Vuoi saperne di più sul concordato minore del sovraindebitato?
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Il Concordato Minore del Sovraindebitato: La Guida
Il concordato minore è uno degli strumenti introdotti per aiutare i debitori in crisi a risolvere situazioni di sovraindebitamento (incapacità di pagare i propri debiti). Si tratta di una procedura giudiziale prevista dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) – D.Lgs. 14/2019, entrato in vigore definitivamente nel 2022 – che consente al debitore di proporre ai creditori un pagamento anche parziale dei debiti e ottenere la liberazione da quanto rimane impagato . In questa guida aggiornata esamineremo in modo approfondito il concordato minore: il suo inquadramento normativo, le fasi procedurali, il trattamento dei debiti fiscali, il confronto con le altre procedure di sovraindebitamento (come il piano del consumatore e la liquidazione controllata), oltre a presentare la più recente giurisprudenza italiana in materia e le ultime riforme normative e riflessioni dottrinali.
Cos’è il Concordato Minore e Inquadramento Normativo
Il concordato minore è una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento introdotta dal CCII, che ha sostituito la previgente Legge 3/2012 sul sovraindebitamento. La finalità dichiarata di questo strumento è di consentire al debitore sovraindebitato di trovare un accordo con i creditori evitando la via liquidatoria, assicurando possibilmente la prosecuzione dell’attività economica o professionale . In casi eccezionali, il concordato minore può avere anche funzione liquidatoria (ad esempio quando si prevedono cessioni di beni), ma rimane centrale l’idea di una composizione negoziata del debito e non di una mera liquidazione .
Dal punto di vista normativo, il concordato minore è disciplinato nel Titolo IV, Capo IV del Codice della crisi (artt. 74 e seguenti CCII). Il CCII, frutto della riforma organica delle procedure concorsuali, ha integrato le procedure di sovraindebitamento nella disciplina generale delle crisi d’impresa, estendendo anche ai debitori civili (non fallibili) i principi di ristrutturazione dei debiti e di “seconda possibilità” promossi a livello europeo (Direttiva UE 2019/1023). Si parla di concordato “minore” proprio per distinguerlo dal concordato preventivo, riservato alle imprese di dimensioni maggiori soggette a fallimento (ora liquidazione giudiziale).
Chi può accedere: il concordato minore è destinato ai debitori sovraindebitati che non rientrano nelle procedure concorsuali maggiori. In base all’art. 2, comma 1, lett. c) CCII rientra in questa categoria “ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale” . In pratica vi accedono:
- Persone fisiche non imprenditori sovraindebitate (ad esempio un professionista, un lavoratore autonomo, un cittadino che ha garantito debiti altrui, ecc. non qualificabile come “consumatore” in senso stretto – vedremo oltre la distinzione col piano del consumatore).
- Imprese minori, ossia quegli imprenditori commerciali sotto le soglie di fallibilità (attivo annuo ≤ €300.000, ricavi ≤ €200.000, debiti ≤ €500.000) . Rientrano qui anche le società di piccola dimensione.
- Imprenditori cessati: anche l’imprenditore individuale che abbia cessato l’attività e cancellato la partita IVA può accedere, perché la sua persona fisica permane obbligata ai debiti assunti . La legge (art. 33, co.4 CCII) esclude il concordato minore per l’“imprenditore cancellato dal Registro imprese”, ma la giurisprudenza ha interpretato tale divieto riferendolo solo all’impresa collettiva ormai estinta (es. società cancellata) e non all’imprenditore individuale ancora esistente come persona . Recenti pronunce dei tribunali (Vicenza, Ancona, Modena nel 2025) confermano quindi l’ammissibilità al concordato minore di ex imprenditori individuali cessati , riconoscendo la “soggettività residua” del debitore e privilegiando una lettura costituzionalmente orientata volta a garantire un effettivo percorso di esdebitazione (liberazione dai debiti) .
- Imprenditori agricoli, start-up innovative, enti non profit (associazioni, fondazioni) e altre categorie non soggette al fallimento possono anch’essi avvalersi del concordato minore . In generale, ogni debitore civile o piccolo imprenditore che non può essere assoggettato a liquidazione giudiziale rientra nell’ambito del sovraindebitamento.
È importante distinguere il concordato minore dal piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (destinato ai debitori “persone fisiche consumatori”, cioè che hanno contratto debiti principalmente per scopi estranei all’attività d’impresa). Infatti il CCII prevede due percorsi negoziali distinti: uno specifico per il consumatore e, per gli altri debitori sovraindebitati, il concordato minore. Approfondiremo più avanti le differenze, ma in sintesi il consumatore sovraindebitato può presentare un piano senza bisogno di votazione dei creditori, mentre nel concordato minore è necessario il voto favorevole di una maggioranza di crediti .
Definizione di sovraindebitamento: per accedere alle procedure il debitore deve trovarsi in uno stato di persistente squilibrio economico che lo rende incapace di adempiere alle obbligazioni assunte regolarmente (art. 2, co.1, lett. c) CCII). In altre parole, deve essere incapace di pagare i propri debiti in maniera integrale . Non è necessario essere del tutto insolventi come nella vecchia nozione fallimentare, basta l’impossibilità prolungata di far fronte alle obbligazioni.
Riassumendo, il concordato minore è uno strumento pensato dal legislatore per offrire una seconda chance ai debitori non fallibili, permettendo loro di ristrutturare il proprio debito in modo sostenibile. La legge stessa prevede esplicitamente che tramite questo istituto il debitore possa proporre ai creditori un pagamento parziale del dovuto , con l’obiettivo finale di ottenere l’esdebitazione (la liberazione dai debiti residui) a conclusione della procedura. Tale finalità risponde ai principi di tutela costituzionale del debitore sovraindebitato e alla funzione sociale della procedura, come sottolineato anche dai primi commentatori della riforma .
Procedura: Accesso, Requisiti e Fasi del Concordato Minore
Vediamo ora come si svolge in pratica una procedura di concordato minore, passo dopo passo, evidenziando i requisiti di ammissibilità, la documentazione necessaria, il ruolo degli organi coinvolti e l’intervento finale del tribunale.
Requisiti di Accesso e Condizioni di Ammissibilità
Per poter presentare domanda di concordato minore il debitore deve soddisfare alcuni requisiti soggettivi e oggettivi:
- Soggetti ammessi: come detto, possono presentare domanda i debitori sovraindebitati non fallibili (piccoli imprenditori, professionisti, enti non fallibili, persone fisiche non consumatrici o anche consumatori in determinate circostanze). In particolare, il consumatore in senso tecnico di regola opta per la procedura a lui dedicata (piano del consumatore); il concordato minore sarà tipicamente utilizzato da imprenditori minori, professionisti o soggetti con debiti anche d’impresa.
- Stato di sovraindebitamento: deve esistere uno stato di perdurante incapacità di saldare i debiti. È condizione imprescindibile che il debitore versi in difficoltà economica tale da non poter onorare integralmente le obbligazioni scadute o a scadere . Se ad esempio il debitore dispone di risorse sufficienti per pagare regolarmente i debiti, non vi è presupposto per il concordato minore.
- Continuità aziendale o apporto esterno: la legge incoraggia l’uso del concordato minore quando vi sia una prospettiva di prosecuzione dell’attività del debitore (impresa o lavoro) oppure quando, pur in assenza di continuità, il piano preveda un significativo apporto di risorse esterne a beneficio dei creditori . Ciò significa che la domanda può essere proposta: (a) per ristrutturare l’impresa e continuare l’attività, oppure (b) se il debitore, pur cessando l’attività, mette a disposizione dei creditori risorse aggiuntive (ad es. denaro apportato da familiari, liquidazione di un bene non ancora aggredibile, ecc.) che incrementino sensibilmente il recupero dei crediti . Questo vincolo evita che il concordato minore venga usato in modo puramente liquidatorio senza vantaggi rispetto alla liquidazione controllata: se il debitore non offre alcuna prospettiva di miglior soddisfacimento (né prosecuzione azienda né risorse nuove), difficilmente la proposta sarebbe ammissibile o approvabile. Ad esempio, in un caso pratico il Tribunale di Avellino ha ritenuto necessario che anche il creditore chirografario ricevesse una sia pur minima soddisfazione grazie a finanza esterna, piuttosto che restare a zero, prima di omologare il concordato .
- Assenza di atti in frode ai creditori: il debitore non deve aver compiuto atti diretti a frodare le ragioni creditorie (ad esempio distraendo o occultando beni) altrimenti la domanda viene dichiarata inammissibile. L’art. 77 CCII elenca le cause di inammissibilità, similmente a quanto avveniva con la Legge 3/2012. In generale, la presenza di atti di frode comporta il rigetto. Non viene invece richiesto nel concordato minore un giudizio di “meritevolezza” del debitore paragonabile a quello previsto per il consumatore: la colpa del debitore nella genesi dell’indebitamento (salvo il dolo/frode) non preclude l’accesso . Ad esempio, nella vicenda esaminata dal Tribunale di Verona (2024) il giudice di prime cure ha chiarito che nel concordato minore non rileva la valutazione di meritevolezza ex art. 282 CCII (richiesta invece per l’esdebitazione post-liquidazione), fermo restando il controllo su eventuali comportamenti fraudolenti . Dunque un imprenditore può accedere anche se le cause della crisi sono imputabili a sue scelte poco prudenti, purché agisca ora in buona fede e con trasparenza.
- Decadenze temporali: il CCII, in continuità con la vecchia normativa, potrebbe prevedere limitazioni se il debitore ha già beneficiato di una procedura di sovraindebitamento in un recente passato (ad es. un termine minimo di anni entro cui non si può ripetere l’accesso, salvo circostanze eccezionali). Occorre verificare se il debitore non abbia già ottenuto un concordato minore, un piano del consumatore o un’esdebitazione nei precedenti 5 anni (questo limite era presente nella L.3/2012 e dovrebbe essere mantenuto). In caso affermativo, una nuova domanda potrebbe non essere ammissibile.
In sintesi, può presentare domanda di concordato minore qualunque debitore sovraindebitato non fallibile (inclusi gli imprenditori sotto soglia, professionisti e anche ex imprenditori individuali), che non abbia commesso frodi e che sia in grado di proporre ai creditori una soluzione migliorativa rispetto alla liquidazione pura (continuando l’attività o apportando risorse esterne).
Preparazione della Domanda e Documentazione Necessaria
La predisposizione della domanda di concordato minore richiede una serie di documenti e informazioni dettagliate. Il debitore deve raccogliere e presentare:
- Ricorso introduttivo indirizzato al Tribunale competente, con l’indicazione della situazione di sovraindebitamento, le cause che l’hanno determinata e la richiesta di apertura della procedura di concordato minore ex art. 74 CCII.
- Piano di ristrutturazione o proposta di concordato minore, che costituisce il cuore della domanda. In esso il debitore espone il programma di pagamento che intende offrire ai creditori: ad esempio, quale percentuale dei debiti sarà pagata, in che tempi (rateizzazione, eventuale periodo di moratoria), l’eventuale suddivisione dei creditori in classi e il trattamento di ciascuna, l’uso di risorse esterne, la prosecuzione o meno dell’attività d’impresa, ecc. La legge consente che la proposta preveda qualsiasi forma di soddisfacimento, anche parziale, dei crediti, eventualmente suddividendo i creditori in classi . Deve però trattarsi di un pagamento almeno parziale di tutti i creditori chirografari (salvo cause legittime di esclusione): non è ammesso offrire zero a una intera classe se ciò può essere evitato . Ad esempio, è stato ritenuto necessario dal Tribunale di Avellino offrire almeno un minimo (2,79%) anche al creditore chirografario inizialmente escluso dal pagamento, prima di omologare il piano . In generale il piano deve indicare con chiarezza come saranno soddisfatti i creditori e deve assicurare che otterranno almeno quanto ricaverebbero dalla liquidazione dei beni del debitore (requisito di convenienza).
- Stato dettagliato delle passività: un elenco completo dei debiti, con indicazione di creditori, importi dovuti, eventuali cause di prelazione (privilegi, ipoteche, pegni), scadenze, ecc. Bisogna allegare anche documenti comprovanti i debiti (estratti conto, atti di mutuo, cartelle esattoriali, decreti ingiuntivi, fatture, ecc.).
- Inventario del patrimonio e dati reddituali: l’indicazione di tutti i beni del debitore (immobili, mobili, conti bancari, crediti verso terzi, partecipazioni societarie, ecc.) e di eventuali redditi correnti (stipendi, pensioni, fatturato, canoni d’affitto percepiti). Vanno incluse le ultime dichiarazioni dei redditi (tipicamente degli ultimi 3 anni) e ogni elemento utile a descrivere la capacità economica del debitore e della sua famiglia. Questo serve a valutare la fattibilità del piano e a garantire trasparenza sulla situazione economica.
- Documentazione di bilancio (per imprese): se il debitore è un’impresa o una società, vanno allegati gli ultimi bilanci depositati, una situazione contabile aggiornata, l’elenco degli eventuali contenziosi in corso, ecc., per dare al tribunale e ai creditori un quadro completo.
- Relazione particolareggiata dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCC): questo è un documento fondamentale redatto da un gestore della crisi nominato dall’OCC (o dal tribunale). La relazione deve descrivere la situazione del debitore, le cause dell’indebitamento, verificare la completezza e attendibilità della documentazione presentata e valutare la fattibilità del piano. In pratica, l’OCC svolge un ruolo di ausilio tecnico: esamina i dati forniti dal debitore, attesta che non vi siano atti in frode (es. ricostruendo eventuali atti di disposizione compiuti negli ultimi anni) e che la proposta di concordato sia realistica e conveniente per i creditori. L’OCC è una figura imparziale prevista dalla legge per supervisionare le procedure di sovraindebitamento (può essere un organismo apposito o un professionista nominato dal giudice). Nel concordato minore, la relazione dell’OCC fa le veci di una attestazione di fattibilità e offre al giudice e ai creditori una valutazione indipendente sulla proposta.
- Eventuale relazione dell’esperto attestatore: in alcuni casi il debitore può allegare una relazione di un esperto attestatore indipendente (ad esempio un commercialista o revisore) che certifichi i dati aziendali e l’attuabilità del piano. Tuttavia, se è già l’OCC a occuparsi di queste verifiche, potrebbe non essere necessaria una figura ulteriore. Il CCII non richiede espressamente una doppia attestazione come nel concordato preventivo, ma richiede comunque la relazione dell’OCC (art. 76 CCII) e la sua presenza nelle fasi di voto e omologazione.
- Documenti anagrafici e vari: copia di documento d’identità del debitore, certificato di stato di famiglia (specie se rilevano carichi di famiglia nel piano), certificato di residenza, visure catastali e PRA dei beni, certificato del registro imprese se società, ecc.
Tutta questa documentazione viene di norma depositata telematicamente insieme al ricorso per l’ammissione al concordato minore. L’assistenza di professionisti specializzati (OCC e avvocato) è praticamente indispensabile per predisporre correttamente la domanda. La legge prevede obbligatoriamente l’affiancamento di un OCC sin dalla fase iniziale , mentre non impone espressamente la presenza di un avvocato; tuttavia la prassi di molti tribunali e OCC richiede che il debitore sia rappresentato da un legale data la complessità degli adempimenti.
Presentazione della Domanda e Apertura della Procedura
Dove e come presentare la domanda: la competenza è del Tribunale del luogo in cui il debitore ha il centro principale dei suoi interessi. In pratica: se il debitore è una persona fisica non imprenditore, conta la residenza o il domicilio; se è un imprenditore individuale, la sede dell’impresa (o residenza); se è una società, la sede legale . Occorre individuare l’apposito Organismo di Composizione della Crisi (OCC) territorialmente competente (spesso istituito presso le Camere di Commercio o gli Ordini professionali): il debitore si rivolge all’OCC presentando un’istanza iniziale perché venga nominato un gestore della crisi . Ottenuta la disponibilità dell’OCC, il ricorso con il piano e gli allegati viene depositato in tribunale, con prova dell’avvenuta attivazione dell’OCC.
Provvedimento di apertura: Una volta ricevuta la domanda, il Tribunale verifica preliminarmente la regolarità formale e la presenza della documentazione richiesta. Se la domanda è completa e ammissibile, il giudice emette un decreto di apertura della procedura di concordato minore. Questo provvedimento segna l’inizio ufficiale della procedura e contiene diverse disposizioni importanti:
- La nomina dell’OCC o del gestore già individuato (confermando l’incarico al professionista designato). L’OCC diventa il referente per i creditori e vigila sul corretto svolgimento della procedura.
- L’ordine di comunicare la proposta ai creditori e di raccogliere le loro adesioni o dissensi entro un certo termine. Il giudice fissa un termine (spesso non superiore a 30 giorni dall’apertura) entro cui i creditori devono far pervenire all’OCC la dichiarazione di voto, ovvero l’adesione o meno alla proposta . Di norma non viene convocata un’assemblea fisica dei creditori: la votazione avviene in forma telematica o scritta, con il coordinamento dell’OCC. Ad esempio, l’OCC invia a ogni creditore un modulo per esprimere il voto o le istruzioni per votare via PEC/portale telematico.
- L’imposizione di misure protettive: con il decreto di apertura, il giudice dispone il divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore . Si tratta di un automatico stay (sospensione) delle procedure esecutive e cautelari: pignoramenti, sequestri, azioni giudiziarie di recupero credito restano congelate dal momento dell’apertura fino all’omologazione (o alla chiusura della procedura). Ciò dà respiro al debitore, che non rischia nuovi atti di aggressione durante le trattative .
- Eventuali altre disposizioni: il giudice può designare un giudice delegato alla procedura, stabilire le modalità di votazione (se ad esempio preferisce convocare un’udienza di voto), ordinare al debitore di integrare qualche documento mancante entro un termine, ecc. In genere, però, nelle procedure minori il giudice fissa solo i termini per i voti e rinvia direttamente all’udienza di omologazione.
Una volta aperta la procedura, l’OCC provvede a notificare/subcomunicare a tutti i creditori l’avvenuta apertura, trasmettendo copia della proposta di concordato e della relazione OCC, e li invita a esprimere il proprio voto entro la scadenza fissata (ad esempio entro 20 o 30 giorni). Da questo momento il debitore è protetto dai creditori (grazie al blocco delle azioni esecutive) e può concentrarsi sul far approvare il suo piano.
Il Voto dei Creditori: maggioranze e silenzio-assenso
A differenza del piano del consumatore, il concordato minore richiede l’approvazione dei creditori. La legge (art. 79 CCII) prevede che la proposta sia approvata se ottiene il voto favorevole di una maggioranza dei crediti ammessi al voto. In altre parole, occorre il sì di creditori che rappresentino almeno il 51% dell’ammontare totale dei crediti aventi diritto di voto .
Alcuni dettagli importanti sul meccanismo di votazione:
- Crediti esclusi dal voto: Non tutti i creditori votano. Di regola, i crediti privilegiati, ipotecari o pignoratizi interamente soddisfatti secondo la proposta non hanno diritto di voto (perché non incide sulle loro pretese). Viceversa, se il piano prevede di non pagare integralmente un credito privilegiato, la parte non pagata (degradata a chirografo) dà diritto di voto. Ad esempio, un creditore ipotecario da €100.000 con ipoteca su un immobile che nel piano riceverà €60.000 (quindi subisce una falcidia del 40%) potrà votare per la parte falcidiata. I crediti chirografari votano sempre, così come i privilegiati degradati. I crediti contestati o condizionati possono essere ammessi al voto in via provvisoria secondo le risultanze della documentazione.
- Maggioranza per teste in caso di creditore dominante: Se un singolo creditore (es. banca o Fisco) detiene da solo più del 50% dei crediti, la legge impone una sorta di doppia maggioranza: in tal caso, oltre al 51% in valore, serve anche l’adesione della maggioranza dei creditori per numero . Ciò evita che un solo creditore monopolizzi la decisione. Ad esempio, se un creditore ha il 60% del debito totale e gli altri 5 creditori minori il restante 40%, oltre al suo sì (60% in valore) servirà che almeno altri 3 creditori (su 5) esprimano voto favorevole, così da avere maggioranza delle teste.
- Modalità di voto e silenzio-assenso: Il concordato minore non prevede necessariamente un’assemblea: spesso il voto viene espresso per iscritto. Un elemento molto favorevole al debitore è il meccanismo del silenzio-assenso: il creditore che non comunica il proprio voto entro il termine viene considerato come favorevole . Questo dettaglio pratico è fondamentale, perché nella realtà molti creditori (specialmente privati o banche) potrebbero non rispondere formalmente. Invece di contare le mancate risposte come dissensi (che renderebbe quasi impossibile raggiungere la maggioranza), la legge dispone che l’inerzia valga come voto a favore. Dunque il debitore, per ottenere l’approvazione, può “contare” anche sui creditori che restano silenti. Ad esempio, se su 10 creditori solo 3 esprimono voto (2 a favore e 1 contro) e gli altri 7 tacciono, i 7 silenti si sommano ai 2 favorevoli, portando i voti favorevoli totali a 9 su 10, ossia la maggioranza è ampiamente raggiunta. Questo principio del silenzio-assenso snellisce la procedura e spesso gioca a vantaggio di una conclusione positiva .
- Esito della votazione: L’OCC al termine del periodo di voto redige un verbale con l’esito. Se la maggioranza di legge è raggiunta, la proposta si considera approvata dai creditori . Se invece non si raggiunge il 51% (tenendo conto dei silenzi come assensi e delle eventuali teste richieste), la proposta è respinta. In caso di esito negativo, il debitore può a questo punto solo ripiegare su un’altra procedura: tipicamente la liquidazione controllata (ossia liquidazione dei beni, ex “liquidazione del patrimonio”). Spesso il giudice, contestualmente al diniego di omologazione del concordato minore per mancanza di maggioranza, dichiara aperta d’ufficio la liquidazione controllata, così da non lasciare privo di tutela il debitore e i creditori.
- Modifica della proposta dopo il voto: Una questione che è emersa è se sia possibile modificare il piano dopo che i creditori hanno già votato, ad esempio per accogliere le richieste di qualche creditore dissenziente. In linea di principio, una volta chiusa la votazione, la proposta sottoposta è quella votata. Tuttavia, la giurisprudenza ha mostrato una certa flessibilità ammettendo modifiche migliorative anche dopo il voto, senza dover ripetere la votazione. Ad esempio, nel caso del Tribunale di Avellino citato, poiché il giudice aveva suggerito di soddisfare almeno in minima parte un creditore inizialmente a zero, il debitore ha modificato al rialzo l’offerta a quel creditore (dal 0% al 2,79%) dopo la votazione già avvenuta, e il tribunale ha accettato la modifica in quanto non peggiorativa per alcun creditore . Si è ritenuto che trattandosi di uno ius variandi in melius, i creditori non potessero opporvisi perché ricevevano solo benefici aggiuntivi . In generale, dunque, se la modifica è esclusivamente a vantaggio dei creditori (ad es. aumenta le percentuali di pagamento), essa può essere recepita in sede di omologazione senza necessità di nuova votazione.
Omologazione da parte del Tribunale
Raggiunta la maggioranza dei voti favorevoli, la palla torna al Tribunale per la fase di omologazione. Viene fissata un’udienza di omologazione, di norma innanzi al giudice delegato o al collegio, in cui:
- L’OCC deposita il verbale con l’esito delle votazioni e segnala eventuali contestazioni sollevate dai creditori (ad esempio un creditore escluso dal voto che eccepisce il suo diritto a votare, o un dissenziente che contesta la convenienza del piano).
- I creditori e il debitore possono comparire (anche tramite i propri legali) per esporre osservazioni. In caso di contestazioni sul raggiungimento della maggioranza o sull’ammissione al voto di qualche credito, il giudice dovrà risolverle. Ad esempio, se un creditore contesta l’entità del proprio credito ammesso al voto, il tribunale decide sul punto prima di calcolare le percentuali definitive.
- Il giudice verifica il rispetto di tutti i requisiti: che la procedura si sia svolta regolarmente, che la maggioranza sia stata effettivamente raggiunta, che non vi siano cause ostative (es: scoperta di atti in frode non noti prima), e soprattutto valuta la fattibilità e convenienza del piano. Quest’ultimo aspetto è cruciale: l’art. 80 CCII richiede al giudice di omologare il concordato minore se ritiene che il piano sia congruo, fattibile e conveniente per i creditori rispetto alle alternative (es. liquidazione). L’OCC nella sua relazione finale avrà attestato che i creditori ricevono almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione controllata dei beni del debitore: il giudice verifica anche questo, comparando i due scenari. Se il piano approvato dai creditori risulta manifestamente non conveniente o non fattibile, il giudice potrebbe rifiutare l’omologazione (anche se è un’ipotesi rara, essendo stati i creditori stessi a votare a favore).
- Cram down fiscale e degli enti pubblici: un momento delicato dell’omologazione è la gestione dell’eventuale voto contrario dell’Erario (Agenzia delle Entrate) o degli enti previdenziali (INPS, ecc.), quando questi siano creditori rilevanti. Il CCII ha introdotto, all’art. 80 comma 3, la possibilità per il giudice di forzare il dissenso del Fisco/enti se ricorrono specifiche condizioni (il cosiddetto cram down degli enti pubblici). In pratica, se la proposta ha ottenuto la maggioranza dei creditori privati ma l’Erario (che magari detiene una grossa quota di debiti) ha votato no, il tribunale può ugualmente omologare superando il dissenso del Fisco solo se: (a) il voto contrario è determinante per le maggioranze (cioè senza quel “no” ci sarebbe la maggioranza, oppure il Fisco con il suo credito ha impedito il 51%), (b) il trattamento offerto a Fisco/enti nel piano è più vantaggioso di quello ottenibile nella liquidazione (principio di convenienza), e (c) il rifiuto opposto dall’ente risulta ingiustificato in una valutazione di ragionevolezza . Ad esempio, se il piano offre al Fisco un pagamento del 30% mentre in caso di liquidazione le casse statali non ricaverebbero nulla, un voto negativo del Fisco apparirebbe irragionevole e contrario al suo interesse; in tal caso il giudice potrà considerarlo ingiustificato e procedere all’omologazione come se fosse favorevole. La legge affida dunque al giudice un potere di scrutinio sul diniego dell’ente pubblico, per evitare che un’opposizione pretestuosa vanifichi la ristrutturazione quando è comunque migliorativa per l’Erario. Di contro, se il voto negativo del Fisco è motivato da valide ragioni, il giudice non può ignorarlo. La Corte d’Appello di Venezia (sent. 10 ottobre 2024) ha chiarito che il cram down non consente di superare “sempre e comunque” la mancata adesione del Fisco, titolare del pubblico interesse, ma solo quando il no sia obiettivamente ingiustificato . In quella vicenda, il Tribunale di Verona aveva omologato forzatamente un concordato minore dove l’Agenzia delle Entrate (98% dei crediti) aveva votato contro, ritenendo soddisfatte le condizioni di legge (il voto del Fisco era determinante e il piano offriva loro più che la liquidazione) . Tuttavia la Corte d’Appello, su reclamo dell’Agenzia Entrate, ha ribaltato la decisione ritenendo che il pagamento proposto (poco più del 5%) fosse irrisorio e che il Fisco avesse legittime ragioni per negare il consenso . Si è evidenziato che in quel caso il debitore aveva accumulato debiti quasi solo verso l’erario (pagando integralmente tutti gli altri creditori) e stava usando il concordato minore essenzialmente per cancellare il grosso debito tributario . Dunque il no del Fisco non era abuso, ma tutelava un interesse pubblico, e il cram down non è stato applicato. Questo insegna che il giudice valuta caso per caso: se l’ente pubblico è rimasto inerte (non ha votato) oppure se ha rifiutato senza alcun motivo logico a dispetto di un trattamento equo, allora l’omologazione potrà avvenire nonostante il suo dissenso . Al contrario, se vi sono elementi che giustificano il diniego (percentuale oggettivamente troppo bassa rispetto a quella offerta agli altri creditori, o comportamento poco meritevole del debitore verso il Fisco), il tribunale potrebbe non omologare. Da notare che recenti interventi normativi (DL 69/2023 conv. in L.103/2023) hanno introdotto parametri indicativi per valutare l’adeguatezza delle offerte nei confronti del Fisco: ad esempio richiamando le soglie della transazione fiscale nell’accordo di ristrutturazione ex art. 63 CCII, si considera irrisorio un pagamento erariale sotto determinate percentuali di riferimento .
In definitiva, all’udienza di omologazione il tribunale, verificate maggioranze e legittimità, può emettere il decreto di omologa del concordato minore. Se tutto è regolare e non vi sono opposizioni fondate, l’omologazione viene concessa. Il decreto di omologa viene comunicato a tutti i creditori e segna il completamento della procedura: “Con l’omologazione si conclude il procedimento ed i termini e le modalità di pagamento indicate nel piano diventano vincolanti per il debitore e per i creditori” . Ciò significa che il piano omologato acquisisce forza di giudicato: quanto previsto nella proposta diventa obbligatorio, sia per il debitore (che dovrà eseguire i pagamenti promessi nei tempi stabiliti) sia per i creditori (che non possono più pretendere di ricevere più di quanto stabilito nel piano). I creditori, anche quelli dissenzienti o non votanti, sono vincolati dall’esito: i loro crediti vengono modificati secondo quanto previsto (ridotti, ristrutturati, ecc.) e non possono agire per la parte eccedente.
Il decreto di omologa viene pubblicato e, se il debitore è un’impresa iscritta, iscritto nel Registro delle Imprese. Da questo momento il ruolo del tribunale e dell’OCC in gran parte termina, salvo vigilare sull’esecuzione se la legge o il decreto lo prevedono (talvolta l’OCC può restare come supervisore per l’attuazione del piano).
Effetti dell’Omologazione: Esecuzione del Piano ed Esdebitazione
Dopo l’omologazione, si apre la fase di esecuzione del piano da parte del debitore. Egli dovrà attenersi a quanto promesso nella proposta omologata: ad esempio versare le somme ai creditori secondo i tempi stabiliti (rate mensili, pagamento entro tot giorni dall’omologa, realizzo di beni da vendere, ecc.). I creditori riceveranno i pagamenti parziali concordati e dovranno astenersi da ogni azione individuale (che rimarrebbero comunque vietate dalla legge dopo l’omologa, salvo revoca della stessa).
Se il debitore adempie regolarmente al piano, otterrà il beneficio più atteso: la liberazione dai debiti residui non pagati. Infatti l’effetto tipico e fondamentale del concordato minore – come evidenziato – è che, a fronte del pagamento parziale concordato, il debitore viene esdebitato dalla restante parte dei debiti . Significa che i creditori non potranno più pretendere il saldo eccedente oltre quanto ricevuto. Ad esempio, se un credito era €100 e il piano prevede pagamento 20%, il creditore incassa €20 e perde definitivamente il diritto ai €80 residui, che sono perdonati (remissio debiti legale).
L’esdebitazione nel concordato minore è automatica con l’omologazione e l’integrale adempimento del piano. Non occorre un ulteriore provvedimento: è la legge che prevede la cancellazione dei debiti in conformità al piano omologato. Diversamente dalla liquidazione controllata, dove l’esdebitazione del debitore va richiesta a fine procedura (art. 282 CCII) ed è subordinata a criteri di meritevolezza, nel concordato minore l’effetto liberatorio discende dall’accordo stesso omologato coi creditori. In altri termini, il decreto di omologa ha già l’effetto sostanziale di novare le obbligazioni secondo i termini del piano, e l’adempimento di quest’ultimo estingue i debiti. Il debitore dunque può realmente ripartire “pulito” una volta onorati gli impegni concordatari.
Bisogna però avvertire che, qualora il debitore non esegua correttamente il piano, possono esservi conseguenze negative. Se l’inadempimento è grave, i creditori possono rivolgersi al tribunale per far dichiarare la risoluzione del concordato minore. La risoluzione (disciplinata dall’art. 81 CCII) fa venir meno l’efficacia del piano e i creditori riacquistano il diritto per intero sulle somme originarie, potendo riprendere le azioni di recupero (salvo quanto già eventualmente ricevuto). La risoluzione tuttavia non è automatica: occorre un ricorso dei creditori e una pronuncia del giudice, e spesso viene dichiarata solo se il mancato pagamento riguarda somme rilevanti o se è impossibile proseguire il piano. In alcuni casi si può evitare la risoluzione concordando modifiche (ad es. concedendo al debitore di saltare una rata o prorogare i termini, se i creditori – o il giudice in caso di cram down pubblico – sono d’accordo).
Infine, è utile segnalare che il CCII ha previsto anche uno strumento di esdebitazione “a prescindere” dal pagamento, per casi di estrema difficoltà: l’esdebitazione del debitore incapiente (art. 283 CCII). Questo istituto, innovativo (derivato da una modifica del 2020 alla L.3/2012), permette al debitore persona fisica meritevole, che non abbia alcun patrimonio da liquidare, di ottenere la cancellazione dei debiti residui anche senza alcuna soddisfazione dei creditori. È però una misura eccezionale, subordinata a requisiti stringenti di onestà e collaborazione (assenza di colpa grave o frode, etc.) . Nella pratica, il debitore incapiente può chiedere al tribunale di essere esdebitato pur non offrendo nulla ai creditori, una volta accertata la sua totale insolvenza e la sua buona fede. La dottrina definisce ciò una sorta di “fresh start” per il debitore sfortunato. Va detto che questa esdebitazione dell’incapiente non fa parte del concordato minore in sé, ma è un rimedio ulteriore previsto dal Codice: è menzionata qui perché completa il quadro delle possibilità di liberazione dai debiti offerte al sovraindebitato (se il concordato minore non è percorribile e anche la liquidazione non darebbe frutti, resta questa estrema chance).
Riassumendo la procedura del concordato minore:
- Preparazione e deposito della domanda con piano e documenti, assistenza OCC.
- Decreto di apertura del tribunale: nomina OCC, fissazione termini per voto, sospensione azioni esecutive.
- Votazione dei creditori: raccolta adesioni (silenzio-assenso), necessaria maggioranza >50% crediti (ed eventualmente teste).
- Udienza di omologazione: verifica esito, eventuale cram down di voti pubblici ingiustificati, controllo legalità e convenienza.
- Decreto di omologa: il concordato diviene efficace e vincolante per tutti.
- Esecuzione del piano da parte del debitore nei tempi previsti.
- Esdebitazione finale: il debitore viene liberato dai debiti residui non pagati secondo il piano omologato, salvo che intervenga una risoluzione per inadempimento.
Nel prossimo paragrafo vedremo in particolare come vengono trattati all’interno del concordato minore i debiti fiscali e contributivi, data la loro importanza e delicatezza.
Trattamento dei Debiti Fiscali e Contributivi nel Concordato Minore
Gli aspetti fiscali rivestono un ruolo cruciale nelle procedure di sovraindebitamento, poiché spesso una parte significativa dei debiti di un soggetto in crisi è costituita da imposte, tasse, contributi previdenziali non versati. Inoltre, la presenza dello Stato come creditore pone questioni particolari legate al regime di favore di alcuni crediti (ad es. l’IVA) e al margine di manovra del giudice nel comprimere pretese di natura pubblica.
Vediamo dunque come il concordato minore gestisce i debiti verso il Fisco (Agenzia delle Entrate, Agenzia Riscossione) e gli enti previdenziali/assistenziali (INPS, INAIL, ecc.):
Inclusione dei debiti fiscali nel piano e falcidia delle imposte
Nel concordato minore, tutti i debiti del sovraindebitato, compresi quelli tributari e contributivi, rientrano nella procedura e possono essere trattati nel piano di ristrutturazione. Ciò significa che il debitore può proporre ai creditori pubblici un pagamento parziale dei tributi dovuti (falcidia delle imposte) o una dilazione degli stessi all’interno del concordato.
Questa è una differenza rispetto al passato: nelle vecchie procedure concorsuali, taluni debiti fiscali – in particolare l’IVA e le ritenute non versate – erano ritenuti intoccabili, ossia da pagare integralmente, a meno di accordi di transazione fiscale. La normativa sul sovraindebitamento, soprattutto dopo le riforme del 2020 e con il CCII, ha invece aperto alla possibilità di stralciare anche l’IVA e gli altri tributi in sede di concordato minore, purché la proposta sia approvata o omologata. Questo allineamento è stato spinto anche dall’UE, che con la direttiva 2019/1023 ha consentito agli Stati di derogare al principio di integrale pagamento dell’IVA nelle procedure di ristrutturazione dei debiti, nell’ottica di facilitare il risanamento del debitore onesto ma sfortunato.
In pratica quindi, il debitore in concordato minore può prevedere ad esempio di pagare solo una percentuale dei debiti fiscali iscritti a ruolo (compresi IVA, IRPEF, ecc.) se questo è ciò che può offrire, esattamente come fa per i crediti bancari o commerciali. Tali crediti erariali di regola godono di privilegi (ad esempio il privilegio generale sui mobili per le imposte dirette, o privilegi speciali per alcuni tributi locali), ma se il patrimonio del debitore non consente il pagamento integrale, verranno soddisfatti parzialmente in ragione della capienza dei beni. La proposta dovrà comunque rispettare la graduatoria delle cause di prelazione: significa che, in linea di massima, i crediti con privilegio su beni del debitore non possono essere pagati in percentuale inferiore ai crediti chirografari senza il consenso di questi ultimi. Tuttavia, se – come spesso accade – il debitore non ha beni sufficienti a garantire i crediti privilegiati, la parte eccedente diviene chirografaria e può essere falcidiata.
Un esempio: il debitore ha €50.000 di debiti verso l’erario, di cui €30.000 per IVA e €20.000 per IRPEF, tutti privilegiati; possiede però beni che, liquidati, darebbero solo €10.000. In liquidazione quei 10.000 andrebbero ai crediti privilegiati in proporzione, e il resto rimarrebbe insoluto. Nel concordato minore il debitore può proporre di pagare €10.000 (magari grazie a un aiuto di terzi), suddivisi pro quota tra quei crediti fiscali, il che equivale a un pagamento del 20%. Una simile proposta può essere omologata, perché i creditori fiscali ricevono comunque quanto avrebbero ottenuto liquidando i beni (20%) e non vi sono risorse per fare di più; anzi, se c’è un piccolo surplus, ricevono qualcosa in più. L’IVA dunque viene pagata anch’essa pro quota e per la parte restante viene annullata dall’omologazione – scenario impensabile in un concordato preventivo prima delle riforme, ma ora possibile per il sovraindebitato.
Naturalmente, l’Agenzia delle Entrate e gli enti previdenziali partecipano al voto come gli altri creditori (salvo, come detto, i casi in cui sarebbero soddisfatti integralmente). Spesso proprio il Fisco e le casse previdenziali sono i maggiori creditori del sovraindebitato e detengono quindi la “golden share” del voto. Come visto, se questi creditori pubblici esprimono voto contrario, la legge consente al giudice di valutare un eventuale cram down.
La transazione fiscale e il ruolo dell’Agenzia delle Entrate
Nel concordato minore non è obbligatorio avviare una separata transazione fiscale (come invece è previsto nel concordato preventivo ordinario). La definizione del debito fiscale avviene internamente al piano presentato dal debitore. L’Agenzia delle Entrate, tramite i suoi uffici o tramite Agenzia delle Entrate-Riscossione, riceve la proposta come tutti gli altri creditori e deve decidere se accettarla o respingerla con il suo voto.
Va evidenziato che nella prassi l’Agenzia delle Entrate e gli enti pubblici creditori seguono delle linee guida interne per decidere sul voto nei concordati minori, analogamente a quanto fanno nelle transazioni fiscali. Ad esempio, potrebbero essere inclini a votare favorevolmente se la percentuale offerta è pari o superiore a quella minima indicata dalla normativa sulle transazioni fiscali di accordi di ristrutturazione (art. 63 CCII). Nel 2023, come accennato, è stata emanata una norma (art. 1-bis D.L. 69/2023) che per gli accordi di ristrutturazione ha fissato parametri quantitativi per le proposte di trattamento dei crediti tributari e contributivi . Tali parametri – per esempio soglie percentuali o criteri sul pagamento in caso di un solo creditore erariale – possono essere presi come riferimento analogico anche nei concordati minori . Ad esempio, se il decreto citato dice che in un accordo di ristrutturazione il Fisco può accettare proposte non sotto il 10%, allora un piano di concordato minore che offrisse il 5% potrebbe essere visto come insufficiente e portare l’Agenzia a dire no (come successo nel caso di Venezia 2024).
Detto ciò, l’Agenzia delle Entrate non ha potere di veto assoluto: se il piano è vantaggioso e ottiene la maggioranza di altri crediti, il suo no può essere superato. Ma, come visto, non è neppure obbligata ad accettare proposte troppo penalizzanti. C’è quindi uno spazio di negoziazione: spesso, in fase di predisposizione del piano, l’OCC o il consulente del debitore cerca un confronto con l’ufficio fiscale locale per capire quale trattamento del debito erariale possa risultare accettabile (ad esempio proporre almeno il pagamento integrale dell’IVA con falcidia solo su sanzioni e interessi, oppure offrire una percentuale vicina a quella che l’ente incasserebbe pignorando uno stipendio, ecc.). Questo non è formalizzato in legge, ma è un approccio pratico per aumentare le chance di approvazione.
Un’altra particolarità: il voto del Fisco è “per massa” e non per singola partita. L’Agenzia infatti esprimerà un unico voto per la somma di tutti i crediti di sua competenza (ad es. tasse, IVA, ecc. aggregate), così come l’INPS voterà per il totale contributi. Ciò significa che non può accadere che alcuni debiti fiscali siano approvati e altri no: l’ente decide sulla proposta complessiva che lo riguarda. Pertanto nel piano di concordato minore conviene trattare unitariamente la posizione di ciascun ente pubblico, proponendo una soluzione globale (es: “Agenzia delle Entrate riceverà €X pari al Y% del suo credito totale, da versarsi entro…”, analogamente per l’INPS).
L’IVA e le altre imposte non derogabili
Come accennato, un tempo l’IVA era ritenuta sacra perché imposta comunitaria. Oggi, nel concordato minore, l’IVA può essere falcidiata al pari degli altri crediti privilegiati. Ciò è stato reso possibile anche dall’evoluzione normativa e giurisprudenziale: già la Corte di Giustizia UE in passato aveva aperto alla possibilità che, in procedure concorsuali guidate da autorità giudiziaria, l’IVA non integralmente riscossa potesse essere considerata perdita ammissibile per l’Erario (purché la procedura sia condotta in modo da soddisfare par condicio e trasparenza). Di conseguenza, il legislatore italiano con la L. 176/2020 e poi con il CCII ha eliminato il divieto assoluto di falcidia IVA nelle procedure di sovraindebitamento.
Va comunque sottolineato che spesso l’IVA gode di privilegio sui beni mobili del debitore (ex art. 2752 c.c.), quindi se esistono beni da liquidare, l’IVA sarà pagata almeno nei limiti di capienza su quei beni (di solito insieme a imposte sul reddito e contributi, che hanno lo stesso grado di privilegio). Se però non c’è nulla da liquidare o il debitore offre finanza esterna limitata, una parte dell’IVA rimarrà scoperta e quindi falcidiata. Il concordato minore, se omologato, la estinguerà per la parte non pagata: l’agente della riscossione dovrà stralciarla.
Sanzioni e interessi: un aspetto a favore del debitore è che, all’interno del trattamento dei crediti fiscali, generalmente sanzioni e interessi moratori possono essere ridotti in misura ancor più significativa o anche azzerati. Già la disciplina della transazione fiscale autorizza a stralciare interamente le sanzioni e gli interessi iscritti a ruolo. Nel concordato minore, dunque, è prassi proporre il pagamento parziale del solo tributo e contributo a titolo di capitale, falcidiando totalmente sanzioni e gran parte degli interessi. Questo rende la proposta più appetibile per l’ente, che vede onorata almeno in parte la quota capitale (quella di maggior “valore morale”), e allo stesso tempo allevia il carico complessivo sul debitore.
Pagamento dilazionato: il piano può prevedere che i debiti tributari falcidiati siano pagati ratealmente. Ad esempio, il 30% del debito fiscale da pagare in 5 anni, in 60 rate mensili. Durante l’esecuzione del piano, naturalmente, il debitore dovrà rispettare queste rate verso l’erario alla stessa stregua delle altre obbligazioni concordatarie. L’omologazione funge anche da accordo che evita ulteriori interessi o sanzioni sul pregresso (salvo diverse previsioni). Se però il debitore salta le rate fiscale previste dal piano, l’Agenzia potrebbe chiedere la risoluzione del concordato.
Effetti sul DURC e su nuove pendenze: un dubbio pratico è: durante la procedura e dopo l’omologa, il debitore può ottenere il DURC (documento regolarità contributiva) se deve proseguire l’attività? Formalmente, dopo l’omologa egli è in regola con i contributi passati secondo il piano (perché il debito contributivo è stato oggetto di accordo e verrà pagato come stabilito). L’INPS in genere rilascia il DURC se le rate concordatarie sono rispettate. Similmente, l’Agenzia Entrate-Riscossione sospende le azioni esecutive e non iscrive nuovi fermi amministrativi, ecc., purché il piano vada avanti. È comunque importante che il debitore, una volta “ripulito” dal passato, si mantenga corrente con i pagamenti fiscali correnti: nuovi debiti maturati dopo l’omologa non sono coperti dalla procedura e, se non pagati, potrebbero dare problemi (in casi estremi, la risoluzione).
In conclusione, i debiti fiscali e contributivi nel concordato minore vengono trattati come quelli degli altri creditori: possono essere dilazionati e ridotti, previa adesione dei creditori o intervento del giudice se il loro dissenso è ingiustificato. L’Agenzia delle Entrate e gli enti hanno diritto di voto e spesso, di fatto, decidono le sorti del piano, ma la legge bilancia la loro posizione con il meccanismo del cram down . Questa combinazione di voto e possibile intervento giudiziale tutela sia l’interesse pubblico (evitando abusi, come sancito dalla Corte d’Appello di Venezia ) sia il principio della seconda opportunità per il debitore meritevole che cerca di regolarizzare anche la propria posizione fiscale.
Confronto con le Altre Procedure di Sovraindebitamento
Il concordato minore non è l’unica via percorribile per un soggetto sovraindebitato. Il Codice della crisi prevede tre procedure principali a beneficio del debitore civile in difficoltà:
- Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (il nuovo nome del “piano del consumatore” della L.3/2012).
- Concordato minore (oggetto di questa guida).
- Liquidazione controllata del sovraindebitato (analoga alla vecchia liquidazione del patrimonio).
A queste si aggiunge, come visto, l’esdebitazione del debitore incapiente (procedura “residuale” per chi non ha nulla da offrire). Di seguito mettiamo a confronto il concordato minore con il piano del consumatore e con la liquidazione controllata, evidenziando differenze, vantaggi e svantaggi di ciascuno strumento, così che un debitore possa orientarsi sulla soluzione più adatta al suo caso.
Concordato Minore vs Piano del Consumatore
Il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore è una procedura riservata esclusivamente al debitore persona fisica che abbia contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale (art. 67 CCII). In altre parole, è la via pensata per il consumatore puro: ad esempio un privato cittadino indebitato per mutuo, credito al consumo, bollette, fideiussioni personali, ecc., che non sia un imprenditore o che comunque abbia debiti non legati a un’attività d’impresa.
Le similarità col concordato minore sono date dal fatto che anche il piano del consumatore mira a regolare la crisi con un accordo sostenibile: il consumatore presenta un piano con pagamento parziale dei debiti, è assistito dall’OCC, ottiene l’omologazione dal tribunale e la liberazione dai debiti residui. Tuttavia vi sono differenze sostanziali:
- Assenza di voto dei creditori: è la differenza più marcata. Nel piano del consumatore non è prevista alcuna votazione da parte dei creditori. Il piano viene sottoposto direttamente al giudice per l’omologazione, indipendentemente dal consenso dei creditori (che comunque possono presentare osservazioni). Questo significa che un consumatore meritevole può ottenere l’omologa del suo piano anche con il dissenso totale dei creditori, purché il giudice ritenga la proposta equa e fattibile. La Corte di Cassazione, con l’ord. n.9549 del 14 aprile 2025, ha ribadito con forza questo punto: il piano del consumatore “non è assimilabile né al concordato preventivo né al concordato minore” e l’assenza di voto dei creditori è compensata dal controllo giudiziale, che supplisce ad ogni forma di consenso . In particolare, la Cassazione ha chiarito che anche se il piano del consumatore prevede una moratoria superiore ad un anno sui pagamenti o il pagamento parziale (falcidia) dei crediti, ciò non impone il passaggio per il voto dei creditori . È il giudice che valuta la bontà del piano e può omologarlo d’ufficio se lo ritiene meritevole, tutelando il diritto del debitore alla seconda opportunità e bilanciandolo con le esigenze dei creditori . Questa assenza di voto è un enorme vantaggio per il consumatore: la riuscita del piano non dipende dal volere (spesso umorale o disinformato) dei creditori, ma da una valutazione tecnica del giudice.
- Requisito della meritevolezza: di contro, il consumatore è soggetto a un controllo più stringente sulla propria condotta pregressa. L’art. 69 CCII richiede che il giudice, per omologare il piano, verifichi che il consumatore non abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere o non abbia colposamente determinato il proprio sovraindebitamento. In breve, deve essere meritevole: niente colpa grave, malafede o frode nel causare il debito. Questo filtro di meritevolezza (già presente nella L.3/2012) serve a evitare che chi ha sperperato o agito disonestamente scarichi le conseguenze sui creditori senza nemmeno il loro consenso. Nel concordato minore, invece, come visto, non c’è un’analoga valutazione etica del comportamento (salvo il divieto di atti in frode). Quindi pro del piano del consumatore: niente voto creditori; contro: verifica di meritevolezza che può bloccare la procedura se il giudice ritiene il debitore “colpevole” della propria insolvenza.
- Soglia di accesso – debiti di natura personale: per accedere al piano del consumatore occorre essere strettamente consumatore. Se una persona fisica ha anche debiti derivanti da attività d’impresa (ad es. era un piccolo imprenditore, oppure ha debiti fiscali per IVA da attività commerciale), potrebbe non qualificare come “consumatore” puro. In tali casi dovrà usare il concordato minore. C’è quindi una questione di qualifica soggettiva: la stessa persona fisica potrebbe rientrare o meno nel piano del consumatore a seconda della provenienza dei debiti. La legge tende a considerare prevalente la causa dei debiti: se oltre la metà dei debiti deriva da attività d’impresa/professionale, non si può accedere al piano del consumatore ma solo al concordato minore; se invece i debiti professionali sono marginali rispetto a quelli personali, si può essere ammessi al piano consumatore. Il confine a volte è sottile (si pensi a un ex imprenditore ora pensionato con debiti in parte personali e in parte d’azienda). In sede di domanda, OCC e giudice valutano attentamente la categoria.
- Ruolo del giudice: nel piano del consumatore il giudice è ancora più centrale. Egli entra nel merito del piano, valuta l’adeguatezza dell’importo offerto ai creditori in rapporto alle risorse disponibili, può rifiutare l’omologa se ritiene il piano squilibrato, o imporre modifiche. Nel concordato minore invece, avendo i creditori votato, il giudice si limita a un controllo di legalità e convenienza rispetto alla liquidazione, senza sindacare eccessivamente la percentuale, salvo casi estremi. La Cassazione 2025 sottolinea la “natura giurisdizionale e non negoziale” del piano del consumatore, proprio perché il consenso non viene raccolto, e quindi spetta al giudice garantire l’equilibrio tra creditori e dignità del debitore .
- Ambito di applicazione tipico: il piano del consumatore è l’ideale quando il debitore è un soggetto privato (non imprenditore) che ha avuto problemi di indebitamento per cause come perdita del lavoro, spese mediche, eccesso di credito al consumo, mutui, ecc. Se tale debitore è stato complessivamente corretto ma sfortunato, può confidare in una procedura relativamente snella dove il giudice lo “protegge” dai creditori omologando un piano sostenibile. Il concordato minore invece è pensato per chi ha debiti di natura imprenditoriale/professionale: ad esempio un artigiano, un commerciante sotto soglia fallimento, un professionista, una SNC, ecc., per i quali è giusto coinvolgere i creditori nel voto in quanto trattasi di situazioni più vicine al concetto di accordo tra parti.
In sintesi, i vantaggi del piano del consumatore sono: niente voto (procedura più semplice in tal senso), il giudice può approvare anche a fronte di opposizione dei creditori, maggiore “paternalismo” dell’ordinamento verso un soggetto ritenuto debole. Gli svantaggi: riservato solo a chi è consumatore senza debiti d’impresa; filtro di meritevolezza (se hai colpa grave, il giudice rigetta); importo eventualmente falcidiabile dei debiti potrebbe essere minore se il giudice reputa che potresti pagare di più (c’è un interventismo maggiore nel calibrare il piano).
Un esempio pratico per capire: Tizio è un privato indebitato con banche e finanziarie per 100. Ha perso il lavoro e può offrire solo 20, magari grazie a parenti, per chiudere i debiti. I creditori finanziari non accetterebbero mai volontariamente 20 su 100, ma Tizio se è un consumatore può presentare un piano e il giudice, verificato che Tizio non ha colpe particolari e che 20 è il massimo ottenibile senza lavoro, può omologare il piano anche se i creditori si oppongono. Tizio paga 20 e viene esdebitato dagli 80 restanti . Se Tizio fosse invece un piccolo imprenditore, dovrebbe proporre un concordato minore, raccogliere i voti favorevoli di creditori (impresa ardua se offrisse solo 20%), oppure confidare nel cram down del giudice se il rifiuto fosse ingiustificato.
In conclusione, il piano del consumatore è più favorevole al debitore meritevole ma richiede di appartenere a quella categoria; il concordato minore copre tutti gli altri debitori, con un procedimento più vicino a un concordato classico (votazione) ma comunque semplificato e pensato per piccole realtà.
Concordato Minore vs Liquidazione Controllata
La liquidazione controllata del sovraindebitato (disciplina agli artt. 268-277 CCII) è, in sostanza, la procedura liquidatoria “concorsuale” applicabile ai debitori civili. Ha preso il posto della liquidazione dei beni ex L.3/2012. In molti aspetti richiama il fallimento (ora liquidazione giudiziale) ma con finalità e regole adattate al contesto del sovraindebitamento.
Nel confronto con il concordato minore, la liquidazione controllata rappresenta l’alternativa non negoziale: invece di proporre un accordo ai creditori, il debitore mette a disposizione tutte le proprie risorse che vengono liquidate da un curatore/trustee per ripartirne il ricavato ai creditori secondo le regole della legge. Ecco le differenze chiave:
- Nessun pagamento parziale concordato ma liquidazione integrale dei beni: nella liquidazione controllata, tutto il patrimonio del debitore al momento dell’apertura (fatta salva qualche eccezione di legge per i beni impignorabili) viene acquisito alla procedura e destinato alla vendita. Non c’è un piano di pagamento proposto dal debitore, né classi, né percentuali: i creditori verranno soddisfatti con quello che c’è, secondo l’ordine delle cause di prelazione. Se il patrimonio è insufficiente (come spesso accade), molti crediti rimarranno insoddisfatti totalmente o parzialmente. In altre parole, la liquidazione è la via “della resa”: si fa cassa con ciò che si può (beni immobili, mobili, crediti, stipendi futuri per la quota pignorabile per 4 anni, etc. – come indicato all’art. 270 CCII) e si distribuisce, poi il resto dei debiti è cancellato tramite esdebitazione finale.
- Ruolo (passivo) del debitore: nel concordato minore il debitore è attivo, fa una proposta, può mantenere l’attività, deve poi pagare i creditori secondo il piano. Nella liquidazione, invece, il debitore subisce la procedura: viene nominato un liquidatore/curatore che spossessa il debitore dei beni (non c’è un vero spossessamento formale come nel fallimento, ma di fatto il liquidatore amministra e vende i beni) e che gestisce ogni aspetto. Il debitore deve solo cooperare, fornire informazioni e attendere la fine.
- Durata e complessità: la liquidazione può durare anche diversi anni se ci sono beni da vendere o crediti da incassare. È un processo giudiziario con verifica dello stato passivo (accertamento dei crediti – art. 270 CCII – analogo all’esame passivo fallimentare) e riparti. Il concordato minore invece tende a concludersi più rapidamente, almeno nella fase decisionale (si apre e chiude spesso entro pochi mesi con l’omologa) e poi ha la fase esecutiva che può durare alcuni anni per i pagamenti rateali. In liquidazione la “fase esecutiva” è la stessa procedura.
- Esdebitazione finale: al termine della liquidazione controllata il debitore può chiedere l’esdebitazione di tutti i debiti rimasti insoddisfatti (art. 282 CCII). Questa viene concessa dal tribunale se il debitore ha cooperato lealmente, non ha aggravato la sua posizione volontariamente, e non vi sono sanzioni per frode. È qui che torna il concetto di meritevolezza: l’art. 282 richiede assenza di dolo o colpa grave del debitore nello spingersi all’insolvenza , altrimenti la liberazione dai debiti può essere negata. Quindi, la liquidazione porta all’esdebitazione solo se il debitore ha tenuto un comportamento virtuoso e soddisfa i requisiti soggettivi. Nel concordato minore invece l’esdebitazione è implicita nell’omologa senza bisogno di altre istanze, e non c’è a quel punto un riesame della condotta (che semmai è stato fatto prima, in fase di ammissione, riguardo agli atti in frode).
- Conservazione dei beni e dell’attività: con il concordato minore spesso il debitore può evitare di liquidare tutti i propri beni. Ad esempio, può tenere la prima casa se il piano trova altre risorse (magari offrendo ai creditori il valore equivalente rateizzato, oppure pagando una percentuale e ottenendo che i creditori rinuncino ad aggredirla). Oppure può mantenere l’azienda in esercizio. Invece nella liquidazione controllata non c’è salvezza per i beni: tutto il patrimonio non protetto da eccezioni di legge verr…(continua)
Invece, nella liquidazione controllata non c’è salvezza per i beni: tutto il patrimonio non protetto da eccezioni di legge verrà liquidato. Ad esempio, anche la casa di abitazione di proprietà del debitore, se non è considerata impignorabile per altri motivi, potrà essere venduta dal liquidatore nell’interesse dei creditori. Similmente, l’azienda del debitore viene chiusa e i suoi beni ceduti. Il debitore perde la disponibilità del patrimonio (pur restando formalmente titolare, di fatto non ne può disporre) e deve ricominciare da zero dopo la procedura. Nel concordato minore, al contrario, il debitore potrebbe riuscire a conservare alcuni beni essenziali: ad esempio, spesso viene permesso di trattenere i beni non necessari a soddisfare i creditori quando questi ottengono comunque la massima utilità possibile (si pensi a un’auto necessaria per il lavoro, o una modesta casa familiare se il piano comunque offre ai creditori un vantaggio equivalente al valore di realizzo di quell’immobile).
- Convenienza per i creditori: in teoria, se il debitore ha un patrimonio consistente, la liquidazione potrebbe offrire ai creditori più garanzie di recupero (perché liquida tutto) rispetto a un concordato minore che propone solo una percentuale. Tuttavia, se il patrimonio è modesto e il debitore ha possibilità di ottenere risorse aggiuntive (ad esempio contributi terzi, continuare a lavorare e destinare reddito futuro, ecc.), allora un concordato minore ben congegnato può dare ai creditori maggior soddisfazione che non la liquidazione “secca”. In effetti, la legge impone che per omologare il concordato minore il giudice verifichi che i creditori ricevano almeno quanto otterrebbero dalla liquidazione controllata. Quindi, se il concordato minore viene approvato e omologato, per definizione è più conveniente o almeno non peggiorativo della liquidazione per la massa creditoria . Viceversa, se il debitore non è in grado di garantire questo minimo, probabilmente la proposta non passerà e si andrà in liquidazione.
Quando scegliere l’uno o l’altro? Il concordato minore è indicato quando il debitore vuole e può evitare la spoliazione totale, magari perché ha ancora un’attività in piedi o dei beni che preferirebbe non dover vendere all’asta, ed è in grado di mettere sul piatto qualcosa di interessante (pagamenti parziali, nuovi fondi, ecc.) per ottenere l’accordo dei creditori. La liquidazione controllata invece è spesso l’ultima ratio: si imbocca questa strada se il debitore non ha prospettive di rilancio né risorse per offrire un concordato, oppure se i creditori non sono disponibili a concessioni. Anche come esito “di ripiego” il debitore sceglie la liquidazione quando fallisce il concordato minore (mancata approvazione od omologa): in tal caso la liquidazione rappresenta comunque una via per arrivare all’esdebitazione, seppur con sacrifici maggiori.
In termini di vantaggi: il concordato minore consente al debitore di mantenere il controllo sul processo (è lui che propone) e preservare, quando possibile, parte del patrimonio o dell’attività; i creditori ricevono un soddisfacimento parziale concordato ma in tempi certi e con eventuali risorse extra altrimenti indisponibili. La liquidazione, d’altro canto, garantisce che tutto ciò che il debitore possiede venga destinato ai creditori, eliminando il rischio per i creditori di vedere il debitore trattenere beni, ma spesso il risultato pratico per loro è modesto (se il debitore aveva poco, poco resta) e arriva dopo un lungo iter. Dal lato debitore, la liquidazione è procedura più “passiva” e può essere psicologicamente gravosa (perdita dei beni), ma porta anch’essa al risultato finale della liberazione dai debiti (previa richiesta di esdebitazione e verifica della buona condotta).
Riepilogo pros/cons principali:
- Concordato Minore:
- Pro: Debitore protagonista (proposta modulabile), possibile continuazione attività, conservazione di beni essenziali, tempi più rapidi per l’omologa, esdebitazione automatica a fine piano, soluzione onorevole (accordo con creditori).
- Contro: Necessaria maggioranza di voti (incertezza fino all’ultimo), richiede spesso di reperire risorse aggiuntive, se il debitore ha avuto comportamenti scorretti i creditori potrebbero opporsi, rischio di dover comunque liquidare beni se il piano non regge.
- Liquidazione Controllata:
- Pro: Procedura obbligata se non ci sono le condizioni per un accordo, tutti i beni vengono destinati ai creditori (massima trasparenza), il debitore non deve pagare nulla oltre i beni che già dà, possibile esdebitazione finale anche se non è stato pagato quasi nulla (specie col meccanismo dell’incapiente).
- Contro: Debitore perde il patrimonio e l’attività, durata e costi procedurali non trascurabili, esdebitazione non immediata ma subordinata a requisiti, creditori spesso recuperano percentuali minime dopo anni, nessuna soluzione di continuità (si chiude tutto).
In generale, un debitore sovraindebitato tenterà il concordato minore se intravede uno spiraglio di accordo e possiede qualche carta da giocare (capacità di produrre reddito, supporto familiare, ecc.), ricorrendo alla liquidazione solo se ogni tentativo di soluzione concordata fallisce o è impraticabile. Del resto, la stessa struttura del Codice incoraggia prima l’utilizzo di strumenti di regolazione della crisi (piano del consumatore o concordato minore) e solo in subordine la liquidazione giudiziale o controllata come ultima opzione.
Giurisprudenza Recente (2024–2025)
Sin dall’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi, si sono registrate numerose pronunce giurisprudenziali che hanno chiarito aspetti applicativi del concordato minore. Di seguito raccogliamo alcuni casi significativi degli anni 2024–2025, utili per comprendere l’orientamento dei tribunali italiani:
- Cassazione Civile, Sez. I, ord. 9549 del 14/04/2025: ha confermato la peculiarità del piano del consumatore rispetto al concordato minore, sancendo che nel piano del consumatore i creditori non votano nemmeno in presenza di moratorie lunghe o decurtazione dei debiti. La Suprema Corte ha ribadito che il giudice supplisce all’assenza di voto garantendo l’equilibrio del piano, in ossequio alla finalità di dare al debitore onesto una seconda chance .
- Tribunale di Vicenza, 13/03/2025; Tribunale di Ancona, 03/04/2025; Tribunale di Modena, 07/04/2025: con tre provvedimenti “gemelli” queste corti hanno ammesso al concordato minore un imprenditore individuale cessato e cancellato dal Registro imprese (nel caso di Ancona, l’attività era cessata da oltre un anno). Hanno interpretato in modo restrittivo il divieto di cui all’art. 33 co.4 CCII, ritenendo che esso riguardi solo le società estinte ex art. 2495 c.c. e non il singolo imprenditore sopravvissuto ai suoi debiti . Tali pronunce – in apparenza in contrasto con un dictum della Cassazione del 2023 – evidenziano una linea giurisprudenziale sostanzialmente favorevole a non escludere i piccoli imprenditori fallibili che abbiano chiuso l’attività dalla tutela del concordato minore . Si valorizza il principio costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) e la ratio pro-esdebitazione del Codice .
- Tribunale di Modena, 07/04/2025 (Est. Bianconi): caso relativo a un finanziamento bancario garantito dal Fondo pubblico MCC. Il piano di concordato minore inseriva il credito bancario in due classi: una per la banca (chirografo falcidiato) e una per l’ente garante (MCC) che avrebbe pagato la banca in caso di escussione, prevedendo per quest’ultimo un pagamento integrale solo se chiamato a escutere . Il Tribunale ha stabilito che il garante pubblico deve poter votare sul concordato minore anche prima di aver effettivamente pagato la garanzia, essendo “potenzialmente inciso” dal piano . Negare al garante il voto finché non paga contrasterebbe con l’art. 9(2) della Direttiva UE sull’insolvency (diritto di voto a tutti i “parties affected”) . Al contempo, il giudice ha avvertito che non si possono far votare due soggetti per lo stesso credito (sia la banca che il garante) perché ciò falserebbe le maggioranze . In concreto, dunque, ha riconosciuto un unico diritto di voto al credito garantito, da esercitarsi dal garante per la parte coperta. Questa decisione offre un importante chiarimento in tema di classamento dei crediti garantiti dallo Stato e relative maggioranze nel concordato minore.
- Tribunale di Avellino, 2024 (sentenza commentata in Eclegal, 8/4/2025): affronta l’ammissibilità di un concordato minore senza alcuna soddisfazione per un creditore chirografario. Inizialmente il piano proponeva 0% a un creditore chirografario (per incapienza totale) e circa 13% all’unico privilegiato, ed era stato comunque approvato da entrambi i creditori . Il giudice, rilevando la criticità dell’esclusione totale di un creditore, ha suggerito una modifica migliorativa del piano, poi effettivamente apportata (introducendo un pagamento del 2,79% al chirografario) . Nonostante la votazione fosse già avvenuta, il Tribunale ha ritenuto valida la modifica in quanto vantaggiosa per il creditore inizialmente escluso, e ha omologato il concordato così migliorato . Questo caso mostra la disponibilità dei tribunali a permettere integrazioni post-voto se servono a garantire un minimo di soddisfazione a tutti i creditori e ad evitare disparità di trattamento che potrebbero pregiudicare l’omologazione (richiamando il principio dell’art. 74 CCII sulla soddisfazione anche parziale di tutti i crediti).
- Corte d’Appello di Venezia, decreto 10/10/2024: caso in tema di cram down fiscale abusivo. In primo grado (Trib. Verona) un concordato minore era stato omologato nonostante il voto contrario decisivo di Agenzia Entrate e INPS (98% dei crediti), ritenendo soddisfatti i presupposti dell’art. 80 co.3 CCII: il loro voto negativo era determinante e il piano dava loro più della liquidazione (5,61% con finanza esterna) . La Corte d’Appello ha invece revocato l’omologa, giudicando il 5% offerto al Fisco “irrisorio” e il voto contrario dell’Erario giustificato e insuperabile . Ha affermato che il concordato minore in quel caso perseguiva un fine distorto (cancellare un grosso debito fiscale accumulato pagando poco o nulla) e ha ravvisato un abuso dello strumento normativo oltrepassando la finalità lecita di risolvere il sovraindebitamento per consentire la prosecuzione dell’attività . Questa pronuncia di secondo grado, pur non di legittimità, ha fatto scalpore perché pone un freno all’eccessiva compressione dei crediti pubblici: il messaggio è che non basta rispettare formalmente i requisiti del cram down, ma il piano non deve tradursi in un “colpo di spugna” sproporzionato a danno dell’Erario. Da qui la raccomandazione per i debitori: se il grosso del debito è verso il Fisco, offrire una percentuale ragionevole (magari avvicinandosi a parametri normativi come quelli introdotti nel 2023 per le transazioni fiscali ) per evitare opposizioni e reclami.
- Tribunale di Milano, 23/12/2024 vs. Tribunale di Ferrara, 28/12/2024: pronunce riguardanti l’esdebitazione del debitore incapiente ex art. 283 CCII (cioè il caso in cui il debitore chiede di essere liberato dai debiti pur non avendo soddisfatto nulla o quasi i creditori, perché totalmente privo di beni). Il Tribunale di Ferrara ha adottato un orientamento restrittivo, negando l’esdebitazione automatica in assenza di qualunque soddisfazione ai creditori, mentre il Tribunale di Milano pochi giorni dopo ha concesso l’accesso a questo beneficio ritenendo sufficiente il rigoroso rispetto dei requisiti soggettivi di meritevolezza . La questione è dibattuta: la norma in realtà prevede espressamente questa possibilità di esdebitazione “a zero” per il debitore persona fisica meritevole, ma i giudici stanno ponendo attenzione a bilanciare l’assenza di ritorno per i creditori con la necessità di dare altrimenti al soggetto una chance di ripartenza. Tali decisioni, pur tangenziali al concordato minore, rientrano nel medesimo spirito di favorire il fresh start, con qualche comprensibile prudenza interpretativa.
Questi casi, tra gli altri, delineano un quadro in cui la giurisprudenza applica il concordato minore in modo sostanzialmente conforme alla volontà della riforma, ovvero favorendo la soluzione concordata e la liberazione del debitore meritevole, ma al tempo stesso fissando paletti contro possibili abusi (come l’uso strumentale per falcidiare solo il Fisco, o l’esclusione arbitraria di qualche creditore dal piano). Si evidenzia il ruolo proattivo dei giudici nel guidare e correggere il processo (si veda il suggerimento di Avellino di migliorare l’offerta, o l’intervento sul voto del garante pubblico a Modena), in linea con la natura “mista” – negoziale ma con forte impronta pubblicistica – delle procedure di sovraindebitamento.
Riforme Recenti e Commenti Dottrinali (2022–2025)
Il panorama normativo e dottrinale del sovraindebitamento è stato molto dinamico negli ultimi anni. Ecco un riepilogo delle principali riforme intervenute fino ad aprile 2025 e delle riflessioni degli esperti in materia di concordato minore:
- Entrata in vigore del Codice della Crisi (2022): Il D.Lgs. 14/2019, emanato in attuazione della Legge delega n. 155/2017, doveva inizialmente entrare in vigore nel 2020 ma è stato più volte rinviato. La data definitiva è stata il 15 luglio 2022, con alcune disposizioni già operative prima. Da quel momento la vecchia Legge 3/2012 è stata abrogata e le nuove procedure di piano del consumatore, concordato minore e liquidazione controllata hanno preso il suo posto. La riforma ha recepito anche vari input della normativa UE (Direttiva 2019/1023) soprattutto in tema di ristrutturazioni e seconda chance.
- Correttivo 2022 (D.Lgs. 83/2022): pochi mesi prima dell’entrata in vigore, il Governo ha approvato un decreto correttivo al Codice della crisi, che ha affinato diversi articoli anche sul sovraindebitamento. In particolare, è stata introdotta la norma che consente esplicitamente la falcidia dei debiti fiscali e previdenziali nel piano del consumatore – prima non menzionata – equiparando di fatto la posizione del consumatore a quella del concordato minore in termini di trattamento del Fisco (superamento definitivo dei dubbi sulla falcidiabilità di IVA e ritenute in tutte le procedure di sovraindebitamento). Inoltre, nel concordato minore, il correttivo ha inserito la lettera p-bis all’art. 87 co.1 CCII per regolamentare il caso dei crediti garantiti dallo Stato, prevedendo la possibilità di falcidiare il credito del garante pubblico entro i limiti di capienza e così anticipando la problematica risolta poi dal Tribunale di Modena.
- Decreto Legge 118/2021 (“DL Crisi”): questo intervento, ancor prima dell’effettiva vigenza del Codice, ha introdotto alcuni strumenti urgenti per gestire la crisi d’impresa post-pandemia. Per il nostro ambito è rilevante aver creato il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, una procedura concorsuale minore destinata alle imprese in composizione negoziata che falliscono l’accordo. Pur non riguardando direttamente il sovraindebitamento civile, segnaliamo che il concordato semplificato (art. 25-sexies DL 118/2021, ora art. 18 CCII) è un ulteriore tipo di concordato “minore” (nel senso di semplificato, senza voto dei creditori) ma riservato alle imprese soggette a crisi d’impresa. È stato applicato dalla prassi (come visto anche nel Tribunale di Roma, aprile 2025, con provvedimento di concordato semplificato pubblicato) e fa parte del mosaico delle procedure disponibili, sebbene non per il consumatore o piccolo debitore, ma per l’imprenditore in composizione negoziata.
- Decreto Legge 69/2023 (conv. L. 103/2023): questa riforma ha inciso indirettamente sul concordato minore introducendo parametri più stringenti per la transazione dei debiti tributari e contributivi negli accordi di ristrutturazione e nei concordati preventivi (art. 63 e 88 CCII). In particolare l’art. 1-bis di tale DL ha stabilito che nelle trattative con il Fisco nell’ambito di piani di risanamento delle imprese si devono garantire percentuali minime (per evitare proposte “irrisorie”). Pur non riferendosi testualmente al sovraindebitamento, la dottrina ha subito notato che queste soglie potevano fornire un criterio anche per giudicare la ragionevolezza delle offerte fatte all’Erario nei concordati minori . La Corte d’Appello di Venezia 2024 infatti richiama proprio quei parametri in via analogica per definire esiguo un pagamento del 5% . Questa osmosi normativa evidenzia come il legislatore stia cercando di standardizzare in parte il trattamento del credito pubblico nelle varie procedure, per evitare disparità e fenomeni di forum shopping (es. preferire la procedura dove si può tagliare di più il Fisco). Resta comunque ferma la peculiarità del sovraindebitamento: il DL 69/2023 non ha modificato l’art. 80 CCII, che resta la base per decidere il cram down nel concordato minore.
- Giurisprudenza di legittimità e di merito in evoluzione: oltre ai casi specifici già elencati, va segnalato come nel 2023–2024 la Cassazione sia intervenuta più volte sul sovraindebitamento (oltre alla citata ord. 9549/2025, v. ad es. Cass. 18609/2022, Cass. 9426/2023) fornendo interpretazioni su questioni come la qualificazione del consumatore, la portata dell’esdebitazione, la revocabilità di atti anteriori alle procedure, ecc. Le Corti d’Appello pure stanno dando contributi importanti uniformando prassi locali (il caso di Venezia sul Fisco, Firenze su altre questioni, ecc.). Si registra un approccio generalmente orientato ad agevolare la riuscita delle procedure, in linea coi principi della riforma, ma con attenzione a evitare comportamenti opportunistici.
Inoltre, è in corso un dibattito sulla educazione finanziaria e prevenzione: molti sovraindebitamenti di consumatori nascono da scorrette gestioni del credito, dunque si auspica un maggior ricorso agli OCC anche in funzione di consulenza preventiva e non solo di gestione delle crisi conclamate. Dal lato imprese minori, si sottolinea che il concordato minore, se ben utilizzato, può fungere da equivalente del concordato preventivo per le piccole aziende, facilitando ristrutturazioni “in miniatura” in contesti dove prima si aveva solo la scelta tra pagare tutti o fallire.
In sintesi, le riforme normative recenti hanno affinato l’istituto del concordato minore, integrandolo in un sistema coerente con gli standard europei, e la dottrina ne sta analizzando pregi e difetti alla luce delle prime applicazioni pratiche. L’orientamento generale è positivo: il concordato minore è visto come uno strumento efficace per riequilibrare situazioni debitorie altrimenti senza soluzione, contribuendo a dare attuazione concreta al principio della fresh start. Gli studiosi raccomandano comunque vigilanza affinché l’uso dell’istituto rimanga aderente alle sue finalità: risanare o liquidare in modo ordinato le piccole crisi, tutelando la dignità economica del debitore ma nel rispetto (per quanto possibile) dei diritti dei creditori, in uno spirito di equilibrio e giustizia sostanziale.
Fonti
Normative:
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), in particolare artt. 2 (definizioni, debitore non assoggettabile), 33 co.4 (esclusione imprenditore cessato, interpretato in senso restrittivo ), 67-73 (piano del consumatore), 74-83 (concordato minore, requisiti e procedimento ), 80 (omologazione e cram-down fiscale ), 87 (trattamento crediti privilegiati e garantiti, lett. p-bis introdotta dal correttivo ), 268-277 (liquidazione controllata), 282 (esdebitazione dopo liquidazione, meritevolezza richiesta ), 283 (esdebitazione del debitore incapiente ).
- Legge 3/2012 (abrogata), Disciplina della composizione delle crisi da sovraindebitamento, come modif. da L. 221/2012, L. 176/2020 (che introdusse l’esdebitazione del debitore incapiente, poi trasfusa nell’art. 283 CCII).
- D.Lgs. 83/2022 (decreto correttivo al CCII), che ha modificato vari articoli del Codice della crisi in vigore dal 15/07/2022 (es. art. 74, art. 80, art. 87 CCII, ecc. – introducendo tra l’altro la possibilità di falcidia dei tributi nel piano del consumatore e la lettera p-bis in art. 87 ).
- D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021 (c.d. Decreto “Crisi d’impresa”), in tema di composizione negoziata per le imprese e concordato semplificato (art. 18 CCII); norma citata per contesto generale.
- D.L. 69/2023 conv. L. 103/2023, art. 1-bis (criteri per transazioni su crediti tributari e contributivi negli accordi di ristrutturazione ex art. 63 CCII) , utilizzati analogicamente dalla giurisprudenza per valutare il cram down nel concordato minore.
- Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio, sul quadro di ristrutturazione preventiva e sul debito dei professionisti, recepita in parte dal CCII (principio del diritto al voto di tutti i soggetti interessati – art. 9, par.2, citato da Trib. Modena ).
Giurisprudenziali:
- Corte di Cassazione, Sez. I Civile, ord. 9549/2025 (14 aprile 2025): piano del consumatore – niente voto dei creditori, differenze da concordato minore .
- Corte di Cassazione, Sez. I, sent. 22699/2023: (25 luglio 2023) in materia di accesso del debitore ex imprenditore fallibile al sovraindebitamento; citata in NT+ Sole24Ore per contrasto apparente con orientamento di merito (rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. dichiarato inammissibile).
- Tribunale di Vicenza, decreto 13 marzo 2025: ammissione imprenditore cancellato a concordato minore .
- Tribunale di Ancona, decreto 3 aprile 2025: concordato minore – imprenditore individuale cessato ammesso (interpretazione art. 33 co.4 CCII) .
- Tribunale di Modena, decreto 7 aprile 2025 (Est. Bianconi): concordato minore – classi di voto, credito garantito da MCC (garante pubblico ammesso al voto prima dell’escussione, vincoli su unico voto) .
- Tribunale di Avellino, 8 aprile 2025: concordato minore liquidatorio – necessità di soddisfazione parziale di tutti i creditori, ammissibilità di modifica migliorativa del piano dopo il voto .
- Tribunale di Verona, 7 giugno 2024: (decreto di omologa) concordato minore – omologa con cram down fiscale (Agenzia Entrate e INPS) in presenza di voto contrario decisivo, ritenuto abusivo in appello .
- Corte d’Appello di Venezia, decreto 10 ottobre 2024: diniego di omologa concordato minore – abuso dello strumento normativo, voto Fisco non ingiustificato (riforma Trib. Verona) .
- Tribunale di Ferrara, decreto 28 dicembre 2024: esdebitazione dell’incapiente ex art. 283 CCII negata (interpretazione restrittiva).
- Tribunale di Milano, decreto 23 dicembre 2024: esdebitazione dell’incapiente concessa (interpretazione estensiva, in contrasto con Ferrara) .
Concordato Minore del Sovraindebitato: Perché Affidarsi a Studio Monardo
Hai un’attività in difficoltà o sei un ex imprenditore con debiti che non riesci più a gestire? Hai ricevuto cartelle, solleciti, decreti ingiuntivi o pignoramenti, e cerchi una via d’uscita per salvare il tuo patrimonio e chiudere definitivamente i conti con il passato?
Il Concordato Minore è uno strumento legale, previsto dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), pensato proprio per soggetti sovraindebitati non fallibili: ditte individuali, artigiani, autonomi, ex imprenditori e professionisti.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa affrontare questa procedura con la guida di un esperto abilitato, per bloccare le esecuzioni, trattare con i creditori e ripartire pulito.
Cosa fa per te l’Avvocato Monardo
L’Avvocato Giuseppe Monardo ti segue passo dopo passo:
- Analizza gratuitamente la tua situazione debitoria e patrimoniale
- Verifica se puoi accedere al Concordato Minore o ad altre soluzioni
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- Rappresenta i tuoi interessi in Tribunale e davanti al giudice
- Ti assiste fino all’omologazione e alla chiusura definitiva del debito
Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo
L’Avvocato Monardo è:
- Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, iscritto presso il Ministero della Giustizia
- Fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC)
- Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa, abilitato ai sensi del D.L. 118/2021
- Coordinatore di una rete nazionale di avvocati e commercialisti specializzati in diritto bancario, tributario ed esecutivo
Grazie a queste qualifiche, può seguire direttamente la tua pratica, attivando la procedura senza passaggi intermedi, con precisione e risultati concreti.
Perché agire ora
Ogni mese che passa può significare:
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Conclusione
Il Concordato Minore è lo strumento giusto per risolvere definitivamente i tuoi debiti se sei un ex imprenditore, un autonomo o un artigiano non fallibile.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa scegliere un professionista abilitato, affidabile e concreto, che ti guida dall’analisi iniziale fino alla cancellazione dei debiti.
Con Monardo, la crisi non è la fine: è un’opportunità per ricominciare.
Qui di seguito tutti i contatti di Studio Monardo, gli avvocati esperti in procedure di sovraindebitamento: