Azzerare I Troppi Debiti Con L’Agenzia delle Entrate? Guida Completa

Vuoi capire se è possibile azzerare i tuoi debiti con l’Agenzia delle Entrate Riscossione?

Allora leggi con cura la guida di Studio Monardo, il nostro Studio Legale specializzato nel risolvere i debiti con il Fisco.

In fondo alla guida troverai poi tutti i nostri riferimenti per richiedere una consulenza dedicata specializzata.

Buona lettura.

Trovarsi schiacciati dai debiti fiscali può essere fonte di grande preoccupazione per i cittadini. Cartelle esattoriali, avvisi di pagamento e interessi di mora sembrano accumularsi senza soluzione, facendo temere pignoramenti o altri provvedimenti. È possibile azzerare i debiti con l’Agenzia delle Entrate? La buona notizia è che negli ultimi anni l’ordinamento italiano ha messo a disposizione una serie di strumenti straordinari e procedure dedicate proprio ad aiutare le persone in difficoltà a risolvere o persino cancellare i propri debiti tributari.

Questa guida di Studio Monardo fornisce un quadro completo e divulgativo delle soluzioni esistenti per i cittadini privati che vogliono liberarsi dei debiti con il Fisco. In particolare, ci concentreremo su due categorie fondamentali di strumenti: da un lato le definizioni agevolate dei debiti fiscali – come il famoso “saldo e stralcio” delle cartelle e le rottamazioni – e dall’altro la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, prevista dalla legge per cancellare i debiti delle persone sovraindebitate.

Spiegheremo in modo chiaro ma preciso come funzionano questi strumenti, chi può accedervi, con quali condizioni e documenti, qual è la procedura da seguire e le tempistiche tipiche. Troverai anche una sezione con casi concreti risolti grazie a queste soluzioni, con riferimenti a sentenze e prassi aggiornate per capire come vengono applicate nella realtà.

L’obiettivo è fornire una guida organica e aggiornata che aiuti ogni cittadino in difficoltà a orientarsi tra condoni fiscali, piani di rientro e procedure legali, ritrovando una via d’uscita dai debiti con l’Agenzia delle Entrate.

Ma andiamo ora nei dettagli con Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti con l’Agenzia delle Entrate Riscossione

Cosa Significa Avere Un Debito Con L’Agenzia Delle Entrate

Prima di esaminare le soluzioni, è utile capire cosa significa avere un debito con l’Agenzia delle Entrate e perché è importante affrontarlo. In generale, i debiti verso il Fisco possono nascere da diverse situazioni comuni, ad esempio:

  • Imposte non pagate: somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi (IRPEF, IVA, ecc.) che non sono state versate entro le scadenze.
  • Cartelle esattoriali: richieste di pagamento notificate dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) per tributi o contributi non pagati. Possono riguardare imposte statali, contributi INPS, tributi locali (come IMU, TARI) o anche multe.
  • Accertamenti d’imposta: debiti emersi da controlli fiscali o accertamenti dell’Agenzia delle Entrate, contestati al contribuente e divenuti definitivi (ad esempio maggiori imposte accertate per alcuni anni).
  • Interessi e sanzioni: oltre al tributo iniziale, il ritardo o il mancato pagamento porta all’applicazione di interessi di mora e sanzioni amministrative, che fanno lievitare nel tempo l’ammontare dovuto.

Quando un importo resta non pagato, l’ente creditore (per le imposte statali l’Agenzia delle Entrate, per i comuni l’ente locale, ecc.) affida il ruolo di riscossione coattiva all’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADER). Quest’ultima iscrive il debito a ruolo e notifica la cartella di pagamento al contribuente. Da quel momento, se non si paga o non si interviene, il debito fiscale genera ulteriori interessi e può dar luogo a procedure di recupero forzato: pignoramento dello stipendio o del conto corrente, fermo amministrativo dell’auto, ipoteca sulla casa, fino all’espropriazione dei beni.

Differenza Agenzia delle Entrate vs. Agenzia Entrate-Riscossione: la prima è l’ente che gestisce e accerta le imposte, la seconda è l’ente incaricato di riscuotere materialmente i crediti per conto degli enti (lo “esattore”). In molti casi il cittadino interagisce proprio con Agenzia Entrate-Riscossione per i pagamenti dilazionati o le definizioni dei debiti.

Non ignorare il problema. Lasciare accumulare i debiti fiscali peggiora solo la situazione: interessi e sanzioni continuano a maturare e aumentano l’importo, e dopo un certo tempo il concessionario della riscossione avvierà misure esecutive. Per questo è fondamentale conoscere gli strumenti che permettono di alleggerire o addirittura cancellare questi debiti. Lo Stato italiano, consapevole dell’enorme mole di crediti fiscali non riscossi (oltre mille miliardi di euro accumulati negli anni) e delle difficoltà in cui versano milioni di contribuenti, periodicamente introduce misure di “tregua fiscale”. Inoltre, esiste una legge specifica per chi è sovraindebitato, pensata per dare una seconda possibilità ai debitori onesti che non riescono più a far fronte a tutte le obbligazioni.

Nei paragrafi successivi passeremo in rassegna le varie opzioni disponibili al 2025 per un privato che voglia azzerare (in tutto o in parte) i propri debiti col Fisco, dai condoni fiscali alle procedure giudiziali. È importante valutare attentamente quale sia la più adatta al proprio caso, eventualmente con l’aiuto di professionisti, perché ogni strumento ha requisiti specifici e comporta conseguenze differenti.

Quali sono gli strumenti per ridurre o cancellare i debiti fiscali

In sintesi, ecco i principali strumenti oggi esistenti per gestire, ridurre o eliminare un debito con l’Agenzia delle Entrate:

  • Rateizzazione ordinaria: è la soluzione “standard” per chi ha debiti e vuole pagarli gradualmente. Permette di dilazionare l’importo dovuto in più rate mensili (fino a 72 rate, ossia 6 anni, o in casi particolari fino a 120 rate, 10 anni). Non riduce il debito in sé (interessi di dilazione saranno comunque dovuti), ma evita l’attivazione di misure esecutive e rende il pagamento più sostenibile. È uno strumento sempre accessibile su richiesta, se si rispettano le condizioni di legge, ma non azzera il debito, lo spalma soltanto nel tempo.
  • Definizione agevolata delle cartelle (rottamazione): si tratta di provvedimenti speciali emanati con leggi statali, che consentono di pagare i debiti fiscali con uno sconto su sanzioni e interessi. In pratica con la rottamazione il contribuente paga solo l’imposta o il contributo originario (e pochi altri oneri) e lo Stato condona tutte le sanzioni e gli interessi di mora maturati. Sono misure temporanee: il Parlamento negli ultimi anni le ha introdotte a più riprese (note come rottamazione 2016, bis, ter, quater), con finestre per aderire e rate da rispettare. Se applicata correttamente, la definizione agevolata può ridurre sensibilmente l’importo da versare e chiudere il debito senza ulteriori aggravio.
  • “Saldo e stralcio” dei debiti fiscali: questo è un particolare tipo di definizione agevolata riservata ai contribuenti in comprovata difficoltà economica. Diversamente dalla rottamazione (aperta a tutti), il saldo e stralcio permette – a chi possiede determinati requisiti di reddito/ISEE o si trova in situazione grave – di pagare solo una percentuale ridotta del debito fiscale e vedere annullato tutto il resto. In sostanza, si versa una parte (“saldo”) e il restante viene cancellato (“stralcio”). È uno strumento eccezionale introdotto in casi specifici (ad esempio nel 2019) per aiutare le fasce più deboli a liberarsi dai debiti erariali insostenibili.
  • Annullamento automatico dei mini-debiti (stralcio fino a importi limitati): oltre alle definizioni su richiesta del contribuente, alcune leggi hanno previsto la cancellazione d’ufficio di vecchi debiti di importo molto basso. Si tratta di condoni automatici: ad esempio la normativa ha disposto l’annullamento di tutti i ruoli fino a una certa soglia (1000 euro, 5000 euro, a seconda del provvedimento) emessi in determinati anni. In questi casi il contribuente non deve fare nulla: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione elimina dal carico quelle posizioni e il debito semplicemente si azzera per legge. È importante verificare se si rientra in queste casistiche, perché potresti scoprire che alcune vecchie cartelle non sono più dovute.
  • Procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento: è la soluzione di carattere legale per chi ha debiti complessivamente troppo elevati rispetto alle proprie capacità, non solo fiscali ma anche verso banche, privati, ecc. Introdotta dalla cosiddetta Legge “salva suicidi” 3/2012, questa procedura – ora confluita nel nuovo Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019) – consente a una persona fisica sovraindebitata di ottenere dal Tribunale la cancellazione dei debiti residui, dopo aver messo a disposizione dei creditori quello che realisticamente può pagare. In pratica, attraverso vari istituti (piano del consumatore, concordato minore o liquidazione del patrimonio), il debitore ridiscute tutti i suoi debiti – inclusi quelli con il Fisco – e, al termine, ottiene l’esdebitazione, ossia la liberazione da quanto non è riuscito a pagare. È una procedura complessa, che richiede l’assistenza di un organismo apposito e il vaglio di un giudice, ma rappresenta spesso l’unica via per azzerare completamente i debiti quando le altre misure non bastano.

Nei prossimi capitoli approfondiremo in dettaglio questi strumenti, in particolare il saldo e stralcio dei debiti fiscali (e le definizioni agevolate ad esso correlate) e la procedura di sovraindebitamento. Vedremo i requisiti, la procedura da seguire, i documenti necessari e gli effetti concreti di ciascuno, con riferimento alle normative più aggiornate (inclusa la Legge di Bilancio 2023 e 2024 per i condoni fiscali, e il Codice della Crisi 2022 con le novità del 2023-2024 per le procedure concorsuali). In questo modo potrai capire quale strumento si adatta meglio alla tua situazione per uscire definitivamente dal tunnel dei debiti fiscali.

Come Ridurre I Debiti Con L’Agenzia Delle Entrate con la Definizione agevolata delle cartelle esattoriali (Rottamazione)

Una delle misure più note e utilizzate per ridurre i debiti con l’Agenzia delle Entrate è la cosiddetta rottamazione delle cartelle, termine colloquiale che indica le definizioni agevolate dei carichi affidati all’agente della riscossione. Vediamo di cosa si tratta.

Cos’è e come funziona la rottamazione delle cartelle

La definizione agevolata consente al contribuente di chiudere le cartelle esattoriali pendenti pagando meno del dovuto. In particolare, nelle varie versioni susseguitesi, la rottamazione ha previsto che il debitore paghi solo i tributi o contributi iniziali (il cosiddetto capitale) e pochi oneri accessori, beneficiando invece dell’azzeramento di tutto il resto, cioè:

  • Sanzioni amministrative per ritardato pagamento (spesso pari al 30% o più del tributo) – condonate totalmente.
  • Interessi di mora maturati nel tempo sul debito – condonati.
  • Interessi da ritardata iscrizione a ruolo (in alcuni casi) – annullati.
  • Importi aggiuntivi su contributi previdenziali – annullati.

In pratica, aderendo alla rottamazione, l’importo da pagare risulta molto inferiore al totale indicato in cartella, perché si eliminano le pesanti sanzioni e interessi accumulati. Restano dovuti invece: il capitale (la tassa o contributo originario evaso/non pagato), gli interessi legali eventualmente calcolati dall’origine fino all’iscrizione a ruolo, l’aggio dell’Agente della Riscossione e le spese di notifica delle cartelle. Ma il risparmio economico è comunque significativo.

Esempio semplificato: se una cartella deriva da €1.000 di IRPEF non pagata nel 2018, dopo anni potrebbe essere lievitata magari a €1.600 includendo sanzioni e interessi. Con la rottamazione, il contribuente pagherebbe solo i €1.000 originari (più qualche decina di euro di aggio/spese), ottenendo lo stralcio di circa €600 tra sanzioni e interessi.

Chi può accedere e per quali debiti

Le definizioni agevolate sono misure straordinarie previste dalla legge in specifici periodi, dunque non sono sempre aperte. Bisogna che sia il legislatore a bandire una “rottamazione” e a stabilirne le condizioni. In genere, quando ciò avviene, possono aderire tutti i contribuenti (persone fisiche e imprese) che hanno debiti iscritti a ruolo affidati all’Agente della Riscossione in determinati anni.

Ogni edizione della rottamazione ha fissato un intervallo temporale dei carichi definibili. Ad esempio:

  • La prima rottamazione (2016) riguardava i debiti affidati dal 2000 al 2016.
  • La rottamazione-bis (2017) estese ai debiti fino a settembre 2017.
  • La rottamazione-ter (2018) copriva i carichi fino al 31 dicembre 2017.
  • L’ultima rottamazione-quater, introdotta con la Legge di Bilancio 2023, ha reso definibili i debiti affidati dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022.

Quali tipi di debito: in generale rientrano tutti i debiti a ruolo (imposte, IVA, IRAP, contributi previdenziali, tributi locali se riscossi da ADER, multe stradali, ecc.), ma con alcune eccezioni previste dalle leggi. Ad esempio, sono di solito esclusi dalla rottamazione i debiti per recupero di aiuti di Stato, le multe penali e poche altre categorie particolari. Le multe stradali invece possono essere definite solo parzialmente: la sanzione principale non viene abbonata (per ragioni di ordine pubblico), ma vengono cancellati gli interessi di mora su di essa. In pratica, se “rottamo” una multa, dovrò pagare l’importo della contravvenzione ma senza le maggiorazioni per ritardato pagamento.

Procedura: come aderire e pagamenti

Quando viene aperta una finestra di definizione agevolata, il contribuente che intende aderire deve presentare una domanda di adesione entro la scadenza prevista dalla legge. Negli ultimi anni la procedura è stata semplificata:

  • L’istanza si presenta online, sul sito di Agenzia Entrate-Riscossione, compilando l’apposito form (“Domanda di definizione agevolata”) in cui si indicano le cartelle che si vogliono definire. In alternativa, è possibile presentare il modulo tramite PEC o presso gli sportelli, ma ormai la via telematica è la più usata.
  • Non è richiesto di versare nulla all’atto della domanda. Bisogna però dichiarare di rinunciare ad eventuali contenziosi pendenti su quelle cartelle (se ad esempio si è fatto ricorso in commissione tributaria, si deve poi abbandonare la causa una volta accolta la rottamazione).
  • L’Agente della Riscossione, dopo la scadenza per le domande, elabora le richieste e invia ai contribuenti la comunicazione delle somme dovute con il calcolo esatto dell’importo ridotto da pagare e i bollettini delle rate.

Il pagamento può avvenire in un’unica soluzione oppure a rate (il numero di rate e le scadenze sono stabilite dalla legge della specifica rottamazione). Ad esempio, per la rottamazione-quater 2023 la norma ha previsto fino a 18 rate in 5 anni: due rate nel 2023 (scadenza 31 ottobre e 30 novembre 2023) e poi 4 rate all’anno dal 2024 al 2027 (scadenze il 28 febbraio, 31 maggio, 31 luglio, 30 novembre di ciascun anno). È anche possibile pagare tutto in una volta entro la prima scadenza, se lo si desidera.

Importante: le rate della definizione agevolata non possono essere saltate. Il beneficio del condono di sanzioni e interessi si mantiene solo se si paga puntualmente tutte le rate. La legge concede in genere una piccola tolleranza (per la rottamazione-quater erano ammessi 5 giorni di ritardo al massimo su ogni scadenza), ma oltre questo limite si decade dalla definizione: il piano agevolato si annulla e il debito originario torna esigibile per intero (dedotti eventuali versamenti fatti, che però vengono imputati prima a interessi e sanzioni). In pratica, se non si rispettano le scadenze, si perdono tutti i benefici e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione riprende le azioni di recupero normali.

Per questo motivo, prima di aderire, bisogna valutare con attenzione la sostenibilità delle rate. Uno dei vantaggi delle ultime rottamazioni è l’orizzonte molto lungo (fino a 5 anni) che consente rate piuttosto leggere. Ad esempio, un debito definito di €6.000 può essere spalmato in 18 rate da circa €333 ciascuna trimestrali. Tuttavia, è sempre bene essere prudenti: in caso di difficoltà nel pagamento, il legislatore a volte è intervenuto riaprendo i termini per chi era decaduto (è successo con la rottamazione-ter durante la pandemia). Proprio di recente, nel 2024, è stata data un’ulteriore chance a chi era decaduto dalla rottamazione-quater non pagando le prime rate del 2023: un decreto ha permesso di presentare una nuova domanda entro il 30 aprile 2024 per essere riammessi nei piani, versando le rate scadute. Queste “ancore di salvataggio” però non sono garantite: conviene sempre rispettare il piano originale.

Novità aggiornate (2023-2025) sulle definizioni agevolate

Come anticipato, l’ultima tornata di rottamazione – denominata “Definizione agevolata 2023” o rottamazione-quater – è stata varata con la Legge n. 197/2022 (Legge di Bilancio 2023). Ecco i punti salienti di tale provvedimento, con gli aggiornamenti intervenuti successivamente:

  • Periodo di riferimento: debiti affidati all’ADER dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. Questo ha incluso quindi anche cartelle molto vecchie e fino a quelle recentissime emesse a metà 2022.
  • Scadenza per aderire: inizialmente fissata al 30 aprile 2023, poi prorogata al 30 giugno 2023 per dare più tempo ai contribuenti. La proroga è stata disposta ufficialmente, poiché l’afflusso di domande e alcune difficoltà operative hanno suggerito di estendere di due mesi il termine.
  • Comunicazione degli importi dovuti: Agenzia Riscossione ha inviato entro il 31 dicembre 2023 a tutti coloro che avevano fatto domanda il prospetto con l’ammontare da pagare ripulito da sanzioni/interessi, suddiviso nelle rate.
  • Rate e scadenze: come detto, massimo 18 rate in 5 anni (2023-2027). Le prime due rate, previste a fine ottobre e fine novembre 2023, sono state entrambe prorogate di un mese (rispettivamente al 30 novembre e 31 dicembre 2023) tramite un intervento normativo contenuto nel cosiddetto Decreto “Omnibus” di fine 2023. Le rate successive mantengono le scadenze regolari (febbraio, maggio, luglio, novembre) fino al 2027.
  • Decadenza e riammissione: la legge di bilancio 2023 prevedeva espressamente la regola dei 5 giorni di tolleranza per i pagamenti. In seguito, considerato che migliaia di contribuenti erano decaduti per non aver versato le prime due rate entro fine 2023, il Governo è intervenuto con una riapertura nel 2024: il Decreto “Milleproroghe 2024” ha consentito ai decaduti di presentare una domanda di riammissione entro il 30 aprile 2024, pagando le rate arretrate entro luglio 2024. Questa è stata una eccezione straordinaria, segno della volontà di non vanificare l’adesione di chi, pur in buona fede, non era riuscito a onorare subito i pagamenti.

Al di là della rottamazione-quater, al momento (aprile 2025) non sono attive altre definizioni agevolate nuove. Tuttavia, la storia recente insegna che quasi ogni legislatura propone qualche forma di tregua fiscale. È possibile che in futuro vengano introdotte ulteriori rottamazioni. Perciò, consiglio pratico: se hai debiti con l’Agenzia delle Entrate non ancora definiti, tieni d’occhio le notizie su eventuali nuovi provvedimenti nella Legge di Bilancio di fine anno o in decreti fiscali dedicati. Aderire tempestivamente a questi strumenti può fare la differenza tra restare schiacciato dal debito o riuscire a liberarsene pagando solo una parte.

In sintesi, la rottamazione delle cartelle è un’ottima opportunità per ridurre drasticamente il carico debitorio verso il Fisco, purché tu sia in grado di rispettare il piano di pagamenti. Non elimina il debito al 100%, ma azzera penalità e interessi, spesso riducendo il dovuto a meno della metà. Se invece la tua situazione economica è così compromessa da non riuscire nemmeno a sostenere la quota capitale, potresti aver bisogno di strumenti ancora più incisivi – come il “saldo e stralcio” o le procedure concorsuali di sovraindebitamento, di cui parliamo nei prossimi capitoli.


Come Ridurre I Debiti Con L’Agenzia Delle Entrate con il “saldo e stralcio” dei debiti fiscali per contribuenti in difficoltà

Accanto alla rottamazione (aperta a tutti), il legislatore ha talvolta previsto misure ancora più favorevoli mirate ai contribuenti in grave difficoltà economica. Il principale esempio è il cosiddetto “saldo e stralcio” dei debiti fiscali, introdotto per la prima volta con la Legge di Bilancio 2019. Questo strumento consente di pagare solo una parte ridotta dei debiti e vedere cancellato tutto il restante, ma è riservato a chi dimostra specifici requisiti di disagio economico.

Che cos’è il saldo e stralcio fiscale

Con saldo e stralcio si intende, in generale, un accordo o una disposizione per cui un debitore versa un importo a saldo (inferiore al totale dovuto) e “stralcia” ovvero annulla il debito residuo. Nel contesto dei debiti con Agenzia Entrate-Riscossione, il saldo e stralcio è stato disciplinato per la prima volta dall’art. 1, commi 184-199, della Legge n.145/2018 (Bilancio 2019).

In base a quella normativa, le persone fisiche in grave e comprovata difficoltà economica potevano definire in maniera agevolata i debiti risultanti da carichi affidati all’ADER tra il 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2017, derivanti da omesso versamento di imposte dichiarate e di contributi previdenziali propri (casse professionali o gestione artigiani/commercianti Inps). In parole semplici, rientravano i debiti fiscali tipici di chi aveva presentato la dichiarazione dei redditi o IVA ma non era poi riuscito a pagare le imposte dovute, nonché i contributi Inps dovuti da lavoratori autonomi, e che tali debiti fossero già stati iscritti a ruolo entro fine 2017.

Condizione fondamentale: il contribuente doveva trovarsi in grave e comprovata difficoltà economica, definita dalla legge attraverso due possibili requisiti alternativi:

  • ISEE del nucleo familiare non superiore a 20.000 €, riferito all’ultimo anno disponibile. Oppure, in alternativa:
  • Procedura di liquidazione del patrimonio ex Legge 3/2012 già aperta alla data di presentazione della domanda (cioè il contribuente era talmente in crisi da aver già avviato una procedura di sovraindebitamento in tribunale).

Solo chi rientrava in almeno una di queste condizioni poteva accedere al saldo e stralcio. Era quindi una platea più ristretta rispetto alla rottamazione: per lo più persone fisiche con redditi modesti e famiglie a basso ISEE.

Quanto si paga: a seconda della fascia di ISEE, la legge 2019 stabiliva diverse percentuali sul debito da versare:

  • ISEE fino a €8.500: si pagava il 16% delle somme dovute (quota capitale + interessi “da ritardata iscrizione a ruolo”).
  • ISEE da €8.500 a €12.500: si pagava il 20% delle somme dovute.
  • ISEE da €12.500 a €20.000: si pagava il 35% delle somme dovute.

Queste percentuali erano calcolate sul capitale + interessi di ritardata iscrizione. In aggiunta, come per la rottamazione, andavano pagati l’aggio e le spese di notifica/esecutive. Sanzioni e interessi di mora erano completamente azzerati. Quindi chi aderiva otteneva una riduzione molto forte, perché oltre a non pagare sanzioni e mora, pagava solo una frazione del tributo.

Caso particolare: se il contribuente aveva già una procedura di liquidazione (Legge 3/2012) aperta dal tribunale, la percentuale dovuta era ancora più bassa: 10% delle somme dovute a titolo di capitale e interessi. Ciò riconosceva il fatto che quella persona era praticamente in stato di insolvenza conclamata.

Esempio pratico: un contribuente con ISEE di €15.000 e €10.000 di debiti originati da imposte non versate avrebbe pagato il 35% di €10.000 = €3.500 (più aggio/spese, supponiamo in totale circa €3.700) e avrebbe ottenuto lo stralcio dei restanti ~€6.300, tra imposte non pagate e relativi interessi. Se l’ISEE fosse stato sotto €8.500, avrebbe pagato solo €1.600 circa per chiudere €10.000 di debiti – un condono molto consistente.

Procedura e tempi del saldo e stralcio 2019

Trattandosi di una misura una tantum, il saldo e stralcio 2019 prevedeva una domanda di adesione entro una scadenza (fissata al 30 aprile 2019). Bisognava presentare all’Agente della Riscossione un modulo dichiarando il possesso dei requisiti (indicando il valore ISEE, e allegando eventualmente il decreto di apertura della liquidazione se si rientrava in quell’ipotesi).

ADER, dopo le verifiche, comunicò gli importi dovuti ridotti. I pagamenti potevano essere effettuati in max 5 rate spalmate fra il 2019 e il 2021 (con scadenze: 30/11/2019, 31/3/2020, 31/7/2020, 31/3/2021, 31/7/2021). In alternativa si poteva pagare tutto subito a fine novembre 2019. Anche qui valeva il meccanismo del decadimento in caso di mancato pagamento di una rata: se non si rispettavano le scadenze, il beneficio saltava e le cartelle ritornavano dovute per intero (con riaccredito di sanzioni e interessi).

A causa della pandemia Covid, i termini di pagamento di queste rate furono prorogati più volte durante il 2020-2021. In pratica, il governo con vari decreti (Decreto Cura Italia, Rilancio, Sostegni ecc.) spostò in avanti le scadenze per aiutare chi non riusciva a pagare durante l’emergenza. L’ultima proroga permise di versare tutte le rate in sospeso del saldo e stralcio entro il 31 ottobre 2021 senza decadere. Inoltre, per chi non ce l’aveva fatta nemmeno entro quella data, la Legge di conversione del DL Sostegni-ter (inizio 2022) ha previsto la riammissione: chi non aveva pagato entro il 9 dicembre 2021 le rate 2020-2021 poteva comunque mantenere il beneficio pagando entro nuove scadenze nel 2022. Insomma, c’è stata una certa flessibilità posticipando i termini per evitare esclusioni di massa, vista la crisi economica. Infine, chi eventualmente fosse decaduto definitivamente dal saldo e stralcio ha avuto un’altra possibilità di definizione con la rottamazione-quater 2023 (che era aperta anche a debiti precedentemente oggetto di saldo e stralcio non perfezionato, purché rientrassero nelle date ammesse).

Situazione attuale e possibili sviluppi

Dopo quella del 2019, non ci sono state altre edizioni di “saldo e stralcio” analoghe su larga scala. La Legge di Bilancio 2023, ad esempio, non ha riproposto un saldo e stralcio con ISEE (ha preferito misure come la cancellazione automatica dei piccoli debiti e la rottamazione aperta a tutti). Tuttavia, il termine “saldo e stralcio” è tornato nel linguaggio comune per indicare in generale la volontà di condonare parzialmente i debiti di chi è in difficoltà. È possibile che in futuro il legislatore riproponga strumenti simili mirati alle famiglie a basso reddito, magari con soglie ISEE aggiornate.

Al momento (2025) non è aperta alcuna finestra di saldo e stralcio su richiesta. Ciò significa che non puoi presentare ora una domanda per pagare una percentuale ridotta dei tuoi debiti se non esiste una legge attiva che lo consente. Dovresti attendere un’eventuale nuova norma in tal senso. Nel frattempo, però, vale la pena controllare se rientri in qualche stralcio automatico già previsto (vedi prossimo paragrafo) o valutare la procedura di sovraindebitamento, se il tuo è un caso grave.

È importante sottolineare che il saldo e stralcio 2019 fu una misura davvero conveniente per chi ne beneficiò: circa 400.000 contribuenti aderirono, permettendo di riscuotere circa la metà di quanto previsto (molti poi non conclusero i pagamenti, indice delle difficoltà reali di quella platea). In sostanza, lo Stato incassò qualcosa e quelle persone si liberarono di tutti i debiti fiscali pregressi pagando una frazione. Proprio la logica del “pagare poco per pagare tutti” fu la ratio di quel provvedimento.

Consiglio: se pensi di avere i requisiti di difficoltà (ISEE basso, ecc.), tieni d’occhio future iniziative legislative. Spesso leggi di bilancio o decreti fiscali in anni elettorali introducono misure di saldo e stralcio. Ad esempio, si è discusso di un possibile saldo e stralcio per le cartelle di importo più elevato non rientranti nello stralcio automatico 2023, ma al momento nulla è stato approvato.

Nel frattempo, se il debito è insostenibile, non rassegnarti: la procedura di sovraindebitamento di cui parleremo più avanti potrebbe essere la soluzione per ottenere un effetto simile (pagare solo una parte molto ridotta e azzerare il resto), attraverso il canale giudiziario.

Come funziona l’annullamento automatico dei mini-debiti fiscali

Oltre alle definizioni su istanza del contribuente (rottamazione e saldo/stralcio), lo Stato ha anche deciso in certi casi di cancellare d’ufficio intere categorie di debiti fiscali di modesta entità. Questi provvedimenti, detti di “stralcio automatico”, sono contenuti in leggi recenti e hanno l’effetto di azzerare completamente alcuni debiti senza che il cittadino debba fare nulla. Analizziamo i principali interventi di questo tipo, perché potresti scoprire di essere stato beneficiato e magari non ne sei nemmeno al corrente.

Perché lo Stato cancella i piccoli debiti

La ragione alla base di questi condoni automatici è pratica: l’Agenzia della Riscossione ha accumulato negli anni una mole enorme di cartelle, molte delle quali con importi piccoli o piccolissimi, spesso relative a crediti molto datati e di fatto inesigibili (perché il contribuente è irreperibile, nullatenente, deceduto senza eredi, ecc.). Gestire e tenere a ruolo questi crediti “minori” ha un costo amministrativo maggiore del possibile recupero. Si è quindi deciso di “ripulire i ruoli” annullando in blocco le posizioni di scarso valore, così da concentrare gli sforzi di riscossione su quelle più significative. Allo stesso tempo, ovviamente, ciò rappresenta un sollievo per milioni di cittadini che si vedono cancellare quelle vecchie pendenze.

Stralcio dei debiti fino a 1.000 euro (2000-2010)

Il primo intervento fu con il DL n.119/2018 (collegato fiscale 2019), convertito in L.136/2018, che all’art.4 disponeva l’annullamento automatico dei debiti di importo residuo fino a 1.000 € affidati all’Agente della Riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010. In pratica, tutte le cartelle del decennio 2000-2010 il cui saldo (comprensivo di capitale, sanzioni, interessi) al 24 ottobre 2018 non superava 1.000 euro sono state annullate. Questo stralcio si è concretizzato entro il 31 dicembre 2018. Riguardava sia persone fisiche che aziende, per qualunque tipo di debito (tributi erariali, regionali, multe, ecc.), con l’eccezione dei soli importi dovuti per recupero di aiuti di Stato, crediti derivanti da condanne della Corte dei conti e sanzioni penali.

Da notare: per le multe stradali in quel frangente è stata applicata la cancellazione delle sole maggiorazioni e interessi, mentre la sanzione base della multa è rimasta dovuta (salvo che l’ente locale abbia deciso autonomamente di condonare anche quella). Questo perché le multe non pagate generalmente non vengono del tutto condonate dallo Stato centrale senza il consenso degli enti locali.

In base a questo provvedimento del 2018, decine di milioni di cartelle “mini” sono state cancellate automaticamente: se avevi, ad esempio, un vecchio bollo auto del 2005 non pagato per €300, o una piccola IRPEF di €500 del 2003, quei debiti sono stati rimossi. L’Agenzia della Riscossione non è tenuta a inviare una comunicazione formale di avvenuto annullamento al contribuente, ma ha comunque aggiornato la posizione. Un contribuente può verificarlo accedendo con SPID all’area riservata del sito ADER, controllando nell’estratto conto che quelle cartelle compaiano come annullate per legge.

Stralcio dei debiti fino a 5.000 euro (2000-2010) per contribuenti con basso reddito

Un secondo intervento è arrivato con il Decreto Sostegni (DL 41/2021), convertito in L.69/2021, in piena pandemia. Tenendo conto della crisi economica, l’art.4 di quel decreto ha previsto l’annullamento automatico dei debiti affidati dal 2000 al 2010 fino a 5.000 €, ma solo per i contribuenti che avevano un reddito imponibile 2019 non superiore a 30.000 €. Questa misura dunque era più selettiva: non tutti, ma solo persone (fisiche e non) con redditi medio-bassi avrebbero visto cancellati i ruoli fino a 5.000 €.

Lo stralcio 5.000 euro del 2021 ha avuto tempi tecnici un po’ più lunghi (richiedeva scambi di dati tra Agenzia Entrate e Riscossione per individuare i beneficiari). È divenuto operativo verso ottobre 2021. Come per il precedente, includeva imposte, contributi e anche multe (con le stesse distinzioni: per le sanzioni amministrative non tributarie si stralciavano solo interessi). Anche in questo caso l’annullamento è stato automatico e senza bisogno di domanda. Se nel 2019 avevi dichiarato redditi modesti, e magari avevi qualche cartella di importo sotto i 5.000 relativa a quel periodo, dovresti averne beneficiato.

Stralcio dei debiti fino a 1.000 euro (2000-2015) – Legge di Bilancio 2023

L’intervento più recente è quello contenuto nella Legge n.197/2022 (Bilancio 2023, commi 222-230), voluto dal Governo Meloni, che ha esteso la pulizia dei ruoli ai debiti fino a 1.000 € affidati dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015. Questo stralcio differisce leggermente dal precedente del 2018:

  • Ambito temporale: copre le cartelle fino al 2015 (quindi aggiunge altri 5 anni).
  • Importo: sempre fino a €1.000 di importo residuo (somma di imposta, sanzioni, interessi) per singolo carico iscritto a ruolo.
  • Soggetti: vale per tutti i debitori (nessuna distinzione di reddito in questo caso).
  • Tipologie di debito incluse/escluse: sono esclusi i soliti casi particolari (aiuti di Stato da recuperare, etc.). Per i debiti verso enti diversi dallo Stato (es. Comuni, multe, tributi locali) la norma originaria prevedeva un annullamento parziale: ovvero, al 31 marzo 2023 sarebbero stati automaticamente annullati solo interessi e sanzioni, mentre il capitale sarebbe rimasto dovuto all’ente locale. Tuttavia, il Decreto Milleproroghe 2023 (L.14/2023) ha dato facoltà agli enti locali di deliberare l’annullamento totale anche della quota capitale entro una certa data. In pratica:
    • per i debiti verso lo Stato (imposte erariali, contributi INPS, ecc.) fino a 1000 € (2000-15) lo stralcio è stato integrale e automatico al 31/3/2023;
    • per i debiti verso Comuni/Regioni (es. multe stradali, IMU/TASI, tassa rifiuti) fino a 1000 € (2000-15) c’è stata la possibilità per l’ente di decidere se aderire allo stralcio completo oppure no. Se l’ente non ha deliberato nulla in contrario, dal 31/3/2023 sono stati comunque annullati interessi e sanzioni su tali debiti, lasciando però dovuto il tributo o la multa. Se invece il Comune ha scelto di estendere lo stralcio, anche la parte capitale è stata cancellata. Molti comuni, per non perdere gettito, hanno optato per il solo stralcio parziale (cioè togliere interessi ma riscuotere il principale). Altri comuni hanno deciso di “liberare” i cittadini anche dal principale, assorbendo la perdita.
  • Tempistica: inizialmente la legge fissava al 31 marzo 2023 l’efficacia dell’annullamento. Il Milleproroghe 2023 ha spostato questa data al 30 aprile 2023, sia per dare tempo agli enti locali di decidere, sia per motivi operativi. Dunque entro il 30 aprile 2023 l’Agente della Riscossione ha cancellato d’ufficio tutti i carichi rientranti nello stralcio.

Gli effetti concreti: milioni di cartelle (si stima oltre 10 milioni di partite) di piccolo importo relative a quel periodo sono state rimosse. Ad esempio, se avevi un vecchio debito IRPEF di €300 del 2012, o una sanzione per ritardata dichiarazione di €150 del 2014, questi non esistono più. Analogamente, molte multe stradali datate sotto i 1000 € sono state “alleggerite” delle maggiorazioni (e in alcuni comuni condonate del tutto). L’Agenzia delle Entrate-Riscossione sul proprio sito ha pubblicato FAQ e istruzioni per spiegare che il contribuente non deve fare nulla: il sistema ha operato automaticamente e, in caso di pagamento effettuato prima dell’annullamento, non era previsto rimborso (se uno ha pagato volontariamente una cartella a febbraio 2023 che poi sarebbe stata stralciata ad aprile, l’adempimento resta valido e non si rimborsa quanto versato).

Verifica: per sapere se i tuoi piccoli debiti sono stati annullati, puoi controllare l’area riservata ADER o contattare il call center. In generale, l’ente non invia lettere individuali per lo stralcio. Tuttavia, è stato annunciato che, completata l’operazione, l’Agenzia potrebbe inviare un estratto conto aggiornato ai debitori interessati. Considerando i numeri, è più pratico verificare autonomamente online.

Altre misure di tregua fiscale recenti

Oltre agli stralci automatici sopra citati, la “tregua fiscale” contenuta nella Manovra 2023 comprendeva anche altre agevolazioni, come la definizione agevolata delle liti tributarie (per chi aveva cause pendenti col Fisco, possibilità di chiuderle pagando una percentuale), la remissione degli omessi pagamenti formali (sanatoria di errori formali versando €200), il ravvedimento speciale per regolarizzare violazioni tributarie pagando imposte senza sanzioni penali, ecc. Queste però esulano dallo scopo di questa guida, che è focalizzata sui debiti ormai iscritti a ruolo e sulle vie per liberarsene. È bene comunque sapere che periodicamente lo Stato offre strumenti anche per prevenire l’accumulo di debiti (sanando a costi ridotti le situazioni prima che degenerino in cartelle).

Cosa fare se rientri in uno stralcio automatico

Se pensi di rientrare in uno dei condoni automatici:

  • Controlla la tua situazione: scarica l’estratto conto dal portale Agenzia Entrate-Riscossione o richiedilo allo sportello. Se vedi che alcune cartelle risultano annullate in base alle leggi 2018, 2021 o 2023, puoi stare tranquillo che quei debiti non sono più dovuti.
  • Non pagare somme non dovute: capita che per mancato aggiornamento qualcuno riceva ancora solleciti per vecchi debiti annullati (specie con enti locali). Se hai evidenza che la cartella rientra nello stralcio, segnalalo all’ente o all’ADER. In generale dopo il 2023 la posizione dovrebbe essere sistemata.
  • Attenzione ai debiti esclusi: se una cartella conteneva sia importi stralciabili che altri no, potresti vederla solo parzialmente annullata. Ad esempio, cartella con una multa stradale €800 e una sanzione Agenzia Entrate €300: la parte AE è stata annullata, la multa può essere rimasta (magari senza interessi). L’estratto conto dettaglierà queste situazioni.

In conclusione, gli stralci automatici sono un provvedimento con cui il tuo debito viene cancellato al 100% per decisione dello Stato. Non devi pagare nulla e perdi definitivamente lo status di debitore per quelle somme. Questo è il modo più diretto per “azzerare” un debito fiscale, ma è applicabile solo a determinate condizioni (importi molto bassi e specifici periodi). Se i tuoi debiti sono più consistenti, dovrai affidarti invece a misure come rottamazioni/saldo e stralcio (per ridurli) o alla procedura di sovraindebitamento (per trovare una soluzione definitiva). Proprio quest’ultima opzione sarà l’oggetto del prossimo capitolo, fondamentale per capire come azzerare i debiti quando le semplici sanatorie non bastano.

Come azzerare i debiti con l’Agenzia Delle Entrate o ridurli con la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento (Legge “salva suicidi”)

Se le misure finora descritte (condoni, rottamazioni, ecc.) non sono sufficienti o non applicabili al tuo caso – ad esempio, se hai debiti molto elevati con il Fisco e altri creditori e una situazione economica compromessa – esiste uno strumento di natura giudiziaria che consente di ottenere la cancellazione dei debiti residui: è la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, istituita dalla Legge n.3/2012. Questa legge, definita anche “legge anti-suicidi”, ha introdotto per la prima volta in Italia la possibilità per i privati cittadini, piccoli imprenditori e consumatori indebitati di accedere a procedure simili al fallimento (riservato alle aziende) per risolvere la propria situazione debitoria.

Dal 2022, la Legge 3/2012 è stata abrogata e assorbita nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), ossia il D.Lgs. 14/2019 entrato pienamente in vigore il 15 luglio 2022. Il Codice raccoglie e aggiorna la disciplina, introducendo anche qualche novità. In sostanza però la filosofia rimane: offrire al debitore onesto ma sovraindebitato una procedura per ristrutturare o liquidare i propri debiti, con il coinvolgimento e controllo del Tribunale, ottenendo al termine l’esdebitazione, cioè la liberazione dai debiti non pagati.

Questa sezione spiegherà in modo accessibile:

  • Chi può accedere a tali procedure e in quali circostanze (definizione di sovraindebitamento).
  • Quali sono le opzioni disponibili all’interno di questa procedura (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione del debitore incapiente).
  • Come funziona concretamente l’iter: dagli organismi di composizione della crisi (OCC) alla presentazione del piano in Tribunale, fino all’omologazione e all’esecuzione.
  • Documenti e requisiti richiesti, tempi e costi da prevedere.
  • Effetti sui debiti fiscali: anche l’Agenzia delle Entrate e l’Agente della Riscossione sono coinvolti in questi piani e spesso devono accettare riduzioni significative del credito, come vedremo.
  • Novità normative fino al 2025, come la possibilità di esdebitazione dell’incapiente e le procedure familiari introdotte di recente.

Chi può accedere e quando conviene la procedura di sovraindebitamento

La procedura è rivolta ai soggetti definiti “sovraindebitati” che non possono accedere alle normali procedure fallimentari. In altre parole, è il “concordato preventivo” o il “fallimento” dei soggetti non fallibili.

Per chiarire:

  • Sono sovraindebitati coloro che non riescono più a onorare regolarmente i propri debiti a causa di un perdurante squilibrio economico tra le obbligazioni assunte e il patrimonio/reddito disponibile. Non si tratta di una difficoltà temporanea, ma di una situazione di insolvenza o pre-insolvenza strutturale. Ad esempio, una famiglia che ha accumulato debiti per 100.000 € (tra fisco, banca, fornitori) avendo un reddito mensile di 1.200 € e nessun patrimonio liquido è tipicamente sovraindebitata: anche pagando rate, non riuscirebbe mai a coprire integralmente tutti i debiti.
  • Sono non fallibili quei soggetti che per legge non possono essere assoggettati al fallimento o alle procedure concorsuali riservate alle imprese. In generale, una persona fisica consumatore non può fallire (il fallimento riguarda imprenditori commerciali). Anche i piccoli imprenditori sotto certe soglie non sono soggetti a fallimento. La normativa individua vari casi:
    • Persone fisiche consumatori (privati cittadini che hanno debiti come utenti, contribuenti, ecc. non legati ad attività d’impresa).
    • Professionisti (avvocati, medici, lavoratori autonomi con partita IVA) – questi non falliscono per definizione, non essendo imprenditori commerciali.
    • Imprenditori agricoli (esclusi dal fallimento per legge speciale).
    • Enti non commerciali (associazioni, onlus) e start-up innovative (queste ultime hanno avuto specifiche esenzioni da fallimento nella fase di avvio).
    • Piccoli imprenditori commerciali che non superano i parametri di fallibilità (attivo patrimoniale ≤ 300.000 €, ricavi lordi ≤ 200.000 €, debiti ≤ 500.000 € nei tre esercizi precedenti). Se un’impresa rimane sotto tutti questi tre limiti, non può essere dichiarata fallita. Molte imprese artigiane o ditte individuali rientrano in questa categoria.
    • Soci di società di persone (snc, sas) per i debiti sociali quando la società non è fallibile o è estinta.
    • Eredi di imprenditore fallibile: l’erede può usare la procedura per gestire i debiti ereditati se ha accettato con beneficio d’inventario e oltre un anno è trascorso dalla morte senza fallimento dell’azienda.

In sostanza, quasi tutti i debitori “privati” possono accedere: i classici casi sono il consumatore oberato di debiti, il piccolo imprenditore o artigiano sommerso dai debiti che non ha accesso al fallimento, il professionista indebitato, ecc. Anche i coniugi o familiari sovraindebitati possono accedere insieme con un’unica procedura familiare (novità del Codice della Crisi): se conviventi e i debiti hanno origine comune, è possibile presentare un unico piano congiunto per tutta la famiglia, riducendo costi e tempi.

Chi non può accedere: sono esclusi i grandi imprenditori (che devono eventualmente ricorrere a concordati preventivi o fallimenti classici). Inoltre, la legge pone dei paletti di meritevolezza: il debitore non deve aver provocato la situazione con grave dolo, frode o colpa grave. Se ad esempio ha contratto debiti volontariamente senza prospettiva di restituirli, o ha dissipato il patrimonio in modo fraudolento per sottrarlo ai creditori, il giudice può negare l’accesso alla procedura. Anche chi ha già usufruito dell’esdebitazione in passato ne è escluso per un certo periodo (in linea di massima, la legge prevede che l’esdebitazione si possa ottenere una sola volta, salvo eccezioni o decorso di molti anni).

Quando conviene ricorrere a questa procedura? Quando la somma dei tuoi debiti è tale che neanche con le migliori agevolazioni riusciresti a pagarla e la tua condizione economica non lascia prevedere miglioramenti sostanziali. Spesso è l’ultima spiaggia dopo aver magari provato rateizzazioni, consolidamenti o definizioni agevolate. È una scelta impegnativa perché comporta l’intervento del tribunale e comporta degli oneri (es. dovrai probabilmente cedere parte dei tuoi beni o redditi per alcuni anni), ma in cambio cancella tutti i debiti residui, offrendoti un vero fresh start.

Immagina chi ha centinaia di migliaia di euro di cartelle esattoriali per ex attività andate male: difficilmente quelle somme potranno essere recuperate dallo Stato in toto, ma intanto il debitore resta bloccato a vita con quell’onere (stipendio pignorato, impossibilità di avere beni a sé intestati, ecc.). La procedura di sovraindebitamento permette di rompere questo circolo: si paga ciò che si può e il resto viene perdonato.

Le opzioni previste: piano del consumatore, concordato minore, liquidazione, esdebitazione “incapiente”

Nell’ambito delle procedure di composizione della crisi, il debitore ha a disposizione diverse opzioni, a seconda della propria tipologia (consumatore o imprenditore) e delle prospettive di rimborso. Il Codice della Crisi attualmente prevede quattro principali strumenti:

  1. Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex “piano del consumatore” della Legge 3/2012).
  2. Concordato minore (ex “accordo di composizione della crisi” della L.3/2012).
  3. Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex “liquidazione del patrimonio”).
  4. Esdebitazione del debitore incapiente (introdotta di recente).

Vediamoli singolarmente in parole semplici.

1. Piano del consumatore (ristrutturazione dei debiti del consumatore): è una procedura dedicata esclusivamente al debitore persona fisica che ha contratto debiti come privato e non nell’esercizio di un’attività d’impresa. Esempio tipico: la famiglia sommersa da prestiti, bollette e cartelle, oppure il pensionato con debiti per tasse e spese mediche. In questo piano:

  • Il debitore, assistito dall’Organismo di Composizione della Crisi (OCC), propone un piano di pagamento dei propri debiti sostenibile rispetto al suo reddito/patrimonio. Si tratta di un programma in cui si stabilisce cosa e quanto il debitore pagherà a ciascun creditore, in che tempi e modi. Ad esempio, potrebbe prevedere di pagare una quota del 20% a tutti i creditori in 5 anni, utilizzando il proprio stipendio mensile al netto delle spese di sostentamento. Oppure, se ha un immobile, potrebbe prevedere di venderlo o ipotecarlo per ricavare una somma da distribuire ai creditori. Ogni caso è costruito su misura.
  • Fondamentale: non c’è voto dei creditori. A differenza dei concordati, qui i creditori non possono approvare o respingere il piano. È il Giudice a valutarne l’ammissibilità e la fattibilità. Se il giudice ritiene che il piano sia equo e che il debitore abbia agito con sufficiente correttezza (meritevolezza), può omologare il piano anche senza il consenso dei creditori. Questo è un enorme vantaggio per il debitore-consumatore, perché evita che un creditore ostile (magari proprio il Fisco) possa bloccare tutto votando contro. Il giudice però deve verificare che il piano non danneggi ingiustamente i creditori: in pratica i creditori devono ricevere col piano almeno quanto otterrebbero in alternativa (ad esempio dalla liquidazione dei beni del debitore). Inoltre il debitore deve essere meritevole, ossia la sua insolvenza non deve derivare da comportamento fraudolento o gravemente imprudente.
  • Una volta approvato dal tribunale, il piano diventa vincolante per tutti. Significa che i creditori saranno obbligati ad accettare quanto stabilito (fosse anche il 10% del credito a rate) e non potranno agire al di fuori del piano. Eventuali pignoramenti in corso vengono bloccati.
  • Il debitore quindi eseguirà il piano: ad esempio verserà le rate mensili previste all’OCC o direttamente ai creditori secondo le modalità fissate. Durante questo periodo è sorvegliato: se il debitore non rispetta gli impegni del piano senza giustificato motivo, il tribunale può revocare il beneficio.
  • Esdebitazione finale: se il debitore esegue fedelmente il piano fino alla fine, il giudice dichiara l’esdebitazione, ossia cancella tutti i debiti residui che non sono stati soddisfatti con il piano. Il consumatore così viene liberato da ogni pretesa pregressa. Anche i debiti fiscali rientrano e vengono definitivamentestralciati nella parte non pagata. (Nota: restano escluse solo eventuali obbligazioni di carattere personale non eliminabili, come le obbligazioni alimentari: ad esempio, gli arretrati per assegni di mantenimento all’ex coniuge non possono essere spazzati via dalla procedura).
  • Il piano del consumatore tipicamente dura alcuni anni (non c’è un limite rigido, ma spesso vengono proposti piani di 4–5 anni, in modo simile ai piani di rientro). La Cassazione ha chiarito che è legittimo un piano anche con pagamento dilazionato in 5 anni, se ciò consente di massimizzare il recupero e mantenere sostenibile l’onere per il debitore. Durante questi anni, il debitore deve dedicare ai creditori tutta la parte di reddito disponibile eccedente le necessità di mantenimento proprio e della famiglia, come definito nel piano. Può capitare che un parente o terzo offra un aiuto finanziario per rendere il piano più robusto (es: un genitore offre 10.000 € in unica soluzione per permettere al figlio debitore di proporre un pagamento parziale immediato).
  • Un grande vantaggio del piano del consumatore è che il debitore mantiene la gestione dei suoi beni (non c’è un liquidatore che glieli porta via, a meno che il piano stesso preveda la vendita di qualche cespite). Inoltre, può prevedere la cessazione di trattenute in corso: ad esempio, se il debitore aveva un quinto dello stipendio pignorato o ceduto per prestiti, con l’apertura della procedura queste trattenute vengono sospese e quell’importo rientra tra le risorse da destinare al piano in modo equo tra tutti i creditori. Ciò vuol dire che, ad esempio, un prestito con cessione del quinto verrà trattato come qualsiasi altro debito nel piano (potrà essere falcidiato) e nel frattempo la trattenuta sullo stipendio viene bloccata – restituendo al debitore liquidità mensile per vivere e pagare il piano.

2. Concordato minore: è la procedura analoga, ma destinata ai debitori non consumatori (imprenditori, professionisti, soggetti con partite IVA, o anche persone fisiche che però hanno alcuni debiti di origine imprenditoriale). Se il tuo debito è misto (in parte personale, in parte da ex attività commerciale), non puoi qualificarti come “consumatore puro” e quindi il tuo percorso dovrà passare per il concordato minore. Le caratteristiche principali:

  • Si presenta un piano di ristrutturazione come nel caso precedente, con l’aiuto di un OCC che assevera i dati e la fattibilità. Il contenuto del piano può anche prevedere il proseguimento dell’attività d’impresa (se l’imprenditore vuole tentare di continuare a operare) oppure la liquidazione di beni aziendali, a seconda dei casi.
  • I creditori votano sul piano proposto. È richiesto il voto favorevole di una maggioranza (nel Codice della Crisi è fissata al 50% + 1 dei crediti ammessi al voto). Questo è un abbassamento rispetto alla vecchia norma (che richiedeva 60%): dunque oggi è un po’ più facile raggiungere il quorum. Se la maggioranza approva, il tribunale potrà omologare il concordato minore e renderlo obbligatorio per tutti i creditori, anche i dissenzienti.
  • Ruolo particolare dei creditori pubblici (Erario e enti previdenziali): se l’Erario o l’INPS hanno un credito rilevante e votano no, c’è un meccanismo di cram-down (imposizione coattiva) previsto dall’art.80 del Codice. Il giudice può comunque omologare il concordato nonostante il loro voto contrario se ritiene che il loro rifiuto sia irragionevole e che nel piano quei crediti siano trattati in modo non inferiore a come sarebbero in una liquidazione. In altre parole, se il Fisco viene proposto di prendere il 10% e in caso di liquidazione fallimentare prenderebbe zero, un suo “no” potrebbe essere giudicato ingiustificato e il giudice può ignorarlo. Però attenzione: recenti pronunce (ad es. Corte d’Appello di Venezia 2024) hanno sottolineato che il cram-down non è automatico: il tribunale deve valutare caso per caso la legittimità del diniego del Fisco, e non può scavalcarlo se il piano appare fatto in modo abusivo solo per eliminare il debito tributario senza reale sforzo di risanamento. Questo per dire che, nel concordato minore, il contributo ai debiti fiscali dev’essere il massimo possibile nelle condizioni date, altrimenti l’Amministrazione finanziaria potrebbe opporsi con ragione.
  • Se il piano ottiene l’omologazione, il debitore esegue quanto previsto (pagamenti, eventuali atti di liquidazione, ecc.), sotto la sorveglianza di un liquidatore o fiduciario nominato. Completati gli adempimenti, il giudice dichiara chiusa la procedura e concede l’esdebitazione liberando il debitore dai debiti residui non soddisfatti.
  • Durante la procedura, il debitore in concordato minore può continuare eventualmente a gestire la propria attività sotto la supervisione del OCC e del giudice (salvo diversa disposizione), così come nel concordato preventivo classico esiste la possibilità di continuità aziendale.
  • Il concordato minore è quindi indicato ad esempio per un artigiano che ha chiuso la sua impresa con debiti verso banche, fornitori e Fisco: propone di pagare magari il 30% grazie alla vendita di un macchinario e ad alcuni utili futuri, i creditori votano e se accettano si procede. Oppure per un professionista con debiti sia personali che derivanti dallo studio.

3. Liquidazione controllata del sovraindebitato: questa è l’equivalente di un fallimento personale volontario. Il debitore riconosce di non avere alcuna prospettiva di rimborsare i debiti in misura accettabile tramite un piano e opta per mettere a disposizione tutto il suo patrimonio immediatamente ai creditori. Ecco come funziona:

  • Il debitore (o anche uno dei creditori, in certi casi) chiede al tribunale di aprire una procedura di liquidazione dei suoi beni. Il tribunale nomina un liquidatore (spesso un professionista, commercialista o avvocato, iscritto all’albo dei gestori della crisi) che prende in consegna l’attivo del debitore.
  • Cosa va liquidato: tutti i beni del debitore, mobili e immobili, vengono destinati alla vendita per ricavare denaro. Ci sono ovviamente delle eccezioni: i beni impignorabili per legge (es. alcuni oggetti personali, stipendi per la parte minima vitale, pensioni minime, ecc.) restano al debitore. Se il debitore ha uno stipendio, il giudice può decidere di lasciargli una parte per il suo mantenimento e destinare una parte ai creditori durante la procedura (come un pignoramento, ma regolato dal tribunale fallimentare). Se c’è un immobile di proprietà, di solito viene venduto all’asta dal liquidatore.
  • La liquidazione dura il tempo necessario a monetizzare i beni, ma il nuovo Codice ha introdotto un limite di 3 anni: la procedura deve concludersi preferibilmente entro questo termine (prorogabile di poco se necessario). Questo è un miglioramento perché evita liquidazioni eterne.
  • Al termine, il liquidatore ripartisce il ricavato tra i creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione (come in un fallimento: prima eventuali creditori ipotecari o privilegiati, poi chirografari in proporzione). Di solito, in situazioni di sovraindebitamento, il ricavato è modesto rispetto al totale debiti. Ad esempio si vendono quei pochi beni e si riesce a pagare, poniamo, un 5% del totale dovuto.
  • Una volta eseguiti i riparti, il liquidatore riferisce al giudice. Esdebitazione: la legge prevede che, chiusa la liquidazione, il debitore persona fisica ottenga di diritto l’esdebitazione, cioè la cancellazione dei debiti residui insoddisfatti. In passato (L.3/2012) bisognava fare apposita istanza e il giudice valutava se il debitore fosse meritevole; ora il Codice rende l’esdebitazione pressoché automatica dopo 3 anni, salvo che emergano motivi ostativi (ad esempio frodi, irregolarità gravi, violazioni degli obblighi di collaborazione, ecc.). Dunque, se il debitore collabora onestamente e consegna tutti i beni, in tre anni può ripulirsi dai debiti a prescindere dalla percentuale che i creditori hanno ottenuto.
  • La liquidazione controllata spesso è scelta come “ultima risorsa” quando non si riesce a proporre un piano credibile oppure quando i creditori non approvano il concordato minore. Il debitore in questi casi dice: “prendete tutto quello che ho, è poco ma è tutto, e poi lasciatemi ripartire da zero”.
  • Un vantaggio della liquidazione è che non richiede il consenso dei creditori e può essere avviata anche senza l’accordo di costoro (in effetti spesso i creditori preferirebbero questa via se ritengono di più di tanto non recupereranno comunque). Inoltre può essere attivata anche in caso di condotte non del tutto meritevoli del debitore: se ad esempio il giudice ritiene che il debitore ha colpe nella sua insolvenza e quindi negherebbe l’omologazione di un piano, può comunque aprire una liquidazione (magari negandogli poi l’esdebitazione se emergono frodi). Diciamo che la liquidazione è un diritto oggettivo dei creditori a veder liquidati i beni, più che un favore al debitore; la ricompensa per il debitore arriva solo se si comporta bene (esdebitazione).
  • Durante la liquidazione, come nel fallimento, il debitore perde la disponibilità dei suoi beni (che passa al liquidatore), ma ha comunque diritto al minimo per vivere dignitosamente. Finita la procedura, tutto ciò che possiede o guadagna in seguito resta suo e non attaccabile per i vecchi debiti ormai esdebitati.

4. Esdebitazione del debitore incapiente: questa è una novità introdotta nel 2020 (Legge 176/2020 di riforma della L.3/2012) e confermata nel Codice della Crisi all’art. 283. Rappresenta un caso particolare e rivoluzionario: permette di cancellare i debiti anche a chi non è in grado di offrire nulla ai creditori. È stata pensata per situazioni di estrema indigenza, in cui il debitore è nullatenente e senza reddito, ma meritevole e bloccato dai debiti. In condizioni normali, un piano o una liquidazione richiedono di dare “qualcosa” ai creditori (anche solo la liquidazione dei beni). Ma se uno non ha nulla da liquidare e nessun reddito attuale o prospettico? Prima non c’era soluzione: non potevi accedere alla legge 3/2012 perché mancava qualsiasi “utilità” per i creditori. Ora invece c’è questa procedura a costo zero.

Caratteristiche dell’esdebitazione dell’incapiente:

  • Riservata al debitore persona fisica che non ha alcun patrimonio liquidabile né capacità di pagare nemmeno in futuro, però è in buona fede (non deve aver frodato creditori o accumulato debiti con dolo). In pratica dev’essere “incapiente” nel senso più pieno: niente reddito, niente beni, nessuna prospettiva concreta di guadagno.
  • Si presenta un ricorso al tribunale chiedendo l’esdebitazione di tutti i debiti senza attivare alcun piano o liquidazione, proprio perché non c’è materia su cui costruirli. L’OCC verifica l’assenza di beni e redditi e la meritevolezza.
  • Il tribunale, se accerta queste condizioni, emette un decreto che cancella tutti i debiti del soggetto. Si tratta di un provvedimento di tipo sociale: riconosce che tenere quella persona per sempre oberata di debiti sarebbe inutile (tanto non pagherà mai) e dannoso (le impedisce di rifarsi una vita). Si concede dunque una “pulizia completa”.
  • Obblighi successivi per il debitore: non è però una totale liberazione incondizionata. La legge prevede una sorta di periodo di prova di 4 anni successivi al decreto: se in questi 4 anni sopravvengono “utilità rilevanti” nel patrimonio del debitore, egli ha l’obbligo di pagarle ai vecchi creditori fino a concorrenza del 10% dei debiti originari. In pratica, se per miracolo entro 4 anni l’incapiente riceve un’eredità, vince alla lotteria, trova un ottimo lavoro o comunque ottiene risorse economiche significative, dovrà destinarne una parte ai creditori di prima (fino almeno al 10% di quanto doveva). Se invece trascorrono i 4 anni e nessuna sostanziale miglioria c’è stata, i creditori non potranno più reclamare nulla, neppure in caso di arricchimento successivo. Di fatto, i 4 anni fungono da “finestra di verifica”: il debitore è libero dai debiti ma con questo dovere condizionato, trascorso il quale la liberazione diventa definitiva e irrevocabile.
  • Una sola volta nella vita: l’esdebitazione incapiente può essere ottenuta una sola volta. Se uno ne beneficia, non potrà più chiederla in futuro, nemmeno se dovesse nuovamente indebitarsi.
  • Questa misura è stata introdotta proprio per quei casi limite di persone totalmente sopraffatte che si trovavano senza via d’uscita. Pensiamo a chi ha perso lavoro, casa, e ha debiti per decine di migliaia di euro: spesso rinunciava persino a lavorare in nero pur di non far pignorare nulla ai creditori, restando ai margini. Ora può avere la chance di ripartire da zero anche senza beni, confidando magari di reinserirsi nel circuito produttivo.
  • Novità 2025: la Legge di Bilancio 2025 ha istituito un Fondo per l’esdebitazione degli incapienti, con una dotazione iniziale statale di 500.000 euro, proprio per coprire le spese procedurali di accesso a questa misura. Difatti, anche se il debitore non deve offrire nulla ai creditori, qualche costo la procedura ce l’ha (compenso minimo all’OCC, bolli, ecc.). Il nuovo fondo servirà a finanziare questi costi, in modo che la totale indigenza non impedisca di presentare la domanda. Si tratta di un aiuto concreto per quei casi di povertà estrema: il debitore non pagherà neanche le spese di procedura, se ammesso al beneficio, perché interviene il fondo pubblico.

Come avviare la procedura: il ruolo degli OCC e la domanda in Tribunale

Il primo passo per usufruire di una procedura da sovraindebitamento è rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC). Gli OCC sono enti istituiti presso le Camere di Commercio, i consigli degli Ordini professionali (commercialisti, avvocati, notai) o altri enti pubblici, con il compito di assistere i debitori nelle procedure di sovraindebitamento. Sul sito del Ministero della Giustizia c’è l’elenco aggiornato degli OCC accreditati per ciascuna provincia.

Cosa fa l’OCC:

  • Nomina un gestore della crisi (solitamente un professionista esperto in materie giuridico-contabili) che seguirà il tuo caso.
  • Ti richiede tutta la documentazione necessaria a ricostruire la tua situazione economica. Preparati a fornire:
    • elenco dettagliato di tutti i creditori e relativi importi dovuti (es: cartelle Equitalia, finanziarie, banche, privati, ecc.), con documenti giustificativi (estratti di ruolo, contratti di finanziamento, decreti ingiuntivi, fatture, ecc.);
    • elenco dei tuoi beni: proprietà immobiliari (visure catastali), veicoli (visura PRA), conti correnti e depositi (estratti conto ultimi mesi), eventuali polizze o partecipazioni societarie;
    • documentazione sui redditi e bilanci familiari: ultime dichiarazioni dei redditi/730, buste paga o cedolini pensione, attestazione ISEE, spese mensili per mantenimento (affitto, bollette, spese mediche, figli a carico);
    • uno stato di famiglia o certificato anagrafico, per capire i componenti del nucleo;
    • eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi anni (se ad esempio hai venduto una casa recentemente o fatto donazioni, va segnalato, perché il gestore deve valutare che non ci siano state manovre per sottrarre beni ai creditori: simili atti potrebbero ostacolare la procedura per sospetto di frode);
    • una relazione che spieghi la genesi dell’indebitamento (il gestore ti chiederà di raccontare come sei arrivato a questa situazione: es. “ho perso il lavoro, poi ho usato carte di credito per vivere, poi è morta mia moglie e ho sostenuto spese mediche…” – serve a valutare la meritevolezza);
    • per i casi di piano del consumatore, il gestore potrebbe richiedere anche un attestato di educazione finanziaria (novità del Codice: se il sovraindebitamento è dipeso da troppa facilità nel contrarre debiti, il debitore può essere invitato a seguire corsi di gestione finanziaria per evitare di ricadere negli errori).
  • L’OCC svolge accessi a banche dati pubbliche per verificare la situazione del debitore (dal 2023 gli OCC hanno facoltà di consultare l’Anagrafe Tributaria, i registri immobiliari, PRA e Centrali Rischi). Questo serve a “mappare” tutti i debiti e beni, anche quelli che il debitore potrebbe aver dimenticato.
  • Il gestore, insieme al debitore, valuta quale procedura scegliere: piano del consumatore, concordato minore o liquidazione. Se il debitore non ha nulla: opzione esdebitazione incapiente. Se ha un reddito seppur minimo: magari meglio un piano per salvare qualche bene (es. la prima casa, se con mutuo in corso, potrebbe essere mantenuta prevedendo di continuare a pagare il mutuo regolarmente fuori piano – infatti la legge ora consente ad esempio, nelle procedure familiari, di mantenere il pagamento del mutuo sulla casa principale con attestazione OCC, così da non perdere l’abitazione).
  • Una volta deciso lo strumento, l’OCC predispone la proposta di piano o la domanda di liquidazione. Redige una relazione che accompagna la proposta, in cui attesta la veridicità dei dati e la fattibilità del piano, nonché esprime valutazioni sulla meritevolezza del debitore (soprattutto per il piano del consumatore è obbligatorio che l’OCC certifichi che il debitore non ha colpe gravi o frodi).
  • Il fascicolo viene quindi depositato in Tribunale. La competenza è del tribunale del luogo di residenza o sede principale del debitore.

Procedimento in Tribunale:

  • Il Tribunale verifica i requisiti formali e sostanziali. Se si tratta di un piano del consumatore, può fissare direttamente un’udienza di omologazione, avvisando i creditori (che possono presentare eventuali opposizioni o osservazioni, pur non avendo diritto di voto). Se si tratta di un concordato minore, il giudice dispone che l’OCC convochi i creditori per il voto (che può avvenire in udienza o anche tramite PEC/portale telematico).
  • Nel frattempo, dal momento del deposito del ricorso, il giudice può adottare misure cautelari a tutela: ad esempio può sospendere le azioni esecutive in corso contro il debitore. La legge prevede una sorta di automatic stay su istanza: significa che se c’è un pignoramento in atto o un’asta della casa imminente, il debitore può chiedere al giudice di bloccarla in attesa della decisione sul piano. In genere, con l’ammissione alla procedura, nessun creditore può iniziare o proseguire esecuzioni individuali (la tutela tipica delle procedure concorsuali).
  • Se i creditori nel concordato votano a favore (o comunque se il piano appare conforme ai requisiti di legge), si arriva all’omologazione: il giudice emette un decreto che approva il piano concordato o il piano del consumatore. Da quel momento il piano diventa efficace ed esecutivo.
  • In caso di liquidazione controllata, il tribunale apre la procedura, nomina il liquidatore e dispone l’inventario dei beni: il debitore deve consegnare beni e documentazione al liquidatore nominato.
  • Se per qualche ragione il tribunale rifiuta l’omologazione (ad esempio nel piano del consumatore se ritiene il debitore non meritevole, o se il piano è chiaramente inattuabile), la procedura può venire chiusa lì. In certi casi però, il giudice può suggerire il passaggio ad altra procedura: es. se boccia un piano del consumatore, può contestualmente aprire una liquidazione controllata per non lasciare i creditori a mani vuote. Oppure, in sede di concordato minore, se manca l’accordo dei creditori, il debitore può chiedere la conversione in liquidazione.
  • Durante l’esecuzione del piano omologato, l’OCC o un eventuale commissario nominato vigila sul rispetto delle condizioni. Il debitore dovrà periodicamente rendicontare i pagamenti effettuati. Se sopravvengono imprevisti che rendono impossibile eseguire il piano così com’è, il debitore può tornare in tribunale per chiedere modifiche o anche la risoluzione della procedura (ad esempio se perde il lavoro durante il piano e non può più pagare le rate, si potrebbe convertire in liquidazione).
  • Conclusa l’esecuzione o la liquidazione, il tribunale emette il decreto di esdebitazione: a questo punto tutti i debiti inclusi nella procedura sono estinti definitivamente, per la parte non pagata. Il debitore torna “pulito” legalmente: i creditori dovranno eliminare le iscrizioni pregiudizievoli (es. fermi, ipoteche – se i beni non sono stati venduti potrebbero sussistere ancora ma non più per debiti esistenti), l’Agenzia delle Entrate-Riscossione chiuderà le cartelle per intervenuta esdebitazione.

Documenti e costi: come si intuisce, la mole documentale è considerevole. È fondamentale non nascondere nulla e fornire all’OCC un quadro chiaro e completo. Qualsiasi omissione può emergere dalle banche dati e minare la fiducia (se spunta un debito non dichiarato, il giudice potrebbe dubitare della buona fede). Sul fronte costi, la procedura non è gratuita: l’OCC ha diritto a un compenso, che viene in parte pagato dal debitore. In genere c’è un acconto iniziale (spesso una percentuale sul debito o un forfait minimo) e poi il resto del compenso viene liquidato come spesa prededucibile dentro la procedura (cioè viene pagato con priorità rispetto ai crediti chirografari, spesso coi fondi messi a disposizione nel piano stesso). Gli importi variano a seconda della complessità del caso e delle tariffe stabilite. Alcuni OCC applicano tariffe agevolate se il debitore è in condizioni difficili. Ora, con l’introduzione del Fondo Incapienti 2025, chi davvero non può permettersi nemmeno il compenso OCC potrebbe esserne esonerato: il fondo coprirà almeno in parte i costi (va ancora visto il regolamento attuativo).

Va considerato anche il costo di un legale di fiducia: sebbene non obbligatorio presentarsi con avvocato (il debitore può rivolgersi direttamente all’OCC), nella maggior parte dei casi è consigliato farsi assistere da un avvocato esperto in procedure concorsuali, che possa coordinarsi con l’OCC e difendere il debitore in eventuali contenziosi (ad esempio, se un creditore contesta la meritevolezza e fa opposizione, è bene avere un legale che replichi). Molti avvocati hanno competenze in materia e spesso collaborano con gli OCC. I costi legali di solito non sono elevatissimi rispetto a altre cause, ma vanno preventivati (possono variare, alcuni avvocati fanno tariffe agevolate capendo la situazione).

Effetti sui debiti con l’Agenzia delle Entrate

Un punto cruciale per il nostro tema: come vengono trattati i debiti tributari in queste procedure? La risposta è: esattamente come gli altri, salvo qualche particolarità. I debiti verso l’Erario, l’INPS, i Comuni confluiscono nel piano come crediti da soddisfare parzialmente, e possono essere falcidiati (ridotti) come gli altri crediti chirografari, con l’unico vincolo di rispettare eventuali cause di prelazione.

Ciò significa che, ad esempio, i debiti per IVA o ritenute non versate, che normalmente sono tributi considerati intoccabili (in un concordato preventivo ordinario di un’impresa vi è l’obbligo di pagarli integralmente salvo dilazione), nel piano del consumatore o concordato minore possono essere pagati anche solo in parte, purché non meno di quanto si ricaverebbe liquidando i beni. La giurisprudenza ha affrontato la questione dell’IVA: essendo un’imposta “comunitaria”, ci si chiedeva se si potesse falcidiare. Ebbene, l’orientamento emerso è che , nell’ambito di un sovraindebitamento del consumatore, anche l’IVA può essere stralciata se il piano lo prevede e se è l’unico modo per risolvere la crisi, perché altrimenti il debitore verrebbe discriminato rispetto a uno fallibile (che in fallimento vede l’IVA non pagata soddisfatta solo in parte di solito). Quindi il giudice valuta sempre il bilanciamento: in pratica il Fisco viene trattato equamente rispetto agli altri creditori.

Certo, se il debito fiscale rappresenta la maggior parte del debito totale, servirà particolare cura nel predisporre il piano. In fase di voto nel concordato minore, l’Agenzia delle Entrate valuterà la proposta secondo linee guida interne (esiste una Circolare dell’Agenzia, la n.34/E del 29.12.2020, che istruisce gli uffici a esprimersi sulle transazioni fiscali nelle procedure da sovraindebitamento tenendo conto dell’interesse erariale ma anche dell’obiettivo di recuperare il più possibile realisticamente – ad esempio non rigettando piani che offrono almeno quanto ottenibile da liquidazione). In caso di piano del consumatore, il Fisco non vota ma può presentare opposizione se ritiene il piano ingiusto (sarà il giudice a decidere).

Uno scenario comune: un contribuente ha 100.000 € di debiti con AE Riscossione e 20.000 con banche. Nel piano del consumatore propone di pagarne 20.000 in 4 anni e stralciare il resto. L’Agenzia potrà eccepire che incassa solo 20% del suo credito, ma se l’OCC dimostra che in una liquidazione prenderebbe addirittura meno (magari perché il debitore non ha immobili e solo uno stipendio modesto), allora il piano appare ragionevole. Il giudice verificherà che non vi siano favoritismi: il Fisco non deve essere trattato peggio degli altri creditori senza motivo. Se nel piano qualche creditore viene pagato in misura maggiore (ad esempio perché privilegiato), occorre rispettare le priorità di legge: i crediti per tributi con privilegio speciale o generale vanno considerati preferenzialmente. Per dire, se c’è un’ipoteca Equitalia su un immobile, quel credito ipotecario avrà diritto a ricevere dall’eventuale vendita dell’immobile fino a concorrenza, prima che si ripartisca ai chirografari. Il piano deve rispettare questo (non posso offrire il 10% anche all’ipotecario se dall’immobile si ricavano abbastanza soldi per pagarlo di più – a meno che quell’ipoteca sia su un bene che si decide di non vendere, ma allora serve il consenso del creditore ipotecario o equivalenti garanzie).

In generale comunque anche i debiti fiscali possono essere radicalmente ridotti o azzerati tramite queste procedure. Ci sono ormai numerosi casi di piani del consumatore omologati dove l’Agenzia delle Entrate ha dovuto accontentarsi di percentuali molto basse. Le sentenze di merito hanno sancito ad esempio che non costituisce violazione dell’ordine pubblico economico uno stralcio dell’IVA in un piano del consumatore, data la finalità sociale della norma. La Corte di Cassazione ha sostenuto più volte la legittimità di dilazioni anche lunghe e di sacrifici imposti ai creditori se ciò è nel quadro della legge sul sovraindebitamento.

Vantaggi e considerazioni finali sulla procedura di sovraindebitamento

I vantaggi di ricorrere a questa procedura, per un cittadino oppresso dai debiti, sono significativi:

  • Liberazione totale dai debiti: a differenza delle semplici rottamazioni (dove comunque una parte devi pagarla), qui c’è la prospettiva concreta che, dopo aver fatto quanto possibile, tutto il resto venga cancellato. È l’unico strumento che consente davvero di azzerare al 100% i debiti, comprese cartelle esattoriali, prestiti bancari, bollette arretrate, ecc., con un provvedimento del giudice.
  • Protezione dalle azioni esecutive: non appena la procedura parte, hai uno scudo contro pignoramenti e interessi ulteriori. I creditori vengono congelati in attesa della soluzione comune. Questo ridà serenità e tempo per organizzarsi.
  • Soluzione sostenibile: il piano viene costruito su misura sulle tue effettive possibilità. Nessuno ti chiederà l’impossibile: se puoi pagare 300 € al mese, quello sarà, se puoi dare solo un immobile e nient’altro, ci si accontenterà di quello.
  • Conservazione di alcuni beni essenziali: a differenza di un fallimento, qui spesso il debitore riesce a salvare qualcosa. Ad esempio, prima casa: se c’è un mutuo e si riesce a mantenerlo in regola, il giudice può permettere che la casa non sia venduta e che il mutuo prosegua, così il debitore non perde l’abitazione (questo è avvenuto in taluni piani, soprattutto con la novità della procedura familiare in cui l’OCC certifica che mantenere la casa col mutuo conviene anche ai creditori più che venderla a prezzo d’asta). Anche l’automobile necessaria per lavorare si può spesso tenere se serve a produrre reddito (magari i creditori accettano che non venga venduta perché il debitore possa continuare l’attività).
  • Stop a interessi e sanzioni: dalla data di omologa, sui debiti inclusi non maturano più interessi. E in ogni caso, con l’esdebitazione finale, sparisce anche tutta la quota di interessi di mora e sanzioni fiscali non pagata.
  • Riabilitazione finanziaria: dopo l’esdebitazione, il debitore non ha più ostacoli legali a riprendersi. Certo, i dati dell’insolvenza restano in alcune banche dati per un po’ (ad esempio i nominativi potrebbero risultare in CRIF o nelle centrali rischi per i vecchi inadempimenti fino a 36 mesi dall’aggiornamento), ma col tempo anche il credit score si normalizza. Il Codice della Crisi prevede anche misure di educazione finanziaria e riabilitazione per aiutare il debitore a non ricadere nell’indebitamento e a reintegrarsi nell’economia regolare.
  • Dignità e sollievo psicologico: non trascuriamo l’aspetto umano. Sapere di avere una prospettiva di uscita dai debiti ha un enorme impatto sul benessere mentale. La legge 3/2012 fu chiamata “salva suicidi” proprio perché rivolta a persone disperate che spesso vedevano nel suicidio l’unica via per sottrarsi ai creditori. Questa procedura offre una soluzione legale e onorevole: paghi quello che puoi, il resto ti viene perdonato, e puoi ricominciare a vivere senza il peso del passato.

Svantaggi / accortezze: naturalmente non è una passeggiata. Bisogna passare attraverso la disclosure completa della propria situazione (per qualcuno può essere imbarazzante, ma gli OCC operano con riservatezza e professionalità). Si perde un po’ di autonomia (per qualche anno sarai vincolato al piano, dovrai rendicontare le spese, non potrai fare debiti ulteriori se non autorizzati dal giudice, ecc.). E a volte l’orgoglio frena le persone: ammettere di non poter pagare e coinvolgere un tribunale non è facile. Però, come spesso dicono i professionisti del settore, è meglio un piccolo “fallimento” di qualche anno che un fallimento esistenziale per tutta la vita. Dopo pochi anni sarai di nuovo economicamente attivo, potrai anche accendere nuovi finanziamenti (con cautela) perché non avrai carichi pendenti.

Da un punto di vista giuridico, ottenere l’esdebitazione significa proprio che i creditori non potranno più pretendere nulla: le eventuali ipoteche o pignoramenti pendenti vengono revocati, i procedimenti di esecuzione chiusi, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione dovrà cessare ogni iscrizione a ruolo di quei debiti (spesso l’ADER chiede copia del decreto di omologa per recepirlo nei propri sistemi). Non c’è possibilità per i creditori di “ripresentarsi” in seguito: ciò che è esdebitato è estinto per sempre (eccetto i casi di revoca per frode, ma parliamo di situazioni patologiche in cui si scoprisse dopo che il debitore aveva mentito: in tal caso il beneficio può essere revocato e i debiti resuscitati con aggiunta di sanzioni per atti in frode).

Infine, è bene sapere che questa procedura concorsuale, pur rivolta a privati, ha un certo formalismo: richiede disciplina e collaborazione. Non è adatta a chi vuole fare il furbo o nascondere le carte (verrebbe scoperto e sarebbe controproducente). È invece pensata per chi con onestà e buona fede vuole mettere un punto fermo ai propri debiti e ripartire.

Simulazioni realistiche con saldo e stralcio e sovraindebitamento

Dopo aver analizzato teoria e meccanismi, può essere utile vedere alcuni esempi di simulazioni realistiche di come questi strumenti hanno permesso a persone comuni di azzerare i debiti con l’Agenzia delle Entrate.

Esempio 1: Saldo e stralcio di un contribuente in difficoltà

Il signor Marco, 45 anni, lavoratore autonomo, nel 2015 aveva accumulato circa €15.000 di debiti con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, derivanti da IRPEF e IVA non versate negli anni precedenti e da contributi previdenziali artigiani. A causa di una grave crisi della sua attività, Marco aveva dichiarato quei redditi ma poi non era riuscito a pagarne le imposte. Nel 2019 Marco si trova ancora in difficoltà economica: il suo ISEE familiare è di soli €10.000, essendo l’unico reddito un modesto stipendio part-time della moglie. Appena viene introdotto il “saldo e stralcio 2019”, Marco presenta domanda. Rientra pienamente nei requisiti (ISEE < 20.000). Le cartelle di Marco sono tutte relative a omessi versamenti dichiarati tra il 2008 e il 2017, quindi ammissibili.

L’ADER calcola che Marco, avendo ISEE intorno a €10.000, deve pagare il 20% dei suoi debiti impositivi. Su €15.000 di carico (tra imposte e contributi), il 20% è €3.000. A questa cifra aggiunge qualche centinaio d’euro di aggio e spese, arrivando circa a €3.200. Marco ottiene la rateizzazione massima in 5 rate. Grazie all’aiuto di un parente, riesce a versare puntualmente tutte le rate entro il 2021. Il risultato: lo Stato incassa i €3.200 e condona a Marco circa €12.000 di debito (che comprendeva anche sanzioni e interessi di mora, annullati integralmente). Marco così si libera di tutte le vecchie cartelle e può proseguire la sua vita lavorativa senza quell’arretrato che lo soffocava. Questo è un tipico caso in cui il saldo e stralcio ha azzerato i debiti: Marco ha pagato una porzione sostenibile e il resto è stato cancellato.

Esempio 2: Stralcio automatico di mini-cartelle

La signora Laura ha 60 anni ed è pensionata. Nel corso degli ultimi decenni aveva ricevuto varie cartelle esattoriali di piccolo importo: una per tassa rifiuti di €200 del 2003 mai pagata, due multe stradali del 2007 e 2008 (circa €150 ciascuna con le maggiorazioni), un conguaglio IRPEF di €300 del 2005. In totale, aveva 4-5 posizioni debitorie, tutte sotto 1000 euro, risalenti agli anni 2000-2010. Laura, con una pensione minima, non era mai riuscita a far fronte a quei pagamenti, e col tempo aveva accantonato la cosa, preoccupata però che prima o poi le avrebbero pignorato qualcosa.

Nel 2019 Laura scopre, quasi per caso, recandosi allo sportello ADER, che nessuno di quei debiti risulta più attivo. Cosa è successo? Grazie alle norme di stralcio automatico (2018 e 2021), tutte le sue vecchie cartelle di importo modesto sono state annullate d’ufficio. Quelle fino al 2010 e sotto 1000 € sono state eliminate integralmente già a fine 2018. La multa un po’ più elevata (sui 150 € + interessi) è rientrata nello stralcio 2023 per debiti fino a 2015 sotto 1000 €. In sostanza Laura non deve più nulla: l’Agente della Riscossione le consegna un estratto conto “pulito”. Lei rimane quasi incredula nel constatare che quei vecchi incubi sono spariti senza aver dovuto pagare nulla. Questo le dà un grande sollievo, perché con la sua minima pensione non avrebbe comunque mai potuto pagare e temeva di vedersi decurtare l’assegno. Grazie alla politica di pulizia dei ruoli, milioni di persone come Laura hanno visto azzerati i debiti minori automaticamente.

Esempio 3: Rottamazione-quater e riduzione del debito fiscale

Il signor Antonio, piccolo imprenditore edile, aveva accumulato negli anni un debito con l’Agenzia Entrate-Riscossione di oltre €50.000. Era composto da varie cartelle per IVA e IRAP non versate, sanzioni per tardivi pagamenti, interessi e aggi. Antonio nel 2022 ha dovuto chiudere l’attività e ora lavora come dipendente. Quando esce la definizione agevolata 2023 (rottamazione-quater), Antonio vi aderisce immediatamente. I suoi debiti rientrano (affidati prima del 2022). L’ADER gli comunica che, eliminando sanzioni e interessi di mora, dovrà versare circa €35.000, dilazionabili in 18 rate in 5 anni. Antonio in pratica ottiene un condono di €15.000, pari a circa il 30% del debito complessivo, corrispondente appunto a tutte le sanzioni e quote di interessi annullate. Le rate risultano di circa €1.944 a quadrimestre.

Grazie a qualche sacrificio e a uno stipendio discreto, Antonio riesce a pagare regolarmente le prime rate del 2023 e quelle del 2024. Nel 2025 ha già ridotto sensibilmente l’esposizione e non ha più l’angoscia di nuovi atti esecutivi, perché la rottamazione sospende le procedure. Se Antonio proseguirà sino al 2027, pagherà quei €35.000 e uscirà dai debiti: rispetto ai €50.000 originari, avrà risparmiato €15.000. Pur non essendo un “azzeramento” totale gratuito, per Antonio la rottamazione è stata la salvezza: con i €50.000 interi non avrebbe mai finito di pagare interessi su interessi; con €35.000 spalmati riesce a farcela e a chiudere definitivamente i conti col Fisco.

Va detto che molti, come Antonio, magari non riescono a rispettare tutte le rate: nelle precedenti rottamazioni oltre la metà dei contribuenti è decaduta prima della fine. Ma con le nuove proroghe e rate più lunghe, le probabilità di successo sono migliorate. Antonio si è anche ripromesso di mettere da parte un extra ogni volta che può, per estinguere magari anticipatamente il debito residuo non appena ne avrà la possibilità, così da azzerare prima il suo debito fiscale.

Esempio 4: Piano del consumatore – famiglia sovraindebitata si libera dei debiti

La famiglia Rossi (madre, padre e due figli a carico) si ritrova nel 2022 con circa €120.000 di debiti complessivi. Di questi, €70.000 sono debiti verso Agenzia delle Entrate-Riscossione (derivanti da IRPEF e contributi non pagati quando il padre aveva una ditta individuale poi cessata, più qualche multa e tassa locale); i restanti €50.000 sono debiti bancari (mutuo casa arretrato e carte di credito) e verso fornitori. Il reddito familiare attuale consiste nello stipendio del padre (operaio, €1.500/mese) e della madre (part-time, €600/mese). Con due figli, il bilancio familiare è a malapena sufficiente alle spese correnti, impossibile far fronte alle rate e cartelle. La casa di proprietà ha ancora un mutuo residuo e un’ipoteca della banca (valore casa €100.000, mutuo residuo €80.000). I coniugi sono non fallibili (piccoli imprenditori cessati), quindi idonei per la legge sul sovraindebitamento.

Nel 2023 decidono di rivolgersi a un OCC e presentare un piano del consumatore familiare (sfruttando la possibilità della procedura congiunta). Con l’aiuto dell’OCC elaborano un piano in cui:

  • Si impegnano a versare ai creditori €300 al mese per 5 anni, derivanti dal loro reddito disponibile (hanno calcolato che su €2.100 di entrate, €1.800 servono per mantenere famiglia e pagare il mutuo, €300 possono destinarli ai creditori). In 5 anni, €300/mese accumulano €18.000 da distribuire.
  • Decidono di mantenere il mutuo sulla casa in regola, grazie al reddito incluso nel budget famigliare, in modo da non perdere l’abitazione: l’OCC attesta che ciò non lede i creditori perché la casa è ipotecata dalla banca che già assorbe quasi tutto il valore; venderla all’asta darebbe ricavato quasi nullo per gli altri creditori, mentre mantenendo il mutuo i Rossi tengono la casa (importante per stabilità familiare) e i creditori chirografari possono prendere i €300/mese che altrimenti dovrebbero andare in affitto.
  • Dei €18.000 che prevedono di raccogliere in 5 anni, il piano destina in via prioritaria qualcosa alla banca per metterla in pari con le rate mutate scadute (ad esempio €3.000 per coprire le rate arretrate e scongiurare decadenza del mutuo) e il resto viene suddiviso tra tutti i creditori chirografari (tra cui l’Agenzia Entrate-Riscossione per le sue cartelle). In percentuale, supponiamo che i crediti chirografari totali ammontino a €100.000 (perché il mutuo ipotecario era fuori dal riparto, essendo garantito dall’ipoteca). Distribuire €15.000 su €100.000 significa offrire circa il 15% a ciascuno.

Il Tribunale valuta il piano: vede che la famiglia Rossi è stata corretta (non ha nascosto nulla), la situazione di sovraindebitamento è documentata e la proposta di 300€/mese è il massimo realistico che possono fare senza finire sotto la soglia di povertà. Omologa il piano del consumatore familiare. I creditori non possono opporsi più di tanto perché, come certificato dall’OCC, in un’alternativa liquidazione non garantita avrebbero preso forse anche meno (vendere la casa ipotecata non avrebbe prodotto utilità per chirografari; i redditi mensili se pignorati al 1/5 avrebbero fruttato poco più ma avrebbero costretto la famiglia a smettere di pagare il mutuo e perdere la casa, con maggiori costi sociali).

I Rossi seguono fedelmente il piano: per 60 mesi versano i €300 al fondo gestito dall’OCC, il quale ogni anno ripartisce le somme raccolte tra i creditori. Rispettano anche il pagamento delle rate del mutuo correnti. Dopo 5 anni, accumulati i €18.000, il piano è completato. Il Tribunale, verificato l’adempimento, emette il decreto di esdebitazione. Significa che ora tutti i €120.000 di debiti originari della famiglia risultano estinti: la banca ha ripreso le sue rate del mutuo (continueranno a pagare quelle restanti secondo contratto, ma per il passato è tutto regolarizzato), i creditori chirografari (Fisco incluso) hanno incassato un modesto 15% circa ma devono rinunciare al restante 85%. Agenzia delle Entrate-Riscossione chiude tutte le cartelle a nome dei coniugi Rossi, per cessata materia del contendere. I decreti ingiuntivi dei fornitori perdono efficacia perché il credito è esdebitato. Insomma, la famiglia esce dal tunnel: ha ancora il suo mutuo (ma sostenibile) e nessun altro debito pregresso. Può guardare al futuro con rinnovata fiducia, e con la casa ancora salva. Questo esempio mostra come una famiglia ha azzerato la stragrande maggioranza dei debiti fiscali e non, pagando solo una piccola quota compatibile col proprio reddito, grazie alla procedura di sovraindebitamento.

Esempio 5: Concordato minore – piccola impresa risanata con riduzione del debito fiscale

Il signor Giuseppe era titolare di una piccola impresa commerciale (negozio di abbigliamento) che a causa di crisi ha chiuso nel 2021, lasciando in sospeso molti debiti: circa €200.000 di cui €120.000 verso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (IVA e IRAP non versate per vari anni) e €80.000 tra fornitori e affitti arretrati. Giuseppe non è fallito perché i parametri di fallibilità non erano superati (era piccolo). Tuttavia ora, senza negozio, lavora come commesso altrove e guadagna €1.300 al mese. Possiede ancora la licenza commerciale e un magazzino di merce rimasta (valore stimato €20.000) e alcune attrezzature dismesse (€5.000).

Nel 2022 Giuseppe decide di sfruttare il nuovo Codice della Crisi: propone un concordato minore ai suoi creditori. Con l’aiuto di un OCC elabora una proposta: mettere a disposizione dei creditori:

  • Il ricavato della vendita di tutto il magazzino e attrezzature (stima €25.000, di cui l’OCC prevede realisticamente di ricavare almeno €20.000).
  • Ulteriori €10.000 ottenuti come finanziamento da un parente (lo zio gli presta a fondo perduto questa somma per aiutare).
  • Un pagamento dilazionato di €300 al mese per 3 anni dal suo stipendio attuale (totale circa €10.800).

In totale il piano di Giuseppe offre circa €40.000 da distribuire ai creditori su €200.000 di debiti (un payout del 20%). Nel piano, Giuseppe chiede anche di poter continuare la sua attività in forma ridotta: in pratica, con il residuo delle merci e la licenza, vorrebbe provare a vendere online il magazzino per ricavare di più di una svendita all’ingrosso. Il concordato minore glielo consente (continuità indiretta per valorizzare asset). Quindi nel piano c’è la prospettiva di recuperare quei €20.000 vendendo le merci gradualmente sul web con l’aiuto di un amico.

I creditori votano: inizialmente l’Agenzia delle Entrate (che ha la maggior parte del credito) è contraria perché su €120.000 prenderebbe solo 20% dilazionato. Tuttavia, l’OCC evidenzia che se Giuseppe venisse liquidato, avendo pochi beni, il Fisco probabilmente recupererebbe anche meno del 20%. Inoltre, una parte dei debiti fiscali sono chirografari e in più appare che Giuseppe non ha commesso frodi (ha solo subito la crisi). La maggioranza dei crediti (60%) approva il piano, includendo alcuni fornitori speranzosi di ottenere almeno qualcosa. L’Erario esprime voto contrario, ma rappresenta il 60% (che diventerebbe minoranza se consideriamo i privilegi? qui potremmo assumere che incluso nel 120k Fisco ci fossero 30k di IVA privilegiata e 90k chirografari; il 20% ai privilegiati è comunque accettabile se quell’IVA altrimenti non recupera nulla da liquidazione). In ogni caso, il tribunale – valutando che il no del Fisco è motivato solo dall’entità bassa ma che la proposta rispetta il principio della convenienza rispetto alla liquidazione – decide di esercitare il cram-down: omologa il concordato minore nonostante il dissenso dell’Agenzia delle Entrate, ritenendo la sua opposizione ingiustificata, dato che il piano offre tutto il valore ricavabile dai beni di Giuseppe.

Giuseppe esegue il concordato: vende online tutto il magazzino entro un anno, raccogliendo i €20.000 previsti (anzi qualcosa di più, che gira ai creditori aumentando leggermente il dividendo finale), versa i €10.000 dello zio subito, e negli anni successivi paga i €300 mensili. Al termine, i creditori hanno ricevuto intorno al 22% dei loro crediti. Il tribunale dichiara chiusa la procedura e concede l’esdebitazione a Giuseppe. Egli ora è libero dai €200.000 di debiti del passato (la parte non pagata, circa €155.000, viene cancellata). L’Agenzia delle Entrate-Riscossione, pur inizialmente contraria, incassa circa €25.000 e deve rinunciare al resto, in base alla sentenza. Giuseppe, dal canto suo, è ripartito: ha perfino aperto un piccolo negozio online con i proventi ottenuti e qualche risparmio, questa volta con un nuovo codice fiscale pulito da debiti. Senza il concordato minore, sarebbe rimasto con una montagna di cartelle impagabili e nessun incentivo a lavorare in chiaro. Ora invece ha potuto ricominciare. Questo esempio riflette molti casi reali di piccoli imprenditori che, grazie alla procedura, hanno ridotto il debito con il Fisco dal 100% al 20% circa, ottenendo il resto a stralcio.

In conclusione

Azzerare i debiti con l’Agenzia delle Entrate non è un’utopia: le normative vigenti offrono diverse strade, dal condono fiscale amministrativo alla vera e propria “resa dei conti” in tribunale, per restituire al contribuente onesto ma sfortunato la possibilità di ripartire senza debiti.

Riassumendo:

  • Se i tuoi debiti sono di importo relativamente contenuto o generati da sanzioni e interessi, verifica sempre la possibilità di definizioni agevolate (rottamazioni in corso o future) e controlla se alcune vecchie cartelle siano già state annullate automaticamente dalla legge. A volte basta una domanda o addirittura nessuna azione e potresti ritrovarti con un carico fiscale enormemente ridotto o azzerato (specialmente per importi sotto 1.000 euro o 5.000 euro degli anni passati).
  • Se rientri nelle categorie a basso reddito e con debiti esattoriali importanti, tieni d’occhio eventuali nuovi “saldo e stralcio”: nel 2019 ce n’è stato uno che ha aiutato tanti contribuenti in difficoltà a uscire dal tunnel. Non è garantito che venga ripetuto, ma le richieste in tal senso sono sempre all’ordine del giorno. Intanto sfrutta ciò che è disponibile (ad es. la rottamazione attuale).
  • Se hai debiti ingenti, multipli, e palesemente impagabili rispetto alle tue entrate, non esitare a considerare la procedura di sovraindebitamento. Può sembrare un passo drastico, ma come mostrato nei casi concreti, è spesso la soluzione definitiva per azzerare debiti che altrimenti ti perseguiterebbero tutta la vita. Con l’aiuto di professionisti competenti, potrai presentare un piano sostenibile e voltare pagina.
  • Ricordati che l’esdebitazione ottenuta dal Tribunale è una protezione potentissima: fa tabula rasa dei debiti pregressi (eccetto poche eccezioni). Ad esempio, cancella le cartelle esattoriali come se fossero pagate, anche se tu in realtà hai pagato solo una frazione. Questo risultato non si ottiene in nessun altro modo se non con i meccanismi concorsuali.
  • Se la tua situazione è davvero disperata (nessun reddito, nessun bene), oggi persino in quel caso la legge ti tende una mano con l’esdebitazione dell’incapiente. Non serve più “avere qualcosa da offrire”: se sei in buona fede, puoi chiedere di essere liberato dai debiti e avere l’opportunità di ricominciare senza quell’ombra. Lo Stato ha riconosciuto che è meglio dare una seconda opportunità che lasciare le persone schiacciate da obblighi impossibili.
  • Novità come il Fondo per incapienti dimostrano la crescente attenzione del legislatore: si vuole facilitare l’accesso a queste soluzioni. Quindi le cose dovrebbero migliorare ulteriormente in termini di sostegno ai debitori meritevoli.

Un consiglio finale: non aspettare l’ultimo momento. Prima ti attivi, maggiori possibilità hai di sfruttare gli strumenti disponibili. Rivolgiti a un professionista (avvocato, commercialista, consulente) o a un servizio di assistenza dei contribuenti (CECAF, associazioni dei consumatori, sportelli anti-crisi) per valutare il tuo caso. Molte volte, cittadini sopraffatti dai debiti tendono a “nascondere la testa sotto la sabbia” per la vergogna o lo sconforto. Invece, affrontare il problema con gli strumenti giusti può veramente cambiarti la vita.

Per esempio, se continui a ignorare le cartelle sperando vadano in prescrizione, rischi pignoramenti e una lunga agonia finanziaria. Se invece valuti una rottamazione o un piano di sovraindebitamento, fermi subito le azioni esecutive e definisci una via d’uscita chiara. Allo stesso tempo, se ritieni di non dover pagare un certo debito perché infondato o erroneo, non confondere i piani: la composizione della crisi serve per debiti effettivi. Per quelli ingiusti vanno usate le vie del ricorso amministrativo/giudiziario (entro termini precisi). In qualche caso potresti fare entrambe le cose: impugnare ciò che non devi e chiedere stralcio per ciò che devi ma non puoi pagare.

In conclusione, azzerare i debiti con il Fisco è possibile a certe condizioni e con gli strumenti opportuni. Le leggi di condono fiscale alleggeriscono il peso eliminando sanzioni e piccole pendenze; la legge sul sovraindebitamento offre una soluzione globale quando il peso è insostenibile. L’importante è agire in modo informato e tempestivo, chiedendo aiuto a chi di dovere. Con questo mix di misure, oggi un cittadino onesto in difficoltà non è più senza speranza: può riemergere dall’incubo dei debiti e riconquistare la serenità economica.

Azzerare i Debiti con l’Agenzia delle Entrate: Perché Affidarsi a Studio Monardo

Hai accumulato debiti con l’Agenzia delle Entrate per imposte non pagate, IVA, IRPEF, multe, sanzioni o cartelle esattoriali? Ti senti schiacciato da importi ormai fuori controllo e cerchi una soluzione reale, non solo una proroga?

Oggi azzerare i debiti con il Fisco è possibile, grazie agli strumenti previsti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) e dalle più recenti disposizioni in tema di sovraindebitamento e transazione fiscale.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa farti assistere da un professionista qualificato, che può guidarti passo dopo passo verso la cancellazione legale dei tuoi debiti fiscali, anche se non puoi pagare.

Cosa fa per te l’Avvocato Monardo

L’Avvocato Giuseppe Monardo ti aiuta a:

  • Verificare se hai i requisiti per chiedere l’azzeramento del debito
  • Analizzare in dettaglio le tue cartelle esattoriali e la tua situazione patrimoniale
  • Predisporre un piano personalizzato di ristrutturazione o liquidazione
  • Presentare l’istanza al Tribunale attraverso l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC)
  • Gestire l’interlocuzione con Agenzia delle Entrate, INPS, Equitalia e altri enti
  • Seguirti fino all’ottenimento del decreto di esdebitazione, cioè la cancellazione formale dei debiti

Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

L’Avvocato Monardo è:

  • Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, iscritto al Ministero della Giustizia
  • Fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC)
  • Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa, abilitato secondo il D.L. 118/2021
  • Coordinatore di una rete nazionale di avvocati e commercialisti esperti in diritto tributario, bancario ed esecutivo

Con queste qualifiche può seguire personalmente ogni pratica fiscale, anche nei Tribunali competenti, e attivare la procedura più rapida ed efficace per azzerare i tuoi debiti.

Perché agire subito

Ogni giorno che passa:

  • maturano interessi e sanzioni
  • rischi pignoramenti, ipoteche e fermi amministrativi
  • perdi occasioni di rottamazione, saldo e stralcio o protezione giudiziale
  • aumenta il disagio personale e familiare

Con l’intervento tempestivo dell’Avvocato Monardo, puoi bloccare le azioni esecutive, tutelare i tuoi beni e ottenere la cancellazione completa dei tuoi debiti fiscali.

Conclusione

Azzerare i debiti con l’Agenzia delle Entrate è possibile, se sai come farlo e ti affidi a un esperto.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa intraprendere un percorso serio, legale e concreto, verso la liberazione definitiva dal debito fiscale, anche nei casi più gravi.
Con Monardo, puoi chiudere con il passato e iniziare una nuova vita senza debiti.

Qui di seguito troverai per una consulenza dedicata tutti i contatti del nostro Studio Legale specializzato nell’estinguere i debiti con l’Agenzia Entrate Riscossione o ridurli:

Leggi con attenzione: Se stai affrontando difficoltà con il Fisco e hai bisogno di una rapida valutazione delle tue cartelle esattoriali e dei debiti, non esitare a contattarci. Siamo pronti ad aiutarti immediatamente! Scrivici su WhatsApp al numero 351.3169721 oppure inviaci un’e-mail all’indirizzo info@fattirimborsare.com. Ti ricontatteremo entro un’ora per offrirti supporto immediato.

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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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