sociale, durante la CNC gli amministratori non sono obbligati a convocare l’assemblea per ricapitalizzare o liquidare la società (obblighi che altrimenti scatterebbero). Parimenti, è sospesa la causa di scioglimento della società per perdite oltre il minimo capitale (art. 2484 c.c.). Questa sospensione normativa (già sperimentata dal legislatore in occasione della pandemia) evita che una società in crisi debba necessariamente chiudere i battenti mentre è in corso un tentativo di risanamento potenzialmente fruttuoso. In pratica, si congela temporaneamente la necessità di assumere decisioni drastiche sul capitale sociale.
Le misure protettive descritte scattano subito con la pubblicazione, ma per diventare pienamente efficaci devono essere confermate dal tribunale entro breve tempo. Infatti la legge (art. 19 CCII) prevede che l’imprenditore, entro il giorno successivo alla pubblicazione dell’istanza, presenti un ricorso al Tribunale competente per ottenere la conferma delle misure protettive. Il tribunale (sezione specializzata in materia di impresa) fissa un’udienza in tempi rapidi, convoca l’imprenditore e i principali creditori per sentire le loro posizioni, e valuta se sussistono i presupposti per mantenere le protezioni. In questa sede, assume grande rilievo la valutazione del piano e delle prospettive di risanamento: il giudice verifica se effettivamente l’impresa ha una chance concreta di risanarsi. Se ritiene di sì (anche sulla base di una prima relazione sommaria dell’esperto) conferma con decreto le misure protettive, che a quel punto rimangono in vigore fino alla conclusione della procedura. Se invece emerge subito che l’impresa è insolvente senza rimedio e la CNC appare solo dilatoria, il tribunale può revocare o non confermare le*(Il contenuto prosegue dalla sezione precedente sulle misure protettive)* … misure protettive. In tal caso, l’imprenditore e i creditori torneranno alla situazione normale e, se l’insolvenza è grave, la procedura di composizione verrà presumibilmente abbandonata a favore di un fallimento o altra soluzione. In pratica, i giudici confermano solo quando intravedono concrete possibilità di risanamento, mentre negano le misure se ravvisano un’insolvenza irreversibile e un uso meramente dilatorio della CNC.
Accanto alle misure protettive, il tribunale può anche adottare misure cautelari specifiche su richiesta dell’imprenditore o dell’esperto, per prevenire pregiudizi al patrimonio o garantire il buon esito delle trattative. Le misure cautelari sono provvedimenti ad hoc: ad esempio, se alcune azioni esecutive cruciali non rientrano automaticamente nel blocco (casi particolari), il giudice può ordinarne la sospensione; oppure potrebbe inibire all’imprenditore di compiere determinati atti senza autorizzazione (se c’è il timore di dissipazione di beni). Va però chiarito che la gestione ordinaria rimane in capo all’imprenditore: il tribunale non nomina amministratori giudiziari né assume il controllo operativo dell’azienda (salvo circostanze eccezionali). Le misure cautelari servono piuttosto a rafforzare la tutela del patrimonio quando le sole misure protettive automatiche non bastano. Ad esempio, se l’impresa ha cause in corso che potrebbero portare a sentenze di condanna durante la CNC, si potrebbe chiedere al giudice di sospendere provvisoriamente quelle cause (analogamente alla sospensione delle esecuzioni). In generale, comunque, l’esperienza applicativa vede nelle misure protettive standard uno scudo già ampio e sufficiente nella maggior parte dei casi, e le misure cautelari ulteriori sono richieste più raramente.
In sintesi, le misure protettive concedono all’impresa uno stand-still temporaneo: nessuno può pignorare o agire individualmente, i contratti essenziali proseguono regolarmente, e la pressione del fallimento è congelata mentre si negozia. Questa tregua, della durata tipica di alcuni mesi (il tempo delle trattative), è essenziale per poter discutere con i creditori in modo ordinato. I creditori sono tutelati dal fatto che le misure sono concesse solo se c’è serietà nel piano di risanamento – in caso contrario, il tribunale le negherà o revocherà presto. D’altro canto, i creditori devono astenersi da iniziative aggressive e possono stare sicuri che nessun altro creditore potrà approfittarne a loro danno (grazie al blocco delle prelazioni e delle esecuzioni). Le misure protettive si configurano quindi come un beneficio collettivo: congelando le posizioni di tutti, si crea lo spazio per cercare una soluzione comune, evitando la “corsa al patrimonio” che porterebbe al fallimento immediato.
Come viene gestita l’azienda durante la composizione negoziata? Quali atti può compiere l’imprenditore e quali richiedono autorizzazione?
Una caratteristica importante della composizione negoziata è che l’imprenditore mantiene la gestione ordinaria e straordinaria della propria impresa durante tutta la procedura. Non c’è infatti una procedura concorsuale formale in cui i poteri passano a un curatore o a un commissario: l’impresa continua ad operare normalmente sotto la guida dei suoi amministratori. Tuttavia, la legge pone alcuni paletti e cautele, in parte già accennati:
- Gestione ordinaria: l’imprenditore può continuare a svolgere tutti gli atti di ordinaria amministrazione (acquisti e vendite correnti, pagamento dei fornitori per forniture in corso, incasso di crediti, pagamento dei dipendenti, ecc.) senza restrizioni, purché questi atti siano coerenti con l’andamento regolare dell’attività e con l’obiettivo del risanamento. Ad esempio, può continuare a comprare materie prime e vendere prodotti secondo il normale ciclo commerciale.
- Atti straordinari o che possono incidere sulle trattative: qui entra in gioco il controllo dell’esperto. Come visto, l’imprenditore deve informare tempestivamente l’esperto se intende compiere atti di straordinaria amministrazione o pagamenti non coerenti con le trattative. Questo include, ad esempio: la cessione di cespi importanti dell’azienda, l’assunzione di nuovi debiti finanziari significativi, la concessione di garanzie, il pagamento preferenziale di un vecchio debito a un creditore (cosiddetto atto in frode alla par condicio), ecc. L’esperto valuterà il potenziale impatto e potrà esprimere il proprio dissenso motivato (fino a segnalarlo nel Registro delle Imprese) se ritiene l’atto pregiudizievole. In tal caso, l’imprenditore procedendo ugualmente si assumerebbe il rischio di una revoca delle protezioni e di incrinare la fiducia dei creditori. Questo sistema di soft control spinge l’imprenditore a compiere durante la CNC solo quegli atti straordinari strettamente necessari e possibilmente concordati nel contesto del piano di risanamento.
- Atti soggetti ad autorizzazione del tribunale: in alcuni casi specifici la legge prevede che determinati atti di gestione straordinaria siano subordinati all’autorizzazione del tribunale (su ricorso dell’imprenditore). L’art. 22 CCII elenca queste ipotesi, che sono principalmente:
(a) Contrarre finanziamenti prededucibili: l’imprenditore può chiedere al tribunale di essere autorizzato a ottenere nuovi finanziamenti (da banche, soci o terzi) che – in caso di successivo fallimento – saranno rimborsati con priorità (prededuzione). Ciò serve a incentivare i finanziatori a prestare denaro all’impresa in crisi durante la CNC, sapendo che quel credito sarà tutelato. Ad esempio, se l’impresa ha bisogno di liquidità per continuare l’attività durante le trattative, potrà ricorrere a un finanziamento ponte; con l’autorizzazione tribunale, tale prestito avrà privilegio di prededuzione.
(b) Contrarre finanziamenti dai soci (sempre in prededuzione): normalmente i prestiti dei soci verrebbero postergati (rimborsati dopo gli altri crediti), ma se autorizzati ex art.22, anche i soci finanziatori ottengono la prededuzione. Questo incentiva i soci a iniettare fondi freschi durante la crisi, perché non verrebbero penalizzati in un eventuale fallimento successivo.
(c) Compiere atti destinati a produrre effetti oltre il breve termine o fuori dall’ordinario – in primis la cessione dell’azienda o di rami d’azienda durante la CNC. Se il piano di risanamento prevede, ad esempio, di vendere un ramo produttivo a un investitore per ottenere risorse e alleggerire i debiti, l’imprenditore dovrà chiedere il via libera del tribunale. Il giudice concederà l’autorizzazione alla vendita solo se valuta che essa sia funzionale al migliore soddisfacimento dei creditori e coerente col percorso di risanamento (in pratica, che non si stia svendendo l’azienda a danno dei creditori).
(d) Altri atti di straordinaria amministrazione indicati dalla legge: ad esempio, autorizzazione a concedere garanzie sui beni dell’impresa in funzione di ottenere crediti per la continuità, oppure operazioni infragruppo rilevanti. Queste autorizzazioni tribunali servono a dare validità e protezione legale ad atti che potrebbero influire fortemente sui diritti dei creditori. Si pensi al finanziamento prededucibile: se autorizzato, i creditori sanno che quel nuovo credito verrà soddisfatto prima di loro in caso di fallimento, ma l’idea è che grazie a quel finanziamento l’azienda aumenti le chance di salvezza, cosa indirettamente nell’interesse di tutti. Allo stesso modo, autorizzare la vendita dell’azienda in blocco potrebbe sacrificare il controllo dell’imprenditore ma massimizzare il valore di realizzo a beneficio dei creditori. Il giudice valuta queste richieste caso per caso, spesso sulla base di un parere favorevole dell’esperto (che deve essere allegato al ricorso) e dopo aver sentito i creditori interessati.
In generale, durante la CNC l’imprenditore rimane al timone, ma deve navigare con prudenza, seguendo le indicazioni dell’esperto e chiedendo la benedizione del tribunale per le manovre straordinarie più rischiose. Questo equilibrio consente di preservare la continuità operativa dell’impresa – elemento cruciale per potersi risanare – evitando però che vengano compiute operazioni lesive della massa dei creditori. In più, come accennato, l’esperto funge da sentinella: se nota atti incoerenti con le prospettive di risanamento, li segnala, e può portare il tribunale a rivedere le misure protettive. Da ultimo, va evidenziato che gli atti compiuti in coerenza col piano e con le regole della CNC conservano i loro effetti anche nel caso poi l’azienda dovesse finire in una procedura concorsuale. L’art. 24 CCII infatti sancisce che gli atti legalmente compiuti durante la composizione negoziata non potranno essere annullati o revocati solo perché antecedenti al fallimento. Ciò dà sicurezza sia all’imprenditore sia ai terzi contraenti: ad esempio, un pagamento eseguito a un fornitore durante la CNC secondo il piano non verrà revocato come pagamento preferenziale in un successivo fallimento. Allo stesso modo, un mutuo prededucibile o la cessione di un bene autorizzata in costanza di CNC restano validi. Questa esenzione dalle azioni revocatorie è un forte incentivo a contrattare con l’impresa in crisi durante la CNC, perché i creditori sanno che gli accordi raggiunti non saranno messi in discussione a posteriori.
Come si svolgono concretamente le trattative con i creditori?
La fase centrale della composizione negoziata è costituita dalle trattative con i creditori, che l’esperto coordina nell’intento di raggiungere un accordo di ristrutturazione. La modalità concreta di svolgimento delle negoziazioni può variare molto a seconda del numero di creditori, della tipologia del debito e della complessità del caso, ma in linea generale si possono individuare alcuni passaggi tipici:
- Analisi preliminare e piano di approccio: Dopo aver studiato i dati aziendali e avuto un quadro delle esposizioni, l’esperto insieme all’imprenditore definisce una strategia negoziale. Ad esempio, se il debito principale è verso banche, si punterà a un incontro con il ceto bancario; se ci sono pochi grandi fornitori strategici, li si incontrerà individualmente; se il debito è molto frammentato (es. centinaia di piccoli fornitori), si potrà prevedere di fare proposte standardizzate e raccogliere adesioni in forma scritta. L’esperto prioritizza i soggetti da coinvolgere e l’ordine delle discussioni. Potrà convocare i creditori in riunioni collegiali (tutti insieme) oppure in gruppi omogenei (ad esempio separando banche e fornitori) o persino singolarmente, se la situazione lo richiede. Spesso, nella prassi, si utilizza una combinazione: dapprima incontri riservati con creditori chiave per sondare la disponibilità, poi un tavolo collettivo per formalizzare un accordo quadro.
- Coinvolgimento dei creditori: L’esperto invia una comunicazione ufficiale ai creditori ritenuti rilevanti, informandoli dell’avvio della composizione negoziata (se già non ne sono a conoscenza tramite Registro Imprese) e invitandoli a partecipare alle trattative. Nella convocazione può indicare luogo, data e modalità dell’incontro (spesso vengono utilizzate anche conference call o video-riunioni, soprattutto se i creditori sono numerosi o geograficamente lontani). La comunicazione sottolineerà il carattere riservato e volontario della procedura e la necessità di cooperare per trovare una soluzione. Nota: se sono in vigore misure protettive, tutti i creditori dovrebbero già esserne formalmente a conoscenza via Registro Imprese, ma l’invito personalizzato da parte dell’esperto è comunque opportuno per instaurare un dialogo. I creditori di norma rispondono positivamente, quantomeno partecipando all’incontro: la legge e la prassi sollecitano un comportamento collaborativo. Le banche, in particolare, hanno sviluppato team interni specializzati per gestire queste situazioni e, salvo eccezioni, si siedono al tavolo quantomeno per capire le proposte (anche perché un rifiuto immotivato potrebbe essere visto come contrario ai principi di correttezza richiesti).
- Svolgimento delle riunioni di trattativa: Durante gli incontri, l’esperto svolge il ruolo di moderatore e facilitatore. Egli garantisce che ogni parte abbia occasione di esprimersi, mantiene il dialogo costruttivo e cerca di far emergere interessi comuni. Tipicamente, l’imprenditore (o i suoi consulenti finanziari) illustra il piano di risanamento proposto: ad esempio, “ristruttureremo il debito bancario spalmando le scadenze sui prossimi 5 anni, i fornitori chirografari saranno pagati al 60% in 24 mesi, i soci immetteranno nuovi capitali, dismetteremo un immobile non strategico per fare cassa, etc.”. Vengono presentati numeri e proiezioni, spiegando come tali misure riporterebbero l’azienda in equilibrio e quale soddisfacimento si prospetta per i creditori. I creditori possono fare domande, chiedere chiarimenti sui dati, esprimere richieste o condizioni. L’esperto, grazie alle sue competenze, aiuta a tradurre i punti di vista: fa capire all’imprenditore le esigenze dei creditori (ad esempio, una banca vorrà garanzie o covenant finanziari; un fornitore potrà accettare uno stralcio ma vuole continuità negli ordini futuri; etc.) e viceversa spiega ai creditori le ragioni e i limiti dell’imprenditore. Uno degli obiettivi è creare fiducia: spesso i creditori sono preoccupati che l’impresa nasconda problemi peggiori o non sia seria; l’esperto, con la sua analisi neutrale, può garantire sulla fattibilità del piano e sulla buona fede dell’imprenditore, fornendo elementi oggettivi. A volte si tengono più incontri a intervalli di qualche settimana, per affinare le proposte: ad esempio, dopo un primo confronto, l’imprenditore può modificare il piano accogliendo alcune osservazioni dei creditori (magari offrendo un pagamento più alto a certi creditori strategici, o impegnandosi a vendere un bene per aumentare la cassa da distribuire).
- Doveri e comportamento dei creditori: sebbene la partecipazione sia volontaria, la legge e la best practice professionale esigono che i creditori si comportino con lealtà e spirito costruttivo. In particolare, le linee guida (derivate anche dalla direttiva UE) invitano le banche e gli altri finanziatori ad adottare una condotta collaborativa, a non peggiorare artificiosamente la posizione del debitore durante le trattative e a valutare con fair play le proposte di ristrutturazione. Ciò non significa che i creditori debbano accettare qualsiasi proposta: mantengono il diritto di dire no. Tuttavia, un rifiuto pretestuoso o una totale chiusura al dialogo potrebbero essere mal visti. Al contrario, i creditori hanno diritto a un’informativa completa e veritiera: possono chiedere all’imprenditore (tramite l’esperto) ulteriori dati, piani alternativi, garanzie, etc. Ad esempio, una banca potrebbe chiedere un business plan triennale dettagliato prima di approvare una moratoria sul credito. L’esperto aiuta anche in questo scambio informativo.
- Eventuale rinegoziazione di contratti in essere: in parallelo alle trattative sui debiti, la CNC può includere negoziazioni su contratti di fornitura o affitto in corso. Se alcune condizioni contrattuali sono divenute insostenibili per l’impresa (es. un canone d’affitto troppo alto rispetto ai ricavi calanti), l’esperto può agevolare la rideterminazione consensuale di tali contratti. La presenza della CNC motiva i contraenti a trovare un accordo: un locatore, ad esempio, potrebbe accettare di ridurre il canone per 1-2 anni pur di evitare che l’azienda fallisca lasciandolo con un immobile sfitto. La legge (art. 21 CCII) incentiva queste rinegoziazioni e prevede che, se certe prestazioni contrattuali sono divenute eccessivamente onerose per cause sopravvenute, le parti possano adattarle con l’ausilio dell’esperto. Non c’è un potere unilaterale di imposizione, ma l’esperto può mediare accordi che riequilibrino i rapporti contrattuali pendenti nell’ottica del salvataggio dell’impresa.
- Formalizzazione di proposte e accordi: man mano che il dialogo procede, si cerca di convergere su una proposta finale accettabile per tutti (o per la maggioranza dei creditori). Questa può assumere diverse forme: un accordo quadro sottoscritto da tutti i creditori coinvolti, oppure singoli contratti bilaterali tra l’impresa e ciascun creditore (ad es. patti modificativi delle scadenze di pagamento, remissioni parziali di debito, piani di rientro rateali). L’esperto avrà cura di assicurarsi che il mosaico di accordi rientri in un disegno coerente e completo di risanamento. Se ad esempio alcuni fornitori strategici rimangono fuori dall’accordo, l’esperto valuterà l’impatto e solleciterà magari soluzioni alternative per coprire quei debiti. Talvolta, può emergere la necessità di ricorrere a strumenti legali formali per coinvolgere anche i creditori dissenzienti: ad esempio, se quasi tutte le banche sono d’accordo tranne una, l’imprenditore potrebbe decidere di sfruttare quell’accordo di maggioranza presentando poi un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (che vincola la minoranza dissenziente). Oppure, se c’è consenso sui numeri ma alcuni creditori non vogliono firmare volontariamente, l’esperto potrebbe orientare verso un concordato preventivo “in continuità”, usando i voti della maggioranza per obbligare tutti. In questi casi, di fatto la CNC getta le basi e poi la soluzione viene finalizzata in sede giudiziale (è uno degli esiti possibili, come vedremo).
- Chiusura delle trattative: le negoziazioni possono concludersi con esito positivo (raggiungimento di un accordo) oppure esito negativo (mancato accordo). L’esperto redige la relazione finale che fotografa la situazione conclusiva. In caso positivo, si allegano gli accordi sottoscritti; in caso negativo, si spiegano i motivi del mancato accordo e si indicano eventuali soluzioni residue (spesso la proposta di concordato semplificato). La relazione finale viene caricata sulla piattaforma e resa disponibile all’imprenditore e, limitatamente alle parti che ne hanno interesse, ai creditori.
È importante sottolineare che la partecipazione dei creditori è volontaria: nessuno può essere costretto ad accettare uno stralcio di credito o una dilazione. La CNC non è un concordato obbligatorio, ma un negoziato dove la regola è il consenso. Ciò detto, la presenza dell’esperto e il quadro normativo di sostegno (misure protettive, possibili incentivi fiscali) creano un contesto in cui anche i creditori hanno convenienza a trovare un accordo ragionevole. Spesso i creditori si rendono conto che, accettando una ristrutturazione in bonis, massimizzano il recupero del loro credito rispetto all’alternativa di un fallimento dell’impresa (dove i tempi sarebbero lunghi e i ritorni più incerti). Dunque la CNC, pur basata sulla volontarietà, tende nella pratica a comporre gli interessi: l’imprenditore salva l’azienda, i creditori evitano il peggio e recuperano almeno in parte i loro crediti. Naturalmente non sempre si riesce a soddisfare tutti: a volte alcuni creditori restano contrari. In questi casi, come anticipato, l’imprenditore può valutare soluzioni “miste” utilizzando anche strumenti concorsuali per coinvolgere i dissenzienti (ad esempio un concordato preventivo votato dalla maggioranza dei creditori, oppure l’accesso al concordato semplificato se non c’è tempo o possibilità di un voto). L’importante è che il lavoro fatto in CNC non va sprecato: anche se non c’è unanimità, il dialogo avviato può sfociare in un accordo parziale formalizzato e poi integrato da provvedimenti giudiziali per i restanti creditori.
In sintesi, le trattative nella composizione negoziata avvengono in un clima il più possibile colloquiale e costruttivo, orchestrate dall’esperto. Non hanno la rigidità del processo in tribunale, ma seguono un approccio di mediazione: scambio di informazioni, comprensione reciproca, ricerca di soluzioni win-win (per quanto possibile in una crisi). La riservatezza delle discussioni è generalmente rispettata: tutto avviene al riparo da pubblicità (tranne ciò che poi confluisce in accordi finali pubblici). Questo aiuta le parti a esporsi con maggiore franchezza sul da farsi. Possiamo dire che la CNC crea un tavolo negoziale protetto, dove ciascun creditore valuta pragmaticamente fin dove concedere e cosa chiedere, con la prospettiva comune di evitare la perdita totale che un dissesto dell’impresa comporterebbe. L’esperto, ben consapevole dei punti di caduta possibili, guida il gruppo verso l’esito più favorevole collettivamente.
Quali possono essere gli esiti (soluzioni) della composizione negoziata?
Al termine del percorso di composizione negoziata, l’impresa può arrivare a diversi esiti possibili, a seconda di ciò che si è riusciti a concordare con i creditori. La relazione finale dell’esperto (depositata sulla piattaforma a conclusione delle trattative) ne dà atto ed è il documento che formalizza l’esito. Possiamo distinguere principalmente tra esito positivo, con raggiungimento di una soluzione di risanamento, ed esito negativo, con mancato accordo e conseguente ricorso ad altre procedure. Vediamoli nel dettaglio:
1. Esito positivo – accordo di ristrutturazione (soluzioni negoziate): Se le trattative hanno successo, l’imprenditore e i creditori formalizzano uno o più accordi volontari che realizzano il risanamento dell’impresa. Le forme che può assumere questo accordo sono varie:
- Contratti o accordi bilaterali plurimi: ad esempio, ciascuna banca firma un atto di rimodulazione del proprio credito (allungamento dei termini, riduzione del tasso, eventuale stralcio parziale); i fornitori firmano anch’essi accordi di saldo e stralcio o dilazione; i nuovi finanziatori stipulano contratti di finanziamento; i soci sottoscrivono un aumento di capitale o un finanziamento soci. In pratica, si costruisce un pacchetto di contratti individuali coerenti tra loro che, nel complesso, realizzano la ristrutturazione. Questo approccio è frequente quando i creditori sono relativamente pochi e istituzionali (banche, leasing, fornitori principali).
- Accordo quadro multilateral: in alcuni casi si redige un unico accordo di ristrutturazione sottoscritto da tutti i creditori aderenti e dall’imprenditore, eventualmente con l’esperto come certificatore. In questo accordo si disciplina in modo organico il trattamento di tutti i crediti e le operazioni da compiere (cessioni di beni, nuovi apporti, garanzie, ecc.). È una sorta di contratto collettivo di risanamento. Spesso un accordo quadro prevede condizioni sospensive (es: diventa efficace solo se aderiscono almeno l’80% dei crediti totali, o se un certo investitore eroga il finanziamento previsto). L’esperto in genere verifica le adesioni e, nella relazione finale, attesta quali creditori hanno sottoscritto.
- Piano attestato di risanamento ex art. 56 CCII: se l’accordo raggiunto non coinvolge tutti i creditori ma è sufficiente a risanare l’impresa, l’imprenditore può adottare un piano attestato. In sostanza, i creditori più rilevanti aderiscono a un piano di risanamento e l’esperto – che è indipendente – può fungere da attestatore circa la fattibilità del piano stesso. Se il piano è eseguito, produce l’effetto di esenzione dalle revocatorie (nessun atto compiuto in esecuzione del piano potrà essere revocato in caso di successivo fallimento). Il vantaggio di farlo in CNC è che l’esperto stesso, a fine procedura, può certificare che il piano è coerente con la regolazione della crisi, soddisfacendo così i requisiti di legge. Il piano attestato è uno strumento privatistico che diventa molto efficace grazie al lavoro svolto in composizione negoziata.
- Convenzione di moratoria (art. 62 CCII): questa è una particolare tipologia di accordo prevista per lo più tra l’impresa e le banche o finanziatori, in cui la maggioranza delle banche concorda nel moratoriare i crediti (ad esempio congelare le rate per un certo periodo) e l’accordo vincola anche le banche dissenzienti se si raggiungono percentuali qualificate. Se nella CNC si ottiene che, poniamo, l’80% degli istituti di credito sottoscriva una moratoria, questa può essere estesa per legge alle banche restanti (è una sorta di cram down contrattuale limitato ai creditori finanziari). L’art. 23 comma 1 lett. b) CCII cita espressamente la convenzione di moratoria come uno degli esiti possibili.
- Contratto con effetti premiali ex art. 23 co.1 lett. a): la composizione negoziata consente anche l’ipotesi di concludere uno specifico contratto (anche con un solo creditore) finalizzato al risanamento, il quale dia diritto all’impresa ai benefici premiali previsti dalla legge (riduzione degli interessi e sanzioni) se il contratto assicura la continuità aziendale per almeno 2 anni. Ad esempio, se l’accordo chiave del risanamento è con la banca principale che accetta di ristrutturare il debito e mantenerlo “performing” per due anni, questo contratto può fare scattare la riduzione degli interessi di legge su tutti i debiti fiscali (beneficio fiscale premiale). In pratica, la norma incentiva anche accordi parziali ma determinanti.
In qualunque forma si concretizzi, un esito positivo porta l’azienda a proseguire l’attività sulla base degli accordi presi, uscendo dalla procedura di composizione negoziata. Dal punto di vista formale, la CNC si chiude con la relazione finale dell’esperto; gli accordi raggiunti diventano operativi secondo i loro termini (alcuni magari vanno eseguiti immediatamente, altri entro certi anni). Non c’è una “omologazione” giudiziaria di questi accordi (salvo che l’imprenditore decida spontaneamente di chiederla in forma di accordo di ristrutturazione ex art.57 CCII, ma sarebbe un passaggio ulteriore fuori dalla CNC strettamente intesa). Insomma, la CNC terminata con accordo non genera pubblicazione di esiti sul registro imprese né atti giudiziari: semplicemente, l’impresa dovrà onorare gli accordi presi e così facendo potrà considerarsi risanata. Si noti che gli eventuali effetti protettivi (stop ai pignoramenti, ecc.) cessano naturalmente con la conclusione delle trattative o anticipatamente se non servono più (ad esempio, se c’è accordo prima dei 120 giorni, l’imprenditore può rinunciare alle misure protettive residuo).
2. Esito negativo – assenza di accordo completo (soluzioni concorsuali): Non tutte le composizioni negoziate approdano a un risanamento concordato. Può accadere che, nonostante gli sforzi, non si raggiunga l’accordo con i creditori (o lo si raggiunga solo con alcuni, insufficiente a salvare l’impresa). In tal caso, la procedura di composizione negoziata si chiude senza una soluzione negoziale, ma questo non significa necessariamente la fine per l’azienda. A seconda della situazione, l’imprenditore potrà intraprendere altre strade, spesso già delineate durante la CNC:
- Concordato Preventivo ordinario: se durante la CNC è emersa una possibilità di accordo ma non unanimità, oppure serve imporre delle decurtazioni ai creditori non consenzienti, l’imprenditore può depositare un ricorso per concordato preventivo (con continuità aziendale o liquidatorio) in tribunale. Il concordato preventivo è una procedura concorsuale vera e propria, che richiede l’ammissione da parte del tribunale e il voto dei creditori. Tuttavia, arrivarci dopo aver tentato la CNC può essere vantaggioso: l’impresa avrà già predisposto un piano e magari incassato il sostegno di molti creditori chiave. Il concordato potrà quindi essere proposto con buone prospettive di approvazione. Inoltre la legge prevede che la domanda di concordato presentata all’esito di una CNC benefici di alcune semplificazioni (ad esempio, può essere presentata entro 60 giorni dalla relazione finale esperto, senza necessità di allegare relazione ex art. 161, c.3 l.fall. se non erro, o comunque con iter accelerato). Va anche menzionato che la riforma ha introdotto il “concordato semplificato”, di cui parliamo a parte, ma anche il concordato preventivo tradizionale rimane una via percorribile se si vuole coinvolgere anche creditori dissenzienti su un piano di risanamento.
- Accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (PRO): similmente, se si è ottenuto l’adesione di una larga parte (almeno il 60%) dei creditori, l’imprenditore può optare per un accordo di ristrutturazione ex art.57 CCII, che viene poi omologato dal tribunale e reso vincolante per tutti i creditori aderenti (i non aderenti restano fuori, ma l’accordo può prevedere moratorie anche per essi in certi limiti). Questa soluzione è appropriata se c’è un ampio consenso ma serve comunque un sigillo giudiziario per stabilizzare l’accordo e magari ottenere esenzioni di responsabilità (ad esempio fiscale, contributiva) verso i creditori esclusi. La CNC spesso prepara il terreno per un accordo di questo tipo: si fanno firmare le adesioni e poi si chiede l’omologazione. Inoltre, la riforma 2022 ha previsto il PRO (piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione) che consente anche soluzioni di ristrutturazione parziale con cram-down di alcune classi dissenzienti, strumento ancora più sofisticato. In ogni caso, si tratta di utilizzare vie giudiziali dopo la CNC.
- Liquidazione giudiziale (fallimento): se la situazione è purtroppo insanabile e nessun accordo è stato possibile, l’esito sarà la constatazione dell’insolvenza e l’avvio della liquidazione giudiziale (il vecchio fallimento). Può essere lo stesso imprenditore, preso atto dell’impossibilità di risanare, a presentare istanza di liquidazione al tribunale; oppure, a composizione chiusa, i creditori torneranno liberi di agire e potranno chiederne il fallimento. La CNC non riuscita può comunque aver portato a una gestione più ordinata dell’ingresso in liquidazione: ad esempio, l’esperto nella relazione finale potrebbe segnalare che l’impresa ha bisogno di una procedura liquidatoria e che è auspicabile il ricorso all’istituto dell’esdebitazione finale (la liberazione dei debiti residui per l’imprenditore persona fisica). Inoltre, durante la CNC l’imprenditore potrebbe aver evitato atti preferenziali o dissipazioni, il che faciliterà la liquidazione. In certi casi, la CNC sfocia in una domanda di liquidazione volontaria dell’imprenditore, con contestuale richiesta di nomina di un curatore gradito ai creditori: è un modo per chiudere l’esperienza imprenditoriale in modo collaborativo, riducendo conflitti in fallimento. Dunque, benché il fallimento sia un esito negativo in termini di continuità, la CNC può averlo reso meno distruttivo (ad esempio consentendo di vendere l’azienda come borsa e poi portando i proventi in fallimento, massimizzando il valore per i creditori).
- Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio: questo è un particolare esito previsto espressamente dal decreto che ha introdotto la CNC (D.L. 118/2021, art. 11, poi art. 25-sexies CCII). Si tratta di un concordato “speciale” senza voto dei creditori, accessibile solo se la composizione negoziata si conclude senza accordo. È pensato per i casi in cui non vi sono prospettive di continuare l’attività, ma si vuole evitare il fallimento mediante una liquidazione più rapida e concordata. Funziona così: entro 60 giorni dalla comunicazione della relazione finale dell’esperto, l’imprenditore può presentare una proposta di concordato semplificato liquidatorio al tribunale. In questa proposta indica come intende liquidare tutti i beni dell’azienda e come distribuire il ricavato ai creditori. Può prevedere, ad esempio, la vendita in blocco dell’azienda ad un certo prezzo (magari individuando già un offerente durante la CNC), oppure la cessione atomistica dei cespiti tramite il curatore concordatario. La caratteristica è che non c’è il voto dei creditori: il tribunale fissa un’udienza, i creditori possono far pervenire osservazioni, ma la decisione finale spetta al giudice che omologa il concordato semplificato se ritiene che soddisfi al meglio i creditori rispetto a un fallimento. Nel concordato semplificato non è previsto il commissario giudiziale e la procedura è snellita al massimo. In sostanza, è una liquidazione sotto controllo del tribunale ma proposta dal debitore, che consente di accelerare i tempi e magari di realizzare soluzioni vantaggiose (come la cessione unitaria dell’azienda) difficili da attuare nel fallimento tradizionale. Tuttavia, l’utilizzo pratico di questo strumento è stato finora limitato: come evidenziano i dati del 2024, i concordati semplificati presentati sono stati pochi (85 in tutta Italia nel 2024) e prevalentemente da imprese molto piccole. Ciò perché convincere il tribunale ad omologare senza voto richiede che la proposta sia chiaramente migliorativa per i creditori rispetto al fallimento, e spesso se c’è qualcosa da distribuire si riesce a trovare un accordo prima. Resta comunque un’importante valvola di sicurezza: l’imprenditore, anche se non ha salvato l’azienda, può proporre di liquidare in concordato semplificato, evitando lo stigma del fallimento e ottenendo la chiusura più rapida dei giochi. Ad esempio, un caso tipico potrebbe essere: durante la CNC non si trova un accordo per continuare, ma si individua un acquirente disposto a comprare l’intera azienda per X euro; il debitore può proporre concordato semplificato offrendo ai creditori X (il ricavato della vendita) da ripartire secondo le priorità di legge. Il tribunale, verificate regolarità e capienza rispetto a un fallimento, potrà approvare senza bisogno di voti, e l’azienda sarà ceduta. I creditori, pur non interpellati con voto, beneficiano di una soddisfazione spesso migliore e più celere.
- Nessuna procedura ulteriore (archiviazione semplice): esiste anche il caso in cui la composizione negoziata si chiuda senza accordo ma l’imprenditore non prosegua con nessuna procedura concorsuale perché magari la situazione si è risolta autonomamente o l’impresa decide di cessare l’attività pagando i debiti residui con le risorse disponibili. Questo scenario è raro (in genere se la CNC fallisce è perché c’è insolvenza), ma ipoteticamente se durante la CNC un socio decide di ripianare tutti i debiti o un terzo rileva l’impresa fuori dalle trattative, potrebbe non servire altro. In tal caso la CNC termina e l’impresa esce semplicemente dal mercato senza strascichi giudiziari.
In conclusione, la composizione negoziata può portare sia a soluzioni “private” che a soluzioni “concorsuali”. L’esito migliore è ovviamente un accordo stragiudiziale di risanamento che eviti ogni procedura concorsuale; l’esito intermedio consiste nel dover ricorrere comunque al tribunale (concordato, accordo omologato) ma su basi concordate; l’esito peggiore è la liquidazione fallimentare. Grazie alla flessibilità della CNC, spesso si riescono a evitare gli ultimi due, ma quando non è possibile, sono previsti canali preferenziali per passare dalla CNC al concordato (sia preventivo ordinario sia semplificato) per gestire la crisi in modo ordinato. L’importante per l’imprenditore è rispettare le tempistiche – ad esempio presentare il concordato semplificato entro 60 giorni, altrimenti si perde la chance – e farsi guidare dall’esperto nelle scelte finali. Dal punto di vista dei creditori, un esito negativo della CNC non li lascia comunque spiazzati: avranno già compreso la situazione e potranno tutelarsi nelle sedi opportune (vigilando in un eventuale concordato o attivandosi per un fallimento se tutto salta).
In qualsiasi caso, la relazione finale dell’esperto gioca un ruolo non indifferente: se positiva, costituisce una sorta di visto di conformità sul risanamento avvenuto, utile anche per accedere ai benefici premiali; se negativa, orienta sul da farsi (ad esempio suggerendo il concordato semplificato, segnalando eventuali condotte rilevanti degli amministratori, ecc.) e può essere utilizzata dai creditori o dal tribunale come base informativa nelle procedure successive.
È possibile risolvere i debiti fiscali e contributivi nella composizione negoziata? (La transazione fiscale)
Sì. Una delle novità più significative introdotte dal Correttivo ter (D.Lgs. 136/2024) è la possibilità di trattare nella composizione negoziata anche i debiti verso il Fisco e gli enti previdenziali tramite lo strumento della transazione fiscale e contributiva. In passato, al di fuori di procedure concorsuali, era molto difficile per un’impresa ottenere sconti o dilazioni significative sui debiti tributari, a causa del principio di indisponibilità del credito erariale (specie per l’IVA e le ritenute). Ora, la legge consente espressamente che nell’ambito della CNC l’imprenditore possa proporre all’Agenzia delle Entrate e agli enti previdenziali un accordo transattivo su tali debiti, alle condizioni previste dagli artt. 63 e 68 del CCII (che regolano la transazione fiscale nel concordato preventivo e negli accordi).
In concreto, ciò significa che durante le trattative l’imprenditore può includere il Fisco e l’INPS tra i soggetti convocati e proporre loro un piano di pagamento parziale o dilazionato dei tributi e contributi scaduti. Ad esempio, potrebbe chiedere di stralciare sanzioni e interessi e pagare il solo capitale magari in 5 anni rateali, oppure – nei limiti di legge – proporre il pagamento parziale di alcune imposte (le norme prevedono che IVA e ritenute non siano falcidiabili nel concordato se non integralmente, ma c’è dibattito e aperture: alcuni ritengono che anche l’IVA potrebbe essere ridotta con giudizio, secondo il detto «adelante Pedro con juicio» citato dagli studiosi). L’Agenzia delle Entrate e gli enti coinvolti valuteranno la proposta alla luce delle proprie circolari in materia (che richiedono in genere di confrontare l’alternativa liquidatoria: si concedono stralci solo se l’alternativa – fallimento – darebbe ancor meno).
La novità è importante perché consente, per la prima volta in sede stragiudiziale, di affrontare il nodo dei debiti fiscali. Prima, un’impresa in crisi poteva fare accordi con tutti i creditori privati, ma rimaneva il “muro” del Fisco: le imposte non pagate potevano essere dilazionate solo secondo piani standard dell’agente della riscossione (72 rate al massimo) e le sanzioni rimanevano tutte dovute. Ora, invece, anche lo Stato può sedersi al tavolo e concordare una riduzione di sanzioni e interessi o una dilazione più lunga. La legge (art. 23, comma 2-bis CCII) introdotta nel 2024 equipara di fatto l’accordo fiscale nella CNC a quello di un concordato preventivo. Per concluderlo serve l’assenso dell’Agenzia delle Entrate, che valuterà tramite i propri uffici la convenienza. Se l’accordo viene raggiunto, l’esperto ne darà atto nella relazione finale e – attenzione – potrebbe essere necessario comunque un passaggio in tribunale per omologare la transazione fiscale. Infatti, la transazione fiscale in senso tecnico spesso richiede un’omologa (nel concordato è parte del piano omologato, negli accordi ex art.182-ter l.fall. si depositava un ricorso per omologare l’accordo col Fisco). È ragionevole ritenere che anche nella CNC, se l’accordo include tagli a IVA o contributi, si procederà a depositare un’istanza in tribunale per far omologare la transazione fiscale (sotto forma di accordo di ristrutturazione parziale). Tuttavia, su questo aspetto applicativo si attendono prassi: potrebbe anche bastare che l’Agenzia formalizzi l’adesione e poi l’accordo venga eseguito senza ulteriori formalità, beneficiando comunque dei vantaggi di legge.
Quali benefici concreti può comportare una transazione fiscale nella CNC? Ad esempio:
- Stralcio delle sanzioni tributarie: L’Erario potrebbe accettare di ridurre al minimo (anche al 10% o meno) le sanzioni amministrative su imposte non versate, se l’impresa paga invece l’imposta dovuta.
- Riduzione degli interessi maturati: come misura premiale, potrebbe applicarsi il tasso di interesse legale anziché quello di mora sui debiti fiscali qualificati, con consistente risparmio (vedi anche oltre misure premiali).
- Dilazione lunga: si possono prevedere piani di pagamento fino a 5-6 anni, in casi eccezionali anche 10 anni (compatibilmente con i limiti normativi), superando le normali 72 rate mensili.
- Eventuale falcidia di imposte: ad eccezione di IVA e ritenute (che la legge tutela integralmente salvo interpretazioni innovative), altre imposte come IRES, IRAP potrebbero essere pagate parzialmente se l’alternativa è che in fallimento non verrebbero pagate per nulla. Ad esempio, l’Agenzia può accettare il 40% del carico fiscale se stima che in caso di fallimento incasserebbe il 20%.
L’introduzione della transazione fiscale nella CNC risponde all’esigenza di includere anche lo Stato-creditore nel consenso che si cerca di costruire attorno al risanamento. Senza questa possibilità, molte aziende con grossi debiti IVA/contributi erano di fatto costrette ad andare in concordato preventivo per tagliare il debito pubblico, perché privatamente non era fattibile. Ora invece si può tentare tutto in sede negoziale. Ovviamente, l’esito dipenderà dalla qualità della proposta: l’esperto giocherà un ruolo anche qui, calibrando una proposta che il Fisco possa accettare (ad esempio, dimostrando che l’impresa risorgerà e tornerà a pagare tasse future se alleviata dal fardello pregresso). La transazione fiscale conclusa in composizione negoziata produce gli stessi effetti di quella in concordato: i debiti fiscali e contributivi si considerano regolati secondo l’accordo e lo Stato non potrà poi revocarlo.
In conclusione, sì, i debiti verso Erario e INPS possono essere oggetto di accordo nella CNC, e ciò rappresenta un enorme passo avanti verso soluzioni integrali di crisi. L’impresa può emergere dalla CNC non solo con i crediti bancari e commerciali ristrutturati, ma anche con un saldo e stralcio col Fisco, ottenendo così un vero “fresh start” senza zavorre pendenti. Questo allinea la CNC agli strumenti concorsuali, rendendola un’alternativa completa e attrattiva. Da notare che, grazie al correttivo 2024, anche le imprese minori possono fare transazione fiscale in CNC, quindi il beneficio è esteso a tutti.
Quali incentivi fiscali (misure premiali) sono previsti per chi utilizza con successo la composizione negoziata?
Per incoraggiare le imprese ad attivarsi tempestivamente e premiare quelle che riescono a risanarsi tramite la composizione negoziata, il legislatore ha previsto alcune misure premiali di carattere fiscale e amministrativo. Tali benefici, introdotti già dal D.L. 118/2021 e rafforzati dal D.Lgs. 136/2024, consistono sostanzialmente in riduzioni di sanzioni e interessi e altre agevolazioni per l’impresa che conclude positivamente le trattative. Ecco i principali:
- Riduzione degli interessi al tasso legale sui debiti tributari: Se all’esito della composizione negoziata l’impresa conclude un contratto di risanamento con continuità aziendale di almeno 2 anni, scatta un importante beneficio: tutti gli interessi dovuti sui debiti fiscali già maturati vengono ridotti al tasso di interesse legale. Poiché il tasso legale è tipicamente molto più basso degli interessi moratori applicati dal Fisco, ciò implica un condono di fatto della parte eccedente. Ad esempio, se un’impresa aveva accumulato €100.000 di IVA non pagata con interessi di mora al 4% annuo, e la CNC sfocia in un accordo che garantisce due anni di continuità, gli interessi dovuti su quell’IVA verranno ricalcolati al tasso legale (poniamo 1% annuo), riducendo sensibilmente l’ammontare da pagare. Questo incentivo vuole premiare chi riesce a restare sul mercato e pagare almeno il capitale delle imposte: lo Stato rinuncia a parte degli interessi in cambio della prospettiva di un contribuente che torna a produrre reddito.
- Riduzione delle sanzioni tributarie: Allo stesso modo, è prevista l’applicazione delle sanzioni amministrative in misura ridotta se l’impresa paga entro certi termini quanto concordato. In particolare, se al momento della domanda di CNC erano in corso definizioni agevolate o avvisi bonari con sanzioni ridotte e tali termini scadono durante la CNC, l’impresa non perde il diritto allo sconto: può versare alle condizioni agevolate come se il termine fosse prorogato. Inoltre, se l’accordo di composizione prevede il pagamento (anche parziale) dei debiti fiscali, le sanzioni relative ai debiti anteriori potrebbero essere ridotte al minimo edittale o addirittura condonate (nei limiti delle leggi di riferimento). Il correttivo 2024 ha espressamente previsto che le sanzioni tributarie relative a debiti sorti prima della domanda possano essere applicate in misura ridotta se il pagamento avviene entro il termine stabilito dall’accordo. Ad esempio, su un omesso versamento con sanzione ordinaria del 30%, l’impresa potrebbe vedersi applicare solo il 15% o il 5% a seconda dei casi.
- Dilazioni di pagamento più favorevoli (anche per il Fisco): Se l’accordo raggiunto assicura la continuità, l’impresa può ottenere dall’Erario una dilazione aggiuntiva sui debiti fiscali residui oltre a quanto ordinariamente concesso. Ciò significa che, come misura premiale, lo Stato può concedere tempi più lunghi di pagamento o ulteriori rateizzazioni una volta conclusa la CNC, per agevolare l’adempimento dell’accordo.
- Benefici in termini di rating bancario e patrimonializzazione: anche se non codificati dalla legge in senso stretto, un esito positivo della CNC può riflettersi in benefici indiretti: ad esempio, le banche potrebbero rimuovere lo status di “default” sul cliente e tornare a concedere affidamenti a condizioni normali (evitando la classificazione a sofferenza), l’impresa evitando il fallimento conserva eventuali agevolazioni fiscali (come riportare perdite pregresse, etc.) e i soci che apportano nuovo capitale nella CNC possono godere della postergazione esonerata (il loro finanziamento autorizzato non è postergato).
- Niente sanzioni per gli amministratori per il ritardo nell’adempimento di obblighi legati al capitale: come già detto, l’art. 20 CCII sospende cause di scioglimento per perdite; di riflesso, se la CNC riesce, l’impresa può ricostituire il capitale entro il nuovo termine assegnato senza incorrere in sanzioni o responsabilità per gli amministratori relative al periodo di crisi (questo è un sollievo normativo importante, sebbene non “premiale” in senso stretto ma di esonero da responsabilità civilistiche).
Le misure premiali fiscali, in particolare la riduzione di interessi e sanzioni, sono subordinate al fatto che l’esperto nella relazione finale attesti la capacità dell’accordo di assicurare la continuità per almeno due anni. Ciò per garantire che i benefici vengano concessi a imprese che realmente proseguiranno l’attività (non a chi liquida comunque). Se i creditori accettano un accordo liquidatorio senza continuità, tecnicamente la premialità fiscale piena potrebbe non scattare – ma in tal caso è probabile si vada verso un concordato semplificato, dove quelle misure non si applicano e invece subentrano le regole concorsuali.
In pratica, quando un’impresa completa con successo la CNC, l’esperto nel suo rapporto finale dichiarerà se ricorrono i presupposti per i benefici. Ad esempio: “L’accordo concluso consiste in un contratto di risanamento con proiezione di continuità per almeno due esercizi: pertanto trovano applicazione le misure premiali di cui all’art. 25-bis CCII (riduzione interessi legali, riduzione sanzioni ecc.).” Sarà poi compito dell’Erario applicarle concretamente (rideterminando cartelle, avvisi bonari, etc., in base al tasso legale e sanzioni minime).
Un effetto premiale immediato che l’impresa sentirà è, ad esempio, nel versare gli importi dovuti al Fisco secondo l’accordo: vedrà che non vengono computati interessi di mora ultralegali e che eventuali sanzioni sono tagliate. Ciò può alleggerire notevolmente il carico. Dal lato opposto, lo Stato accetta questo “costo” perché confida che l’impresa risanata tornerà a pagare imposte future e a contribuire all’economia (meglio incassare un po’ meno oggi che nulla domani in caso di fallimento).
In conclusione, le misure premiali sono un insieme di vantaggi che rendono ancora più conveniente la riuscita della composizione negoziata. Possono fare la differenza per un’azienda già fragile: pensiamo al risparmio sugli interessi di mora, che in alcuni casi può equivalere a decine di migliaia di euro risparmiati, liberando così risorse per investimenti o per pagare fornitori. Allo stesso modo, l’abbattimento delle sanzioni può ridurre il debito fiscale a un livello gestibile. Tutto ciò incentiva l’imprenditore ad attivarsi presto e seriamente nella CNC (da qui il nome “misure promozionali” usato nella Relazione ministeriale) e incentiva i creditori a dare fiducia (sapendo che se l’azienda sopravvive anche il Fisco farà la sua parte nel sacrificio).
Esempi pratici di composizione negoziata: simulazioni di casi concreti
Di seguito presentiamo due casi ipotetici che simulano l’applicazione pratica della composizione negoziata, per illustrare in modo concreto come questa procedura può aiutare le imprese in difficoltà e quali risultati si possono ottenere.
Caso 1: PMI manifatturiera che si risana attraverso la composizione negoziata
Scenario iniziale: Alfa S.r.l. è un’azienda manifatturiera di medie dimensioni (50 dipendenti) che produce componenti meccanici. Negli ultimi due anni ha subito un calo di fatturato del 30% a causa della perdita di un importante cliente estero e dell’aumento del costo delle materie prime. L’azienda ha accumulato debiti: circa 1,2 milioni € verso banche (mutui e scoperti di conto), 800.000 € verso fornitori (alcune fatture scadute da oltre 6 mesi), e 300.000 € di debiti tributari (IVA non versata e ritenute). Il patrimonio netto si è eroso per le perdite e la società rischia di dover liquidare. Tuttavia, Alfa S.r.l. ha ancora un portafoglio clienti significativo e nuove commesse in prospettiva; il suo prodotto è di buona qualità e potrebbero entrare nuovi ordini se supera la crisi di liquidità. Gli amministratori decidono di attivare la Composizione Negoziata, confidando di poter ristrutturare il debito e rilanciare la società.
Avvio della procedura: Alfa S.r.l. presenta istanza sulla piattaforma nazionale a febbraio 2025. Vengono allegati i bilanci, un piano di risanamento preliminare e l’elenco dei debiti. Si chiede la nomina di un esperto e anche l’applicazione delle misure protettive, temendo azioni dei creditori (un fornitore ha già minacciato decreto ingiuntivo). La Camera di Commercio nomina come esperto il dott. Bianchi, commercialista con esperienza in ristrutturazioni aziendali nel settore metalmeccanico. Bianchi accetta l’incarico e l’istanza con l’accettazione viene pubblicata: da quel giorno Alfa S.r.l. gode della protezione ex lege. Infatti, una banca aveva in programma di pignorare i macchinari per un leasing scaduto, ma grazie alle misure protettive l’azione viene sospesa. I fornitori non possono più presentare istanza di fallimento o interrompere le forniture in essere solo perché Alfa non ha saldato i debiti pregressi. L’azienda può tirare un sospiro di sollievo e concentrarsi sulle trattative.
Analisi dell’esperto: Il dott. Bianchi studia i numeri di Alfa e incontra subito i vertici. Constata che l’insolvenza non è ancora irreversibile: la crisi è dovuta a un evento specifico (perdita di cliente) e a problemi congiunturali, ma l’impresa ha buone prospettive se riduce i costi e ritarda i pagamenti del debito. In particolare, nota che Alfa S.r.l. potrebbe recuperare margine se ottenesse materie prime a costo inferiore e se diminuisse l’incidenza degli oneri finanziari. L’esperto concorda con gli amministratori una linea d’azione: proporre alle banche una moratoria sui mutui per 12 mesi e l’allungamento dei piani di rimborso, ai fornitori il pagamento del 50% dei crediti in 6 mesi e il restante 50% in 18 mesi (quindi uno stralcio zero, ma dilazionato), e al Fisco la rateazione del debito IVA in 5 anni senza sanzioni aggiuntive. Inoltre, l’esperto suggerisce di cercare un nuovo investitore: mette in contatto Alfa con Beta S.p.A., un’azienda complementare del settore, potenzialmente interessata a entrare nel capitale.
Trattative con i creditori: L’esperto convoca una riunione con tutte le banche creditrici (ci sono 3 banche principali). Durante l’incontro, spiega la situazione e presenta un piano di rientro: nessuna decurtazione di capitale per le banche, ma richiesta di respiro temporale – i mutui in essere (residuo €700k) verrebbero estesi da 3 a 6 anni con 1 anno di pre-ammortamento, gli scoperti (€500k) sarebbero convertiti in un mutuo a 5 anni garantito da pegno su un magazzino di prodotti finiti. Le banche, vedendo i numeri prospettici (Bianchi mostra un cash flow che tornerebbe positivo dal prossimo anno se non strangolato dalle rate attuali), concordano sul fatto che conviene dare fiducia. Chiedono però alcune garanzie: un impegno dei soci a non distribuire utili finché i debiti non scendono, e l’eventuale ingresso di Beta S.p.A. come socio apportando nuova finanza (il che migliorerebbe le loro posizioni). L’esperto media: i soci di Alfa accettano di sottoscrivere un patto di mantenimento utili e si dicono disponibili a Beta. Beta S.p.A., dal canto suo, dopo due incontri separati, si dichiara interessata a investire €300k per il 30% di Alfa, a patto che la struttura finanziaria venga sistemata (quindi con banche e fornitori allineati). Questo crea un clima positivo: le banche vedono un investitore terzo pronto a mettere soldi, segno che l’azienda ha valore.
Parallelamente, l’esperto tiene una riunione con i principali fornitori (10 fornitori rappresentano l’80% del debito verso fornitori). Propone loro un accordo di saldo dilazionato: su €800k totali, Alfa pagherà €400k in 2 tranche nei prossimi 6 mesi (coperti anche dall’incasso di alcuni crediti in arrivo) e i restanti €400k saranno pagati in 18 rate mensili a partire dal prossimo anno. I fornitori chiedono se avranno garanzie: alcuni temono che, dilazionando, potrebbero perdere tutto se l’azienda poi fallisse. L’esperto li rassicura illustrando il supporto delle banche e il possibile ingresso di Beta S.p.A.; inoltre suggerisce di formalizzare l’accordo in un contratto sottoscritto anche dall’esperto, che costituirà piano di risanamento attestato, così da mettere i fornitori al riparo da revocatorie (se l’accordo funziona, i pagamenti ricevuti non potranno essere revocati). I fornitori, valutata la situazione, accettano: del resto un fallimento di Alfa darebbe loro un recupero stimato ben minore (forse 20-30%). Uno di essi, inizialmente riluttante, viene convinto quando Alfa garantisce che continuerà a ordinare materiali da lui per i prossimi progetti (cioè c’è un incentivo commerciale a protrarre la relazione).
Quanto ai debiti fiscali, Alfa aveva già un piano di rateazione con Agenzia Entrate Riscossione su parte di essi, ma era decaduto per mancato pagamento. L’esperto, approfittando della transazione fiscale ora ammessa, inoltra una proposta all’Agenzia: pagamento integrale dell’IVA €200k in 60 rate (5 anni) e stralcio di sanzioni e interessi, pagamento di €50k di ritenute in 24 rate, e abbuono delle sanzioni connesse. Negli incontri, evidenzia come con l’accordo privato Alfa torna solvibile e può onorare il piano; se invece fallisse, il Fisco probabilmente incasserebbe zero. L’Agenzia (l’ufficio legale regionale) richiede alcune documentazioni e, dopo circa un mese, aderisce condizionatamente: accetta il pagamento dilazionato e riduce le sanzioni al minimo (dal 30% al 5%), chiedendo però che Beta S.p.A. formalizzi il suo ingresso (per rafforzare la garanzia di continuità). Su quest’ultimo punto, viene fornita la lettera d’intenti di Beta per investire, e l’Agenzia la considera sufficiente per procedere.
Accordo finale: Dopo 3 mesi di trattative intense ma fruttuose, Alfa S.r.l., i suoi creditori e Beta S.p.A. sottoscrivono un accordo quadro di risanamento. L’accordo prevede:
- Per le banche: moratoria di 12 mesi su rate mutui, allungamento piani a 6 anni; consolidamento degli scoperti in un mutuo 5 anni, garantito con pegno su magazzino e con co-garanzia di Beta S.p.A. (che la offre come parte del suo ingresso). Le banche mantengono invariati gli interessi nominali, ma l’accordo beneficia Alfa della riduzione al tasso legale per la parte fiscale.
- Per i fornitori: piano di pagamento come discusso (50% entro 6 mesi, 50% in 18 mesi), formalizzato in convenzioni singole allegate all’accordo. L’esperto attesta che tali pagamenti sono coerenti col piano di risanamento, garantendo quindi la non revocabilità.
- Per il Fisco: transazione fiscale omologata (che verrà recepita con decreto omologativo poco dopo): IVA €200k in 5 anni al tasso legale, sanzioni ridotte 90% (quindi solo 10% da pagare); ritenute €50k in 2 anni, sanzioni annullate; interessi di mora abbattuti. L’accordo specifica che l’omologa della transazione avverrà in camera di consiglio una volta depositata la relazione finale dell’esperto – questione di giorni.
- Per i soci e Beta: Beta S.p.A. versa €300k di equity freschi, di cui €200k come aumento di capitale e €100k come finanziamento soci autorizzato (in prededuzione); i soci originari rinunciano a parte dei crediti verso la società e apportano altri €50k. Beta ottiene il 30% delle quote di Alfa.
- Clausole di salvaguardia: tutti concordano che se Alfa nei prossimi 2 anni avrà risultati migliori del previsto, destinerà il 50% degli utili straordinari a rimborsare anticipatamente i creditori fornitori (questo per dare loro comfort aggiuntivo); viceversa, se ci fossero temporanei cali di liquidità, le banche valuteranno di estendere di altri 6 mesi le moratorie (fiducia reciproca).
L’esperto Bianchi predispone la relazione finale, nella quale attesta che l’accordo raggiunto è idoneo a assicurare la continuità aziendale di Alfa S.r.l. per almeno due anni (anzi, il business plan indica ritorno all’utile già dall’anno successivo) e che tutte le parti principali hanno aderito. Egli evidenzia anche come le banche e i fornitori abbiano collaborato fattivamente. Grazie a questa attestazione, Alfa S.r.l. può godere dei benefici premiali previsti: nella relazione l’esperto lo segnala espressamente per interessi e sanzioni. Subito dopo, il tribunale omologa con decreto l’accordo di transazione fiscale raggiunto (rendendo definitivo lo stralcio di sanzioni IVA ecc.).
Risultato: Alfa S.r.l. esce dalla composizione negoziata con un nuovo equilibrio. Non ha più la spada di Damocle del fallimento: i creditori hanno accettato il piano. L’azienda ottiene un alleggerimento del carico finanziario immediato (nessuna rata mutuo per un anno, fornitori dilazionati) e un’iniezione di liquidità dai nuovi soci. Può così riprendere la produzione a pieno regime, onorare puntualmente le forniture correnti e magari riconquistare il grande cliente perso (impressionato dal fatto che Alfa è riuscita a ristrutturarsi senza fallire). I creditori, dal canto loro, ottengono prospettive concrete di pagamento: le banche vedranno restituiti i loro crediti, seppur in tempi più lunghi, e nel frattempo matureranno interessi (seppur calmierati al tasso legale su parte fiscale); i fornitori recupereranno integralmente i loro crediti (dopo qualche attesa, ma meglio di un possibile 20% in caso di fallimento); il Fisco incasserà progressivamente tutto il dovuto (meno sanzioni) con la garanzia che l’impresa rimane viva e tornerà contribuente. Inoltre, i fornitori possono continuare a fare affari con Alfa, e Beta S.p.A. ottiene una partecipazione potenzialmente redditizia. In definitiva, la composizione negoziata ha permesso il salvataggio di Alfa S.r.l., preservando 50 posti di lavoro e mantenendo attiva una realtà produttiva nel territorio.
Caso 2: Impresa commerciale insolvente che utilizza la composizione negoziata e accede al concordato semplificato
Scenario iniziale: Gamma S.p.A. è una catena regionale di negozi di elettronica (15 punti vendita) con 120 dipendenti. Negli ultimi anni ha accumulato grosse perdite a causa della concorrenza dell’e-commerce e di errori gestionali (aperture di troppi punti vendita). A inizio 2024 la società è insolvente: ha circa €5 milioni di debiti con fornitori (per lo più grandi distributori di elettronica), €2 milioni con banche (scoperti di c/c e finanziamenti per l’allestimento negozi), €1,5 milioni di debiti fiscali e contributivi, e pochi asset da offrire (qualche magazzino e le attrezzature dei negozi). La proprietà ha concluso che non è possibile proseguire l’attività a lungo termine: le vendite calano e la cassa è insufficiente per un piano di rilancio. Tuttavia, c’è la possibilità di cedere l’intera catena ad un concorrente più grande, Delta S.r.l., interessato ad acquisirne 8 negozi su 15 per espandersi nel territorio. Delta S.r.l. ha manifestato l’intenzione di offrire €3 milioni per rilevare quei 8 punti vendita (con marchio, magazzino e dipendenti relativi), ma vuole farlo attraverso una procedura ordinata per evitare di prendere anche i debiti. Gamma S.p.A. decide quindi di tentare la composizione negoziata per gestire la propria crisi e facilitare questa operazione di cessione, evitando il caos di un fallimento immediato.
Avvio e misure protettive: Gamma S.p.A. presenta istanza di nomina esperto a maggio 2024. Dato lo stato di insolvenza conclamata, viene attivata immediatamente la richiesta di misure protettive per bloccare i fornitori (che già minacciavano decreti ingiuntivi e pignoramenti dei conti). La nomina cade sull’avv. Rossi, esperto di procedure concorsuali. L’istanza viene pubblicata: ciò impedisce ai creditori di ottenere sentenze di fallimento nel frattempo. Il PM aveva in animo di presentare istanza di liquidazione, ma apprende della CNC e, data la pendenza di misure protettive, sospende ogni iniziativa (l’art. 12 co.3 CCII gli impedisce di agire finché dura la CNC). I 120 dipendenti non sono soggetti alle misure protettive sui loro crediti, ma Gamma S.p.A. – grazie anche a un piccolo finanziamento ponte concesso dal socio prima della CNC – riesce a pagare stipendi e contributi correnti, mantenendo la forza lavoro.
Valutazione dell’esperto: Avv. Rossi constata subito che Gamma S.p.A. non è recuperabile come attività in continuità: troppi debiti, modello di business in declino. Tuttavia, c’è l’offerta di Delta S.r.l. sul piatto. Rossi valuta che la migliore soluzione per i creditori sarebbe vendere gli 8 negozi a Delta per €3M, chiudere i restanti 7 negozi non appetibili, e ripartire i €3M tra i creditori in modo ordinato. I €3M, se distribuiti, coprirebbero circa il 30% del totale debiti (8,5 milioni). In fallimento, stima Rossi, forse si otterrebbe meno (perché Delta potrebbe offrire di meno in un’asta o la catena perderebbe valore). Inoltre, con la CNC è ipotizzabile utilizzare il concordato semplificato per chiudere in fretta. Rossi spiega alla direzione di Gamma che realisticamente non ci sarà un accordo di risanamento, ma la CNC potrà preludere a un concordato semplificato di liquidazione.
Trattative con i creditori: In questa situazione, l’esperto convoca comunque i creditori principali (grossi fornitori e banche) per comunicare la strategia: “Signori, purtroppo Gamma non può essere salvata come going concern, ma abbiamo un acquirente per parte dell’attività. Se collaboriamo, possiamo vendere e pagare a tutti una percentuale entro pochi mesi tramite un concordato semplificato”. I creditori sono delusi dall’assenza di continuità, ma apprezzano la franchezza e soprattutto la prospettiva di una procedura rapida invece di un lungo fallimento. Rossi ottiene da Delta S.r.l. una lettera vincolante di offerta: Delta conferma la disponibilità a pagare €3M per gli 8 negozi, a condizione di riceverli “liberi da pesi” (cioè con contratti di affitto trasferiti e dipendenti, ma senza debiti) entro 4 mesi. L’operazione dovrà passare per un atto notarile di cessione di ramo d’azienda autorizzato dal tribunale.
Rossi, visti i tempi stretti, prepara il terreno per un concordato semplificato: non potendo formalmente proporlo se non a fine CNC, ne parla però con creditori e tribunale in via informale. Illustra ai creditori l’idea: “Chiusa la CNC, Gamma proporrà al tribunale di omologare un concordato semplificato: incasseremo i 3 milioni dalla vendita e li distribuiremo così: preferenza ai creditori privilegiati (TFR dipendenti, ipoteche per circa 0,5M), il resto (circa 2,5M) suddiviso pro quota ai chirografari, stimo un 30%. Nessuno voterà, deciderà il giudice, ma è importante che voi creditori diciate ora se vi opponete recisamente.” I principali creditori chirografari (fornitori) si mostrano rassegnati: il 30% subito in concordato semplificato è poco, ma un fallimento farebbe forse raccogliere percentuali analoghe in 5-6 anni. Le banche, che in parte hanno ipoteche su 3 negozi, sanno che incamereranno quel ricavato preferenzialmente e sul resto faranno da chirografarie. Nessuno annuncia opposizione netta; alcuni fornitori esprimono dubbi sulla procedura inconsueta, ma Rossi promette trasparenza e li invita a depositare eventuali osservazioni poi in tribunale.
Chiusura CNC ed accesso al concordato semplificato: Dopo soli 2 mesi dall’avvio, l’esperto dichiara concluse le trattative senza un accordo negoziale. Nella sua relazione finale, attesta che non sono emerse soluzioni idonee di risanamento, ma che vi è una proposta di acquisto per asset dell’impresa che potrebbe soddisfare i creditori meglio della liquidazione giudiziale. Evidenzia che la maggioranza dei creditori interpellati ha giudicato favorevolmente tale percorso. Formalmente, quindi, la CNC termina con esito negativo (nessun accordo ex art.23 CCII). A questo punto Gamma S.p.A., assistita dal suo legale (lo stesso avv. Rossi in questo caso), deposita immediatamente (il giorno successivo) una domanda di concordato semplificato ex art. 25-sexies CCII presso il Tribunale. Nella domanda propone di: vendere entro breve gli 8 punti vendita a Delta S.r.l. per €3M (allega l’offerta vincolante già ottenuta); chiudere gli altri 7 punti vendita (licenziando il personale con il dovuto TFR, che sarà coperto in prededuzione dal Fondo di Garanzia INPS); e distribuire l’attivo di €3M come pianificato: prima i creditori privilegiati (che assorbono circa €600k: per TFR e agenti, più una banca ipotecaria su un magazzino venduto insieme ai negozi), il restante ~€2,4M ai chirografari in percentuale. Il tutto dovrebbe concludersi in 6 mesi. La domanda è corredata dalla relazione finale dell’esperto (che rafforza la credibilità del piano) e da una situazione analitica dei crediti e privilegi.
Il tribunale fissa un’udienza entro 45 giorni e nel frattempo nomina un commissario giudiziale ad hoc per vigilare sulle operazioni di vendita (anche se nel semplificato non è obbligatorio, il tribunale decide di monitorare data la dimensione). All’udienza, alcuni creditori (soprattutto piccoli fornitori) compaiono per dire che sono scontenti di prendere solo il 30%, ma di fatto non contestano che la proposta di Gamma sia l’unica sul tavolo. Delta S.r.l. conferma di essere pronta a versare i €3M appena il concordato è omologato e i rami d’azienda possono essere trasferiti. Il giudice valuta gli atti: vede che la maggior parte dei creditori non si oppone (anzi molti fornitori hanno inviato dichiarazioni di rassegnata accettazione), verifica che la percentuale proposta (30%) non è inferiore al presumibile ricavato da fallimento (un perito del tribunale attesta che in caso di fallimento l’offerta di Delta sarebbe stata forse minore, e i tempi lunghi). Inoltre considera che la soluzione consente di salvare 80 posti di lavoro (Delta assorbirà il personale dei 8 negozi acquisiti) – un fattore di utilità sociale. Pertanto, il tribunale omologa il concordato semplificato di Gamma S.p.A., giudicando la proposta conforme all’interesse dei creditori.
Subito dopo l’omologa, viene perfezionata la cessione dei rami d’azienda a Delta S.r.l.: quest’ultima versa i €3M al commissario (ora liquidatore), che provvede sotto il controllo del giudice a pagare i creditori secondo il piano. In pochi mesi i pagamenti vengono eseguiti: i fornitori ricevono circa il 30% dei loro crediti (qualcuno un po’ di più, qualcuno un po’ di meno a seconda di eventuali prelazioni minori); le banche con ipoteche vengono soddisfatte in parte dal prezzo afferente gli immobili ipotecati (che rientrano nell’operazione); i dipendenti dei negozi cessati ricevono il TFR dal Fondo INPS. Dopodiché, Gamma S.p.A. viene dichiarata estinta a seguito del concordato eseguito.
Risultato: In questo caso la composizione negoziata ha svolto il ruolo di trampolino verso un concordato semplificato di liquidazione, evitando il fallimento. L’azienda non è stata salvata come entità, ma la procedura è stata molto più rapida e ordinata di un fallimento: in meno di un anno la vicenda si è chiusa, i creditori hanno incassato qualcosa (30% anziché zero incognito), e gran parte dei dipendenti ha mantenuto il posto (presso Delta S.r.l.). Il concorrente Delta S.r.l. ha potuto espandersi acquisendo i punti vendita di Gamma “ripuliti” dai debiti e operando continuità su di essi (evitando la dispersione di valore). Se Gamma S.p.A. fosse semplicemente fallita senza CNC, probabilmente Delta avrebbe comprato comunque alcuni asset ma forse per un prezzo inferiore (sapendo di trattare con un curatore in svendita), e intanto molti dipendenti sarebbero stati licenziati subito. Inoltre i creditori avrebbero dovuto aspettare anni per ricevere un riparto dal fallimento, e forse avrebbero preso anche meno del 30%.
Questo esempio dimostra che la composizione negoziata può essere utile anche quando il risanamento non è possibile, perché consente di gestire la liquidazione in modo consensuale e di valorizzare al meglio quello che c’è da salvare (in questo caso, parte dell’azienda). Pur non essendoci un “accordo” nel senso classico, la CNC ha facilitato un confronto ordinato con i creditori e preparato l’esito concordatario semplificato con il loro sostanziale assenso. La giurisprudenza (come visto con la Corte di Trieste) sostiene proprio l’idea che un’impresa insolvente possa usare la CNC per predisporre un miglior esito liquidatorio evitando il fallimento coatto.
Conclusione dei casi: Questi due casi pratici – uno di risanamento con continuità e uno di liquidazione concordata – illustrano la versatilità della composizione negoziata. Nel primo, è stato un vero strumento di salvataggio aziendale con soddisfazione significativa dei creditori; nel secondo, un mezzo per una exit strategy ordinata che ha minimizzato i danni di un dissesto. In entrambi i casi, senza la CNC, probabilmente le soluzioni sarebbero state più traumatiche e onerose per tutte le parti. Naturalmente ogni situazione di crisi è diversa, ma questi esempi evidenziano come, attraverso la professionalità dell’esperto e la buona fede delle parti, la composizione negoziata possa adattarsi tanto a piani di rilancio quanto a ipotesi liquidatorie, sempre perseguendo l’obiettivo di migliorare l’outcome rispetto allo scenario di default incontrollato.
Fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali
Normativa:
- D.L. 24 agosto 2021 n.118, conv. in L. 147/2021: decreto che ha introdotto in via d’urgenza la Composizione Negoziata della crisi d’impresa.
- D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza), artt. 12 – 25-quinquies: disciplina organica della Composizione Negoziata nel Codice (in vigore dal 15 luglio 2022). Comprende gli articoli su nomina esperto, misure protettive (artt. 17-19, 20 CCII), gestione dell’impresa (artt. 21-22 CCII), esiti e soluzioni (art. 23 CCII), imprese minori (art. 25-quater), limiti di accesso (art. 25-quinquies).
- D.Lgs. 17 giugno 2022 n.83 (c.d. Correttivo II): ha modificato il CCII recependo la Direttiva UE 2019/1023. Ha, tra l’altro, sostituito gli strumenti di allerta con la composizione negoziata nel Codice.
- D.Lgs. 13 ottobre 2024 n.136 (c.d. Correttivo III): ultimo intervento correttivo al CCII. Ha introdotto l’art. 23 comma 2-bis (transazione fiscale nella CNC), modificato l’art. Normativa:
- D.L. 24 agosto 2021 n. 118, conv. in L. 147/2021 – Decreto che ha introdotto la Composizione Negoziata della crisi d’impresa.
- D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 (Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza), artt. 12–25-quinquies – Norme sul funzionamento della Composizione Negoziata (nomina esperto, misure protettive, gestione dell’impresa, esiti, imprese minori, etc.), integrate e modificate dai decreti correttivi.
- D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83 – Secondo decreto correttivo del CCII (recepisce Direttiva UE 2019/1023), ha sostituito l’originaria composizione assistita con la procedura di Composizione Negoziata all’interno del Codice.
- D.Lgs. 13 ottobre 2024 n. 136 – Terzo decreto correttivo del CCII, in vigore dal 28 settembre 2024. Ha chiarito i limiti di accesso (art. 25-quinquies CCII), introdotto la transazione fiscale nella CNC (art. 23 co. 2-bis CCII) e previsto misure premiali fiscali (art. 25-bis CCII) per le imprese risanate.
- Artt. 25-sexies e 25-septies CCII – Procedura di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, riservata alle imprese che non hanno trovato soluzioni nella CNC (introdotta dal D.L. 118/2021, art. 11, poi trasfusa nel Codice).
Giurisprudenza:
- Corte d’Appello di Trieste, Sez. II, 22 maggio 2024 – Sentenza che ha riconosciuto l’accesso alla Composizione Negoziata anche a un’impresa già insolvente, impedendo l’apertura del fallimento (liquidazione giudiziale) richiesto da terzi e valorizzando l’interpretazione estensiva dell’art. 12 CCII.
- Corte d’Appello di Firenze, Sez. II, 21 marzo 2023 – Decreto che ha chiarito la natura automatica del divieto di dichiarare il fallimento durante la CNC: il semplice deposito dell’istanza con misure protettive impedisce la sentenza di fallimento, senza bisogno di conferma espressa del giudice.
- Tribunale di Perugia, 15 luglio 2024 (ord. n. 299/2024) – Ha ritenuto ammissibile la CNC per un’azienda in liquidazione volontaria e insolvente, confermando le misure protettive nonostante il piano fosse essenzialmente liquidatorio, interpretando la “ragionevole perseguibilità del risanamento” anche come soddisfacimento dei creditori tramite liquidazione dei beni.
- Tribunale di Bergamo, 15 marzo 2022 – Ha negato la conferma delle misure protettive in presenza di insolvenza irreversibile e assenza di concrete prospettive di risanamento, ribadendo che la tutela della CNC non opera se non vi è uno spiraglio di soluzione (caso di azienda in liquidazione senza volontà di revoca).
- Tribunale di Roma, 3 febbraio 2022 – Ha stabilito che il divieto di pronunciare fallimento durante la CNC si applica anche se l’istanza di fallimento è presentata da un lavoratore-creditore: la tutela accordata ai dipendenti (i cui crediti non sono bloccati dalle misure) non si estende fino a permettere loro di far fallire l’impresa durante le trattative.
- Tribunale di Ivrea, 17 febbraio 2023 e Tribunale della Spezia, 23 febbraio 2023 – Pronunce che hanno escluso l’applicazione dell’art. 48-bis DPR 602/1973 (blocco pagamenti PA) alle imprese in composizione negoziata protetta, obbligando le pubbliche amministrazioni a pagare regolarmente i crediti dovuti all’impresa in crisi durante la procedura.
- Tribunale di Milano, 27 febbraio 2022 – Ha affermato la legittimità di una richiesta di conferma di misure protettive “erga omnes” (verso tutti i creditori) quando funzionale alla prosecuzione dell’attività, pur precisando che il tribunale deve valutare caso per caso l’assenza di pregiudizio e il rispetto del contraddittorio.
(Si veda il “Massimario Composizione Negoziata” ed. aprile 2024 della Camera di Commercio di Pistoia-Prato per una raccolta completa delle decisioni dei tribunali di merito in materia).
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