Come Posso Rinegoziare Il Mio Debito Con Le Banche?

Vuoi rinegoziare il debito con le banche?

Qui di seguito troverai la nostra guida di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in rinegoziazioni e cancellazione debiti con le banche.

In fondo alla guida, per richiedere una consulenza, troverai poi tutti i dettagli per contattare il nostro Studio Legale specializzato.

Guida Per Rinegoziare Il Mio Con Le Banche

Introduzione

Le famiglie italiane si trovano sempre più spesso a dover gestire situazioni di sovraindebitamento, ossia quando i debiti superano la capacità di rimborso regolare con i propri redditi. Mutui, prestiti personali, carte di credito e spese impreviste possono accumularsi fino a diventare insostenibili. Di fronte a rate arretrate, minacce di pignoramenti o un budget familiare in rosso, molti si chiedono: “Come posso rinegoziare il mio debito con le banche e tornare a respirare?”. Questa guida, aggiornata ad aprile 2025, offre una panoramica completa e accessibile di tutte le soluzioni disponibili per privati e famiglie in difficoltà economica: dai tentativi di accordo bonario con le banche, fino agli strumenti legali previsti dalla normativa (la cosiddetta “Legge Salva Suicidi” n. 3/2012 e il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza).

Affronteremo dapprima le cause comuni dell’indebitamento e le tipologie di debiti più diffuse, per poi illustrare come avviare una negoziazione stragiudiziale con gli istituti di credito (ad esempio tramite piani di rientro o saldo e stralcio) e come rinegoziare mutui e finanziamenti. Successivamente, approfondiremo in dettaglio tutti gli strumenti legali di composizione della crisi da sovraindebitamento, come gli accordi con i creditori, il piano del consumatore, la liquidazione controllata dei beni e l’esdebitazione finale (ossia la liberazione dai debiti residui). Verranno esaminati la normativa vigente (inclusi gli ultimi aggiornamenti del Codice della Crisi fino al 2024) e i requisiti per accedere a queste procedure, integrando giurisprudenza recente e prassi operative di banche, OCC (Organismi di Composizione della Crisi) e tribunali italiani.

Non mancheranno esempi pratici e casi di successo che dimostrano come sia possibile, con gli strumenti giusti, evitare il tracollo finanziario e ottenere una seconda chance. Infine, una sezione conclusiva elencherà tutte le fonti (leggi, sentenze, articoli, modulistica) citate nella guida, per chi desiderasse approfondire ulteriormente.

In sintesi: questa guida si propone di essere un vademecum chiaro e completo per ogni cittadino indebitato che voglia capire quali strade concrete esistono per rinegoziare i debiti con le banche e tornare a una situazione sostenibile, il tutto con un linguaggio semplice ma giuridicamente accurato.

Cause Comuni dell’Indebitamento

Prima di esaminare le soluzioni, è utile comprendere perché tante famiglie cadono nel vortice dei debiti. Le cause dell’indebitamento possono essere molteplici e spesso si sommano tra loro:

  • Perdita o riduzione del reddito: la perdita del lavoro, la cassa integrazione o una riduzione dello stipendio possono far saltare l’equilibrio economico familiare, rendendo difficile sostenere le rate di mutui e prestiti precedentemente accessibili.
  • Spese impreviste e urgenti: gravi malattie, incidenti, spese mediche non coperte dal SSN, lutti in famiglia, separazioni o altri eventi improvvisi possono costringere a fare debiti extra. Anche danni alla casa o all’auto, se non assicurati, possono richiedere prestiti d’emergenza.
  • Eccessivo ricorso al credito al consumo: un uso disinvolto di carte di credito, finanziamenti per beni di consumo o prestiti facili può portare ad accumulare molte piccole rate mensili. Sommate insieme, queste possono diventare insostenibili se non c’è una pianificazione attenta.
  • Mancanza di educazione finanziaria: molte famiglie non tengono un budget mensile e non hanno consapevolezza del proprio limite di spesa. Ciò porta ad indebitarsi oltre le proprie possibilità (ad esempio acquistando casa o auto più costose di quanto ci si possa permettere).
  • Tassi d’interesse crescenti e condizioni contrattuali sfavorevoli: chi ha sottoscritto mutui a tasso variabile o prestiti con tassi elevati può trovarsi in difficoltà quando i tassi salgono o in caso di penali e oneri aggiuntivi. Ad esempio, nel 2022-2023 l’aumento dell’Euribor ha fatto lievitare le rate di molti mutui a tasso variabile, mettendo in difficoltà finanziaria migliaia di famiglie.
  • Comportamenti compulsivi o dipendenze: in alcuni casi, il sovraindebitamento deriva da ludopatia (gioco d’azzardo patologico) o altre dipendenze che portano la persona a contrarre debiti ingenti. La giurisprudenza ha talvolta riconosciuto queste situazioni come “cause di forza maggiore” non imputabili interamente al debitore, mostrando una certa comprensione verso il sovraindebitato affetto da ludopatia (ritenendolo incolpevole riguardo ai debiti contratti ).

Queste cause spesso si intrecciano: ad esempio, la perdita del lavoro può costringere a usare carte di credito per le spese quotidiane, o una malattia può portare a chiedere prestiti su prestiti. Il risultato è che, senza un intervento tempestivo, i debiti crescono a valanga con interessi di mora, spese legali e penali per ritardato pagamento. Sapere perché si è giunti al sovraindebitamento è importante anche in vista di eventuali procedure di composizione della crisi, poiché alcune soluzioni legali (come il piano del consumatore) richiedono che l’indebitamento non sia stato causato da colpa grave o mala fede del debitore (lo vedremo in dettaglio più avanti).

Dato preoccupante: secondo un rapporto presentato a novembre 2024, nel corso del 2023 ci sono state ben 7.748 procedure formali di sovraindebitamento avviate in Italia, con un incremento significativo rispetto agli anni precedenti. Ciò indica che sempre più famiglie in difficoltà cercano soluzioni strutturate per uscire dai debiti. Tra queste procedure, il 55% riguarda la liquidazione controllata (segno che oltre metà dei sovraindebitati non riesce a proporre piani di rientro e deve ricorrere alla liquidazione dei beni). Questa statistica sottolinea quanto sia importante conoscere per tempo tutte le opzioni disponibili, per poter scegliere la strada meno traumatica e più adatta al proprio caso.

Tipologie di Debiti con le Banche

Non tutti i debiti sono uguali, e comprendere la natura del proprio debito aiuta a individuare le strategie di rinegoziazione più efficaci. Ecco le principali tipologie di debito che tipicamente gravano sulle famiglie e i privati:

  • Mutuo ipotecario sulla casa: è spesso il debito più grande e prioritario. La rata del mutuo assorbe una parte importante del reddito mensile. Se si accumulano ritardi nel pagamento (rate arretrate), la banca può avviare la procedura di pignoramento e vendita all’asta dell’immobile. Rinegoziare un mutuo (ad esempio allungando la durata o ottenendo un tasso più basso) può ridurre significativamente l’esborso mensile.
  • Prestiti personali e cessione del quinto: prestiti erogati per liquidità, acquisto auto, ristrutturazioni, ecc. Spesso hanno tassi più alti del mutuo e durate più brevi, con rate consistenti. La cessione del quinto (rate trattenute dallo stipendio o pensione) garantisce il creditore ma riduce il reddito netto disponibile per il debitore, che può faticare a sostenere altre spese.
  • Carte di credito revolving e scoperti di conto: il credito rotativo delle carte (dove si paga solo una quota mensile) comporta tassi elevati e allunga il debito nel tempo. Molti cadono nella trappola di pagare solo il minimo, vedendo però il debito che non cala mai. Anche andare in rosso sul conto corrente genera commissioni e interessi (cd. interessi di sconfinamento) significativi.
  • Finanziamenti finalizzati e leasing: rate per acquisto di elettrodomestici, telefoni, mobili, oppure leasing per auto e altri beni. Questi impegni, sommati tra loro, possono erodere gran parte del reddito disponibile se non calibrati bene. In caso di insolvenza, si rischia la perdita del bene (ripresa del bene in leasing) e comunque di dover saldare eventuali differenze.
  • Debiti fiscali e verso l’erario: sebbene non “con le banche”, molti privati hanno debiti con Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) per tasse, multe o contributi non pagati. È importante menzionarli perché fanno parte del carico di debiti totali di una famiglia. Lo Stato offre strumenti specifici (rateizzazioni fino a 72-120 rate, “rottamazioni” o saldo e stralcio per cartelle esattoriali in alcune circostanze), che vanno coordinati con la rinegoziazione dei debiti bancari. Un piano di rientro globale deve tenere conto anche di queste posizioni.
  • Debiti verso privati o altri creditori: ad esempio fornitori, parenti, soci. Nell’ambito di una composizione della crisi, anche questi dovranno essere inclusi se si opta per soluzioni legali. Tuttavia, la negoziazione stragiudiziale di solito si concentra sui creditori più “strutturati” (banche, finanziarie, fisco) mentre con parenti o amici spesso si trovano accordi informali.

Conoscere il tipo di debito è fondamentale perché ogni categoria può offrire margini diversi di trattativa. Ad esempio, una banca potrebbe essere più disponibile a rinegoziare un mutuo (magari convertendo un tasso variabile in fisso o spostando in coda le rate arretrate) piuttosto che un credito revolving già scaduto su cui ha già messo a perdita l’importo. Inoltre, alcuni debiti hanno tutele legali specifiche: i mutui prima casa godono di alcune agevolazioni e fondi di garanzia statali, i debiti fiscali possono essere dilazionati per legge, ecc. Nel prosieguo vedremo come modulare la strategia in base alla natura dei debiti.

Importante: se avete garanti o coobbligati (es. un parente che ha firmato come garante del mutuo o un prestito cointestato col coniuge), ricordate che qualsiasi azione o inadempimento sul debito coinvolgerà anche loro. Rinegoziare il debito con la banca in questi casi protegge non solo voi ma anche chi ha garantito per voi. Ad esempio, se riuscite a evitare il default su un prestito, il garante non verrà escusso dalla banca. La legge sul sovraindebitamento, inoltre, equipara spesso il garante “persona fisica” a un consumatore, permettendogli di accedere a procedure di sollievo se costretto a pagare per il debitore principale.

Affrontare il Problema del Debito: Primi Passi

Trovarsi sommersi dai debiti può generare stress, ansia e persino vergogna, spingendo molti a procrastinare o ignorare il problema. Questo è l’errore più grande. Prima si affronta la situazione, maggiori sono le chance di risolverla positivamente. Ecco alcuni consigli operativi iniziali:

  • Analizzate la vostra situazione finanziaria in modo completo: fate un elenco di tutti i debiti (capitale residuo, rata, tasso d’interesse, eventuali arretrati), delle scadenze e dei creditori. Allo stesso tempo, calcolate con onestà il vostro bilancio familiare: entrate mensili (stipendi, pensioni) e spese essenziali (casa, bollette, alimenti, trasporti). Questo vi darà un quadro chiaro di quanta liquidità avete per rimborsare i debiti e quali debiti sono più critici.
  • Prioritizzate i debiti più importanti: non tutti i debiti hanno lo stesso grado di urgenza. Ad esempio, l’affitto o la rata del mutuo per la prima casa va considerata prioritaria (per non perdere l’abitazione), così come eventuali spese mediche indispensabili. I debiti garantiti da ipoteca o con rischio immediato di pignoramento vanno messi al primo posto. Debiti non garantiti (come carte di credito) possono in certi casi attendere una rinegoziazione, se occorre scegliere cosa pagare.
  • Comunicare subito con i creditori in caso di difficoltà: è fondamentale non sparire. Se prevedete di saltare una rata, contattate la banca o finanziaria, spiegate la situazione e cercate un accordo temporaneo. Molte banche preferiscono concordare una moratoria o una ristrutturazione del piano di rientro piuttosto che procedere legalmente, soprattutto se mostrate volontà di pagare. Ad esempio, le moratorie COVID del 2020-2021 hanno insegnato alle banche che sospendere o rimodulare le rate in momenti di crisi può evitare insolvenze definitive.
  • Evitare il sovraindebitamento ulteriore: può sembrare ovvio, ma quando si è a corto di liquidità la tentazione di coprire un buco con un altro prestito è forte. Ingerire “altro veleno” non è la cura. Evitate di ricorrere a forme di credito facile (prestiti a tasso altissimo, usurai, anticipo su nuove carte) per pagare debiti esistenti – si entra in un circolo vizioso. Una strategia migliore è consolidare il debito (un prestito unico per chiudere gli altri, ma a tasso più basso) o rinegoziare, come vedremo a breve.
  • Chiedere aiuto a consulenti esperti: affrontare i creditori può essere emotivamente difficile e tecnicamente complesso. Potete rivolgervi a un’associazione di consumatori, a professionisti specializzati in gestione del debito o a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) presente nella vostra zona. Un esperto può aiutarvi a valutare se potete risolvere stragiudizialmente o se è meglio ricorrere alle procedure legali. Tenete presente che gli OCC sono abilitati per attivare le soluzioni previste dalla legge sul sovraindebitamento (piani, accordi, ecc.) e in genere offrono anche una prima consulenza informativa.

Ricordate che ignorare il problema non lo farà sparire, anzi lo aggrava: interessi di mora e spese legali fanno lievitare il debito ogni mese di ritardo. Inoltre, se il creditore ottiene un decreto ingiuntivo o un pignoramento, la vostra posizione negoziale peggiora (dovrete pagare anche le spese di procedura e avrete meno margine di trattativa). Molti casi di successo nella risoluzione dei debiti hanno un comune denominatore: il debitore ha preso in mano la situazione prima che degenerasse, mostrando buona fede e proattività. Nelle sezioni seguenti vedremo come impostare queste trattative concrete con le banche e, se necessario, quali strumenti legali usare per uscire dalla crisi.

Come Fare Una Negoziazione Stragiudiziale con le Banche

Negoziare direttamente con la banca o la finanziaria è spesso il primo passo da tentare per rimettere in sesto i propri debiti. Si parla di trattativa stragiudiziale perché avviene al di fuori di un tribunale, su base volontaria tra debitore e creditore. Lo scopo è raggiungere un accordo che renda il debito più sostenibile per il debitore, evitando al contempo alla banca di dover intraprendere lunghe azioni legali. Ecco le principali forme di rinegoziazione stragiudiziale:

Piani di rientro e dilazione dei pagamenti

Spesso la soluzione più semplice è concordare con la banca un piano di rientro per i pagamenti arretrati. Ad esempio, se avete saltato 3 rate del mutuo, la banca potrebbe accettare che le somme non pagate vengano spalmate sulle successive 12 rate future (aggiungendo un importo a ogni rata), invece di esigere tutto e subito. Oppure, se avete un debito scaduto su un prestito personale, potete proporre di pagarlo in 6-12 mesi con rate mensili aggiuntive.

Questa strada è percorribile quando la difficoltà è temporanea e avete prospettive di ripresa (es. avete riottenuto un lavoro, o vi attendete un TFR, ecc.). Dal lato della banca, accettare una dilazione spesso conviene: evita di classificare il credito a sofferenza e recupera l’importo senza passare per vie legali. Attenzione però a non promettere più di quanto possiate mantenere: se poi non rispettate il piano di rientro concordato, la banca perderà fiducia e difficilmente accetterà altre trattative bonarie.

Rinegoziazione delle condizioni contrattuali

Un’altra forma di negoziazione è modificare i termini originali del contratto di finanziamento per ottenere condizioni più favorevoli. Ad esempio, si può chiedere alla banca di:

  • Allungare la durata del prestito o mutuo, per abbassare la rata mensile. Un mutuo residuo di 10 anni può magari essere esteso a 20 anni, riducendo l’importo della rata (a fronte ovviamente di più interessi complessivi, ma guadagnando sostenibilità nel breve termine).
  • Ridurre il tasso d’interesse applicato. Questo è possibile soprattutto se il tasso attuale è molto alto rispetto ai tassi di mercato correnti, oppure se siete stati un buon cliente in passato. In periodi di calo dei tassi, molte famiglie hanno rinegoziato mutui ottenendo spread minori. Viceversa, in epoche di tassi crescenti (come il 2023-2024) si può chiedere di fissare un tetto (cap) al tasso variabile o di passare a tasso fisso per sicurezza.
  • Sospendere temporaneamente il pagamento (moratoria): in casi di grave difficoltà temporanea (es. perdita del lavoro, calamità naturali), la banca potrebbe concedere una sospensione delle rate per alcuni mesi. Ad esempio, esiste un apposito Fondo di solidarietà statale per i mutui prima casa (gestito da Consap) che – a determinate condizioni – consente di sospendere fino a 18 mesi il pagamento delle rate del mutuo, congelando la situazione.
  • Concedere una grazia su interessi moratori o spese: se siete in arretrato, potete chiedere che vengano abbuonate o ridotte le penali e gli interessi di mora maturati, tornando a pagare solo il capitale e l’interesse regolare.

La rinegoziazione è in parte un atto di discrezionalità della banca. Non esiste un diritto assoluto del cliente alla modifica delle condizioni (salvo eccezioni di legge di cui diremo a breve), ma molte banche preferiscono venire incontro al cliente di lunga data piuttosto che perderlo o portarlo al fallimento personale. È utile presentare la richiesta di rinegoziazione per iscritto, magari con l’assistenza di un legale o di un consulente, motivandola con documenti (ad esempio: perdita lavoro certificata, nuovo contratto a stipendio inferiore, spese mediche straordinarie documentate, ecc.). Più la banca capisce che la vostra situazione è reale e che con un piccolo aiuto potrete riprendere i pagamenti, più sarà incline ad accettare.

Va ricordato che in Italia esistono state anche norme temporanee che hanno facilitato la rinegoziazione: la Legge di Bilancio 2023 ha permesso ai mutuatari con ISEE fino a 35.000€ di chiedere entro il 31/12/2023 la conversione del mutuo da tasso variabile a tasso fisso (purché senza ritardi nei pagamenti). Questa misura, pensata per proteggere le famiglie dall’impennata dei tassi, è stata prorogata anche per il 2024. Ciò significa che se avete un mutuo variabile e rientrate in quei requisiti, la banca deve offrirvi un tasso fisso calmierato per il restante periodo. Anche se tali normative speciali hanno scadenze precise, sono un segnale di come – in certe congiunture – il legislatore spinga per soluzioni condivise tra banche e clienti.

Come Rinegoziare Con La Banca Con Il Saldo e Stralcio del debito

Il saldo e stralcio è una forma particolare di accordo transattivo in cui il debitore paga una parte del debito totale, e il creditore accetta di rinunciare definitivamente al restante importo. In pratica si “stralcia” (cancella) una quota del debito, considerandola inesigibile, in cambio di un pagamento immediato (o in breve tempo) di una somma concordata.

Esempio: avete un debito di 20.000€ di carta di credito non pagato da tempo; potreste trovare un accordo per pagare 10.000€ in un’unica soluzione e la banca azzera il debito residuo liberandovi da ogni pretesa futura. Per la banca è una perdita, ma se dubita di riuscire a recuperare tutto (magari perché siete nullatenenti o perché l’azione legale sarebbe lunga e costosa), potrebbe preferire incassare subito una percentuale piuttosto che rischiare di non incassare nulla.

Il saldo e stralcio è comune soprattutto quando il debito è già scaduto da molto e magari ceduto a società di recupero crediti. Queste società spesso acquistano il credito dalla banca a prezzi molto ridotti (es. al 20-30% del valore) e quindi hanno margine per chiudere a saldo e stralcio ancora guadagnando. Anche con le banche stesse, tuttavia, si può proporre un saldo e stralcio se si dispone di una liquidità immediata (propria o di terzi, ad esempio un parente disposto ad aiutarvi a patto di chiudere la questione).

Consigli per il saldo e stralcio:

  • Mettete sempre per iscritto l’accordo, facendovi firmare dalla banca/finanziaria un documento che attesti che, a fronte del pagamento concordato, nulla più sarà dovuto (quietanza a saldo e stralcio).
  • Cercate di capire qual è la cifra minima che il creditore considererebbe accettabile. In genere, più il credito è deteriorato (anzianità del debito, se il debitore ha già altri pignoramenti, ecc.), maggiore sarà la percentuale di sconto ottenibile. Per debiti bancari unsecured (non garantiti), lo stralcio può arrivare anche al 50-70%. Per debiti garantiti (es. mutuo con ipoteca), di solito la banca non accetterà di perdere gran parte a meno che il valore del bene sia inferiore al debito.
  • Procuratevi i fondi prima di trattare: se proponete un saldo e stralcio ma poi non riuscite a versare quanto promesso nei tempi concordati, l’accordo salta e la vostra credibilità è compromessa. Meglio trattare quando si ha già la somma (o una delibera per un prestito sostitutivo, magari da una finanziaria o da parenti).
  • Considerate le conseguenze fiscali: attenzione che la parte di debito stralciata a volte potrebbe essere considerata fiscalmente una sopravvenienza attiva per voi (in teoria un “reddito” da cancellazione del debito). Tuttavia, per le persone fisiche consumatori questo aspetto non è rilevante ai fini IRPEF nella stragrande maggioranza dei casi; è più un tema per aziende. In ogni caso, chiedete conferma al consulente.

Il vantaggio del saldo e stralcio è la rapidità e la certezza: si chiude la posizione e ci si libera subito dal debito residuo. Lo svantaggio è che bisogna avere una somma disponibile consistente in tempi brevi. Spesso, chi è molto indebitato non ha liquidità – potrebbe però ottenerla vendendo volontariamente qualche bene (es. un’auto di troppo, gioielli, ecc.) prima che vengano pignorati, oppure con l’aiuto della famiglia. Talvolta è un investimento salvarsi: pagare 10 adesso per evitare che diventino 30 in futuro.

Come Rinegoziare Con La Banca Con Il Consolidamento dei debiti e rifinanziamento

Un’altra strada extragiudiziale è il consolidamento, ovvero stipulare un nuovo prestito (idealmente a tasso più basso e più lungo termine) per estinguere tutti i debiti pregressi, rimanendo poi con un’unica rata più leggera. Ad esempio, se avete 5 prestiti differenti, si può chiedere a una banca o finanziaria di accorparli in un unico finanziamento di importo pari al totale dovuto, con durata estesa. Spesso viene concessa anche un po’ di liquidità aggiuntiva per avere cuscinetto.

Il consolidamento funziona però solo se non siete già segnalati come cattivi pagatori e se la vostra situazione di reddito permette un nuovo credito. In altre parole, è una soluzione preventiva: va attuata ai primi segnali di difficoltà, prima di saltare pagamenti. Se siete già in sofferenza bancaria (CRIF negativo), difficilmente una nuova banca vi darà un consolidamento. In quel caso, potreste provare con qualche finanziaria specializzata in consolidamento per cattivi pagatori (ce ne sono, ma applicano tassi alti e pretendono garanzie, talvolta ipoteche su immobili).

Una forma particolare di rifinanziamento è la surroga del mutuo (portabilità): passare il proprio mutuo a un’altra banca che offre condizioni migliori (tasso inferiore). La surroga per legge non ha costi e mantiene l’ipoteca originaria. È utile se la propria banca non vuole rinegoziare: minacciando di surrogare presso un concorrente, spesso improvvisamente la banca originaria diventa più disponibile a migliorare le condizioni per trattenervi come clienti.

In sintesi sulla negoziazione stragiudiziale: vale sempre la pena tentarla per prima. Molti istituti di credito hanno procedure interne di ristrutturazione dei debiti dei privati: ad esempio, possono proporvi un “piano di rientro a condizioni ABI” oppure indirizzarvi al loro ufficio recupero che ha mandato per fare sconti a saldo. La chiave è dimostrare collaborazione: presentatevi (meglio se con un consulente o un legale che dia più peso), portate documenti che attestino la vostra situazione e una proposta concreta, realistica e sostenibile. Sottolineate che, se l’accordo fallisce, potreste dover ricorrere a procedure concorsuali (citare la Legge 3/2012 a volte aiuta a convincerli che non siete senza opzioni), il che potrebbe lasciarli con un recupero minore. Una banca razionale, di fronte a una proposta ben congegnata, la valuterà seriamente. Nel caso peggiore, se la controparte si mostra del tutto ostile o se i debiti sono troppi per poterli ristrutturare bonariamente, non disperate: esistono le soluzioni giudiziali che lo Stato mette a disposizione dei debitori civili, di cui parleremo subito.

Come Rinegoziare Con La Banca Con La Rinegoziazione di Mutui e Finanziamenti: Strumenti Specifici

I mutui ipotecari e i finanziamenti (prestiti personali, credito al consumo) meritano un approfondimento separato perché sono disciplinati da norme particolari che talvolta offrono strumenti aggiuntivi di rinegoziazione o sollievo.

Rinegoziazione del mutuo ex art. 120-quater TUB

Il Testo Unico Bancario (TUB) prevede che il mutuatario possa chiedere una rinegoziazione del mutuo alla propria banca, e la banca deve valutare in buona fede tale richiesta. In pratica è un invito (non un obbligo assoluto) a ridiscutere il tasso o la durata. Negli anni, anche a seguito di protocolli con l’ABI (Associazione Bancaria Italiana), è diventata prassi offrire al cliente in difficoltà alcune opzioni:

  • Allungamento del piano di ammortamento: si estende la scadenza del mutuo (es. da 20 a 30 anni), riducendo la rata.
  • Abbassamento del tasso fisso o spread del variabile: spesso fatto stipulare tramite un atto di rinegoziazione (senza costi notarili, grazie al DL 93/2008 “Decreto Bersani”).
  • Passaggio da tasso variabile a fisso: come già menzionato, nel 2023-2024 è stato facilitato per legge. Anche al di fuori di queste leggi speciali, alcune banche permettono la conversione (magari applicando il tasso fisso corrente).
  • Periodo di solo interesse (interest only): a volte concessa come misura temporanea, ossia per 1-2 anni pagate solo interessi senza quota capitale, riducendo molto la rata in quel frangente, poi riprendete normale.
  • Riduzione o azzeramento spread per i mesi di sospensione: se chiedete una pausa, contrattate che gli interessi di quel periodo non vengano capitalizzati con penali.

Ricordiamo che esiste il Fondo Gasparrini (Fondo di solidarietà prima casa), sempre attivo, che consente la sospensione fino a 18 mesi delle rate del mutuo prima casa in caso di perdita del lavoro, morte o handicap grave del mutuatario, o calo fatturato per autonomi oltre 33%. La sospensione può riguardare l’intera rata (in tal caso il Fondo paga alla banca gli interessi al posto vostro, salvo una piccola quota se il mutuo è a tasso variabile oltre un certo limite). Questo è un aiuto statale importante, da richiedere tramite la propria banca presentando i moduli Consap. Non è una rinegoziazione in senso stretto, ma dà respiro temporaneo e congela il debito evitando di diventare insolventi.

Portabilità e sostituzione del mutuo (surroga e rifinanziamento)

Se la vostra banca non collabora, potete rivolgervi ad un’altra banca che “surroghi” il mutuo. La surroga (disciplinata dal DL 7/2007 conv. in L. 40/2007) vi permette di trasferire il mutuo ad altra banca che vi offre condizioni migliori, mantenendo l’ipoteca originaria e senza costi di penale o notaio a vostro carico. La concorrenza tra banche vi avvantaggia: negli anni scorsi molti italiani hanno cambiato banca per ottenere tassi più bassi.

Alternativamente, se avete bisogno di liquidità aggiuntiva, potete fare una sostituzione di mutuo con aggiunta di credito: la nuova banca estingue il vecchio mutuo e vi eroga un nuovo prestito più grande (dandovi la differenza in contanti), magari consolidando anche altri debiti. Questa però è una pratica creditizia nuova, non una surroga pura, quindi può avere costi (nuova ipoteca, notaio) e dipende dalla valutazione creditizia del nuovo istituto.

Rinegoziazione e consolidamento dei prestiti personali

Per i prestiti non ipotecari (credito al consumo, cessioni del quinto, ecc.), la rinegoziazione dipende molto dalla politica della finanziaria. Non c’è una legge specifica che obbliga la finanziaria a modificare le condizioni, ma tentare è possibile. Ad esempio, se avete una cessione del quinto già in corso e vi resta poco netto dello stipendio per vivere, potete chiedere una ristrutturazione del prestito: alcune finanziarie possono proporvi di rinnovare la cessione del quinto (se per legge ne avete diritto dopo aver pagato il 40% del piano) allungandola. Oppure, se avete un prestito personale con rate elevate, potete contrattare una riduzione rata allungando i termini.

Un istituto che a volte conviene coinvolgere è l’Arbitro Bancario Finanziario (ABF): se la banca rifiuta senza motivo una vostra istanza di rinegoziazione, potete presentare un ricorso all’ABF (un organismo indipendente) sostenendo che la banca ha violato i doveri di buona fede. L’ABF può emettere una decisione non vincolante ma moralmente incisiva. Certo, questo è un percorso un po’ lungo e da valutare caso per caso, ma la semplice minaccia di andarci può smuovere certe situazioni.

Consolidamento tramite finanziarie anti-usura

Esiste in Italia un Fondo di prevenzione dell’usura gestito dal Ministero dell’Economia che tramite alcune Fondazioni/associazioni convenzionate (es. Fondazione antiusura) può rilasciare garanzie a banche affinché eroghino prestiti di consolidamento a persone sovraindebitate ma meritevoli, per evitare che cadano vittime di usurai. I criteri sono stretti (bisogna dimostrare di essere a rischio usura, di poter poi pagare il nuovo prestito, ecc.), ma è un’ancora di salvezza in situazioni disperate dove però c’è la possibilità di rimborsare un prestito a condizioni umane se spalmato bene.

Esempio pratico di rinegoziazione mutuo

Per capire l’impatto di queste misure, immaginiamo un caso concreto: Mario ha un mutuo a tasso variabile con 15 anni residui, rata recente 750€ (era 500€ prima della salita dei tassi), e uno stipendio di 1.600€. Con l’aumento dei prezzi e altre rate minori, Mario non ce la fa più. Soluzione possibile: Mario chiede alla sua banca di rinegoziare il mutuo allungandolo a 25 anni e applicando la normativa della Legge di Bilancio 2023 per passare a tasso fisso. La banca, verificato l’ISEE e l’assenza di morosità, accetta. Mario ottiene un tasso fisso del 2% e rata di circa 500€, sostenibile. Inoltre chiede e ottiene una pausa di 6 mesi usando il Fondo di solidarietà, così da rimettere in fila le finanze. In quei 6 mesi sistema altri debiti minori arretrati. Risultato: evita di saltare il mutuo, mantiene la casa e riprende a pagare regolarmente la rata ridotta).

Questo esempio mostra come combinando strumenti contrattuali e legali si possa alleggerire il peso dei debiti. Naturalmente, non sempre le cose filano lisce: se la banca avesse rifiutato, Mario avrebbe potuto surrogare altrove o, se proprio fossestato sull’orlo del default, preparare un piano del consumatore per bloccare l’asta della casa (lo vedremo dopo). Ma quando c’è margine per rinegoziare direttamente, conviene tentare a fondo.

La Legge “Salva Suicidi” (L.3/2012) e il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza

Quando la situazione debitoria è troppo grave per essere risolta con semplici accordi privati, entra in gioco la legge sul sovraindebitamento, soprannominata “Salva Suicidi” (Legge 27 gennaio 2012 n.3). Questa legge, per la prima volta in Italia, ha introdotto procedure specifiche per consentire anche ai privati cittadini, piccoli imprenditori e professionisti non fallibili di ristrutturare o cancellare i debiti sotto il controllo di un giudice. In altre parole, ha dato ai debitori civili una via d’uscita simile a quella che il fallimento offriva alle imprese: una “seconda chance” regolamentata.

Dal 15 luglio 2022, le norme della L.3/2012 sono confluite ed evolute nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), di cui al D.Lgs. 14/2019, che ha riformato organicamente tutta la materia. Il Codice della Crisi dedica un intero capo alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento (artt. 65–91 CCII circa), mantenendo gli strumenti essenziali della vecchia legge ma con alcune modifiche e semplificazioni. Nel 2024 sono anche intervenute ulteriori correzioni legislative (c.d. Correttivo Ter, D.Lgs. 13/09/2024 n.136) per rendere queste procedure più efficaci e accessibili, come vedremo.

Chi può accedere e ambito di applicazione

Le procedure di sovraindebitamento sono riservate ai soggetti “non fallibili”, cioè quelli esclusi dalle ordinarie procedure concorsuali fallimentari. In pratica:

  • Persone fisiche consumatori: privati cittadini che hanno debiti per scopi estranei ad attività di impresa o professionali (es. famiglie indebitate per mutui, carte, bollette, ecc.). Questa è la categoria principale e più tutelata.
  • Imprenditori minori: piccoli imprenditori sotto le soglie di fallibilità (attivo annuo < 300.000€, ricavi < 200.000€, debiti < 500.000€), imprenditori agricoli (che per definizione non falliscono), start-up innovative, professionisti, artisti, ecc., purché in sovraindebitamento.
  • Altre categorie: enti non commerciali (associazioni, onlus), soci illimitatamente responsabili di società di persone che non possono più fallire (es. socio di SNC uscito da oltre 1 anno), eredi di imprenditore deceduto che hanno accettato con beneficio d’inventario (trascorso 1 anno dalla morte non si può fallire), e anche i fideiussori di debiti altrui (se persone fisiche). Ad esempio, il genitore garante di un mutuo del figlio, se chiamato a pagare e sovraindebitato, può accedere a queste procedure ed è considerato consumatore se la garanzia non era per scopi imprenditoriali.

In breve, quasi chiunque tranne le medio-grandi imprese può oggi accedere a queste procedure, incluso chi ha debiti sia personali sia derivati da piccole attività cessate. Il Codice della Crisi ha chiarito la definizione di “consumatore” (art. 2, c.1 lett. e CCII): è consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale/professionale, anche se socio di società. Ha precisato inoltre che solo i debiti personali rientrano nel piano del consumatore, mentre eventuali debiti legati ad attività d’impresa vanno in altre procedure. La giurisprudenza aveva già affermato che conta la natura attuale dei debiti: se oggi avete solo debiti “di consumo” potete essere ammessi come consumatori, anche se in passato foste imprenditori.

Strumenti offerti dalla legge: panoramica

Le procedure previste (anche nel Codice) sono tre, come confermato dall’art. 7 della L.3/2012 e dalle norme del CCII:

  1. Accordo di ristrutturazione dei debiti (concordato minore): un accordo tra debitore e creditori, basato su un piano, che richiede l’adesione di una maggioranza di crediti (in origine 60%, ora 50% con il Codice). In pratica una trattativa “collettiva” mediata dal tribunale: se abbastanza creditori approvano, l’accordo diventa vincolante anche per i dissenzienti, con l’omologa del giudice.
  2. Piano del consumatore (ora detto piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore): un piano di pagamento proposto dal debitore consumatore senza bisogno di accordo con i creditori. È omologato dal tribunale valutando la fattibilità e la meritevolezza del debitore, anche in presenza di opposizione dei creditori. Procedura riservata solo alle persone fisiche consumatori.
  3. Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione dei beni): consiste nella liquidazione (vendita) di tutto il patrimonio del debitore per soddisfare i creditori. È simile a un fallimento personale, ma con alcuni vantaggi per il debitore, principalmente la possibilità di ottenere l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) a fine procedura. Può essere richiesta dal debitore stesso (anche direttamente, saltando accordi o piani) oppure conseguire al fallimento di un piano/accordo. Ha tempi più rapidi e limiti di durata rispetto a un fallimento classico.

Inoltre, con le riforme recenti è stata introdotta una quarta opportunità specifica:

  • Esdebitazione del debitore incapiente: un caso particolare in cui, se il debitore persona fisica non ha alcun patrimonio né reddito aggredibile e risulta meritevole, può chiedere la cancellazione di tutti i debiti senza pagare nulla. È una misura estrema, attuabile una sola volta nella vita, pensata per chi davvero non ha nulla da liquidare. La vedremo in dettaglio più avanti.

Queste procedure non sono alternative l’una all’altra in assoluto: un debitore può tentare prima un accordo o un piano; se non funziona o se viene revocato, può ripiegare sulla liquidazione. Oppure, può valutare sin dall’inizio qual è la più adatta. Ad esempio, una famiglia con casa di proprietà e un reddito potrebbe preferire un piano del consumatore per conservare l’abitazione e pagare i debiti in parte; un debitore senza beni opterà per la liquidazione con esdebitazione finale.

Obiettivo comune di tutte le procedure è conciliare la tutela del debitore sovraindebitato (evitando che venga schiacciato a vita dai debiti) con quella dei creditori (che ottengono comunque il massimo possibile in base alle capacità del debitore). Non a caso, il tribunale omologa solo se la proposta è vantaggiosa o almeno non peggiorativa per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria. Ad esempio, se offrite ai creditori il 20% dilazionato in un piano, ma dalla liquidazione dei vostri beni otterrebbero solo il 10%, il giudice potrà approvare anche se alcuni creditori sono contrari, perché la proposta conviene.

Un concetto chiave trasversale è la “meritevolezza” del debitore: chi ha frodato i creditori o fatto il passo più lungo della gamba con leggerezza colpevole, non può ottenere i benefici massimi (specie del piano del consumatore o dell’esdebitazione senza utilità). Approfondiremo più avanti la giurisprudenza su cosa significa essere “non colpevole” o “in buona fede”. In breve: se siete sovraindebitati ma avete agito onestamente e vi siete trovati in difficoltà per cause ragionevoli, questa legge è fatta per darvi sollievo; se invece avete accumulato debiti in modo irresponsabile o ingannevole, potrebbe esservi negata l’omologazione del piano.

Ruolo dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCC)

Un attore fondamentale in queste procedure è l’OCC – Organismo di Composizione della Crisi da sovraindebitamento. Si tratta di enti (costituiti da ordini professionali, camere di commercio, fondazioni, comuni, ecc.) iscritti in un registro del Ministero della Giustizia, autorizzati a gestire queste pratiche. L’OCC, una volta attivato dal debitore, nomina un Gestore della crisi, cioè un professionista (spesso un commercialista o avvocato esperto di crisi) che:

  • Aiuta il debitore a raccogliere i documenti necessari e a predisporre la proposta di piano o accordo. In pratica redige, insieme al debitore, il piano di ristrutturazione dettagliato o l’istanza di liquidazione.
  • Attesta la fattibilità del piano e la veridicità dei dati (nel caso di piano/accordo). La sua relazione particolareggiata è un allegato obbligatorio: il giudice e i creditori fanno molto affidamento sulla relazione dell’OCC sulla situazione del debitore.
  • Fa da tramite con i creditori: ad esempio, convoca i creditori per l’eventuale voto nell’accordo o li informa del piano e raccoglie le loro osservazioni. È una figura di terzietà che serve a dare fiducia anche ai creditori sulla correttezza della procedura.
  • Sorveglia l’esecuzione: una volta omologato il piano o accordo, l’OCC (o il gestore nominato) può essere incaricato di vigilare che il debitore rispetti gli impegni, di ricevere i pagamenti e distribuirli ai creditori, etc. Nella liquidazione, di solito il gestore diventa il liquidatore che vende i beni e ripartisce il ricavato.

Come attivare l’OCC? Il debitore presenta una istanza di nomina di un OCC al tribunale oppure si rivolge direttamente a un OCC attivo nel proprio circondario (per legge, bisogna rivolgersi a un OCC nel territorio del tribunale di residenza). Ad esempio, presso le Camere di Commercio di molte città ci sono OCC operativi, oppure presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati o dei Commercialisti. È possibile trovare l’elenco online dei vari OCC. Una volta individuato, si contatta l’OCC e si manifesta la volontà di accedere alla procedura; l’OCC chiederà alcune informazioni preliminari e, se ci sono i presupposti, vi assegnarà un Gestore e vi guiderà nei passi successivi.

Documenti e informazioni necessarie: preparatevi a fornire all’OCC un quadro completo: elenco dettagliato di tutti i creditori (nomi, importi, causali), elenco dei beni di vostra proprietà (immobili, auto, conti, stipendi, TFR maturato, crediti verso terzi, ecc.), attestati di reddito (buste paga, Unico, ISEE), estratti conto ultimi anni, spese familiari, stato di famiglia, atto di matrimonio (servono se chiedete esdebitazione e siete in comunione dei beni), eventuali procedimenti esecutivi in corso, ecc. La legge richiede massima trasparenza: dovete “mettere sul tavolo” tutta la vostra situazione patrimoniale. Ogni omissione o falsità può portare a una bocciatura o, se scoperta dopo, a una revoca dell’accordo/piano. Quindi fate uno sforzo per reperire tutti i dati, l’OCC vi darà una checklist.

Costi dell’OCC: il servizio dell’OCC non è gratuito, ma il pagamento del compenso del gestore e delle spese avviene di solito a risultato ottenuto. In molti casi, i compensi dell’OCC vengono inclusi nel piano come crediti prededucibili (cioè si pagano con priorità ai creditori appena possibile). Se il debitore non ha proprio nulla, l’OCC potrebbe chiedere un fondo spese minimo all’inizio (qualche centinaio di euro) per le attività iniziali. È bene chiarire questi aspetti fin dal primo incontro. Dal 2021, le procedure di sovraindebitamento sono ammesse anche al gratuito patrocinio a spese dello Stato per la difesa legale (Cass. cost. n. 83/2018 e ora Codice della Crisi art. 69 co.2): se avete reddito bassissimo potete chiedere un avvocato gratis. Inoltre, la Corte Costituzionale di recente (sent. n.121/2024) è intervenuta per chiarire che anche le spese dell’OCC possono essere “prenotate a debito” e recuperate solo in caso di esito positivo, proprio per non precludere l’accesso ai più poveri.

Procedura di presentazione e sospensione dei creditori

Una volta pronto il fascicolo (proposta di accordo o piano + relazione OCC + documenti), si deposita un ricorso in tribunale. Il giudice verifica la regolarità formale e fissa un’udienza. Da quel momento scatta la protezione: il giudice, contestualmente all’udienza, può sospendere o vietare azioni esecutive dei creditori sul patrimonio del debitore. In particolare, per l’accordo c’è una sospensione automatica delle esecuzioni appena il giudice ammette la procedura e ordina le pubblicità; per il piano del consumatore, il giudice può sospendere le esecuzioni su richiesta, se ritiene che ad esempio un pignoramento in corso pregiudicherebbe la fattibilità del piano. Ad esempio, se la casa sta per andare all’asta, il giudice che riceve il piano del consumatore può bloccare la vendita fino a decidere sull’omologazione.

Questo effetto protettivo è cruciale: consente di “congelare” la situazione debitoria mentre la procedura si svolge, impedendo ai singoli creditori di agire in modo disordinato. Si tratta di una sorta di “mini concordato preventivo” per i privati. Ovviamente, se poi il piano o accordo non verrà omologato, quelle azioni sospese potranno riprendere. Ma intanto si guadagna tempo e si evita la perdita di beni durante la pendenza della procedura.

Vediamo ora in dettaglio i singoli strumenti (accordo, piano e liquidazione) e come funzionano, con riferimenti a norme aggiornate e giurisprudenza.

L’Accordo di Ristrutturazione dei Debiti (Concordato Minore)

Cos’è: L’accordo è una procedura in cui il debitore propone un piano per pagare (in tutto o in parte) i debiti, che diventa vincolante solo se viene approvato dai creditori che rappresentano una certa maggioranza e omologato dal tribunale. È l’equivalente per i soggetti minori di un “concordato preventivo” per le aziende maggiori. Nel Codice della Crisi, l’accordo è stato ribattezzato “concordato minore” quando riguarda debitori non consumatori, ma nella sostanza rimane simile al vecchio accordo di composizione.

Maggioranza richiesta: In origine la legge chiedeva il voto favorevole di almeno il 60% dei crediti chirografari (non garantiti). Il Codice della Crisi ha abbassato la soglia al 50% per favorirne l’accesso. Quindi oggi basta la metà (più uno) dell’ammontare dei crediti per ottenere l’approvazione. I crediti privilegiati (es. ipotecari) non votano se sono integralmente soddisfatti secondo le regole legali; se prevedete di pagarli meno del 100%, anche loro votano per la parte falcidiata.

Procedimento di voto: Il giudice, ammesso il ricorso, ordina che la proposta sia comunicata a tutti i creditori e li convoca per esprimere il voto. Il voto può avvenire in udienza o anche per scritto. Non serve l’unanimità, perciò è normale che alcuni creditori votino contro; l’importante è raggiungere la percentuale di legge. Nel conteggio si considerano anche i creditori che non si presentano come voti negativi? Nella prassi, chi non esprime voto viene considerato come astenuto (quindi non conta né a favore né contro, ma di fatto riduce il denominatore). Su questi dettagli il giudice tiene conto delle attestazioni dell’OCC.

Contenuto dell’accordo: È molto flessibile. Il debitore può proporre di pagare i creditori anche parzialmente e/o in forma dilazionata. Ad esempio: pagare il 20% a tutti i chirografari in 5 anni, e assicurare ai privilegiati il pagamento integrale ma magari dopo aver pagato prima i creditori più deboli. Si possono prevedere classi di creditori con trattamenti diversificati (specie se alcuni offrono garanzie reali, o per distinguere ad esempio banche da piccoli creditori). Il piano può includere anche apporti di terzi (es. un parente che mette soldi) o la cessione di crediti futuri del debitore. Può anche prevedere (novità del Codice) la continuazione dell’attività se il debitore è un piccolo imprenditore: un concordato minore non deve per forza liquidare tutto, può perseguire la continuità aziendale. Ad esempio un artigiano sovraindebitato può proporre di continuare la bottega, pagare col lavoro nei prossimi anni i debiti.

In pratica, l’accordo è modellabile sulle specificità del caso. Non c’è un contenuto standard se non il rispetto della convenienza per i creditori. L’OCC aiuta a formulare una proposta equa: di solito si simula cosa otterrebbero i creditori in una liquidazione dei beni e si cerca di offrire almeno qualcosa di più, per invogliarli ad accettare. Tenete presente che lo Stato può partecipare: i debiti fiscali e contributivi possono essere inclusi, ma per essi il Codice prevede regole speciali di soddisfacimento minimo (c.d. cram-down fiscale, con requisiti più rigorosi introdotti nel 2022).

Omologazione: Se la maggioranza di voti è raggiunta, il giudice verifica legalità e convenienza e omologa l’accordo, rendendolo efficace per tutti i creditori (anche quelli dissenzienti o non votanti). Un creditore dissenziente potrebbe opporsi contestando che l’accordo non gli conviene rispetto a una liquidazione; il giudice, per omologare comunque, deve accertare che quel creditore riceverà almeno quanto avrebbe preso dalla liquidazione. Questo è il cd. giudizio di convenienza: garantisce che nessuno esca danneggiato dall’accordo rispetto allo scenario alternativo.

Se tutto va bene, l’accordo omologato viene eseguito: il debitore (magari sotto il monitoraggio dell’OCC) effettua i pagamenti come da piano, eventualmente liquida qualche bene promesso, e a fine esecuzione ottiene l’esdebitazione dei crediti residui non soddisfatti.

Vantaggi dell’accordo: Consente di coinvolgere i creditori in una soluzione concordata. Se avete molti creditori e alcuni cruciali sono disponibili a venirvi incontro, l’accordo permette di trascinare anche gli altri. Ad esempio, se avete 10 banche creditrici e 6 di loro (che rappresentano il 70% del debito) accettano un piano di rientro ridotto, l’accordo vi permette di imporlo anche alle 4 contrarie. Questo meccanismo evita che un singolo creditore “tenga in ostaggio” la ristrutturazione. Inoltre, durante la procedura di accordo, potete continuare eventualmente l’attività (se siete un imprenditore) e siete protetti dai pignoramenti.

Svantaggi: Serve comunque un consenso ampio – se i creditori sono frammentati o ostili potrebbe essere difficile raggiungere il 50%. Pensiamo a debiti con finanziarie che vendono crediti a società, oppure se avete molti piccoli creditori che non si coordinano. In questi casi, l’accordo è impraticabile e conviene il piano del consumatore (se siete consumatore) o la liquidazione. Inoltre, l’accordo richiede di offrire qualcosa di concreto: se non avete alcuna risorsa da mettere sul piatto (né reddito futuro né beni né aiuti terzi), non convincerete mai i creditori a votare a favore.

Novità legislative recenti sull’accordo/concordato minore: Il Correttivo 2024 ha introdotto migliorie come la possibilità di moratorie fino a 2 anni sui debiti ipotecari e privilegiati. Significa che nel piano potete prevedere di iniziare a pagare i crediti privilegiati (es. mutuo casa, o Agenzia Entrate con privilegio) solo dopo fino a 24 mesi dall’omologa. Questo dà respiro iniziale. Prima non era chiaro se si potesse superare 1 anno, ora è sancito massimo 2 anni per legge, con possibili eccezioni interpretative. La Cassazione aveva già aperto a dilazioni lunghe, ad esempio con sentenza n.576/2024 ha ritenuto ammissibili dilazioni anche significative purché i creditori possano dire la loro e il giudice valuti che il piano convenga rispetto alla liquidazione. Quindi c’è più flessibilità sui tempi di pagamento nell’accordo.

Altra novità: il diritto di reclamo sulle decisioni del giudice nelle procedure di sovraindebitamento. Prima le omologhe o i rigetti erano difficilmente impugnabili, ora c’è uno strumento specifico di reclamo (una sorta di appello breve) per correggere eventuali errori. Questo tutela sia i debitori che i creditori, garantendo un controllo di secondo grado e più trasparenza.

Esempio pratico di accordo con i creditori

Immaginiamo che “Marco” sia un piccolo imprenditore edile che ha chiuso l’attività. Ha debiti per 100.000€: 40.000€ con una banca (scoperto di conto garantito da ipoteca su un piccolo terreno), 30.000€ con fornitori, 20.000€ con l’Agenzia delle Entrate e 10.000€ con Equitalia per contributi. Marco, con l’aiuto dell’OCC, propone un accordo così strutturato: il terreno ipotecato verrà venduto e con il ricavato (stimato 30.000€) pagherà la banca ipotecaria, che rinuncia al residuo (questo dà il voto favorevole della banca); offre poi ai fornitori il 30% (9.000€) pagato in 4 anni; al Fisco offre il 10% (2.000€) e all’INPS il 5% (500€) richiedendo il cramdown fiscale sui debiti erariali (il minimo perché dalla vendita del terreno non rimarrà molto). Totale, Marco mette sul piatto 30.000€ (vendita terreno) + 11.500€ (rate da redditi futuri di un nuovo lavoro) = 41.500€, pari a un soddisfacimento complessivo ~41% dei debiti. L’OCC relaziona che in una liquidazione forzata il terreno coprirebbe solo banca (perdendo ipoteca su differenza) e ai chirografari andrebbero briciole, dunque l’accordo è migliorativo (fornitori prenderebbero zero altrimenti, qui 30%). In assemblea di voto, banca vota sì, i fornitori (che sono vari) alcuni sì alcuni no ma quelli sì rappresentano 20.000 su 30.000 (i più grossi erano favorevoli), lo Stato si astiene ma il giudice in omologa considera rispettati i criteri per imporglielo. Risultato: con, diciamo, il 60% di crediti votanti a favore, l’accordo passa. Marco esegue: vende il terreno, paga banca e un primo acconto ai fornitori, poi negli anni versa rate all’OCC per pagare fornitori e quota Stato secondo il calendario. Dopo 4 anni è liberato dal debito restante (che viene esdebitato). I creditori hanno ottenuto quello concordato e non possono pretendere altro.

Questo caso dimostra la logica win-win: la banca ipotecaria, pur rinunciando a parte, preferisce non dover inseguire Marco nullatenente oltre il terreno; i fornitori almeno incassano un 30% anziché fare cause costose; il debitore evita la liquidazione totale e la preclusione a fare nuovi affari. L’accordo è stato possibile perché c’erano alcuni asset e perché i creditori principali erano ragionevoli. Se, al contrario, avessero rifiutato in massa, Marco avrebbe dovuto ripiegare sulla liquidazione giudiziale dei beni (perdendo il terreno e restando con debiti verso lo Stato non pagati, salvo esdebitazione).

Il Piano del Consumatore

Cos’è: Il piano del consumatore è forse lo strumento più innovativo introdotto dalla legge sul sovraindebitamento. È una procedura riservata ai debitore persona fisica “consumatore”, in cui il debitore propone un piano di rientro dai debiti senza dover ottenere il consenso dei creditori. La decisione è rimessa interamente al giudice, il quale valuta il piano e, in caso positivo, lo omologa rendendolo vincolante per tutti i creditori, indipendentemente dalla loro volontà.

In sostanza, il legislatore ha voluto dare ai consumatori meritevoli la chance di ristrutturare i debiti anche se i creditori (spesso banche o finanziarie) non sono d’accordo, evitando così che uno o due creditori ostinati possano mandare a monte la riabilitazione di una famiglia in difficoltà. È un concetto di “cram-down” ante litteram applicato alle famiglie.

Requisiti speciali: Proprio perché “scavalca” il consenso dei creditori, il piano del consumatore è soggetto a requisiti di ammissibilità più stringenti riguardo la condotta del debitore. Il giudice, per omologare, deve escludere che il consumatore:

  • Abbia contratto debiti senza la ragionevole prospettiva di poterli adempiere (cioè che abbia fatto il passo più lungo della gamba in modo avventato).
  • Abbia causato il proprio sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. In altri termini, deve essere “meritevole”, non aver assunto obbligazioni in modo scorretto o dilapidato patrimonio dolosamente.

Questa valutazione di meritevolezza è cruciale e spesso è il fulcro delle decisioni in materia. Ad esempio, se Tizio ha accumulato debiti giocando d’azzardo o comprando beni di lusso inutili senza poterseli permettere, il giudice potrebbe considerarlo non meritevole di un piano del consumatore (dovrebbe allora ripiegare su un accordo – se i creditori fossero disposti – o sulla liquidazione). Viceversa, se i debiti sono originati da eventi sfortunati o comunque Tizio ha mantenuto un comportamento onesto, allora potrà accedere.

La giurisprudenza ha affrontato casi spinosi: c’è chi inizialmente riteneva che solo un “evento imprevedibile” (il cosiddetto shock esogeno) potesse giustificare il sovraindebitamento meritevole (es. malattia, perdita lavoro) e non la “seriale cattiva gestione”. Questa visione rigida è stata col tempo superata: oggi si tende a valutare la situazione nel complesso, ammettendo il piano anche a chi è caduto in difficoltà gradualmente, purché non vi siano stati comportamenti gravemente imprudenti o ingannevoli. Ad esempio, la Cassazione ha chiarito che non si può pretendere che ogni indebitamento derivi da un fatto improvviso; conta se il debitore ha fatto del suo meglio nelle condizioni date per far fronte ai debiti.

Un elemento interessante introdotto con il Codice è la considerazione del merito creditizio del creditore: in pratica, se la banca ha concesso prestiti al consumatore senza valutarne adeguatamente la solvibilità, ciò può giocare a favore del debitore, in quanto parte della colpa del sovraindebitamento ricade sul comportamento della banca. Ad esempio, Cassazione 14 marzo 2025 n.6869 ha esaminato proprio un caso di questo tipo: una banca aveva erogato un prestito al consumatore senza accorgersi (anche per omissioni del cliente) di altri debiti già esistenti; la Cassazione ha negato il piano al consumatore, evidenziando però che se la banca avesse completamente omesso i controlli, la valutazione sarebbe potuta essere diversa. In quel caso specifico il consumatore aveva omesso di dichiarare alcuni finanziamenti in corso, inducendo la banca in errore, e ciò è stato giudicato come condotta decettiva (ingannevole) sufficiente a negare l’omologazione. Il principio generale è che chi ha ingannato o nascosto informazioni ai creditori non può pretendere poi la clemenza del piano del consumatore, perché manca di buona fede.

Contenuto del piano: Il piano può prevedere qualsiasi forma di ristrutturazione: pagamenti parziali, dilazioni, garanzie di terzi, cessioni di beni, ecc., analogamente all’accordo. Non comporta necessariamente la liquidazione di tutto il patrimonio (potete proporre di tenere la casa e pagare i creditori in altra maniera, se il giudice lo riterrà sostenibile). Spesso i piani dei consumatori propongono di pagare una quota dei debiti con rate mensili proporzionate al reddito disponibile del debitore, per un certo numero di anni (es. 5 anni) e magari liquidare qualche bene non essenziale per aumentare la percentuale.

Coinvolgimento dei creditori: Formalmente i creditori nel piano del consumatore non votano. Tuttavia, hanno la possibilità di presentare delle opposizioni in udienza, principalmente contestando la convenienza del piano (cioè sostenendo che preferirebbero la liquidazione perché otterrebbero di più). Se un creditore contesta la convenienza, il giudice per omologare deve verificare che, in effetti, il piano assicuri a quel creditore almeno quanto ricaverebbe dalla liquidazione di tutti i beni del debitore. È una tutela fondamentale: il giudice non può imporre ai creditori un sacrificio eccessivo rispetto all’alternativa. Dunque, la regola pratica è: il piano deve dare ai creditori almeno il valore di liquidazione del patrimonio. Ciò non significa pagare 100% (spesso il valore di liquidazione è molto basso se il patrimonio è costituito magari solo da stipendio pignorabile in piccola parte), ma quel tanto sì.

Omologazione: Avviene con decreto del giudice, se tutti i requisiti sono soddisfatti. Il decreto viene comunicato ai creditori ed è titolo esecutivo. Da quel momento, l’OCC/gestore sovrintende all’esecuzione: il debitore dovrà fare esattamente quanto previsto (ad esempio versare mensilmente la somma X sul conto OCC che poi distribuirà ai creditori secondo il piano).

Durante l’esecuzione, i creditori non possono agire individualmente: l’unica loro possibilità, se il debitore non rispetta il piano (ad esempio salta pagamenti rilevanti), è chiedere al giudice la revoca dell’omologazione e la conversione in liquidazione. La legge prevede infatti che se il debitore non paga le rate verso l’erario per oltre 90 giorni o commette atti in frode, l’accordo/piano viene revocato e si apre d’ufficio la liquidazione dei beni. Quindi attenzione: ottenuto il piano, bisogna seguirlo alla lettera. C’è però un margine di tolleranza: piccoli ritardi o lievi scostamenti, se giustificati, non portano subito a revoca (solitamente i giudici valutano caso per caso, l’importante è non abbandonare il piano).

Vantaggi del piano del consumatore: Il principale vantaggio è non dover convincere i creditori uno per uno. Ciò lo rende ideale quando avete molti creditori o alcuni particolarmente ostili. Ad esempio, se una finanziaria ha il 10% del vostro debito totale ma vi fa muro, col piano del consumatore potete procedere lo stesso, mentre un accordo fallirebbe per il veto. È uno strumento potentissimo per salvare, ad esempio, la casa di famiglia: se il piano presenta il pagamento integrale del mutuo ipotecario (magari solo spostato nel tempo) e riduzioni sugli altri debiti, il giudice può approvarlo e fermare l’asta, anche se i creditori chirografari preferirebbero liquidare tutto immediatamente. Ci sono stati casi in cui il piano del consumatore ha letteralmente salvato la casa dal pignoramento, dimostrando che far proseguire il mutuo era più vantaggioso che liquidare l’immobile all’asta. Uno di questi, riportato nel 2023, riguardava una famiglia in cui l’immobile prima casa stava per essere espropriato: il giudice di Trani ha omologato un piano che prevedeva di continuare a pagare il mutuo regolarmente (100% ai creditori ipotecari) e offrire solo il 10% ai creditori senza garanzia, ritenendo che fosse una soluzione equilibrata poiché all’asta quei creditori chirografari non avrebbero ricavato nulla. Grazie al piano, la casa non è andata più all’asta e la famiglia ha potuto conservarla pagando la parte stabilita ai creditori.

Un altro vantaggio è che il piano può includere la remissione di debiti anche ingenti senza dover liquidare beni: se il reddito consente una certa rata per qualche anno e oltre non potete fare, il giudice può “tagliare” il debito al livello pagabile. Ad esempio, recenti pronunce hanno approvato piani in cui il debitore pagava anche meno del 5% del totale debiti, perché comunque era il massimo sforzo possibile e in liquidazione i creditori non avrebbero avuto di più.

Svantaggi e criticità: Il rovescio della medaglia è che il vaglio del giudice è severo. Se emergono zone d’ombra (es. avete omesso di elencare un debito, o avete ceduto beni a parenti prima della procedura), rischiate un rigetto. Inoltre, i creditori possono opporre reclamo contro il decreto di omologa se ritengono violati i loro diritti (con il correttivo 2024 c’è ora un reclamo specifico). Quindi serve massima correttezza e collaborazione con l’OCC. Un altro limite: solo le persone fisiche consumatori possono farlo. Se i vostri debiti riguardano in parte un’attività (es. una partita IVA con debiti professionali), il giudice potrebbe dirvi che dovete fare un concordato minore anziché un piano del consumatore. Spesso la linea di demarcazione non è netta: la Cassazione ha però chiarito che se i debiti sono in gran parte personali e solo marginalmente di impresa cessata, il soggetto può qualificarsi consumatore.

Novità introdotte dal Codice per il piano del consumatore: La struttura è rimasta simile, ma il Codice ha formalizzato il nome come “piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore”. Ha inoltre introdotto la possibilità di presentare piani familiari congiunti: più membri della stessa famiglia sovraindebitata possono presentare un unico piano se i debiti hanno origine comune (ad esempio marito e moglie garantiti reciprocamente, oppure genitore e figlio coobbligati). Questo evita procedure separate. Infatti, è previsto che la procedura familiare sia possibile quando più debitori legati da vincolo familiare o conviventi hanno una situazione da sistemare insieme.

Il correttivo 2024 non ha modificato i requisiti del piano del consumatore, ma ha introdotto il già citato diritto di reclamo sulle omologhe che vale anche qui (quindi creditori scontenti possono impugnare in Corte d’Appello). Inoltre ha reso più rapida la procedura: il giudice può dare un termine al debitore per integrare o correggere il piano prima di decidere, fino a 15 giorni, evitando di rigettare subito per un vizio sanabile. Quindi se manca un documento o serve un aggiustamento, c’è spazio per farlo. Questo è un ausilio in più per arrivare all’omologa.

Esempio pratico di piano del consumatore

Consideriamo “Anna”, una madre di famiglia con due figli, che ha perso il marito (era co-intestatario del mutuo) e si ritrova con: un mutuo residuo sulla casa di 80.000€ con rate arretrate di 6 mesi, 20.000€ di prestiti personali e 10.000€ di carte di credito. Lavora, stipendio 1.500€, ma da sola non riesce a pagare tutto. La casa è a rischio pignoramento per le rate non pagate del mutuo e i creditori delle carte minacciano decreti ingiuntivi. Anna, tramite OCC, elabora un piano del consumatore in cui propone: di pagare integralmente le rate del mutuo, magari chiedendo alla banca di spostare in coda quelle arretrate (la banca ipotecaria così è soddisfatta e ottiene tutto, solo in ritardo); per gli altri debiti chirografari (30.000€ totali) offre di pagare il 15% (4.500€) in 5 anni, rateizzando circa 75€ al mese, che è quello che può permettersi sottraendo dal suo stipendio le spese essenziali e la rata mutuo. L’OCC attesta che il piano è fattibile: l’ISEE di Anna è modesto, le spese per i figli sono documentate, quindi 75€/mese è il massimo disponibile senza intaccare la dignità familiare. I creditori chirografari vengono convocati solo per essere ascoltati: ovviamente esprimono disappunto per ricevere solo il 15%, ma non c’è bisogno del loro accordo. Il giudice verifica: la casa, se venduta all’asta, estinguerebbe il mutuo ma lascerebbe i chirografari a bocca asciutta (anzi forse neanche estinguerebbe tutto il mutuo, viste spese e deprezzamento). Quindi il piano conviene rispetto alla liquidazione. Inoltre, Anna non ha colpe gravi: il sovraindebitamento deriva per lo più dalla perdita di un reddito (il marito) e dal tentativo di mantenere i figli; non risultano spese voluttuarie strane. Il giudice omologa il piano. L’effetto immediato: l’asta della casa viene bloccata; Anna riprende a pagare regolarmente le rate mutuo da quel momento, e versa le piccole rate concordate per i chirografari. Dopo 5 anni, avrà pagato i 4.500€ pattuiti ai chirografari, che dunque devono rinunciare al restante 85% del loro credito. Anna esce dalla procedura tenendo la sua casa e con solo il mutuo residuo da finire di pagare in seguito. I debiti con finanziarie e carte saranno cancellati.

Questo scenario illustra perfettamente la finalità sociale del piano del consumatore: evitare che un evento sfortunato (rimanere vedova e monoreddito) distrugga completamente una famiglia costringendola a perdere la casa e a restare per sempre indebitata. I creditori finanziari, è vero, incassano poco, ma non meno di quanto avrebbero ottenuto legalmente vendendo la casa, perché il mutuo aveva priorità su tutto e assorbiva praticamente il valore.

Nel corso degli anni, centinaia di famiglie italiane hanno utilizzato piani del consumatore simili a quello di Anna per salvarsi. La stampa ha riportato casi in cui l’intervento dell’OCC ha permesso a famiglie sull’orlo del suicidio (da qui il nome “salva suicidi”) di ridurre drasticamente i debiti e ricominciare. Ad esempio, notizie di cronaca: “Como, due famiglie salvate dal piano del consumatore e liquidazione dei beni: due coppie di coniugi pagheranno solo una minima parte dei loro debiti”. Ciò indica come, unendo le forze in una procedura familiare, si sia potuto stralciare gran parte del debito mantenendo il necessario.

La Liquidazione Controllata del Sovraindebitato

Cos’è: La liquidazione controllata (ex “liquidazione del patrimonio”) è la procedura di carattere liquidatorio prevista per il sovraindebitato. In pratica, il debitore mette a disposizione tutti i suoi beni e (parzialmente) i futuri redditi, che vengono liquidati sotto controllo del tribunale per pagare i creditori. Al termine, il debitore persona fisica ottiene la cancellazione dei debiti residui (esdebitazione), salvo eccezioni. È quindi assimilabile al fallimento per le imprese, ma pensata su misura per individui e piccoli operatori, con durata limitata e effetti “liberatori” finali.

Quando si ricorre alla liquidazione:

  • Se il debitore non è in grado di proporre un accordo o un piano fattibile (ad esempio, se i suoi redditi sono insufficienti persino per un mini-piano, o se i creditori non collaborano).
  • Se il debitore stesso preferisce liquidare i beni e ripartire da zero subito, anziché impegnarsi in un piano pluriennale (magari perché l’indebitamento è talmente elevato che un piano sarebbe solo un palliativo).
  • Se un precedente piano o accordo è fallito o è stato revocato: in questi casi la legge prevede spesso la conversione d’ufficio in liquidazione.
  • Può chiederla anche un creditore o il P.M., in caso di frode del debitore, ma parliamo di situazioni particolari (nel Codice c’è la possibilità di aprire liquidazione d’ufficio se il debitore ha truccato le carte in un piano, a tutela dei creditori traditi).

Come funziona: Il debitore (o chi legittimato) presenta istanza di liquidazione al tribunale con l’assistenza dell’OCC. Non serve il consenso dei creditori. Il giudice verifica i requisiti e, se ammette, dichiara aperta la liquidazione, nomina un Liquidatore (spesso coincide col gestore OCC) e fissa i termini. Da quel momento:

  • Tutti i beni di proprietà del debitore, presenti al momento dell’apertura, entrano nella massa attiva da liquidare (tranne quelli impignorabili per legge: ad esempio abiti, mobili di uso quotidiano, stipendi nei limiti del minimo vitale, ecc.).
  • Il liquidatore procede a vendere i beni (anche tramite aste delegate, o affida incarichi a notai per vendere immobili, ecc.), oppure se il debitore ha già venduto beni nei 5 anni prima e li ha regalati o venduti sottoprezzo, può revocare quegli atti (azione revocatoria) per recuperare valore.
  • I creditori presentano domanda di ammissione al passivo (come in un fallimento). Il liquidatore forma lo stato passivo, che viene approvato dal giudice. Dopodiché i creditori non possono più agire individualmente, devono aspettare riparti.
  • Se il debitore ha un reddito da lavoro o pensione, la legge prevede che una parte di esso, eccedente quanto necessario al mantenimento suo e della famiglia, venga decurtata mensilmente e conferita alla massa. Tipicamente, viene applicato un criterio simile al pignoramento dello stipendio: si lascia al debitore almeno il minimo vitale (circa l’assegno sociale triplicato, parametro di base) e il resto (fino a 1/5 di regola) va ai creditori. Queste somme vengono raccolte per la durata della procedura.

Durata massima e caratteristiche: Il nuovo Codice ha stabilito che la liquidazione controllata dura al massimo 3 anni (48 mesi) per le persone fisiche. Ciò significa che, trascorsi 3 anni dall’apertura, il liquidatore non potrà più acquisire i nuovi redditi del debitore, e si procederà a chiudere. (Possibile eccezione: se ci sono immobili invenduti, si potrà proseguire per finirne la liquidazione, ma l’obbligo per il debitore di versare redditi cessa). Questo è un miglioramento netto: prima la liquidazione poteva teoricamente durare molti anni; ora c’è un orizzonte temporale definito che attua la direttiva europea sul “fresh start” entro 3 anni.

Addirittura, la Corte Costituzionale si è espressa nel 2024 su questo punto (sent. n.6/2024), confermando che è legittimo e conforme a Costituzione limitare a 3 anni l’acquisizione degli stipendi futuri del debitore. Quindi oggi il debitore sa che, se affronta la liquidazione, per 3 anni dovrà stringere la cinghia, ma dopo potrà tornare a godere interamente dei suoi guadagni senza più zavorre.

Durante la procedura, il debitore è tenuto a collaborare con il liquidatore, segnalare sopravvenienze (se ad esempio riceve un’eredità, quella va in massa se arriva entro i 3 anni), non può compiere atti dispositivi senza autorizzazione. Insomma, c’è qualche limitazione alla libertà finanziaria, simile a un fallito (ma meno infamante: oggi non esiste più lo status di “fallito” nel senso di interdizioni civili, grazie al CCII). In particolare, il debitore in liquidazione può continuare a lavorare (anzi, è auspicabile), può anche aprire nuova attività se autorizzato, ma con l’onere di destinare la parte dovuta ai creditori.

Soddisfacimento dei creditori: Il liquidatore, man mano realizza attivo (vende beni, incassa rate stipendio), effettua dei riparti distribuendo le somme ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione: prima i creditori con pegno/ipoteca o privilegio sino a capienza sui beni su cui vantano prelazione; poi eventuali chirografari per la parte rimanente proporzionalmente. In genere i creditori chirografari prendono molto poco in liquidazione, ma accettano la procedura perché almeno qualcosa arriva senza ulteriori spese.

Esdebitazione finale: Una volta decorso il termine di 3 anni e liquidato tutto il possibile, il debitore persona fisica può ottenere l’esdebitazione, cioè la cancellazione dei debiti rimasti impagati. Nel vecchio regime occorreva fare apposita istanza; il Codice invece prevede che sia concessa di diritto dal giudice con decreto, se il debitore ha cooperato e non ci sono ragioni ostative, senza bisogno di una domanda specifica (questo perché molti debitori dimenticavano di chiederla formalmente!). L’esdebitazione non riguarda alcuni debiti particolari non falcidiabili (per esempio, potrebbe escludere obblighi di mantenimento, debiti da risarcimento danni per fatti illeciti che il giudice ritenga non perdonabili, etc., analogamente all’art. 282 CCII). Ma in linea di massima, tutti i debiti antecedenti si estinguono definitivamente, liberando il debitore.

Esdebitazione del debitore incapiente: Caso particolare: se il debitore non possiede beni né capacità di produrre reddito utilmente liquidabile, può chiedere al tribunale l’esdebitazione immediata senza neanche aprire una procedura complessa. Questo istituto, introdotto prima nell’art.14-quaterdecies L.3/2012 e ora ripreso nell’art.283 CCII, richiede i seguenti requisiti:

  • Il debitore è persona fisica meritevole (no dolo o colpa grave nel causare i debiti).
  • Non ha beni né redditi presenti o futuri con cui soddisfare i creditori nemmeno in minima parte.
  • Non ha già usufruito in passato di altra esdebitazione a zero (una sola volta nella vita).

In pratica, serve a chi è nullatenente e rimarrà tale prevedibilmente (pensionato sociale con sola casa popolare, disoccupato cronico, etc.) per evitare il costo inutile di aprire una liquidazione che non darebbe nulla ai creditori. Il giudice verifica le condizioni e può direttamente emettere un decreto che cancella i debiti. È un provvedimento di clemenza eccezionale: di fatto si dice ai creditori che non vedranno un euro, ma tanto non l’avrebbero visto comunque. Il debitore “incapiente” torna libero dai debiti subito. Questa misura viene anche detta “esdebitazione a costo zero”, ed è davvero l’ultima spiaggia per dare speranza a chi altrimenti rimarrebbe marchiato a vita da debiti inesigibili.

Ovviamente, il tribunale la concede con parsimonia e può imporre obblighi al debitore di segnalare se nei 4 anni successivi dovesse cambiare fortuna (se ad esempio vince alla lotteria poco dopo, i creditori potrebbero rifarsi sotto revocando l’esdebitazione). Ma in linea generale, una volta data, è definitiva e irrevocabile. Studi recenti sottolineano come questa novità sia un “unicum” civile: cancellare i debiti senza pagare nulla era impensabile prima, ma è giustificato in nome della dignità umana e per evitare sacche di povertà ed economia sommersa.

Vantaggi della liquidazione controllata: Permette al debitore di porre fine all’incubo dei debiti anche se non riesce a proporre alcun rimborso significativo. Dopo pochi anni riparte pulito. Dal lato dei creditori, è comunque un modo trasparente e ordinato di liquidare il possibile, spesso meglio di decine di esecuzioni individuali scoordinate. Ad esempio, se uno ha 10 creditori e pochi beni, conviene anche ai creditori avere una sola procedura che vende i beni e ripartisce pro-quota, piuttosto che litigare tra loro su chi pignora per primo. Inoltre i creditori sanno che dopo l’esdebitazione non potranno più agire, quindi sono incentivati a partecipare attivamente alla procedura per massimizzare il recupero prima che sia tardi.

Svantaggi: Il debitore perde i beni (la casa, l’auto, ecc. salvo eccezioni come i beni impignorabili) e per i 3 anni ha parte del reddito sequestrato. È una soluzione dolorosa ma a volte necessaria. Inoltre, non tutti i debiti sono esdebitabili: eventuali debiti di natura penale (multe per reati) o debiti alimentari (mantenimento figli) restano comunque. Ma sono situazioni limitate.

Novità 2024: Il correttivo ha risolto un problema annoso: prima, se uno era un ex imprenditore fallibile ma cancellato da oltre 1 anno, non poteva fallire né accedere a queste procedure (un limbo). Ora l’art.33 co.4 CCII permette anche agli imprenditori cancellati da oltre un anno di accedere alla liquidazione controllata, così chiuse definitivamente le pendenze. Inoltre, la durata 3 anni è chiarita e blindata come detto.

Esempio pratico di liquidazione controllata

“Luca” è un ex piccolo imprenditore edile che ha dovuto chiudere e vendere quasi tutto per pagare parte dei debiti. Gli restano però 200.000€ di debiti vari (banche, fornitori, fisco) e praticamente nessun bene di valore: non ha casa (era in affitto), possiede solo un’auto vecchia, qualche attrezzatura già ipotecata dalla banca e null’altro; ha 45 anni e per vivere fa lavoretti saltuari in nero perché tanto con i debiti non potrebbe tenersi uno stipendio a lungo (glielo pignorerebbero). Decide di voltare pagina aderendo alla procedura di liquidazione. L’OCC verifica che Luca non ha niente tranne l’auto (che verrà venduta per 3.000€) e un eventuale piccolo stipendio se regolarizza un lavoro. Si apre la liquidazione: i creditori vengono e si rendono conto che c’è ben poco. Dopo aver liquidato l’auto e incassato magari 200€/mese per 3 anni dallo stipendio di un nuovo lavoro che Luca ha trovato (quindi ~7.200€), il liquidatore chiude la procedura. I 10.000€ ricavati in totale vengono distribuiti (praticamente spese procedura e briciole ai creditori). Luca a quel punto chiede e ottiene l’esdebitazione per il restante 190.000€. I creditori, sebbene non soddisfatti, non avrebbero… avrebbero comunque potuto recuperare di più inseguendo un debitore nullatenente. In compenso, Luca ottiene la cancellazione dei suoi debiti e può tornare a lavorare in chiaro senza timore di pignoramenti, ricominciando la sua vita economica da capo.

In sintesi, la liquidazione controllata è la soluzione di “ultimo istanza” ma con una prospettiva di sollievo concreta: sacrificando il patrimonio e tre anni di “survival mode”, il debitore onesto viene premiato con l’esdebitazione totale (o quasi). Non è un fallimento infamante, bensì un percorso di riabilitazione previsto dalla legge: dopo si è di nuovo cittadini solvibili a tutti gli effetti. I dati confermano che oggi la maggioranza delle procedure di sovraindebitamento avviate è proprio la liquidazione (nel 2023 circa il 55% del totale, contro il 34% di piani del consumatore e 11% di accordi), e che il tasso di successo della liquidazione è più alto rispetto alle altre soluzioni. Questo perché i requisiti formali sono meno onerosi: basta essere sovraindebitati e meritevoli, senza dover convincere nessuno sul piano di pagamento. Certo, si rimborsa mediamente poco ai creditori (secondo uno studio, circa il 27% del debito iniziale in liquidazione, con soddisfazione dei chirografari attorno al 15%), ma l’obiettivo sociale è proprio dare una via d’uscita al debitore, anche a costo di sacrificare le ragioni creditorie oltre un certo limite.

Giurisprudenza e Prassi Operativa Aggiornate

In oltre dieci anni di applicazione della normativa sul sovraindebitamento, i tribunali italiani (e la Corte di Cassazione) hanno sviluppato un corpus significativo di orientamenti giurisprudenziali. Elenchiamo alcuni principi chiave emersi, utili per capire come i giudici interpretano la legge e cosa aspettarsi nella pratica:

  • Meritevolezza del debitore: Come già evidenziato, è un requisito fondamentale per accedere ai benefici del piano del consumatore e dell’esdebitazione. La Cassazione ha chiarito che la meritevolezza va valutata in concreto: non serve un evento traumatico specifico (c.d. “shock”), ma occorre che il debitore non abbia provocato la crisi con dolo o colpa grave. Ad esempio, non è meritevole chi ha fatto spese voluttuarie sproporzionate o ha assunto troppi prestiti senza alcuna ragionevole prospettiva di poterli ripagare. Parimenti, chi ha nascosto informazioni rilevanti ai creditori (es. omettendo di dichiarare debiti in essere per ottenere nuovo credito) si pone in malafede. La Cass. n.27843/2022 ha negato l’omologazione a un consumatore che aveva reiteratamente ottenuto finanziamenti mentendo sulla propria situazione debitoria, qualificando tale condotta come “colpa grave” incompatibile con l’accesso al beneficio. Viceversa, la giurisprudenza considera meritevoli i debitori che, pur avendo commesso imprudenze, hanno principalmente sofferto circostanze avverse e hanno collaborato lealmente nella procedura (trasparenza sui beni, impegno a destinare tutto il possibile ai creditori). In pratica, come efficacemente riassunto da una guida pratica, per essere meritevole “non devi aver fatto spese pazze o inutili, non devi aver nascosto beni ai creditori, devi aver cercato di pagare ciò che potevi e non devi aver fatto dichiarazioni false per ottenere prestiti”.
  • Valutazione del merito creditizio del creditore: Un aspetto interessante emerso in sede giudiziale è che, nel valutare la meritevolezza, si può tenere conto anche della condotta delle banche nel concedere credito. La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1869/2016 aveva già aperto alla considerazione della responsabilità del finanziatore: se una banca ha erogato prestiti senza verificare le capacità del cliente, parte della situazione debitoria deriva dalla sua leggerezza. Il nuovo Codice della Crisi, all’art. 69, richiama espressamente l’obbligo di valutazione del merito creditizio. In una pronuncia molto recente (Cass., Sez. I, 14 marzo 2025 n. 6869), la Suprema Corte ha evidenziato che il mancato rispetto di tale obbligo da parte della banca può incidere sulla procedura: nel caso concreto un consumatore aveva ottenuto un prestito nonostante avesse altri debiti, omettendoli nel questionario alla banca; la Cassazione ha confermato la revoca dell’omologa del piano, ritenendo corretta la valutazione del Tribunale secondo cui il cliente aveva “falsato il merito creditizio” inducendo la banca in errore, e pertanto non meritava l’omologazione. Implicitamente, questo ragionamento lascia intendere che se invece fosse emersa una negligenza della banca nel concedere credito e il debitore fosse stato franco, il giudizio sulla meritevolezza poteva essere diverso. Dunque la colpa nell’eccesso di credito può essere condivisa: un debitore sovraindebitato perché bombardato di prestiti facili potrebbe trovare maggiore comprensione in sede di omologa rispetto a chi ha ingannato attivamente le finanziarie.
  • Convenienza del piano rispetto alla liquidazione: Più volte ribadito è il principio che nessun creditore può essere trattato peggio, nella proposta di accordo o piano, di quanto otterrebbe in una ipotetica liquidazione. Questo è sancito chiaramente nell’art. 80 CCII e già nella L.3/2012. La Cass. n. 9087/2019 (e prima ancora Cass. 16/2018) ha affermato che il giudice deve verificare d’ufficio la convenienza, anche in mancanza di contestazioni dei creditori. Se il piano offre a un creditore il 5% ma in liquidazione quello stesso creditore avrebbe probabilmente ottenuto il 20%, l’omologa va negata. La tutela dei creditori su questo punto è dunque massima. Di contro, la Cassazione ha anche detto che il giudice non deve sindacare la percentuale in sé di soddisfacimento se rispetta quel criterio: ad esempio Cass. 11113/2021 ha omologato un piano con pagamento integrale del creditore ipotecario dopo 2 anni e i chirografari al 10%, osservando che in liquidazione la casa ipotecata all’asta avrebbe forse soddisfatto solo la banca e nulla per gli altri; quindi il 10% era già un plus giustificato. La convenienza comparativa prevale sul fatto che alcuni creditori possano trovarsi a subire decurtazioni forti.
  • Dilazioni di pagamento lunghe: Inizialmente alcuni tribunali respingevano piani o accordi con durate molto estese (oltre 5 anni) ritenendo che i creditori non potessero essere obbligati ad attendere troppo. La Cassazione è intervenuta più volte per smentire questa rigidità. Già con l’ord. n. 27544/2019 ha stabilito che non c’è un limite temporale massimo al piano del consumatore, purché sia funzionale alla sostenibilità e convenienza. In quella vicenda, il piano prevedeva il pagamento dei creditori privilegiati oltre l’anno previsto dalla legge, ma la Cassazione ha detto che se ciò assicura un esito migliore, è ammissibile. Più di recente, Cass. Sez. I, 19 gennaio 2024 n.576 ha confermato che si possono ammettere dilazioni anche molto lunghe (nel caso esaminato si parlava di un piano superiore a 10 anni) a patto che i creditori possano interloquire e che il giudice verifichi la convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria. D’altra parte, notizie riportano di piani di rientro estremamente prolungati: ad esempio, un rapporto citava “un debitore che dal 2018 sta affrontando un piano di rientro di ben trent’anni” – caso limite ma sintomatico che, se i creditori accettano (nell’accordo) o se comunque la sostenibilità lo impone (nel piano), la durata non è un ostacolo legale di per sé. Naturalmente, più il piano è lungo, più va monitorato il rispetto, ecco perché il correttivo 2024 ha previsto la possibilità per il giudice di modificare in corsa il piano su istanza del debitore se sopravvengono fattori (ad esempio, concedendo 15 giorni per integrare documenti o adeguare il piano prima di bocciarlo).
  • Procedure familiari: La prassi sta accogliendo favorevolmente la possibilità, introdotta già dal 2017 e rafforzata dal Codice, di presentare un’unica procedura per membri della stessa famiglia. Ad esempio, marito e moglie coobbligati su mutuo e prestiti possono fare un solo piano congiunto. In tali casi, la giurisprudenza ha chiarito che per il voto nell’accordo si guarda al complessivo (non è necessario che ogni debitore abbia il 60% dei propri creditori consenzienti, conta la maggioranza sull’insieme). Diversi tribunali hanno omologato piani familiari con esito positivo: un caso citato a Como ha visto due coppie di coniugi presentare insieme la procedura, ottenendo di pagare solo una minima parte dei loro debiti grazie alle sinergie e al nuovo istituto. Ciò evita duplicazioni di costi e decisioni contrastanti in seno alla famiglia.
  • Gratuito patrocinio e spese di procedura: Una menzione speciale merita la sentenza Corte Cost. n.83/2018, che ha aperto il patrocinio a spese dello Stato per il sovraindebitamento, poi confermato nel Codice. La Corte Costituzionale è intervenuta anche di recente (sent. n.121/2024) per chiarire che le spese dell’OCC vanno trattate con criterio di effettività: se il debitore è totalmente incapiente, il giudice può disporre che la parcella dell’OCC sia pagata solo a esito raggiunto o attinta dal Fondo di Giustizia in via anticipata. Questo per rimuovere ostacoli di accesso per i più poveri. La Corte Cost. n.6/2024, già citata, ha poi blindato la regola dei 3 anni di durata massima in liquidazione, ritenendola costituzionalmente legittima e bilanciata. Queste pronunce costituzionali confermano l’orientamento di fondo: l’ordinamento vuole favorire la riuscita delle procedure e la liberazione del debitore, purché nel rispetto dei principi di uguaglianza e ragionevolezza verso i creditori.

Prassi operative: Negli anni, gli OCC e i tribunali hanno sviluppato linee guida per rendere più uniformi le procedure. Ad esempio, molti tribunali (Milano, Firenze, Torino, etc.) hanno protocolli operativi con modelli di ricorso, schemi di piani e di relazioni, per facilitare i debitori fai-da-te e i professionisti. Alcuni OCC svolgono sportelli informativi gratuiti per spiegare ai cittadini indebitati come funziona (ad esempio, la Camera Arbitrale di Milano pubblica una “Guida al sovraindebitamento” online). Tuttavia, permangono differenze territoriali: i dati mostrano che al Nord la tendenza è a favorire la liquidazione (oltre due pratiche su tre al Nord sono liquidazioni, segno che i gestori indirizzano spesso verso quella via), mentre al Sud prevalgono i piani del consumatore. Ciò può riflettere diverse filosofie: alcuni gestori ritengono utile tentare la ristrutturazione del debito (soprattutto dove i debitori tengono a salvare la casa, frequente al Sud), altri puntano sulla soluzione più rapida della liquidazione per assicurare l’esdebitazione con meno rischi di rigetto. Come notato in un rapporto 2024, circa metà delle procedure avviate non arrivano a buon fine (spesso abbandonate prima dell’omologa), talora per scelta sbagliata dello strumento o per inadempienze del debitore. Pertanto, il consiglio pratico è di affidarsi a professionisti esperti e sinceri: un buon OCC/consulente dovrebbe analizzare la situazione e consigliare al debitore la procedura con le maggiori chance di successo, non quella più vantaggiosa sulla carta ma irrealistica. Ad esempio, se un debitore tiene alla casa ma oggettivamente non ha redditi per sostenere un piano, forse la via giusta è la liquidazione vendendo la casa con la garanzia di cancellare i debiti residui, anziché un piano destinato a fallire e far perdere tempo prezioso.

In generale, i tribunali oggi hanno maturato sensibilità: c’è rigore nel far emergere eventuali abusi (piani “furbi” vengono respinti), ma anche disponibilità ad aiutare chi è in buona fede (con provvedimenti di sospensione delle aste, termini per integrazioni, etc.). Molti giudici delegati alle crisi da sovraindebitamento applicano il principio della seconda chance in modo sostanziale, convinti che ridare dignità economica a una famiglia sia nell’interesse dell’intera comunità (si pensi alla riduzione di depressione sociale, lavoro nero, usura). Anche le banche ormai considerano ordinario confrontarsi con queste procedure: alcune adottano linee interne per decidere se votare a favore di un accordo o se contestare un piano del consumatore. Ad esempio, si è visto che spesso gli istituti di credito non si oppongono ai piani del consumatore se intravedono che la liquidazione alternativa darebbe loro meno – anzi, a volte nemmeno si presentano in udienza. Questo atteggiamento “lasciar fare” facilita l’omologazione.

Conclusioni e Consigli Finali

Rinegoziare i debiti con le banche e gli altri creditori si può, anche nelle situazioni che paiono disperate. Abbiamo visto come il ventaglio di strumenti vada dai più semplici accordi bonari alle sofisticate procedure giudiziali di sovraindebitamento. La chiave del successo sta nel scegliere lo strumento adatto al proprio caso e muoversi con tempestività e trasparenza. Riassumendo i consigli più importanti:

  • Non aspettate l’ultimo momento: appena vi rendete conto che la situazione debitoria sta sfuggendo al controllo, iniziate a cercare soluzioni. Prima di saltare rate o far accumulare interessi di mora, contattate la banca, informatevi sulle opzioni e se necessario rivolgetevi a un OCC o a un legale. Il tempo è un alleato: muoversi prima evita pignoramenti e vi dà più potere contrattuale.
  • Valutate le soluzioni stragiudiziali, ma con lucidità: se avete un rapporto corretto con la banca, provate una trattativa privata. Potreste ottenere una rinegoziazione delle rate o uno sconto a saldo e stralcio, risolvendo bonariamente. Ma se i debiti sono multipli e troppo pesanti, non intestarditevi in trattative infinite: le procedure di legge esistono proprio per affrontare i casi di sovraindebitamento sistemico.
  • Fatevi assistere da esperti affidabili: le normative sono tecniche e un errore formale può vanificare mesi di sforzi. Scegliete un Organismo di Composizione della Crisi con esperienza (potete informarmi sul numero di pratiche trattate, sul tasso di successo). Un buon gestore vi spiegherà pro e contro di ogni opzione (piano vs liquidazione) senza promettere miracoli. Diffidate di chi vi garantisce subito la cancellazione dei debiti facile: la legge offre opportunità reali, ma richiede impegno e serietà.
  • Collaborate pienamente e siate trasparenti: se entrate in una procedura, ricordate che dovrete dichiarare tutto il vostro patrimonio e le vostre entrate. Nascondere un bene o un reddito, oltre ad essere scorretto, molto probabilmente verrà scoperto (gli OCC possono accedere alle banche dati pubbliche, come da novità del 2021, e verificare conti, immobili, ecc.). La trasparenza è essenziale anche perché il giudice valuterà la vostra buona fede. Consegnate tutti i documenti richiesti, raccontate la verità sulla genesi dei debiti (anche se imbarazzante – agli OCC ne hanno viste di tutti i colori, non vi giudicano, devono solo riferire obiettivamente).
  • Preparatevi ai sacrifici necessari: rinegoziare un debito significa quasi sempre dover rinunciare a qualcosa – che sia pagare per più anni, vendere un bene caro o accettare di vivere con meno entrate disponibili per un periodo. Entrate nell’ottica che è una fase transitoria per un bene maggiore: la libertà dai debiti e la stabilità per la vostra famiglia. Mantenete un tenore di vita consono durante il piano: evitare nuove spese superflue, creare un piccolo fondo di emergenza se possibile per non rischiare inadempienze future.
  • Conoscete i vostri diritti: informatevi (anche attraverso guide come questa) su ciò che potete ottenere. Ad esempio, sapere che il giudice può sospendere un’asta immobiliare se presentate un piano del consumatore vi dà la tranquillità di tentare quella via senza panico. Oppure, essere consapevoli che dopo 3 anni di liquidazione i debiti si azzerano vi motiverà a sopportare quel periodo difficile. Allo stesso modo, comprendere i limiti (es: l’esdebitazione non copre le obbligazioni alimentari) vi eviterà aspettative errate.

In conclusione, la possibilità di rinegoziare il proprio debito con le banche e di uscire dall’incubo del sovraindebitamento è oggi una realtà concreta nell’ordinamento italiano. Siamo passati da un’epoca in cui il debitore civile era “perseguitato a vita” dai creditori, ad un sistema moderno in cui – a certe condizioni – ci si può liberare dai debiti e ripartire. La legge ha messo a disposizione gli strumenti; sta al debitore fare il passo di attivarli, con responsabilità e determinazione. Storie di successo ce ne sono molte: famiglie che hanno salvato la casa, pensionati che hanno ottenuto lo stralcio delle cartelle esattoriali esagerate, piccoli imprenditori che dopo la liquidazione hanno potuto ricominciare un’attività puliti dai debiti pregressi.

“Non c’è notte tanto lunga da non permettere al Sole di risorgere il giorno dopo”: questo proverbio ben si applica alla situazione del sovraindebitato. Per quanto grave sia la vostra situazione debitoria, ricordate che una via d’uscita legale esiste. Rivolgetevi alle istituzioni competenti (Tribunali, OCC, consulenti) e non abbiate paura di chiedere aiuto. Con un piano ben fatto o, se necessario, con una liquidazione e un po’ di pazienza, potrete mettere un punto ai debiti del passato e ricominciare senza quel fardello. Questa guida ha mostrato il “come”; il passo iniziale spetta a voi.

Fonti e Riferimenti Normativi e Giurisprudenziali

  • Legge 27 gennaio 2012 n.3 – “Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento”. G.U. 30/1/2012. (Legge originaria sul sovraindebitamento, c.d. “Salva Suicidi”).
  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) – D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14, in vigore dal 15 luglio 2022. Artt. 65-91 dedicati al sovraindebitamento. (Nuova disciplina unificata delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento). Modifiche integrative: D.Lgs. 147/2020, D.Lgs. 83/2022, D.Lgs. 13 settembre 2024 n.136 (c.d. Correttivo Ter).
  • Decreto Ministeriale 24 settembre 2014 n.202 – Regolamento requisiti iscrizione OCC. (Detta regole sugli Organismi di Composizione della Crisi).
  • Codice Civile art. 2740 – Principio di responsabilità patrimoniale. (Base teorica su cui il debitore risponde con tutti i suoi beni, salvo diverse disposizioni come l’esdebitazione).
  • Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/1993) – Artt. 120–quater e quater1 (rinegoziazione mutui) e art. 124 bis (obbligo di valutazione merito creditizio per credito ai consumatori). (Norme rilevanti per rinegoziazioni stragiudiziali e condotte delle banche).
  • Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022) art.1, cc. 322-326 – Norma per passaggio mutui da tasso variabile a fisso entro 2023, prorogata al 2024
  • Cassazione Civile, Sez. I, 01/02/2016 n.1869 – Definizione di consumatore sovraindebitato e nozione estensiva (include ex imprenditori con soli debiti personali).
  • Cass. Civ., Sez. I, 28/10/2019 n.27544 – Ammissibilità di un piano del consumatore con moratoria > 1 anno su creditori privilegiati. (Conferma flessibilità durata piani).
  • Cass. Civ., Sez. I, 14/04/2020 n.7829 – Criteri di meritevolezza; irrilevanza dell’“evento improvviso” come unico discrimine, valutazione complessiva. (Ribadisce che anche sovraindebitamento graduale può essere meritevole se senza colpa grave).
  • Cass. Civ., Sez. I, 27/09/2022 n.27843 – Piano del consumatore e meritevolezza: esclusione in caso di indebitamento colposo grave. (Caso di consumatore con condotte imprudenti reiterate: piano negato).
  • Cass. Civ., Sez. I, 19/01/2024 n.576 – Dilazioni ultrannuali nei piani/accordi: ammissibili se creditori informati e convenienza assicurata.
  • Cass. Civ., Sez. I, 14/03/2025 n.6869 – Valutazione del merito creditizio: conferma revoca omologa piano consumatore se il debitore ha fornito informazioni scorrette alla banca in fase di ottenimento credito.
  • Corte Costituzionale 11/04/2018 n.83 – Ammissione gratuito patrocinio nelle procedure da sovraindebitamento. (Dichiara illegittimità parziale art. 15 L.3/2012, aprendo alle spese a carico Stato).
  • Corte Costituzionale 10/03/2022 n.65 – Conferma legittimità esdebitazione del debitore incapiente introdotta nel 2020. (Respingendo dubbi di costituzionalità sulla falcidia di crediti erariali nel piano del consumatore e su esdebitazione senza utilità).
  • Corte Costituzionale 19/01/2024 n.6 – Legittimità costituzionale durata minima 3 anni liquidazione controllata e inclusione redditi futuri. (Conferma bilanciamento tra creditori e diritto al fresh start).
  • Corte Costituzionale 04/07/2024 n.121 – Gratuito patrocinio e spese OCC prenotate a debito nelle procedure di liquidazione. (Tutela accesso alla giustizia per i debitori indigenti).

Rinegoziare Il Mio Debito Con Le Banche: Perché Affidarsi A Studio Monardo Per Ottenere Condizioni Migliori E Uscire Dalla Crisi

Hai un mutuo, un prestito, una cessione del quinto o un affidamento bancario che non riesci più a sostenere? Sei in ritardo con i pagamenti e hai già ricevuto solleciti, richieste di rientro o minacce di pignoramento?

In questi casi, rinegoziare il debito con la banca è possibile, ma deve essere fatto in modo corretto, con una strategia chiara e – soprattutto – con la guida di un professionista che sappia come trattare e difenderti.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa avere al proprio fianco un esperto di diritto bancario e crisi da sovraindebitamento, in grado di ottenere soluzioni concrete e sostenibili, anche in situazioni molto delicate.

Quando conviene rinegoziare il debito

La rinegoziazione del debito bancario è utile quando:

  • Le rate sono diventate troppo alte rispetto al tuo reddito
  • Sei in ritardo con i pagamenti ma vuoi evitare la segnalazione o il pignoramento
  • Vuoi evitare che la banca avvii la procedura esecutiva sull’immobile o sul conto
  • Hai più debiti e vuoi ristrutturarli in un’unica soluzione gestibile
  • Hai ricevuto la revoca di fidi, anticipi o linee di credito e non riesci a rientrare

Agire prima che la banca avvii il recupero forzato è fondamentale per evitare danni maggiori e mantenere il controllo sulla situazione.

Cosa può fare per te l’Avvocato Monardo

L’Avvocato Giuseppe Monardo, con anni di esperienza nella gestione dei debiti bancari, può aiutarti a:

  • Analizzare il contratto di mutuo, prestito o affidamento per verificarne la regolarità
  • Contestare eventuali interessi e clausole abusive (anatocismo, usura, penali irregolari)
  • Aprire una trattativa con la banca per ottenere:
    • la riduzione della rata
    • la sospensione temporanea dei pagamenti
    • l’allungamento del piano di ammortamento
    • un saldo e stralcio a fronte del pagamento parziale
  • Inserire il debito bancario all’interno di una procedura di sovraindebitamento, se la rinegoziazione non è più sufficiente
  • Bloccare pignoramenti, esecuzioni immobiliari o ipoteche già avviate

Ogni percorso viene costruito su misura, tenendo conto delle tue reali possibilità e del grado di rischio in corso.

Le qualifiche dell’Avvocato Monardo

L’Avvocato Giuseppe Monardo è:

  • Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, iscritto presso il Ministero della Giustizia
  • Fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC)
  • Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa, abilitato secondo il D.L. 118/2021
  • Coordinatore di una rete nazionale di professionisti in diritto bancario, tributario e dell’esecuzione forzata

Con queste competenze, può trattare direttamente con gli istituti di credito, utilizzando gli strumenti più avanzati previsti dalla legge e dai protocolli bancari.

Rinegoziazione o Sovraindebitamento?

Se la rinegoziazione non è sufficiente o la banca si rifiuta di trovare un accordo, Monardo può attivare per te le procedure previste dalla Legge 3/2012 aggiornata:

  • Piano del consumatore: se sei un privato con debiti bancari
  • Accordo di composizione della crisi: se sei un ex imprenditore o professionista
  • Liquidazione controllata: se non puoi offrire alcun piano sostenibile
  • Esdebitazione dell’incapiente: se non hai beni o redditi

Tutte queste soluzioni interrompono le azioni esecutive e consentono, in molti casi, la cancellazione totale o parziale del debito bancario.

In Conclusione

Non aspettare che la banca proceda con il pignoramento o la segnalazione. Agisci adesso.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa avere al proprio fianco un professionista qualificato, preparato e autorizzato, in grado di negoziare condizioni migliori, difenderti da azioni esecutive e guidarti verso la risoluzione definitiva del debito.
Con Monardo, la tua crisi bancaria può diventare l’inizio della tua ripartenza.

Qui di seguito tutti i contatti del nostro Studio Legale specializzato in rinegoziazione di debiti con le banche:

Leggi con attenzione: Se stai affrontando difficoltà con il Fisco e hai bisogno di una rapida valutazione delle tue cartelle esattoriali e dei debiti, non esitare a contattarci. Siamo pronti ad aiutarti immediatamente! Scrivici su WhatsApp al numero 351.3169721 oppure inviaci un’e-mail all’indirizzo info@fattirimborsare.com. Ti ricontatteremo entro un’ora per offrirti supporto immediato.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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