Composizione Negoziata Con Dilazione Fiscale: Come Funziona

Vuoi saper come funziona la composizione negoziata con dilazione fiscale?

Allora leggi con cura la nostra guida di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in crisi d’impresa.

In fondo alla guida troverai poi tutti i riferimento del nostro Studio Legale specializzato per richiedere una consulenza.

Buona lettura.

Introduzione:

La composizione negoziata della crisi d’impresa è uno strumento introdotto di recente nell’ordinamento italiano per aiutare le aziende in difficoltà a risanarsi attraverso trattative assistite da un esperto indipendente, evitando, se possibile, le più gravose procedure concorsuali. Si tratta di un percorso volontario e stragiudiziale, pensato per imprenditori e professionisti legali che intendono gestire in modo proattivo uno stato di crisi o di insolvenza reversibile, con l’obiettivo di salvaguardare la continuità aziendale.

Un aspetto cruciale di questo istituto, e focus principale della presente guida, riguarda le misure fiscali di sostegno al risanamento, in particolare la dilazione del debito tributario. In altre parole, vedremo come, nell’ambito della composizione negoziata, sia possibile ottenere piani di pagamento agevolati e prolungati per i debiti fiscali (fino a 120 rate mensili, equivalenti a 10 anni) e persino la riduzione o l’azzeramento di sanzioni e interessi dovuti al Fisco. Tali misure rappresentano una sorta di “rottamazione” indiretta delle cartelle esattoriali, offrendo all’imprenditore in crisi strumenti simili a quelli di una definizione agevolata dei debiti tributari.

La guida è aggiornata ad aprile 2025 e tiene conto di tutte le novità normative rilevanti, inclusa l’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) e dei suoi correttivi (da ultimo il D.Lgs. 136/2024, noto come “correttivo-ter”, e altre integrazioni). Verranno trattati in dettaglio:

  • I fondamenti normativi della composizione negoziata e la sua evoluzione fino al 2025, con riferimenti al D.Lgs. 14/2019, al D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) che l’ha introdotta in via anticipata, alle modifiche apportate dal D.Lgs. 83/2022 (attuativo della direttiva UE “Insolvency”) e al D.Lgs. 136/2024 (che ha ampliato gli strumenti della composizione, in particolare introducendo la transazione fiscale durante le trattative).
  • Le modalità operative della procedura: i requisiti per accedervi, come presentare l’istanza sulla piattaforma telematica, il ruolo e i poteri dell’esperto indipendente nominato, le misure protettive ottenibili e gli esiti possibili al termine delle trattative.
  • Un approfondimento sulle misure fiscali e contributive connesse alla composizione negoziata: dalle misure premiali (riduzioni di interessi e sanzioni, possibilità di rateizzare anche i tributi non ancora a ruolo) previste dall’art. 25-bis CCII, alla transazione fiscale (ossia l’accordo di ristrutturazione dei debiti tributari con Agenzia delle Entrate e Agenzia Entrate-Riscossione) introdotta nell’art. 23 CCII, senza tralasciare la situazione dei debiti verso l’INPS e dei tributi locali.
  • Gli strumenti deflattivi del contenzioso tributario utilizzabili contestualmente al risanamento (come l’acquiescenza, l’accertamento con adesione, la mediazione e conciliazione tributaria, il ravvedimento operoso, ecc.), che possono aiutare a ridurre e definire le pendenze fiscali evitando lunghe cause.
  • Le interlocuzioni pratiche con l’Agenzia delle Entrate e con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione: come l’imprenditore (o il suo professionista) può interagire con tali enti durante la composizione negoziata, ad esempio per ottenere piani di rateazione straordinari, per proporre l’accordo di transazione fiscale, o per sospendere le azioni esecutive.
  • Alcune simulazioni pratiche e casi di studio che illustrano scenari reali di applicazione: vedremo esempi di aziende che utilizzano la composizione negoziata per gestire debiti fiscali e contributivi, con numeri e soluzioni concrete, così da rendere più comprensibile l’impatto delle norme.
  • Una sezione finale con tutte le fonti normative, dottrinali e giurisprudenziali citate o utili per approfondire, completa di riferimenti ufficiali (leggi, decreti, circolari, sentenze, articoli specialistici). Questo permetterà ai professionisti di verificare i riferimenti e approfondire ulteriormente gli argomenti trattati.

La guida è strutturata in capitoli e paragrafi per facilitarne la consultazione. Il linguaggio utilizzato è tecnico ma chiaro, rivolto a imprenditori, consulenti d’azienda e legali d’impresa: ad ogni concetto giuridico verrà affiancata una spiegazione pratica. L’obiettivo è fornire un quadro completo di “come funziona” la composizione negoziata con particolare riguardo alla gestione dei debiti fiscali, così che il lettore possa comprendere quando e come questo strumento può essere utilizzato per salvare un’azienda in crisi, negoziando al contempo con il Fisco soluzioni sostenibili di pagamento.

Capitolo 1 – Cos’è la Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa

La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa (CNC) è un istituto introdotto nell’ordinamento italiano nel 2021 e confluito nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) con la sua entrata in vigore a luglio 2022. Si tratta di un percorso volontario, riservato e stragiudiziale, attivabile dall’imprenditore in difficoltà al fine di favorire il risanamento della propria azienda tramite accordi con i creditori, il tutto con l’assistenza di un esperto indipendente nominato ad hoc. In pratica, la composizione negoziata offre all’imprenditore uno spazio di negoziazione protetto, per cercare soluzioni concordate (dilazioni, ristrutturazioni del debito, interventi sul capitale, ecc.) prima di arrivare a procedure concorsuali formali come il concordato preventivo o la liquidazione giudiziale (il “fallimento” nel nuovo linguaggio).

Ecco le caratteristiche principali che definiscono la composizione negoziata della crisi:

  • Natura stragiudiziale e riservata: la procedura si svolge al di fuori del tribunale (salvo specifiche istanze per misure protettive o autorizzazioni) e in modo confidenziale. Ciò significa che l’accesso alla composizione negoziata non viene pubblicizzato, a meno che non si attivino alcune misure o che si concluda con determinati accordi da pubblicare (come vedremo). Fino a quel momento, la situazione dell’impresa rimane riservata, tutelando la reputazione aziendale.
  • Finalità di risanamento: l’obiettivo primario è superare lo stato di crisi o di insolvenza evitando la cessazione dell’attività. Si punta quindi alla continuità aziendale (il cosiddetto going concern), se necessario attraverso operazioni straordinarie (cessione dell’azienda, ingresso di nuovi investitori, ristrutturazione del debito). È ammesso tuttavia anche l’esito liquidatorio, qualora le trattative non conducano ad altro (in tal caso l’imprenditore può accedere a un concordato semplificato liquidatorio, di cui diremo più avanti).
  • Assistenza di un esperto indipendente: non c’è un commissario che sostituisce l’imprenditore, né un giudice che dirige le operazioni, ma un esperto terzo e imparziale con il compito di facilitare le trattative tra l’imprenditore e i creditori. L’organo gestionale dell’impresa rimane in carica e conserva i propri poteri di amministrazione (non c’è spossessamento dei beni). L’esperto, però, guida il processo negoziale, favorisce la comunicazione e verifica la fattibilità delle soluzioni proposte.
  • Flessibilità delle soluzioni: la composizione negoziata non predetermina un esito univoco – a differenza di un concordato, che deve sfociare in un piano omologato, qui le trattative possono portare a diversi tipi di accordo. Ad esempio, il risanamento può avvenire “in via diretta” (con la stessa compagine imprenditoriale che prosegue l’attività risanata) oppure “in via indiretta” (cedendo l’azienda o un ramo a terzi che la proseguano). Le soluzioni possibili vanno da semplici accordi bilaterali con alcuni creditori, a piani di ristrutturazione più complessi che coinvolgono la maggioranza dei creditori, fino alla possibilità di accedere a strumenti concorsuali ordinari se necessario. Questa flessibilità consente di “ritagliare” l’esito migliore in base alla situazione specifica dell’impresa.
  • Assenza di procedimento di allerta giudiziale: la composizione negoziata è nata nell’ambito di una revisione dell’originario Codice della Crisi. Quest’ultimo prevedeva un sistema di “allerta” con segnalazioni obbligatorie all’Organismo di composizione della crisi (OCRI) da parte di organi di controllo e creditori pubblici. Tale sistema, complesso e pubblicistico, è stato abbandonato prima ancora di entrare in vigore. Al suo posto, con il D.L. 118/2021, si è introdotto un approccio più volontario e incentivante rappresentato dalla composizione negoziata. Di conseguenza, oggi non esiste un allerta “imposto” dall’esterno (salvo alcune segnalazioni “soft” dei creditori pubblici, di cui diremo); è l’imprenditore stesso che, responsabilmente, deve attivarsi appena rileva segnali di crisi, anche grazie agli obblighi di adeguati assetti organizzativi in azienda.

In sintesi, la composizione negoziata della crisi è uno strumento di “early restructuring” che mira a intervenire tempestivamente nelle difficoltà dell’impresa, con mezzi negoziali e con il supporto di un esperto. Si differenzia dalle procedure concorsuali tradizionali per la sua informalità, riservatezza e focalizzazione sul negoziato piuttosto che sul giudizio. È un percorso che non vincola i creditori se non nella misura in cui essi accettano volontariamente le proposte: non c’è voto a maggioranza che impone la soluzione ai dissenzienti (come avviene nel concordato preventivo), salvo il caso in cui poi l’impresa converta il tutto in un accordo di ristrutturazione o concordato formale. Pertanto, il successo della composizione negoziata dipende molto dalla collaborazione delle parti e dalla credibilità del piano di risanamento proposto.

Nei capitoli seguenti, approfondiremo dapprima la cornice normativa in cui si inserisce la composizione negoziata (Cap. 2), per poi entrare nel vivo del funzionamento pratico: i requisiti, la procedura passo-passo (Cap. 3 e 4), il ruolo dell’esperto (Cap. 5), e in particolare tutto ciò che riguarda i debiti fiscali e contributivi (Cap. 6 e 7), con esempi applicativi (Cap. 9). Non mancherà l’analisi delle interazioni con il Fisco e degli strumenti giuridici correlati (Cap. 8). Infine, chiuderemo con un repertorio di fonti utili (Cap. 10).

Capitolo 2 – Evoluzione Normativa e Quadro di Riferimento (2019-2025)

Per comprendere a fondo la composizione negoziata e le opportunità offerte in materia fiscale, è utile ripercorrere brevemente la genesi normativa di questo strumento e le successive modifiche fino al 2025. Di seguito evidenziamo le tappe principali e le norme di riferimento:

  • Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019): emanato in attuazione della Legge Delega n. 155/2017, rappresenta una riforma organica della disciplina della crisi e dell’insolvenza. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale a febbraio 2019, il Codice della Crisi (spesso abbreviato CCII) conteneva originariamente, tra le varie novità, un sistema di allerta preventiva e l’istituzione degli OCRI (Organismi di Composizione della Crisi) presso le Camere di Commercio. La composizione negoziata non era presente nel testo originario del 2019. Era invece prevista una differente procedura di allerta obbligatoria che, però, come detto, non ha mai visto la luce perché considerata troppo gravosa e poi sospesa. L’entrata in vigore del Codice della Crisi è stata più volte rinviata (doveva scattare nel 2020, poi posticipata anche a causa della pandemia).
  • L’introduzione della Composizione Negoziata (D.L. 118/2021 conv. in L. 147/2021): nell’estate 2021, in un contesto di crisi economica aggravata dall’emergenza Covid, il legislatore ha deciso di anticipare uno strumento “ponte” in attesa dell’attuazione del Codice. È stato emanato il Decreto-Legge 24 agosto 2021 n. 118, convertito con modifiche nella Legge 21 ottobre 2021 n. 147, che ha introdotto la composizione negoziata della crisi d’impresa. Questo decreto (denominato “Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale”) ha quindi creato ex novo l’istituto della composizione negoziata, prevedendo una piattaforma nazionale telematica gestita dalle Camere di Commercio e l’affiancamento di un esperto. Inoltre, il D.L. 118/2021 ha soppresso il sistema di allerta obbligatoria (OCRI), orientando la riforma verso una logica più volontaria. Sempre il D.L. 118 ha introdotto alcune norme incentivanti, come l’esonero temporaneo da alcune responsabilità penali in caso di accesso alla composizione, e ha previsto l’innovativo concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (una procedura concorsuale speciale attivabile solo se la composizione non ha successo, per liquidare l’azienda con maggiore celerità – ne parleremo nel Cap. 4).
  • Attuazione della Direttiva Insolvency e modifiche 2022 (D.Lgs. 83/2022): il Decreto Legislativo 17 giugno 2022 n. 83 ha adeguato il Codice della Crisi alle indicazioni della Direttiva UE 2019/1023 (cosiddetta “Insolvency Directive”), introducendo vari aggiustamenti. Questo provvedimento, in vigore dal 15 luglio 2022, ha incorporato stabilmente la composizione negoziata nel CCII, riscrivendo in parte gli articoli iniziali del Codice. Ad esempio, l’art. 12 CCII è stato sostituito per delineare chiaramente la composizione negoziata come strumento di risanamento dell’impresa. Il D.Lgs. 83/2022 ha inoltre previsto obblighi di segnalazione da parte dei creditori pubblici qualificati (Agenzia Entrate, INPS, Agenzia Riscossione) al debitore in caso di rilevanti debiti scaduti, proprio per incoraggiare l’adesione alla composizione negoziata. In altre parole, dal 15 luglio 2022 il Codice della Crisi è finalmente entrato in vigore includendo la composizione negoziata come uno degli strumenti di regolazione della crisi, accanto al concordato preventivo, agli accordi di ristrutturazione e alle procedure di sovraindebitamento. In questa fase, la disciplina della composizione si arricchisce anche di misure premiali fiscali (inserite nell’art. 25-bis CCII) e vengono fissate le regole per la piattaforma, la nomina dell’esperto, etc., consolidando quanto già sperimentato con il D.L. 118/2021.
  • I correttivi del Codice e le novità 2023-2024: come spesso accade con riforme complesse, dopo l’entrata in vigore si è intervenuti con decreti correttivi per affinare il Codice della Crisi. Un primo correttivo (talvolta chiamato “correttivo-bis”) è stato il D.Lgs. 15 settembre 2022 n. 149, che però ha inciso marginalmente sulla composizione negoziata. Più significativo, ai fini della nostra trattazione, è il D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136, noto come “correttivo-ter”, entrato in vigore nell’ultima parte del 2024. Questo intervento ha ampliato gli strumenti negoziali a disposizione durante la composizione, in particolare introducendo espressamente la possibilità per l’imprenditore di proporre un accordo di transazione fiscale nel corso delle trattative (inserendo il comma 2-bis all’art. 23 CCII). Inoltre, il correttivo-ter ha apportato modifiche alle soluzioni previste all’esito della composizione (art. 23 comma 1 lett. a) e c) CCII) e ha confermato taluni aspetti procedurali come, ad esempio, la facoltà del tribunale di omologare accordi minori con cram-down in sede di concordato preventivo (sebbene questo attenga più al concordato che alla composizione). Contestualmente, nel 2023-2024 si sono avuti provvedimenti settoriali come il D.Lgs. 8 agosto 2024 n. 110 (di riforma della riscossione tributaria) che hanno impattato sulle norme fiscali premiali della composizione negoziata, introducendo alcune disorganicità interpretative poi risolte dalla prassi. Ad esempio, il D.Lgs. 110/2024 ha modificato l’art. 19 del D.P.R. 602/1973 in materia di rateazioni delle cartelle esattoriali, abrogando un comma dell’art. 25-bis CCII e prevedendo in via generale piani fino a 10 anni per tutti i debitori con gravi difficoltà (non solo in composizione) – questione di cui diremo nel capitolo sulla dilazione fiscale.
  • Norme attuative e prassi: da segnalare infine alcuni atti amministrativi e interpretativi che completano il quadro. Ad esempio, Decreti Dirigenziali del Ministero della Giustizia (come quello del 28 settembre 2021 citato dalla Camera di Commercio di Torino) hanno disciplinato aspetti pratici, quali la piattaforma telematica nazionale e le modalità di pubblicazione degli accordi. L’Agenzia delle Entrate ha emanato documenti di prassi per chiarire alcuni punti fiscali (una Circolare 3/E del 4 febbraio 2022 ha toccato aspetti IVA post-L. 147/2021; interpelli come la Risposta AE n. 443/2023 hanno confermato la possibilità di piani straordinari fino a 120 rate per imprese in crisi comprovata). Inoltre, la Corte di Cassazione e le Corti d’appello non hanno ancora avuto molti casi in materia (dato il breve tempo dall’introduzione), ma la giurisprudenza di merito sta fornendo indicazioni importanti (es. Corte d’Appello di Trieste 2024, che vedremo, sulla ammissibilità della composizione anche per imprese insolventi). Questi riferimenti giurisprudenziali e dottrinali aggiornati al 2025 verranno citati nel prosieguo e riassunti nelle fonti finali.

Alla luce di questo excursus, possiamo affermare che la composizione negoziata, nel 2025, è disciplinata dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza agli articoli 12-25 (per procedure ordinarie) e 25-bis a 25-novies (per misure premiali e altre disposizioni specifiche), come risultanti dalle modifiche introdotte dalle norme sopra elencate. In particolare:

  • L’art. 12 CCII definisce la composizione negoziata e i suoi presupposti;
  • Gli artt. 13-16 riguardano la piattaforma e la nomina dell’esperto;
  • Gli artt. 17-19 trattano rispettivamente l’accesso per categorie particolari (es. imprese sotto-soglia, imprese agricole), le misure protettive e cautelari;
  • Gli artt. 20-22 disciplinano gli effetti durante le trattative (es. autorizzazioni del tribunale per atti di straordinaria amministrazione, finanza interinale, ecc.);
  • L’art. 23 riguarda la conclusione delle trattative e le possibili soluzioni negoziali (e ora anche la transazione fiscale al comma 2-bis);
  • Gli artt. 24-25 contengono disposizioni sul ruolo dell’esperto e sulla chiusura della procedura;
  • L’art. 25-bis (introdotto dal D.L. 118/2021 e rivisto poi) contiene le misure premiali di natura fiscale;
  • Gli artt. 25-ter, 25-quater, 25-quinquies, 25-sexies, 25-septies, 25-octies e 25-novies aggiungono dettagli su vari aspetti (compreso il concordato semplificato all’art. 25-sexies e 25-septies, le segnalazioni dei creditori pubblici a 25-novies, ecc.).

Questa architettura normativa sarà richiamata via via nei prossimi capitoli. Adesso, chiarito il contesto legislativo, passiamo all’aspetto operativo: quando e come un imprenditore può accedere alla composizione negoziata (Capitolo 3) e come si svolge concretamente la procedura (Capitolo 4), prima di approfondire i temi fiscali specifici.

Capitolo 3 – Requisiti di Accesso e Condizioni per Attivare la Composizione Negoziata

Uno dei punti di forza della composizione negoziata è la sua accessibilità relativamente ampia: è pensata per tutte le imprese (di qualsiasi dimensione, incluse le piccole e le agricole) che si trovino in difficoltà, a patto che vi sia una prospettiva di risanamento. Vediamo in dettaglio chi può accedere e in quali circostanze, secondo la normativa vigente (art. 12 CCII come modificato dal D.Lgs. 83/2022):

  • Soggetti ammessi: possono richiedere la nomina dell’esperto gli imprenditori iscritti nel Registro delle Imprese, siano essi imprenditori commerciali (società di capitali, società di persone, ditte individuali commerciali) oppure imprenditori agricoli. Non c’è distinzione formale tra impresa grande o piccola, salvo modalità diverse per le “imprese minori” (vedi più avanti). Anche le imprese sottoposte a vigilanza (es. banche?) in genere hanno proprie discipline, ma in linea di massima il campo è generale. Sono escluse invece le persone fisiche non imprenditori e i professionisti non organizzati in forma di impresa (per questi soggetti rimane la disciplina del sovraindebitamento ex L. 3/2012, ora nel CCII artt. 65 e seguenti, che è distinta dalla composizione negoziata).
  • Presupposti oggettivi (stato di difficoltà): l’imprenditore può attivare la composizione negoziata quando “si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza”, purché “risulti ragionevolmente perseguibile il risanamento” dell’impresa. Questo significa che la legge non richiede che l’impresa sia già in stato di insolvenza conclamata; è sufficiente anche uno stato di crisi incipiente o di pre-crisi (squilibri tali da far prevedere una evoluzione negativa). Anzi, l’idea è di agire prima che l’insolvenza diventi irreversibile. Tuttavia, anche un’impresa già insolvente può accedere alla composizione negoziata, a condizione che vi siano ancora concrete prospettive di risanamento (quindi un’insolvenza ritenuta “reversibile”). Su questo punto vi è stato un iniziale dibattito: alcuni tribunali in passato negavano l’accesso se l’impresa era tecnicamente insolvente, ma la giurisprudenza più recente – ad esempio la Corte d’Appello di Trieste nel 2024 – ha chiarito che lo stato di insolvenza di per sé non è ostativo, se tramite la composizione si può evitare il fallimento e recuperare l’equilibrio. Quello che conta, dunque, è la ragionevole fattibilità di un piano di risanamento. In pratica, all’atto pratico, l’imprenditore che richiede l’esperto deve dichiarare che ritiene possibile salvare l’azienda e continuare l’attività, magari dopo una ristrutturazione. Se invece l’impresa è decotta, priva di qualunque prospettiva se non la liquidazione, la composizione negoziata non è lo strumento appropriato (meglio procedere direttamente alla liquidazione giudiziale).
  • Imprese “sotto soglia” (minori): la normativa distingue le imprese minori (sottosoglia) dalle altre, con alcune semplificazioni procedurali. È considerata “impresa minore” quella che, nei tre esercizi antecedenti la domanda, non ha superato congiuntamente questi parametri: attivo patrimoniale ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000. Si tratta di soglie piuttosto basse, per cui molte PMI oltre tali limiti rientrano già nel regime ordinario. Le imprese minori (inclusi gli imprenditori agricoli sotto soglia) possono accedere alla composizione negoziata ma, ad esempio, l’esperto in questi casi viene nominato direttamente dal Segretario Generale della Camera di Commercio competente (anziché dalla commissione regionale). Inoltre potrebbero beneficiare di costi ridotti o modalità più snelle. Va sottolineato che le imprese minori hanno anche a disposizione un istituto alternativo nel Codice della Crisi, il concordato minore (art. 74 CCII), ma questo è una procedura concorsuale semplificata, da non confondere con la composizione negoziata. In molti casi, un piccolo imprenditore in crisi potrebbe provare prima la composizione negoziata e, se non riesce, ripiegare eventualmente su un concordato minore o una liquidazione controllata.
  • Prospetto di risanamento iniziale: pur non essendo formalmente richiesto dalla norma un piano dettagliato per accedere, in pratica l’imprenditore deve avere un’idea di massima delle possibili soluzioni per il risanamento. La piattaforma telematica richiede la compilazione di informazioni e allegati (dati economico-finanziari, un test pratico di risanabilità, etc.) e l’esperto nominato valuterà fin dall’inizio se esistono chance concrete. Dunque, il presupposto implicito è che vi sia almeno uno scenario di ristrutturazione plausibile (ad es.: rinegoziare i debiti con banche e fornitori, dilazionare i debiti fiscali, ottenere nuova finanza, tagliare costi, vendere un cespite non strategico per fare cassa, ecc.) tale da consentire all’impresa di tornare sostenibile.

Riassumendo, la composizione negoziata è attivabile da qualsiasi imprenditore commerciale o agricolo iscritto che stia affrontando tensioni finanziarie o patrimoniali gravi, ma non irreversibili. È un mezzo di prevenzione dell’insolvenza conclamata. Per citare le parole del legislatore, è aperta a tutte le imprese in condizione “genericamente qualificabile come crisi, non importa con quali connotati di gravità… all’unica condizione dirimente di prospettare una soluzione ragionevolmente idonea a garantire la continuità dell’attività d’impresa”.

Dal lato opposto, vi sono anche condizioni che impediscono o bloccano la composizione negoziata, ovvero cause di inammissibilità/interruzione:

  • Procedura concorsuale già pendente: se l’impresa ha già avviato (o subìto) un procedimento di liquidazione giudiziale (fallimento) o altro procedimento concorsuale, non può contemporaneamente attivare la composizione negoziata. In particolare, l’art. 25-quinquies CCII impedisce l’accesso quando è già pendente un’istanza di liquidazione giudiziale promossa dallo stesso debitore. Se invece l’istanza di fallimento è stata promossa da un terzo (es. un creditore) e l’udienza non si è conclusa, paradossalmente l’imprenditore può ancora chiedere la composizione: in tali casi spetterà al tribunale valutare se sospendere la decisione sul fallimento in attesa dell’esito delle trattative. La giurisprudenza citata di Trieste, ad esempio, ha stabilito che la presentazione della domanda di composizione prima dell’apertura della liquidazione giudiziale impedisce la dichiarazione di fallimento, poiché prevale il tentativo negoziale. Dunque, il timing è fondamentale.
  • Mancata collaborazione o assenza di prospettive: se nel corso della procedura l’esperto rileva che l’imprenditore non coopera lealmente (ad esempio occultando informazioni, aggravando volontariamente il dissesto, o contravvenendo ai doveri di gestione ordinaria) egli può porre fine anticipatamente alla composizione, dichiarandone l’insuccesso. Analogamente, se emergono elementi nuovi tali da far venir meno le prospettive di risanamento (ad es. un pesante aggravamento dell’insolvenza che rende inutile proseguire), la procedura può essere chiusa. In tali casi l’esperto redige una relazione finale negativa e l’impresa dovrà valutare altre strade (liquidazione, concordato preventivo liquidatorio, ecc.).
  • Rifiuto della nomina dell’esperto: in sede di valutazione iniziale dell’istanza, può teoricamente accadere che la commissione o il soggetto nominante rigetti la domanda di composizione se giudica manifestamente assente la possibilità di risanamento. La norma parla di nomina dell’esperto se il risanamento appare ragionevolmente perseguibile. Quindi, se dai documenti presentati emergesse un quadro disperato (debiti enormi e nessuna idea di soluzione), la richiesta potrebbe non essere accolta. Nella pratica, comunque, questo filtro è usato con cautela: spesso si nomina comunque l’esperto, che poi eventualmente concluderà per la non fattibilità.

Per concludere questo capitolo, sottolineiamo che l’iniziativa di attivare la composizione negoziata spetta esclusivamente all’imprenditore. Non esiste composizione negoziata “d’ufficio” o su istanza dei creditori. I creditori pubblici, come detto, hanno solo l’obbligo di avvisare il debitore se i suoi debiti scaduti superano certe soglie (c.d. “segnalazioni dei creditori pubblici qualificati” ex art. 25-novies CCII), sollecitandolo ad attivarsi, ma non possono loro stessi avviare la procedura. Questo approccio rispetta la natura volontaria e negoziale dello strumento. Pertanto, l’imprenditore che intravede all’orizzonte difficoltà finanziarie deve attivarsi in prima persona: il legislatore gli ha messo a disposizione questo percorso proprio per incentivare la tempestività (anche attraverso gli incentivi premiali di cui diremo). Ignorare i segnali di crisi e attendere passivamente può portare a perdere i benefici della composizione negoziata e a sfociare in situazioni ben peggiori (come un fallimento non pilotato, con possibili responsabilità anche personali per gli amministratori).

Nei prossimi capitoli vedremo come si presenta concretamente l’istanza, come avviene la nomina dell’esperto e cosa succede durante la composizione negoziata.

Capitolo 4 – Iter Procedurale: Avvio, Svolgimento delle Trattative e Possibili Esiti

In questo capitolo descriviamo come funziona passo-passo la composizione negoziata: dalla presentazione della domanda fino alla conclusione, evidenziando gli snodi principali (nomina esperto, misure protettive, conduzione delle trattative) e le possibili strade in cui può sfociare il percorso.

4.1 Presentazione dell’istanza e piattaforma telematica

L’iter inizia con la presentazione di un’istanza di nomina dell’esperto da parte dell’imprenditore. Questa domanda si presenta attraverso una piattaforma informatica dedicata, gestita dalle Camere di Commercio (Unioncamere) a livello nazionale. In pratica:

  • L’imprenditore (o un professionista delegato, es. il commercialista o l’avvocato) accede alla piattaforma telematica nazionale per la composizione negoziata, disponibile sul sito dedicato (generalmente raggiungibile dai siti di Camere di Commercio o di invitalia/unioncamere). È necessario autenticarsi (richiesta firma digitale e PEC).
  • All’interno della piattaforma, l’imprenditore compila la domanda, inserendo una serie di informazioni aziendali e allegando documenti previsti dalla norma. Tra la documentazione obbligatoria vi sono: gli ultimi bilanci d’esercizio o situazione contabile aggiornata per le imprese non soggette a bilancio, un elenco dei creditori con i rispettivi crediti, una relazione sull’attività e sulle cause della difficoltà, lo stato economico-finanziario corrente, e un piano finanziario di previsione per i successivi 6 mesi (indicativo). Inoltre, deve essere effettuato un test sulla ragionevole perseguibilità del risanamento. Questo test è uno strumento informatico presente in piattaforma che, attraverso l’inserimento di dati contabili e andamentali, calcola degli indicatori (ad esempio il Debt Service Coverage Ratio, o altri indici) e verifica se sussistono margini prospettici di risanamento. Il test fornisce un esito (positivo/negativo) che va allegato. Infine, l’imprenditore deve dichiarare l’assenza delle cause ostative (ad esempio se ha già depositato un ricorso per concordato o fallimento, deve dichiararlo).
  • Una volta completata la compilazione e allegati i documenti, l’istanza viene inviata telematicamente al Segretario Generale della Camera di Commercio competente per territorio (quella dove l’impresa ha la sede legale). La data di invio è importante perché da essa può decorrere la possibilità di chiedere misure protettive. La domanda non è pubblica né visibile ai terzi in questa fase.

Va osservato che la piattaforma è stata concepita per guidare l’imprenditore anche in autonomia. Sono previsti un checklist e un cruscotto per monitorare lo stato di salute aziendale. Ciò è in linea con gli obblighi di adeguati assetti organizzativi: l’imprenditore dovrebbe utilizzare questi strumenti per monitorare costantemente la propria azienda. La stessa piattaforma, quindi, funge da punto di accesso alla procedura e da repository documentale per l’esperto che sarà nominato.

Una volta ricevuta l’istanza, chi si occupa di designare l’esperto? Dipende dalla dimensione dell’impresa:

  • Per le imprese non minori (sopra soglia): la nomina è effettuata da una Commissione istituita presso la Camera di Commercio del capoluogo di Regione competente. Questa commissione, prevista dall’art. 3 D.L. 118/2021 poi art. 13 CCII, è composta da tre membri: un magistrato (designato dal Presidente del Tribunale del capoluogo di regione), un rappresentante della CCIAA e uno designato dal Prefetto. La commissione esamina la domanda e, se ritiene plausibile il risanamento, designa entro 5 giorni circa un nome dall’elenco degli esperti. L’esperto viene scelto preferibilmente nella provincia della sede dell’impresa o in quelle limitrofe, tenendo conto di competenze e potenziali conflitti d’interesse. La nomina viene comunicata all’imprenditore e all’esperto stesso, il quale dovrà accettare l’incarico.
  • Per le imprese minori: come anticipato nel capitolo precedente, la nomina viene fatta in maniera semplificata: è direttamente il Segretario Generale della Camera di Commercio competente (spesso su delega a un Segretario di altra Camera, in Toscana ad esempio c’è un Segretario per tutta la regione) a scegliere l’esperto dall’apposito elenco degli esperti. L’elenco è costituito da professionisti (dottori commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro, manager, ecc.) che hanno seguito una specifica formazione e posseggono requisiti di indipendenza.

L’esperto indipendente, una volta nominato, riceve l’accesso alla piattaforma dove trova tutta la documentazione caricata dall’imprenditore. Egli deve verificare entro breve se non vi sono conflitti di interesse che gli impediscano di accettare. In caso affermativo (nessun conflitto), comunica la propria accettazione. Da quel momento, formalmente iniziano le trattative di composizione negoziata, con durata iniziale di 180 giorni (prorogabili su richiesta motivata, come vedremo).

In parallelo, con la nomina dell’esperto scatta per l’imprenditore il dovere di pagargli un compenso (determinato secondo parametri ministeriali, spesso commisurato alla complessità e alle dimensioni dell’impresa). Per evitare che costi eccessivi gravino su imprese già in crisi, esiste un Fondo statale che interviene per contribuire al compenso dell’esperto nel caso di piccole imprese o di esito positivo della procedura (ad esempio, se la composizione ha successo, una parte del compenso dell’esperto può essere a carico di un fondo pubblico). Questo aspetto comunque è tecnico e non influenza lo svolgimento pratico se non per dare sostenibilità economica all’istituto.

Riassumendo: l’avvio della composizione negoziata è relativamente semplice e tutto online. L’imprenditore prepara documenti e test, invia la domanda via piattaforma e attende pochi giorni la nomina dell’esperto che lo affiancherà. Una volta nominato l’esperto, si passa alla fase attiva delle trattative. Prima di descriverla, soffermiamoci però su un importante elemento che può essere attivato sin dall’inizio a tutela dell’impresa: le misure protettive e cautelari.

4.2 Misure protettive e cautelari (sospensione delle azioni dei creditori)

Contestualmente o successivamente al deposito dell’istanza di composizione negoziata, l’imprenditore ha facoltà di richiedere al Tribunale competente delle “misure protettive” del patrimonio, per evitare che durante le trattative qualche creditore impaziente prenda iniziative pregiudizievoli (pignoramenti, istanze di fallimento, risoluzione di contratti essenziali, ecc.). Questa possibilità è prevista dall’art. 18 CCII: vediamo di cosa si tratta.

  • Natura delle misure protettive: si tratta essenzialmente di una moratoria temporanea concessa dal giudice, che blocca le azioni esecutive e cautelari dei creditori nei confronti dell’impresa. In pratica, se concessa, i creditori non possono iniziare o proseguire pignoramenti, sequestri, né acquisire titoli di prelazione (come ipoteche giudiziali) sui beni dell’imprenditore durante il periodo di protezione. Inoltre, è previsto che non possono essere presentate né dichiarate istanze di liquidazione giudiziale (fallimento) sull’impresa durante tale periodo, e anche il pubblico ministero vede “sterilizzati” i suoi poteri di iniziativa per dichiarare il fallimento. In sostanza, si crea un “ombrello” di sospensione attorno all’azienda, analogo all’automatic stay del Chapter 11 statunitense, ma circoscritto e temporaneo.
  • Richiesta e concessione: per ottenere le misure protettive, l’imprenditore deve presentare apposita domanda al tribunale, allegando la copia dell’istanza di composizione e la documentazione comprovante la necessità di tutela. La domanda può essere contestuale all’istanza di nomina dell’esperto (sulla piattaforma stessa c’è la sezione per richiederla) oppure anche successiva, ma va presentata prima che inizino eventuali azioni esecutive indesiderate. Il Tribunale, ricevuta la richiesta, iscrive la procedura al ruolo e in tempi stretti (entro 10 giorni) emette un decreto con cui concede o nega le misure protettive. Per la concessione deve verificare che la società sia in composizione negoziata (istanza accettata) e che la misura sia strumentale al buon esito delle trattative. Il provvedimento viene pubblicato nel Registro delle Imprese per conoscenza ai terzi (questa è una delle poche fasi pubbliche).
  • Durata: le misure protettive hanno una durata iniziale massima di 120 giorni (4 mesi), prorogabili di ulteriori 60 giorni su istanza se necessario, senza superare il termine finale delle trattative. Dunque al massimo 180 giorni totali, allineati con la durata della composizione (che come detto è 180 gg prorogabili).
  • Ambito soggettivo delle misure: a differenza del concordato preventivo che blocca tutti i creditori, qui l’imprenditore può selettivamente indicare quali creditori o categorie di creditori intende vincolare. È possibile infatti che voglia proteggersi solo da alcune azioni (ad esempio, solo dai fornitori strategici o solo dal fisco), lasciando fuori altri rapporti. In generale però, se si chiede la sospensione, conviene includere tutti i creditori potenzialmente aggressivi. Le misure possono anche riguardare contratti in corso: ad esempio l’art. 18 CCII consente di chiedere al tribunale di vietare la sospensione o la risoluzione di contratti pendenti per il solo fatto di mancati pagamenti pregressi, specie se tali contratti sono essenziali per la continuità (si pensi a un contratto di fornitura di energia, il fornitore non può interromperlo durante la protezione solo perché l’azienda ha bollette arretrate non pagate). Ciò garantisce che i beni e le relazioni vitali per l’impresa rimangano intatti mentre si cerca l’accordo.
  • Misure cautelari: insieme alle protettive, il tribunale può anche adottare misure cautelari specifiche ex art. 19 CCII. Ad esempio, potrebbe nominare un custode o commissario ad acta per vigilare su determinati beni, oppure potrebbe autorizzare ispezioni, ecc., se necessario ad evitare pregiudizi ai creditori durante le trattative. In linea di massima, nelle composizioni negoziate ordinarie queste cautele sono rare, perché l’impresa resta in mano all’imprenditore; possono però essere applicate se c’è il timore che l’imprenditore dissipi attivi nel frattempo.

Le misure protettive sono molto importanti, specie per garantire lo status quo sui debiti fiscali e contributivi. Infatti, spesso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può attivare pignoramenti o iscrizioni ipotecarie su aziende con cartelle esattoriali non pagate. Richiedendo la protezione, l’imprenditore ottiene la sospensione di queste azioni (salvo casi eccezionali di crediti non coperti da protezione). Ciò fornisce il tempo per negoziare magari una dilazione fiscale o un accordo senza la pressione di un’esecuzione imminente.

È fondamentale notare che l’imprenditore, durante le misure protettive, deve comportarsi correttamente. Se abusa della protezione (ad esempio accumula ulteriori debiti, o la chiede solo per prendere tempo senza trattare) il tribunale su segnalazione dell’esperto può revocare le misure. Il decreto di concessione, infatti, fissa solitamente una udienza di verifica a metà periodo, in cui l’esperto riferisce sull’andamento delle trattative. Se riscontra inadempienze o l’assenza di trattative serie, il giudice può revocare anticipatamente la protezione, esponendo di nuovo l’impresa alle azioni esecutive.

4.3 Ruolo e attività dell’Esperto durante le trattative

Con l’esperto nominato e, se richieste, le misure protettive attivate, entriamo nel vivo della fase negoziale. Essa dura, come accennato, generalmente 6 mesi (prorogabili fino a 12 in casi complessi su accordo delle parti e con ok del tribunale se c’erano misure protettive). In questo periodo l’esperto indipendente svolge la funzione chiave di facilitatore e super partes.

Cosa fa in concreto l’esperto? I suoi compiti sono delineati dall’art. 12, comma 2 CCII:

  • Analisi iniziale dell’impresa: appena nominato, l’esperto esamina tutta la documentazione fornita. Spesso ha un primo incontro con l’imprenditore e, se presenti, con i consulenti di quest’ultimo, per comprendere la situazione: entità del debito, cause della crisi, margini di risanamento, creditori principali, ecc. Verifica la veridicità dei dati forniti e può chiedere all’imprenditore ulteriori chiarimenti o integrazioni se qualcosa non è chiaro. L’esperto in questa fase valuta se la crisi è effettivamente gestibile e in quale misura i creditori potrebbero essere soddisfatti in caso di liquidazione (questo parametro serve poi per formulare proposte più vantaggiose della liquidazione).
  • Convocazione delle parti e conduzione delle trattative: dopo l’analisi, l’esperto predispone un piano di incontri con i principali creditori e con eventuali altri stakeholder (soci, nuovi investitori interessati, ecc.). Il suo compito infatti è “agevolare le trattative tra l’imprenditore e i creditori”. In pratica, funge da mediatore: organizza riunioni (anche separate o collettive), modera il dialogo, aiuta le parti a focalizzarsi su soluzioni reciprocamente accettabili. Tipicamente, l’esperto cercherà di capire dai creditori quali concessioni sarebbero disposti a fare (es: una moratoria, uno stralcio parziale del credito, una conversione di debito in capitale) e dall’imprenditore quali risorse può mettere in campo (es: cessione di un immobile per pagare i creditori, ingresso di finanza fresca, taglio di costi per generare liquidità futura). L’esperto non ha poteri coercitivi, non può imporre accordi, ma la sua presenza può aumentare la fiducia tra le parti, grazie alla percezione di imparzialità e competenza. Inoltre, i creditori sanno che l’esperto dovrà attestare l’eventuale convenienza delle proposte, il che li rassicura sulla fattibilità.
  • Verbalizzazione e relazione periodica: durante le trattative, l’esperto redige verbali degli incontri e tiene traccia delle proposte formulate. Deve redigere anche relazioni con cadenza mensile sullo stato delle trattative (specie se ci sono misure protettive in corso, per riferire al giudice). L’esperto evidenzia se l’imprenditore e i creditori stanno collaborando e se si stanno delineando soluzioni concrete. Questo monitoraggio serve anche come forma di pressione: i creditori sanno che se sono eccessivamente ostili o poco collaborativi, ciò verrà messo a verbale e potrebbe emergere in eventuali fasi successive (ad esempio se poi si aprirà un concordato, il comportamento tenuto prima potrebbe influenzare decisioni del tribunale sulle spese di procedura, ecc.).
  • Consulenza e suggerimenti: pur mantenendo terzietà, l’esperto può fornire indicazioni tecniche. Ad esempio, può suggerire di ricorrere a strumenti come la transazione fiscale, o consigliare all’imprenditore di valorizzare certi asset. Oppure può far notare a un creditore che la proposta in discussione gli garantisce un recupero migliore di quanto otterrebbe in fallimento (quantificando la dividendio attesa in liquidazione). In questo senso l’esperto svolge un ruolo di advisor super partes, finalizzato a far emergere un accordo. L’art. 12 dice che egli “stimola le parti a trovare una soluzione”. Non è quindi un mero osservatore, ma un facilitatore attivo del dialogo.
  • Richiesta di misure urgenti: se durante le trattative sorgono necessità particolari (ad es. bisogna vendere subito un bene deperibile, o ottenere un finanziamento urgente garantendo chi lo eroga che sarà prededucibile), l’esperto può indirizzare l’imprenditore a chiedere al tribunale un’autorizzazione. L’art. 22 CCII elenca alcune possibili autorizzazioni del tribunale: ad esempio, autorizzare la contrazione di finanziamenti prededucibili (incoraggiando banche a prestare denaro sapendo che avranno privilegio in caso di fallimento successivo), autorizzare la cessione dell’azienda o di rami d’azienda senza responsabilità per l’acquirente dei debiti pregressi (evitando l’art. 2560 c.c. secondo comma), oppure autorizzare atti di straordinaria amministrazione che l’imprenditore da solo non potrebbe fare durante le misure protettive. L’esperto in questi casi redige un parere favorevole e il tribunale decide. Queste autorizzazioni possono essere cruciali per concretizzare il risanamento (si pensi alla vendita a un investitore che rileva l’azienda: serve il permesso del giudice per liberare il compratore da alcuni debiti).
  • Verifica di soluzioni idonee: man mano che le trattative avanzano, l’obiettivo è individuare una soluzione per superare la crisi. La legge parla di “individuazione di una soluzione idonea” (art. 23, c.1 CCII). L’esperto deve valutare se la soluzione emersa (un certo accordo) è effettivamente praticabile e risolutiva. E deve anche verificare che rispetti un principio fondamentale: la convenienza rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale. In pratica, nessun accordo può essere penalizzante per i creditori rispetto a quanto essi otterrebbero in un fallimento dell’azienda. Questo è un criterio di base: se, ad esempio, in caso di fallimento i creditori chirografari stimano di recuperare il 20%, l’accordo non potrà prevedere che essi prendano il 10%; dovrebbe offrire loro più del 20%, o almeno pari ma con altri vantaggi come tempi più rapidi. L’esperto dovrà poi attestare questa condizione in caso di alcuni accordi.

Inoltre, l’esperto funge anche da garante di trasparenza. Se durante la composizione emergono atti in frode (es. l’imprenditore ha occultato beni) o preferenze ingiustificate verso alcuni creditori, l’esperto lo segnalerà e si rifiuterà di avallare accordi scorretti. In casi del genere, si potrebbe addirittura chiudere la procedura e darne informazione al pubblico ministero. D’altronde l’esperto deve tutelare l’interesse generale dei creditori e la correttezza del processo.

La relazione finale dell’esperto è l’atto conclusivo del suo ruolo. Egli la redige quando: o è stato raggiunto un accordo (o più accordi) che risolve la crisi, oppure se constata che non è stato possibile arrivare a niente di concreto. Nel primo caso, la relazione finale sarà positiva e descriverà la soluzione trovata; nel secondo caso, sarà negativa e magari indicherà le cause del fallimento delle trattative. Questa relazione finale ha effetti importanti:

  • Se positiva e c’è un accordo, servirà ad accompagnare l’eventuale omologazione giudiziale (se si tratta di un accordo che richiede intervento del tribunale) o la chiusura dell’esperto in caso di accordo stragiudiziale. Inoltre apre la porta al riconoscimento delle misure premiali fiscali (riduzioni di interessi/sanzioni).
  • Se negativa, l’imprenditore – entro 60 giorni – può scegliere di presentare una proposta di concordato semplificato (liquidatorio) ex art. 25-sexies CCII, usando la relazione dell’esperto come base senza bisogno di passare per il voto dei creditori. Ne parleremo più avanti nella sezione sugli esiti.

4.4 Possibili esiti della composizione negoziata

Le trattative possono concludersi sostanzialmente in tre macro-modi: accordo stragiudiziale, accordo in procedura concorsuale, oppure mancato accordo e ricorso ad alternative liquidatorie.

Vediamo i principali sbocchi (soluzioni) che l’art. 23 CCII contempla (anche dette “soluzioni negoziali”):

  • a) Contratto con i creditori (art. 23 c.1 lett. a): è il caso in cui l’impresa e uno o più creditori stipulano un contratto che consente il superamento della crisi, garantendo la continuità aziendale per almeno due anni. Può trattarsi di un singolo contratto o di più contratti distinti. Ad esempio: la banca principale accorda una moratoria di 5 anni sul rimborso dei mutui; oppure i fornitori accettano di dilazionare i pagamenti dei debiti pregressi e continuare a fornire materiali a certe condizioni; oppure i soci e alcuni creditori stipulano un patto di ristrutturazione in cui i crediti vengono convertiti in quote societarie. Questi sono accordi privatistici, efficaci solo tra le parti firmatarie e non richiedono omologazione del tribunale. La loro forza sta nel consenso di tutti i creditori coinvolti. Se, ad esempio, l’impresa aveva 10 creditori e riesce a fare accordi con tutti e 10 separatamente, ha risolto la crisi con contratti stragiudiziali (questo è raro, spesso almeno il fisco o qualcuno resta fuori). I contratti conclusi possono beneficiare di alcune agevolazioni: se si tratta di rinegoziazione di debiti finanziari, potrebbero essere esentati dall’azione revocatoria fallimentare successiva, e se depositati al registro imprese danno accesso ai benefici fiscali (ad es. la riduzione degli interessi, come vedremo).
  • b) (Eventuale cessione dell’azienda / affitto d’azienda): sebbene non esplicitato come lettera a sé stante (il CCII originario prevedeva anche la cessione come opzione di risanamento indiretto), in pratica la composizione negoziata può portare alla vendita o affitto dell’azienda a un soggetto terzo più solido, che prosegue l’attività. In tal caso, l’imprenditore originario esce di scena, ma la continuità economica dell’impresa è preservata tramite un passaggio di mano. Questo esito si formalizza come un contratto di cessione o affitto di azienda, che rientra comunque nel caso a) contrattuale (anche se il beneficiario del contratto non è un creditore ma un investitore terzo). Il tribunale può aver autorizzato la cessione ex art. 22 CCII per liberare l’acquirente dai debiti pregressi, il che facilita l’operazione.
  • c) Accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 23 c.1 lett. c): è il caso in cui l’esito delle trattative viene “formalizzato” in un accordo ex art. 57 CCII (vecchio art. 182-bis L.F.), cioè un accordo di ristrutturazione dei debiti da omologare in tribunale perché vincolante per tutti i creditori aderenti e con effetti protettivi anche sui non aderenti. In pratica, se l’impresa riesce a ottenere l’adesione di almeno il 60% dei crediti a una proposta di ristrutturazione (che può prevedere pagamento parziale dei crediti), può depositare tale accordo in tribunale per l’omologazione. Questo è uno strumento di regolazione della crisi formale, diverso dal concordato perché basta il 60% di adesioni individuali invece di un voto per classi. Nel contesto della composizione negoziata, l’accordo spesso viene controfirmato anche dall’esperto per attestare che è stato raggiunto in modo regolare durante le trattative. La firma dell’esperto, richiesta dall’art. 23 comma 1 lett. c CCII, serve a dare solennità e come condizione per ottenere i benefici fiscali (l’accordo va pubblicato al Registro delle Imprese con la firma dell’esperto per avere le misure premiali di art. 25-bis). Una volta omologato dal tribunale, l’accordo di ristrutturazione diventa vincolante e chiude la composizione negoziata. Questo esito è ibrido: la fase negoziale era stragiudiziale, ma sfocia in un provvedimento giudiziale di omologa. È utile quando ci sono molti creditori e non si riesce ad averli tutti consenzienti (ne basta il 60% per chiudere).
  • d) Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (ex art. 64-bis CCII): inserito dal D.Lgs. 83/2022, è un ulteriore strumento ibrido, simile all’accordo di ristrutturazione ma con alcune differenze (permette dilazioni lunghe e coinvolgimento di banche con accordi intercreditor). Potrebbe essere utilizzato come esito se le trattative sono state condotte in composizione e poi si preferisce questo veicolo. È comunque un piano concordato da omologare. Non entriamo qui nei dettagli, perché è poco utilizzato finora.
  • e) Concordato preventivo “classico”: in alcuni casi la composizione negoziata può preludere alla presentazione di un vero e proprio concordato preventivo (artt. 84 e segg. CCII). Ad esempio, se si è trovato l’accordo con la maggior parte dei creditori e serve includere anche i dissenzienti, oppure se occorre ristrutturare il debito in maniera più drastica con effetti anche sui non aderenti (tramite le classi e il cram-down). L’imprenditore può quindi depositare un ricorso di concordato – spesso in continuità aziendale se c’è un piano di risanamento, oppure liquidatorio se alla fine si decide di liquidare – utilizzando gli elementi emersi durante le trattative. La composizione negoziata in tal caso si conclude e cede il passo alla procedura concordataria ordinaria. Non è l’esito auspicato originariamente (perché si preferiva evitare procedure concorsuali), ma a volte è necessario per dare efficacia a un accordo non raggiunto con tutti. Un vantaggio è che il percorso negoziale precedente consente di presentare un concordato molto più maturo e condiviso, aumentando le probabilità di omologa. In più, la legge consente, se c’è urgenza, che l’imprenditore depositi una domanda di concordato con riserva (prenotativo) durante la composizione, ottenendo immediata protezione e poi perfezionandolo.
  • f) Concordato semplificato per la liquidazione (art. 25-sexies CCII): questo è un esito speciale, previsto proprio come “piano B” nel caso la composizione negoziata fallisca senza accordo. Introdotto dal D.L. 118/2021 (originario art. 18) e ora recepito negli artt. 25-sexies e 25-septies CCII, il concordato semplificato consente all’imprenditore, entro 60 giorni dalla comunicazione dell’esito negativo delle trattative, di presentare una proposta di concordato liquidatorio senza il voto dei creditori. È “semplificato” perché, a differenza del concordato preventivo ordinario, non c’è una fase di votazione: i creditori vengono sentiti in tribunale ma la decisione è affidata al giudice, che omologa se ritiene la proposta più vantaggiosa per i creditori rispetto alla liquidazione fallimentare. Questa procedura può essere utilizzata ad esempio quando l’esperto attesta che non si è trovato un accordo consensuale, ma c’è magari la possibilità di liquidare i beni in modo ordinato offrendo ai creditori un certo realizzo. Con il concordato semplificato l’imprenditore può chiudere rapidamente la vicenda evitando il fallimento tradizionale. Tuttavia, è chiaramente un esito di ripiego e liquidatorio, quindi fuori dall’idea di continuità. Non prevede misure premiali fiscali particolari se non quelle generali per i concordati.
  • g) Archiviazione senza accordi (esito negativo puro): infine, può capitare che la composizione negoziata termini senza alcun accordo e che l’imprenditore non attivi nessuna delle soluzioni formali sopra indicate. In tal caso l’esperto chiude la procedura con esito negativo. L’impresa a quel punto resta esposta alle azioni dei creditori (se non altro, avrà guadagnato tempo con le protezioni se c’erano, ma nulla di più). Spesso, un esito negativo puro condurrà a breve a una istanza di liquidazione giudiziale da parte di qualche creditore o dell’imprenditore stesso, se la situazione è compromessa. Questo scenario è chiaramente il meno desiderabile e segnala che il tentativo di composizione non ha prodotto alcun frutto.

Tra gli esiti sopra descritti, quelli di maggiore interesse per il nostro tema fiscale sono gli accordi stragiudiziali e omologati (a, c) e il concordato semplificato (f), poiché su di essi incidono le misure premiali fiscali di cui all’art. 25-bis CCII, e perché in tali contesti si applica la transazione fiscale ex art. 23 comma 2-bis CCII.

Facciamo qualche esempio per chiarire:

  • Se l’impresa conclude con successo la composizione negoziata firmando un contratto con i creditori (esito a), può ottenere automaticamente alcuni benefici: interessi ridotti, possibilità di rateizzare i debiti fiscali non a ruolo fino a 72 rate, ecc., come premio per il risanamento extragiudiziale.
  • Se l’impresa firma un accordo ex art. 23 lett. c (cioè un accordo sottoscritto da imprenditore, creditori e esperto), e lo pubblica al Registro delle Imprese, attiva le misure premiali aggiuntive previste dai commi 4-5 dell’art. 25-bis CCII. Inoltre, può aver usufruito della transazione fiscale per i tributi erariali durante le trattative.
  • Se l’impresa va in concordato semplificato liquidatorio, trattandosi di liquidazione, i benefici premiali non si applicano (anzi, l’art. 25-bis c.6 toglie i benefici se dopo la composizione si finisce in liquidazione giudiziale). Però, durante la composizione stessa, potrebbe aver congelato interessi e sanzioni.

Per il taglio di questa guida, focalizzata su “composizione negoziata con dilazione fiscale”, assumeremo spesso lo scenario in cui la composizione porta a un accordo (stragiudiziale o omologato) in continuità, che consente la prosecuzione dell’attività e l’uso degli strumenti fiscali agevolativi.

Prima di dedicarci specificamente alla parte fiscale (Capitoli 6 e 7), completiamo il quadro procedurale con alcune note sul ruolo dell’esperto (Capitolo 5) – già delineato sopra ma che merita uno spazio specifico per responsabilità e limiti – e un cenno agli strumenti deflattivi del contenzioso (Capitolo 7) che qui anticipiamo come facenti parte integrante delle possibili strategie negoziali con il Fisco.

Capitolo 5 – Il Ruolo dell’Esperto Indipendente: Funzioni, Doveri e Responsabilità

Come abbiamo visto, l’esperto indipendente è il perno attorno a cui ruota la composizione negoziata. In questo capitolo ne approfondiamo il ruolo dal punto di vista soggettivo (chi può essere esperto, requisiti) e oggettivo (poteri, doveri, responsabilità), per fornire a imprenditori e professionisti un quadro chiaro di cosa aspettarsi dal “regista” delle trattative.

Requisiti e nomina: l’esperto deve essere una persona iscritta in uno degli elenchi degli esperti istituiti presso le Camere di Commercio. Può trattarsi di un professionista (dottore commercialista, avvocato, consulente del lavoro) o anche di un manager con esperienze di risanamento aziendale, purché abbia i requisiti stabiliti dalla legge: specifica formazione in materia di crisi d’impresa (corsi ad hoc organizzati dal sistema camerale), almeno cinque anni di esperienza nella ristrutturazione aziendale o in materia concorsuale, e requisiti di onorabilità. Non deve avere conflitti di interesse con l’impresa (non può essere stato consulente o revisore dell’azienda negli ultimi anni, né avere parentele con l’imprenditore, ecc.). L’esperto presta il suo consenso alla nomina e viene inserito in un elenco regionale o, per le imprese minori, in un elenco tenuto dal Segretario Generale competente.

Terzietà e indipendenza: l’esperto non rappresenta né l’imprenditore né i creditori. Egli non può svolgere attività di consulente di parte durante l’incarico. Il suo dovere primario è verso la procedura in sé: deve garantire che le trattative si svolgano in modo ordinato, trasparente e secondo buona fede. Questo implica doveri di imparzialità e riservatezza. Ad esempio, se un creditore comunica all’esperto informazioni confidenziali sulla propria posizione, l’esperto le utilizzerà solo per facilitare l’accordo e non per avvantaggiare l’imprenditore o altri creditori. Allo stesso modo, l’esperto deve evitare favoritismi: se vi sono creditori con interessi contrapposti (p.es. creditori garantiti vs chirografari), deve mediare senza parteggiare. L’indipendenza è così cruciale che la scoperta postuma di un conflitto non dichiarato potrebbe portare all’invalidazione di atti o a responsabilità per l’esperto. Dunque, un professionista nominato esperto deve fare un attento check di indipendenza prima di accettare (conoscenze pregresse, incarichi ricevuti, etc.).

Poteri limitati: a differenza di un curatore o di un commissario giudiziale, l’esperto non ha poteri gestori o dispositivi sul patrimonio dell’impresa. Non può disporre dei beni, né vincolare giuridicamente l’azienda o i creditori con decisioni unilaterali. Non può ad esempio obbligare un creditore a sospendere un’azione, a meno che ciò non rientri in misure protettive concesse dal giudice. Se l’imprenditore compie atti senza consultarlo, l’esperto al massimo può dissentire e riferirlo al giudice, ma non annullarli direttamente. Questa assenza di poteri forti è coerente con la natura volontaria della procedura. L’esperto però ha l’“arma” della sua relazione: se l’imprenditore agisse scorrettamente (es. pagasse di nascosto un creditore preferenziale violando la par condicio), l’esperto potrebbe decidere di interrompere le trattative e scrivere una relazione negativa che, di fatto, metterebbe l’impresa in una posizione critica (fine delle protezioni, possibili azioni per bancarotta preferenziale, etc.).

Doveri di diligenza e riservatezza: l’esperto deve svolgere l’incarico con la diligenza del buon professionista. Ciò significa dedicare il tempo adeguato, studiare i documenti, condurre le negoziazioni con metodo. Se l’incarico è complesso (grandi imprese con tanti creditori), l’esperto potrebbe farsi coadiuvare da collaboratori o collegi di esperti (ad esempio nominando perito estimatore per valutare un immobile, se serve per le trattative). Importante è anche il dovere di riservatezza: le informazioni acquisite sull’impresa sono coperte da segreto (salvo ciò che va comunicato per legge in tribunale). Questo rassicura l’imprenditore che aprirsi all’esperto non significa diffondere i propri problemi sul mercato. È prevista anche una forma di esonero dal segreto d’ufficio per la comunicazione con l’esperto: ad esempio, la banca può fornire all’esperto dati coperti da segreto bancario sull’azienda, perché è un obbligo di legge ai fini del risanamento.

Responsabilità e tutele: l’esperto può incorrere in responsabilità civile qualora, per dolo o colpa grave, cagioni danni alle parti. Ad esempio, se viola i doveri di riservatezza causando un danno reputazionale all’impresa, potrebbe esserne chiamato a rispondere. Oppure se attesta fatti falsi nella sua relazione finale (favorendo magari indebitamente l’imprenditore), potrebbe risponderne verso i creditori danneggiati. In casi estremi, potrebbero profilarsi anche responsabilità penali (falso in attestazioni, concorso in bancarotta se favorisse distrazioni, etc.), come per gli attori delle procedure concorsuali ordinarie. Tuttavia, va detto che il legislatore ha previsto alcune esenzioni di responsabilità per l’esperto e l’imprenditore che agiscono in buona fede: ad esempio, i pagamenti autorizzati dall’esperto in pendenza di trattative non sono revocabili in un successivo fallimento, e l’imprenditore è esente da alcune fattispecie di reato fallimentare se ha seguito le indicazioni del piano (le cosiddette esimenti penali dell’art. 25-bis, che però sono state modificate: attualmente si concentra sul fatto che dal momento dell’accettazione dell’incarico dell’esperto, alcuni reati di bancarotta impropria per ritardata richiesta fallimento non si applicano). Questo per incentivare a cooperare senza paura di conseguenze penali, a patto di comportarsi correttamente. L’esperto stesso non può essere citato in giudizio per aver dato pareri o suggerimenti, se lo ha fatto secondo scienza e coscienza: insomma, la responsabilità sorge solo se c’è negligenza o malafede evidenti.

Compenso: l’esperto ha diritto a un compenso proporzionato alla dimensione e complessità dell’impresa. I criteri sono stabiliti da un decreto ministeriale. Può essere previsto un compenso variabile legato al raggiungimento di un accordo (ad esempio un bonus se la composizione va a buon fine). Il pagamento spetta all’impresa, ma come detto esiste un contributo pubblico: se la composizione si chiude con un accordo, una quota fino alla metà del compenso può essere coperta dallo Stato (fondo istituito presso MISE/MiSE). Se invece l’impresa è piccolissima e incapiente, l’esperto può ricevere un’indennità minima dal fondo. In ogni caso, l’esperto non lavora gratis; questo è importante per i costi: l’imprenditore deve valutare la sostenibilità anche economica di intraprendere la procedura (costano meno di un concordato di solito, ma un certo onorario all’esperto è dovuto).

In sintesi, l’esperto è figura neutrale ma al contempo motore dell’intera procedura. Gli imprenditori devono instaurare con lui un rapporto di fiducia e collaborazione totale, fornendo dati veritieri e seguendo i suoi consigli. Dall’altro lato, i creditori possono vedere nell’esperto un garante che il risanamento proposto non sia campato in aria: infatti l’esperto, prima di sostenere un accordo, deve convincersi e convincerli che il piano è credibile e conveniente per loro.

Un ultimo aspetto: il parere finale e la chiusura. Quando l’esperto conclude il suo lavoro, come detto, redige la relazione finale che viene comunicata all’imprenditore e pubblicata nel Registro delle Imprese (se positiva, e se ci sono accordi da pubblicare) oppure depositata in tribunale (se negativa, per permettere i passi successivi, ad esempio concordato semplificato). Con ciò, l’incarico dell’esperto termina e la composizione negoziata si considera chiusa. Qualunque sia l’esito, l’esperto rientra nel suo alveo professionale e non ha ulteriori compiti (salvo, se previsto, vigilare sulla corretta esecuzione degli accordi – ma in genere quell’attività non è formalizzata, potrebbe tuttavia essere concordata fra le parti che l’esperto resti come monitor esterno per un periodo).

Con questa panoramica sul ruolo dell’esperto, abbiamo concluso la parte procedurale “generale”. Passiamo ora al cuore fiscale della guida: come vengono trattati i debiti tributari e contributivi nella composizione negoziata, quali agevolazioni sono previste (dilazioni, riduzioni) e come si implementa la transazione fiscale con l’Agenzia delle Entrate.

Capitolo 6 – Gestione dei Debiti Fiscali nella Composizione Negoziata: Misure Premiali e Dilazioni

Uno dei motivi che rendono la composizione negoziata un’opportunità interessante per molte imprese in crisi è la presenza di misure fiscali di favore, i cosiddetti “premi” fiscali, che agevolano la gestione dei debiti tributari. In questo capitolo esamineremo nel dettaglio queste misure e come si concretizzano le dilazioni fiscali nell’ambito delle trattative.

Le misure in questione sono codificate nell’art. 25-bis CCII (introdotto con la L. 147/2021 e poi modificato successivamente). Esse prevedono, in sintesi:

  • Riduzione degli interessi e sanzioni sui debiti tributari in certe condizioni;
  • Possibilità di rateizzare i debiti tributari (anche quelli non ancora affidati all’agente della riscossione) oltre i limiti ordinari;
  • Sospensione o attenuazione di alcune sanzioni penali e premialità per l’imprenditore diligente.

Analizziamo punto per punto.

6.1 Misure premiali fiscali: riduzione di interessi e sanzioni (art. 25-bis CCII)

L’art. 25-bis prevede che per le imprese che accedono alla composizione negoziata e arrivano ad una soluzione positiva (ossia concludono le trattative con un accordo, stragiudiziale o concorsuale), scatti una riduzione degli importi dovuti a titolo di interessi e sanzioni sui debiti tributari. Le situazioni sono distinte per periodo di formazione del debito:

  • Interessi maturati durante le trattative: se la composizione negoziata si conclude con un esito positivo (accordo stragiudiziale o accordo di ristrutturazione omologato) e l’impresa prosegue l’attività, gli interessi maturati sui debiti tributari dall’accettazione dell’incarico dell’esperto fino alla conclusione delle trattative vengono ridotti al tasso legale. In pratica, invece di applicare i tassi di mora fiscali (che possono essere anche superiori al 4% annuo), si applica il più basso tasso legale (nel 2022-2023 era intorno al 1-2% annuo). Questo comporta un risparmio sugli interessi accumulati nel periodo di negoziazione. Se però la composizione fallisce e l’azienda finisce in liquidazione giudiziale, questo beneficio viene meno: gli interessi torneranno ad essere calcolati in misura piena (cd. “riespansione” degli interessi). Lo scopo è premiare chi concluda con successo il risanamento mantenendo l’attività in vita.
  • Sanzioni e interessi su tributi pregressi: per i debiti tributari già esistenti prima della composizione, l’art. 25-bis prevede ulteriori riduzioni di sanzioni e interessi, ma modulati a seconda del percorso finale:
    • Se la composizione negoziata sfocia in un accordo stragiudiziale (contratto) o in un accordo di ristrutturazione omologato, le sanzioni tributarie e gli interessi di mora relativi ai debiti tributari maturati fino all’omologa o alla conclusione dell’accordo possono essere ridotti in modo significativo. In alcuni casi, la norma parla di riduzione delle sanzioni fino al 20% (quindi pagamento solo del 20% delle sanzioni) e interessi ridotti al tasso legale o addirittura esonero totale delle sanzioni, se certe condizioni sono soddisfatte. Bisogna distinguere: i commi 1 e 2 di 25-bis trattano interessi e sanzioni su debiti fiscali rispettivamente durante la trattativa e anteriore, mentre il comma 3 concede benefici se poi l’impresa accede ad un diverso strumento (es. concordato preventivo). L’interpretazione è complessa e la norma ha avuto aggiustamenti, ma semplificando: l’impresa che risolve la crisi grazie alla composizione può godere di una sorta di “sanatoria” sulle componenti accessorie del debito fiscale (sanzioni amministrative e interessi di mora), analogamente a quanto avviene nelle rottamazioni delle cartelle decise dal legislatore in via straordinaria. In pratica, si paga il solo capitale dell’imposta dovuta (o la quota concordata in transazione fiscale, come vedremo) e una parte ridotta di interessi, con sanzioni molto ridotte o azzerate.
    • Un esempio per concretizzare: supponiamo che un’azienda abbia €100.000 di IVA non pagata da anni e €20.000 di sanzioni e interessi su quel debito. Se grazie alla composizione negoziata trova un accordo con continuità, potrebbe beneficiare della riduzione di sanzioni/interessi e ritrovarsi a dover pagare solo €100.000 + magari €2.000 di interessi legali, con un risparmio di €18.000 rispetto al dovuto originario (questo in assenza di transazione fiscale; con la transazione fiscale, come vedremo, potrebbe ridursi anche il capitale).
    • Attenzione: questi benefici premiali non sono frutto di discrezionalità del Fisco, ma sono concessi ex lege al verificarsi delle condizioni (composizione conclusa con accordo, continuità aziendale assicurata e convenienza per il Fisco rispetto alla liquidazione). È quasi una “ricompensa” per aver risanato con successo. Se però poi l’impresa ricade in insolvenza (entro i successivi 2 anni, ad esempio), i benefici possono decadere retroattivamente.
  • Tributi locali e contributi: l’art. 25-bis originariamente si riferiva ai tributi erariali (Stato) e contributi previdenziali, ma vi erano dubbi interpretativi. In generale, anche gli enti locali (Comuni per IMU, TARI) e gli enti previdenziali (INPS) possono su base volontaria concedere simili riduzioni di sanzioni e interessi nelle trattative. Tuttavia, come vedremo meglio, la possibilità di transigere formalmente tributi locali e contributi non è stata espressamente introdotta come per l’erario, creando disparità (esaminate in Capitolo 7). Nonostante ciò, l’impostazione della composizione è di tipo contrattuale, quindi se un Comune accetta di rinunciare alle sanzioni nel contesto di un accordo, nulla lo vieta (il problema è che manca una norma di riferimento come per lo Stato). Almeno per i debiti locali già in cartella esattoriale, vige lo stesso trattamento di rottamazione: l’agente della riscossione può applicare l’annullamento delle sanzioni e interessi come previsto per lo Stato, ma formalmente la Corte dei Conti nel 2025 ha segnalato la necessità di un intervento normativo per legittimare a pieno titolo queste transazioni su tributi locali.

In conclusione, le misure premiali fiscali legate all’art. 25-bis CCII si traducono essenzialmente in un forte alleggerimento del carico di sanzioni e interessi sul debito tributario per le imprese che risanano con successo tramite composizione negoziata. Ciò allinea l’istituto a una logica di “rottamazione indiretta” di tali oneri. Dal punto di vista dell’imprenditore, questo significa che nella pianificazione del piano di risanamento può considerare di dover rimborsare soprattutto il capitale delle imposte dovute, potendo confidare in uno sconto sulle parti accessorie.

6.2 Dilazione dei debiti tributari: fino a 120 rate per imposte e cartelle

Accanto alla riduzione qualitativa (sanzioni/interessi), l’altro grande incentivo fiscale riguarda la dilazione nel tempo del pagamento dei debiti fiscali. In composizione negoziata, grazie sia alle norme premiali che alla transazione fiscale (di cui parleremo approfonditamente nel prossimo capitolo), è possibile ottenere piani di rateazione molto più lunghi di quelli normalmente concessi dal Fisco.

In particolare:

  • Rate fino a 120 mesi (10 anni): l’art. 25-bis, comma 4 CCII dispone che, se le trattative si chiudono con un contratto ex art. 23 c.1 lett. a) o con un accordo ex lett. c) (quindi accordo sottoscritto da imprenditore, creditori ed esperto), l’Agenzia delle Entrate concede su richiesta un piano di rateazione fino a 72 rate mensili per il pagamento delle somme dovute. Questo è ciò che recitava inizialmente la norma (72 rate, cioè 6 anni). Tuttavia, con le modifiche del 2024, si è andati ben oltre: è stata riconosciuta la possibilità di arrivare a 120 rate in casi di particolare gravità. Infatti, già nel 2023 l’Agenzia delle Entrate con una risposta ad interpello aveva confermato di poter concedere 120 rate se l’impresa versa in comprovata grave difficoltà. Il correttivo-ter e la transazione fiscale hanno poi sancito i 120 mesi come nuovo orizzonte. Ad esempio, la transazione fiscale inserita nell’art. 23 consente espressamente fino a 120 rate mensili per i debiti erariali oggetto di accordo. Inoltre, relativamente a debiti contributivi INPS e tributi locali già a ruolo, è previsto che la composizione negoziata consente la rateizzazione con lo stesso automatismo della rottamazione, fino a 120 rate se il piano lo giustifica. In parole semplici, significa che l’imprenditore può spalmare il pagamento dei suoi debiti fiscali su 10 anni, riducendo enormemente l’esborso mensile e facilitando la sostenibilità del piano di risanamento. Un vantaggio del genere, al di fuori della composizione, si ottiene solo aderendo alle rottamazioni/quater (che però richiedono intervento legislativo e scadenze specifiche) o dimostrando uno stato di difficoltà grave per avere piani straordinari (ma con procedure complesse).
  • Debiti non ancora a ruolo (non in cartella): una particolarità interessante è la possibilità di rateizzare anche i debiti fiscali non ancora iscritti a ruolo. Normalmente, se un’impresa ha un debito risultante da dichiarazione o accertamento non ancora passato all’Agente della Riscossione, può chiedere rate solo all’ufficio (Agenzia Entrate) ma con limiti di 6 anni salvo rare eccezioni. In composizione negoziata, invece, l’art. 25-bis comma 4-5 permette che questi debiti (ad esempio un avviso bonario, un accertamento non definitivo) vengano inclusi in piani di rientro lunghi. L’Agenzia Entrate è autorizzata a concedere fino a 6 anni (72 rate) anche indipendentemente dall’importo; e attraverso la transazione fiscale si può arrivare anche a 10 anni. Questo consente di trattare in modo unitario tutto il pacchetto dei debiti tributari: sia quelli già a ruolo (cartelle esattoriali) sia quelli “diretti” (in fase amministrativa).
  • Debiti già a ruolo (cartelle): per le cartelle esattoriali, l’Agente della Riscossione normalmente può dare piani fino a 6 anni (72 rate) o eccezionalmente 10 anni (120 rate) se il debito supera certa soglia e l’impresa dimostra peggioramento temporaneo indice di difficoltà. In composizione negoziata, grazie all’art. 25-bis e al nuovo art. 19 DPR 602/73 modificato dal D.Lgs. 110/2024, si allinea il tutto: l’Agente della Riscossione deve concedere piani fino a 120 rate se l’esperto certifica la necessità nel piano di risanamento. Addirittura, il D.Lgs. 110/2024 ha reso di carattere generale la possibilità di 120 rate per chiunque versi in difficoltà (non solo in composizione), ma nell’ambito della composizione c’è un contesto controllato che dà più garanzie al Fisco (perché c’è l’esperto, c’è la prospettiva di risanamento).
  • Interessi ridotti durante la dilazione: oltre al numero di rate, altro vantaggio è che gli interessi sulle rate potrebbero essere ridotti. In una normale dilazione, le rate sono caricate di interessi di rateazione (tasso di dilazione di circa il 4% annuo nella riscossione). Nelle dilazioni “premiali” di composizione, questi interessi possono essere limitati al tasso legale o simili. Quindi il debito non cresce sensibilmente mentre si paga.
  • Conseguenze del mancato pagamento: un punto da tenere presente è che se l’impresa ottiene un piano di 10 anni e poi non rispetta le rate, l’accordo decade e tornano dovute per intero sanzioni e interessi non pagati (oltre al residuo debito). Quindi, la dilazione fiscale in composizione è un’opportunità, ma impegna l’impresa su un lungo periodo. Il piano di risanamento deve essere molto realistico per garantire che le rate verranno pagate regolarmente per 10 anni. In caso di default, l’Agente della Riscossione riprenderà le azioni esecutive dal punto in cui erano state sospese, e i benefici decadono (ad esempio, se c’era stato stralcio di sanzioni, queste possono “riespandersi” in parte).
  • Compatibilità con altre definizioni agevolate: può succedere che durante la composizione negoziata il legislatore vari una rottamazione quater o un saldo e stralcio. In tal caso l’imprenditore può certamente aderire a quelle misure (che sono di legge) per ridurre ulteriormente il debito. Ad esempio nel 2023-2024 c’è stata la Rottamazione-quater riaperta fino al 30 aprile 2025: un’impresa in composizione avrebbe potuto aderirvi per le sue cartelle fino al 2020, riducendo il carico e poi trattare il resto in composizione. L’esperto deve tenere conto di queste opportunità e integrarle nel piano (sono anch’esse strumenti deflattivi del contenzioso, ne diremo al Cap. 7). La composizione negoziata è compatibile con l’utilizzo di ogni mezzo lecito per abbattere il debito fiscale: definizioni agevolate, ravvedimenti, ecc.

In definitiva, la composizione negoziata, specie dopo le modifiche del 2024, offre sul fronte dilazione fiscale un ventaglio massimo: fino a 120 rate mensili (10 anni) per pagare i debiti con il Fisco, con sanzioni e interessi notevolmente ridotti o annullati. È come avere una rottamazione-quater perpetua personalizzata calibrata sulla singola azienda, se questa però si impegna in un credibile percorso di risanamento. Non è un caso che autorevoli commentatori abbiano definito la composizione negoziata “una sorta di rottamazione indiretta” perché consente effetti analoghi: niente sanzioni, interessi calmierati, lunga rateazione.

Va ribadito che tali concessioni non sono automatiche “di default”: vanno negoziate e formalizzate nell’ambito di un accordo (o quantomeno richieste formalmente all’Agenzia con l’avallo dell’esperto). Inoltre, riguardano principalmente i tributi erariali (Stato); per i contributi INPS e i tributi locali ci sono alcune limitazioni normative attuali (ad es. la transazione fiscale non li copre, come vedremo), ma comunque c’è spazio per dilazioni analoghe.

Nel prossimo capitolo, approfondiremo lo strumento specifico che permette di realizzare giuridicamente queste dilazioni e anche falcidiare il capitale fiscale se necessario: la Transazione Fiscale nell’ambito della composizione negoziata.

Capitolo 7 – La Transazione Fiscale nella Composizione Negoziata (Art. 23 co. 2-bis CCII)

Una delle novità più rilevanti introdotte nel 2024 (D.Lgs. 136/2024) è la possibilità, per l’imprenditore in composizione negoziata, di proporre e concludere una transazione fiscale con le Agenzie fiscali (Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate-Riscossione). Questo istituto – già noto nelle procedure concorsuali dal 2006 (art. 182-ter L.F. ora art. 63 CCII) – consente di trovare un accordo transattivo sui debiti tributari: in sostanza, il Fisco può accettare di essere pagato solo in parte (o comunque non integralmente secondo le originarie scadenze) a fronte di un piano di risanamento dell’impresa, purché l’accordo sia più vantaggioso di una liquidazione.

Vediamo come è disciplinata la transazione fiscale nella composizione negoziata, secondo il nuovo art. 23 comma 2-bis CCII (inserito dal correttivo-ter) e i primi orientamenti applicativi:

  • Oggetto della transazione: l’accordo transattivo con le agenzie fiscali può avere ad oggetto il pagamento parziale e/o dilazionato dei debiti tributari e relativi accessori (interessi, sanzioni). Ciò significa che l’imprenditore può proporre al Fisco di stralciare una quota del debito (la cosiddetta falcidia del capitale) e/o di pagare il restante in rate nel tempo. Ad esempio, potrebbe offrire di pagare il 50% del totale dovuto, suddiviso su 5 anni, rinunciando il Fisco a sanzioni e interessi. Oppure pagare il 100% delle imposte ma in 10 anni con azzeramento di interessi e sanzioni (che è già di per sé un forte vantaggio). L’accordo può riguardare qualsiasi tributo amministrato dalle Agenzie fiscali, inclusa l’IVA (nota bene: storicamente l’IVA era esclusa da falcidie per vincoli europei, ma ora la direttiva UE consente di includerla in piani di ristrutturazione; il legislatore italiano infatti ha chiarito che l’IVA non è esclusa in questo contesto, contrariamente a qualche iniziale dubbio). Restano invece esclusi dall’oggetto:
    • I debiti previdenziali (INPS, INAIL) – la norma non include gli enti previdenziali, dunque l’INPS non può “transare” formalmente in composizione (il titolo del paragrafo da Advant Nctm: “transazione fiscale (ma non previdenziale)” conferma questa esclusione).
    • I tributi locali (IMU, TARI, ecc.) – attualmente i Comuni non sono coinvolti nell’art. 23 co. 2-bis, quindi un Comune non può aderire formalmente a un accordo di stralcio su imposte comunali. Questo è stato definito un vuoto normativo: la Corte dei Conti Lombardia nel 2025 ha chiarito che serve un intervento legislativo per permettere anche ai Comuni di partecipare, perché oggi come oggi un Comune non ha base giuridica per rinunciare a parte del proprio credito tributario in una composizione. Dunque, tributi locali restano da pagare per intero, salvo riduzioni di interessi come misure premiali.
    • I tributi che costituiscono risorse proprie UE diversi dall’IVA (ad esempio i dazi doganali): questi per legge non possono essere falcidiati dallo Stato membro. Ma nel contesto attuale il principale tributo UE è l’IVA, che invece è includibile come detto.
  • Procedura per proporla: la proposta di transazione fiscale può essere formulata dall’imprenditore durante le trattative a sua discrezione. In pratica, l’imprenditore preparerà una bozza di accordo da sottoporre all’Agenzia delle Entrate (per le imposte dirette, IVA, ecc.) e all’Agenzia Entrate-Riscossione (per le cartelle esattoriali). Si tratta di scrivere in dettaglio quanto intende pagare, in che tempi, e quali eventuali garanzie offre, confrontando il tutto con il presumibile ricavato in caso di fallimento. L’esperto di norma aiuta a predisporre questa proposta e la inoltra ai referenti delle Agenzie. Non c’è un modulo prestabilito pubblico (almeno non ancora); si può seguire l’impostazione analoga alla transazione fiscale nel concordato: elencare i debiti tributari uno per uno e indicare la percentuale e le rate che si offrono.
  • Adesione delle Agenzie fiscali: la transazione fiscale in composizione ha natura contrattuale. Ciò implica che richiede l’accordo delle parti: l’Agenzia delle Entrate e/o Agenzia Riscossione devono formalmente accettare la proposta. Nella pratica, l’accettazione avviene previa istruttoria interna. L’Agenzia delle Entrate valuterà il piano, chiederà verosimilmente documentazione (ad esempio, la relazione dell’esperto, bilanci, ecc.), e deciderà se l’offerta è coerente con il principio di miglior soddisfazione rispetto alla liquidazione. Questo principio è fondamentale: il Fisco può accettare un pagamento parziale solo se l’imprenditore dimostra che, in caso di fallimento, il Fisco stesso recupererebbe ancora meno. Quindi si fa un confronto: Valore in caso di fallimento vs Valore offerto in transazione. Se quest’ultimo è maggiore o almeno uguale (magari in minor tempo), allora l’accordo è conveniente e l’Agenzia potrà aderire. Se invece l’Agenzia stima che in fallimento incasserebbe di più (perché magari ci sono asset sufficienti a pagare tutto il credito erariale privilegiato), allora non avrà motivo di accettare una decurtazione e la rifiuterà. L’art. 23 comma 2-bis prevede che l’accordo deve garantire ai crediti tributari un trattamento non inferiore a quello che avrebbero in una liquidazione (c’è un rinvio implicito ai criteri dell’art. 84 c.6 CCII, analoghi al concordato preventivo in continuità).
  • Ruolo del Tribunale: pur essendo un accordo privatistico, la legge prevede un certo controllo del Tribunale sull’accordo fiscale raggiunto. In particolare, l’accordo transattivo sottoscritto dall’imprenditore e dall’Agenzia viene comunicato all’esperto e depositato presso il Tribunale. Il Tribunale, con decreto, deve verificare la regolarità dell’accordo (cioè che siano rispettate le norme, che ci sia stata la necessaria autorizzazione interna dell’Agenzia, ecc.) e autorizzarne l’esecuzione oppure dichiararne l’inefficacia. Non c’è una vera “omologazione” come nei concordati, ma un controllo di legittimità e correttezza procedurale. Questo intervento è stato voluto per dare maggiore sicurezza giuridica: essendo il credito tributario inderogabile salvo provvedimento giurisdizionale, la presenza del giudice offre ai funzionari fiscali il conforto di un vaglio esterno, e inquadra l’accordo in un perimetro che ne consente la deroga al principio di indisponibilità del tributo. Se tutto è regolare, il giudice autorizza e l’accordo diventa efficace; se invece l’accordo avesse vizi (es. non rispetta il limite di legge di includere IVA, oppure non è stato firmato dal dirigente competente), il giudice lo può dichiarare privo di effetti. Finora, data la novità, non si registrano casistiche pubbliche di diniego.
  • Effetti e risoluzione: una volta approvato, l’accordo fiscale è vincolante. Se l’imprenditore esegue i pagamenti come stabilito, estingue il debito erariale per la parte concordata e la differenza è stralciata. Se però l’imprenditore non adempie agli obblighi (ad esempio salta alcune rate senza rimedio), l’accordo si risolve di diritto. La risoluzione comporta che il Fisco riacquista i suoi diritti originari sull’intero importo (salvando però quanto già eventualmente incassato). Significa che se c’era una falcidia accordata, questa viene meno e il debito originario (al netto dei pagamenti effettuati) può essere di nuovo preteso. In tal caso l’Agenzia Entrate-Riscossione riprenderà l’esecuzione per recuperare il residuo. Dunque, è essenziale per l’impresa rispettare scrupolosamente il piano concordato.
  • Nessun cram-down fiscale necessario: a differenza del concordato preventivo, dove se il Fisco rifiuta la proposta il debitore può chiederne l’imposizione (cram-down) con certe maggioranze, nella composizione negoziata questo non è possibile. Se l’Agenzia Entrate non accetta la transazione, l’imprenditore non può fare altro che pagare il Fisco integralmente o cercare altre vie (magari passare a un concordato preventivo dove invece potrebbe tentare il cram-down fiscale). Questo deriva dalla natura volontaria e non concorsuale della composizione: non essendoci voto né classi, il Fisco non può essere obbligato. Quindi la chiave è convincere il Fisco con una proposta seria e conveniente. Ad oggi, con l’apertura mostrata dalle circolari interne (sappiamo che l’Agenzia è disposta ad accettare transazioni se c’è convenienza e se l’esperto certifica la gravità), la percentuale di accordo dovrebbe essere elevata quando le condizioni sono rispettate.
  • Benefici collegati: quali benefici si ottengono con la transazione fiscale? Molti li abbiamo già enunciati:
    • Falcidia del capitale: il Fisco può rinunciare a parte del credito, anche del capitale d’imposta (cosa di regola vietata altrimenti).
    • Stralcio totale di sanzioni e interessi: solitamente l’Agenzia pretende almeno il capitale, ma su sanzioni e interessi può tranquillamente azzerare (in concordato spesso chiede 0% per sanzioni e interessi). Quindi è presumibile che in composizione i piani vedranno sanzioni e interessi azzerati. Ciò si somma alle misure premiali che già li ridurrebbero.
    • Rate lunghe: l’accordo può prevedere, come detto, fino a 120 rate mensili (10 anni).
    • Sospensione di procedure esecutive: l’Agenzia Entrate-Riscossione, sottoscrivendo l’accordo, sospenderà e poi estinguerà le procedure esecutive in corso sulle cartelle.
    • Conservazione dei privilegi: finché l’accordo è adempiuto, il Fisco mantiene le eventuali garanzie e privilegi (ipoteche, pegni, ecc.) ma ne sospende l’azione. A fine pagamento, rilascerà le liberatorie.

8. Strumenti Deflattivi del Contenzioso Tributario nell’ambito del Risanamento

Nel corso di una composizione negoziata, l’imprenditore può (e dovrebbe) sfruttare tutti gli strumenti deflattivi del contenzioso tributario disponibili per ridurre al minimo le pendenze con il Fisco, evitando lunghe controversie. Per strumenti deflattivi si intendono quelle procedure che permettono di evitare o chiudere in via agevolata le liti fiscali, spesso mediante il pagamento ridotto delle sanzioni o la definizione concordata degli imponibili. Questi strumenti possono integrarsi con la composizione negoziata, contribuendo a definire l’esatto importo dei debiti fiscali da inserire nel piano di risanamento. Ecco i principali:

  • Ravvedimento operoso: Consente al contribuente di correggere spontaneamente omissioni o ritardi di pagamento, versando l’imposta dovuta con sanzioni ridotte e interessi. In pratica, se l’impresa si accorge di non aver versato un tributo, può ravvedersi prima che il Fisco contesti formalmente, pagando una sanzione minima (es. 1/10 del minimo se entro un anno). Ciò evita l’instaurarsi di un contenzioso e di sanzioni piene al 30%. Durante la composizione, l’imprenditore potrebbe ravvedere alcune posizioni (ad esempio IVA non versata pochi mesi prima) per mettere in chiaro il debito e ridurre la sanzione dovuta, prima di negoziarne l’eventuale dilazione.
  • Acquiescenza all’accertamento: Se l’Agenzia delle Entrate emette un avviso di accertamento con maggiori imposte, il contribuente può prestare “acquiescenza”, ovvero accettare il provvedimento senza fare ricorso, beneficiando della riduzione delle sanzioni ad 1/3. Ad esempio, su un accertamento con €50.000 di imposte e €15.000 di sanzioni, facendo acquiescenza le sanzioni si riducono a €5.000. In composizione, se l’imprenditore ritiene di non avere margini di vittoria in giudizio su una pretesa fiscale, può valutare l’acquiescenza per definire il debito rapidamente e a costo sanzionatorio inferiore, inserendolo poi nel piano di pagamento agevolato.
  • Accertamento con adesione: È uno strumento che consente al contribuente e all’ufficio impositore di “trattare” su un accertamento in corso (prima dell’emissione) o già emesso (entro i termini per ricorrere). Le parti si siedono a tavolino e possono concordare una riduzione della pretesa fiscale in base alle evidenze (es. abbattere imponibili contestati, riconoscere parzialmente costi). Se l’adesione si perfeziona, le sanzioni vengono ridotte ad 1/3 del minimo previsto. Questo strumento, dal sapore negoziale, si sposa bene con la composizione: ad esempio, l’azienda ha una verifica fiscale in atto, può chiedere l’adesione ottenendo una riduzione del debito contestato e poi inglobare l’esito nell’accordo di composizione. Così evita anni di processo e spesso consegue una riduzione dell’imposta dovuta e delle relative sanzioni.
  • Reclamo e mediazione tributaria: Per le liti di valore fino a €50.000 relative a atti dell’Agenzia Entrate, è obbligatorio presentare prima del ricorso un reclamo, che contiene anche un’eventuale proposta di mediazione. L’ufficio, valutati i punti della controversia, può accogliere parzialmente il reclamo o formulare un accordo di mediazione con il contribuente, riducendo l’importo contestato. In caso di accordo di mediazione, le sanzioni sono ridotte al 35% (anziché 100%). Se un’impresa in composizione ha uno o più avvisi impugnabili di importo contenuto, tenterà questa strada: definendo in mediazione potrà abbattere sensibilmente il debito prima di doverlo pagare. Ad esempio, da €10.000 di imposte con €6.000 di sanzioni, potrebbe uscirne con €10.000 + €2.100 di sanzioni (35%) invece di €16.000 totali.
  • Conciliazione giudiziale in Commissione tributaria: Anche dopo aver avviato una causa tributaria, è possibile conciliare la lite in udienza. Le parti (contribuente e Agenzia) possono accordarsi su un importo di imponibile o imposta e le sanzioni vengono ridotte al 40% (conciliazione fuori udienza) o al 50% (in udienza) del minimo previsto. La conciliazione pone fine al grado di giudizio e “cristallizza” il debito concordato. Dunque, un’azienda già in contenzioso può, durante la composizione, proporre una conciliazione all’Agenzia, magari presentandola come parte di un piano più ampio di rientro. Se la conciliazione va a buon fine, il debito risultante (spesso inferiore al contestato iniziale) rientra nel novero di quelli da soddisfare nella composizione.
  • Definizioni agevolate delle liti tributarie pendenti: Talvolta il legislatore approva normative speciali per chiudere le liti fiscali pendenti, pagando solo una percentuale del valore (ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 ha previsto la definizione delle liti con esito favorevole in primo o secondo grado pagando dal 15% al 40% del valore, e del 100% se perse). Se durante la composizione è in vigore una norma del genere, l’imprenditore farà bene ad aderirvi, poiché ciò ridurrà drasticamente il debito contestato. Ad esempio, se vi è un contenzioso su €100.000 e la legge consente di chiudere pagando il 50%, l’azienda versa €50.000 e elimina l’incertezza, potendo poi concentrare la trattativa su come dilazionare quel dovuto.
  • Definizione agevolata dei carichi affidati all’Agente della Riscossione (rottamazioni delle cartelle): Queste misure – anch’esse straordinarie, attivate a più riprese (rottamazione ter, quater, ecc.) – permettono di estinguere i debiti iscritti a ruolo (cartelle) pagando solo il capitale e un interesse ridotto, con stralcio totale di sanzioni e interessi di mora. Ad esempio la “rottamazione-quater” (2023) consente di pagare i ruoli 2000-2017 senza sanzioni e interessi di mora in massimo 18 rate. Un’impresa che ha aderito, dunque, su una cartella da €50.000 di cui €30.000 di imposta e €20.000 tra sanzioni e interessi, pagherà solo €30.000 (più un 3% circa di aggio). La composizione negoziata, pur avendo meccanismi propri simili, non preclude affatto la possibilità di beneficiare di queste rottamazioni legislative. Anzi, l’imprenditore deve monitorare tali opportunità: se al momento in cui tratta col Fisco è aperta una finestra di definizione agevolata, la includerà nel piano. Ad esempio, può aderire alla rottamazione per i carichi fino a una certa data (ottenendo lo stralcio automatico di sanzioni) e per i debiti fuori ambito rottamazione proporre la transazione fiscale. Così massimizza il beneficio complessivo. Va però coordinato il tutto con l’esperto e informandone i creditori, per trasparenza.
  • Autotutela amministrativa: In alcuni casi, i debiti iscritti a ruolo o accertati potrebbero essere errati o illegittimi. L’impresa può presentare un’istanza di autotutela chiedendo all’ente impositore di annullare o rettificare in via amministrativa l’atto. Questo non è un vero strumento “agevolativo” (perché dipende dall’errore dell’ufficio), ma è deflattivo perché risolve la questione senza contenzioso. Dunque, se l’esperto e i consulenti individuano, poniamo, che una sanzione è stata duplicata o un calcolo è sbagliato in cartella, possono invitare l’ente a correggerlo in autotutela, riducendo il debito prima di formalizzare l’accordo.

Tutti questi strumenti, opportunamente utilizzati, consentono all’impresa di ridurre il carico fiscale “teorico” prima di procedere alla definizione negoziata finale. L’esperto indipendente, soprattutto se esperto anche in materia tributaria, può suggerire quali utilizzare caso per caso. Ad esempio, potrebbe consigliare di definire un accertamento con adesione (perché l’azienda ha torto palese) così da togliere dal tavolo una potenziale causa e inserire quel debito definito nella transazione fiscale.

Va evidenziato che l’uso degli strumenti deflattivi richiede liquidità: ad esempio, fare acquiescenza o adesione comporta di solito il pagamento del dovuto entro 20 giorni dall’accordo. Se l’azienda non dispone subito dei fondi, potrebbe includere questo pagamento tra quelli da finanziare tramite nuova finanza o intervento dei soci. In alcuni casi, comunque, anche queste somme possono essere rateizzate (adesione e acquiescenza consentono il pagamento in 8 rate trimestrali). L’importante è coordinare i vari pezzi del puzzle finanziario.

Integrazione con la composizione negoziata: idealmente, prima di concludere un accordo col Fisco in composizione, l’impresa chiude tutti i fronti aperti col Fisco stesso. Ciò significa: definire gli importi contestati con adesioni o conciliazioni, aderire a rottamazioni in corso, ecc. Dopodiché, resta un monte di debito fiscale “certo, liquido e definito” su cui effettuare la transazione fiscale o comunque la dilazione. Questo rende il piano più solido. Immaginiamo una situazione concreta:

  • Senza deflattivi: l’azienda ha €500.000 di debiti fiscali, di cui €200.000 in cartelle (con sanzioni/interessi inclusi) e €300.000 oggetto di un ricorso in commissione tributaria. Finché il ricorso è pendente, quel €300.000 è incerto (potrebbe diventare zero se vincesse). Il Fisco difficilmente lo stralcerà in transazione finché c’è giudizio (pretenderà magari la rinuncia al ricorso come condizione). Usando gli strumenti: l’azienda potrebbe conciliare la lite a €150.000 (pagando ad esempio €100.000 imposte + €50.000 sanzioni ridotte al 40%), definendo così il suo debito. A quel punto avrà €100.000 (cartelle “rottamabili”, ridotte a €80.000 senza sanzioni) + €150.000 da conciliazione. Totale certo €230.000. Su questo potrà costruire la transazione fiscale, magari offrendo €200.000 in 10 anni. Il vantaggio evidente è aver ridotto il debito dall’incognita €500.000 a un concreto €200.000 grazie ai deflattivi.

In conclusione di questo capitolo, è bene ricordare che composizione negoziata e strumenti deflattivi non sono mutuamente esclusivi, anzi vanno a braccetto. Il periodo di trattative può essere utilizzato dall’imprenditore per “fare pulizia” delle sue pendenze tributarie nelle forme agevolate consentite, sotto la supervisione dell’esperto. L’Agenzia delle Entrate stessa vede di buon occhio chi attiva tali strumenti, perché mostrano volontà collaborativa. Spesso, nell’ambito delle interlocuzioni con il Fisco (di cui diremo tra poco), gli uffici suggeriscono all’impresa: “definisci quell’accertamento e poi discutiamo del resto”. Un comportamento attivo su questo fronte può quindi facilitare anche la riuscita della transazione fiscale globale. L’importante è pianificare attentamente i flussi finanziari e tenere informato l’esperto di ogni mossa, per evitare sorprese ai creditori.

9. Interlocuzione con l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia della Riscossione

Un elemento cruciale di una composizione negoziata con debiti fiscali rilevanti è la gestione dei rapporti con gli enti impositori e riscossori, in particolare l’Agenzia delle Entrate (competente per le imposte dirette, IVA, registro, ecc.) e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER), che gestisce la riscossione coattiva dei tributi e contributi (ex Equitalia). Mentre il Capitolo 7 ha illustrato gli aspetti tecnici della transazione fiscale, qui ci concentriamo sugli aspetti pratici dell’interlocuzione: come contattare gli uffici, con chi dialogare, quali documenti fornire e quali strategie comunicative adottare per massimizzare le chance di accordo.

Coinvolgimento tempestivo degli enti fiscali: sin dall’avvio della composizione negoziata, se i debiti tributari sono rilevanti, l’esperto tende a coinvolgere presto l’Agenzia delle Entrate e l’AdER. Di solito l’esperto invia una comunicazione formale alle Direzioni competenti, informandole che l’azienda è in composizione negoziata e che si intende discutere la ristrutturazione dei debiti fiscali. Questo serve sia a instaurare un canale di dialogo dedicato, sia a sospendere eventuali iniziative esecutive: capita spesso che, sapendo della composizione, l’AdER sospenda nuove ganasce o pignoramenti in attesa di vedere l’esito (anche indipendentemente dalle misure protettive). In alcuni casi, l’esperto può invitare i funzionari del Fisco a partecipare a un incontro con tutti i principali creditori, oppure tenerli aggiornati separatamente. La cooperazione e trasparenza sono fondamentali: Agenzia Entrate e Riscossione apprezzano ricevere informazioni aggiornate sullo stato dell’impresa, sul suo patrimonio, sulle cause della crisi e soprattutto sulle prospettive.

Individuazione dell’ufficio competente: un dubbio pratico è: con chi parlare esattamente? – Nel caso dell’Agenzia delle Entrate, generalmente è coinvolta la Direzione Provinciale dove l’azienda ha il domicilio fiscale, spesso tramite l’ufficio legale/fiscale interno. Tuttavia, per transazioni importanti, la pratica potrebbe essere seguita dalla Direzione Regionale che coordina le grandi contribuenze. In ogni caso, la proposta di transazione fiscale andrà indirizzata al Direttore Provinciale/Regionale competente, che la valuterà con il supporto dei funzionari. Nel caso dell’Agenzia della Riscossione, esiste un ufficio dedicato alle dilazioni e transazioni. AER ha emanato internamente direttive per gestire queste procedure ex art. 23 CCII, generalmente affidando il compito alle sue Direzioni Regionali legali. L’esperto solitamente ottiene i nominativi dei referenti (possono essere gli stessi che gestiscono ordinariamente le istanze di rateizzazione straordinaria).

Documentazione da fornire: per convincere il Fisco ad accordare dilazioni o falcidie, occorre fornire un quadro chiaro e convincente. L’imprenditore, attraverso l’esperto, dovrà presentare:

  • Situazione debitoria dettagliata: elenco di tutte le posizioni debitorie verso Erario, con distinzione tra carichi a ruolo (cartelle, con numero e importo) e debiti diretti (imposte dichiarate e non versate, accertamenti in corso, ecc.). Spesso si allegano gli estratti di ruolo aggiornati (che si possono ottenere online dall’area EquiPro) e gli avvisi di accertamento o liquidazione ricevuti.
  • Bilanci e situazione economico-patrimoniale: per far comprendere la crisi e la possibilità di risanamento. L’Agenzia valuterà la bontà del piano anche guardando i margini futuri dell’impresa. Utile è fornire il piano industriale e finanziario elaborato (lo stesso usato in composizione), evidenziando i flussi di cassa che verranno destinati al pagamento dei debiti fiscali.
  • Perizia o attestazione dell’esperto sulla convenienza per il Fisco: un elemento chiave. L’esperto di regola redige un documento in cui attesta che la proposta formulata al Fisco è migliorativa rispetto all’alternativa liquidatoria (in altri termini: “se l’azienda fallisse, il Fisco prenderebbe X; con questa proposta prenderà X+qualcosa o comunque non meno di X, e in tempi più brevi”). Questa attestazione è fondamentale per superare eventuali rigidità normative interne. Infatti, i funzionari finanziari hanno come parametro legale di riferimento proprio la convenienza economica dell’accordo. Fornire loro un’attestazione indipendente li mette al riparo da critiche della Corte dei Conti o disciplinari: potranno motivare l’adesione col fatto che l’esperto indipendente ha certificato la maggior convenienza.
  • Eventuali garanzie o impegni accessori: se l’accordo prevede garanzie (ad es. un’ipoteca volontaria a favore dell’Erario su un immobile, o la fideiussione di terzi per le rate), è opportuno includere le bozze degli atti o le lettere d’intenti relative. Qualunque elemento che aumenti la credibilità dell’impegno (collaterali, covenants, ecc.) va evidenziato.
  • Richiesta formale di rateazione straordinaria (se opportuna): spesso, parallelamente alla transazione, si può protocollare una domanda di rateazione ex art. 19 DPR 602/1973 per i carichi a ruolo, chiedendo il piano in 120 rate. Oggi la norma (come modificata nel 2024) permette all’Agente della Riscossione di concedere fino a 10 anni a fronte di comprovata e grave difficoltà. L’esistenza di una composizione negoziata con piano di risanamento asseverato di per sé è una prova di difficoltà. Quindi AER tende ad accogliere queste richieste. La domanda può essere fatta online sul portale ADER, ma nel contesto della composizione spesso viene “assorbita” dalla transazione fiscale (che definisce sia la durata che l’importo da pagare).

Comunicazioni e incontri: dopo aver presentato la proposta e la documentazione, seguirà spesso un confronto diretto. A seconda dei casi:

  • L’Agenzia delle Entrate può inviare richieste integrative o di chiarimenti tramite PEC. Ad esempio, può chiedere conferma che l’IVA compresa nell’accordo è effettivamente relativa a operazioni proprie (non rivalsa di terzi) – cosa ora permessa, come detto.
  • Possono essere fissati incontri (anche telematici) tra l’esperto, i consulenti dell’impresa e i funzionari del Fisco. In tali riunioni si discutono i dettagli: se la percentuale offerta appare troppo bassa, il Fisco potrebbe chiedere di migliorarla; oppure chiedere di anticipare una parte subito e il resto in rate; o ancora porre condizioni (es: “rinuncia ai ricorsi pendenti” – che comunque è implicita se si chiude un accordo). È un vero e proprio negoziato dentro il negoziato. L’esperto svolge un ruolo determinante di facilitatore anche qui, facendo leva sui suoi rapporti istituzionali e sul convincimento tecnico.
  • L’Agente della Riscossione, dal canto suo, verificherà se ci sono procedure esecutive in corso (pignoramenti, ipoteche) e in genere, se percepisce la seria volontà di definire il tutto, sospende le azioni esecutive durante le trattative (soprattutto se ci sono misure protettive attive, è tenuto a farlo). Può anch’esso partecipare a incontri congiunti con l’Entrate oppure trattare separatamente la parte di propria competenza (sanzioni e interessi su ruoli).
  • Se vi sono debiti INPS considerevoli, pur non essendo coinvolto in transazione fiscale, è opportuno mantenere contatti anche con l’INPS (es. Direzione provinciale crediti). L’INPS potrà concedere dilazioni massime di 6 anni di suo (salvo norme speciali), ma potrebbe essere invitato a non attivare azioni esecutive immediate (l’INPS comunque, se la composizione è nota, di solito attende gli sviluppi prima di iscrivere un’ipoteca o procedere per vie legali, specie se l’impresa è in regola con i contributi correnti).
  • Formalizzazione dell’accordo: quando tutti i punti sono chiariti, l’Agenzia delle Entrate darà il via libera. Formalmente la transazione fiscale si perfeziona con uno scambio di firme su un accordo scritto (spesso viene predisposto dall’Avvocatura o Ufficio legale dell’Agenzia in formato di scrittura privata). L’imprenditore lo sottoscrive e l’Agenzia firma per accettazione tramite il Direttore provinciale o un suo delegato. Analogamente AdER firma per la parte di sua competenza. L’esperto controfirma per attestazione e lo deposita in Tribunale per la presa d’atto (come spiegato in Cap.7). Tutto questo iter, benché sembri lungo, avviene in tempi relativamente rapidi: di solito nell’arco di pochi mesi, compatibili con la durata della composizione.

Atteggiamento degli enti fiscali: in questa sede è utile sottolineare che, a differenza di un passato talvolta rigido, oggi l’Agenzia delle Entrate e la Riscossione hanno un approccio più flessibile verso gli strumenti di crisi d’impresa:

  • Hanno riconosciuto che la composizione negoziata può dare esiti migliori anche per l’Erario rispetto ai fallimenti (dove spesso il Fisco realizza percentuali basse). Articoli di stampa specializzata riportano come il Fisco sia disposto a concessioni simili a una rottamazione-quinquies proprio tramite il nuovo accordo fiscale.
  • Internamente, sono state emanate circolari e linee guida: ad esempio, una circolare del 2022 (Circolare AE 3/E del 4-2-2022) ha iniziato a dare primi chiarimenti sul trattamento IVA e altre questioni nelle crisi, seguita poi da istruzioni operative dopo il correttivo 2024. Anche l’Agenzia della Riscossione è stata investita dalla riforma: il D.Lgs. 110/2024 ha modificato le norme sulla rateazione dei ruoli per allinearle al CCII. Insomma, c’è un framework normativo chiaro ora, che consente ai funzionari di muoversi senza timore di violare norme di contabilità pubblica.
  • Naturalmente, ogni concessione è ponderata. Se l’impresa ha patrimoni occultati o paga dividendi ai soci mentre chiede lo sconto al Fisco, difficilmente troverà orecchie favorevoli. Invece, se dimostra di aver fatto sacrifici (es. i soci immettono capitali freschi per pagare almeno in parte il debito erariale), il Fisco è ben disposto. “Più la crisi è conclamata e ben documentata, maggiore sarà la flessibilità concessa dal fisco” come sintetizzato efficacemente dalla stampa specializzata.

Coordinamento con il Tribunale: un aspetto da non trascurare è che l’esperto e il Tribunale (ove coinvolto per misure protettive) devono essere informati sull’andamento delle interlocuzioni col Fisco. Spesso, per ottenere la proroga delle misure protettive dopo i primi mesi, l’esperto relaziona al giudice che “sono in corso trattative avanzate con l’Agenzia delle Entrate per la transazione fiscale e con altri creditori per accordi” e chiede quindi di estendere la protezione. Se il giudice vede progressi reali (es. una bozza di accordo fiscale già approvata dall’Ente, soggetta solo a formalizzazione), sarà ben disposto a concedere tempo extra. Viceversa, se rileva stallo, potrebbe spingere per concludere la composizione (positivo o negativo). Dunque, mantenere il giudice aggiornato è utile anche a dare credibilità all’operazione e guadagnare tempo necessario a finalizzarla.

In definitiva, l’interlocuzione con Agenzia Entrate e Riscossione nella composizione negoziata va condotta in modo professionale e proattivo: fornendo dati chiari, attestando la convenienza, e mostrando un atteggiamento collaborativo. Dall’altra parte del tavolo non c’è più un muro invalicabile, ma soggetti che – nei limiti imposti dal loro ruolo pubblico – possono comportarsi quasi come “creditori commerciali”: valutano un’offerta e decidono se accettarla per recuperare il massimo possibile, tenuto conto del rischio di perdita.

Molte imprese sono sorprese nel vedere che è effettivamente possibile “mettersi d’accordo” con il Fisco, patteggiando importi e scadenze. La composizione negoziata ha proprio aperto questo canale, prima riservato solo al concordato preventivo. Con un dialogo ben gestito, l’esito spesso è positivo, a condizione che la proposta sia seria e sostenibile. Come nota finale, una volta concluso l’accordo, i rapporti con l’AdER continueranno per l’intera durata delle rate: l’impresa dovrà rispettare scadenze e oneri (ad es. presentare ogni anno eventuali garanzie se richieste, o DURC regolari se ha dilazioni contributive in corso). Ma queste sono attività ordinarie di adempimento, successive alla chiusura della composizione.

Capitolo 10 – Simulazioni Pratiche e Casi di Studio

Per rendere più concreto quanto esposto finora, presentiamo alcune simulazioni pratiche basate su casi verosimili di imprese che affrontano la composizione negoziata con dilazione fiscale. I nomi sono di fantasia, ma le situazioni riflettono combinazioni frequenti di problemi e soluzioni.

Caso 1: “Alfa S.r.l.” – Risanamento con continuità e transazione fiscale
Profilo: Alfa S.r.l. è un’azienda manifatturiera (30 dipendenti) che, dopo un calo di fatturato, accumula debiti: 300.000 € verso fornitori, 200.000 € verso banche (scoperti di c/c e mutuo arretrato) e 250.000 € verso il Fisco, di cui 180.000 € di IVA non versata negli ultimi 2 anni e 70.000 € tra IRAP e ritenute. Di questi, 150.000 € sono già in cartella (comprensivi di sanzioni e interessi). Ha inoltre 80.000 € di contributi INPS non pagati (di cui 50.000 € per contributi dipendenti, 30.000 € per la quota azienda). Il patrimonio di Alfa è composto dall’opificio (valore 500.000 € con ipoteca della banca per mutuo residuo 150.000 €) e macchinari (valore 100.000 € liberi). L’azienda è in crisi ma con ordini in ripresa, e un investitore esterno sarebbe interessato a entrare con capitale fresco se si riducesse l’indebitamento. Alfa avvia la composizione negoziata a gennaio 2025.

Azioni intraprese: L’esperto nominato verifica che l’impresa ha prospettive di continuare se alleggerisce il debito e ottiene nuova finanza. Alfa S.r.l., assistita dall’esperto, elabora un piano che prevede l’ingresso dell’investitore con 200.000 € per acquisire il 60% delle quote, somma interamente destinata ai creditori. Inoltre l’azienda stima di generare 50.000 €/anno di cash flow per servizio del debito. Totale risorse disponibili per il debito nei prossimi 5 anni: ~450.000 €. A fronte di debiti complessivi circa 830.000 €, risulta chiaro che serve stralciare una parte (soprattutto le sanzioni/ interessi) e dilazionare sul lungo termine. Si avviano così più tavoli negoziali:

  • Con i fornitori (chirografari puri) si propone un pagamento del 40% del dovuto (120.000 € su 300.000) da effettuarsi in parte subito (grazie all’apporto del socio investitore) e in parte in 2 anni. I fornitori, valutando che in caso di fallimento prenderebbero forse il 20%, accettano la falcidia del 60%.
  • Con la banca principale si negozia di mantenere il mutuo residuo (150.000 €) allungandone la durata e abbassando la rata, e di rientrare sullo scoperto di c/c (50.000 €) in 36 mesi. La banca, tutelata dall’ipoteca, non subisce tagli di credito, ma solo una dilazione e rinuncia agli interessi di mora. Anche la banca è collaborativa perché intravede la continuità aziendale.
  • Con l’Agenzia delle Entrate si imbastisce la transazione fiscale: Alfa offre di pagare tutto il capitale delle imposte dovute, ma richiede di eliminare sanzioni e interessi e di rateizzare in 10 anni. In numeri: dei 250.000 € di debito fiscale complessivo, 180.000 € sono imposte e 70.000 € accessori; la proposta è pagare 180.000 € in 120 rate (15.000 € l’anno, ossia 1.250 € al mese), azzerando i 70.000 € di sanzioni/interessi. L’esperto attesta che in liquidazione l’Erario, sebbene privilegiato, ricaverebbe sì i 180.000 € di imposte (grazie ai beni liberi), ma non incasserebbe comunque sanzioni/interessi (chirografari), e rischierebbe un incasso minore se i valori di realizzo fossero bassi. Inoltre l’Erario incasserebbe in tempi lunghi e incerti. Con la proposta invece ha certezza di incassare 180.000 € in 10 anni. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione dal canto suo applica la rottamazione alle cartelle: su 150.000 € a ruolo (120.000 € imposte + 30.000 accessori), conferma che Alfa potrà beneficiare dello stralcio di 30.000 € e pagare i 120.000 in 18 rate (ma qui si preferisce armonizzare a 120 rate come da transazione globale). Dunque Entrate e AdER sono allineate sull’accordo: 180.000 € di imposte totali da Erario, in 10 anni senza aggiunte.
  • Con l’INPS: i contributi arretrati per 80.000 € sono assistiti da privilegio sui beni. Non potendo falcidiare per legge la quota relativa alle trattenute dei dipendenti, Alfa decide di proporre all’INPS un pagamento integrale dilazionato: fa domanda di rateazione dei contributi in 5 anni (60 rate). L’INPS concede (essendo entro i limiti). Gli interessi di dilazione INPS sono al tasso legale e le sanzioni civili vengono ridotte al minimo di legge in caso di regolare pagamento. L’accordo con INPS è quindi limitato a una dilazione, ma parallelo al resto.

Esito: Viene redatto un contratto di ristrutturazione sottoscritto da Alfa, dal nuovo investitore, dai fornitori (che rappresentano l’80% dei crediti chirografari), dalla banca, e – separatamente ma contestualmente – l’accordo di transazione fiscale sottoscritto dall’Agenzia Entrate. L’esperto controfirma e deposita in Tribunale. Si tratta di un accordo ex art. 23 comma 1 lett. c) CCII, che viene pubblicato nel Registro Imprese per usufruire delle misure premiali (in questo caso, la pubblicazione è utile a far decorrere gli effetti di esonero delle sanzioni). Il tribunale verifica la regolarità e autorizza l’esecuzione. Alfa S.r.l. esce dalla composizione negoziata con:

  • Debiti verso fornitori ridotti a 120.000 € (pagamenti in corso in 24 mesi, grazie anche ai fondi dell’investitore).
  • Debito bancario riscadenzato senza tagli (200.000 € da restituire in 7 anni).
  • Debito fiscale consolidato in 180.000 € da pagare in 10 anni. Sanzioni per circa 70.000 € cancellate. Rate fiscale sostenibili ~1.250 €/mese.
  • Debito INPS 80.000 € in 5 anni (rate ~1.333 €/mese), con sanzioni civili ridotte di circa 5.000 €.

Grazie al nuovo socio, Alfa ha ricevuto liquidità immediata per soddisfare i creditori strategici e pagare le prime rate. L’azienda prosegue l’attività: l’investitore nuovo amministratore monitora l’adempimento del piano. Dopo 2 anni dall’accordo, Alfa S.r.l. torna in bonis: ha pagato tutti i fornitori concordatari e le rate scadute di Fisco e INPS, e mostra bilanci nuovamente in utile. L’Erario incassa regolarmente il dovuto (se Alfa dovesse saltare, l’accordo fiscale si risolverebbe, ma ciò non avviene). Questo caso illustra un risanamento in continuità con successo, dove la composizione negoziata ha permesso di combinare risorse fresche, accordi con creditori privati e un sostanziale “sconto” fiscale (in particolare, l’azzeramento di sanzioni e interessi) unito a un lungo periodo di rientro. In assenza di ciò, Alfa sarebbe quasi certamente fallita, con perdita di posti di lavoro e recuperi modesti per tutti i creditori.

Caso 2: “Beta S.p.A.” – Definizione del contenzioso e dilazione delle cartelle
Profilo: Beta S.p.A. è un’azienda commerciale che nel 2023 riceve un avviso di accertamento per IRES e IVA per gli anni 2018-2019, contestando ricavi non dichiarati. L’importo contestato è imponente: 400.000 € tra imposte, sanzioni e interessi. Beta ritiene eccessivo l’accertamento e presenta ricorso in Commissione tributaria. Nel frattempo, l’azienda subisce gli effetti della crisi: difficoltà di liquidità, fornitori non pagati per 200.000 €, e anche debiti erariali correnti (IVA 2022 non versata, 50.000 €). Beta nel 2024 si trova con crediti bloccati (clienti insolventi) e debiti in crescita: decide di accedere alla composizione negoziata. Ha come obiettivo di trovare un accordo con i fornitori e sistemare il contenzioso fiscale che pende, per poi rilanciarsi magari ridimensionando l’attività.

Azioni intraprese: Una volta nominato, l’esperto evidenzia che il grosso problema è il contenzioso fiscale pendente: finché non si sa l’esito, è difficile che l’Agenzia Entrate accetti qualsiasi transazione perché il debito non è definito. Beta ha due opzioni: attendere il giudizio (ma i tempi sono incompatibili con la crisi attuale) oppure definire in via agevolata la lite. Proprio in quel periodo è in vigore la definizione agevolata delle liti fiscali pendenti (prevista dalla L. 197/2022, “Tregua fiscale 2023”). Beta rientra nel perimetro: la sua causa è di primo grado. Secondo la norma, Beta può chiudere pagando il 90% del valore del contenzioso (essendo di primo grado senza sentenza). Dopo breve riflessione, Beta decide di aderire: presenta istanza di definizione al 90%. Ciò significa che dei 400.000 € contestati, Beta si impegna a pagarne 360.000 €. Nel frattempo, l’esperto ottiene dai verificatori dell’Agenzia una apertura a conciliare sulla base di elementi favorevoli emersi (alcuni rilievi erano duplicati): di fatto l’Agenzia sarebbe disposta a ridurre l’accertato a 300.000 € tra imposte e sanzioni se Beta rinunciasse al ricorso. Beta però opta per la definizione 90%, che è più conveniente (pagherebbe 360.000 anziché rischiare 300.000 più interessi se perde in causa). Versa una prima rata di 72.000 € (20%) e il resto chiede di rateizzarlo in 5 rate nei 5 anni successivi come consentito dalla legge.

Contestualmente, Beta affronta i debiti correnti IVA (50.000 €): li ravvede operosamente pagando l’imposta e sanzioni ridotte, grazie a un piccolo finanziamento ottenuto. Ora è in regola sul corrente, ma ha ancora:

  • 360.000 € da pagare all’Erario per chiudere la lite (definizione agevolata).
  • 200.000 € verso fornitori.
  • 100.000 € verso banche (scoperti).

Le prospettive di Beta non sono ottime: l’attività è da ridimensionare, forse conviene liquidare. Tuttavia, con l’aiuto dell’esperto, Beta individua un acquirente interessato a rilevare un ramo d’azienda (i negozi migliori) per 300.000 €. Si prospetta quindi una continuità indiretta: vendere i negozi buoni all’investitore e liquidare il resto. Beta userà quei 300.000 € per soddisfare parzialmente i creditori.

  • L’accordo con i fornitori prevede il pagamento del 50% (100.000 €) grazie in parte al ricavato della cessione e in parte in rate con gli incassi residui della liquidazione.
  • Con le banche si trova un accordo simile: rientro del 50% sullo scoperto (50.000 € su 100.000) immediato grazie alla cessione, e stralcio del restante.
  • Il Fisco: Beta ora deve onorare la definizione agevolata di 360.000 € (meno i 72.000 € già versati). Realisticamente, Beta può mettere sul piatto altri 100.000 € dalla cessione per il Fisco. Rimangono 188.000 € scoperti. Beta propone all’Agenzia Entrate una transazione fiscale su quanto dovuto in definizione: chiede di falcidiare quel restante 188.000 €, sostenendo che altrimenti, in liquidazione fallimentare, il Fisco potrebbe addirittura perdere la definizione agevolata e dover proseguire la causa col rischio di esito incerto. L’Agenzia Entrate è titubante: la definizione agevolata non prevede falcidie, Beta avrebbe dovuto pagarla integralmente (è un beneficio di legge). Tuttavia, vista la situazione di quasi insolvenza e il fatto che Beta sta liquidando, l’Agenzia accetta almeno di dilazionare i 188.000 € residui in un piano lungo (8 anni) e di rinunciare alle sanzioni rimanenti. Di fatto converte il piano di definizione agevolata (che non era rateizzabile oltre 5 anni) in un accordo transattivo: Beta pagherà ancora 150.000 € in 8 anni e gli ultimi 38.000 € li condona. Formalmente, ottengono dal Tribunale l’omologa di un concordato semplificato liquidatorio (perché Beta decide di imboccare quella strada data la natura liquidatoria prevalente) con il Fisco tra i creditori. Anche in concordato semplificato, comunque, il Fisco ha aderito all’accordo proposto.

Esito: Beta S.p.A. cede i negozi all’investitore, incassando 300.000 €. La procedura prosegue come concordato semplificato (l’esperto fa la relazione finale attestando le offerte). Con 300.000 €, Beta paga:

  • 72.000 € già versati per la definizione liti + altri 100.000 € immediati al Fisco (totale 172.000 € su 360.000 dovuti in definizione).
  • 100.000 € ai fornitori (50%).
  • 50.000 € alle banche (50%).
  • Residuo spese procedurali ed esperto.

Gli ulteriori pagamenti dilazionati:

  • 150.000 € al Fisco in 8 anni (circa 18.750 €/anno). Beta, sebbene abbia ceduto i negozi, conserva altre attività minori con cui genererà flussi per pagare queste rate (in realtà l’accordo prevede che l’investitore che ha comprato i negozi si accolli in parte queste rate come condizione di acquisto – una sorta di earn-out). I restanti 38.000 € di debito col Fisco sono stati abbuonati in sede di transazione/concordato.
  • Fornitori e banche non hanno residui perché hanno accettato stralcio secco.

Beta S.p.A. dopo aver ceduto il core business, di fatto si riduce e nel giro di un anno viene posta in liquidazione volontaria una volta eseguiti gli accordi iniziali. I pagamenti al Fisco proseguono a cura del liquidatore con i proventi residui e con il contributo pattuito dell’acquirente del ramo. In sostanza, Beta è uscita dal mercato attivo, ma ha evitato un fallimento disordinato: ha utilizzato la definizione agevolata per ridurre un enorme contenzioso a una cifra gestibile, e poi la composizione negoziata (sfociata in concordato semplificato) per ottenere ulteriore respiro sui tempi. Il Fisco, che inizialmente pretendeva 400.000 €, ne incasserà circa 222.000 in totale (55% circa) – un recupero non ottimale, ma preferibile al rischio di non vedere nulla se l’azienda fosse collassata prima ancora di definire la lite. I fornitori hanno recuperato il 50% subito contro un probabile 10-20% in caso di fallimento dopo anni. La scelta di Beta di usare la “tregua fiscale” e contestualmente trattare nella composizione è stata quindi vincente per minimizzare le perdite di tutti.

Caso 3: “Gamma S.r.l.” – Composizione negoziata senza esito e concordato semplificato
(Brevemente): Gamma S.r.l. prova la composizione negoziata ma non ottiene accordi soddisfacenti con i creditori né nuovi apporti di finanza. L’esperto, preso atto che i fornitori non accettano meno del 70% e che il Fisco non vede continuità, conclude negativamente. Gamma ha però un patrimonio immobiliare vendibile. Grazie alla relazione finale dell’esperto, Gamma opta per il concordato semplificato liquidatorio: propone di vendere i beni e distribuire il ricavato ai creditori. Il Tribunale omologa. In tal caso il ruolo della dilazione fiscale è minore: non c’è un vero accordo fiscale (i debiti fiscali vengono soddisfatti col realizzo, in parte, secondo il loro rango). Tuttavia, anche qui la composizione negoziata è servita – se non altro – a far prendere tempo e a orchestrare una liquidazione più ordinata. Il Fisco ad esempio ha accettato di attendere la vendita dell’immobile senza avviare esecuzioni, confidando nel controllo del Tribunale. Questo caso evidenzia che, purtroppo, non sempre si riesce a evitare la fine liquidatoria, ma la procedura semplificata consente comunque di chiudere i conti in modo più rapido rispetto a un fallimento, e l’aver tentato la composizione negoziata può aver ridotto il perimetro del contenzioso (Gamma nel frattempo ha definito qualche pendenza minore in adesione, ecc.).

Queste simulazioni mostrano situazioni diverse: nel primo caso un risanamento con continuità e successo pieno, nel secondo una soluzione mista con riduzione dell’attività e utilizzo di normative speciali, nel terzo un insuccesso negoziale mitigato però dall’uscita concordataria semplificata.

In tutti i casi, si nota come la dilazione fiscale e le misure di favore tributarie siano state un elemento chiave:

  • Alfa ha ottenuto il massimo dei benefici (10 anni e niente sanzioni) convincendo il Fisco della convenienza.
  • Beta ha ridotto l’esposizione tramite strumenti deflattivi (definizione liti) e poi ha ottenuto una dilazione ulteriore quando comunque non riusciva a pagare tutto.
  • Gamma pur non avendo transato, ha beneficiato indirettamente di un atteggiamento attendista del Fisco grazie alla procedura.

Questi esempi confermano che la flessibilità introdotta dalla riforma del 2022-2024 sta producendo risultati concreti: le imprese hanno “chance in più per la dilazione delle cartelle esattoriali” e soluzioni equiparabili a nuove rottamazioni, con il vantaggio che sono ritagliate sul caso specifico e non dipendono da sanatorie generali. Naturalmente, ogni caso è a sé: l’esito dipende dal merito del piano e dalla collaborazione dei creditori. Ma oggi un imprenditore in crisi sa di avere a disposizione un ventaglio di opzioni molto più ampio che in passato, e – come abbiamo visto – può perfino negoziare con lo Stato le modalità di pagamento delle tasse.

Capitolo 11 – Fonti Normative, Dottrinali e Giurisprudenziali

Di seguito raccogliamo le principali fonti citate e utili per approfondire la composizione negoziata con dilazione fiscale, aggiornate ad aprile 2025. Esse comprendono riferimenti normativi (leggi e decreti), documenti di prassi, contributi dottrinali e pronunce giurisprudenziali rilevanti:

Fonti Normative

  • D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 – Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). Pubblicato in G.U. n.38 del 14-02-2019, Supplemento Ordinario n.6. (Articoli rilevanti: artt. 12-25 Composizione negoziata, art. 25-bis Misure premiali, art. 25-sexies Concordato semplificato, ecc. Aggiornato con modifiche da D.Lgs. 83/2022 e D.Lgs. 136/2024.
  • D.L. 24 agosto 2021 n. 118 (conv. in L. 147/2021) – “Misure urgenti in materia di crisi d’impresa”. Ha introdotto in via anticipata la composizione negoziata e il concordato semplificato (artt. da 2 a 18). (G.U. n.202 del 24-08-2021).
  • D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83“Codice della crisi – modifiche per attuazione direttiva UE 2019/1023”. Ha riscritto art.12 CCII e inserito artt. 25-ter ss., introdotto art. 64-bis CCII, ecc. (G.U. n.152 del 01-07-2022). Ha previsto tra l’altro le segnalazioni dei creditori pubblici qualificati (art. 25-novies CCII).
  • D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136Terzo correttivo CCII (attuazione L. 53/2021). Ha innovato la composizione negoziata inserendo la transazione fiscale art.23 co.2-bis CCII e modificando le soluzioni di cui all’art.23 co.1 lett. a).
  • D.Lgs. 8 agosto 2024 n. 110 – Riforma della riscossione tributaria. Ha modificato, tra l’altro, l’art.19 del D.P.R. 602/1973 aumentando la possibile durata delle rateazioni a 120 rate e coordinando con art.25-bis CCII. (G.U. n.204 del 01-09-2024, in vigore dal 15-08-2024).
  • Decreto Dirigenziale Min. Giustizia 28 settembre 2021 – Istituzione della piattaforma telematica nazionale e modulistica per la composizione negoziata.
  • Leggi di bilancio 2023 e 2024 (L.197/2022, L.197/2023) – hanno introdotto la “Tregua fiscale” con definizione agevolata liti pendenti e rottamazione-quater (utilizzate nell’esempio Beta). (Cfr. art.1 commi 186-205 L.197/2022 sulla definizione liti).
  • D.P.R. 29 settembre 1973 n.602, art.19 – Disciplina delle rateazioni dei ruoli. (Modificato dal D.Lgs.110/2024: ora consente piani fino a 120 rate in casi di grave difficoltà, con soglia elevata e senza obbligo di garanzia entro certi importi.
  • D.Lgs. 26 ottobre 1995 n.446, art.14 – (Accordi di ristrutturazione dei debiti tributari degli enti locali) – [NB: Attualmente i tributi locali non sono transigibili senza intervento normativo, come segnalato dalla Corte dei Conti].

Documenti di Prassi e Linee Guida

  • Circolare Agenzia Entrate n.3/E del 4 marzo 2022 – Primi chiarimenti su novità fiscali della L.234/2021, includendo aspetti IVA in procedure di crisi
  • Direttiva Agenzia Entrate-Riscossione 2023 (provvedimento interno) – Istruzioni operative per la gestione delle richieste di transazione fiscale e piani ex art.23 CCII da parte dell’Agente della riscossione. (Non pubblica, deducibile dagli atti normativi e da comunicazioni nei convegni).
  • Relazione Illustrativa al D.Lgs. 136/2024
  • Linee Guida del CNDCEC sulla Composizione Negoziata (dicembre 2021) – Documento del Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti che fornisce indicazioni pratiche sulla redazione del piano, sul test pratico e sul ruolo dell’esperto. (Utile per dettagli applicativi, es. allegati da produrre).
  • Linee guida Tribunale di Livorno 2022 – Esempio di protocolli adottati dai tribunali per composizione e concordato semplificato.

Giurisprudenza

  • Corte d’Appello di Trieste, sent. 22 maggio 2024 – Ha sancito che anche un’impresa in stato di insolvenza può accedere alla composizione negoziata purché vi siano concrete prospettive di risanamento; di conseguenza, ha revocato una dichiarazione di liquidazione giudiziale per consentire la prosecuzione delle trattative.
  • Tribunale di Milano, decreto 15 febbraio 2023 (ipotetico) – Ha concesso la proroga delle misure protettive di ulteriori 60 giorni rilevando che l’imprenditore aveva già raggiunto un accordo di massima con l’Agenzia Entrate per la transazione fiscale (considerandolo segno di trattative proficue). [Nota: i decreti sulle misure protettive sono in genere non pubblicati nominativamente, ma prassi riportano orientamenti analoghi].
  • Corte dei Conti – Sez. regionale di controllo Lombardia, deliberazione n.2/2025 – Parere secondo cui, allo stato attuale, i Comuni non possono aderire ad accordi transattivi nella composizione negoziata per i tributi locali, mancando una base normativa. Invita il legislatore a colmare il vuoto per evitare contraddizioni (ad es. Stato e INPS possono ridurre pretese, il Comune no). Questo riferimento mette in guardia sull’ambito di applicabilità limitato della transazione fiscale ai soli tributi erariali.
  • Tribunale di Bari, decreto 30 novembre 2022 – Ha interpretato l’art.25-quinquies CCII stabilendo che la pendenza di un’istanza di fallimento presentata da un creditore non impedisce l’accesso alla composizione negoziata da parte dell’imprenditore, purché questi non abbia egli stesso depositato ricorso per liquidazione. Ciò è coerente con la pronuncia della Corte d’Appello di Trieste sopra menzionata.
  • Cassazione Civile, sez. I, sent. 8500/2021 – (precedente alla riforma, ma significativo) in tema di transazione fiscale nel concordato preventivo, affermava la necessità del rispetto del principio di convenienza per l’Erario e ammetteva la falcidia dell’IVA solo se prevista da norma speciale. Questo orientamento ha fatto da apripista alla normativa attuale che ora permette di includere l’IVA in transazione (recependo per certi versi i principi poi sanciti dalla Direttiva UE 2019/1023).
  • Commissione Tributaria Provinciale di [X], sentenza 10/2024 – (ipotetica) Ha dichiarato improcedibile il ricorso di un contribuente che, avendo aderito alla composizione negoziata, aveva definito il debito tramite transazione fiscale: la lite è venuta meno per cessata materia del contendere. Ciò evidenzia come la conclusione di un accordo fiscale negoziato chiude anche eventuali contenziosi collegati (l’adesione all’accordo implica rinuncia al ricorso).

Va notato che, essendo la materia in evoluzione, è opportuno tenere d’occhio eventuali ulteriori aggiornamenti normativi post-aprile 2025. Ad esempio, il legislatore potrebbe intervenire sui tributi locali (come auspicato dalla Corte dei Conti) o prorogare/istituzionalizzare alcune misure fiscali premiali.

Composizione Negoziata con Dilazione Fiscale: Perché Affidarsi a Studio Monardo

Hai debiti fiscali con l’Agenzia delle Entrate o con l’INPS? La tua azienda è in difficoltà ma non ancora fallita? Oggi puoi ricorrere alla Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa con Transazione e Dilazione Fiscale, uno strumento potente e riservato per trattare i debiti col Fisco, ridurre sanzioni e interessi e ottenere dilazioni sostenibili, il tutto prima che sia troppo tardi.

Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa avere al tuo fianco un legale esperto e abilitato che costruisce la strategia, attiva la procedura e tratta per tuo conto con i creditori, incluso lo Stato.

Cosa fa per te l’Avvocato Monardo

  • Verifica se hai i requisiti per attivare la composizione negoziata
  • Redige con il supporto dei commercialisti il piano sostenibile per l’impresa
  • Attiva la procedura alla Camera di Commercio competente
  • Affianca l’esperto negoziatore nelle trattative con Agenzia delle Entrate e INPS
  • Formula la proposta di transazione fiscale con dilazione
  • Rappresenta l’impresa nelle eventuali richieste di protezione giudiziale
  • Ti accompagna fino alla definizione dell’accordo o, se necessario, al concordato semplificato

Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

L’Avvocato Monardo è:

  • Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, iscritto presso il Ministero della Giustizia
  • Fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC)
  • Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa, abilitato ex D.L. 118/2021
  • Coordinatore di una rete nazionale di avvocati e commercialisti specializzati in diritto bancario, tributario ed esecutivo

Grazie a queste abilitazioni, può attivare direttamente la procedura, senza passaggi intermedi, negoziare con il Fisco e costruire un piano efficace e legalmente protetto.

Perché agire subito

  • Il Fisco non accetta dilazioni informali senza garanzie legali
  • Le misure protettive scattano solo se la procedura è attiva
  • Aspettare significa esporsi a pignoramenti, fermi e danni reputazionali
  • Solo con l’intervento legale e tecnico adeguato puoi ottenere una vera transazione fiscale

Conclusione

La Composizione Negoziata con dilazione fiscale è la migliore via per trattare col Fisco, salvare l’attività e tornare a respirare.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa scegliere un professionista riconosciuto, abilitato a livello nazionale, che ti guida passo dopo passo nel dialogo con l’Agenzia delle Entrate e INPS, proteggendo te e la tua impresa.

Qui di seguito tutti i contatti del nostro Studio Legale specializzato:

Leggi con attenzione: Se stai affrontando difficoltà con il Fisco e hai bisogno di una rapida valutazione delle tue cartelle esattoriali e dei debiti, non esitare a contattarci. Siamo pronti ad aiutarti immediatamente! Scrivici su WhatsApp al numero 351.3169721 oppure inviaci un’e-mail all’indirizzo info@fattirimborsare.com. Ti ricontatteremo entro un’ora per offrirti supporto immediato.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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