Come Difendersi Da Una Cartella Di Pagamento Equitalia (Ex): Guida

Vuoi capire come difenderti dalle cartelle esattoriali dell’Agenzia Entrate Riscossione?

Qui di seguito troverai tutti i contatti del nostro Studio Legale specializzato in cartelle esattoriali e cancellazione debiti con il Fisco.

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Ricevere una cartella esattoriale – oggi chiamata più propriamente cartella di pagamento – è un evento che può generare preoccupazione in qualsiasi cittadino. La cartella è l’atto attraverso cui l’Agenzia delle Entrate–Riscossione (AdER), l’ente pubblico subentrato nel 2017 a Equitalia, richiede il pagamento di debiti verso lo Stato o altri enti (Agenzia delle Entrate, Comuni, INPS, ecc.) in maniera coattiva. In altre parole, se non si paga volontariamente quanto dovuto (tasse, multe, contributi, ecc.) entro i termini ordinari, l’ente creditore iscrive il debito a ruolo e AdER invia la cartella come formale intimazione di pagamento, preludio ad eventuali azioni di riscossione forzata (pignoramenti, fermi amministrativi, ipoteche, ecc.).

Perché difendersi? Conoscere i propri diritti e gli strumenti di tutela è fondamentale. Spesso il destinatario di una cartella può aver già pagato il debito, oppure il debito potrebbe essere prescritto (cioè troppo tempo è passato) o ancora la cartella potrebbe presentare errori formali. In altri casi, il contribuente può trovarsi in difficoltà economica e aver bisogno di una rateizzazione o di beneficiare di qualche misura di saldo e stralcio prevista dalla legge. Ignorare una cartella esattoriale significa lasciare che la situazione evolva fino alle estreme conseguenze, mentre attivarsi prontamente consente di evitare errori e magari risparmiare somme significative (ad esempio evitando sanzioni aggiuntive o riuscendo a far annullare atti illegittimi).

Struttura della guida: Nei capitoli seguenti esamineremo in modo chiaro e accessibile tutti gli aspetti rilevanti per un cittadino che riceve una cartella esattoriale. Vedremo innanzitutto cosa sono le cartelle e come funzionano, distinguendole dagli altri atti inviati da AdER. Spiegheremo poi come verificarne la legittimità, controllando ad esempio se il debito è ancora esigibile o se sono trascorsi i termini di decadenza o prescrizione. Approfondiremo le possibilità di sospendere o annullare le cartelle (sia tramite istanze in autotutela che ricorrendo al giudice) e come agire in via stragiudiziale (senza tribunale) per correggere errori o ottenere dilazioni. Parleremo dei ricorsi formali e dei termini per opporsi legalmente, nonché di cosa accade se invece non si paga nulla. Un’intera sezione è dedicata a pignoramenti, fermi amministrativi e altre azioni esecutive, con consigli su come proteggere i propri beni essenziali (casa di abitazione, stipendio, conto corrente, automobile). Illustreremo inoltre la rateizzazione del debito e le altre soluzioni “agevolate” (come la rottamazione delle cartelle) introdotte dal legislatore negli ultimi anni. Non mancherà un riepilogo delle novità normative e giurisprudenziali più recenti fino ad aprile 2025, così da contestualizzare la guida nell’attuale quadro normativo. Infine, elencheremo gli errori più comuni che i contribuenti commettono in queste situazioni – e come evitarli – e gli altri strumenti utili a disposizione (come le procedure per sovraindebitamento, la figura del Garante del contribuente, la compensazione di eventuali crediti, ecc.).

Metodo e linguaggio: Il linguaggio usato sarà semplice e alla portata di tutti, evitando tecnicismi inutili e spiegando i termini giuridici laddove necessari. Per rendere il testo fruibile, sarà suddiviso in sezioni e sottosezioni con titoli chiari, e faremo uso di elenchi puntati, esempi pratici e brevi riepiloghi. In fondo alla guida troverete un elenco completo delle fonti normative, giurisprudenziali e dottrinali citate, così da poter approfondire ulteriormente ogni aspetto, se desiderato.

Iniziamo dunque dal principio: capire che cos’è una cartella esattoriale e in cosa differisce dagli altri atti che l’Agenzia delle Entrate–Riscossione può inviare al cittadino.

Cosa sono le cartelle di pagamento

La cartella esattoriale (o cartella di pagamento) è l’atto attraverso cui l’Agente della riscossione (oggi AdER) invita formalmente il debitore a pagare, entro un termine prestabilito, una somma dovuta a un ente pubblico. In pratica, la cartella è l’ultima chiamata al pagamento prima che scattino le azioni esecutive. Vediamo in dettaglio:

  • Origine del debito (il “ruolo”): Prima di tutto, l’ente creditore (per esempio l’Agenzia delle Entrate per le imposte, un Comune per le multe o la tassa rifiuti, l’INPS per i contributi) forma un elenco di debiti non pagati chiamato ruolo. Il ruolo è essentially un registro in cui sono iscritti i debitori e le somme dovute, e viene trasmesso all’Agente della riscossione affinché proceda a recuperare quelle somme.
  • Emissione della cartella: Sulla base del ruolo ricevuto, AdER emette la cartella di pagamento, indirizzandola al contribuente. La cartella contiene:
    • L’indicazione dell’ente creditore e della natura del debito (es.: Agenzia delle Entrate – Ufficio di … per IRPEF anno 2019; Comune di … per multa codice della strada del …; INPS – contribuzione anno …, ecc.).
    • L’importo dovuto, dettagliato nelle sue componenti: quota capitale (imposta, contributo o sanzione originaria non pagata), eventuali interessi maturati, sanzioni aggiuntive (se previste per tardivo pagamento, come nel caso delle multe stradali che raddoppiano se non pagate nei termini), aggi di riscossione (il compenso che spetta ad AdER per il servizio di riscossione, calcolato in percentuale sul debito, applicato solo se si paga oltre la scadenza) e spese di notifica.
    • Il termine per pagare: di norma 60 giorni dalla notifica. Entro questo termine il contribuente può pagare la somma dovuta (in unica soluzione o chiedendo una rateizzazione) oppure presentare ricorso se ritiene la cartella infondata o viziata.
    • L’avvertimento delle conseguenze: la cartella specifica che, in mancanza di pagamento entro i 60 giorni, l’importo sarà aumentato degli interessi di mora e potranno essere avviate le procedure esecutive e cautelari previste dalla legge (pignoramenti, fermi amministrativi, ipoteche), senza bisogno di ulteriori autorizzazioni giudiziarie. La cartella infatti è un titolo esecutivo per legge: trascorso il termine, AdER può procedere forzatamente.

In parole semplici, la cartella esattoriale è simile a una “sentenza” immediatamente esecutiva emessa dall’amministrazione: non serve un giudice perché è la legge stessa a dare efficacia esecutiva al ruolo e alla cartella. Questo non significa che la cartella sia incontestabile – come vedremo, si può fare ricorso al giudice competente – ma significa che nel frattempo AdER può agire se il debitore non reagisce nei termini.

  • Notifica della cartella: La cartella deve essere notificata al contribuente secondo le forme di legge. Può essere consegnata tramite posta raccomandata con ricevuta di ritorno (a mezzo di messi notificatori o ufficiali della riscossione), tramite ufficiale giudiziario (meno frequente) oppure via PEC (Posta Elettronica Certificata) per i destinatari obbligati ad averla – tipicamente imprese e professionisti, ma anche i privati cittadini che abbiano attivato un domicilio digitale. La data di notifica è cruciale per due ragioni:
    1. Decorrenza dei termini: Dal giorno in cui la cartella viene notificata iniziano a decorrere i 60 giorni per pagare o impugnare l’atto. Se si supera questo termine senza pagare né presentare ricorso, la cartella diventa definitiva.
    2. Interruzione della prescrizione: La notifica di una cartella (o di qualsiasi atto formale di richiesta pagamento) interrompe i termini di prescrizione del credito sottostante. Ciò significa che, una volta notificata la cartella, l’“orologio” della prescrizione si azzera e ricomincia a decorrere da capo a partire da quella data (vedremo più avanti il concetto di prescrizione).
  • Validità nel tempo: La cartella non “scade” dopo 60 giorni; semplicemente, trascorso quel termine senza pagamento, AdER acquisisce il potere di procedere con la riscossione forzata. La cartella resta valida finché il debito non è stato pagato o finché non intervenga una causa di estinzione (prescrizione del credito, annullamento, condono, ecc.). Tuttavia, come vedremo, se passa molto tempo senza che AdER compia azioni esecutive, il debito può prescriversi, oppure AdER può essere tenuta a notificare un sollecito o un’intimazione prima di procedere.

In sintesi, una cartella esattoriale è la forma ufficiale con cui lo Stato (o altro ente pubblico) bussa alla porta del contribuente inadempiente, chiedendo il pagamento entro 60 giorni e preannunciando azioni esecutive in difetto. Ricevuta una cartella, è importante esaminarla con attenzione, verificarne i contenuti e la correttezza e decidere come reagire (pagare, chiedere una dilazione, fare ricorso, ecc.). Prima di affrontare le strategie di difesa, facciamo chiarezza su come la cartella si inserisce nel sistema della riscossione e quali altri atti l’Agente della riscossione può inviare.

Differenze tra cartelle di pagamento e altri atti dell’Agenzia Entrate-Riscossione

Non tutti gli atti che arrivano da AdER sono “cartelle esattoriali”. È utile saper distinguere la cartella da altri documenti e comunicazioni legati alla riscossione, perché ognuno di essi ha funzioni e conseguenze diverse. Vediamo i principali atti della riscossione e come si differenziano:

  • Sollecito di pagamento: È una semplice lettera (in genere inviata con posta ordinaria, non raccomandata) con cui AdER ricorda al debitore di avere una cartella scaduta non pagata. Il sollecito non è obbligatorio per legge e non è un atto formale impugnabile: è una sorta di “promemoria” bonario che spesso l’Agente invia prima di passare a misure più incisive. Differenza dalla cartella: il sollecito non attiva nuovi termini né ha valore legale forte; se lo si riceve, è indice che esiste una cartella non pagata, ma giuridicamente il sollecito da solo non interrompe la prescrizione né autorizza pignoramenti (serve comunque la cartella o un intimazione formale).
  • Intimazione di pagamento (art. 50 DPR 602/1973): Questo è un atto formale e importante. Viene inviato da AdER quando è trascorso più di un anno dalla notifica della cartella e l’Agente si appresta ad avviare un pignoramento. La legge infatti prevede che, se AdER non ha agito entro 12 mesi dalla notifica della cartella, prima di procedere con l’esecuzione forzata debba notificare un’“intimazione ad adempiere”, cioè un ultimo avviso di pagamento entro 5 giorni. In pratica l’Intimazione è un foglio che intima al debitore: “Paga entro 5 giorni, altrimenti procediamo al pignoramento”. Differenza dalla cartella: l’intimazione non contiene nuovi addebiti, si riferisce a cartelle già notificate in passato. Serve a riattivare la riscossione se c’è stata una pausa lunga (oltre un anno). Se AdER iniziasse un pignoramento trascorso più di un anno senza aver notificato l’intimazione, il pignoramento sarebbe viziato e annullabile per violazione dell’art. 50 citato. Quindi, l’intimazione è un atto pre-esecutivo obbligatorio in certe condizioni.
  • Preavviso di fermo amministrativo: È una comunicazione (anch’essa di carattere per lo più amministrativo, prevista da norme regolamentari e di prassi) con cui AdER avvisa il debitore che, se non paga entro un certo termine (di solito 30 giorni), procederà a iscrivere un fermo amministrativo sul suo veicolo. Il fermo amministrativo è un atto con cui viene registrato un vincolo su un veicolo (auto, moto) di proprietà del debitore, impedendone la circolazione e la vendita. In genere AdER invia un preavviso di fermo quando vi sono debiti sopra i 1.000 € non pagati. Differenze: il preavviso è un ultimo avvertimento: non è un atto impugnabile di per sé (anche se la giurisprudenza ha ammesso ricorsi contro il preavviso in alcuni casi, trattandolo come atto lesivo), ma ha l’effetto pratico di dare al debitore un breve tempo per reagire prima che il fermo sia iscritto. Se arriva un preavviso di fermo, significa che una o più cartelle sono rimaste insolute. Importante: una volta iscritto il fermo (trascorsi i 30 giorni), per ottenere la cancellazione bisognerà pagare l’intero importo del debito (o aderire a una definizione agevolata se disponibile) e pagare le spese di cancellazione del fermo. Dunque, è sempre preferibile intervenire durante la fase di preavviso.
  • Preavviso di ipoteca: Analogamente al fermo, per debiti più consistenti AdER può iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore. L’ipoteca è una garanzia reale sul bene: non ne toglie il possesso immediato al proprietario, ma vincola l’immobile a garanzia del credito, mettendo in fila AdER come creditore preferenziale in caso di vendita o espropriazione. La legge (art. 77 DPR 602/1973) vieta l’iscrizione di ipoteca per debiti sotto 20.000 €: quindi se il debito totale è inferiore a tale soglia, un’ipoteca sarebbe illegittima. Sopra 20.000 €, AdER può iscrivere ipoteca, ma generalmente invia prima una comunicazione preventiva (anche qui spesso 30 giorni di tempo) per avvisare il debitore. Differenza dalla cartella: il preavviso di ipoteca si riferisce a debiti già noti (cartelle esecutive) e serve da ultimo avviso prima di porre un gravame su un immobile. L’ipoteca in sé non comporta la perdita immediata dell’immobile – è solo una garanzia, l’immobile resta al proprietario – ma è spesso il preludio a un possibile pignoramento immobiliare se il debito persiste e cresce. Inoltre può creare problemi al proprietario: un immobile ipotecato da AdER è difficile da vendere, e la presenza di un’ipoteca pubblica il fatto dell’insolvenza.
  • Cartella di pagamento versus Avviso di accertamento: Va segnalato che, per alcune tipologie di entrate, non si usa più la cartella perché l’atto con cui nasce il debito ha esso stesso efficacia esecutiva. Ad esempio, l’Agenzia delle Entrate per le imposte statali utilizza l’avviso di accertamento esecutivo: dal 2011 in poi, gli avvisi di accertamento fiscale (per es. accertamenti IRPEF, IVA, ecc.) valgono anche come titolo esecutivo trascorsi 60 giorni dalla notifica, senza bisogno di cartella. Ciò significa che, se non impugnate o definite, quegli avvisi divengono essi stessi “come cartelle” e AdER potrà procedere al recupero forzato una volta affidatogli il carico. Analogamente, l’INPS dal 2011 emette per i contributi un proprio Avviso di Addebito con valore di titolo esecutivo, anziché il vecchio ruolo: è un documento che ha già forza esecutiva dopo la notifica, da opporre entro 40 giorni al Tribunale (ne parleremo). E per i Tributi locali, dal 2020 molti Comuni adottano l’accertamento esecutivo (introdotto dalla Legge 160/2019) al posto dell’ingiunzione o del ruolo: in pratica, la cartella esattoriale è bypassata. Differenze: Questi atti (accertamento esecutivo, avviso di addebito INPS) non sono emessi da AdER ma dagli enti creditori stessi, e seguono regole procedurali di notifica e impugnazione proprie. Tuttavia, quando diventano definitivi, AdER riceve comunque il loro carico e può inviare un’intimazione o passare direttamente al fermo/pignoramento. Per il contribuente, la differenza sta nel fatto che riceverà direttamente l’atto dall’ente (per es. l’accertamento del Comune) e non una cartella: dovrà attivarsi su quello. In questa guida, comunque, ci concentriamo sulle cartelle e sugli atti di AdER, ma è bene sapere che non ogni somma dovuta passerà tramite cartella.
  • Atto di pignoramento: È l’atto esecutivo vero e proprio con cui AdER dà avvio all’espropriazione forzata dei beni del debitore. Se la cartella (o altro titolo esecutivo) non viene pagata e i vari solleciti/preavvisi non hanno avuto esito, AdER può procedere a pignorare i beni. Il pignoramento può assumere varie forme:
    • Pignoramento mobiliare presso il debitore: un ufficiale giudiziario (o messo abilitato) si reca presso la residenza o sede del debitore e redige un verbale individuando beni mobili pignorabili (ad es. arredi di valore, macchinari, merce in magazzino). Questa forma è ormai poco usata da AdER, perché complessa e spesso di scarsa soddisfazione: si pensi alla difficoltà di trovare beni di valore nelle abitazioni e ai costi di custodia/vendita.
    • Pignoramento immobiliare: AdER iscrive il pignoramento su un immobile di proprietà del debitore e attiva la procedura per la vendita all’asta. Questo avviene tramite atto notificato al debitore e trascritto nei registri immobiliari. Importante: la legge oggi pone forti limiti al pignoramento immobiliare da parte del Fisco: come vedremo nel dettaglio più avanti, la “prima casa” è impignorabile in molte situazioni e comunque non si può procedere a esproprio immobiliare se il debito complessivo è inferiore a 120.000 €. Inoltre prima di arrivare al pignoramento AdER deve, di norma, aver iscritto ipoteca e attendere almeno 6 mesi (dando modo al debitore di reagire).
    • Pignoramento presso terzi: è la forma oggi più comune. Consiste nel pignorare crediti che il debitore vanta verso terze persone. In pratica AdER individua somme che devono essere corrisposte al debitore da un terzo e le “blocca” presso questo terzo, deviandole a sé. Tipicamente si tratta di conti correnti bancari/postali (il terzo è la banca/poste), di stipendi o pensioni (il terzo è il datore di lavoro o l’ente pensionistico), di affitti dovuti da inquilini, di crediti verso clienti, ecc. AdER ha un potere particolare su questi pignoramenti: l’art. 72-bis del DPR 602/1973 consente di effettuare pignoramenti presso terzi senza la necessità di passare dal tribunale, con una procedura semplificata. L’atto di pignoramento viene comunque notificato sia al debitore che al terzo (es. la banca o il datore di lavoro) e produce l’effetto immediato di vincolare le somme dovute. Ad esempio, se la banca riceve un atto di pignoramento per i conti del debitore, congela immediatamente le disponibilità del conto fino a concorrenza del debito indicato. Decorsi 60 giorni dalla notifica del pignoramento, le somme bloccate vengono assegnate ad AdER (a meno che nel frattempo il debitore non abbia risolto la situazione pagando o ottenendo una sospensione). Nel caso di stipendi e pensioni, esistono per legge limiti alla quota pignorabile: generalmente un quinto (20%) delle somme nette, con percentuali anche inferiori per stipendi molto bassi (vedremo in dettaglio più avanti). Inoltre, se lo stipendio/pensione è accreditato sul conto, la prima mensilità già presente sul conto al momento del pignoramento è impignorabile entro certi limiti, sempre per garantire mezzi di sostentamento al debitore.

Per riassumere questo capitolo, possiamo dire che:

  • La cartella esattoriale è l’atto iniziale e fondamentale con cui AdER richiede il pagamento di un debito iscritto a ruolo.
  • A fianco della cartella, AdER può emettere atti di sollecito (non formali) o intimazioni (formali, se passa molto tempo) per spronare al pagamento.
  • Prima di procedere a misure specifiche come il fermo amministrativo di un veicolo o l’ipoteca su un immobile, l’Agente invia di norma un preavviso, dando un’ultima chance di evitare il provvedimento.
  • Trascorso il termine di legge, se il debitore non paga, AdER può attivare i pignoramenti nelle varie forme consentite (mobiliari, immobiliari, presso terzi).
  • Ognuno di questi passaggi (cartella, intimazione, preavviso, pignoramento) può costituire un momento in cui il debitore può esercitare strumenti di difesa (per esempio, contestando un vizio, chiedendo una sospensione o un annullamento, presentando ricorso, ecc.).

Nei prossimi capitoli impareremo proprio come difendersi in ciascuna situazione. Ma prima di tutto, quando si riceve una cartella occorre eseguire alcune verifiche preliminari per capire se l’atto è legittimo e se il debito richiesto è effettivamente dovuto.

Come verificare la legittimità di una cartella

La prima reazione utile da avere quando ci si vede recapitare una cartella di pagamento è non farsi prendere dal panico ma esaminare con calma e attenzione il documento. Molte cartelle, infatti, possono presentare problemi o inesattezze che, se individuati subito, possono permettere al contribuente di farle annullare o sospendere. Vediamo dunque cosa controllare quando arriva una cartella esattoriale:

1. Verifica dei dettagli della cartella (ente, causale, importi)

Aprendo la cartella, identificate innanzitutto le seguenti informazioni chiave:

  • Ente creditore e natura del debito: La cartella indica chiaramente chi è l’ente che vanta il credito e a che titolo. Ad esempio: Agenzia delle Entrate – Ufficio di Roma, IRPEF 2018, oppure Comune di Milano – Contravvenzioni Codice della Strada, o ancora INPS – Contributi previdenziali 2015, ecc. Questo già vi fa capire la natura del debito: se è un’imposta, una multa, un contributo, una tassa locale, un diritto camerale, ecc. È importante perché le regole di prescrizione, i possibili ricorsi e altre particolarità dipendono anche dalla tipologia del credito.
  • Anno e riferimento del debito: Spesso la cartella specifica l’anno d’imposta o il periodo a cui si riferisce il debito, oppure il numero di atto presupposto. Esempi: IRPEF anno 2018, saldo non pagato, oppure Multa stradale del 12/05/2019, Verbale n. XXX, o TARI 2020, mancato pagamento avviso bonario. Queste indicazioni vi aiutano a collegare la cartella a eventuali situazioni che ricordate. Se la descrizione non fosse chiara, è possibile contattare AdER o l’ente creditore per chiedere spiegazioni più dettagliate (chiedendo magari un estratto di ruolo con la descrizione estesa).
  • Importo richiesto e dettaglio dei calcoli: Nella cartella c’è un prospetto degli importi dovuti. Controllate ogni voce: ad esempio, per una cartella da imposte potrebbe esserci la “imposta” in cifra X, poi “sanzioni” Y, “interessi” Z, “aggi” e “spese” ecc. Verificate se l’importo base vi è noto. Caso delle multe: ricordate che una multa stradale raddoppia trascorsi 60 giorni senza pagamento (diventa titolo esecutivo per l’importo raddoppiato, come sanzione aggiuntiva). Quindi se prendeste una multa da 100€ e la ignoraste, la cartella potrebbe chiedere ~200€ (più interessi e spese): controllate che l’importo corrisponda a questo meccanismo e non sia del tutto arbitrario. Se vedete cifre astronomicamente diverse da quelle attese, potrebbe esserci un errore (es. un decimale spostato, 10.000€ invece di 1.000€ per un errore di caricamento).
  • Riferimenti di atti precedenti e data di notifica: Spesso, nel corpo della cartella o in un foglio allegato, vengono indicati gli estremi dell’atto presupposto su cui la cartella si basa. Ad esempio: “La presente cartella è emessa in base all’Avviso di Accertamento n. XXXX notificato in data //____, divenuto definitivo” oppure “Verbale di multa n. XXX notificato il //____, non pagato nei termini”. Verificate se ricordate di aver ricevuto quell’atto indicato. Se non avete mai ricevuto un avviso di accertamento menzionato, o una certa multa, questo è un primo campanello d’allarme: potrebbe significare che l’atto originario non vi è stato notificato correttamente (ad esempio spedito a un vecchio indirizzo, o notificato in vostra assenza e mai ritirato). Annotate questa informazione perché sarà molto rilevante per una possibile contestazione: la cartella potrebbe infatti essere impugnata per vizio di notifica dell’atto precedente, sostenendo che state venendo a conoscenza del debito solo ora con la cartella (approfondiremo nel paragrafo successivo cosa fare in questi casi).
  • Agente della riscossione competente: Ormai AdER è un ente nazionale unificato, ma la cartella potrebbe riportare il nome della filiale o direzione territoriale competente (ad es. Agenzia Entrate-Riscossione – Area territoriale di Milano). Questo è per lo più un dato informativo, utile se dovete rivolgervi allo sportello locale. Sapere quale ufficio AdER gestisce la cartella può aiutare a indirizzare eventuali comunicazioni (ad esempio una PEC verso la casella PEC di quella area territoriale, se necessario).

Questa verifica preliminare serve a contestualizzare il debito. In molti casi, da un esame attento, il contribuente si rende conto della natura del problema e può iniziare a valutare la strategia. Ad esempio:

  • Potreste scoprire che si tratta di una tassa che effettivamente dovevate pagare ma avete dimenticato di versare: in tal caso la cartella è legittima nel merito, e probabilmente la strategia migliore non sarà contestarla in giudizio (rischiereste solo di aggiungere spese), ma piuttosto negoziare un pagamento a rate o verificare se esistono definizioni agevolate (vedi rottamazione) per ridurre sanzioni e interessi.
  • Oppure potreste accorgervi che l’importo richiesto si riferisce a qualcosa che avevate già pagato (magari un F24 per un tributo, o la multa pagata in ritardo ma comunque pagata): in tal caso dovrete procurarvi le prove di quel pagamento e chiedere l’annullamento della cartella perché il debito non sussiste più.
  • Ancora, potreste capire che la cartella è il primo atto che ricevete riguardo a quel tributo/sanzione (perché non vi è mai arrivato l’accertamento originario di cui parla): questo, come detto, apre la strada a far valere un vizio di notifica dell’atto precedente e quindi a contestare la cartella in quanto tale (perché basata su un atto mai notificato regolarmente).

Man mano che rilevate elementi sospetti o di interesse (es.: “questa cartella si riferisce a un avviso che non ho mai ricevuto”, oppure “questa cifra sembra errata”, o “ho già pagato questa somma in data X”), annotateli: serviranno per decidere le mosse successive.

2. Verifica dei termini di decadenza e prescrizione

Una volta compresi che cosa vi sta chiedendo la cartella, è fondamentale verificare se l’Agente della riscossione ha agito nei termini di legge oppure no. Ci sono due concetti chiave da considerare: la decadenza e la prescrizione del diritto di riscossione.

  • Termini di decadenza: riguardano il periodo massimo entro cui l’ente creditore o AdER deve compiere un determinato atto, pena la perdita del diritto di farlo. Nel caso delle cartelle, un tipico termine di decadenza è quello per emettere/notificare la cartella dopo un atto di accertamento definitivo. Ad esempio, per le imposte erariali (IRPEF, IVA, ecc.), la legge (art. 25 DPR 602/1973) stabilisce che se un avviso di accertamento diventa definitivo (perché non impugnato nei 60 giorni, o perché confermato da una sentenza passata in giudicato), la cartella di pagamento corrispondente dev’essere notificata entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quando l’accertamento è divenuto definitivo. In parole semplici: se ricevo un avviso di accertamento per l’IRPEF 2018, lo ignoro e quindi questo diventa definitivo decorsi i 60 giorni il 1º dicembre 2021, AdER avrà tempo fino al 31 dicembre 2023 per notificarmi la relativa cartella. Se me la notifica nel 2024 inoltrato, ha perso il termine (decadenza) e la cartella può essere annullata per tardività. Ogni tributo può avere termini di decadenza diversi: per le imposte statali vale la regola appena detta; per le multe del Codice della Strada, ad esempio, c’è un termine di 2 anni entro cui iscrivere a ruolo le sanzioni non pagate; per la tassa automobilistica (bollo auto) c’è un termine entro 3 anni per notificare gli avvisi di accertamento, e così via. Cosa fare: se dai vostri documenti risulta che la cartella è stata emessa oltre i termini previsti, quello è un punto a vostro favore. Ad esempio, tornando al caso: Avviso definitivo nel 2021, cartella arrivata nel 2024 – potrebbe essere decaduta. Certo, per averne certezza dovreste sapere esattamente quando l’avviso è divenuto definitivo (data di notifica e mancato ricorso). Se non lo sapete, potete richiederlo all’ente creditore. In ogni caso, se avete un forte sospetto di tardività, sarà opportuno impugnare la cartella entro 60 giorni sollevando l’eccezione di decadenza.
  • Termini di prescrizione: la prescrizione è l’estinzione di un diritto per il decorso di un certo periodo di tempo dall’ultima volta in cui è stato esercitato. Nel contesto delle cartelle esattoriali, la prescrizione riguarda il tempo massimo oltre il quale il credito non può più essere legalmente riscosso se nel frattempo il creditore non ha compiuto atti interruttivi verso il debitore. I termini di prescrizione variano a seconda della natura del debito:
    • Moltissimi debiti riscossi tramite ruolo hanno prescrizione quinquennale (5 anni) in assenza di atti interruttivi. Ciò vale espressamente per i contributi INPS (stabilito dalla legge n.335/1995 e confermato dalla Cassazione a Sezioni Unite nel 2016), per le multe stradali (la legge generale sulle sanzioni amministrative, L.689/1981, indica 5 anni), per i tributi locali come IMU, TARI, TASI (la giurisprudenza li considera prestazioni di carattere periodico, quindi soggetti a prescrizione breve di 5 anni, non essendoci un termine speciale). In generale, quando non esiste una previsione ad hoc di legge, molti giudici applicano l’art. 2948 n.4 del Codice Civile, che prevede 5 anni per le “prestazioni periodiche”, a varie entrate erariali, qualificando ad esempio le imposte come entità che si ripetono di anno in anno.
    • Per altre tipologie di crediti, la situazione è più sfumata: per alcune entrate erariali (es. IRPEF, IVA) in passato si applicava per analogia la prescrizione ordinaria decennale (10 anni), considerando che, una volta scaduti i termini di impugnazione, l’obbligo tributario divenuto definitivo è equiparabile a una sentenza passata in giudicato (tesi basata sull’art. 2953 c.c.). Tuttavia, una serie di pronunce più recenti propende per la tesi opposta, ossia che anche le imposte si prescrivano in 5 anni salvo atti interruttivi, equiparandole a crediti periodici come detto sopra. Diciamo che oggi prevale l’orientamento della prescrizione quinquennale per quasi tutti i tributi, salvo poche eccezioni (ad es. l’IVA aveva vincoli comunitari, ma ormai anche lì si tende ai 5 anni).
    • Alcuni crediti particolari: il bollo auto ha prescrizione breve di 3 anni (prevista da una legge del 1983), sanzioni diverse da quelle stradali (es. sanzioni di Autorità amministrative) in genere 5 anni se non diversamente disposto, diritti camerali 5 anni, ecc.
    Ciò che importa per il cittadino è: da quanti anni non succede nulla sul mio debito? Se sono passati più di X anni (X essendo il termine di prescrizione del tipo di debito) senza ricevere alcun atto interruttivo, allora si può far valere la prescrizione, eccependo che il credito è ormai estinto per legge. Esempio tipico: avete una cartella per contributi INPS del 2015 notificata a giugno 2018. Da quella notifica in poi non ricevete più nulla. Siamo nel 2025: sono passati quasi 7 anni. La prescrizione dei contributi è 5 anni, quindi il credito sarebbe prescritto nel 2023 se nessuno ha fatto atti. Se AdER nel 2025 vi manda improvvisamente un’intimazione di pagamento su quel debito, potrete contestarla sostenendo che il credito si è prescritto a giugno 2023 (5 anni dopo la cartella) e che l’intimazione è tardiva su un debito ormai estinto. Attenzione: come già accennato, la prescrizione riparte da zero ogni volta che ricevete un atto valido relativo a quel debito (notifica di cartella, intimazione, pignoramento, ecc.). Inoltre, alcune azioni del debitore stesso possono interrompere la prescrizione perché valgono come riconoscimento del debito: ad esempio, la Cassazione ha chiarito che la richiesta di rateizzazione del debito comporta rinuncia ad eccepire prescrizioni maturate prima e, di fatto, un nuovo “inizio” nei rapporti (se chiedete di rateizzare, state ammettendo l’esistenza del debito). Quindi non si può ottenere una dilazione e poi in giudizio sostenere che il debito era prescritto ancor prima: la richiesta di rate è un atto incompatibile con la volontà di far valere la prescrizione pregressa.

In sintesi, nel controllare la cartella dovreste quindi:

  • Verificare la decadenza: chiedervi “AdER era ancora in tempo per notificarmela?” Se vi pare di no (esempio: troppa distanza dall’accertamento originario), evidenziate questa possibile eccezione.
  • Verificare la prescrizione: chiedervi “da quando non ricevevo nulla su questo debito?” Se tra l’ultimo atto ricevuto e la cartella attuale (o l’ultimo atto e oggi, se siete a valutare azioni) è trascorso un periodo superiore al termine di prescrizione, considerate forte la possibilità di eccepire prescrizione. Nota: può capitare che la cartella stessa arrivi molti anni dopo l’origine del debito. Ma attenzione: se c’era un atto precedente notificato, la prescrizione decorre da quello, non dall’anno del debito in sé. Ad esempio, multe stradali: la prescrizione di 5 anni decorre dal momento in cui la multa diventa titolo esecutivo (60 giorni dopo notifica verbale). Se la cartella vi arriva oltre 5 anni da allora, è probabile che il diritto a riscuotere sia prescritto – a meno che nel frattempo non vi abbiano notificato qualcosa come un sollecito, un preavviso, etc., anche se non ve ne siete accorti.

Per comodità, riportiamo qui i principali termini di prescrizione (in assenza di atti interruttivi) per alcune tipologie di debito comuni:

  • Imposte erariali (Irpef, Ires, IVA, Registro, Bollo statale): spesso AdER invoca 10 anni in mancanza di regole specifiche, ma molte sentenze riconoscono 5 anni per analogia con i crediti periodici. Prudentemente, dopo 5 anni senza nessun atto si può già eccepire prescrizione; dopo 10 anni è praticamente certo. Non c’è una legge chiara, si basa su interpretazioni del Codice Civile – l’ente tende a considerare 10 anni dal momento in cui l’imposta è definitiva, il contribuente può eccepire 5 anni (art. 2948 c.c.).
  • Contributi previdenziali INPS: 5 anni. (Espressamente previsto dalla L.335/1995 e confermato da Cass. SS.UU. nel 2016). Attenzione: in passato i contributi antecedenti il 1996 avevano regime decennale, ma oggi è tutto ricondotto a 5 anni. Anche l’INAIL segue i 5 anni per premi assicurativi.
  • Multe stradali (sanzioni Codice della Strada): 5 anni. (Art. 28 L.689/1981, richiamato dal Codice della Strada all’art. 209). Il termine decorre da quando la sanzione diventa esecutiva, cioè 60 giorni dopo la notifica del verbale se il trasgressore non paga né fa ricorso. Dunque, il Comune/Prefettura deve affidare il ruolo ad AdER entro 5 anni da allora, e ogni eventuale atto successivo rinnova di 5 anni.
  • Tributi locali (IMU, TARI, TASI, ecc.): 5 anni. In mancanza di un termine ad hoc, sono considerati tributi a cadenza annuale, quindi si applica l’art. 2948 comma 4 c.c. (prestazioni annuali). Quindi, ad esempio per IMU 2019, il Comune deve notificare un avviso di accertamento entro il 2024, e una volta emessa la cartella/ingiunzione, ulteriori azioni entro 5 anni dall’ultima notifica.
  • Tassa automobilistica (Bollo auto): 3 anni. (Art. 5, co.51, DL 953/1982 conv. L.53/1983). Il termine decorre dall’anno successivo a quello di scadenza del bollo. Se la Regione non notifica alcun avviso entro tre anni, il bollo è prescritto. Dopo un’eventuale ingiunzione o cartella, ogni azione esecutiva va fatta entro 3 anni da quell’atto.
  • Altre sanzioni amministrative (non tributarie): 5 anni (salvo eccezioni in leggi speciali). Ad esempio, sanzioni irrogate da Autorità indipendenti (AGCOM, Antitrust) o altri enti seguono la regola generale quinquennale della L.689/81, a meno che la legge specifica non dica altro.

Questi sono solo riferimenti generali: ogni situazione va poi calata nel concreto considerando se ci sono stati atti interruttivi.

Ricordate: una cartella ricevuta interrompe la prescrizione (la quale ripartirà da zero da quella data); una rateizzazione o un pagamento parziale riconoscono il debito (azzerando eventuali prescrizioni maturate prima); una causa in corso sospende i termini fino alla definizione, ecc. Quindi il calcolo della prescrizione richiede attenzione alla cronologia degli eventi.

3. Contestare immediatamente eventuali vizi evidenti

Dopo aver fatto i controlli di cui sopra, potreste aver individuato uno o più motivi di contestazione della cartella. Alcune situazioni tipiche che emergono da subito sono:

  • Atto precedente mai ricevuto: come detto, se la cartella si basa su un avviso di accertamento o una multa che voi non avete mai visto prima, c’è la concreta possibilità che tale atto non vi sia stato notificato correttamente. Potrebbe trattarsi di un errore di indirizzo (ad esempio l’avviso inviato a una residenza vecchia non aggiornata), di una notifica effettuata per “compiuta giacenza” senza che abbiate avuto conoscenza dell’atto, o di altre irregolarità. In questi casi, la cartella è di fatto la prima notizia del debito che ricevete. E la legge vi tutela: potete impugnare direttamente la cartella facendo valere la nullità della notifica dell’atto presupposto. In pratica presenterete ricorso al giudice competente sostenendo che la cartella deve essere annullata perché l’atto originario (l’accertamento, la multa, etc.) non vi è mai stato notificato e dunque il debito non è mai divenuto esigibile regolarmente. Se dimostrate ciò (il che di solito implica far emergere che negli atti di AdER risulta una notifica viziata, o che voi avete cambiato indirizzo e l’ente ha notificato altrove, ecc.), otterrete l’annullamento sia della cartella che dell’atto precedente, con rinvio dell’ente a notificare correttamente l’atto originario (cosa che potrebbe essere ormai fuori tempo massimo se i termini di decadenza sono passati, risolvendo quindi la questione a vostro favore). Nota: fino a qualche tempo fa, molti contribuenti scoprivano l’esistenza di cartelle mai notificate andando a richiedere un estratto di ruolo in AdER e poi impugnavano l’estratto stesso per far valere la mancata notifica. Recentemente (tra 2022 e 2023) il legislatore ha ristretto questa possibilità: oggi l’estratto di ruolo da solo non è impugnabile, salvo che ci sia un concreto atto esecutivo in corso. Ciò significa che, se venite a sapere di cartelle fantasma, per poter fare ricorso dovete attendere un atto come un pignoramento o un fermo. Tuttavia, nel caso che stiamo trattando, la cartella vi è arrivata ora (anche se l’atto precedente no): quindi potete senz’altro fare ricorso contro la cartella entro 60 giorni, lamentando il vizio di notifica dell’atto impositivo originario. Questa è un’eccezione molto potente, perché se accolta permette di rimettere in discussione il merito del tributo (non essendo mai stato notificato l’atto originario, si torna indietro nel processo).
  • Errore di persona, importo abnorme o palese errore materiale: a volte possono capitare cartelle intestate alla persona sbagliata (magari omonimie con codici fiscali simili) o con importi del tutto sballati rispetto al dovuto (es.: 10.000 € invece di 1.000 € per un errore di digitazione). In questi casi siamo di fronte a errori evidenti. Cosa fare: segnalare immediatamente l’errore sia ad AdER che all’ente creditore, chiedendo la correzione in autotutela. Molto spesso, fornendo le prove (es. il proprio codice fiscale e quello del vero debitore nel caso di scambio di persona, oppure i calcoli corretti nel caso di errore aritmetico), l’ente riconosce lo sbaglio e dispone lo sgravio (annullamento) totale o la rettifica della cartella senza bisogno di andare in giudizio. Conviene inviare una comunicazione formale (PEC o raccomandata) spiegando l’errore e allegando i documenti pertinenti.
  • Debito già pagato o in corso di rateizzazione: altra situazione non infrequente è ricevere una cartella (o più spesso un’intimazione di pagamento) per un debito che avevate già saldato integralmente, oppure che state già pagando a rate o che è stato incluso in una definizione agevolata (rottamazione). Ad esempio: vi arriva un’intimazione su una cartella, ma voi avete la quietanza che prova che l’avete pagata un anno fa, oppure state versando le rate mensili di quella cartella in base a un piano di rateizzazione accordato. Cosa fare: anche qui, immediatamente comunicare l’errore ad AdER, allegando copia della ricevuta di pagamento o del piano di rateizzazione/rottamazione in essere. In tali casi la legge è dalla vostra parte: dal 2013 è previsto che AdER debba sospendere la riscossione su semplice richiesta motivata del contribuente quando questi fornisca prova che il debito è stato già pagato, annullato o comunque non esigibile (è la cosiddetta sospensione amministrativa ex art. 1, comma 537 L.228/2012, di cui parleremo a breve). In pratica, inviando la documentazione che prova il pagamento, AdER blocca le azioni in attesa di verificare con l’ente creditore e poi procede allo sgravio.

Se vi riconoscete in uno di questi casi e avete quindi individuato un vizio o un motivo di opposizione, è opportuno non perdere tempo e attivarvi subito. Due cose vanno fatte parallelamente:

  1. Segnalazione in autotutela: scrivere una lettera (o meglio, inviare una PEC) ad AdER – e per conoscenza anche all’ente creditore originario – in cui indicate chiaramente i problemi riscontrati (ad esempio: “atto mai notificato in precedenza, chiedo annullamento”, oppure “somme già versate in data X, si allega copia bonifico, chiedo annullamento”, o “errore nel destinatario, persona omonima, si allega documento identità, chiedesi annullamento immediato”). Nella lettera potete chiedere formalmente la sospensione e/o l’annullamento della cartella in autotutela, motivando la richiesta con i fatti e allegando le prove disponibili. Questa comunicazione crea un traccia scritta della vostra contestazione e notifica all’Agente che c’è un problema. (Come scrivere queste istanze lo vedremo meglio in seguito, ma l’importante è inviarle subito).
  2. Valutare e preparare il ricorso giudiziale: l’invio di una richiesta in autotutela non sospende automaticamente i termini di legge per fare ricorso. In altre parole, i 60 giorni dalla notifica della cartella continuano a decorrere anche se voi avete mandato una PEC di contestazione. Può darsi che AdER risolva l’errore in tempi brevi, ma non c’è garanzia che lo faccia entro 60 giorni (anzi, spesso le risposte arrivano oltre). Dunque, se il vizio è serio e la somma rilevante, conviene comunque predisporre il ricorso da presentare al giudice competente entro i termini, in via cautelativa, a meno che nel frattempo non otteniate per iscritto da AdER l’annullamento o quantomeno la sospensione dell’atto. In pratica: voi provate la via bonaria, ma non rinunciate alla via giudiziaria finché non siete certi che il problema sia risolto bonariamente.

Nei prossimi capitoli entreremo nel dettaglio sia delle procedure di autotutela/sospensione (capitolo dedicato) sia di quelle giudiziarie (capitolo sui ricorsi). Ma è cruciale capire questo: tempestività. Se avete elementi per difendervi, muovetevi subito, non attendete l’ultimo momento.

4. Reperire un estratto di ruolo e controllare la propria posizione debitoria

Un altro passo consigliato, specie se ricevendo una cartella sospettate possano essercene altre in arrivo o già emesse a vostro carico, è quello di verificare l’insieme dei vostri debiti iscritti a ruolo. Potete farlo richiedendo un estratto di ruolo aggiornato ad AdER o, ancora più comodamente, consultando la vostra posizione online.

  • Estratto di ruolo: è un documento (rilasciato su richiesta da AdER, presso gli sportelli oppure tramite servizi telematici) che elenca tutte le cartelle, avvisi e debiti affidati ad AdER a carico di un certo codice fiscale, con l’indicazione dello stato (saldato, da pagare, sospeso, ecc.) e delle informazioni essenziali (numero cartella, anno, ente creditore, importo). Attenzione: l’estratto di ruolo, come detto prima, non è di per sé un atto impugnabile, ma è informativo. Serve a voi per sapere se esistono carichi pendenti di cui magari non siete al corrente (ad esempio cartelle notificate in passato durante una vostra assenza, o inviate a un vecchio indirizzo, o che non ricordate). Potete richiederlo di persona allo sportello AdER, oppure, metodo consigliato, usare i canali online.
  • Accesso online all’area riservata: Oggi AdER mette a disposizione dei contribuenti un’area riservata sul suo sito web (raggiungibile con credenziali SPID, CIE o CNS) dove è possibile visionare la propria posizione debitoria completa. Una volta autenticati, potrete:
    • Vedere l’elenco di tutte le cartelle e avvisi a vostro carico, con i relativi importi e la situazione (pagato / non pagato / in rateizzazione / sospeso da giudice, ecc.).
    • Scaricare copie delle cartelle o degli avvisi in formato PDF, nel caso vi servano per controllare i dettagli o per verificare la correttezza delle notifiche (spesso è disponibile anche la relata di notifica).
    • Controllare se ci sono provvedimenti di sospensione già attivi (ad esempio se avete presentato un’istanza ex L.228/2012 e AdER ha sospeso il carico, dovrebbe risultare).
    • Verificare eventuali piani di rateizzazione attivi e lo storico dei pagamenti effettuati.
    • Pagare online o scaricare i bollettini di pagamento (RAV) per le cartelle.
    Questo strumento è molto utile perché vi dà un quadro completo della situazione. Ad esempio, potreste scoprire che:
    • Ci sono cartelle notificate anni fa di cui ignoravate l’esistenza (magari notificate per compiuta giacenza e mai ritirate). Sapendolo, potrete valutare di anticipare le mosse difensive anziché aspettare un pignoramento a sorpresa.
    • Ci sono debiti che risultano annullati o azzerati: ad esempio, importante novità, i debiti fino a 1.000 € affidati dal 2000 al 2015 dovrebbero essere stati cancellati automaticamente per legge (la Legge di Bilancio 2023 ha previsto lo stralcio di queste piccole partite). L’estratto dovrebbe riportare tali cartelle come annullate se lo stralcio è stato applicato. Verificate dunque se eventuali vecchie cartelle di piccolo importo risultano “annullate per legge”. Se così non fosse, e rientravano nei requisiti, potete segnalarlo ad AdER chiedendo l’applicazione dello stralcio.
    Nota sullo stralcio dei mini-debiti: come accennato, la Legge 197/2022 (Legge di Bilancio 2023) ha disposto l’annullamento d’ufficio di tutti i debiti di importo residuo fino a 1.000 € affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015. Ciò significa che gran parte delle vecchie cartelle sotto quella soglia sono state automaticamente annullate alla data del 31 marzo 2023, senza bisogno di istanza del contribuente (gli enti diversi dallo Stato potevano scegliere di non aderire allo stralcio per i propri crediti – ad esempio alcuni Comuni per le multe – ma la quota interessi e sanzioni comunali è stata comunque azzerata). Dunque, se vi ricordate di avere vecchie pendenze minori relative a quegli anni, controllate nell’estratto: dovrebbero apparire come annullate. Se così non fosse e siete certi che rientravano per importo e data, potete sollecitare AdER a procedere allo stralcio previsto.

In generale, avere il quadro completo dei vostri debiti vi mette in condizione di non essere colti alla sprovvista. Inoltre, se pensate di chiedere una rateizzazione o di aderire a qualche definizione agevolata, sapere quanti e quali debiti avete è fondamentale per pianificare (ad es. potreste decidere di rateizzare tutto insieme).

Riassumendo questa sezione:

  • All’arrivo di una cartella, leggerla con calma e raccogliere tutte le informazioni (chi chiede cosa e perché).
  • Controllare se ci sono motivi di illegittimità evidenti (tempi scaduti, errori, pagamenti già fatti, notifiche mancate).
  • Se sì, agire subito: inviare istanza di sospensione/autotutela e prepararsi eventualmente al ricorso.
  • Verificare anche la situazione generale: attraverso estratto di ruolo o area online, per conoscere altri eventuali debiti pendenti e usufruire di strumenti come lo stralcio dei mini-debiti se applicabile.

Fatte queste verifiche preliminari, nel prossimo capitolo esploreremo nel dettaglio gli strumenti per ottenere la sospensione o l’annullamento delle cartelle senza dover subito arrivare davanti a un giudice, cioè attraverso procedure amministrative (autotutela) e misure deflattive. Successivamente tratteremo i ricorsi giudiziari veri e propri e, più avanti, come affrontare le azioni esecutive se si giunge a quel punto.

Prescrizione e decadenza dei crediti: cosa sono e come sfruttarle a proprio favore

Abbiamo già introdotto sopra i concetti di decadenza e prescrizione, ma data la loro importanza per difendersi dalle cartelle esattoriali, meritano un approfondimento dedicato e qualche spiegazione ulteriore in termini semplici.

Differenza tra decadenza e prescrizione

  • La decadenza è un termine fissato dalla legge entro cui un determinato atto deve essere compiuto dall’autorità, pena la perdita del potere di compierlo. I termini di decadenza sono di solito non prorogabili e non subiscono sospensioni se non nei casi espressamente previsti. Quando un atto viene compiuto oltre il termine di decadenza, è giuridicamente inefficace (come un treno che ha perso la sua corsa). Nel nostro ambito: la decadenza più comune è quella per l’emissione della cartella successiva a un accertamento. Se l’Agenzia delle Entrate o AdER decadono dal potere di emettere/ notificare la cartella nei tempi stabiliti, il contribuente può eccepirlo e la pretesa tributaria viene meno perché “non esercitata tempestivamente”. Altro esempio: il Comune decade dal potere di accertare la TARI 2017 se non notifica nulla entro fine 2022 (5 anni successivi); oppure l’INPS decade dal potere di richiedere i contributi 2019 se non li ha né accertati né iscritti a ruolo entro un certo anno, ecc.
  • La prescrizione, invece, attiene al diritto del creditore di riscuotere una somma già accertata. La prescrizione di un credito è prevista dal Codice Civile o da leggi speciali, e decorre di solito dall’ultima attività valida di riscossione. Se passa troppo tempo senza che il creditore si faccia vivo, il debitore può opporre la prescrizione e rifiutarsi di pagare: il diritto si considera estinto. A differenza della decadenza, la prescrizione può essere interrotta da un atto con valore legale inviato al debitore (dalla data dell’atto l’orologio ricomincia) e può anche essere rinunciata dal debitore (volontariamente o implicitamente, ad esempio chiedendo una dilazione).

In pratica: la decadenza tutela il cittadino da atti tardivi dell’amministrazione (è un termine perentorio per l’ente); la prescrizione tutela il cittadino dall’incertezza prolungata sui debiti, ponendo un limite temporale al recupero coattivo.

Come usare decadenza e prescrizione per difendersi

Eccezione di decadenza: se ricevete una cartella e vi accorgete (magari consultando date e atti) che è stata emessa oltre i termini previsti, potete far valere ciò in un ricorso. Ad esempio, come già esposto: ricevete nel 2024 una cartella derivante da un avviso di accertamento definitivo nel 2021 – oltre il termine del 31 dicembre 2023. Nel ricorso indicherete questa circostanza chiedendo l’annullamento della cartella per intervenuta decadenza della pretesa. Dovrete fornire al giudice le prove delle date (copia dell’avviso, relata di notifica, ecc.). Se il giudice accerta il superamento del termine, annullerà la cartella. Nota bene: spetta a voi sollevare la questione; se non fate ricorso, la decadenza non opera automaticamente (la cartella tardiva, se non contestata, diventa definitiva lo stesso). Quindi è un’arma difensiva che richiede azione da parte vostra.

Eccezione di prescrizione: analogamente, se ritenete che il credito sia prescritto (ad esempio cartella notificata a distanza di oltre 5 anni dall’ultimo atto per un tributo locale), potete opporre la prescrizione. A seconda dei casi, lo farete con un ricorso al giudice competente. Più avanti vedremo a quale giudice rivolgersi per la prescrizione: su questo punto c’è stata evoluzione giurisprudenziale recente (per le cartelle tributarie, la Cassazione ha stabilito nel 2025 che è competente sempre il giudice tributario anche se la prescrizione matura dopo). L’eccezione di prescrizione può essere sollevata anche in sede di opposizione a un pignoramento se ci si è mossi tardi e il Fisco ha già avviato l’esecuzione, ma è preferibile farla prima, non appena il termine matura. Importante: come per la decadenza, dovete essere voi ad alzare la mano e dire “questo debito è prescritto, quindi non lo devo più pagare”. Se non lo fate, AdER proseguirà comunque.

Verifica del calcolo dei termini: a volte decadenza e prescrizione si intrecciano. Esempio: su una multa stradale, il Comune deve affidare il ruolo entro 2 anni (decadenza da ruolo), poi la prescrizione del credito è 5 anni; se notifica cartella al 3° anno, è fuori decadenza e quindi annullabile. Se non notifica nulla per 5 anni, è prescritta. Se notifica entro 2 anni la cartella, ma poi per oltre 5 anni non fa più nulla, il credito si prescrive. Insomma, bisogna fare attenzione alla cronologia completa: atto originario → (decadenza per cartella) → cartella → (prescrizione in base a atti susseguenti).

Atti interruttivi e comportamenti da evitare: come accennato:

  • Se ricevete un atto qualsiasi da AdER (anche un semplice sollecito raccomandato) quello potrebbe interrompere la prescrizione. Non fate l’errore di pensare “non ritiro la raccomandata così non mi interrompono i termini”: la notifica si perfeziona comunque in giacenza dopo 10 giorni se non ritirate, e l’interruzione vale lo stesso. Quindi tanto vale ritirare e sapere.
  • Se decidete di chiedere una rateizzazione, state interrompendo la prescrizione e riconoscendo il debito. Non che sia sbagliato rateizzare – anzi, spesso è utile – ma va fatto consci di ciò: poi non potrete dire “ah ma erano passati 6 anni, era già prescritto”: facendo la domanda avete azzerato quella difesa.
  • Anche presentare un ricorso è un atto che (oltre a sospendere di solito il decorrere) può implicare il riconoscimento di alcuni fatti – ad esempio se nel ricorso ammettete esplicitamente di dover qualcosa e discutete solo una parte, di fatto riconoscete il resto.
  • Viceversa, fare nulla e aspettare troppo può farvi perdere la chance di far valere la decadenza, e magari dar tempo al Fisco di compiere un atto che vi interrompe la prescrizione all’ultimo momento. Bisogna quindi trovare il giusto equilibrio: non avere fretta di pagare se pensate che la legge sia dalla vostra (perché magari i termini sono scaduti), ma nemmeno restare passivi fino a subire atti esecutivi, sperando in una prescrizione che poi viene interrotta sul filo di lana.

In conclusione, decadenza e prescrizione sono potenti strumenti di difesa per il cittadino, ma vanno conosciuti e usati nei modi e tempi giusti. Nella sezione dedicata ai ricorsi vedremo esattamente come e dove farli valere (giudice tributario o civile a seconda dei casi).

Sospensione e annullamento delle cartelle

Quando si ritiene che una cartella esattoriale sia illegittima o inesigibile, l’obiettivo immediato è evitare che produca effetti dannosi (come pignoramenti o fermi) e possibilmente eliminarla del tutto. Ci sono due vie fondamentali: ottenere una sospensione della cartella (cioè bloccarne temporaneamente gli effetti in attesa di verifiche o decisioni) e ottenere un annullamento (o “sgravio”) della cartella, che la elimini definitivamente. Vediamo in quali modi ciò è possibile.

Sospensione della cartella

La sospensione significa che, per un certo periodo, AdER non può procedere alla riscossione forzata della cartella. È come congelare la cartella in attesa di un accertamento più approfondito o di una decisione. Ci sono diverse situazioni in cui la sospensione può scattare:

  • Sospensione amministrativa su istanza del contribuente (autotutela): Introdotta dalla L.228/2012, questa procedura permette al contribuente di chiedere direttamente ad AdER di sospendere la riscossione se esistono cause evidenti per cui il debito non è dovuto. I casi tipici previsti dalla legge sono: pagamento effettuato prima della formazione del ruolo (quindi debito già saldato), provvedimento di sgravio o annullamento da parte dell’ente creditore, sospensione giudiziale già concessa da un giudice, prescrizione o decadenza del credito, o qualsiasi altra causa di inesigibilità (es. fallimento con debiti anteriori, ecc.). In pratica, si invia ad AdER un’istanza (di solito c’è un modulo dedicato) allegando la prova di una di queste situazioni. Effetto: AdER deve sospendere entro 30 giorni le azioni di riscossione per quei carichi e girare la pratica all’ente creditore per le verifiche del caso. Entro 220 giorni l’ente creditore deve rispondere confermando se il debito è da annullare o da mantenere. Se entro 220 giorni non arriva risposta, il debito viene annullato di diritto. Questa è una tutela molto forte per il contribuente: significa che, presentando un’istanza ben motivata con prove solide, ci si garantisce subito il blocco di eventuali pignoramenti e, se l’ente creditore “latita”, addirittura la cancellazione del debito. Quando usarla: nei casi visti prima – ad esempio se avete già pagato, se avete una sentenza favorevole, se la cartella è palese errore, se il debito è prescritto – conviene fare subito questa istanza. Ne parleremo ancora nel capitolo sulle difese stragiudiziali.
  • Sospensione giudiziale (sospensiva in corso di ricorso): Se fate ricorso a un giudice (commissione tributaria, giudice di pace, tribunale) contro una cartella, il ricorso di per sé NON sospende la riscossione. Significa che, teoricamente, AdER potrebbe provare a pignorare dopo i 60 giorni anche se avete presentato ricorso (è un meccanismo che tutela l’Erario, invertendo il “rischio del ritardo” sul contribuente). Per evitare ciò, la legge prevede la possibilità di chiedere al giudice una sospensione dell’esecutività della cartella in pendenza di giudizio, se ricorrono due condizioni: fumus boni iuris (il ricorso non è infondato, ci sono motivi validi) e periculum in mora (c’è il rischio di un danno grave e irreparabile per il contribuente a dover pagare subito o subire esecuzione, ad es. perdere la casa, cessare l’attività, ecc.). Ogni giurisdizione ha la sua norma: nel processo tributario l’art. 47 D.Lgs. 546/92 consente di chiedere la sospensione al presidente della sezione; per le multe al GdP c’è l’art. 5 del D.Lgs. 150/2011 che permette di chiedere sospensione; nel processo civile ordinario si può chiedere al giudice un provvedimento d’urgenza (art. 700 c.p.c.) o, se l’esecuzione è già iniziata, la sospensione ex art. 624 c.p.c. davanti al giudice dell’esecuzione. Effetto: se ottenete l’ordinanza di sospensione, AdER non può procedere fino alla definizione del giudizio di merito (o fino a revoca della sospensione). In genere, una volta presentata l’istanza, l’Agente della riscossione attende l’esito prima di agire se i tempi sono brevi. Ma per sicurezza, conviene sempre informare AdER di aver chiesto la sospensiva, e magari – se i tempi stringono – chiedere informalmente di attendere l’udienza di sospensione prima di intraprendere misure esecutive.
  • Sospensioni ex lege per eventi eccezionali: Talvolta il legislatore, in casi di emergenze generali, emana decreti che sospendono la riscossione per periodi limitati su determinate zone o categorie. Un esempio lampante è stata la moratoria Covid-19: tra marzo 2020 e agosto 2021 circa, con vari provvedimenti sono stati sospesi i termini di pagamento delle cartelle e bloccati i nuovi pignoramenti e fermi a causa della pandemia. Altre situazioni: sospensioni per territori colpiti da calamità naturali (terremoti, alluvioni), in cui per un periodo (es. 6 mesi, un anno) si fermano azioni esecutive e decorrenza dei termini. Queste sospensioni operano automaticamente per legge, senza bisogno di istanza, ma riguardano casi specifici. Allo stato di aprile 2025, non ci sono sospensioni generalizzate in corso (sono esempi passati). Tuttavia, se rientrate in una casistica di sospensione per calamità (perché residenti in un Comune alluvionato, ad esempio), dovete segnalarlo se necessario ad AdER, producendo la norma che vi include, così da evitare disguidi.

Riassumendo: la sospensione è un congelamento temporaneo. In sede amministrativa la chiedete voi ad AdER (che sospende in attesa di conferma annullamento); in sede giudiziale la chiedete al giudice (che sospende in attesa della sentenza). L’obiettivo della sospensione è guadagnare tempo e protezione, evitando che nel frattempo vi pignorino conto o stipendio. È fondamentale perché i giudizi durano anni, ma con la sospensiva potete attendere con relativa serenità l’esito.

Annullamento (sgravio) della cartella

L’annullamento è l’eliminazione definitiva della cartella e del debito in essa contenuto. Può avvenire per varie vie:

  • Annullamento in autotutela da parte dell’ente creditore: se l’ente che ha iscritto a ruolo riconosce che c’è un errore (per esempio perché voi avete dimostrato di aver pagato, o perché effettivamente era un doppio addebito, o perché avete vinto un ricorso sul merito del tributo), esso dispone lo sgravio del debito. Lo sgravio è comunicato ad AdER, che così annulla la cartella nei propri sistemi. A voi può essere notificato un provvedimento di sgravio oppure potreste semplicemente vedere, controllando l’estratto di ruolo, che la cartella risulta annullata. L’annullamento in autotutela può essere totale o parziale (ad esempio, togliere una sanzione lasciando il resto, se l’ente ritiene di dover ricalcolare). Spesso lo sgravio avviene dopo vostre istanze o dopo che l’ente ha emesso un provvedimento interno (es: un ufficio dell’Agenzia Entrate che accoglie in autotutela la vostra richiesta di correzione).
  • Annullamento giudiziario (sentenza): se presentate ricorso e ottenete una sentenza favorevole dal giudice (tributario, di pace o tribunale a seconda dei casi) che annulla la cartella, quella sentenza una volta definitiva comporta lo sgravio del debito. AdER riceve copia della sentenza e provvede a eseguire la decisione, togliendo il carico. In alcuni casi, se l’annullamento è parziale, rimarrà solo la parte non annullata (es: il giudice dichiara prescritta una parte delle somme ma non altre). Sta poi a voi eventualmente chiedere il rimborso di quanto pagato se avevate pagato prima della sentenza (oppure il giudice può compensare con debiti).
  • Annullamento per legge (condoni, stralci): come abbiamo visto, a volte interviene direttamente il legislatore con norme che dispongono l’annullamento di intere categorie di cartelle. Il caso recente è quello dello Stralcio 2000-2015 per debiti fino 1.000€ previsto nel 2023: qui è la legge che ha annullato d’ufficio, e AdER ha semplicemente eseguito cancellando quei ruoli dal suo sistema. In passato si sono avuti condoni e provvedimenti analoghi (es. nel 2019 il Saldo e Stralcio per i contribuenti in difficoltà prevedeva l’annullamento di parte delle somme con ISEE basso, ma su istanza). Dunque, è possibile che un debito cada in un perimetro di “perdono” normativo. In questi casi, l’annullamento può essere automatico o a domanda: se automatico, dovete solo verificarlo; se a domanda (come la rottamazione, che estingue il debito a fronte di pagamento agevolato), dovete aderire entro i termini previsti.
  • Discarico per inesigibilità / decisioni interne: un caso particolare è il discarico automatico dei ruoli introdotto dalla riforma della riscossione nel 2024-2025: in base a questa nuova norma, a decorrere dal 2025 AdER “porterà a perdita” i ruoli che non è riuscita a riscuotere entro 5 anni dall’affidamento, ad eccezione di quelli dove ci sono procedure esecutive in corso o situazioni particolari. Questo discarico automatico però non estingue il debito del contribuente: significa solo che AdER toglie dal suo carico quella posizione per inazione prolungata. L’ente creditore potrebbe eventualmente riscuotere in proprio o riaffidare il ruolo se emergono nuovi elementi. Non è un vero annullamento agli occhi del contribuente (il quale formalmente resta debitore finché non interviene prescrizione o altro). Tuttavia, è utile sapere che se sono passati 5 anni senza che AdER vi abbia mai notificato nulla e senza che abbiate beni aggredibili, dal 2025 in poi quel debito potrebbe essere accantonato (lo trattiamo più avanti nelle novità legislative). In ogni caso, per voi non cambia la necessità di eccepire prescrizione se maturata.

In generale, lo scopo ultimo di “difendersi” da una cartella è farla annullare se il debito non è dovuto o non più esigibile. La sospensione è spesso un passaggio intermedio verso l’annullamento. Ad esempio: chiedete sospensione per pagamento già effettuato → l’ente verifica e annulla; oppure ottenete sospensiva in giudizio → poi vincete la causa e la cartella è annullata.

Cosa succede dopo l’annullamento: se un debito viene annullato, AdER non può più perseguirlo. Se erano state iscritte ipoteche o fermi per quel debito, vanno cancellati (su vostra istanza, allegando il provvedimento di sgravio o la sentenza). Se avevate pagato qualcosa e il debito viene annullato, avete diritto al rimborso di quanto versato indebitamente (a volte compensato con altri debiti). È importante conservare i documenti di annullamento per futuri riscontri.

Tempistiche: l’annullamento in autotutela può essere più o meno rapido (da poche settimane a molti mesi, dipende dall’ente e dalla chiarezza delle prove); l’annullamento giudiziale richiede i tempi del processo (può volerci un anno per il primo grado e di più per gli eventuali appelli); l’annullamento per legge di solito ha scadenze fissate dal decreto (es. 31 marzo 2023 per lo stralcio dei mini-debiti).

Attenzione agli annullamenti parziali: a volte l’ente può annullare solo una parte della cartella. Ad esempio, se fate ricorso contro più voci, può darsi che l’ente riconosca una ragione su una di esse (tipo annulla le sanzioni) ma mantenga il resto. Oppure se aderite a una rottamazione, tecnicamente si annullano sanzioni e interessi di mora, ma resta da pagare la quota capitale. Insomma, leggete sempre bene cosa è stato annullato e cosa eventualmente rimane.

Nei prossimi paragrafi e capitoli vedremo come chiedere concretamente la sospensione o l’annullamento in autotutela (ossia senza andare in giudizio) e quali strumenti stragiudiziali il cittadino ha per difendersi. Successivamente affronteremo la parte dei ricorsi giudiziari e dei termini per opporsi legalmente.

Difesa stragiudiziale: istanze in autotutela e richieste di sospensione

Non sempre è necessario (o conveniente) andare subito davanti a un giudice per contestare una cartella esattoriale. Esiste la possibilità di tentare una risoluzione amministrativa del problema, rivolgendosi direttamente ad AdER e/o all’ente creditore per far valere le proprie ragioni. Questo si chiama comunemente autotutela o difesa stragiudiziale. Vediamo di cosa si tratta e come utilizzarla efficacemente.

Cos’è l’autotutela?

In ambito tributario e amministrativo, l’autotutela è il potere-dovere della Pubblica Amministrazione di correggere i propri errori, anche in assenza di un intervento del giudice, quando questi errori siano evidenti o segnalati dal contribuente con adeguate motivazioni. In parole povere, se c’è un palese sbaglio (ad esempio una cartella emessa per errore di persona, o un doppio addebito, o un pagamento non registrato), l’ente può annullare o rettificare l’atto sbagliato di sua iniziativa, senza costringere il cittadino a fare causa.

Per attivare l’autotutela, di solito, il cittadino presenta un’istanza (o richiesta) in autotutela all’ente competente, spiegando l’errore e chiedendo la correzione. Nel nostro caso, potrebbero essere coinvolti due soggetti:

  • L’Ente creditore originario (che ha iscritto il debito a ruolo): è colui che, in ultima analisi, “decide” se il debito è dovuto o meno. Se si tratta di un tributo, l’ente è l’Agenzia delle Entrate, o il Comune, ecc.; se di un contributo, l’INPS; se di una multa, l’ufficio contravvenzioni; e così via.
  • L’Agente della Riscossione (AdER): che esegue la riscossione. AdER ha potere di sospendere le procedure e di accettare istanze di sospensione come visto prima, ma l’annullamento vero e proprio del debito dipende dal creditore.

Spesso, quindi, l’istanza va rivolta congiuntamente ad AdER e all’ente creditore. Ad esempio, scriverete una PEC indirizzata a AdER (magari alla direzione regionale competente) e, in copia, all’Agenzia delle Entrate o al Comune interessato, esponendo il problema.

Quando fare istanza in autotutela

Ogni qual volta riscontriate uno dei seguenti casi:

  • Errore oggettivo nella cartella: come errori di persona, errori di calcolo, importi palesemente non dovuti. Questi errori sono tipicamente risolvibili subito. AdER può sospendere e l’ente emettere sgravio.
  • Debito già estinto: se avete prove di pagamento già effettuato prima della cartella, o ad esempio un provvedimento di annullamento del debito arrivato proprio mentre la cartella era in lavorazione. Inviate le ricevute e chiedete immediata sospensione e sgravio.
  • Cartella frutto di palese duplicazione: a volte succede che per uno stesso debito partano due atti per errore (doppia iscrizione). Se lo notate, segnalatelo con documenti (ad es. due cartelle identiche) e chiedete di annullarne una.
  • Prescrizione o decadenza evidente: questo è più delicato perché l’ente spesso su queste eccezioni preferisce decidere il contenzioso in sede giudiziaria. Però tentar non nuoce: se siete convinti che il debito sia prescritto e avete date chiare, potete scrivere ad AdER e all’ente segnalando che secondo voi è prescritto e chiedendo l’annullamento. A volte l’ente, preso atto, annulla in autotutela (per evitare di andare in causa sapendo di perdere); altre volte farà spallucce e vi costringerà al ricorso. In ogni caso, intanto, con l’istanza chiedete anche la sospensione.
  • Situazioni pendenti: ad esempio, avete un ricorso ancora in corso sul merito del tributo, e vi arriva la cartella. In questi casi per legge la cartella non dovrebbe proprio essere emessa finché la lite non è definita. Potete scrivere segnalando che c’è la sospensione legale della riscossione ex art. xx (es. art. 68 D.Lgs. 546/92 in caso di giudizio pendente in primo grado, che limita al 50% la riscossione, o totale se avete già una sospensiva), chiedendo ad AdER di sospendere l’atto.

Come scrivere l’istanza: deve essere una lettera chiara e schematica:

  • Indicate i vostri dati e il riferimento della cartella (numero cartella, anno, importo, etc).
  • Descrivete brevemente i fatti: “Il sottoscritto ha ricevuto la cartella X per €…, relativa a …”.
  • Indicate il motivo della richiesta: ad esempio “tale importo è stato integralmente pagato in data … come da quietanza allegata”, oppure “la cartella risulta emessa oltre i termini di legge (accertamento definitivo il …, cartella notificata il …) quindi chiedo verifica decadenza”, o “il verbale presupposto non mi è mai stato notificato, come da attestazione di non reperibilità in allegato…”, ecc.
  • Concludete chiedendo espressamente la sospensione immediata della riscossione e lo sgravio/annullamento del carico in autotutela. Potete citare a supporto la normativa: ad esempio “ai sensi dell’art. 1 comma 537 L.228/2012 chiedo la sospensione”, oppure “chiedo l’annullamento in via di autotutela ai sensi dell’art. 2-quater, D.L. 564/94 (norma sull’autotutela)”.
  • Allegate copia dei documenti rilevanti: ricevute, provvedimenti, documenti di identità e codice fiscale, eventuale copia della cartella.
  • Firmate (se PEC bastano i documenti scansionati firmati a mano, se l’inviate via raccomandata firmate in originale).

Dove inviarla: come detto, a AdER (sul suo sito ci sono gli indirizzi PEC per territorio, oppure potete usare il form online di “Sospensione per procedura amministrativa” disponibile nell’area riservata dove potete caricare anche gli allegati) e all’ente creditore (l’ufficio dell’Agenzia Entrate, il Comune, etc., anch’essi spesso hanno PEC o form per autotutela). Se inviate via PEC, assicuratevi di ricevere le ricevute di consegna e conservatele.

Cosa aspettarsi e come comportarsi dopo l’istanza

Una volta inviata l’istanza:

  • AdER di solito entro pochi giorni registra la sospensione amministrativa del carico. Potete controllare nell’area riservata: la cartella risulterà “in sospeso per verifica”. Questo significa che non verranno avviate azioni esecutive nel frattempo. Se avevate urgenza (es. preavviso di fermo), potete anche chiamare il call center AdER per avere conferma che la situazione è bloccata, citando il protocollo PEC.
  • L’ente creditore ha (per legge) fino a 220 giorni per rispondere ad AdER su come definire la pratica. In molti casi, risponde prima. Potrebbe contattarvi se servono chiarimenti (ad esempio l’Agenzia Entrate potrebbe chiedervi copia di un F24, se non l’avevate allegata).
  • Esito possibile 1: l’ente accoglie. In tal caso dispone l’annullamento (totale o parziale). AdER sgrava e la cartella viene annullata. Riceverete probabilmente una comunicazione di AdER di avvenuto sgravio (una lettera semplice o PEC) e potrete archiviare la questione. Se l’annullamento è parziale, AdER potrebbe emettere nuova cartella per la parte restante (oppure potrebbe semplicemente riattivare il carico ridotto): fate attenzione in tal caso, perché dovrete pagare la parte ritenuta dovuta o impugnare quella se non siete d’accordo.
  • Esito possibile 2: l’ente rigetta. Se l’ente risponde che secondo loro il debito è invece dovuto, AdER vi notificherà il diniego di sospensione (a mezzo raccomandata o PEC). A quel punto i 60 giorni per il ricorso, che erano sospesi durante la lavorazione dell’istanza, ricominciano a decorrere dalla notifica del diniego (o vengono “riaperti” se erano già passati, con almeno 60 giorni garantiti). Dovrete quindi, se vorrete ancora opporvi, presentare il ricorso al giudice.
  • Esito possibile 3: nessuna risposta entro 220 giorni. In teoria la norma dice che in assenza di risposta l’Agente della riscossione annulla il debito. Questo però può richiedere un sollecito. Nel caso passino molti mesi, conviene sollecitare AdER chiedendo se l’ente ha dato feedback. Se trascorsi i 220 giorni l’ente tace, dovreste ottenere lo sgravio automatico. Potrebbe essere necessario insistere perché in passato l’automatismo non era così scontato nella pratica.

Vantaggi dell’autotutela: è gratuita, semplice (niente tribunale né avvocati), e spesso veloce per risolvere errori chiari. Inoltre, anche se non risolve, crea un contesto favorevole se poi andate in giudizio (potrete dimostrare di aver subito segnalato l’errore e l’ente non lo ha corretto).

Limiti dell’autotutela: non obbliga l’ente a darvi ragione. Se l’ente è convinto di aver agito bene, dovrete comunque far valere i vostri diritti in giudizio. Inoltre, fate attenzione a non affidarvi solo all’autotutela in situazioni borderline facendovi passare i termini di ricorso: come detto prima, se il termine di impugnazione sta scadendo e non avete segnali certi di accoglimento, presentate ricorso per sicurezza.

Esempio pratico: avete ricevuto una cartella per IRPEF ma voi avevate aderito a una definizione e vi era stato detto che non vi avrebbero iscritto a ruolo. Scrivete ad AdER e Agenzia Entrate allegando la documentazione dell’avvenuta definizione e chiedendo lo sgravio. AdER sospende subito. Dopo un mese, l’Agenzia Entrate risponde che sì, c’è stato un errore e dispone lo sgravio. AdER annulla la cartella. Risolto senza tribunale.

Un altro strumento stragiudiziale collegato all’autotutela: potete rivolgervi al Garante del Contribuente della vostra regione (è un organo indipendente istituito dallo Statuto del Contribuente). Il Garante può intervenire sollecitando gli uffici a riesaminare la situazione. Non ha potere vincolante, ma talvolta una segnalazione al Garante smuove la pratica. Questo è utile soprattutto se riscontrate inerzia o difficoltà nei rapporti con gli uffici.

In conclusione, prima di indossare “l’elmetto” del contenzioso, valutate sempre un tentativo di risoluzione bonaria in autotutela, specie se avete ragioni evidenti. Passiamo ora ad esaminare la strada giudiziaria, ovvero come e dove presentare ricorso contro una cartella esattoriale, quali sono i termini da rispettare e a quale giudice ci si deve rivolgere a seconda del tipo di debito.

Ricorsi e termini per opporsi

Se la via amministrativa non è risolutiva o la controversia riguarda questioni di merito o interpretazioni normative su cui l’ente non cede, al contribuente non resta che la via giudiziaria: presentare un ricorso o un’opposizione al giudice competente per far valere i propri diritti. In questa sezione vedremo:

  • A quale giudice rivolgersi a seconda del tipo di cartella (natura del debito).
  • Quali sono i termini di legge per depositare il ricorso.
  • Come si svolge in sintesi la procedura e cosa aspettarsi.
  • Cosa si può contestare con il ricorso (motivi ammissibili) e cosa invece è precluso.

Giudice competente per le cartelle esattoriali

La competenza dipende dalla natura del credito sottostante la cartella:

  • Cartelle per tributi (imposte statali o locali): la giurisdizione è quella tributaria. A partire dal 2023, le vecchie Commissioni Tributarie si chiamano Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado, ma nei fatti il funzionamento è analogo. Quindi, se la cartella riguarda IRPEF, IVA, Irap, addizionali, IMU, TARI, TOSAP, o qualunque entrata qualificata come “tributo” (erariale o locale), il ricorso va presentato alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado competente per territorio (solitamente quella della provincia in cui avete il domicilio fiscale, quindi la vostra residenza per le persone fisiche).
  • Cartelle per contributi previdenziali (INPS) o premi assicurativi (INAIL): la giurisdizione è quella civile ordinaria, in particolare la sezione lavoro del Tribunale. Le cartelle per contributi di solito oggi sono residuali (perché dal 2011 c’è l’avviso di addebito INPS, ma ruoli più vecchi o sanzioni civili possono ancora arrivare tramite cartella). In ogni caso, tutte le controversie su contributi previdenziali obbligatori sono demandate al Tribunale (in funzione di giudice del lavoro), anche se il concessionario è AdER. Il termine per opporsi è particolare (40 giorni, come vedremo).
  • Cartelle per sanzioni amministrative diverse da tributi (multe stradali, sanzioni per violazioni amministrative): la giurisdizione è quella ordinaria civile. A seconda dei casi si va:
    • dal Giudice di Pace per le opposizioni a sanzioni amministrative, quando la cartella riguarda per esempio una multa del Codice della Strada o simili. Attenzione però: bisogna distinguere tra contestare il merito della multa (se sono passati più di 30 giorni dal verbale, non è più ammesso) e contestare vizi della cartella (notifica mai avvenuta del verbale, prescrizione, ecc.). Di norma, le cartelle da multe si impugnano davanti al Giudice di Pace entro 30 giorni se si fa valere un motivo riconducibile alla legge 689/81 (tipo la multa originaria era nulla perché mai notificata), oppure entro 60 giorni al Tribunale in casi particolari. Questa materia è un po’ contorta: diciamo che la prassi vede il Giudice di Pace come riferimento principale per le cartelle da multe, anche perché è lo stesso giudice competente sull’eventuale verbale se fosse nei termini.
    • se la sanzione è di altra natura (es: una sanzione Antitrust o un’ammenda di altro ente non tributaria), può essere competente direttamente il Tribunale ordinario (in alcuni casi in composizione collegiale) entro 30 giorni. Sono situazioni meno comuni per un privato cittadino.
  • Cartelle relative a spese di giustizia, ammende penali, ecc.: queste sono altre tipologie che passano tramite AdER. Rientrano tra le sanzioni amministrative non tributarie (anche se derivano da procedimenti giudiziari) e in genere competono al giudice ordinario (Tribunale) in opposizione agli atti esecutivi, con termini di 30 giorni.

Riassumendo:

  • Tributi = Giudice Tributario (Corte Giust. Trib.).
  • Contributi = Tribunale Lavoro.
  • Multe = Giudice di Pace (solitamente).
  • Altre sanzioni amm.ve = Giudice ordinario (GdP o Tribunale a seconda).

Questa distinzione è importante: presentare il ricorso al giudice sbagliato può voler dire farselo dichiarare inammissibile per difetto di giurisdizione o competenza.

Va detto che per un periodo c’era incertezza su chi dovesse decidere delle eccezioni di prescrizione una volta che la cartella era definitiva: ad esempio, cartella per tributo notificata, passano 5 anni senza nulla, parte un pignoramento – la prescrizione maturata dopo la cartella è questione tributaria (giudice tributario) o di esecuzione (giudice ordinario)? Questo conflitto è stato risolto di recente dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 2098 del 30/01/2025) affermando che è competente sempre il giudice tributario anche per la prescrizione sopravvenuta su cartelle tributarie, in quanto attiene comunque alla esistenza del rapporto tributario. Quindi, oggi possiamo dire che tutto ciò che riguarda se il tributo sia dovuto o no spetta al giudice tributario, mentre al giudice ordinario restano solo questioni procedurali dell’esecuzione (ad es. vizi del pignoramento in sé). Torneremo su questo tra poco.

Termini per presentare ricorso/opposizione

I termini sono tassativi e variano:

  • Ricorso tributario: va presentato entro 60 giorni dalla notifica della cartella (o dell’atto di AdER impugnato, ad esempio un fermo o intimazione). È un termine perentorio fissato dal D.Lgs. 546/1992. Se il 60° giorno cade di sabato o festivo, slitta al primo giorno lavorativo successivo. La mancata impugnazione entro 60 giorni rende la cartella definitiva e non più contestabile nel merito. (Nota: se fate un’istanza in autotutela, il termine continua a scorrere; l’unico caso di sospensione legale del termine è se AdER vi comunica l’accoglimento di una sospensione per 220 giorni come detto, oppure in caso di presentazione di un ricorso amministrativo alternativo, tipo ricorso al Prefetto per multe – ma quello è in fase precedente).
  • Opposizione a cartella per multe CdS: va presentata entro 30 giorni al Giudice di Pace (secondo l’art. 7 D.Lgs. 150/2011). Tuttavia, se il motivo è che la multa non fu notificata, alcuni orientamenti ammettono 60 giorni come opposizione all’esecuzione. Per sicurezza, 30 giorni dal ricevimento della cartella è la regola da seguire per le multe.
  • Opposizione a cartella per altre sanzioni amministrative: generalmente 30 giorni al giudice competente (Giudice di Pace o Tribunale a seconda).
  • Opposizione a cartella per contributi previdenziali: 40 giorni dalla notifica, davanti al Tribunale (art. 24 D.Lgs. 46/1999). Questo termine è peculiare: più breve di quello tributario. Se si perde questo termine, la cartella diventa definitiva e si possono contestare solo eventuali vizi dell’esecuzione successiva.
  • Opposizioni esecutive (615 e 617 c.p.c.): se si impugna un atto del pignoramento, i termini sono di solito 20 giorni dalla notifica di quell’atto (per l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.), mentre l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. può essere proposta anche successivamente (prima dell’assegnazione/vendita). Ma questo riguarda chi attende l’azione esecutiva per difendersi, scenario che conviene evitare se possibile – meglio agire prima.

Ricapitolando i principali:

  • Tributi: 60 giorni.
  • Multe: 30 giorni (GP).
  • Contributi: 40 giorni.
  • Atti esecutivi (vizi pignoramento): 20 giorni.
  • (Eccezioni particolari: ad esempio, se si fa un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in alternativa al ricorso tributario, il termine è 120 giorni, ma questo è uno strumento raro e non disponibile per tutte le materie – lo citiamo solo per completezza).

Ricordate che questi termini decorrono dalla notifica dell’atto che intendete impugnare: in genere la cartella stessa. Se invece impugnate un fermo o ipoteca, dalla notifica del preavviso di fermo/ipoteca (o dell’iscrizione, a seconda di come lo fate) o se impugnate un pignoramento, dalla notifica del pignoramento.

Procedura in breve

Non è possibile qui descrivere nel dettaglio l’intero processo, ma ecco i punti salienti di un ricorso contro cartella:

  • Ricorso tributario (imposte): si redige un atto di ricorso scritto, con l’indicazione delle parti, dei fatti, dei motivi di diritto per cui si chiede l’annullamento della cartella (es: notifica nulla dell’atto precedente, decadenza del diritto, prescrizione, vizio di motivazione, errata quantificazione, ecc.), e le conclusioni (ciò che chiedete al giudice: annullamento totale o parziale). Dal 2023 il processo tributario è telematico obbligatorio: il ricorso va predisposto preferibilmente in formato digitale (PDF testo) e firmato digitalmente dal difensore o dalla parte se sta in proprio. Si carica poi sul Portale della Giustizia Tributaria nell’area dedicata al processo telematico. In alternativa si può depositare cartaceo presso la Corte di Giustizia Tributaria, ma oramai è residuale. Assistenza legale: è obbligatoria se l’importo in contestazione supera €3.000 (senza sanzioni e interessi). Sotto tale soglia, potete stare in giudizio da soli, ma è comunque consigliabile avvalersi di un professionista (avvocato tributarista, dottore commercialista abilitato, consulente del lavoro per contributi) perché i tecnicismi sono molti. Bisogna anche versare un contributo unificato (una tassa di iscrizione al ricorso) il cui importo varia a seconda del valore della causa. Una volta presentato ricorso (entro 60 gg), questo va notifcato a AdER e all’ente creditore (via PEC o con ufficiale giudiziario o raccomandata) entro i successivi 30 giorni, e poi depositato con prova delle notifiche. Iter: la Corte tributaria fisserà un’udienza (oggi c’è anche la possibilità di trattazione scritta senza comparizione su richiesta). I tempi possono essere di alcuni mesi fino a un anno per l’udienza. Nel frattempo potete chiedere la sospensione come visto prima. All’udienza (o in camera di consiglio) il giudice deciderà sul ricorso con sentenza.
  • Opposizione a sanzioni (multe) dal Giudice di Pace: qui la procedura è semplificata. Si presenta un ricorso (detto ricorso o “opposizione”) in carta semplice, in duplice copia, alla cancelleria del Giudice di Pace competente. Non c’è contributo unificato per le cause di sanzioni amministrative (sono esenti). Potete stare senza avvocato davanti al GdP per cause fino a €1.100 di valore; per le multe spesso il “valore” è l’importo della sanzione nella cartella, quindi se la multa è ad esempio €200 diventata €400, siete comunque sotto soglia – in realtà anche oltre potete stare personalmente perché la legge lo consente nelle cause di sanzioni davanti al GdP, ma se la questione è complessa è bene farsi assistere). Il GdP fissa udienza in tempi in genere più brevi che in tributario (2-4 mesi). All’udienza potete spiegare la situazione; spesso il funzionario dell’ente (es. Comune) sarà presente. Il GdP poi emette sentenza o ordinanza.
  • Opposizione a contributi (Tribunale lavoro): va proposta con ricorso depositato in Tribunale (non citazione) entro 40 giorni, assistiti da avvocato (per controversie del lavoro l’assistenza è di regola necessaria, salvo poche eccezioni). Il Tribunale fissa udienza, l’INPS si costituisce con memoria difensiva tramite avvocatura interna o legale esterno convenzionato, e si va avanti. I tempi possono essere un po’ lunghi (6-12 mesi per sentenza di primo grado).
  • Opposizioni all’esecuzione/atti esecutivi (Tribunale ordinario esecuzioni): se arrivate a questo (ad esempio per contestare un pignoramento già notificato) dovrete farlo con ricorso al giudice dell’esecuzione del Tribunale civile. Lì quasi certamente avrete bisogno di un avvocato, i tempi sono rapidi per la sospensiva (udienza in poche settimane), poi la definizione può richiedere qualche mese. Ma questa è un’ultima spiaggia che speriamo di evitare mettendo in pratica le difese prima.

Motivi di ricorso ammissibili:

  • Se si tratta della prima e unica comunicazione di un tributo, potete contestare anche il merito del tributo stesso. Esempio: vi arriva direttamente una cartella per omesso versamento in dichiarazione perché magari non avete pagato un’imposta dichiarata. In tal caso la cartella è il primo atto impositivo, e potete discutere anche della somma (magari c’è un errore in dichiarazione o un vostro credito non considerato). Altro esempio: cartella su una multa mai notificata – potete anche contestare che la multa non era dovuta oltre che non notificata, perché per la prima volta potete parlare di quel verbale.
  • Se invece la cartella deriva da un atto precedente divenuto definitivo, non potrete ridiscutere il merito di quell’atto. Ad esempio, se vi hanno notificato un avviso di accertamento per IRPEF e voi non avete fatto ricorso, quell’avviso è definitivo; quando arriva la cartella (se nei termini) non potete contestare la fondatezza della tassa o la sua misura – è “cosa giudicata” amministrativa. Potete però contestare vizi propri della cartella (es. somme diverse da quelle dell’avviso, errore di notifica, ecc.) o cause estintive sopravvenute (prescrizione).
  • Non potete nemmeno usare il ricorso contro cartella per far “riaprire” termini persi: ad esempio, non avete impugnato la multa nei 30 giorni dall’infrazione, sperando nella cartella per opporla: il GdP vi permetterà di discutere solo di vizi formali (notifica del verbale) o prescrizione, ma non dell’infrazione in sé, perché il verbale è definitivo.
  • È sempre contestabile la notifica della cartella: se ritenete di aver ricevuto la cartella in modo irregolare (es. consegnata a persona non abilitata, o pec da indirizzo non ufficiale), potete eccepirlo. Attenzione però: molti vizi di notifica sono sanabili se comunque avete avuto conoscenza dell’atto. Il giudice, specie in ambito tributario, può dichiarare la nullità sanata dalla consegna comunque avvenuta.
  • Eccezione di prescrizione: come già detto, va sempre fatta valere – oggi, per tributi, davanti al giudice tributario anche se maturata post-cartella. Per multe, di solito davanti al GdP pure. L’importante è evidenziare bene i periodi di silenzio.
  • Eccezione di difetto di motivazione: per legge le cartelle devono motivare le somme richieste, ossia contenere riferimenti precisi agli atti presupposti e ai calcoli. Se vi arrivasse una cartella incomprensibile, potreste contestarla per difetto di motivazione. Ormai però i modelli di cartella sono abbastanza chiari e standardizzati, quindi questo motivo è meno frequente (era più comune in passato).
  • Cumulatività del ricorso: potete con un unico ricorso impugnare più cartelle, se hanno natura omogenea o sono connesse (es. più cartelle notificate insieme, o più cartelle tutte per lo stesso tipo di tributo e motivi di ricorso analoghi). Questo aiuta a ridurre costi e contraddittori duplicati.

Dopo il ricorso: come anticipato, potete chiedere sospensione. Se vince il contribuente, la cartella è annullata e solitamente niente spese (le commissioni tributarie in primo grado spesso compensano le spese, a meno di condotte gravi dell’ente). Se perde, potrebbe dover pagare le spese legali all’ente. Si può appellare la decisione (entro 60 giorni) e poi eventualmente andare in Cassazione.

È chiaro che la via giudiziaria è impegnativa: conviene perseguirla quando ci sono in ballo cifre importanti o principi di fondo, oppure quando l’ente si ostina a non riconoscere evidenti ragioni. Per piccole somme, bisogna valutare costi/benefici: a volte la pace fiscale o una rateizzazione possono essere più convenienti che una lunga causa.

Prima di passare al capitolo successivo, dedichiamo un paragrafo a come sospendere le azioni di riscossione durante questi ricorsi, per ricapitolare le opzioni (ne abbiamo parlato diffusamente, ma vale la pena schematizzare) e poi tratteremo in dettaglio cosa succede se invece non si paga e si va in pignoramenti.

Sospendere le azioni di riscossione: riassunto dei metodi

Dalle varie sezioni, abbiamo raccolto diversi modi in cui la riscossione può essere sospesa temporaneamente. Mettiamoli in fila per chiarezza, così che il contribuente abbia un quadro di come può prendere tempo legalmente:

  • Sospensione “automatica” per rateizzazione o definizione agevolata: se presentate una richiesta di rateizzazione e questa viene accolta, oppure se aderite a una rottamazione delle cartelle (definizione agevolata) entro i termini, da quel momento AdER sospende qualsiasi nuova azione esecutiva sui debiti interessati, purché rispettiate i pagamenti dovuti. Ad esempio, se iniziate a pagare regolarmente le rate, non vi faranno pignoramenti su quelle cartelle. (Attenzione: questa sospensione non annulla eventuali fermi già iscritti, ma ne impedisce di nuovi).
  • Sospensione amministrativa su istanza (autotutela): come visto, inviando una specifica istanza a AdER dichiarando e provando che il debito non è esigibile (perché già pagato, annullato, prescritto, ecc.), AdER deve sospendere per 220 giorni la riscossione in attesa di verifica. Questo vi protegge intanto, e può portare poi allo sgravio definitivo.
  • Sospensione giudiziale (cautelare): presentando ricorso, potete chiedere al giudice una sospensiva:
    • Nel ricorso tributario, ai sensi dell’art. 47 D.Lgs. 546/92.
    • Nell’opposizione a sanzione davanti al GdP, ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. 150/2011 (il GdP può sospendere con decreto motivato se c’è grave danno).
    • Nelle opposizioni in tribunale (lavoro o esecuzione), ai sensi dell’art. 624 c.p.c. (sospensione dell’esecuzione) oppure art. 700 c.p.c. (provvedimento d’urgenza).
    • Come già spiegato, serve motivare l’urgenza (danno grave) e la fondatezza del ricorso. Se concessa, AdER non potrà procedere finché non c’è la decisione finale.
  • Sospensioni ex lege per eventi eccezionali: (moratorie covid, calamità naturali, ecc.) – queste sono attivate dal Governo e vi risparmiano di per sé di subire riscossione durante il periodo indicato. Non richiedono vostre azioni se non documentare che ne avete diritto.

Come si vede, il contribuente informato ha diversi “scudi” temporanei a disposizione. L’importante è attivarsi tempestivamente. Aspettare troppo, come già detto, può farvi perdere opportunità di difesa. Ad esempio, se lasciate decorrere i 60 giorni senza fare nulla, la cartella diventa definitiva e anche se poi vorrete fare opposizione, sarete molto limitati (potrete solo sperare nella prescrizione futura o al massimo impugnare eventuali pignoramenti per vizi formali, ma il merito del debito sarà intoccabile). Dunque, reagite prima della scadenza.

Un altro consiglio: comunicare con AdER. A volte, segnalare all’Agente che avete presentato un’istanza o un ricorso può indurre l’ente a evitare di procedere immediatamente, anche in assenza di una sospensiva formale. Mantenere un dialogo – nei limiti del possibile – con gli uffici può risolvere malintesi: se avete “buone” ragioni (prescrizione, doppio pagamento, ecc.), provate a farle valere anche a voce o via PEC. Se riconosciute, bene. Se ignorate, almeno avrete materiale per il giudizio.

Infine, affidarsi a professionisti è spesso una scelta saggia. Un errore formale in un ricorso (mancata notifica, contributo unificato non pagato, termini errati) può vanificare anche la migliore ragione. Un avvocato esperto o un commercialista abilitato saprà gestire questi aspetti. Valutate il rapporto tra il costo dell’assistenza e il beneficio atteso (es. per 300 € di debito, forse non conviene pagare un legale; per 5.000 € sì).

Chiudiamo qui la parte dedicata alle vie di opposizione e passiamo ora a un argomento strettamente connesso: cosa accade se, invece, non si paga la cartella e non si riesce (o non si vuole) fermarla. In altre parole, analizzeremo le conseguenze del mancato pagamento e come AdER procede con le misure come pignoramenti e fermi, dando poi consigli su come proteggere il proprio patrimonio.

Cosa succede se non si paga la cartella esattoriale

Mettiamo da parte per un attimo le possibili difese e ipotizziamo che un contribuente non paghi la cartella entro i fatidici 60 giorni e non presenti ricorso. Cosa accade dopo? Quali sono le conseguenze pratiche del mancato pagamento e gli sviluppi temporali da aspettarsi? È importante conoscere questo scenario sia perché a volte, pur con tutta la buona volontà, non si dispone delle risorse per pagare, sia perché c’è chi (erroneamente) pensa di ignorare le cartelle confidando che “magari non faranno niente” o che il debito scompaia da solo. Vediamo la realtà dei fatti.

Interesse di mora e aggi di riscossione

Dal 61º giorno successivo alla notifica della cartella, sulla somma dovuta iniziano a maturare gli interessi di mora. Si tratta di interessi legali previsti per il ritardato pagamento delle cartelle. Il tasso di interesse di mora viene fissato annualmente con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, basandosi sul tasso medio di mercato. Negli ultimi anni è stato intorno al 2-3% annuo. Non sono interessi altissimi, ma comunque si accumulano giorno per giorno. Più rimandate, più pagherete interessi.

Inoltre, trascorsi i 60 giorni, sulla cartella si applica in via definitiva l’aggio di riscossione (o compenso di riscossione). Fino a pochi anni fa, se pagavate entro 60 giorni l’aggio era ridotto al 3% circa, mentre oltre diventava il 6% circa; attualmente la disciplina dell’aggio è cambiata e viene coperto in parte dallo Stato, ma sul contribuente insolvente grava comunque una percentuale a titolo di costo del servizio (in pratica una “penalità” per non aver pagato subito). Questo aggiuntivo si somma al debito.

Solleciti e comunicazioni successive

In molti casi, AdER prima di attivare misure dure invia un sollecito o una comunicazione di cortesia. Ad esempio, dopo qualche mese dalla scadenza potreste ricevere un sollecito di pagamento che vi ricorda la cartella scaduta e vi invita a pagare subito per evitare problemi. Oppure AdER potrebbe telefonarvi (è successo in alcuni progetti sperimentali) o mandarvi un SMS. Queste sono iniziative non formali per migliorare la riscossione bonaria. Come detto, il sollecito semplice non ha valore legale forte, ma serve a farvi capire che siete nel mirino.

Trascorso circa un anno senza pagamento, se AdER vuole procedere al pignoramento dovrà inviare la già menzionata Intimazione di pagamento (ex art.50 DPR 602/73). Questo è un atto formale: lo riconoscete perché intitolato “Intimazione ad adempiere” e da quel momento avete soli 5 giorni per pagare prima che parta l’esecuzione. L’intimazione viene notificata di solito a mezzo raccomandata AR o PEC. Se ricevete un’intimazione, vuol dire che AdER è pronta a pignorare a brevissimo. È un ultimo campanello d’allarme fortissimo. A volte l’intimazione arriva magari 2, 3, 4 anni dopo la cartella, non necessariamente dopo un anno preciso, dipende dalle strategie interne e dai carichi di lavoro. Comunque, quell’atto vi dice: “Ehi, la cartella X è rimasta lì – paga in 5 giorni o procediamo”.

AdER spesso invia anche uno o più preavvisi di fermo se avete auto/moto e debiti sopra 1.000 € scaduti da tempo. Il preavviso di fermo solitamente concede 30 giorni per pagare prima di iscrivere il fermo amministrativo al PRA. Quindi anche questo è un segnale. Idem, se avete immobili e debiti rilevanti, un preavviso di ipoteca potrebbe comparire, dandovi 30 giorni.

Misure cautelari ed esecutive

Se nonostante solleciti, preavvisi e intimazioni, il debitore ancora non paga, AdER passerà alle azioni esecutive e cautelari concrete:

  • Fermo amministrativo su veicoli: Come anticipato, se avete uno o più veicoli e il debito supera 1.000 €, AdER può iscrivere il fermo amministrativo. Una volta decorso il termine del preavviso (30 giorni senza pagamento), AdER invia l’ordine di fermo al Pubblico Registro Automobilistico (PRA). Da quel momento, sul vostro veicolo risulta un fermo: non potete circolare legalmente (se lo fate e vi fermano, c’è una pesante sanzione e il sequestro del veicolo), non potete demolire o vendere il mezzo se non saldando il debito. Il fermo è una pressione: l’auto resta fisicamente con voi, ma inutilizzabile sul piano legale. Non esistono esenzioni specifiche per “unica auto” (la legge non prevede che la prima auto sia impignorabile come invece fa per la casa). Anche se l’auto vi serve per andare a lavoro, formalmente il fermo è legittimo. In passato alcuni Giudici di Pace hanno sospeso fermi su auto strumentali al lavoro (tipo un taxi, o il furgone di un artigiano), appellandosi a principi costituzionali, ma non c’è una normativa chiara che vi tuteli su questo. Quindi, prevenire il fermo è importante se l’auto vi è essenziale: se vedete un preavviso di fermo, cercate di trovare un accordo (pagamento o rate) prima che scada il termine.
  • Ipoteca sugli immobili: Per debiti sopra 20.000 €, AdER può iscrivere ipoteca su case, terreni, ecc. Senza pagamento entro il preavviso, l’ipoteca viene iscritta presso la Conservatoria. L’ipoteca non vi caccia di casa, ma è una spada di Damocle. Condizioni speciali: Se l’immobile è l’unica casa di abitazione del debitore, non di lusso, e vi risiede, l’ipoteca può essere messa (oltre 20.000 €), ma la legge vietà il pignoramento di quell’immobile (vedi dopo). Quindi in tal caso l’ipoteca resta “bloccata”: AdER non potrà procedere oltre, però l’ipoteca rimane e vi impedirà di vendere serenamente la casa, oltre a precludervi mutui ecc. Su immobili secondari (es. seconda casa, terreno) invece l’ipoteca è preludio al pignoramento se il debito supera 120.000 €. L’ipoteca si può cancellare solo con il pagamento integrale del debito (o con prescrizione/condono sopravvenuti).
  • Pignoramento dei beni: Questo è il passo più incisivo.
    • Pignoramento mobiliare presso il domicilio: poco frequente, ma se avete oggetti di valore noti (opere d’arte, collezioni) potrebbe capitare. In genere AdER preferisce altri metodi.
    • Pignoramento immobiliare: se avete immobili pignorabili (non prima casa protetta, debito oltre 120.000 €, ecc.), AdER può iniziare l’espropriazione. Notificherà l’atto di pignoramento e inizierà la procedura d’asta tramite il tribunale. Questo processo è relativamente lento: tra il pignoramento e l’asta possono passare molti mesi, a volte anni (ci sono una prima udienza, eventuali riduzioni di prezzo, ecc.). Però dal pignoramento non potete più disporre dell’immobile (non venderlo, non ipotecarlo voi ecc.). Avete tuttavia fino all’ultimo la possibilità di bloccare la vendita pagando il debito (anche dopo il pignoramento, fino all’asta, potete “purgerè il pignoramento pagando tutto). Inoltre c’è la possibilità di chiedere la conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.), ovvero chiedere al giudice di poter pagare a rate il debito già in fase esecutiva, versando subito almeno 1/5 e proponendo un piano per il resto. Il giudice può accordarlo se crede.
    • Pignoramento presso terzi (conto, stipendio, pensione): è la modalità di gran lunga preferita da AdER perché rapida ed efficace. AdER ha accesso a banche dati (es. Anagrafe dei Conti) per sapere se avete conti correnti, depositi, o se avete un rapporto di lavoro/pensione. Può quindi in autonomia notificare un atto di pignoramento alla banca e a voi, bloccando le somme sul conto fino a concorrenza del debito. Oppure notificare al datore di lavoro/INPS un atto che ordina di trattenere una quota dello stipendio/pensione ogni mese. Queste procedure sono semplificate. Limiti per stipendi/pensioni: come detto, su stipendi si può pignorare al massimo una certa percentuale:
      • 1/10 dello stipendio se lo stipendio netto è basso (fino circa 2.500 € netti mensili).
      • 1/7 se è medio (tra ~2.500 e ~5.000).
      • 1/5 se alto (sopra ~5.000 netti).
      • Queste fasce sono state introdotte dalla L.208/2015 per il fisco, con l’idea di salvaguardare di più i redditi bassi.
      • Su pensioni, sempre max 1/5, ma con la protezione dell’“minimo vitale”: una somma pari a 1,5 volte l’assegno sociale (circa 690 € nel 2025) non può essere toccata. Quindi se avete una pensione minima, di fatto poco o nulla è pignorabile.
      • Inoltre, come ricordato prima, se lo stipendio/pensione viene pignorato sul conto bancario dove viene accreditato, la legge tutela l’ultima mensilità accreditata (fino a 1,5x assegno sociale) come impignorabile e il resto soggetto ai limiti sopra. In pratica la banca, una volta reso effettivo il pignoramento, deve lasciare sul conto l’importo dell’ultimo stipendio in misura non inferiore a quel minimo vitale.
    • Pignoramento di altri crediti: AdER potrebbe pignorare crediti verso terzi di altra natura, ad esempio crediti verso clienti se siete un professionista o impresa. Oppure pignorare il TFR presso il datore di lavoro se siete in procinto di riceverlo (il TFR maturando non è pignorabile, ma quello già maturato sì entro 1/5).

Tempistiche generali

Non c’è un calendario fisso applicabile a tutti, ma tipicamente:

  • Entro 2-3 mesi dalla scadenza della cartella, parte un primo sollecito bonario.
  • Dopo 6-12 mesi, se nulla, arriva un’intimazione (specie se il debito è consistente).
  • Passati i 5 giorni dell’intimazione, AdER può immediatamente procedere a pignoramenti. Spesso, però, in parallelo manda i preavvisi di fermo se ci sono veicoli.
  • I pignoramenti di solito vengono tentati prima su conti correnti e stipendi (perché sono i bersagli più facilmente liquidi). Quindi è plausibile che nel giro di 1 anno – 1 anno e mezzo dal mancato pagamento possiate ritrovarvi il conto bloccato o una trattenuta in busta paga, se avete entrate ufficiali.
  • I fermi auto e ipoteche seguono su linee parallele se avete quelle proprietà.
  • I pignoramenti immobiliari, per loro natura, richiedono importi più alti e decisioni più gravi, quindi sono meno frequenti e di solito avvengono non prima di 1-2 anni dall’inadempimento, e solo se le altre vie (soldi su conti, stipendio) non hanno coperto il dovuto.
  • Da notare: AdER non è tenuta a pignorare subito. Può scegliere di aspettare se pensa che in futuro la vostra situazione migliorerà o se ha carenza di risorse per l’azione immediata. Tuttavia, non c’è nemmeno un limite lungo per iniziare: un pignoramento può partire anche a distanza di 4-5 anni se magari la vostra situazione patrimoniale cambia (es. comparite come erede di un immobile). Naturalmente, se passano più di 5 anni senza atti, scatta il discorso prescrizione, ma AdER cercherà di fare almeno un’intimazione prima che ciò avvenga, per interrompere.

Effetti sul debitore

  • Segnalazioni e fido bancario: Avere cartelle non pagate e soprattutto subire fermi o pignoramenti può incidere sulla vostra affidabilità creditizia. Ad esempio, banche e finanziarie possono venire a conoscenza di procedure a vostro carico (specialmente ipoteche o pignoramenti immobiliari, che sono pubblici registri) e questo può rendere difficile ottenere prestiti, mutui, ecc.
  • Divieto espatrio? No, non esiste un collegamento tra cartelle esattoriali e espatrio. Potete viaggiare all’estero anche se avete debiti con AdER (a differenza di alcuni paesi dove possono bloccare il passaporto per debiti fiscali, in Italia no).
  • Ricadute sul datore di lavoro: se vi pignorano lo stipendio, ovviamente il datore verrà a sapere del vostro problema debitorio (riceve l’atto di pignoramento).
  • Debito che cresce: con interessi di mora e aggi, il debito aumenta ogni anno finché resta scoperto (anche se a tassi non enormi, ma cresce).
  • Cumulo di misure: AdER può attivare più misure insieme. Ad esempio, se avete debiti molto alti, potrebbe ipotecare la casa e pignorare lo stipendio e fermare l’auto, tutto contestualmente. Non deve scegliere una sola via. Cercherà di massimizzare l’efficacia.

Quando scatta la prescrizione se non pago?

Ripetiamo questo passaggio perché è cruciale: se dopo la cartella non ricevete nessun atto per X anni (X= 5 anni di solito, per molti debiti), allora il debito si prescrive e non dovrete più pagarlo. Ma ciò accade raramente perché AdER, prima che maturi la prescrizione, invia almeno un’intimazione o un sollecito formale, interrompendo i termini. Tuttavia, se foste davvero “inafferrabili” per lungo tempo (esempio estremo: trasferiti all’estero senza lasciare recapiti, e AdER non tenta neppure la notifica all’estero), la prescrizione vi darebbe scudo. Diciamo però che puntare semplicemente a “sparire” per 5 anni non è una strategia legale consigliabile, oltre al fatto che è difficile nella società moderna restare completamente fuori radar se si vive e lavora regolarmente.

In definitiva, non pagare la cartella ed ignorarla espone concretamente a una serie di azioni spiacevoli: conto bloccato, stipendio decurtato, auto inutilizzabile, segni su eventuali proprietà. Non è una situazione di cui fidarsi. Se proprio non potete pagare interamente, meglio affrontare il problema attivamente: ad esempio chiedendo una rateizzazione per diluire l’impatto, o valutando le definizioni agevolate offerte dalla legge. Nel prossimo capitolo, infatti, parleremo di pignoramenti e fermi in dettaglio, spiegando i limiti e come proteggere i beni essenziali, e successivamente tratteremo proprio della rateizzazione come via per gestire il debito in maniera sostenibile.

Pignoramenti e fermo amministrativo: effetti e limiti di legge

Questo capitolo è dedicato ad analizzare più specificamente le forme di esecuzione forzata che AdER può attuare (pignoramenti vari) e le misure cautelari come il fermo amministrativo e l’ipoteca, con un focus su quali sono i limiti posti dalla legge a tutela del debitore. Sapere cosa effettivamente possono o non possono portarvi via aiuta a vivere con meno angoscia queste fasi e a pianificare eventualmente le contromosse.

Protezione della prima casa e degli immobili

La casa di abitazione è spesso il bene più prezioso e anche più “sentito” dalle famiglie. Per fortuna, la normativa italiana prevede significative tutele proprio per l’immobile in cui si vive:

  • Impignorabilità della prima casa: come già accennato, dal 2013 è in vigore una norma (art. 76 DPR 602/73 modificato dal DL 69/2013) che impedisce ad AdER di pignorare l’unico immobile di proprietà del debitore adibito a sua abitazione principale, a condizione che non si tratti di un immobile di lusso (categorie catastali A/8 – ville, A/9 – castelli, o A/1 abitazioni signorili) e che non vi siano altre ipoteche superiori sullo stesso bene. In pratica, se il contribuente possiede una sola casa, ci risiede ed essa non è di categoria di lusso, quella casa non potrà essere espropriata da AdER per vendersela all’asta, qualunque sia il debito. Attenzione: questo non significa che AdER non possa ipotecarla – infatti può iscrivere ipoteca sopra 20.000 € di debito – ma l’ipoteca resterà “dormiente”, perché non potrà convertirsi in esecuzione forzata finché rimangono valide le condizioni di tutela (unicità e residenza). Questa norma è fondamentale, introdotta per evitare che persone con un solo immobile e debiti magari non enormi perdano la casa dove vivono. Esempio: Mario ha debiti per 50.000 € col fisco, possiede solo l’appartamento dove risiede con la sua famiglia. AdER può mettere ipoteca (perché il debito > 20k) ma non può procedere al pignoramento e quindi non potrà mai vendere all’asta la casa di Mario finché quella è la sua unica e abitativa.
  • Soglia di debito per espropriare immobili diversi dalla prima casa: la legge impone comunque una soglia minima di debito di 120.000 € complessivi per poter dare il via a un’espropriazione immobiliare. Ciò significa che, anche se avete una seconda casa, AdER non può pignorarla se il vostro debito totale è ad esempio di 50.000 €. Può ipotecarla (oltre 20k, sì), ma non avviare l’asta se non superate 120k. Questo protegge i piccoli-medi debitori: in sostanza, se dovete poche decine di migliaia di euro, al massimo subirete ipoteca, ma non la perdita forzata dell’immobile. Se invece il debito supera 120k, e avete immobili che non rientrano nell’esenzione prima casa (es. una seconda casa al mare, o se la vostra prima casa non è esente perché di lusso o perché possedete più di un immobile), allora AdER può procedere.
  • Procedura graduale obbligatoria prima del pignoramento immobiliare: la legge prevede altresì che prima di pignorare un immobile AdER deve aver iscritto ipoteca e devono essere trascorsi almeno 6 mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto. In pratica: se AdER individua casa vostra come aggredibile, prima mette ipoteca; poi vi lascia (almeno) 6 mesi di tempo. Se entro quei 6 mesi pagate o trovate accordi (rate, ecc.), bene. Se nulla cambia, allo scadere di quel periodo può procedere al pignoramento. Questo meccanismo serve a dare al debitore un ulteriore “periodo cuscinetto” per reagire ed evitare di perdere il bene.
  • Possibilità di saldare fino all’ultimo per fermare l’asta: anche quando un immobile è stato pignorato e si è avviata la procedura di vendita, fino al momento in cui viene aggiudicato a terzi, il debitore mantiene il diritto di “purga”. Versando l’intero importo dovuto (comprensivo di spese di esecuzione già maturate) il pignoramento viene revocato e la casa non è più in vendita. Quindi, se ad esempio riuscite a vendere voi stessi l’immobile privatamente prima dell’asta (cosa complicata perché ci sarà il vincolo, ma magari con accordo col creditore in tribunale si può fare) o trovate i soldi (un prestito da parenti, ecc.), potete salvarlo. Dopo l’aggiudicazione all’asta, invece, è troppo tardi.
  • Conversione del pignoramento in pagamento rateale: come citato, l’art. 495 c.p.c. dà la chance, una volta subìto il pignoramento, di chiedere al giudice esecutivo di sostituire l’espropriazione con un piano di pagamento dilazionato. Bisogna depositare una cauzione (almeno il 20% del dovuto) e presentare un piano di rate (di solito non troppo lungo, qualche anno). Il giudice valuterà se accoglierlo. Se concesso, consente di pagare a rate sotto controllo del tribunale, evitando la vendita forzata. È una sorta di “ultima rateizzazione giudiziale” quando si è già in fase di esecuzione avanzata.
  • Immobili in comproprietà o in comunione legale: se un immobile è cointestato tra coniugi o con altri, AdER può pignorare la quota di proprietà del debitore. Ad esempio, marito e moglie hanno casa cointestata 50 e 50; il marito ha debiti, la moglie no. La casa è prima casa e unico immobile? Allora non pignorabile per la regola di impignorabilità (vale per il debitore: il marito debitore ha quell’immobile come prima casa, quindi è protetto). Se invece il marito ha un altro immobile e questo è una seconda casa, AdER potrebbe pignorare la sua quota di metà di casa coniugale. In tal caso la moglie subirebbe una procedura di divisione. La situazione si complica in base ai casi. In comunione legale dei beni (dove per legge i coniugi condividono 1/2 ciascuno i beni acquistati dopo il matrimonio), se il debito è di uno solo, ci sono varie interpretazioni: di solito la quota del debitore è aggredibile. Tuttavia, la vendita di una quota indivisa è problematica (poco appetibile sul mercato), quindi spesso si deve procedere giudizialmente a scioglimento della comunione e vendita intera con liquidazione del coniuge non debitore. Sono procedure possibili- dal punto di vista del coniuge non debitore, che verrà poi soddisfatto con una parte del ricavato. In ogni caso, questo scenario è abbastanza complesso e va affrontato con assistenza legale in sede esecutiva.

Riassumendo la tutela sugli immobili:

  • Se avete una prima casa unica, con debito < 120k, potete stare relativamente tranquilli: non ve la possono togliere (il consiglio è comunque di non accumulare troppo debito perché se superaste 120k e aveste un secondo immobile, la protezione sulla prima casa rimane ma potreste subire altre azioni).
  • Se avete immobili ulteriori, state attenti a quando il debito si avvicina a 20k (ipoteca) e a 120k (pignorabilità).
  • Usate i tempi dati dall’ipoteca come opportunità per negoziare soluzioni (rateizzazioni, transazioni).
  • Sappiate che la casa non ve la pignorano dall’oggi al domani: è sempre l’ultima risorsa e avrete molti segnali prima.

Limiti al pignoramento di stipendi, pensioni e conti correnti

Già anticipati, riepiloghiamo in modo chiaro:

  • Stipendi e salari (presso datore di lavoro): AdER notifica un atto al datore, questi è obbligato a trattenere una quota dello stipendio ogni mese e a versarla ad AdER. Le percentuali massime:
    • 1/10 (10%) del netto se lo stipendio è fino a circa €2.500 netti al mese.
    • 1/7 (~14%) se il netto è tra circa €2.500 e €5.000.
    • 1/5 (20%) se il netto supera €5.000.
    • Mai oltre un quinto in ogni caso. Queste fasce rendono la vita un po’ più facile a chi ha stipendi bassi (es.: netto €1.500 -> pignorabili €150 al mese max; netto €6.000 -> pignorabili €1.200).
    • Queste regole sono per la riscossione esattoriale (prima c’era direttamente 1/5 per tutti; la legge 208/2015 ha introdotto le fasce).
  • Pensioni: Anche qui massimo 1/5, ma con la salvaguardia del minimo vitale. Attualmente l’assegno sociale è intorno a €460, quindi 1,5x è circa €690. Se la vostra pensione è di €800, la parte impignorabile è €690, resta €110 che è l’eccedenza: su quella si calcola il quinto, quindi pignorabile €22 al mese in quell’esempio. Se pensione €1.500, eccedenza = €1500-690 = €810, quinto = €162/mese pignorabile. Se pensione €600, eccedenza = €600-690 -> zero, quindi non pignorabile affatto (le pensioni bassissime non si toccano proprio).
  • TFR (Trattamento di fine rapporto): se state ancora lavorando, il TFR maturando non può essere pignorato (perché non esigibile finché non cessate). Se lasciate il lavoro e il TFR vi deve essere liquidato, AdER può pignorare quel credito verso il datore prima che vi venga pagato. In genere il TFR accantonato in un fondo può essere considerato pignorabile fino a 1/5 (visto come credito futuro). Questo può capitare se AdER sa che avete chiuso un rapporto di lavoro e sta per esservi liquidato un importo.
  • Conti correnti:
    • Somme già depositate prima del pignoramento: se sul conto avete un saldo di €5.000 e il debito è €3.000, la banca blocca €3.000 e lascia il resto. Se il debito è €10.000 e avete €5.000, la banca blocca tutti i €5.000. Sulle giacenze pregresse non c’è limite di frazione: possono bloccare tutto ciò che trovano fino concorrenza.
    • Somme accreditate dopo il pignoramento (stipendi/pensioni): qui entra in gioco la regola del “ultimo accredito impignorabile fino a 1,5 assegni sociali”. In pratica, immaginate che il pignoramento arriva oggi, ma lo stipendio del mese vi verrà accreditato domani: la banca dovrà distinguere. La parte di stipendio accreditato successivamente, per la parte che costituisce 1,5 volte assegno sociale, non va toccata; il resto dello stipendio sopraggiunto è pignorabile con limite del quinto. In pratica si cerca di equiparare la tutela come se lo stipendio fosse pignorato presso il datore. Quindi spesso accade così: al momento del pignoramento la banca blocca il saldo esistente; poi continuano ad arrivare gli stipendi mensili, e su ciascuno di essi la banca trattiene il 1/5 dell’eccedenza oltre il minimo vitale. Il risultato è che il conto non viene svuotato ogni mese completamente: vi lasciano la maggior parte dello stipendio per vivere, trattenendo la quota legale.
    • Conti cointestati: se il conto è cointestato con altra persona (es. marito e moglie), la banca solitamente blocca il conto fino all’importo dovuto, poi starà al giudice eventualmente stabilire la quota di pertinenza del debitore. Spesso, in assenza di altre indicazioni, si presume 50% a ciascuno se due intestatari. Quindi la metà dei saldi è considerata del debitore e pignorabile come tale. Il co-intestatario non debitore potrà eventualmente fare opposizione sostenendo che i fondi sul conto erano solo suoi (ma deve provarlo, non semplice).
  • Beni impignorabili: oltre alle soglie stipendiali, la legge prevede cose che proprio non si possono pignorare:
    • Oggetti di uso quotidiano e indispensabile del debitore (letti, tavolo, frigorifero, utensili da cucina, abiti, ecc. – AdER comunque raramente pignora mobilio, se lo facesse, questi non li può toccare).
    • Strumenti di lavoro indispensabili per l’attività del debitore, nei limiti del necessario per continuare l’attività (art. 515 c.p.c.). Ad esempio, se siete un fotografo e avete 3 macchine fotografiche professionali, forse potrebbero prenderne 2 e lasciarvene 1; se siete un tassista l’auto è strumento di lavoro, ma il fermo la blocca comunque – qui c’è incoerenza normativa).
    • Assegni di mantenimento, sussidi di povertà, indennità di invalidità: tutte queste entrate aventi natura assistenziale non sono pignorabili (servono al sostentamento minimo). Anche somme donate per specifiche finalità (ad esempio borse di studio destinate).
    • Polizze vita non riscattate: se avete una polizza vita in corso che un domani pagherà un capitale, finché non è riscattabile non possono toccarla.
    • Ricordate: La prima casa protetta l’abbiamo detto (impignorabile per AdER).
  • Veicoli: non c’è un limite minimo (a parte il debito > 1.000) per mettere il fermo. Non c’è concetto di “auto indispensabile” nella legge. Quindi anche se quell’auto vi serve per andare al lavoro, legalmente può essere fermata. Purtroppo la normativa non fa sconti, salvo la possibilità di evitare il fermo con la rateizzazione prima che avvenga. I giudici qualche volta hanno annullato fermi su veicoli strumentali (es. un autotrasportatore con un solo camion), ma sono decisioni di merito sporadiche.

Come comportarsi di fronte a pignoramenti già avvenuti

Nonostante tutte le attenzioni, può capitare di ricevere un atto di pignoramento. Ecco alcuni consigli pratici:

  • Pignoramento sul conto:
    • Appena ricevete l’atto, contattate la banca per sapere quanto è stato bloccato. Cercate di capire se c’è margine di sblocco di qualche somma (ad esempio se hanno esagerato bloccando più del dovuto). Se ritenete che abbiano bloccato somme impignorabili (es. stipendio oltre i limiti), potete fare un’opposizione al giudice dell’esecuzione lamentando l’eccesso di pignoramento. Ma intanto organizzatevi: quei fondi non saranno disponibili. Se il blocco vi lascia a zero sul conto e dovete pagare affitto, sarà un problema: considerate di far confluire lo stipendio successivo magari su un altro conto (se possibile intestarne uno a un familiare di fiducia, per bypassare temporaneamente la cosa, pur sapendo che non è una soluzione stabile e potrebbe avere implicazioni).
  • Pignoramento stipendio:
    • Avvisatevi con le Risorse Umane che quell’atto c’è (l’avranno ricevuto loro). Continuate a lavorare regolarmente: non possono licenziarvi per questo (è un fatto personale vostro). Il datore deve rispettare il pignoramento e versare la quota, altrimenti ne risponde lui. Quindi non cercate accordi “sottobanco” col datore per farvi pagare in nero la parte pignorata (sarebbe illecito).
    • Rivedete il vostro budget mensile sapendo che avrete il X% in meno di entrata.
    • Potete comunque successivamente chiedere una rateizzazione del debito residuo ad AdER: in quel caso, a volte AdER sospende il pignoramento in corso in favore della rateizzazione, ma non è automatico, soprattutto se il pignoramento sta già dando frutti. Dovreste convincerli magari offrendo un acconto consistente.
  • Fermo amministrativo:
    • Se scoprite (anche al rinnovo assicurazione o bollo) che l’auto ha un fermo, non potete usarla. Vi trovate a dover fare a meno del mezzo. Non ci sono scappatoie legali (non potete vendere finché c’è fermo; se circolate rischiate grosso).
    • Soluzioni: o pagate tutto il dovuto e poi chiedete a AdER la cancellazione immediata del fermo (che avverrà con apposito provvedimento da portare al PRA), oppure se c’è una rottamazione aperta aderite e, a pagamento completato, il fermo sarà tolto. In alcune rottamazioni, già aderire sospende nuove azioni ma non rimuove i fermi già in essere. Purtroppo, l’unico modo per togliere un fermo già iscritto è estinguerne la causa, ossia il debito.
    • Se l’auto vi è indispensabile e il debito è troppo alto per pagarlo in un colpo, valutate di cedere l’uso di un’altra auto da qualcuno (es. auto di un familiare) temporaneamente.
  • Ipoteca:
    • Scoprire un’ipoteca AdER su un immobile spesso avviene quando si va a chiedere un mutuo o a vendere la casa. A quel punto, per finalizzare la vendita, il debito va estinto perché pochi comprano casa con ipoteca di Equitalia sopra (a meno che il prezzo sia scontato di quell’importo e si faccia contestualmente la cancellazione).
    • Potete provare se non altro a negoziare un po’: a volte, se il debito è molto vecchio e in parte prescritto, potete trattare con l’ente creditore un pagamento parziale a saldo e stralcio (ma è raro con AdER, più fattibile in procedure concorsuali).
  • Pignoramento immobiliare in corso:
    • Se arriva l’atto di pignoramento, valutate con un legale le possibilità di opposizione (ad esempio: l’intimazione ex art.50 era stata fatta? se no, potete fare opposizione e far invalidare tutto).
    • Subito potete anche ricorrere al giudice per chiedere la sospensione (dimostrando ad es. che state per vendere privatamente o che il debito è contestato).
    • Avviate contestualmente un dialogo con AdER: a volte se proponete un piano serio anche all’ultimo, preferiscono incassare in modo concordato piuttosto che rischiare aste deserte.
    • Se proprio non c’è nulla da fare e la vendita andrà avanti, preparatevi ad eventualmente perdere l’immobile; cercate di ottenere se possibile un benevolo ritardo (nel caso di abitazione, il giudice può dare qualche mese per liberare anche dopo l’asta, compatibilmente con i diritti dell’aggiudicatario).

Importante: Mai e poi mai svendete tutti i vostri beni all’ultimo spostandoli ad amici o parenti per evitare pignoramenti: ci sono strumenti giuridici (revocatoria, ecc.) che potrebbero colpire queste mosse, e in alcuni casi estremi si rischia l’accusa di frode ai creditori. Piuttosto, se avete molti debiti insostenibili, esistono procedure di sovraindebitamento (oggi chiamato esdebitazione del consumatore o procedura di ristrutturazione dei debiti) in cui si può proporre al giudice un piano di rientro parziale liberandosi del resto, con protezione dai creditori. Nel capitolo più avanti accenneremo a ciò.

In sintesi: vademecum difensivo sul patrimonio

Ecco una lista di consigli pratici per proteggere il proprio patrimonio e gestire le azioni esecutive:

  • Conoscere i limiti di pignorabilità: Sapendo che stipendio e pensione non ve li possono prendere interamente, non fatevi terrorizzare da minacce (a volte verbali) esagerate. Se qualcuno dicesse “ti leviamo tutto lo stipendio”, sapete che non è vero, c’è un limite di legge.
  • Verificare l’applicazione corretta dei limiti: se AdER o la banca sbagliano (può capitare) e trattengono più del dovuto, reagite legalmente: un ricorso al giudice dell’esecuzione può far sbloccare somme indebitamente trattenute oltre il quinto o sotto il minimo vitale.
  • Strategie sui conti correnti: se siete in debito conclamato, può essere saggio tenere il conto con il minimo indispensabile e magari avere conti separati per i risparmi di famiglia a nome di persone non debitrici (con tutte le cautele del caso, perché trasferimenti sospetti all’ultimo momento possono essere contestati). Ad esempio, se il coniuge non ha debiti, valutate di accreditare lo stipendio sul conto cointestato e spostare subito la parte eccedente le spese correnti su un altro conto intestato al coniuge. Questo non è una garanzia assoluta ma riduce il rischio di blocco totale di tutte le disponibilità. Sempre muovendosi nella legalità: vendere la casa al parente per 1 euro quando avete già cartelle può essere revocato come atto in frode.
  • Non accumulare troppa liquidità su conti noti se avete debiti in sospeso: può sembrare un consiglio strano, ma se avete €10.000 in banca e un debito di €8.000 con AdER, rischiate che vi blocchino 8k. Forse è meglio usare quei soldi per pagare il debito, o almeno per un piano rate, invece di farveli congelare.
  • Auto e fermo: se l’auto è cruciale, appena ricevete un preavviso di fermo pensate subito a come risolvere: rateizzazione, pagamento o magari vendere l’auto (prima che scatti il fermo) e usare il ricavato per pagare i debiti – vendere prima del fermo è legittimo se non c’è ancora vincolo, ma va fatto a valori di mercato reali, altrimenti poi contestano la vendita come fittizia.
  • Gli oggetti di casa: non preoccupatevi eccessivamente che “vi portino via i mobili”: succede raramente, e comunque le cose necessarie non possono prenderle. Lasciate però magari in luogo sicuro eventuali oggetti di valore facilmente asportabili (gioielli, orologi di pregio): quelli sì che potrebbe portarli un ufficiale giudiziario.
  • Ricorrere se c’è un vizio procedurale: se vi pignorano senza intimazione 12 mesi dopo cartella, se vi fermano l’auto per 500 € (non si può sotto 1.000), se ipotecano per 10k (vietato sotto 20k), etc., queste sono scorrettezze che potete far valere in giudizio per annullare l’atto. AdER a volte sbaglia o “ci prova”: sta a voi far valere i vostri diritti.
  • Sfruttare eventuali sanatorie: se lo Stato vara condoni, rottamazioni o discarichi, approfittatene. Ad esempio, se vi hanno fermato l’auto per un debito di 900 € nel 2016, quel debito poteva essere stralciato nel 2023 per legge (perché < 1000€ e in ruolo ante 2015): segnalatelo e fatevi togliere il fermo. Le norme agevolative nascono proprio per dare respiro ai contribuenti in difficoltà: tenerle d’occhio e aderire quando possibile è spesso la mossa vincente.

Con questo, abbiamo coperto le principali difese contro le procedure esecutive. Ora, guardiamo il lato “costruttivo”: se il debito c’è e va pagato, come gestirlo senza soccombere, cioè quali strumenti di rateizzazione e definizione agevolata offre la legge per alleggerire il peso delle cartelle. Questo è l’argomento del prossimo capitolo.

La rateizzazione delle cartelle esattoriali

Pagare a rate un debito esattoriale è spesso la soluzione più pratica e sensata per chi non può saldare tutto subito. La rateizzazione evita misure esecutive e consente di diluire l’impatto finanziario. Inoltre, dimostra la volontà collaborativa del contribuente, il che spesso scongiura atteggiamenti aggressivi da parte di AdER. In questo capitolo spieghiamo come funziona la rateizzazione, quali sono le regole attuali (aggiornate al 2025, con importanti novità normative introdotte di recente), come fare domanda e quali sono i vincoli da rispettare.

Come funziona la rateizzazione (art. 19 DPR 602/1973)

La rateizzazione è disciplinata dall’art. 19 del DPR 602/1973, più volte modificato negli anni. In sintesi:

  • Chi può richiederla: il debitore iscritto a ruolo (quindi destinatario di cartelle o avvisi esecutivi) che si trova in temporanea difficoltà economica a pagare in un’unica soluzione.
  • Quali debiti: tutti quelli affidati ad AdER, compresi i carichi derivanti da accertamenti esecutivi, da avvisi INPS, da ingiunzioni locali se gestite da AdER (quest’ultimo caso raro).
  • Importo minimo rata: €50 (quindi non possono farti rate da 10€, se il debito è piccolo accorperanno in rate da almeno 50).
  • Interessi di dilazione: sulle rate vengono applicati interessi (diversi da quelli di mora). Il tasso è determinato periodicamente (negli ultimi anni intorno al 4% annuo). Quindi pagare a rate comporta pagare un po’ di interessi, ma è il prezzo del tempo.

Durata e numero di rate: Questo è l’aspetto su cui ci sono state novità nel 2024/2025. Fino al 2024 compreso, il massimo standard era 72 rate (6 anni). Ora, con il D.Lgs. 110/2024, le cose sono cambiate:

  • Per richieste presentate nel 2025 e 2026, il numero massimo di rate concedibili passa a 84 rate mensili (7 anni) con semplice richiesta.
  • Nel 2027-2028, salirà a 96 rate (8 anni).
  • Dal 2029 in poi, 108 rate (9 anni) con semplice richiesta.
  • Se l’importo del debito è superiore a 120.000 € (o anche sotto, ma si chiedono più di 84 rate in questa fase), è possibile arrivare fino a 120 rate (10 anni), però in questo caso bisogna documentare la difficoltà economica (non basta l’autodichiarazione).
  • La soglia di €120.000 è lo spartiacque attuale: sotto quella soglia, la rateizzazione è concessa su semplice richiesta (basta dichiarare di essere in difficoltà finanziaria, senza prove) – ovviamente entro i limiti di rate massime indicati sopra. Sopra 120k, serve presentare documenti di bilancio o ISEE per provare la temporanea situazione di crisi e far determinare le rate (fino a 120 mensili).

Procedura di richiesta:

  • Si può fare tutto online oggi. Tramite il servizio “Rateizza adesso” nell’area riservata AdER o via app EquiClick. Lì selezionate i debiti che volete rateizzare (vi mostra quelli rateizzabili interamente) e scegliete il numero di rate desiderate (fino al max consentito per voi). Il sistema calcola e vi dà l’esito in tempo reale se rientra nei parametri. Poi vi inviano il piano e i bollettini via email.
  • In alternativa, si può presentare la richiesta tramite modulo (Modello R1 o R2, a seconda dei casi, ora hanno modulistica aggiornata). Il modulo si può inviare via PEC alla direzione AdER competente o consegnare allo sportello (previo appuntamento).
  • Se il debito è ≤ €120.000: basta barrare la casella in cui dichiarate di trovarvi in obiettiva difficoltà e chiedere, ad esempio, 72 rate (o 84, se desiderate). Non occorre allegare ISEE o bilanci.
  • Se > €120.000 (o se volete più di 84 rate): dovete compilare il modulo documentato (modello RD o simile) e allegare i documenti economici. Per persone fisiche, l’indicatore di riferimento è l’ISEE familiare. Per società, indici di bilancio di liquidità e di indebitamento (indice Alfa e Beta, come previsti dal DM 2015, che valutano se si supera una certa soglia). In parole semplici, per grosse cifre vi chiedono di provare che pagare in 6-7 anni è difficile, e quindi avete bisogno di 10 anni. AdER metterà i dati nel simulatore e calcolerà quante rate vi può dare (fino a 120).

Decadenza della rateizzazione: avere la rateizzazione è ottimo, ma se poi non pagate le rate, potreste decadere dal beneficio e tornare esposti alle azioni immediate:

  • Le regole attuali (cambiate di recente) prevedono che la decadenza scatti in caso di mancato pagamento di 8 rate complessive (anche non consecutive) per le dilazioni concesse dal 16 luglio 2022 in poi. Prima era 5 rate, ora è stata ampliata a 8. Questo è un bel margine: vuol dire che potete anche saltare fino a 7 rate (ovviamente non è consigliabile, perché poi dovrete pagarle tutte insieme se volete riprendere il piano) senza perdere il piano. All’ottava saltata, decadete. Se decadete, l’intero debito residuo torna esigibile subito e non potete più ottenere una dilazione per quel debito (a meno di alcune sanatorie future).
  • Se la dilazione è precedente metà 2022, poteva esserci la regola di 5 rate (bisogna controllare cosa c’era scritto nel vostro provvedimento). Il Decreto Sostegni del 2021 aveva temporaneamente alzato a 10 rate per le dilazioni con Covid, poi ridisceso, insomma c’è stata un’evoluzione. Ad oggi, dire 8 rate di tolleranza è il riferimento.
  • Consiglio: non usate questo margine come scusa per saltare volontariamente. Se siete in difficoltà su una rata, meglio parlarne con AdER: spesso si può ottenere un differimento breve. Accumulare 7 rate indietro vi mette poi nell’ansia di doverle per forza recuperare per non saltare la soglia.

Effetti della rateizzazione:

  • Una volta ottenuta, come detto, AdER sospende le azioni esecutive. Se c’era un preavviso di fermo, non lo perfeziona; se avevate un fermo già iscritto, rimane finché non finite di pagare (ma non nuovi fermi).
  • Non si considerano inadempienze ai fini di revoche di licenze o altre situazioni amministrative: l’esposizione è “coperta” da un piano approvato.
  • Attenzione: la rateizzazione non ferma la maturazione degli interessi di mora finché non la chiedete. Mi spiego: se la cartella scade a marzo e chiedete rate a luglio, sugli importi vi calcoleranno gli interessi di mora da marzo a luglio e quelli diventeranno parte del debito. Ma una volta concesso il piano, sugli importi a rate saranno dovuti solo gli interessi di dilazione (che sono un tasso fisso sul piano, un po’ più basso di quello di mora attualmente).

Cumulabilità: potete rateizzare anche carichi che avete già in corso di rottamazione per la parte residua? In generale, se avete aderito a una definizione agevolata, non dovete chiedere rate normale (perché la definizione ha le sue scadenze). Se decadete da una rottamazione, potete poi chiedere rateizzazione normale del residuo (salvo preclusioni normative, ad es. dopo Rottamazione-ter era consentito). Ad oggi, post Rottamazione-quater, se uno decade può chiedere riammissione entro apr 2025 (norma speciale), se perde anche quella immagino potrà poi rateizzare normale. Queste combinazioni vanno viste di volta in volta.

Quando conviene rateizzare: quasi sempre quando non si può pagare in unica soluzione e non si hanno validi motivi di ricorso. Anche se intendete far ricorso, a volte può avere senso chiedere contestualmente la rateizzazione per evitare guai (poi se vincete il ricorso, la rate la interrompete e vi estinguono il debito, e magari vi rimborsano quanto pagato). C’è però un caveat: come detto, chiedere rate equivale a riconoscere il debito, quindi se fate ricorso contemporaneamente, l’ente potrebbe eccepire che avete riconosciuto il debito. La Cassazione ha affermato che la richiesta di rateizzazione implica rinuncia a contestare il debito per motivi precedenti (tipo prescrizione). Dunque, in linea di principio, se si vuole fare ricorso per far annullare la cartella, è meglio non rateizzare quell’importo perché vi indebolisce sul piano giuridico. Sta a voi la scelta: se la causa è incerta e intanto volete evitare pignoramenti, magari conviene più rateizzare e tacitare, piuttosto che combattere in giudizio rischiando.

I vantaggi delle nuove regole: poter arrivare fino a 10 anni di dilazione è una grossa opportunità. Significa ridurre la rata mensile notevolmente. Esempio: un debito da €12.000, in 6 anni erano 72 rate da circa €170 al mese; in 10 anni diventano 120 rate da €100 al mese circa – una differenza significativa per chi ha redditi bassi. Inoltre, la soglia di 120k su autodichiarazione consente alla maggior parte dei contribuenti (la maggioranza ha debiti sotto 120k) di risolvere facilmente online.

Interruzione e riammissione: se decadete da una rateizzazione, la legge di solito consente di chiedere una nuova rateizzazione (sul residuo) ma solo dopo aver saldato tutte le rate arretrate in un’unica soluzione (il che è paradossale, perché se avevi 8 rate non pagate, devi pagarle tutte per riattivare). A volte vengono fatte deroghe: nel 2023 con Rottamazione-quater, chi era decaduto da vecchie rate ha potuto definire. Al momento, la regola è che dopo la decadenza non puoi più dilazionare quel debito, a meno che non intervenga un provvedimento (Milleproroghe 2023 aveva dato chance a chi decaduto nel 2019-21, etc.). Quindi non decadere è fondamentale.

Case particolari:

  • Se avete già un piano di rate e vi arriva un’altra cartella, potete chiedere un accodamento: ovvero inserire anche quella nel piano esistente (se di importo modesto spesso la aggiungono aumentando un po’ le rate).
  • Se l’importo totale dei piani in essere supera 120k? La soglia di 120k si intende per singola richiesta in genere, ma se avete più rate, state attenti a non sovra-indebitarvi con troppe rate parallele.

In conclusione, la rateizzazione è uno strumento chiave di difesa perché trasforma il “pagare subito tutto” in un “pagare gradualmente”, congelando nel frattempo le azioni esecutive. Molte situazioni di conflitto con AdER si risolvono proprio così: il contribuente che capisce di dover pagare, chiede e ottiene un piano sostenibile, e da lì niente più problemi purché rispetti i pagamenti.

Passiamo ora a parlare delle definizioni agevolate – come la rottamazione delle cartelle e il saldo e stralcio – che sono opportunità offerte dal legislatore per pagare meno del dovuto in certe circostanze, alleggerendo il carico di sanzioni e interessi.

Definizioni agevolate: rottamazione delle cartelle

Negli ultimi anni, lo Stato ha più volte varato provvedimenti di definizione agevolata dei carichi affidati all’Agente della riscossione, noti anche come “rottamazione delle cartelle”. Queste misure straordinarie permettono ai contribuenti di sanare i propri debiti pagando l’importo base (e talvolta una parte degli interessi) ed evitando di pagare sanzioni e interessi di mora. Sono quindi una sorta di “sconto” statale per favorire la chiusura delle pendenze. Vediamo cosa è successo fino ad aprile 2025 e quali opportunità sono attualmente presenti o di recente scadenza.

Cos’è la rottamazione delle cartelle

Il termine “rottamazione” è nato con il DL 193/2016, che introdusse la prima “Definizione agevolata” delle cartelle, un po’ come rottamare un’auto vecchia: ci si liberava del debito senza pagare tutto (non pagavi sanzioni e interessi). Da allora:

  • Rottamazione 2016 (edificata nel 2017): Definizione agevolata 1.0.
  • Rottamazione-bis (2017).
  • Rottamazione-ter (2018).
  • Saldo e Stralcio (2019) per alcuni debiti di persone in difficoltà (ne parliamo più avanti).
  • Rottamazione-quater (2023): introdotta con la Legge di Bilancio 2023, riguardante i debiti dal 2000 al 30 giugno 2022.

La Rottamazione-quater è quella attuale che ha scadenze nel 2023-2024, e per cui era prevista anche una riammissione straordinaria entro il 30 aprile 2025 per chi era decaduto (vedi ultimo Milleproroghe). Probabilmente è l’ultima edizione di questa saga, ma mai dire mai.

Principio base: la definizione agevolata consente di pagare solo il capitale e le spese, con l’azzeramento di sanzioni e interessi di mora. In alcune versioni, venivano abbuonati anche gli interessi da ritardata iscrizione a ruolo e l’aggio. In Rottamazione-quater, per esempio, il contribuente paga:

  • Il capitale (imposta, contributo, multa base con eventualmente l’aumento se è verbale di multa)
  • Le spese di notifica e eventuali diritti di procedura
  • Le spese di eventuali procedure (tipo spese per atti di pignoramento, se ce ne sono state)
  • L’indennità di aggio ridotta (solo la quota a rimborso spese vive, mi pare ~3%)
  • NON paga: le sanzioni (tributarie o le “maggiorazioni” per ritardato pagamento delle multe) e gli interessi di mora e da ritardata iscrizione a ruolo.

In parole povere, sulle cartelle da tributi questo significa risparmiare un bel ~30% (perché sanzioni tributarie son 30% minimo dell’imposta). Sulle cartelle da multe significa non pagare l’aumento di metà importo oltre la base e gli interessi (anche lì un buon taglio, anche se la multa di base va pagata per intero).

Chi può aderire: tutti i debitori, persone fisiche o imprese, per i carichi ammessi (non serve dimostrare difficoltà, è un diritto se leggi lo prevedono).

Quali debiti: solitamente la rottamazione include tutti i debiti affidati ad AdER in un certo intervallo di tempo, con alcune esclusioni (ad esempio: IVA UE, dazi, recuperi aiuti di Stato e altre cose “protette” non rottamabili; le multe stradali di solito si possono rottamare per la sola parte interessi e maggiorazioni, ma la multa base va sempre pagata; esclusi anche debiti da sentenze di condanna della Corte dei conti).

Nella rottamazione-quater 2023, i debiti dal 2000 al 30/6/2022 erano definibili, con domanda da farsi entro 30 giugno 2023 (poi prorogata a 31 luglio 2023). Il pagamento in massimo 18 rate fino al 2027.

Vantaggi: Ovvio sconto su sanzioni e interessi. Inoltre, mentre si paga a rate la definizione, si è protetti (stesso effetto sospensivo della rateizzazione ordinaria, anzi più forte: se uno aderisce, AdER sospende tutto in attesa che paghi, e se poi non paga, decade e tutto riprende).

Attualità (aprile 2025):

  • La rottamazione-quater è in corso per chi ha aderito nel 2023: le scadenze di pagamento sono state scaglionate (luglio, novembre 2023; poi 2024, 2025, ecc.). Purtroppo molti sono decaduti già alle prime rate di 2023.
  • Il Decreto Milleproroghe 2023 e la Finanziaria 2024 hanno previsto una riapertura dei termini per chi era decaduto subito: di fatto, chi ha saltato le prime due rate 2023 può chiedere di essere riammesso presentando domanda entro il 30 aprile 2025 e pagando entro il 31 luglio 2025 il dovuto 2023-25 in unica soluzione (oppure si può riprendere la dilazione se non hai pagato proprio nulla? i dettagli di questo andrebbero visti, ma il concetto: possibilità di rientrare nei benefici).
  • Non ci sono all’orizzonte (mentre scriviamo) nuove rottamazioni per i ruoli 2023-2025, anche se la delega fiscale 2023 ipotizza nuove misure di “pacificazione” ma nulla di concreto ancora.

Come aderire: (valido in passato, ora scaduto) – compilando un form online sul sito AdER (“Definizione agevolata”), indicando le cartelle che si vogliono rottamare (anche qui c’era area riservata con selezione atti). AdER risponde con comunicazione di quanto c’è da pagare in totale e le rate. Non c’era bisogno di fare calcoli, lo faceva AdER e inviava bollettini.

Cosa succede se non si paga una rata della rottamazione: si decade e si perde il beneficio. Quindi tornano dovute sanzioni e interessi come se nulla fosse (sottraendo eventualmente quanto versato su capitale). In genere non c’è possibilità di rateizzare poi quelle somme defalcate, ma in passato hanno concesso di sì (es. dopo rottamazione-ter hanno permesso di rateizzare il residuo per chi decaduto).

Attenzione: Rottamare una cartella significa rinunciare a eventuali contenziosi pendenti su di essa. Se avete un ricorso in corso e rottamate, dovete rinunciare al ricorso (o comunque, se poi lo portate avanti, perderà oggetto perché avete pagato). Quindi la definizione agevolata è un’alternativa al contenzioso, non un’aggiunta.

Perché lo Stato fa queste operazioni? Per incassare in breve tempo ciò che altrimenti forse non incasserebbe mai (le statistiche mostrano che tante cartelle non vengono mai pagate). E per dare respiro a chi è oppresso da sanzioni e more. Ovviamente c’è anche una questione di equità: chi ha pagato puntuale potrebbe storcere il naso, ma queste misure cercano di bilanciare gettito e solidarietà.

Cosa fare se un debito è definibile e non l’avete definito: al momento (2025) se non avete aderito entro luglio 2023, purtroppo quell’opportunità è persa, salvo se eravate decaduti e sfruttate la riammissione entro aprile 2025. Se ve ne siete accorti tardi, valutate se c’è stato un motivo di forza maggiore per fare ricorso (ma di solito i termini per aderire non vengono rimessi se uno li ha persi).

Importante: la definizione agevolata conviene quasi sempre se si vuole chiudere la posizione. L’unico scenario in cui potrebbe non convenire è se il debito è quasi prescritto o se si hanno motivi solidi per vincere al 100% in giudizio (in quel caso perché pagare anche il capitale?). Ma in caso di incertezza, a volte i contribuenti preferiscono rottamare e chiudere.

Il “Saldo e Stralcio” dei debiti

Un discorso a parte merita il cosiddetto Saldo e Stralcio, introdotto nel 2019 (Legge 145/2018) per alcune situazioni di grave difficoltà. Da non confondere con il saldo e stralcio “privato” (che è un accordo transattivo, di cui parliamo dopo nel contesto sovraindebitamento).

Il saldo e stralcio 2019 prevedeva che i contribuenti persone fisiche con ISEE fino a €20.000 potessero estinguere i debiti fiscali derivanti da omessi versamenti (tipo da dichiarazione) con un pagamento percentuale ridotto (16% se ISEE zero, 20% se ISEE sotto 8.500, 35% se ISEE tra 8.500 e 20.000). Era molto vantaggioso ma limitato a:

  • Persone fisiche.
  • Debiti derivanti da omesso versamento dichiarato e dagli omessi contributi (gestioni separate).
  • Non includeva multe o tributi accertati (solo carichi “dovuti” di base).
  • Richiedeva certificazione ISEE bassa.

Quella misura fu unica e non replicata poi. I termini passarono (aprile 2019). Chi ha aderito ha poi pagato in 5 rate fino al 2021. Chi decadde poté rientrare in rottamazione-ter.

Al 2025 non c’è un saldo e stralcio in corso, a parte che rottamazione-quater è aperta a tutti con sconto sanzioni (non c’è distinzione su base ISEE). Però il concetto di provvedimento dedicato ai più deboli potrebbe tornare in futuro.

Altre soluzioni per debitori in grave difficoltà: sovraindebitamento e transazione fiscale

Se una persona si trova con debiti molto alti, magari non solo col fisco ma anche con banche, fornitori, ecc., e non vede via d’uscita, esistono strumenti legali denominati procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (Legge 3/2012, ora confluita nel Codice della crisi d’impresa D.Lgs. 14/2019) che consentono di proporre un piano per liberarsi dei debiti pagando ciò che si può.

Per i privati cittadini (consumatori) c’è l’Esdebitazione del consumatore: in sintesi il debitore può rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) che lo aiuta a fare un piano di ristrutturazione (ad esempio: ho 100.000 € di debiti, propongo di pagarne 30.000 in 5 anni attingendo a stipendio e magari vendendo l’auto; chiedo lo stralcio del resto). Questo piano viene sottoposto al voto dei creditori (nel caso del consumatore puro, non c’è voto ma giudizio di meritevolezza) e poi omologato dal Tribunale. Se tutto va bene, il debitore paga le quote promesse e ottiene la liberazione da tutti i debiti residui.

All’interno di queste procedure, c’è la possibilità di fare una transazione fiscale con l’Agenzia delle Entrate e AdER, ossia includere i debiti tributari con uno stralcio anche del capitale (cosa che al di fuori non è concessa). Il Codice della crisi prevede espressamente che l’Agenzia delle Entrate possa accettare piani dove il pagamento delle imposte è inferiore al 100%, valutando la convenienza rispetto all’alternativa (ad esempio, se la persona andasse in liquidazione, quanto recupererebbero). Anche AdER per sanzioni e contributi può aderire.

Queste soluzioni sono estreme, spesso implicano l’intervento di professionisti (gestore della crisi, avvocati) e costi procedurali, ma per chi è totalmente sommerso dai debiti possono essere l’ultima spiaggia per ripartire puliti. Non le approfondiamo qui oltre, ma è giusto sapere che esistono.

In genere è meglio cercare di risolvere con rottamazioni e rateazioni, che sono più semplici, e ricorrere al sovraindebitamento giudiziario solo se proprio il debito è insostenibile e non ci sono patrimoni capienti (perché se uno ha beni, rischia di doverli liquidare in quella sede).

Novità legislative e giurisprudenziali

Il panorama della riscossione è in continua evoluzione. Facciamo un punto sulle principali novità normative e pronunce importanti intervenute negli ultimi tempi (2023-2025) che riguardano la difesa dalle cartelle esattoriali:

  • Riforma della riscossione (D.Lgs. 29 settembre 2023 n.119 e D.Lgs. 110/2024): Nel 2022 il Parlamento ha delegato il Governo a riformare la riscossione. Il Governo ha emanato due decreti attuativi:
    • Uno ha riformato il processo di assunzione e poteri di AdER (meno interessante per il cittadino).
    • L’altro (110/2024) ha introdotto le nuove norme di cui abbiamo parlato:
      • Discarico automatico dei ruoli dopo 5 anni (dal 2025 in poi, i ruoli non riscossi e senza azioni esecutive in corso vengono eliminati dalle liste di AdER dopo 5 anni, salvo che l’ente creditore si opponga dimostrando che il debito è ancora esigibile; attenzione, come detto questo non cancella il debito del contribuente ma decongestiona AdER. È più un fatto “interno” ma che potrebbe significare che debiti vecchi che non vi hanno mai perseguitato forse non vi tormenteranno più).
      • Aumento delle rate concedibili (fino a 120 come visto).
      • Estensione rate anche con semplice richiesta a 84,96,108 secondo il periodo (questo per dare subito più respiro).
      • Possibilità di prorogare una volta il piano rate in caso di peggioramento (se avete già una rateazione ma peggiora la vostra situazione economica, potete chiedere una proroga ulteriore per allungare i tempi di pari durata – in passato c’era già la proroga, ma ora la estendono in linea alle nuove durate).
      • Concentrazione della riscossione nell’accertamento: tendenza a far sì che sempre più tributi passino per accertamenti esecutivi (accorpando fase accertativa e riscossiva).
      • Semplificazioni varie: ad esempio per rimborsi fiscali se il contribuente ha debiti a ruolo (oggi se avete un rimborso, l’Agenzia delle Entrate lo trattiene per compensare ruoli, con questo si snellisce la procedura).
  • Stralcio automatico debiti fino 1.000 € (2000-2015): Normativa della Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022, commi 227-228) attuata nel 2023. Già discusso: se avevate mini-cartelle di quell’epoca e non risultano annullate, verificate perché avrebbero dovuto.
  • Rottamazione-quater e Riammissione 2025: Legge di Bilancio 2023 ha introdotto la definizione agevolata per i ruoli 2000-2022. Il Milleproroghe 2023 e la Legge di Bilancio 2024 hanno riaperto termini per chi non ha pagato le prime rate (riammissione entro 30/04/2025). Importante per chi magari aveva aderito e saltato i pagamenti: c’è un’ultima possibilità, altrimenti poi il debito ridiventa esigibile normalmente.
  • Cambio di denominazione Commissioni Tributarie: Da gennaio 2023, Commissioni Tributarie → Corti di Giustizia Tributaria. Cambiano i nomi ma per il contribuente in sostanza resta la “Commissione” di sempre. Introdotta anche la figura del giudice monocratico per le cause di valore fino a 3.000€ (ora decide un giudice solo in primo grado, anziché un collegio, per cause minori, velocizzando forse le decisioni).
  • Processo tributario più favorevole al contribuente: Sempre la riforma L.130/2022 ha introdotto alcune novità:
    • La prova testimoniale è ora ammessa nel processo tributario (prima era vietata), seppur con forme scritte. Ciò può aiutare i contribuenti in certi casi a dimostrare fatti (ad esempio, potrebbe essere utile per provare una mancata notifica? Difficile, ma chi lo sa).
    • Il principio del “non oltre il ragionevole dubbio” in caso di incertezza su fatti di causa: se la prova è in bilico, dev’essere deciso in favore del contribuente (rafforzamento del favor rei).
  • Cassazione Sezioni Unite 2025 sulla competenza per prescrizione post-cartella: Già analizzata: sent. 2098/2025. Ha stabilito chiaramente che la giurisdizione è tributaria anche per la prescrizione maturata dopo la notifica della cartella. Così finisce il contrasto su giudice ordinario vs tributario. Ciò significa che se state eccependo prescrizione di un tributo, dovete rivolgervi sempre al giudice tributario (Corte Giustizia Tributaria), e non più al tribunale esecuzioni, anche se la questione emerge durante un pignoramento. Questo è importante per non sbagliare foro. L’altra faccia della medaglia: il giudice ordinario se investito di una opposizione del genere la dichiarerà inammissibile per difetto di giurisdizione. Quindi occhio: prima se ne discuteva, ora c’è sentenza SU, quindi è definitivo.
  • Cassazione SU 2020 su impugnabilità estratti di ruolo: Le SU con sent. 19704/2015 avevano aperto all’impugnazione di estratti di ruolo anche senza notifica cartella, per far valere ad esempio nullità notifica. Nel 2020-2021 ci sono state evoluzioni: SU 7822/2020 e SU 26283/2022 hanno un po’ chiuso il cerchio dicendo che si può impugnare l’estratto di ruolo solo se c’è un interesse concreto e attuale, cioè se da quell’estratto risulta una cartella mai notificata e AdER sta facendo qualcosa (fermo, pignoramento) su di essa. Se è solo teorico, non puoi. Questo è stato recepito dal legislatore: il DL 146/2021 art. 3-bis ha proprio vietato l’impugnazione preventiva di estratti di ruolo in assenza di atto della riscossione. Quindi, tradotto: non potete più andare in Commissione dicendo “Ho scoperto questa cartella mai notificata, annullatemela”, a meno che non vi abbiano nel frattempo notificato un intimazione o altro che vi dà l’interesse. Per il contribuente, vuol dire meno possibilità di risolvere in via anticipata, purtroppo bisogna aspettare la mossa di AdER.
  • Tutela del terzo pignorato più chiara: Alcune modifiche normative (L. 176/2020) hanno precisato che se la banca riceve pignoramento su conto con stipendio/pensione, deve sbloccare il minimo vitale. Questo è per uniformare la prassi.
  • Interventi sui pignoramenti immobiliari in pandemia: Nella fase Covid c’era stato un blocco delle espropriazioni immobiliari sulla prima casa, e un allungamento dei termini. Ormai superato.
  • Codice della crisi d’impresa 2022: Ha introdotto la possibilità di transazione fiscale “automatica” nelle procedure di composizione negoziata e piani di ristrutturazione debiti approvati dal tribunale anche senza voto AE se il trattamento proposto non è inferiore a quello dei chirografari. Questo è molto specialistico: in pratica lo Stato si è dato un criterio per cui in certe procedure concorsuali minori, se la proposta al fisco è di prendere X% come gli altri, vale anche senza voto contrario.
  • Prescrizioni contributi previdenziali: segnalazione storica: Cass. SSUU 23397/2016 ha chiuso la diatriba contributi 5 o 10 anni, affermando che tutti i contributi pensionistici dal 1996 in poi vanno in prescrizione 5 anni (prima era 10 se con atti interruttivi degli enti). Questo è storia ma molti ancora non lo sanno e credono i contributi siano 10 anni: no, 5 anni (a meno di provvedimenti specifici).
  • Tutela del contribuente nel processo penale tributario: Questa è tangente: se avete in corso un procedimento penale per reati tributari e siete in fase di riscossione, sappiate che pagare il dovuto (o anche patteggiare nel penale) può ridurre sanzioni e interessi nel tributario. Inoltre, a volte, l’instaurazione di un sequestro penale su beni per equivalente potrebbe frenare AdER dal pignorarli (perché già vincolati penalmente). Sono questioni particolari che se vi riguardano dovrete affrontare con legali specializzati.
  • Delega fiscale 2023: In discussione, potrebbe portare nei prossimi anni ulteriori novità: ad esempio si parla di unificazione di alcuni tributi, di centralizzazione riscossione locale in AdER (oggi alcuni Comuni vanno ancora con ingiunzioni proprie), di norme per rendere permanente un meccanismo di “concordato preventivo biennale” per piccoli importi. Sono tutte ipotesi per ora.

In generale, le tendenze che emergono sono:

  • Maggior favore nel concedere rate e occasioni di sanatoria (visto negli ultimi anni).
  • Maggior rigore però nella procedura: ad esempio, definire la competenza giusta dei giudici, evitare contenziosi su estratti di ruolo inutili, ecc.
  • Digitalizzazione spinta: oggi quasi tutto viaggia via telematica (cartelle via PEC, ricorsi online, pagamenti online).
  • Attenzione ai contribuenti in difficoltà: l’ISEE utilizzato per decidere rate lunghe, gli stralci mini debiti, i vari condoni per ridare ossigeno.

Rimanere informati è essenziale: un provvedimento di condono può farvi risparmiare migliaia di euro se colto per tempo; una sentenza come quella delle SU su prescrizione vi fa capire meglio dove agire.

Errori più comuni e come evitarli

In conclusione, facciamo una panoramica degli errori più frequenti che i cittadini commettono di fronte alle cartelle esattoriali, e di come invece sarebbe opportuno comportarsi.

1. Ignorare la cartella sperando che si risolva da sola:
Errore classico. Molte persone, per paura o sottovalutazione, mettono la cartella in un cassetto e non fanno nulla. Questo purtroppo è l’errore più grave, perché la cartella ignorata diventa definitiva e porta poi a pignoramenti. Cosa fare invece: affrontare subito la situazione. Aprire quel plico, capire di che debito si tratta e scegliere un’azione (pagare, contestare, rateizzare). Non sparirà da sola – anzi, peggiorerà.

2. Non ritirare le raccomandate/PEC:
Alcuni pensano: “Non ho ritirato la raccomandata, quindi non so niente, quindi non mi possono fare nulla.” Sbagliato. La notifica per compiuta giacenza (dopo i tentativi di consegna) è legale e vale come se aveste ricevuto. Idem la PEC: se non la leggete è comunque consegnata. Cosa fare invece: sempre ritirare e leggere le comunicazioni. Almeno sapete cosa succede e potete reagire. Al limite, se vivete altrove, aggiornate la residenza così mandano a indirizzo giusto.

3. Farsi prendere dal panico e pagare subito senza verificare:
A volte per paura, persone pagano immediatamente qualsiasi cartella arrivi, anche se magari è sbagliata o prescritta. Cosa fare invece: mantenere la calma, verificare legittimità. Se il debito è dovuto e potete permettervelo, pagare subito è ok (evitate interessi). Ma se avete dubbi (es. “io questa tassa l’ho pagata!”), prendetevi il tempo di controllare e cercare ricevute, o chiedere chiarimenti, prima di sborsare soldi non dovuti.

4. Lasciar scadere i termini di ricorso/autotutela:
A volte si pensa “eh ci vorrebbe un avvocato, troppo sbattimento, vedrò più avanti”. E così trascorrono i 60 giorni e la cartella non è più impugnabile. Cosa fare invece: se avete un valido motivo di opposizione (es. prescrizione, vizio di notifica), almeno inviate una PEC in autotutela entro i 60 giorni, o ancor meglio preparate ricorso. Potete anche depositare ricorso da soli se la cifra non è enorme, tanto per bloccare i tempi, poi eventualmente nominerete un difensore. L’importante è non far passare del tutto il termine senza nulla. Ricordate: l’istanza di autotutela non sospende i 60 giorni, quindi o ottenete risposta formale di annullamento, oppure ricorso va fatto entro i 60.

5. Rateizzare e poi non rispettare le rate:
Chiedere la dilazione e poi non pagare le rate è controproducente: dopo accumulate arretrati, decadenza e AdER vi si avventa con il doppio dell’energia. Cosa fare invece: prima di chiedere X rate, valutate se potete davvero sostenerle. È meglio chiedere subito il massimo delle rate possibili, in modo da avere importi più bassi, e magari pagare un po’ prima se potete, piuttosto che prendere un impegno troppo gravoso e poi saltare. Se avete difficoltà temporanee, contattate AdER prima di saltare la rata: a volte danno 1-2 mesi di respiro se motivato (ad esempio per allineare scadenze al 28 del mese quando avete stipendio). Pianificate bene il budget.

6. Non comunicare eventuali pagamenti già fatti:
Succede di pagare un tributo direttamente all’ente e poi arriva la cartella perché il ruolo era già partito. Alcuni ignorano pensando “avranno sbagliato, se ne accorgeranno”. Eh no, AdER non può sapere del vostro pagamento se l’ente non gli ha tolto il ruolo. Cosa fare invece: inviare subito la prova di pagamento a AdER chiedendo la sospensione. Se aspettate, AdER tratterà il debito come non pagato e magari vi pignora soldi ingiustamente.

7. Cambiare casa senza aggiornare la residenza:
Molti problemi nascono perché le notifiche vanno a vuoto al vecchio indirizzo. L’ente notifica, voi non lo sapete e poi anni dopo vi trovate un fermo. Cosa fare: se vi trasferite, fate subito il cambio di residenza in Comune; inoltre, per i professionisti, aggiornare l’indirizzo PEC altrimenti atti vanno su PEC vecchia. Ci sono casi in cui, anche col cambio, possono notificare al vecchio se l’hanno saputo dopo, ma in generale aggiornare riduce i rischi.

8. Sottovalutare i piccoli debiti:
“È solo una multa da 100 euro, chissenefrega”. Poi diventano 300 con more, poi 1000 con spese, poi vi trovate il fermo auto. Cosa fare: non prendere sottogamba i “mini-debiti”. Se potete, risolveteli subito, o cumulateli in una definizione agevolata se c’è, perché comunque l’Agente li recupera unendo tanti piccoli. Lo stralcio 2023 li ha cancellati, ma per il futuro non contate sempre su condoni: pagare 50€ oggi è meglio di 500 domani.

9. Pensare che “Equitalia è cattiva e può tutto, non c’è niente da fare”:
Questa rassegnazione porta a non attivarsi. Invece ci sono tutele, come abbiamo visto: la prima casa protetta, il quinto dello stipendio, i ricorsi, ecc. Cosa fare invece: informarsi (come state facendo leggendo questa guida!), capire i propri diritti e farli valere. Se AdER sbaglia, andate dal giudice, spesso vi darà ragione. Se AdER ha ragione, cercate soluzioni (rate, rottamazioni). Ma non pensate di essere in balia totale: la legge bilancia potere di riscossione e diritti del contribuente.

10. Rivolgersi in ritardo ai professionisti (o farlo con quelli sbagliati):
Capita che solo dopo un pignoramento uno chiami l’avvocato, quando magari col suo aiuto il pignoramento si poteva evitare mesi prima. Oppure qualcuno si affida a sedicenti “società debiti zero” che chiedono soldi e promettono miracoli inesistenti. Cosa fare: se la situazione è intricata e importante, scegliete un professionista serio in tempi utili. Un avvocato tributarista o un commercialista esperto di cartelle può farvi risparmiare denaro e ansie. Diffidate di chi propone magie (tipo “abbiamo il metodo per annullare tutte le cartelle!”) perché spesso vendono fumo.

11. Non conservare i documenti di pagamenti e notifiche:
Spesso la difesa sta nel pezzo di carta: es. la ricevuta di un pagamento fatto, o la busta verde di una notifica arrivata oltre termine. Se uno butta via tutto o non archivia, poi in giudizio non ha come provare. Cosa fare: conservate ordinatamente ricevute F24, ricevute postali, PEC ricevute di consegna, ecc. Ormai fate una cartella sul PC con pdf di tutte queste cose e backup. Quando serviranno, li avrete pronti.

12. Confondere i ruoli dei vari enti:
A volte ci si lamenta con AdER di cose che competono all’ente creditore (tipo “l’importo di questa tassa è troppo alto” – AdER esige, non può ridurlo lei). Oppure si fa ricorso al giudice sbagliato. Cosa fare: capire chi decide cosa. Se contestate il merito di un tributo, dovete prendervela con l’Agenzia Entrate in Commissione tributaria. Se la cartella ha un vizio di notifica, AdER è controparte formale ma è collegato all’ente. Questa guida aiuta a orientarsi; in caso di dubbi, chiedete a un esperto “devo fare ricorso contro chi e dove?” per non sbagliare foro.

Ripassare questi errori comuni e relativi rimedi vi aiuta a non incappare nelle stesse trappole in cui altri sono già caduti. Le cartelle esattoriali non sono un fenomeno raro o una punizione biblica: sono atti amministrativi con cui, se ben gestiti, si può trovare una via d’uscita. Che sia farle annullare perché sbagliate, o pagarle in modo sostenibile se giuste, l’importante è gestirle attivamente.

Altri strumenti a disposizione del cittadino

Oltre alle classiche vie di ricorso e agli istituti già trattati (rateazione, rottamazione, sospensione, ecc.), esistono altri strumenti e accorgimenti che un cittadino può utilizzare nel contesto delle cartelle esattoriali:

  • Compensazione di crediti e debiti tributari: Se da un lato avete un debito con AdER, ma dall’altro vantate un credito verso l’Agenzia delle Entrate (ad esempio un rimborso IRPEF che vi spetta) o verso un ente pubblico, in alcuni casi è possibile compensare. La compensazione “classica” avviene in F24, ma quella vale prima che il debito diventi cartella. Una volta a ruolo, non potete più compensare con F24. Tuttavia, esiste la compensazione “inter ente” per cui l’Agenzia delle Entrate, quando deve erogarvi un rimborso fiscale, controlla se avete debiti iscritti a ruolo: se sì, blocca il rimborso e lo segnala ad AdER. Se il debito è definitivo, il rimborso viene usato per pagare il debito (fino a concorrenza). Questo di fatto è una compensazione. Come cittadino, potete anche segnalare voi la cosa: se sapete di avere un credito e un debito, chiedete all’ufficio di usarlo in acconto sul debito. Non è un vostro diritto automatico fare “autocompensazione” post-cartella, ma nella pratica i sistemi tendono già a farlo. Diverso scenario: compensazione giudiziale: se siete creditore verso la PA (esempio: siete un fornitore del Comune, e avete fatture da incassare, ma avete debiti Equitalia), potreste in sede civile opporre in compensazione il vostro credito per far dichiarare estinto il debito verso AdER. Ci sono stati casi di successo appellandosi all’art. 1243 c.c. Però attenzione, se il debito è con Erario e il credito con Comune, non si compensano di diritto, serve appunto una pronuncia. Insomma, è complesso. Più utilmente: se avete crediti commerciali con la PA, sappiate che esiste l’obbligo di ottenere il DURC fiscale prima dei pagamenti se i crediti superano 5k: il MEF chiederà a AdER se avete ruoli >5k; se sì, vi invitano a regolarizzare (pagare o rateizzare) entro 60 gg, se non lo fate, scatta la compensazione forzata e usano quel credito per pagare il ruolo. Quindi qui lo Stato già si tutela.
  • Istanza di sgravio in autotutela all’ente creditore: Ne abbiamo parlato poco direttamente, ma mentre fate la sospensione AdER, è bene anche presentare un’istanza diretta all’ente (es. Agenzia Entrate) per chiedere l’annullamento del debito. L’ente può recepire e decidere anche se AdER non vi sospende. Ad esempio, potreste rivolgervi alla Commissione tributaria se siete fuori tempo, ma in parallelo fare istanza all’Agenzia, e l’Agenzia in autotutela può annullare un avviso/certella anche se i termini di ricorso sono decorsi, in presenza di evidente errore o giurisprudenza sopravvenuta. Non è un diritto esigibile, è discrezionale, ma tentare a volte porta frutto.
  • Piano del consumatore/accordo ristrutturazione debiti (già accennati): li ritiriamo fuori qui per dire: se proprio avete tanti debiti di vario genere, valutate la procedura di sovraindebitamento. AdER partecipa come creditore e spesso accetta piani con sconto sul debito, specie se c’è un minimo garantito (chessò, offrite il 30% in 4 anni su cartelle vecchie e voi non avete niente di pignorabile a parte lo stipendio; può convenire a loro incassare 30% piuttosto che nulla). Ci vuole il via libera del giudice, ma c’è questa chance.
  • Stralcio per inesigibilità su contestazione ente creditore: Con il nuovo discarico automatico, se l’ente creditore (tipo un Comune) rileva che un suo credito è prescritto o decaduto, può chiederne la cancellazione a AdER. Quindi anche l’ente creditore è vostro (parziale) alleato in alcuni casi: ad esempio, se un Comune si accorge che ha dato a ruolo una multa tardiva, potrebbe dire ad AdER “annulla perché è decaduta” (lo farà? dipende dalla correttezza dell’ente e dal meccanismo che il MEF implementerà). In ogni caso, spingere l’ente creditore a riconoscere la prescrizione e a comunicarlo a AdER è un’altra via. Come spingere? Con diffide, con esposti al Garante del Contribuente, con petizioni se è grosso (o col ricorso giudiziale, che di fatto costringe l’ente a venire in giudizio e ammettere se è prescritto).
  • Segnalazione di errori a organi di controllo: Se rilevate comportamenti scorretti da AdER (es. violazione dell’obbligo di sospendere a fronte di prova di pagamento), potete segnalarlo al Ministero delle Finanze (che vigila su AdER) o alla Corte dei Conti (se ci fossero danni erariali). Non è uno strumento immediato di difesa, ma a volte una lettera protocollata al Direttore Regionale AdER o all’ufficio di vigilanza può sbloccare situazioni.
  • Mediazione tributaria: Oggi per le controversie fino a 50.000 € con Agenzia Entrate è obbligatorio presentare prima reclamo/mediazione (cioè presenti ricorso e l’Agenzia ha 90 giorni per eventualmente mediare). Questo vale per atti dell’Agenzia Entrate (avvisi di accertamento, etc.), ma non per le cartelle in sé (dove l’atto è di AdER). Però se contestate la cartella per un vizio dell’ente (tipo un avviso non notificato) formalmente il reclamo non serve perché la parte in giudizio è AdER/ente locale, non c’è mediazione. Tuttavia, potete comunque negli incontri col funzionario in causa arrivare a un accordo: l’AdER o l’ente potrebbe rinunciare parzialmente. La mediazione non è formalizzata per cartelle, ma nulla vieta all’ente di accogliere parzialmente prima della sentenza.
  • Chiedere dilazione in sede esecutiva (art. 19 DPR 602/73 comma 1-quater): se siete sotto pignoramento, c’è un’ipotesi per cui, anche se decaduti da rate, l’agente può concedere una nuova dilazione pagando subito almeno 1/5. È un po’ come la conversione del pignoramento ma in via amministrativa. Introdotta qualche anno fa (credo art.19 co. 1-quater DPR 602). In pratica, se un pignoramento è in corso, AdER può ancora accordare un piano al di fuori del tribunale, specie se date un acconto. Non è un diritto, è lasciato alla discrezionalità (forse con autorizzazione dell’ente creditore se rilevante). Ma potete sempre provarci: “caro AdER, sto vendendo un immobile tra 3 mesi, intanto ti do il 20% e ti chiedo di sospendere l’asta, e poi saldo alla vendita”. AdER preferirà così piuttosto che rischiare di non vendere nulla all’asta.
  • Ravvedimento operoso su atti non a ruolo: Questo più che difendersi è prevenire: se avete ricevuto un avviso di accertamento e siete nei termini, fate ravvedimento o accettate definizioni prima che diventi cartella. Meno carico a ruolo, meno problemi dopo. Cioè, non aspettate la cartella se siete già in fase precedente e potete definire lì con sconto sanzioni (ravvedimento o definizione agevolata dell’accertamento, ecc.).
  • Adesione alla rottamazione anche durante il pignoramento: se un pignoramento è in corso e arriva una legge di rottamazione, potete aderire e chiedere al giudice la sospensione dell’esecuzione per intervenuta definizione agevolata in corso. Di solito viene concessa perché c’è una norma che sospende i carichi definibili. Ad esempio nel 2023 chi aveva pignoramenti in corso per ruoli rottamabili poteva far sospendere presentando la ricevuta di domanda rottamazione.

In sintesi, il cittadino ha molteplici frecce al proprio arco:

  • Preventive: buona condotta fiscale, ravvedimenti, pagare il giusto, evitare ruoli.
  • Difensive: ricorsi, sospensioni, eccezioni legali.
  • Deflattive: rate, rottamazioni, accordi, procedure concorsuali.
  • Informative: conoscere i propri diritti (grazie allo Statuto del Contribuente), rivolgersi al Garante in caso di violazioni gravi (il Garante può chiedere il riesame di atti palesemente sproporzionati o inviati in violazione di norme statutarie).
  • Ultima ratio: la legge offre persino la possibilità, in casi estremi, della “remissione del debito” (come concetto di esdebitazione) dopo liquidazione del patrimonio (si esce puliti dopo aver dato tutto ciò che si aveva). Non è mai l’auspicio, ma c’è anche quello.

Con questo panorama, un cittadino informato può affrontare la questione delle cartelle esattoriali in modo consapevole e proattivo. La parola chiave è “attivarsi”: non subire passivamente, ma usare gli strumenti disponibili. Difendersi dalle cartelle esattoriali significa proprio questo: conoscere il funzionamento del sistema e muoversi di conseguenza per tutelare i propri diritti, minimizzare i danni economici e, quando possibile, ottenere giustizia rispetto a pretese infondate.

Cartelle Esattoriali: Perché Affidarsi a Studio Monardo

Hai ricevuto una o più cartelle esattoriali che non riesci a pagare? Ti trovi sommerso da debiti fiscali, contributivi o multe, notifiche di preavvisi di fermo, pignoramenti o intimazioni di pagamento?

Oggi la legge ti offre strumenti concreti per ristrutturare il debito contenuto nelle cartelle esattoriali, bloccare le azioni esecutive e, in molti casi, cancellare parte delle somme dovute, anche con l’accordo diretto dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo ti consente di affrontare questa situazione con una strategia seria, legale e realmente risolutiva.

Cosa fa per te l’Avvocato Monardo

L’Avvocato Giuseppe Monardo ti guida in ogni fase:

  • Verifica se le cartelle sono corrette o impugnabili
  • Costruisce con te una strategia di rientro, saldo e stralcio o difesa giudiziaria
  • Collabora con commercialisti e OCC per attivare la procedura più adatta
  • Presenta la domanda di accesso alle procedure al giudice competente
  • Ti assiste fino alla sospensione o alla chiusura definitiva del debito

Le qualifiche dell’Avvocato Giuseppe Monardo

L’Avvocato Monardo è:

  • Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, iscritto presso il Ministero della Giustizia
  • Fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC)
  • Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa, abilitato secondo il D.L. 118/2021
  • Coordinatore di una rete nazionale di avvocati e commercialisti specializzati in diritto tributario, bancario ed esecutivo

Con queste qualifiche, può intervenire tempestivamente e legalmente su ogni tipo di cartella esattoriale, con strumenti efficaci e autorizzati.

Perché agire subito

Rimandare l’intervento ti espone a:

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Agire con l’Avvocato Monardo significa bloccare la spirale, tutelare il tuo patrimonio e ottenere una soluzione vera e definitiva.

Conclusione

Le cartelle di pagamento non sono una condanna senza via d’uscita.
Con gli strumenti giusti e l’assistenza legale adeguata, puoi ristrutturare il tuo debito, ridurre le somme dovute e chiudere con serenità la tua esposizione fiscale.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa avere al tuo fianco un professionista esperto, abilitato e operativo su tutto il territorio nazionale, che ti aiuta a voltare pagina in modo sicuro e legale.

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Leggi con attenzione: Se stai affrontando difficoltà con il Fisco e hai bisogno di una rapida valutazione delle tue cartelle esattoriali e dei debiti, non esitare a contattarci. Siamo pronti ad aiutarti immediatamente! Scrivici su WhatsApp al numero 351.3169721 oppure inviaci un’e-mail all’indirizzo info@fattirimborsare.com. Ti ricontatteremo entro un’ora per offrirti supporto immediato.

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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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