Vuoi difenderti da un pignoramento del conto corrente ed hai bisogno di una guida precisa e dettagliata?
Qui di seguito la nostra guida di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti e pignoramenti del conto corrente.
Buona lettura e per richiedere una consulenza dedicata trovate tutti i riferimenti del nostro Studio Legale in fondo alla guida:
Introduzione
Il pignoramento del conto corrente è una procedura di esecuzione forzata attraverso cui un creditore, munito di un titolo esecutivo (ad esempio una sentenza o un decreto ingiuntivo non opposto), blocca e sottrae le somme depositate sul conto bancario di un debitore inadempiente. Subire il pignoramento del proprio conto corrente può essere un evento estremamente preoccupante: improvvisamente ci si trova con i fondi congelati, impossibilitati a disporre dei propri risparmi o stipendio per pagare spese essenziali. Questa guida nasce con l’obiettivo di spiegare come difendersi dal pignoramento del conto corrente una volta che esso è avvenuto, fornendo strumenti giuridici e consigli pratici aggiornati.
Affronteremo il tema con un taglio tecnico-legale ma anche pratico, in modo accessibile anche a chi non ha formazione giuridica. Illustreremo le norme di riferimento (Codice di procedura civile, Codice civile, leggi speciali) e le tutele previste per il debitore, citando articoli di legge e giurisprudenza recente (sentenze, orientamenti fino al 2025) per dare fondamento alle soluzioni proposte. Non tratteremo le misure preventive per evitare il pignoramento (come proteggere i conti prima di un’azione esecutiva), ma ci concentreremo su cosa fare dopo che il pignoramento è avvenuto.
Offriremo una guida passo-passo sulle azioni immediate da intraprendere e le strategie difensive possibili, distinguendo i percorsi a seconda della tipologia di debitore:
- Persona fisica (privato) senza Partita IVA – un consumatore, lavoratore dipendente o pensionato.
- Persona fisica con Partita IVA – un professionista o titolare di ditta individuale.
- Società – ad esempio S.r.l., S.p.A. o altre forme di impresa con personalità giuridica.
Per ciascuna categoria vedremo quali strumenti di difesa risultano più efficaci, indicando i documenti da preparare, le tempistiche e i costi indicativi delle varie soluzioni, nonché l’eventuale necessità di assistenza legale specializzata. Verranno forniti esempi concreti di piani d’azione, in modo da calare la teoria nella pratica. Il testo è organizzato in sezioni con intestazioni chiare e un sommario iniziale per facilitare la consultazione.
Nota: Le informazioni fornite riguardano la normativa italiana ed esempi di prassi in Italia. Si tenga presente che ogni caso concreto andrebbe valutato da un professionista legale, ma questa guida fornisce un quadro generale di riferimento per orientarsi di fronte a un pignoramento del conto corrente.
Sommario
- Cos’è il pignoramento del conto corrente: definizione e funzionamento generale della procedura.
- Quadro normativo di riferimento: le leggi applicabili – Codice di Procedura Civile, Codice Civile e normative speciali rilevanti, con cenni alle riforme recenti (riforma Cartabia 2021/2022) e orientamenti giurisprudenziali chiave.
- La procedura di pignoramento del conto corrente: fasi dall’atto di precetto iniziale fino all’assegnazione delle somme al creditore, descrivendo il ruolo della banca (terzo pignorato) e del giudice dell’esecuzione.
- Diritti del debitore e limiti al pignoramento: importi impignorabili (es. minimo vitale su stipendi e pensioni, tutela dei conti cointestati, etc.) e altri diritti di difesa del debitore nell’esecuzione.
- Cosa fare subito dopo un pignoramento – guida passo passo: elenco pratico delle azioni immediate da intraprendere appena si viene a conoscenza del pignoramento (verifiche iniziali, scelte strategiche, contatti, ecc.).
- Opposizioni e rimedi legali: come funzionano l’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) e l’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), i casi particolari di opposizione di terzi (art. 619 c.p.c.), con relative tempistiche e condizioni.
- Strategie di difesa per tipologia di debitore:
- Persona fisica (senza P.IVA): tutele specifiche (stipendi, pensioni), piani d’azione adatti a un privato consumatore.
- Persona fisica con P.IVA: aspetti particolari per professionisti e ditte individuali (esigenze di liquidità per l’attività, debiti fiscali, ecc.).
- Società (S.r.l., S.p.A., ecc.): interventi mirati per aziende (continuità aziendale, procedure concorsuali di emergenza, ecc.).
- Documenti, tempistiche e costi: riepilogo dei documenti necessari per le varie azioni, delle tempistiche tipiche delle procedure e dei costi indicativi (contributo unificato, spese legali, ecc.), con consigli sull’assistenza legale.
- Conclusioni: sintesi finale e consigli conclusivi su come affrontare al meglio la situazione.
Passiamo ora ad analizzare nel dettaglio ciascun punto.
Cos’è il pignoramento del conto corrente
Il pignoramento del conto corrente è una forma di pignoramento presso terzi, disciplinata dal Codice di Procedura Civile italiano, in cui il “terzo” è la banca (o Poste Italiane, se si tratta di un conto postale) dove il debitore ha depositato i propri soldi. In termini semplici, significa che un creditore, avendo ottenuto un titolo esecutivo che attesta un credito certo, liquido ed esigibile, può chiedere al giudice (o, in alcuni casi particolari, procedere tramite agente della riscossione senza passare dal giudice) di bloccare le somme sul conto corrente intestato al debitore. La banca, una volta notificato l’atto di pignoramento, diventa custode delle somme fino a disposizione del giudice. Durante questa fase, il debitore non può prelevare né movimentare il denaro pignorato: di fatto, l’importo bloccato rimane congelato sul conto in attesa delle decisioni dell’autorità giudiziaria.
Dal punto di vista pratico, la procedura funziona così: il creditore notifica un atto di pignoramento al debitore e contemporaneamente alla banca presso cui il debitore ha il conto. Questo atto ingiunge alla banca di non permettere al debitore di disporre delle somme fino a concorrenza del credito pignorato, e contesta al debitore di non poter toccare quei soldi. La banca diviene “terzo pignorato”, ovvero soggetto tenuto a custodire le somme vincolate e a comunicarne l’entità. Entro un termine, la banca dovrà rilasciare una dichiarazione in cui indica quanti soldi sono presenti sul conto e se esistono eventuali vincoli (ad esempio un fido in rosso, o altri pignoramenti già esistenti).
Se la procedura va avanti regolarmente, dopo la fase di blocco iniziale il tribunale competente terrà un’udienza di fronte al Giudice dell’esecuzione (G.E.) in cui si verifica la situazione: il giudice esamina la dichiarazione della banca e decide se assegnare al creditore le somme pignorate (fino a soddisfare il credito vantato) o eventualmente disporre altri provvedimenti. In pratica, al termine della procedura il giudice emette un’ordinanza di assegnazione, ordinando alla banca di versare al creditore le somme dovute, che così vengono prelevate dal conto del debitore e trasferite al creditore. Se sul conto c’è più denaro di quanto serve a pagare il debito, solo la parte necessaria sarà presa e l’eventuale eccedenza verrà liberata e tornerà nella disponibilità del debitore (vedremo più avanti i dettagli su questo).
È importante chiarire che il pignoramento del conto corrente è una delle ultime fasi del recupero crediti. Perché il creditore possa attivarlo, deve essere già in possesso di un titolo esecutivo (come una sentenza di condanna definitiva, un decreto ingiuntivo non opposto, un assegno bancario o cambiale protestati, una cartella esattoriale non pagata entro i termini, ecc.) e deve aver notificato al debitore un atto di precetto (ovvero l’intimazione formale a pagare entro un termine di 10 giorni) a norma dell’art. 480 c.p.c. Solo se il debitore non paga spontaneamente dopo il precetto, il creditore può procedere con il pignoramento. In mancanza di precetto, il pignoramento è viziato e può essere annullato tramite opposizione (tranne nei casi particolari previsti dalla legge, ad esempio alcuni pignoramenti fiscali dove la stessa cartella esattoriale tiene luogo anche di precetto). In questa guida daremo per scontato che il creditore abbia rispettato queste formalità iniziali; vedremo comunque nei rimedi cosa fare se ciò non fosse avvenuto.
Riassumendo, il pignoramento del conto corrente è il mezzo legale con cui il creditore forza la soddisfazione del proprio credito prendendo il denaro direttamente dal conto del debitore. È un procedimento rigorosamente regolato dalla legge per garantire da un lato il diritto del creditore a recuperare quanto gli spetta e, dall’altro, una serie di tutele per il debitore (come l’impignorabilità di alcune somme e la possibilità di opporsi). Nel prosieguo esamineremo nel dettaglio queste norme di tutela e come invocarle.
Qual è Il quadro normativo di riferimento riguardo al pignoramento del conto corrente
Per capire come difendersi, è fondamentale conoscere le norme che regolano il pignoramento del conto corrente e i diritti delle parti coinvolte. Di seguito forniamo un quadro delle principali disposizioni normative applicabili, insieme ai più recenti aggiornamenti intervenuti e ad alcuni orientamenti giurisprudenziali rilevanti fino al 2025.
Codice di Procedura Civile (c.p.c.)
La fonte principale in materia è il Codice di Procedura Civile (c.p.c.), in particolare il Libro III, Titolo II, Capo III, Sezione I che disciplina il pignoramento presso terzi. I riferimenti chiave includono:
- Art. 543 c.p.c. – Forma del pignoramento presso terzi: stabilisce come deve essere redatto e notificato l’atto di pignoramento. Esso va notificato sia al terzo (la banca) sia al debitore e deve contenere, tra l’altro, l’indicazione dettagliata del credito per cui si procede, l’ingiunzione al debitore di astenersi da atti dispositivi e la citazione del debitore e del terzo a comparire davanti al giudice dell’esecuzione, con indicazione di luogo, data e ora dell’udienza (www.ilcaso.it). A seguito della riforma Cartabia (legge n. 206/2021 e D.Lgs. 149/2022, operative tra il 2022 e inizio 2023), l’art. 543 è stato modificato introducendo un importante adempimento: il creditore procedente deve notificare al debitore e al terzo, entro la data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento, un “avviso di avvenuta iscrizione a ruolo” contenente il numero di ruolo della procedura esecutiva, depositando poi tale avviso notificato nel fascicolo (www.ilcaso.it). In altre parole, quando il creditore iscrive a ruolo la procedura (cioè deposita gli atti in tribunale ottenendo un numero di registro), deve darne comunicazione formale sia al debitore che alla banca. Questa novità mira a garantire maggiore trasparenza e informazione al debitore e a consentire al giudice, in udienza, di verificare che la pratica sia stata effettivamente iscritta. Attenzione: se il creditore non esegue questa notifica dell’avviso entro l’udienza, il giudice può dichiarare l’inefficacia del pignoramento. Ad esempio, il Tribunale di Genova ha chiarito nel 2023 che l’onere di notifica e deposito dell’avviso deve intendersi riferito alla data dell’udienza effettivamente tenuta, anche se questa venga differita, poiché la finalità è permettere al giudice all’udienza di controllare l’avvenuta iscrizione a ruolo (www.ilcaso.it) (www.ilcaso.it). Questa è una prima area in cui il debitore può trovare tutela: se il creditore dimentica o ritarda questo adempimento, si potrà chiedere al giudice di dichiarare estinto il pignoramento per violazione dell’art. 543 c.p.c. (post-riforma).
- Art. 545 c.p.c. – Crediti impignorabili o parzialmente pignorabili: è la norma che elenca quali somme non possono essere pignorate o lo sono solo entro certi limiti. Per quanto riguarda conti correnti, questo articolo è fondamentale perché protegge stipendi, salari e pensioni accreditati sul conto, almeno in parte. In particolare, il settimo e ottavo comma (numerazione attuale) stabiliscono che:
- Stipendi e pensioni non ancora corrisposti: se il creditore pignora lo stipendio presso il datore di lavoro o la pensione presso l’ente previdenziale (quindi prima che arrivino al debitore), tali crediti sono pignorabili nei limiti di 1/5 del loro ammontare (salvo diversi limiti per crediti alimentari o fiscali, e con l’ulteriore vincolo sulle pensioni di lasciare al pensionato un “minimo vitale” pari all’assegno sociale aumentato della metà, come da art. 545, commi 3 e 7 c.p.c.). Questo scenario però riguarda il pignoramento diretto presso il datore/INPS. Nel caso del conto corrente, può capitare che si pignori un conto su cui confluisce lo stipendio o la pensione dopo che sono stati accreditati. In tale ipotesi interviene il comma 8 dell’art. 545 c.p.c. (introdotto dal D.L. 83/2015 convertito in L. 132/2015) che prevede quanto segue:
- Se sul conto ci sono somme accreditate a titolo di stipendio, salario, indennità di lavoro o pensione prima della data del pignoramento, queste possono essere pignorate solo per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale. L’assegno sociale è un parametro di riferimento (nel 2023 circa €503 mensili, quindi il triplo è intorno a €1.509; l’importo esatto varia annualmente). Ciò significa che una cifra pari a tre volte l’assegno sociale è intangibile: il debitore deve poter conservare almeno quella somma per le sue esigenze di vita, e solo l’eventuale eccedenza può essere attribuita al creditore. Ad esempio, se un dipendente ha sul conto €2.000 frutto di stipendi accumulati e subisce un pignoramento, fino a circa €1.500 sono impignorabili e devono rimanere a sua disposizione, mentre i restanti €500 possono essere pignorati e destinati al credito.Se invece lo stipendio o la pensione vengono accreditati alla data del pignoramento o successivamente (ossia lo stipendio del mese arriva quando il conto è già bloccato), tali somme sono pignorabili nei limiti previsti dai commi 3, 4, 5 e 7 dell’art. 545, cioè nei limiti normalmente previsti per stipendi e pensioni non ancora pagati. In pratica, il pignoramento già notificato si estende automaticamente ai nuovi accrediti di natura retributiva o pensionistica, ma solo per la parte pignorabile: tipicamente un quinto di ogni stipendio in arrivo, o un quinto della pensione al netto del minimo vitale. Il restante dell’accredito dovrà essere lasciato libero. Quindi, se il conto rimane pignorato per alcuni mesi, il debitore vedrà che ogni nuovo stipendio accreditato verrà in parte girato al procedimento esecutivo (per esempio, 1/5), e per il resto sarà utilizzabile.
- Stipendi e pensioni non ancora corrisposti: se il creditore pignora lo stipendio presso il datore di lavoro o la pensione presso l’ente previdenziale (quindi prima che arrivino al debitore), tali crediti sono pignorabili nei limiti di 1/5 del loro ammontare (salvo diversi limiti per crediti alimentari o fiscali, e con l’ulteriore vincolo sulle pensioni di lasciare al pensionato un “minimo vitale” pari all’assegno sociale aumentato della metà, come da art. 545, commi 3 e 7 c.p.c.). Questo scenario però riguarda il pignoramento diretto presso il datore/INPS. Nel caso del conto corrente, può capitare che si pignori un conto su cui confluisce lo stipendio o la pensione dopo che sono stati accreditati. In tale ipotesi interviene il comma 8 dell’art. 545 c.p.c. (introdotto dal D.L. 83/2015 convertito in L. 132/2015) che prevede quanto segue:
- Art. 546 c.p.c. – Obblighi del terzo pignorato: la banca, in quanto soggetto terzo che detiene beni (denaro) del debitore, dal momento della notifica del pignoramento assume l’obbligo di conservare le somme dovute e non disporne in favore del debitore. In generale quindi l’istituto di credito blocca l’operatività del conto sul saldo pignorato. Come già detto, però, dal 2015 l’art. 546 prevede un’eccezione in relazione alle somme da lavoro o pensione accreditate prima del pignoramento: nessun obbligo di custodia per l’importo pari al triplo dell’assegno sociale in tal caso, lasciando quei fondi al debitore. La banca deve inoltre fornire una dichiarazione ex art. 547 c.p.c. circa le somme e i beni del debitore in suo possesso. Se la banca non rende la dichiarazione o non compare all’udienza, il giudice può applicare l’art. 548 c.p.c.: secondo le norme vigenti dopo le modifiche del 2016/2019, il giudice può invitare il creditore a procedere con un giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo oppure, in alcuni casi, può direttamente emettere un’ordinanza di assegnazione forfettaria (ad esempio pari all’importo del credito vantato) presumendo che il terzo detenga somme del debitore. In ogni caso, l’assenza di risposta da parte della banca apre spazi che il debitore potrebbe sfruttare chiedendo rigore nella procedura (ad esempio, facendo notare eventuali nullità della notifica al terzo).
- Art. 615 c.p.c. – Opposizione all’esecuzione: norma cruciale che consente al debitore di reagire contro l’esecuzione forzata se contesta il diritto del creditore di procedere (ad esempio perché il debito è già stato pagato, o non era dovuto, o il titolo è invalido). L’opposizione all’esecuzione può essere proposta prima che l’esecuzione inizi (per impedirla) o dopo che è iniziata (in corso di esecuzione, davanti al giudice dell’esecuzione competente). Nel contesto del pignoramento conto corrente, l’opposizione all’esecuzione in corso andrebbe presentata al tribunale competente per l’esecuzione, e può mirare a far dichiarare improcedibile o estinguere il pignoramento per motivi sostanziali. Approfondiremo più avanti modalità e tempi.
- Art. 617 c.p.c. – Opposizione agli atti esecutivi: è il rimedio per vizi formali della procedura (es. errori nell’atto di pignoramento, nella notifica, mancato rispetto dei termini, omissione del precetto, ecc.). Ha termini brevi di decadenza (20 giorni dalla notifica o dalla conoscenza dell’atto viziato) e viene anch’essa proposta al giudice dell’esecuzione se l’esecuzione è già iniziata. Anche questa sarà trattata nella sezione dedicata ai rimedi.
- Art. 495 c.p.c. – Conversione del pignoramento: questa norma offre al debitore la possibilità di sostituire il bene pignorato con una somma di denaro, bloccando la vendita o l’assegnazione forzata. In pratica, nel contesto di un conto corrente, la conversione permette al debitore di evitare che i soldi sul conto vengano assegnati coattivamente, pagando di propria iniziativa il dovuto (magari con denaro proveniente da altre fonti). Dal 2015, l’art. 495 è stato modificato per consentire al debitore di chiedere la conversione anche rateizzando la somma dovuta fino a un massimo di 36 mesi (3 anni) con versamenti periodici. In sintesi, il debitore che subisce un pignoramento può depositare una cauzione iniziale (in passato era richiesta pari almeno a 1/6 del dovuto; con la riforma 2015 i criteri sono cambiati, in genere si versa un 20% circa all’atto della richiesta) e chiedere al giudice di essere autorizzato a pagare il restante in rate mensili o semestrali (entro 36 mesi). Se il giudice accoglie, il pignoramento viene sospeso; il debitore dovrà rispettare il piano di pagamento e ogni 6 mesi le somme versate verranno girate al creditore. Un solo mancato pagamento fa decadere il beneficio e l’esecuzione riprende dal punto in cui era rimasta. Per i conti correnti, la conversione rateizzata può essere utile se il debitore riesce a reperire gradualmente le risorse: ad esempio, se sul conto c’erano molti più soldi di quelli dovuti, il debitore potrebbe preferire versare la quota dovuta in rate al tribunale in modo da sbloccare subito il conto e riottenere la disponibilità delle somme eccedenti.
Questi sono i principali articoli del c.p.c. da tenere presenti. A essi si aggiungono le regole generali sull’esecuzione forzata (ad esempio l’art. 482 c.p.c. sul termine entro cui iniziare l’esecuzione dopo il titolo, l’art. 487 c.p.c. sui poteri del giudice, ecc.) ma che esulano dallo scopo pratico di questa guida.
Codice Civile (c.c.) e altre disposizioni rilevanti
Oltre al codice di rito, alcune norme del Codice Civile e leggi speciali influiscono sulla materia:
- Art. 1854 c.c. – Cointestazione di conto corrente (rapporti con la banca): prevede che, in un conto corrente cointestato a più persone, cointestatari sono creditori o debitori solidali verso la banca, salvo patto contrario. Ciò significa che per la banca ciascun intestatario può disporre dell’intero saldo e l’istituto considera il saldo comune. Tuttavia, questa norma riguarda i rapporti banca-correntisti. Nei rapporti interni tra cointestatari (ad esempio marito e moglie cointestatari) si applica l’art. 1298 c.c., comma 2: si presume che le parti di ciascuno siano uguali se non risulta diversamente. In sede di pignoramento, ciò che conta è determinare quale quota del saldo appartenga al debitore escusso. La giurisprudenza ha chiarito che il creditore non può pignorare più della presumibile quota di titolarità del debitore in un conto cointestato. Di regola, se ci sono due cointestatari si presume il 50% a testa. Il creditore può quindi vincolare solo la metà del saldo (salvo prova che il denaro sia tutto del debitore, o al contrario tutto dell’altro cointestatario). Questa interpretazione tutela i terzi estranei: ad esempio, se un genitore anziano cointesta il conto col figlio per comodità, i creditori del figlio non potranno prendere i risparmi del genitore oltre la quota presunta, a meno che dimostrino che quei soldi erano in realtà del figlio. Approfondiremo più avanti come il cointestatario non debitore possa far valere i propri diritti (di solito tramite opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c.). In caso di pignoramento su conto cointestato, la banca normalmente blocca solo la quota di spettanza del debitore esecutato (es. 50%) e permette agli altri cointestatari di usare il resto, oltre ovviamente a rispettare i limiti di impignorabilità se si tratta di stipendio/pensione ultimo accredito.
- D.P.R. 602/1973 (riscossione delle imposte) – Art. 72-bis e 72-ter: queste disposizioni regolano il pignoramento presso terzi da parte dell’Agente della Riscossione (Agenzia delle Entrate-Riscossione, ex Equitalia). Si tratta di un procedimento particolare, diverso da quello ordinario del c.p.c.: l’ente pubblico può procedere senza passare dal giudice, notificando un ordine di pagamento direttamente al terzo (banca) e al debitore, intimando al terzo di pagare al fisco le somme dovute al contribuente debitore. In sostanza, l’atto di pignoramento esattoriale non contiene una citazione in udienza; dopo la notifica, se il debitore non paga entro 60 giorni, la banca deve versare al fisco le somme fino a concorrenza del debito. Anche in questa sede, comunque, la legge prevede delle tutele:
- Art. 72-ter comma 2-bis D.P.R. 602/73: stabilisce che se sul conto affluiscono stipendi o pensioni, gli obblighi della banca-terzo pignorato non si estendono all’ultimo emolumento accreditato a tale titolo. Ciò equivale, in ambito fiscale, a dire che l’ultima mensilità di stipendio/pensione accreditata sul conto non può essere toccata dal pignoramento, un principio analogo a quello del triplo assegno sociale previsto dal c.p.c. (con qualche differenza tecnica). In pratica, se il fisco pignora il conto di un lavoratore il giorno X, lo stipendio di X che era appena stato accreditato è salvo; dai successivi o da eventuale saldo ulteriore la banca soddisferà il fisco rispettando comunque gli altri limiti di legge (art. 545 c.p.c. è richiamato anche per il pignoramento fiscale).Inoltre, anche per l’agente della riscossione vale il limite sui conti cointestati: non può pignorare un conto se il debitore non è unico intestatario (dovrebbe limitarsi alla quota).Da notare che la cartella di pagamento costituisce di per sé sia titolo esecutivo sia atto di precetto; tuttavia, se la cartella è stata notificata da oltre un anno, la legge (art. 50 co.2 DPR 602/73) richiede che prima del pignoramento venga notificato al debitore un avviso chiamato intimazione di pagamento, dopodiché il debitore ha 5 giorni per pagare.
- Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, “CCI”): per i debitori che si trovino in uno stato di grave insolvenza o sovraindebitamento, esistono procedure (concordato preventivo, accordi di ristrutturazione, piano del consumatore, liquidazione del patrimonio) che, se avviate, possono bloccare o sospendere i pignoramenti in corso. Ad esempio, una società che presenti domanda di concordato preventivo ha il diritto di ottenere la sospensione delle azioni esecutive individuali dal momento in cui il tribunale ammette la procedura. Analogamente, un debitore civile non fallibile (come un privato o piccolo imprenditore) può accedere alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento (oggi inserite nel CCI agli artt. 268 e segg.) e chiedere misure protettive che congelino i pignoramenti in essere. Queste non sono tecnicamente opposizioni al singolo pignoramento, ma soluzioni concorsuali globali. Le citeremo a livello informativo nelle strategie per le varie categorie, poiché rappresentano un’ancora di salvezza in situazioni di sovraindebitamento grave. Va però sottolineato che avviare tali procedure è complesso, richiede l’ausilio di organismi e professionisti (OCC, gestori della crisi) e comporta costi e tempi più lunghi. Sono dunque da valutare caso per caso.
- Altre leggi speciali: esistono particolari crediti totalmente impignorabili (ad esempio alcune pensioni di invalidità, assegni di accompagnamento, sussidi di povertà, ecc., protetti da leggi di settore o considerati “crediti alimentari” insostentibili) oppure limitazioni derivanti da normative europee (ad esempio i fondi sul conto provenienti da finanziamenti COVID o contributi pubblici specifici potrebbero avere vincoli alla pignorabilità, se normato). Si tratta di situazioni specifiche: se il debitore riconosce che sul conto pignorato ci sono somme di questo tipo, dovrà segnalarlo subito al proprio legale per valutare un’opposizione mirata, magari invocando l’art. 545 c.p.c. analogicamente o la norma speciale stessa.
Riforme recenti (aggiornamenti fino al 2025)
Negli ultimi anni il legislatore ha più volte modificato la materia esecutiva per migliorarne l’efficienza e garantire equilibrio tra le parti. Abbiamo già menzionato:
- La riforma del 2015 (D.L. 83/2015 conv. L. 132/2015) che ha introdotto il limite del triplo dell’assegno sociale per stipendi/pensioni su conto corrente e la possibilità di rateizzare la conversione del pignoramento fino a 36 mesi. Questa riforma, nota come “decreto giustizia per la crescita”, mirava a tutelare i debitori più deboli e a incentivare soluzioni soddisfacenti (evitando liquidazioni forzose quando il debitore può pagare a rate).
- La riforma Cartabia 2021-2022 (legge 206/2021 e D.Lgs. 149/2022) che, tra le tante innovazioni nel processo civile, ha inciso anche sul processo esecutivo: oltre all’obbligo dell’avviso di iscrizione a ruolo nel pignoramento presso terzi (art. 543 c.p.c.), è stata modificata la competenza territoriale per le esecuzioni mobiliari (ora in parte centralizzata presso il tribunale del luogo di residenza del debitore per importi sopra una certa soglia), e sono state razionalizzate le opposizioni esecutive. Inoltre, è stato affermato un principio di proporzionalità dell’esecuzione: il creditore deve scegliere le forme di esecuzione meno gravose per il debitore tra quelle idonee a soddisfare il credito (questo principio, sebbene di non facile applicazione pratica, potrebbe in futuro essere usato per contestare eccessi, ad es. pignoramenti multipli su più conti per ottenere più del dovuto).
- Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, entrato pienamente in vigore nel luglio 2022, ha sostituito la legge fallimentare e la legge sul sovraindebitamento. Tra le novità, c’è la procedura di composizione negoziata per la crisi d’impresa (D.L. 118/2021 conv. L. 147/2021, ora nel CCI): un imprenditore in difficoltà può chiedere la nomina di un esperto per trovare un accordo con i creditori, e ottenere misure protettive dal tribunale che sospendono i pignoramenti durante i negoziati. Ciò potrebbe rilevare per le società o ditte individuali in crisi, come vedremo.
- A livello di giurisprudenza, va segnalato l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione sulla distribuzione dell’onere della prova nei conti cointestati: ad esempio, Cass. ord. n. 11375/2019 ha ribadito che la presunzione di comunione delle somme tra cointestatari (50% e 50% se due intestatari) può essere vinta con prova contraria da chi afferma una diversa titolarità. In pratica, se un cointestatario non debitore sostiene che tutto il denaro sul conto era suo, dovrà provarlo con elementi convincenti; se ci riesce, quella parte di somme non potrà essere toccata dal creditore dell’altro intestatario. Sul fronte stipendi e pensioni, dopo l’entrata in vigore dell’art. 545 comma 8 c.p.c., la giurisprudenza si è uniformata alla legge nel ritenere impignorabile il minimo vitale sul conto. Ad esempio, Cass. civ. 18/11/2016 n. 23322, una delle prime sul tema, confermò che dall’introduzione di questa norma i limiti valgono anche a pignoramento già eseguito sui saldi di conto corrente. Più di recente, non si registrano contrasti su questo punto, se non applicazioni pratiche (ad es. discutere se spettasse al debitore dimostrare che le somme sul conto derivavano effettivamente da stipendio/pensione; orientamento prevalente è che una volta provata la natura delle somme, il giudice deve dichiarare parzialmente inefficace il pignoramento sulla parte protetta).
- Da menzionare una pronuncia innovativa: Corte di Cassazione, ordinanza n. 1643 del 23/01/2025, che ha fatto il punto su conti cointestati tra coniugi. La Cassazione ha chiarito che la presunzione di comunione dei saldi può essere superata considerando la provenienza delle somme. Nel caso di specie, i coniugi separandi litigavano sulle somme in conto: la Corte ha dato ragione a uno di essi che dimostrava come quelle somme derivassero da assegni circolari intestati solo a lui, dunque appartenenti al suo patrimonio personale. Questo sottolinea come l’origine documentata dei fondi sia determinante: applicato a un pignoramento, se il cointestatario non debitore riesce a provare con estratti conto, ricevute, che il denaro è tutto frutto del proprio reddito personale (e nulla del debitore), potrebbe opporsi con successo.
In sintesi, il quadro normativo vede una interazione di norme procedurali (prevalentemente CPC) e sostanziali (CC e leggi speciali) il cui scopo è consentire al creditore il soddisfacimento coattivo ma garantendo al debitore un nucleo di diritti (sussistenza, correttezza procedurale e proporzionalità). Conoscere queste norme è il primo passo per difendersi efficacemente. Nel prossimo capitolo vedremo in pratica come si svolge la procedura di pignoramento del conto corrente e dove esattamente il debitore può intervenire per tutelarsi.
La procedura di pignoramento del conto corrente
Affrontiamo ora nel dettaglio le fasi tipiche di un pignoramento del conto corrente, dalla notifica iniziale alla conclusione. Comprendere l’iter procedurale aiuta a identificare quando e come attivare i rimedi difensivi appropriati.
1. Titolo esecutivo e precetto
Prima di tutto, il creditore deve avere in mano un titolo esecutivo e deve aver adempiuto all’eventuale notifica del precetto:
- Il titolo esecutivo può essere una sentenza passata in giudicato (o provvisoriamente esecutiva), un decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo (anche provvisoriamente, ex art. 642 c.p.c.), un atto notarile di mutuo con clausola esecutiva, una cambiale o assegno protestati, oppure – in ambito fiscale – la cartella esattoriale decorsi i termini. Senza titolo esecutivo, qualunque pignoramento è illegittimo.
- L’atto di precetto è l’intimazione a pagare entro 10 giorni sotto pena di esecuzione, redatta dall’avvocato del creditore. Deve essere notificato al debitore e contenere l’indicazione del titolo e delle somme dovute (capitale, interessi, spese legali). Solo trascorso il termine indicato nel precetto (in genere 10 giorni) senza pagamento, il creditore può procedere col pignoramento. Se il pignoramento viene eseguito senza precetto (e non si è in ambito fiscale o di titoli esenti da precetto), si ha un vizio procedurale grave: la giurisprudenza lo considera un vizio dell’atto esecutivo che il debitore può far valere con opposizione agli atti ex art. 617 c.p.c. entro 20 giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento. Tenete presente questa possibilità: se non vi è mai arrivato alcun precetto e all’improvviso la banca vi comunica che il conto è pignorato, c’è un potenziale motivo di opposizione.
2. Notifica dell’atto di pignoramento presso terzi
Se il debitore non adempie al precetto, il creditore prepara l’atto di pignoramento presso terzi, ai sensi dell’art. 543 c.p.c. Questo atto viene di regola redatto dall’avvocato del creditore e notificato tramite ufficiale giudiziario:
- Destinatari della notifica: il debitore esecutato e il terzo pignorato (la banca/posta dove il debitore ha uno o più conti). La notifica al terzo generalmente avviene presso la filiale o la sede legale della banca indicata. Oggi spesso avviene tramite PEC per gli istituti di credito, se l’atto è in forma digitale.
- Contenuto dell’atto: come richiesto dall’art. 543, l’atto deve contenere l’ingiunzione al debitore di non compiere atti dispositivi sui crediti pignorati (sul denaro in conto), la citazione a comparire davanti al giudice (tribunale) con indicazione di luogo e data dell’udienza di comparizione, nonché la specificazione del credito per cui si procede (importo del capitale, interessi maturati, spese, oneri eventuali). Deve inoltre avvertire il terzo delle conseguenze in caso di mancata dichiarazione. È importante controllare bene questo atto quando lo si riceve: deve indicare con chiarezza il procedimento esecutivo e il credito. Ad esempio, nel caso di crediti fiscali, la Cassazione ha stabilito che un atto di pignoramento ex art. 72-bis privo del dettaglio delle cartelle esattoriali e degli importi è nullo perché non mette il debitore in grado di comprendere l’entità del dovuto. Analogamente, se l’atto di pignoramento “generico” non specifica il titolo o l’importo richiesto, può essere viziato.
- Effetto della notifica: non appena la banca (terzo) riceve la notifica, scatta il blocco delle somme presenti sul conto, fino a concorrenza dell’importo indicato dal creditore. Di norma, l’atto di pignoramento riporterà un importo leggermente superiore al credito per tener conto di interessi di mora e spese successive. Ad esempio, se vantava €10.000, potrebbe pignorare “per €12.000” comprendendo interessi e spese stimate. La banca quindi vincolerà quella cifra se disponibile sul conto. Se sul conto ci sono meno soldi, bloccherà quel che c’è (non può dare più di ciò che ha). Se ci sono più soldi, come detto, ne bloccherà fino alla somma indicata (tenendo conto però delle quote impignorabili: la banca dovrebbe sbloccare la parte protetta come triplo assegno sociale, ma in pratica molte banche attendono indicazioni del giudice, congelando tutto pro tempore salvo poi liberare la quota in sede di dichiarazione).
- Comunicazione al debitore: il debitore riceve la notifica dell’atto (in proprio o per compiuta giacenza). Se non dovesse riceverla per qualche motivo (es. indirizzo errato) ma viene notificata alla banca correttamente, il pignoramento è comunque valido, tuttavia il debitore potrebbe venire a saperlo solo dal comportamento anomalo del conto (es.: carta bancomat bloccata, bonifici respinti). In tal caso, appena si scopre, occorre attivarsi per recuperare copia dell’atto presso la banca o dal tribunale. La notifica dell’atto di pignoramento al debitore deve avvenire, ma potrebbe succedere che il debitore ne prenda coscienza tardi: la legge consente comunque di opporsi entro 20 giorni da quando ha avuto conoscenza effettiva dell’atto, in caso di vizi.
Una volta notificato il pignoramento, il creditore deve iscrivere la procedura a ruolo in tribunale (se non lo ha già fatto contestualmente) e, come visto, inviare l’avviso di iscrizione a ruolo al debitore e al terzo prima dell’udienza. Il mancato invio di questo avviso entro l’udienza può portare all’estinzione della procedura su eccezione del debitore.
3. Fase successiva alla notifica: dichiarazione del terzo pignorato
Tra la notifica e l’udienza fissata passano in genere alcune settimane. In questo intervallo:
- La banca prepara la dichiarazione da rendere al giudice dell’esecuzione (ex art. 547 c.p.c.). Spesso viene inviata per iscritto a mezzo PEC alla cancelleria del tribunale e alle parti. In tale dichiarazione, la banca dirà ad esempio: “sul conto n. XYZ intestato a Tizio, saldo disponibile €5.000; in deposito titoli €…; esistono ulteriori conti…; sul conto affluiscono stipendio/pensione? (di solito lo segnalano se riconoscibile); la somma pignorata (bloccata) è di €…; eventuali altri pignoramenti sul medesimo conto già esistenti per €…; esistenza di fidi/passivi…”. Questa dichiarazione è cruciale perché informa il giudice e le parti sulla effettiva capienza e natura delle somme. Ad esempio, se la banca dichiara che sul conto transitano solo stipendi e indica qual è l’ultimo stipendio accreditato, metterà in condizione il giudice di applicare il limite di impignorabilità su quella parte.
- Se la banca non invia nulla, dovrà presentarsi un rappresentante all’udienza per rendere la dichiarazione oralmente. La mancata comparizione senza giustificato motivo può portare il giudice a usare l’art. 548 c.p.c., presumendo che la banca detenga somme del debitore (fino a concorrenza del credito).
- Il debitore, in questa fase, dovrebbe utilizzare il tempo per preparare la propria difesa:
- Consultare un legale se non lo ha già, fornendo tutti i documenti (atto di pignoramento ricevuto, precetto, eventuale sentenza o titolo, estratto conto bancario, prove di pagamenti eventualmente effettuati, ecc.).
- Decidere se proporre opposizione subito (ci sono casi in cui conviene agire prima dell’udienza per chiedere anche una sospensione urgente) o attendere l’udienza per vedere l’esito.
- Contattare eventualmente il creditore (o il suo avvocato) per trattative di accordo se si punta a trovare un componimento (di questo si dirà nella sezione “Cosa fare subito”).
- Se il debitore ritiene che il pignoramento stia eccedendo i limiti (ad esempio la banca ha bloccato somme impignorabili, come l’intero conto dove c’era stipendio), può anche depositare una istanza al giudice dell’esecuzione per lo sblocco immediato delle somme impignorabili. Non sempre il giudice interviene prima dell’udienza, ma se c’è urgenza (ad esempio il debitore prova che sul conto c’erano solo €1.000 di pensione e gli sono stati congelati integralmente non lasciandogli nulla per vivere), si può chiedere un provvedimento d’urgenza in camera di consiglio per liberare almeno il minimo vitale. Alcuni tribunali sono sensibili a tali richieste.
4. Udienza davanti al Giudice dell’Esecuzione
Il giorno stabilito, le parti (creditore e debitore) e il terzo (banca) sono convocati davanti al Giudice dell’Esecuzione (G.E.), tipicamente presso il tribunale nella sezione esecuzioni mobiliari. In quest’udienza accadono diversi scenari:
- Se la banca ha inviato la dichiarazione scritta, spesso le parti possono concordare di dare atto di quanto dichiarato e il giudice procede senza necessità della presenza fisica del funzionario di banca. Se la dichiarazione non è arrivata, il giudice la raccoglie oralmente e la mette a verbale.
- Il creditore in genere a questo punto formula istanza di assegnazione delle somme pignorate in suo favore, alla luce di quanto dichiarato. Ad esempio: la banca ha dichiarato €5.000 disponibili, il credito precettato era €4.000 + spese; il creditore chiederà al giudice di assegnargli €4.500 (coprendo capitale, interessi e spese legali eventualmente liquidate).
- Il debitore, se presente (personalmente o tramite avvocato), può sollevare le sue opposizioni o richieste:
- Può eccepire l’inefficacia del pignoramento se, ad esempio, il creditore non ha notificato l’avviso di iscrizione a ruolo come richiesto (e l’udienza potrebbe essere rinviata per verifiche).
- Può far presente l’esistenza di limiti di impignorabilità: ad esempio, chiedere al giudice di dichiarare immediatamente che, sul totale dichiarato, l’importo di €X è impignorabile perché frutto di stipendi/pensioni entro il triplo assegno sociale, e quindi non va assegnato. In genere il G.E., se i fatti sono chiari, accoglierà questa eccezione e disporrà che quell’importo rimanga al debitore.
- Può opporsi all’assegnazione chiedendo un rinvio se ha depositato un’opposizione formale (615 o 617) che è pendente. In tal caso di solito il debitore chiede e deve ottenere dal giudice dell’opposizione (che talora coincide col G.E. stesso o altro giudice a seconda dei casi) un provvedimento di sospensione dell’esecuzione; se ciò avviene, il G.E. non assegnerà le somme in attesa dell’esito dell’opposizione.
- Può chiedere la conversione del pignoramento ex art. 495 c.p.c. se ancora in tempo (la legge impone che la richiesta di conversione sia presentata prima che il giudice disponga l’assegnazione delle somme). In pratica, se il debitore trova all’ultimo la liquidità per pagare o cauzionare, può in udienza dichiarare l’intenzione di convertire: il giudice allora sospende l’assegnazione e fissa un termine breve (di solito 15 giorni) per depositare la somma offerta o la cauzione minima. Se il debitore versa quanto dovuto (ad es. deposita in cancelleria l’intera somma pignorata o la percentuale prevista e un piano di rate), l’esecuzione verrà chiusa per conversione, altrimenti si riprende.
- Può domandare al giudice un termine per trovare un accordo col creditore prima dell’assegnazione. A volte, se il creditore è d’accordo o se emerge che c’è una trattativa in corso (es. il debitore promette un pagamento a breve), il giudice può rinviare l’udienza di qualche settimana. Tuttavia ciò avviene solo con il consenso del creditore; il giudice in autonomia tende a chiudere la procedura se tutto è regolare.
- Il Giudice dell’Esecuzione, tenuto conto di tutto ciò, emana il provvedimento finale. Nella maggior parte dei casi, se non ci sono opposizioni o questioni aperte, emetterà un’ordinanza di assegnazione dei crediti pignorati: ovvero ordina e assegna al creditore procedente le somme dichiarate dal terzo fino alla concorrenza del credito precettato (comprensivo di spese e interessi). Ad esempio: “assegna al creditore Alfa la somma di €4.500 (di cui €4.000 per capitale e interessi e €500 per spese) sulle somme dovute da Banca X a Tizio; dispone che eventuali somme eccedenti pignorate siano liberate”. Questo provvedimento viene comunicato alla banca, che dovrà eseguirlo, cioè disporre il pagamento in favore del creditore di quanto ordinato. Se sul conto c’erano abbastanza soldi, la banca preleverà l’importo e lo trasferirà (talvolta tramite un assegno circolare intestato al creditore o un bonifico sul conto indicato dal creditore).
- Se invece il giudice riconosce che parte delle somme sono impignorabili, lo specificherà nell’ordinanza. Ad esempio: “visto l’art. 545 c.p.c., dichiara impignorabile l’importo di €1.500 sul saldo in quanto pari a tre volte l’assegno sociale; assegna al creditore solo la residua somma di €…”. In tal modo, la banca dovrà sbloccare quella parte impignorabile e consegnarla nuovamente al debitore.
- Nel caso in cui il saldo pignorato sia insufficiente a coprire tutto il credito, il giudice assegnerà l’importo disponibile al creditore in conto parziale del credito. Il creditore rimarrà insoddisfatto per la differenza e potrà eventualmente procedere con altri pignoramenti (ad esempio su altri conti, stipendio, immobili, ecc.) fino a recuperare il dovuto.
- Se per qualche motivo l’udienza viene rinviata (ad esempio perché la banca non ha reso dichiarazione e il giudice le assegna un nuovo termine, o perché vi è un’opposizione in corso senza ancora sospensione concessa, oppure per attendere l’esito di un accordo), il conto rimane congelato fino alla prossima udienza. Questa fase di attesa può durare mesi se c’è un’opposizione giudiziale da discutere. Il debitore può però chiedere, ad esempio, che durante la pendenza dell’opposizione gli sia consentito utilizzare eventuali nuovi stipendi in arrivo oltre la quota pignorata, sulla scorta di quanto prevede l’art. 545: di solito, però, serve un ordine del giudice per sbloccarli parzialmente se la procedura non è ancora definita.
5. Assegnazione delle somme e post-assegnazione
Con l’ordinanza di assegnazione, il pignoramento del conto corrente giunge nella sua fase conclusiva:
- La banca esegue l’ordinanza, versando le somme al creditore. Tecnicamente, da quel momento le somme escono dal patrimonio del debitore e soddisfano (in tutto o in parte) il credito.
- Eventuali somme eccedenti sul conto, se erano state congelate inizialmente, vengono sbloccate. Esempio: conto aveva €10.000, pignorato per €5.000, il giudice assegna €5.000; la banca dovrà ripristinare la disponibilità degli altri €5.000 al debitore subito dopo.
- Il giudice dichiara chiusa la procedura esecutiva per intervenuto soddisfacimento (o parziale soddisfacimento). Se il creditore non è stato soddisfatto integralmente, potrà iscrivere a ruolo la rimanenza altrove ma questo esula da questa procedura ormai conclusa.
Dopo l’assegnazione, il debitore può trovarsi in due situazioni:
- Debito estinto o comunque ridotto: se le somme assegnate hanno estinto il debito (es. il creditore ha avuto tutto quanto richiedeva), il debitore ha chiuso il capitolo con quel creditore. Avrà però perso la somma relativa dal conto. Se ha motivi di lamentare irregolarità, potrebbe ancora agire per vie legali separate (ad esempio se ritiene che quel pignoramento fosse ingiusto ma non è riuscito a fermarlo in tempo, potrà continuare l’eventuale causa di opposizione all’esecuzione per farsi restituire i soldi, ma intanto il creditore è soddisfatto – scenario complesso e incerto).
- Debito non estinto: se quanto c’era sul conto non bastava, il creditore potrebbe proseguire: magari notifica un secondo pignoramento su un altro conto corrente del debitore o su altre sue proprietà (auto, casa, ecc.). È importante sapere che non c’è un limite al numero di pignoramenti: un creditore può pignorare contemporaneamente più conti, stipendi e altro, purché non ecceda poi nel prelievo complessivo oltre il dovuto (dovrà eventualmente restituire somme eccedenti). Perciò, difendersi su un fronte (conto corrente) non esclude che il creditore ritenti su un altro – se il debito persiste. Questo apre la valutazione su soluzioni più complessive di ristrutturazione del debito se il debitore non riesce a far fronte (ne parleremo nelle strategie per categorie).
6. Chiusura della procedura e spese
In genere, le spese della procedura esecutiva (compenso dell’ufficiale giudiziario per le notifiche, contributo unificato se dovuto, eventuali spese legali liquidate in precetto) vengono addossate al debitore e vengono sommate al credito. Il giudice nell’ordinanza spesso liquida anche le spese legali dell’esecuzione a favore del creditore, che vengono prelevate dal conto pignorato. Ad esempio, può aggiungere €500 per spese di procedura e avvocato del creditore. Ciò significa che il debitore, oltre al capitale e interessi, paga anche i costi della procedura forzata.
Se però l’esecuzione viene dichiarata improcedibile o estinta per vizi (es. vizio di notifica, mancato avviso a ruolo, opposizione accolta, ecc.), allora il pignoramento si chiude senza assegnazione e il conto va dissequestrato. In tal caso, le spese del procedimento potranno eventualmente essere poste a carico del creditore soccombente (ad esempio, se l’opposizione del debitore vince, il giudice potrebbe condannare il creditore a rifondere le spese legali del debitore).
Ricordiamo infine che, se durante la procedura le parti trovano un accordo transattivo (ad esempio il debitore paga direttamente qualcosa al creditore e il creditore acconsente a desistere dal pignoramento), sarà necessario che il creditore depositi un atto di rinuncia all’esecuzione in tribunale o lo dichiari all’udienza, così il giudice potrà prendere atto e dichiarare estinto il pignoramento. La banca, ricevuta la comunicazione, sbloccherà il conto. Accordi di questo genere dovrebbero sempre essere formalizzati per iscritto (eventualmente con la supervisione degli avvocati), in modo che non ci siano dubbi sugli obblighi di ciascuno.
Con questo, abbiamo delineato tutto il percorso di un pignoramento del conto corrente. A ogni snodo di questo percorso, il debitore ha delle opportunità di difesa: dalla verifica dei vizi formali (precetto, notifica, avviso a ruolo) all’eccezione di somme impignorabili, alla possibile conversione, alla trattativa col creditore. Nei capitoli successivi ci concentreremo proprio su cosa può fare il debitore, fornendo una sorta di vademecum pratico.
Diritti del debitore e limiti al pignoramento
Come emerso, l’ordinamento prevede una serie di limiti e tutele a favore del debitore esecutato, sia per garantirgli mezzi di sussistenza sia per proteggere terzi e assicurare la legalità del procedimento. Elenchiamo qui i principali diritti del debitore nel contesto di un pignoramento di conto corrente, che sarà utile tenere a mente quando passeremo ai “cosa fare”:
- Impignorabilità di una parte di stipendio/pensione sul conto: ribadiamo il concetto chiave dell’art. 545 c.p.c. comma 8. Il debitore ha diritto a che gli sia lasciata intatta una somma pari a tre volte l’assegno sociale se sul conto, al momento del pignoramento, erano presenti accrediti da stipendio o pensione. Questo diritto si traduce nel fatto che la banca (e poi il giudice) non possono toccare quella soglia di importo. Se, per errore, la procedura la coinvolge (ad esempio il creditore ignorava la natura di quelle somme e chiede tutto il saldo), il debitore può far valere il suo diritto chiedendo lo svincolo della quota impignorabile. Inoltre, sugli accrediti successivi di stipendio/pensione, ha diritto che non venga prelevato più di 1/5 (o il limite minore in caso di pensioni basse, per garantire il minimo vitale come da commi 3 e 7 art. 545). Questi meccanismi garantiscono che il debitore conservi almeno in parte il proprio reddito da lavoro o pensionistico per sopravvivere. Esempio: Mario ha €2.000 sul conto provenienti dal suo stipendio di marzo e subisce pignoramento in aprile. Egli ha diritto che circa €1.500 rimangano non pignorati (triplo assegno sociale); se il giudice assegnasse erroneamente tutti €2.000, Mario potrebbe opporsi in quanto per legge solo €500 erano pignorabili. Se ad aprile e maggio arrivano altri due stipendi da €1.000 ciascuno, Mario avrà diritto a conservare €800 di ciascun stipendio (4/5, se il quinto viene prelevato).
- Inimpignorabilità di altri tipi di somme: certi crediti godono di impignorabilità assoluta (art. 545 co.1 c.p.c. – ad esempio crediti alimentari, assegni familiari, alcune indennità di maternità, etc., sebbene in conto corrente spesso si confondano con il saldo generale). Se il debitore riesce a provare che sul conto erano presenti somme di natura totalmente impignorabile (perché derivanti da quelle specifiche provvidenze), può pretenderne l’esclusione. Questo è raro e difficile da dimostrare (di solito le somme si mescolano), ma non impossibile: ad esempio, se su un conto dedicato affluiscono solo indennità di accompagnamento per un disabile, quelle somme non potrebbero essere toccate.
- Limite nei conti cointestati: come visto, solo la quota parte del debitore può essere aggredita. Il debitore (e ancor più il cointestatario non debitore) ha diritto di far rispettare tale limite. In pratica, se il conto è cointestato con un’altra persona che non è obbligata, metà delle giacenze (o altra percentuale se i cointestatari sono più di due) dovrebbero rimanere libere. Se la banca o il creditore tentano di prendere tutto, violano l’art. 1854 e 1298 c.c. interpretati come detto dalla giurisprudenza. Quindi il debitore può opporsi per far liberare la quota altrui. Più spesso sarà l’altro cointestatario a intervenire con opposizione di terzo, ma anche il debitore può eccepirlo.
- Diritto alla trasparenza e informazione: il debitore ha diritto a essere notificato degli atti (precetto, pignoramento, avviso iscrizione a ruolo) e a conoscere di quale credito si tratta e quale giudice procede. Se questi diritti informativi non sono rispettati, egli può agire legalmente (ad esempio, come già detto, un atto di pignoramento poco chiaro sui dettagli del credito è nullo).
- Diritto di difesa e opposizione: il debitore può far valere le sue ragioni in qualsiasi momento opportuno tramite le opposizioni previste (615 e 617 c.p.c.). Questo diritto costituzionalmente garantito (diritto al contraddittorio) significa che anche se subisce un pignoramento, non è mai condannato all’inazione: può rivolgersi a un giudice per contestare la legittimità dell’azione esecutiva. Ha ovviamente termini e forme da rispettare, ma il sistema prevede questi rimedi.
- Diritto alla conversione del pignoramento: come già spiegato, il debitore può chiedere di convertire il pignoramento pagando quanto dovuto, anche a rate. Questo è un diritto soggetto all’apprezzamento del giudice (che verifica il versamento della cauzione etc.), ma normalmente viene concesso se il debitore ne ha i requisiti. Esercitare questo diritto permette di limitare i danni (sblocco del conto in cambio del pagamento dilazionato).
- Diritto di chiedere la sospensione dell’esecuzione: se il debitore propone un’opposizione all’esecuzione con motivi seri (ad esempio contesta di nulla dovere al creditore), può chiedere al giudice competente una sospensione in via d’urgenza dell’esecuzione (art. 624 c.p.c. per opposizione ex 615, oppure art. 623 c.p.c. in alcuni casi, o art. 615 co.2 stesso). Se concessa, il pignoramento viene messo “in pausa” in attesa della decisione di merito. Durante la sospensione, la banca non potrà consegnare soldi al creditore e il giudice dell’esecuzione non potrà assegnare finché la causa di opposizione non è risolta.
- Diritto di mantenere un livello di vita dignitoso: in generale, tutte le norme di limite (minimo vitale, impignorabilità di certi beni) rispondono a un principio costituzionale: al debitore non si possono togliere i mezzi di sostentamento essenziali. Questo principio, sebbene non sempre espresso chiaramente oltre i casi citati, può guidare anche interpretazioni in caso di dubbi. Ad esempio, se un debitore provasse che l’applicazione rigida delle regole lo lascerebbe privo di qualsiasi reddito per mesi, potrebbe invocare misure di emergenza.
- Diritto di utilizzare il conto per le somme non pignorate: sembra banale, ma va detto: la banca non può estendere il blocco oltre quanto previsto. Abbiamo visto che se sul conto c’è più denaro del necessario, va lasciato libero, e se arrivano soldi nuovi di diversa natura (es. un bonifico da un amico, non stipendio) mentre il conto è pignorato, in teoria tali nuove somme non sarebbero soggette al vincolo (perché il pignoramento presso terzi si estende ai crediti futuri solo se rientrano nella stessa causa – e qui rientrano stipendio/pensione futuri – ma per altre entrate bisognerebbe fare un nuovo pignoramento). Su questo dettaglio, però, occorre prudenza: di fatto, la banca spesso blocca qualsiasi nuovo accredito fino a capienza, interpretando che ogni nuovo saldo alimenta il “credito verso il correntista” già pignorato. Il debitore può discutere tale prassi qualora i nuovi accrediti siano di natura diversa (ad esempio, un rimborso di spese legali, o un prestito da un terzo). In pratica, però, molte banche trattano il pignoramento sul conto come un congelamento dinamico fino a soddisfo, indipendentemente dall’origine dei fondi. Andrebbe valutato caso per caso se insistere per sblocchi parziali.
- Tutela del debitore esecutato in caso di abuso: se il creditore procedente agisse in modo manifestamente scorretto (ad esempio pignorando somme molto maggiori del dovuto, o reiterando pignoramenti per molestare), il debitore può segnalarlo al giudice. Esiste il concetto di “abuso del processo esecutivo”: in casi estremi, il giudice potrebbe limitare l’azione esecutiva o condannare il creditore a spese. Questo è raro e difficile da provare, ma è bene sapere che i diritti non sono solo a senso unico.
Riassumendo, il debitore non è privo di diritti: la legge lo protegge su vari fronti, pur dovendo egli comunque pagare i debiti legittimi. Conoscere i limiti all’azione del creditore (cosa questi non può pignorare o come deve procedere) è la chiave di una difesa efficace.
Nel prossimo paragrafo, passeremo all’azione pratica: cosa deve fare un debitore, passaggi concreti, quando si trova con il conto corrente pignorato. Useremo quanto appreso finora per costruire un percorso logico di difesa.
Cosa fare subito dopo un pignoramento – Guida passo passo
Affrontiamo ora la questione da un punto di vista pratico: se siete un debitore e avete appena scoperto che il vostro conto corrente è stato pignorato, quali passi dovreste compiere? Di seguito presentiamo una guida operativa, articolata in step, per gestire al meglio la situazione nei primissimi momenti e nei giorni/settimane successive. Questa sezione è pensata come un vademecum generale, da adattare poi alle specificità (che approfondiremo nelle sezioni successive per i vari tipi di debitore).
1. Mantenere la calma e verificare la situazione:
Ricevere una notizia del genere è stressante, ma è importante agire lucidamente. Appena si viene a conoscenza del pignoramento (tramite notifica dell’atto dall’ufficiale giudiziario, o avviso dalla banca, o anomalia riscontrata sul conto online), verificate esattamente di cosa si tratta:
- Identificate il creditore e l’importo richiesto: Dall’atto di pignoramento o dalle comunicazioni, risalite a chi vi sta pignorando (una banca? un privato? l’Agenzia Entrate Riscossione?) e per quale somma. Spesso l’atto di pignoramento elenca il credito (es: “€X di capitale, €Y interessi, €Z spese”). Annotate tutto.
- Individuate il tribunale competente e la data di udienza: L’atto deve indicare presso quale tribunale e in che data avverrà l’udienza di comparizione. Segnate subito la data in agenda; quella sarà una scadenza fondamentale. Se la data è molto vicina (es. entro pochi giorni) occorre muoversi ancora più in fretta.
- Verificate se avete ricevuto un precetto nei giorni/scorse settimane: Questo vi farà capire se l’iter è regolare. Se ricordate di aver ricevuto una lettera di precetto e di non aver pagato, il pignoramento è la conseguenza. Se invece non avete mai visto un precetto, fate mente locale: possibile che sia stato notificato a un vecchio indirizzo? O tramite PEC se ne avete una certificata? Oppure potrebbe non esserci stato affatto (il che sarebbe un’irregolarità sfruttabile).
- Controllate lo stato del conto corrente: Entrate nel vostro online banking o contattate la filiale. Verificate qual è il saldo bloccato. Spesso le banche evidenziano una “disponibilità” decurtata dell’importo pignorato. Se il vostro conto è cointestato, controllate se hanno bloccato tutto o solo una parte. Se il vostro stipendio/pensione è appena entrato, controllate se figura come disponibile o no. Queste informazioni vi serviranno per capire se la banca ha applicato correttamente i limiti. Ad esempio, se avevate €2.000 e la banca ve ne lascia €1.500 disponibili, è segno che ha riconosciuto la quota impignorabile; se invece risultano tutti €2.000 indisponibili, dovrete agire per far valere quel diritto.
- Recuperate la documentazione del debito originario: se si tratta di un debito noto (ad esempio un finanziamento o una causa persa), raccogliete i relativi documenti: contratto, eventuale sentenza, piano pagamenti fatto, ecc. Se invece siete sorpresi perché ignoravate del tutto la pretesa, l’atto di pignoramento vi dirà almeno il titolo (es: “in forza di decreto ingiuntivo n. …” oppure “sentenza Tribunale di …, anno …”). In tal caso, cercate di procurarvi copia di quel titolo se possibile, andando in tribunale o chiedendo al vostro legale di accedere al fascicolo. Capire l’origine del debito vi aiuta a valutare se è contestabile nel merito oppure no.
- Comunicazioni dalla banca: alcune banche inviano al cliente una lettera o mail informativa sul pignoramento, indicando che hanno accantonato € tot in esecuzione dell’atto. Questo documento è utile perché riassume la situazione dal lato del terzo pignorato (può riportare anche eventuali altri pignoramenti in coda, se ce ne sono).
In questa fase, il vostro obiettivo è raccogliere tutte le informazioni. Fate un dossier con: copia del pignoramento (fronte/retro, compresi relata di notifica), copia del precetto (se l’avete), estratto conto aggiornato, contratti o titoli relativi al debito, ogni altro documento utile.
2. Valutare la legittimità e l’eventuale errore:
Con le informazioni alla mano, ponetevi alcune domande critiche:
- Il debito è certo e dovuto? Se sì, quanto è l’importo effettivo? Spesso nei precetti vengono aggiunti interessi e spese: verificate se i conteggi sono corretti. Se ritenete di aver già pagato in parte o che l’importo sia gonfiato, segnate questa contestazione. Se invece pensate che quel debito non fosse dovuto (es: un decreto ingiuntivo di cui non eravate a conoscenza, magari notificato male, o una fattura contestata) questo è un aspetto sostanziale su cui basare eventualmente un’opposizione all’esecuzione. Ad esempio, se avete prove di aver saldato la somma prima del pignoramento, siete in una posizione forte per fermare l’esecuzione presentando queste prove al giudice.
- Ci sono vizi formali nel procedimento? Qui occorre essere pignoli: controllate le date di notifica. Il precetto vi è stato notificato regolarmente e sono passati almeno 10 giorni prima del pignoramento? L’atto di pignoramento è stato notificato sia a voi che alla banca? (Se manca la notifica a voi, potrebbe essere stata fatta via posta e non l’avete ricevuta, oppure a mezzo PEC – controllate la vostra PEC se ne avete una, specie se siete professionista). L’atto di pignoramento contiene tutti i dati richiesti (es. la citazione in tribunale con data udienza; se mancasse la data di udienza o fosse sbagliata, sarebbe un vizio grave)? Qualsiasi anomalia può costituire motivo di opposizione agli atti esecutivi.
- Sono rispettati i limiti di pignorabilità? Come visto, se il vostro saldo comprendeva stipendio/pensione ultimo accredito, o se il conto è cointestato, o se la somma pignorata eccede di molto il dovuto, sono tutti aspetti da far valere. Ad esempio, se siete pensionati e la banca ha bloccato l’intera pensione del mese, sappiate che non potrebbe farlo legalmente oltre il minimo vitale: quindi c’è margine per agire e recuperare quella quota.
- Competenza territoriale: se siete una persona fisica, il pignoramento di conto corrente va eseguito al tribunale del luogo dove risiedete (il foro del terzo di norma è quello della sede della banca, ma la legge oggi prevede che per conti presso banche con sportelli ovunque la competenza sia del tribunale del luogo di residenza del debitore). Se notate che il creditore ha avviato la procedura in un tribunale lontano dalla vostra residenza, potreste eccepire l’incompetenza territoriale. Questo però è un tema tecnico (post-riforma, c’è dibattito sulla competenza “alternativa” tra foro del terzo e del debitore) e richiede un avvocato per valutarlo.
Dopo questa valutazione, fate una lista dei punti di forza della vostra posizione: ad esempio, “Ho pagato una parte, il credito è minore”, oppure “Non mi hanno notificato il precetto”, oppure “il conto è cointestato con mia moglie, metà soldi sono suoi”. Questi saranno gli argomenti da usare nelle sedi opportune.
3. Ottenere assistenza legale qualificata (consigliato):
Affrontare un pignoramento senza assistenza di un legale è sconsigliabile, a meno che la somma in gioco sia irrisoria e decidiate di pagare e basta. In genere, consultate subito un avvocato esperto in esecuzioni o diritto civile. Portategli tutti i documenti raccolti. L’avvocato:
- Vi confermerà (o meno) quali rimedi sono praticabili: ad esempio se c’è spazio per un’opposizione, quale tipo, con quali probabilità.
- Potrà occuparsi di entrare nel procedimento esecutivo depositando la comparsa di costituzione per voi all’udienza, evitando che siate assenti e subiate tutto passivamente.
- Potrà, se necessario, predisporre e depositare in tribunale le istanze urgenti (ad esempio istanza di sospensione, o un atto di opposizione in cui chiede un provvedimento cautelare) tempestivamente.
- Può anche farsi portavoce di vostre proposte transattive verso il creditore, in modo formalizzato.
Valutate anche l’aspetto costi: rivolgersi a un avvocato comporta spese. Tuttavia, in ballo ci sono i vostri soldi sul conto. Spesso vale la pena spendere qualcosa per salvarne di più. Se le vostre finanze sono molto limitate, informatevi sulla possibilità di gratuito patrocinio: se il vostro ISEE rientra sotto una certa soglia, potreste avere diritto a un avvocato a spese dello Stato per proporre opposizione.
Se decidete di non affidarvi a un legale (scelta rischiosa), dovrete voi stessi fare in prima persona una serie di azioni, e in tribunale la procedura è tecnica. In alcuni casi (valore basso, giudice di pace), il debitore potrebbe stare in giudizio personalmente, ma nel tribunale su esecuzioni il ministero di solito richiede l’avvocato. Comunque, anche in quell’ipotesi, potete almeno consultare un legale per un parere scritto su come muovervi.
4. Decidere la strategia: pagare, negoziare o opporsi?
A questo punto, con un quadro chiaro, occorre scegliere una linea d’azione. Le strade fondamentali sono tre (non mutualmente esclusive, a volte combinabili):
- A) Riconoscere il debito e puntare a pagare per liberare il conto.
Se il debito è dovuto e avete le risorse (o potete reperirle), la via più rapida per sbloccare il conto è pagare il creditore. Questo può avvenire in diversi modi:- Pagamento integrale immediato: contattate il creditore (tramite il suo avvocato indicato nell’atto) e offrite il pagamento di tutto quanto dovuto in cambio dell’immediata rinuncia al pignoramento. Fatevi dare l’importo aggiornato (comprensivo di interessi maturati e spese) e le coordinate per pagare. Una volta pagato (meglio con bonifico tracciabile), il creditore dovrà depositare in tribunale un atto di rinuncia all’esecuzione. Pro: risolvete velocemente, il conto sarà sbloccato appena formalizzata la rinuncia (o al più tardi all’udienza). Contro: serve liquidità immediata; inoltre pagherete anche spese e interessi interamente.Transazione a saldo e stralcio: se non avete tutti i soldi o ci sono dubbi sul credito, potete negoziare. Ad esempio, il creditore potrebbe accettare di chiudere accettando l’80% subito invece di rischiare lunghe opposizioni. Ogni caso è a sé: con banche o finanziarie c’è margine per sconti se vedono difficoltà, con Agenzia Entrate di solito no (hanno importi fissi). Se raggiungete un accordo, mettetelo per iscritto (una scrittura privata con l’avvocato del creditore, dove si impegna a rinunciare al pignoramento dopo il pagamento concordato). Versate poi la somma pattuita e attendete l’atto di rinuncia.Richiesta di rateazione al creditore: a volte potete convincere il creditore a dilazionare il pagamento. Ad esempio, pagate una parte subito (che magari consente almeno di sbloccare qualcosa) e il resto in 6 mesi. Attenzione però: il creditore non è obbligato e soprattutto, una volta iniziato il pignoramento, spesso vuole tutto e subito. Una rateazione volontaria potrebbe portare il creditore a mantenere in piedi il pignoramento come garanzia finché non avete pagato tutte le rate, il che significa che il conto rimarrebbe comunque bloccato (a meno di accordi diversi). Dunque questa opzione ha senso se il creditore è disposto a sospendere l’esecuzione durante il piano di rientro (magari con un’ordinanza concordata).Conversione del pignoramento ex art. 495 c.p.c.: questa è la via formale in tribunale per ottenere una rateazione. Dovete però disporre almeno di una certa somma iniziale (indicativamente almeno il 20%). Se optate per questa, tramite il vostro avvocato depositate istanza di conversione prima dell’udienza di assegnazione, depositando la cauzione stabilita (il giudice spesso chiede il deposito immediato di almeno 1/5 del totale dovuto). Una volta accettata la conversione, verserete le restanti rate come da decreto del giudice e il conto verrà liberato. Questa soluzione va ponderata: ha senso se il pignoramento riguarda un bene di valore o un importo notevole che non volete perdere in blocco. Su un conto, se avevate già i soldi lì, può sembrare strano chiedere di pagarli a rate: ma magari i soldi sul conto non erano tutti vostri (pensiamo a conto cointestato, metà di vostra moglie; con la conversione potreste “riscattare” quella metà con rate dal vostro stipendio senza toccare i soldi di sua spettanza). Sono valutazioni complesse in cui farsi guidare dall’avvocato.
- B) Contestare il pignoramento legalmente (Opposizione):
Se ritenete di avere solide ragioni per cui il pignoramento non doveva nemmeno avvenire (debito contestabile, errore procedurale grave), allora la strategia è fare opposizione in tribunale e puntare a far dichiarare nullo/illegittimo o limitato l’atto:- Decidete innanzitutto quale tipo di opposizione: se contestate il merito del diritto del creditore (es: “non gli devo questi soldi” oppure “il titolo è inefficace”), è opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.; se contestate solo aspetti formali (es: “manca il precetto” o “atto notificato male”), è opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.. Non preoccupatevi troppo della qualificazione: un buon avvocato saprà inquadrare correttamente magari anche cumulando domande in via gradata. L’importante sono i motivi che avete rilevato al punto 2.
- Tempi: l’opposizione agli atti esecutivi ha termine di 20 giorni dal momento in cui avete avuto notizia dell’atto viziato. Quindi, se pensate di farla (es: precetto non notificato), contate 20 giorni da quando avete saputo del pignoramento – conviene depositarla entro quel termine in tribunale. L’opposizione all’esecuzione non ha un termine fisso, ma va fatta prima che l’esecuzione sia conclusa (farla dopo che i soldi sono stati assegnati complica molto, perché dovreste poi chiedere la restituzione). Conclusione: muovetevi in pochi giorni, meglio non oltre due settimane dall’evento, per far partire l’opposizione.
- Sospensione: presentare l’opposizione di per sé non blocca il pignoramento. Dovete chiedere espressamente al giudice una sospensione dell’efficacia del pignoramento fino alla decisione (in gergo, “istanza di sospensione dell’esecuzione”). Questo di solito si fa contestualmente all’atto di citazione in opposizione o con ricorso ad hoc. Il giudice (dell’opposizione o dell’esecuzione, a seconda) valuterà in tempi brevi (a volte già all’udienza di comparizione delle parti nell’opposizione, o con decreto urgente) se ci sono i presupposti: tipicamente, “fumus boni iuris” (apparente fondatezza dell’opposizione) e “periculum” (danno che verrebbe dal non sospendere). Ad esempio, se mostrate che il creditore vi pignora nonostante non abbiate mai ricevuto un precetto e che l’udienza di assegnazione è vicina, il giudice potrebbe sospendere l’assegnazione.
- Procedimento: l’opposizione si propone con atto di citazione da notificare al creditore e, se già iniziata l’esecuzione, va poi iscritta a ruolo e trattata davanti al giudice competente (che a volte coincide col giudice dell’esecuzione). È un vero e proprio giudizio contenzioso, che potrebbe durare anche parecchi mesi o anni se va in causa. Nel frattempo, se avete ottenuto la sospensione, il conto rimane bloccato ma il creditore non può prendere i soldi finché la causa non è risolta (il che per voi è un bene parziale: i soldi restano vostri ma congelati, salvo eventuale sblocco di parti).
- Possibili esiti: se vincete l’opposizione, il pignoramento viene annullato o limitato, e vi verranno restituiti (o lasciati) i soldi sul conto. Se la perdete, l’esecuzione riprende e il creditore otterrà le somme (più forse ulteriori spese legali da voi).
- L’opposizione è la strada giusta se siete sicuri di avere ragione su un punto fondamentale (ad es. non dovevate nulla o c’è un vizio insanabile). Va intrapresa con consapevolezza: comporta spese legali, tempi e rischi (se sbagliate, potreste dover pagare ancora più spese). Tuttavia è la vostra arma di difesa prevista dalla legge. Anche strategicamente, a volte depositare un’opposizione può indurre il creditore a venire a patti, se teme di allungare i tempi.
- C) Attendere e sfruttare le tutele in sede di assegnazione:
Questa non è proprio una strategia attiva, ma in alcuni casi il debitore può decidere: “non spendo soldi in avvocati, non faccio opposizione, vado all’udienza e faccio presente i miei diritti”. Se siete in grado di comparire personalmente (di solito tramite legale, ma potete anche presentarvi da soli per far presente qualcosa al giudice dell’esecuzione, anche se formalmente non costituiti), potete:- Segnalare al giudice eventuali somme impignorabili (come detto).
- Chiedere un rinvio se ad esempio arrivate con un principio di accordo col creditore (qualche giudice lo concede).
- Chiedere la conversione del pignoramento li per li (il giudice potrebbe accogliere se depositate i soldi cauzionali immediatamente in cancelleria).
5. Preparare i documenti e le istanze necessarie:
In base alla strategia scelta:
- Se pagate o transate: predisponete subito il pagamento (bonifico, assegno circolare) e fatevelo confermare per iscritto dal creditore (una quietanza). Preparate un atto di rinuncia all’esecuzione da far firmare all’avvocato del creditore (di solito ci penserà lui).
- Se fate opposizione: il vostro avvocato preparerà l’atto di citazione e raccoglierà le prove. Fornitegli tutto (ricevute di pagamento fatte, e ogni elemento a supporto dei vostri motivi). Se chiedete sospensione urgente, l’avvocato potrebbe dover depositare un ricorso immediato in esecuzione (art. 615 co.2) o comunque la richiesta contestuale.
- Se conversione: radunate la liquidità per la cauzione e preparate un’istanza formale per il giudice, indicando il piano di rateazione richiesto (es. “verso 1/5 subito e chiedo 12 mesi per il resto”).
- Se soprattuto vi interessa liberare la quota impignorabile: procuratevi i documenti che provano la natura delle somme. Esempio, se stipendio: busta paga dell’ultimo mese e estratto conto da cui risulta l’accredito con la descrizione “Stipendio”. Se pensione: ultimo cedolino o CU pensione. Se conto cointestato: documento che attesti eventuale provenienza delle somme (ad es. se l’altro cointestatario è vostra moglie e ha uno stipendio pure lei accreditato lì, portate la sua busta paga per evidenziarlo). Questi documenti saranno utili da mostrare al giudice per convincerlo subito a liberare le somme non attaccabili.
6. Partecipare all’udienza di pignoramento presso terzi:
Non sottovalutate l’udienza di comparizione davanti al giudice dell’esecuzione (indicata sull’atto). È importantissimo presenziare, di persona ma idealmente tramite il vostro avvocato. All’udienza possono accadere varie cose come già descritto:
- Se avete pagato e il creditore ha rinunciato, verificate che l’atto di rinuncia sia pervenuto al giudice. In tal caso, il giudice prenderà atto e dichiarerà estinta la procedura. Fine. Voi dovrete solo attendere che la cancelleria comunichi alla banca la cessazione del pignoramento (o consegnare voi copia all’ufficio legale della banca per accelerare lo sblocco).
- Se è pendente l’opposizione con sospensione, l’udienza verrà rinviata in attesa dell’esito dell’opposizione. In quel caso assicuratevi che il giudice dell’esecuzione sappia della sospensione (il vostro avvocato lo comunicherà) e intanto nessuna assegnazione avverrà.
- Se siete lì per discutere la conversione, dovrete consegnare l’attestazione del deposito della cauzione. Il giudice emanerà un’ordinanza con le condizioni e sospenderà la procedura in attesa del pagamento delle rate. Finché pagate, il conto rimane non toccato.
- Se nulla di tutto ciò e la procedura prosegue normalmente, fate valere in quella sede ogni eccezione utile: il vostro legale dirà al giudice “Chiedo sia liberata la somma di €… perché impignorabile ex art. 545 c.p.c.”, oppure “faccio presente che il conto è cointestato, quindi la somma pignorata va dimezzata”. Il giudice deciderà sul momento. È qui che conoscere i propri diritti paga: il giudice potrebbe anche non essere al corrente di tutto finché qualcuno non lo solleva.
- Se non potete avere un legale e andate da soli, chiedete almeno la parola al giudice (con rispetto) e spiegate brevemente: “Signor Giudice, segnalo che sul conto c’erano solo la mia pensione e quella di mia moglie, come da documenti che ho qui, quindi chiedo di lasciarmi la parte non pignorabile per legge”. Il giudice, se recepisce, disporrà di conseguenza.
- Dopo l’ordinanza di assegnazione (se viene emessa), chiedete alla cancelleria o al vostro avvocato di averne copia. Controllate che rispecchi le eventuali eccezioni accolte (ad esempio che compaia la dicitura che libera l’importo X impignorabile).
In sintesi, non saltate l’udienza. Se il debitore non compare e non fa nulla, il giudice tende ad assegnare come richiesto dal creditore, salvo ovviamente dover rispettare comunque la legge (un giudice attento scoverebbe da solo un evidente caso di stipendio, ma non sempre ci sono elementi, meglio portarglieli).
7. Dopo l’udienza: seguire gli sviluppi e chiudere il cerchio:
A seconda di quanto avvenuto:
- Se il pignoramento è stato risolto (pagato o estinto), controllate che la banca sblocchi effettivamente il conto. A volte ci vogliono giorni per le comunicazioni interne. Se avete urgenza, recatevi con la copia del verbale/ordinanza in banca e parlatene col direttore, dimostrando che la procedura è finita e devono ripristinare l’operatività. Le banche spesso attendono l’ordinanza formale o comunicazioni ufficiali, ma sollecitare non guasta.
- Se la procedura è sospesa o rinviata, sapete che il conto resta vincolato nel frattempo. Organizzatevi di conseguenza per le spese quotidiane: aprite magari un nuovo conto presso un’altra banca per far accreditare lo stipendio futuro (sì, potete farlo; il creditore potrebbe scoprire il nuovo conto e pignorarlo a sua volta, ma intanto voi non potete restare senza conto corrente). Attenzione: se aprite un nuovo conto e fate spostare lì lo stipendio per sfuggire al pignoramento, questo non è illecito (il debitore può avere più conti). Il creditore dovrebbe notificare un altro pignoramento su quello se lo scopre. Nel breve termine, però, può darvi ossigeno per usare i nuovi accrediti. Fate solo attenzione a non depositare sul nuovo conto somme provenienti dal vecchio se ancora vincolate (sarebbe elusione e potrebbe creare problemi se l’atto di pignoramento copre crediti futuri genericamente).
- Se siete in attesa della decisione di opposizione, istruitevi sui tempi: potrebbe volerci un bel po’. Considerate se nel frattempo riuscite magari a trovare un accordo col creditore per chiudere anche l’opposizione (spesso durante la causa ci si accorda e si estingue tutto).
- Se invece il creditore ha preso i soldi (assegnazione eseguita) e ritenete comunque che vi sia stata un’ingiustizia (ad esempio il giudice non vi ha riconosciuto l’impignorabilità che vi spettava), avete ancora la possibilità di reclamo o appello in alcuni casi (per provvedimenti del G.E. esiste il reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. per le ordinanze su sospensioni, oppure l’impugnazione in cassazione ex art. 111 Cost. se era definitorio). Ma entriamo in tecnicismi elevati; nella pratica, se arrivate a quel punto, consultate di nuovo il vostro legale per valutare se valga la pena proseguire la battaglia o se conviene prendere atto e magari recuperare altrove.
Riassumiamo il percorso rapido in forma di elenco puntato per chiarezza:
- Step 1: Raccolta informazioni (atto di pignoramento, importi, tribunale, cause del debito, situazione conto).
- Step 2: Valutazione preliminare (debito dovuto? importo esatto? vizi procedurali? limiti violati?).
- Step 3: Consulenza legale (facoltativa ma consigliata).
- Step 4: Scelta strategia (pagare/trattare oppure opporsi oppure attendere e far valere limiti).
- Step 5: Azioni immediate in base alla strategia:
- Preparare pagamento/transazione o
- Redigere e notificare atto di opposizione (con istanza di sospensione) o
- Predisporre istanza di conversione o
- Comunque preparare documenti (es. prove stipendio) per udienza.
- Step 6: Presenza all’udienza e intervento (diretto o tramite avvocato) per far valere i propri diritti (liberazione somme impignorabili, ottenere rinuncia o sospensione, etc.).
- Step 7: Post-udienza: verificare sblocco conto o prosecuzione sospesa; adempiere agli eventuali accordi (pagare rate se conversione, ecc.); se in contenzioso, proseguire con la causa di opposizione fino a definizione.
Seguendo questa guida passo-passo, il debitore avrà messo in campo tutte le difese possibili e non avrà lasciato nulla di intentato. Naturalmente, ogni caso concreto può presentare variazioni sul tema, ma lo schema generale di reazione resta simile.
Nei capitoli seguenti affronteremo specifiche strategie tarate per le diverse categorie di debitori: il privato cittadino, il professionista con Partita IVA, la società. Ciascuno può avere priorità e opportunità differenti nell’affrontare un pignoramento sul conto, pur seguendo la cornice generale che abbiamo delineato.
Opposizioni al pignoramento del conto corrente e rimedi legali: come funzionano
Prima di passare alle strategie per tipologia di debitore, approfondiamo un aspetto trasversale: le opposizioni all’esecuzione. Abbiamo già accennato cosa sono, ma giova chiarirne il funzionamento per chi non ha familiarità, perché costituiscono il principale strumento legale per difendersi da un pignoramento ritenuto ingiusto o irregolare.
In termini semplici, l’opposizione è una causa giudiziaria che il debitore (oppure un terzo interessato, come vedremo) promuove per far valere le sue ragioni contro l’esecuzione forzata. Nel contesto del conto corrente pignorato, le principali forme sono:
Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.)
- Quando si usa: quando si contesta il diritto del creditore di procedere all’esecuzione. In altre parole, il debitore dice: “questa esecuzione non doveva proprio iniziare, perché il creditore non ne ha i presupposti”. Motivi tipici:
- Il debito non esiste o si è estinto (pagato, compensato, prescritto, ecc.).
- Il titolo esecutivo è invalido o inefficace (es. una sentenza annullata in appello, un decreto ingiuntivo opposto con sospensione, ecc.).
- Il creditore procede per più di quanto dovuto (contestazione parziale: ad esempio interessi calcolati male, spese esagerate).
- Manca una condizione necessaria per procedere (es: mancata notificazione del titolo esecutivo in forma esecutiva, quando richiesta).
- Come si propone: se l’esecuzione è già iniziata (cioè avete già il pignoramento in atto), l’opposizione si propone con atto di citazione davanti al giudice dell’esecuzione competente (che, per pignoramenti presso terzi, è il tribunale del luogo dell’esecuzione). L’atto di citazione va notificato al creditore procedente (e eventualmente agli altri creditori intervenuti, se ce ne fossero). Se invece la si propone prima che l’esecuzione inizi (opposizione “preventiva”), può assumere la forma del ricorso al giudice competente per l’esecuzione futura. Nel nostro caso però, ragioniamo sul fatto compiuto: conto già pignorato, quindi siamo nella fattispecie di opposizione in corso di esecuzione.
- Sospensione dell’esecuzione: contestualmente all’atto di citazione, il debitore può chiedere al giudice dell’esecuzione di sospendere il processo esecutivo (art. 615, co.2). Questa istanza viene valutata rapidamente. Spesso il giudice fissa un’udienza urgente o, se coincide coi tempi dell’udienza di assegnazione, può decidere lì per lì. Per ottenere la sospensione, come detto, occorre convincere il giudice che l’opposizione non è pretestuosa e che senza sospensione il debitore subirebbe un danno grave (ad esempio perderebbe definitivamente i soldi, rendendo inutile poi l’eventuale vittoria). Un caso classico in cui la sospensione viene concessa è quando il debitore mostra una quietanza di pagamento precedente al pignoramento: è palese che se l’esecuzione proseguisse si pagherebbe due volte. Altro esempio: il debitore impugna un titolo ed ha già ottenuto in quella sede (es. appello) la sospensione dell’efficacia esecutiva – anche qui, il giudice dell’esecuzione tende a sospendere.
- Esito e fasi: l’opposizione all’esecuzione apre un giudizio a sé stante. Ci sarà un atto di citazione, una costituzione delle parti, scambio di memorie, ecc., come una causa ordinaria. Può portare a una sentenza che, ad esempio, dichiara illegittima l’esecuzione e la estingue, oppure la limita, oppure rigetta l’opposizione. Contro tale sentenza si può eventualmente appellare e via dicendo (ma nel frattempo l’esecuzione potrebbe essere sospesa o no a seconda). Per evitare di arrivare a sentenza, spesso si risolve prima: se il debitore ha ragione chiara, il creditore magari rinuncia all’esecuzione e l’opposizione viene abbandonata; se il debitore vede che non ha chance, può rinunciare all’opposizione e lasciar procedere il pignoramento.
- Costo: si paga il contributo unificato come causa di valore pari a quello del debito conteso (es: per €10.000, contributo qualche centinaio di euro). L’opponente che perde rischia di pagare le spese legali all’altra parte.
- Esempio concreto: Tizio viene pignorato per un vecchio prestito. Lui però ha le ricevute che mostrano di aver finito di pagare due mesi prima del precetto. Purtroppo la finanziaria ha avviato lo stesso il pignoramento. Tizio tramite avvocato propone opposizione all’esecuzione, allegando le ricevute: chiede la sospensione immediata, che ottiene, e in pochi mesi ottiene una sentenza che accerta che nulla era dovuto e condanna la finanziaria a restituirgli eventuali somme già prese e alle spese legali.
Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.)
- Quando si usa: quando si lamenta un vizio di forma o un’irregolarità negli atti del processo esecutivo. Non si contesta il diritto del creditore a pignorare, ma il modo in cui lo ha fatto. Motivi tipici:
- Il precetto non è stato notificato (o è viziato) – molti tribunali lo configurano come vizio dell’atto esecutivo iniziale.
- L’atto di pignoramento ha difetti formali (manca qualche requisito, non contiene ingiunzione, non indica l’udienza, ecc.).
- L’atto è stato notificato in modo non conforme (es: a persona sbagliata, o la notifica al terzo non è valida).
- Il creditore non ha rispettato i termini processuali (ad esempio non ha iscritto a ruolo e notificato l’avviso come da art. 543 co.5, eppure vuole procedere lo stesso).
- Un atto del giudice o dell’ufficiale giudiziario è viziato (es: ordinanza di assegnazione emessa senza attendere la dichiarazione del terzo in violazione di legge).
- In generale, qualsiasi “atto esecutivo” (precetto, pignoramento, avviso, avvisi di vendita, ecc.) affetto da nullità relativa.
- Termine breve di 20 giorni: l’opposizione agli atti esecutivi deve essere proposta entro 20 giorni dal momento in cui il debitore (o il terzo interessato) ha avuto conoscenza legale dell’atto viziato. Per il precetto, di solito la conoscenza coincide con la notifica del pignoramento (perché il debitore si accorge allora che non aveva ricevuto precetto). Per l’atto di pignoramento, la conoscenza è la notifica stessa. Insomma, se riscontrate un vizio, non aspettate: attivatevi immediatamente, perché 20 giorni passano in fretta. Se si lascia decorrere il termine, quell’atto viziato diventa incontestabile (salvo rarissimi casi di nullità insanabili rilevabili d’ufficio).
- Procedura: se l’esecuzione è in corso (già notificato il pignoramento), l’opposizione agli atti si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione (questa forma è cambiata con la riforma del 2021/2022: ora si tende ad utilizzare il ricorso anziché l’atto di citazione, almeno per atti successivi al pignoramento). Il giudice fissa entro max 15 giorni l’udienza di comparizione delle parti (quindi è più veloce di un’opposizione all’esecuzione). In tale udienza, se l’opposizione è fondata, il giudice può annullare l’atto viziato o adottare i provvedimenti correttivi. Esempio: annulla l’intero pignoramento se precetto mancante; oppure dichiara inefficace il pignoramento se fuori termini; oppure ordina di rinnovare una notifica.
- Sospensione: per l’opposizione agli atti si può chiedere la sospensione del processo esecutivo (art. 618 c.p.c.) con lo stesso meccanismo di istanza urgente. Qui spesso il giudice dell’esecuzione può direttamente decidere sul merito dell’opposizione in tempi rapidi, poiché trattandosi di vizi formali la questione è più circoscritta.
- Effetti: se l’opposizione viene accolta, l’atto impugnato viene dichiarato nullo o inefficace. Ciò può far cadere tutto il pignoramento (ad esempio, se il precetto era obbligatorio e mancato, l’intera esecuzione è invalida e va chiusa). Oppure può sanare parzialmente (ad esempio, giudice dichiara che la mancata notifica dell’avviso ex art. 543 entro l’udienza rende il pignoramento inefficace – il procedimento si estingue). Se invece l’opposizione viene rigettata, l’esecuzione continua come se nulla fosse.
- Esempio tipico: Caio trova il conto bloccato ma non ha mai ricevuto l’atto di precetto prima. Tramite avvocato propone opposizione ex art. 617 c.p.c. entro 20 giorni dalla scoperta, deducendo “nullità del pignoramento per omissione del precetto ex art. 480 c.p.c.”. Il giudice verifica e, se il creditore non prova un precetto regolare, accoglie e dichiara nullo il pignoramento. Caio si vede sbloccare il conto. (Il creditore potrà eventualmente rifare la procedura daccapo notificando prima un precetto – nulla gli vieta di riprovarci correggendo l’errore – ma almeno Caio ha guadagnato tempo e costretto il creditore a ripartire da zero, dandogli magari spazio per trovare soluzioni alternative nel frattempo).
Opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.)
- Chi la propone: un terzo (non il debitore né il creditore) che afferma che i beni pignorati in realtà appartengono a lui e non dovrebbero essere usati per il debito altrui. Nel caso di conto corrente, il terzo potrebbe essere ad esempio il cointestatario non debitore, oppure un soggetto che rivendica la titolarità delle somme (un fiduciario, un comodatario, ecc. – situazioni più rare).
- Esempio tipico: coniuge non debitore su conto cointestato che sostiene che il saldo in conto è costituito da suoi risparmi personali e non del marito debitore. Oppure un datore di lavoro che aveva versato erroneamente soldi su un conto e li rivuole (anche se qui più che opposizione di terzo, sarebbe intervento per restituzione, ipotesi limite).
- Procedura: l’opposizione di terzo all’esecuzione si propone con atto di citazione davanti al tribunale dell’esecuzione, entro 20 giorni anche qui dall’inizio dell’esecuzione (o da quando il terzo ne ha avuto conoscenza). Viene trattata simile a un’opposizione all’esecuzione, con sospensione possibile. Il terzo deve provare il suo diritto sui beni. Se vince, il giudice estromette quei beni dalla procedura (nel caso del conto, dichiarerebbe non assoggettabile la quota del terzo).
- Utilizzo pratico: spesso, nel caso del conto cointestato, più che fare un’intera causa, la questione si risolve in sede esecutiva stessa applicando la presunzione di parti uguali. Il cointestatario può anche comparire all’udienza e dichiarare la sua estraneità, ottenendo dal G.E. la liberazione della sua quota senza dover avviare un giudizio autonomo. L’opposizione di terzo diventa necessaria soprattutto se vi è contestazione su chi è il proprietario effettivo delle somme (ad esempio se il creditore sostiene che il cointestatario è solo prestanome del debitore per nascondere soldi; in tal caso serve un giudizio probatorio per accertarlo).
Altri rimedi
Oltre alle opposizioni codificate, esistono alcuni altri rimedi o situazioni:
- Istanza di riduzione del pignoramento (art. 496 c.p.c.): se il pignoramento colpisce beni di valore manifestamente superiore all’importo dovuto, il debitore può chiedere al giudice di ridurre l’estensione del pignoramento. Nel caso di somme di denaro, questo raramente si pone, perché di solito pignorano già l’importo esatto. Ma se, ad esempio, per errore il creditore ha pignorato due conti per lo stesso importo, duplicando, il debitore può chiedere di ridurre il vincolo.
- Accordi per la sospensione volontaria: il creditore, di sua iniziativa, può sempre decidere di sospendere o non proseguire subito l’esecuzione (magari perché avete iniziato a pagare qualcosa). Questo però non ha la forza di un provvedimento; se vi accordate, fatelo mettere a verbale davanti al giudice all’udienza.
- Reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c.: nel caso in cui il giudice dell’esecuzione emetta o neghi un provvedimento di sospensione (che è una misura cautelare), la parte scontenta può fare reclamo al collegio del tribunale. Ad esempio, se il G.E. nega la sospensione ma il debitore è convinto che sia sbagliato, può chiedere al collegio di riesaminare. È un procedimento veloce a tre giudici. Tuttavia, attenzione: non si può reclamare l’ordinanza di assegnazione in sé, ma solo i provvedimenti di natura cautelare. L’assegnazione, essendo provvedimento decisorio, di regola si impugna per cassazione (che però è complicata e lunga).
- Inefficacia del pignoramento per inerzia del creditore: va detto che la legge prevede tempi massimi entro cui il creditore deve attivarsi, pena la perdita di efficacia del pignoramento. Ad esempio, se il creditore non richiede l’udienza di assegnazione entro 45 giorni dalla dichiarazione del terzo (art. 543, come modificato, richiama un termine del genere – potrebbero essere 30 o 45 giorni a seconda delle interpretazioni), il pignoramento può decadere. Quindi, se un pignoramento rimane sospeso per inerzia del creditore, il debitore può chiedere al giudice di dichiararlo estinto. Questo difficilmente accade entro la normale conduzione (i creditori hanno interesse a proseguire), ma capita se il creditore dimentica di iscrivere a ruolo o di depositare istanze in tempo. Ad esempio, prima della riforma 2021 c’era la regola che se la dichiarazione del terzo non veniva resa, il giudice fissava nuova udienza entro 10 giorni, e se il creditore non si presentava, il pignoramento diventava inefficace. Insomma, ci sono alcune cause di estinzione officiose che il debitore può segnalare.
- Sovraindebitamento o procedure concorsuali: se il debitore avvia una procedura da sovraindebitato (per persona fisica o piccolo imprenditore) e il giudice di quella procedura emette un’ordinanza di sospensione delle azioni esecutive (cosa che in base al Codice della crisi può fare), tale provvedimento va presentato al giudice dell’esecuzione, che dovrà sospendere a sua volta il pignoramento. Quindi, è un rimedio “esterno”: si intraprende una procedura concorsuale e grazie ad essa si bloccano tutti i pignoramenti in essere. Ad esempio, un consumatore in grave crisi presenta un piano del consumatore e il giudice di quel procedimento concede misure protettive: il pignoramento del conto verrà sospeso fino alla decisione sul piano. Se poi il piano viene omologato, i creditori dovranno accontentarsi di quanto previsto dal piano e non potranno riprendere l’esecuzione.
In conclusione, le opposizioni sono strumenti fondamentali. Non tutti i debitori le useranno (solo chi ha motivi validi), ma è essenziale conoscerle. Anche solo minacciare un’opposizione credibile può portare il creditore a comportarsi più ragionevolmente (ad esempio accettare un pagamento parziale subito invece di affrontare mesi di causa).
Ricordiamo ancora: 20 giorni è il termine chiave per i vizi formali (opposizione atti) e conviene stare entro questo anche per eventuali opposizioni all’esecuzione che abbiano una componente formale. Meglio non arrivare a ridosso dell’udienza di assegnazione per decidere di agire. La tempestività è spesso decisiva.
Adesso, con tutto questo quadro in mente, possiamo concentrarci sui casi particolari delle diverse categorie di debitori, evidenziando per ciascuna le peculiarità e i consigli mirati.
Strategie di difesa per diverse tipologie di debitore
La situazione di un conto corrente pignorato può coinvolgere soggetti molto diversi tra loro, con esigenze e vincoli differenti. Una persona fisica consumatore, ad esempio, tipicamente ha come priorità salvaguardare il denaro per le spese familiari e potrebbe beneficiare di protezioni su stipendio o pensione; un professionista o imprenditore individuale invece deve preoccuparsi anche della continuità della sua attività, dei pagamenti ai fornitori, e potrebbe avere a che fare con debiti fiscali; una società ha dinamiche ancora diverse, potendo contare su personalità giuridica e su strumenti concorsuali più strutturati.
In questa sezione affronteremo separatamente i tre macro-casi indicati:
- Persona fisica (privato) senza Partita IVA
- Persona fisica con Partita IVA (professionista, ditta individuale)
- Società (S.r.l., S.p.A. o altre forme societarie)
Per ciascuno delineeremo:
- Le caratteristiche tipiche dei pignoramenti in quel contesto.
- Le difese e priorità specifiche.
- Un esempio concreto di piano d’azione.
1. Persona fisica (privato senza Partita IVA)
Profilo: Parliamo del cittadino “comune”, che non esercita attività d’impresa o professionale: può essere un lavoratore dipendente, un pensionato, un disoccupato, un consumatore che ha contratto debiti (mutui, finanziamenti, bollette non pagate, ecc.). In genere, il suo conto corrente è un conto personale su cui accreditano lo stipendio/pensione, su cui magari ha depositato risparmi, e da cui preleva per le spese correnti (affitto, utenze, spesa). Spesso, nel caso di famiglie, il conto è cointestato col coniuge.
Tipologie di creditori frequenti: banche o finanziarie (prestiti personali, carte di credito non rimborsate), condomini (morosità condominiali), privati (un parente che vantava un credito, risarcimenti danni da cause civili), società di servizi (recupero crediti per bollette), e anche il Fisco (multe, tasse non pagate – in questo caso però agisce Agenzia Entrate Riscossione con la procedura speciale). Non avendo Partita IVA, non ci sono debiti IVA o contributi artigiani/commercianti, ma potrebbe avere debiti verso Agenzia Entrate per IRPEF o verso Comuni per contravvenzioni.
Caratteristiche della difesa:
- Questa categoria beneficia appieno delle tutele su stipendi e pensioni. Dunque, se il soggetto è un lavoratore dipendente, ogni mese ha diritto a conservare 4/5 dello stipendio che entra, anche sotto pignoramento; se è un pensionato, ha diritto al minimo vitale in ogni caso. Inoltre, sul conto gli devono lasciare triplo assegno sociale delle eventuali giacenze pregresse. Quindi, prima mossa: assicurarsi che queste protezioni vengano applicate. Ad esempio, un pensionato che si vede bloccare un intero conto con pensione di €1200 deve subito far valere che almeno circa €750 sono intoccabili (assegno sociale ~500 + metà = ~750 come minimo vitale mensile).
- Spesso il suo conto è cointestato con il coniuge (o con un familiare). Ad esempio, moglie e marito con un conto congiunto su cui accreditano magari entrambi gli stipendi. Se solo uno dei due è debitore, ciò crea complicazioni. In genere, la banca blocca metà saldo (presumendo metà di spettanza del debitore). Se però sul conto c’erano, poniamo, 10.000 euro frutto principalmente dello stipendio della moglie non debitrice, è ingiusto che 5.000 restino bloccati. Azione consigliata: il coniuge non debitore dovrebbe intervenire presentando al giudice prova che magari l’80% delle somme deriva da redditi suoi, chiedendo quindi di liberare una quota maggiore. Come visto, l’art. 1854 c.c. presume 50/50, ma è superabile con prova contraria. In sede di esecuzione mobiliare, si può contestare l’entità della quota. In pratica, se parliamo di piccole somme, di solito ci si accontenta del 50% libero subito; se la moglie volesse di più, potrebbe dover avviare un’opposizione di terzo. Bisogna valutare costi-benefici. Nella maggior parte dei casi, ci si attiene al 50% a testa come soluzione standard (quindi il debitore vede pignorata solo la metà che gli viene attribuita).
- Il privato spesso ha poche conoscenze legali e subisce passivamente. Invece, dovrebbe attivarsi subito perché ogni giorno col conto bloccato può significare non pagare affitto o spese quotidiane. Un dipendente che si vede il conto congelato può trovarsi senza soldi per due settimane fino al prossimo stipendio (che comunque sarà pignorato in parte). Pertanto:
- Se ha un altro conto libero (magari intestato a un familiare fidato), può usarlo temporaneamente. Attenzione: trasferire in massa i propri soldi su conti di familiari dopo aver ricevuto il precetto o durante l’esecuzione può costituire atto in frode ai creditori (il creditore potrebbe far revocare l’atto o ampliare il pignoramento). Ma se i soldi sono proprio bloccati, non può farlo comunque. Può però far accreditare lo stipendio successivo su altro conto (ad esempio aprendo un nuovo conto altrove) per evitare che arrivi su quello congelato – fino a che il creditore non lo individua. Questa mossa è borderline: non è illegale aprire un altro conto, e non c’è un provvedimento che glielo vieti; tuttavia se il creditore lo scopre, pignorerà anche quello (il che richiede un nuovo atto e un po’ di tempo). Molti debitori lo fanno per avere liquidità nel frattempo.
- Documenti da preparare: ultimo cedolino paga o lettera del datore sullo stipendio, per calcolare l’impignorabile. Se disoccupato ma percepisce NASpI (indennità di disoccupazione) o altri sussidi: attenzione, queste indennità assimilate allo stipendio seguono le stesse regole di pignorabilità (1/5), ma se già accreditate su conto possono rientrare nel famoso triplo assegno sociale non toccabile.
- Precetto e atti: spesso il privato è stato magari superficiale nel passato – ad esempio ha ignorato un decreto ingiuntivo e ora piomba il pignoramento. Bisogna verificare se ci sono margini di opposizione tardiva al titolo: per es., se il decreto ingiuntivo non gli fu notificato, può ancora opporlo fuori termine e chiedere sospensione. O se fu notificato male, può eccepirlo. Queste sono cose che un avvocato verificherà.
- Debiti con Fisco: se il pignoramento viene da Agenzia Entrate Riscossione, il privato ha alcune carte: in primis la rateizzazione di cui abbiamo parlato. Un privato disoccupato o in difficoltà economiche può chiedere all’ADER una dilazione fino a 72 rate (o 120 in casi gravi) del debito fiscale, anche dopo aver ricevuto il pignoramento del conto. In tal caso, presentando l’istanza entro 60 giorni, di solito la procedura si interrompe: l’ADER appena accetta il piano comunica alla banca di sbloccare il conto (dopo il pagamento della prima rata). Questo è un ottimo strumento per il cittadino con cartelle: conviene quasi sempre chiedere la rateazione se non può pagare subito. Si segnala però: la rateazione “standard” comporta che la prima rata e le successive vanno pagate, altrimenti decade; ma almeno sblocca subito.
- Il privato dovrebbe anche esplorare eventuali procedure di sovraindebitamento se i debiti complessivi sono ingestibili. Esempio: più pignoramenti, debiti verso vari creditori. Esiste la possibilità di presentare un Piano del consumatore, ovvero un progetto di ristrutturazione dei debiti omologato dal tribunale che può anche stralciare parte dei debiti. Durante la pendenza di questa procedura, si possono sospendere i pignoramenti in corso. Certo, questa è una strada più impegnativa e di medio termine. Ma se ad esempio un privato ha 5 finanziarie che lo perseguitano, magari due gli hanno già pignorato il conto e lo stipendio, potrebbe valutare di ricorrere all’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e cercare un piano unico, che di fatto congela i singoli procedimenti. Bisogna però soddisfare condizioni (meritevolezza, sostenibilità del piano).
- Costi e benefici delle azioni legali per il privato: se la somma pignorata è modesta (es: 1000-2000 euro di uno scoperto bollette), forse attivare un legale costerebbe tanto quanto il debito stesso. In questi casi spesso la scelta pragmatica è trovare i soldi e pagare. Se invece la posta è alta (es: pignorati 20k euro di risparmi) allora conviene combattere, almeno per salvare il salvabile. Il privato può rivolgersi a associazioni di consumatori per consigli, alcune offrono consulenze legali a costi ridotti.
Esempio concreto (caso 1 – persona fisica):
Mario Rossi, quarantenne impiegato, scopre che il suo conto corrente è pignorato per un debito di €5.000 verso una finanziaria (prestito personale non rimborsato interamente). Sul conto aveva €2.000 (il suo stipendio mensile appena accreditato). Il conto è cointestato con sua moglie (che ha lì sopra anche il suo stipendio di €1.800 appena entrato). Dunque il saldo totale era €3.800, adesso la banca ne ha bloccati €1.900 (metà) riconducendoli a Mario. Mario percepisce €2.000 netti al mese di stipendio. Cosa fa:
- Innanzitutto, analizza l’atto: vede che c’è stato precetto notificato un mese fa a un vecchio indirizzo (infatti lui ha traslocato, non l’ha mai visto). Potrebbe contestare la notifica? In questo caso, la notifica al vecchio indirizzo forse è nulla (se non c’era nessuno e non è stato consegnato). Mario incarica un avvocato che verifica e scopre che il precetto è tornato al mittente e poi la finanziaria ha comunque proceduto pignorando, notificando l’atto di pignoramento all’indirizzo corretto stavolta. Qui c’è un vizio: mancata notifica del precetto. L’avvocato propone opposizione agli atti entro 20 giorni, chiedendo annullamento del pignoramento. Il giudice dell’esecuzione, visto l’evidente vizio, dichiara nullo il pignoramento. La banca sblocca il conto. Mario temporaneamente tira fiato. Naturalmente il credito rimane dovuto: la finanziaria potrà rifare da capo precetto e pignoramento. Ma intanto Mario ha guadagnato tempo.
- Supponiamo però che Mario non avesse quell’appiglio (ad esempio il precetto era notificato correttamente). Allora Mario valuta: può chiedere ai genitori un aiuto per pagare? Decide di contattare la finanziaria tramite l’avvocato e propone: “posso pagarvi €3.500 subito per chiudere tutto”. La finanziaria, valutati i costi di proseguire, accetta. Mario ottiene il denaro dai genitori e paga. L’avvocato della finanziaria deposita rinuncia all’esecuzione al tribunale. In udienza il giudice estingue la procedura e il conto di Mario viene liberato completamente (ricordiamo che su €3.800 totali, €1.900 erano bloccati – ora sbloccati; Mario restituirà ai genitori con calma).
- In alternativa, se Mario non avesse potuto pagare nulla subito e l’opposizione non era fattibile, avrebbe dovuto subire l’assegnazione: il giudice avrebbe dato €1.900 al creditore (che restavano insufficienti, quindi magari pignoravano anche lo stipendio altrove per il resto). Mario si sarebbe trovato con il conto svuotato e il debito ancora non del tutto saldato. In prospettiva, la finanziaria poi magari avrebbe tentato pignoramento dello stipendio presso il datore di lavoro.
Questo esempio mostra l’importanza di agire: Mario che è intervenuto col legale ha potuto evitare almeno temporaneamente il prelievo. Se fosse stato un pensionato, poi, la liberazione dei minimi vitali sarebbe stata cruciale.
2. Persona fisica con Partita IVA (professionista o ditta individuale)
Profilo: Qui includiamo soggetti come liberi professionisti (avvocati, medici, consulenti, artigiani con ditta individuale, commercianti individuali) e in genere imprenditori non costituiti in società. Queste persone rispondono dei debiti con il loro patrimonio personale (non c’è distinzione). Tuttavia, hanno alcune peculiarità:
- Le entrate sul conto possono non essere stipendi fissi ma pagamenti di clienti, incassi variabili.
- Possono avere debiti fiscali e contributivi (IVA, imposte sul reddito, contributi previdenziali propri) oltre ai debiti commerciali.
- Spesso il conto corrente aziendale coincide con quello personale (specie per ditta individuale) oppure hanno un conto dedicato all’attività. Ad esempio, un elettricista individuale ha il “conto ditta XYZ di Mario Bianchi”. Giuridicamente, sempre Mario Bianchi è l’intestatario (come ditta individuale non c’è distinzione).
- La priorità di queste persone è mantenere liquidità per far funzionare l’attività: se il conto professionale è bloccato, non possono acquistare materiali, pagare fornitori, pagare eventuali dipendenti. Il pignoramento di un conto di un’impresa individuale può quindi paralizzare l’attività e far perdere clienti o occasioni (un avvocato con conto bloccato non paga la cassa forense, rischia sanzioni; un negoziante non paga il fornitore, rimane senza merce).
- Questo le spinge spesso a trovare soluzioni rapide anche a costo di sacrifici economici, pur di sbloccare l’operatività. Ad esempio, un professionista potrebbe contrarre un nuovo finanziamento (se possibile) per saldare il creditore e liberare il conto, perché l’alternativa è non poter lavorare.
Difese specifiche:
- Verifica dei limiti su stipendio/pensione: In genere, un professionista non ha stipendi sul proprio conto (a meno che abbia altre fonti, come una pensione da ex dipendente o sia anche lavoratore dipendente part-time – cosa possibile). Quindi la tutela del triplo assegno sociale potrebbe non applicarsi. Se però sul conto c’erano anche accrediti di natura pensionistica (ad es. un vecchio trattamento di fine rapporto, o assegni familiari) si può tentare di farlo valere, ma in pratica è raro. Quindi bisogna considerare che tutto il saldo potrebbe essere attaccabile se proveniente da incassi di clienti.
- Conto cointestato: in ambito business, meno frequente. Forse un professionista potrebbe avere un conto cointestato con il coniuge per l’attività se il coniuge lo aiuta (non comune). Più spesso sono conti individuali.
- Opposizione per motivi sostanziali: l’imprenditore/professionista potrebbe avere contestazioni sui crediti (es: una fattura non dovuta, merce difettosa, ecc.). Avendo più dimestichezza con affari legali, spesso se aveva dispute le ha già sollevate in sede giudiziale (es: opposizione a decreto ingiuntivo). Ma se non l’ha fatto a tempo debito, l’esecuzione arriva. In quel caso, l’opposizione all’esecuzione è fattibile solo con elementi nuovi (pagamenti fatti, prescrizione, etc).
- Debiti fiscali: qui uno scenario classico: un professionista non paga l’IVA per problemi di liquidità, accumula cartelle esattoriali. L’ADER gli pignora il conto. Come difendersi:
- Rateizzazione come per il privato, sì (anche se con P.IVA c’è un vincolo: per debiti oltre soglie, dev’essere in regola con dichiarazioni etc, ma in genere la concedono).
- Opposizione per vizi delle cartelle: se pensate che la cartella non vi fu notificata, potete fare ricorso in Commissione Tributaria o giudice competente. Però attenzione, l’opposizione agli atti esecutivi contro pignoramento fiscale va proposta entro 20gg e limitata a vizi formali dell’atto di pignoramento (per contestare il merito delle cartelle, la sede giusta è il giudice tributario e i termini lì sono di 60 gg dalla notifica della cartella). Molti professionisti colpiti da pignoramento su base di cartelle decadute (notificate 5 anni fa) vanno in Commissione Tributaria per farle annullare. In parallelo, chiedono al giudice dell’esecuzione di sospendere l’atto ex art. 615 c.p.c. perché il credito è contestato in altra sede e presumibilmente decaduto.
- Il professionista ha inoltre rapporti con eventuali ordini professionali: se il pignoramento impedisce di pagare quote obbligatorie (previdenza), deve magari informare l’ente e cercare proroghe.
- Interferenza con altri pignoramenti: se il professionista ha dipendenti, potrebbe capitare che i suoi dipendenti subiscano pignoramenti sullo stipendio e lui come datore trattiene un quinto per darlo ai creditori dei dipendenti. Questo è parallelo e non confonde col proprio pignoramento, ma se il suo conto aziendale è bloccato, come versa poi le somme pignorate dal dipendente? Dovrà segnalare al giudice quell’empasse.
- Continuità aziendale: un imprenditore individuale potrebbe considerare di aprire un nuovo conto intestato a un prestanome (ad esempio un familiare) per proseguire temporaneamente gli affari. Questo è rischioso: mescolare soldi societari su conti di terzi può creare più problemi (anche legali, come indebite distrazioni). Più corretto: aprire un nuovo conto intestato a sé (tanto come P.IVA è sempre lui) in un’altra banca. Non c’è divieto. All’inizio quel nuovo conto non è noto al creditore; potrà essere scoperto in futuro. Intanto può usarlo per incassare clienti nuovi e pagare fornitori. Ovviamente, se il creditore mette una segnalazione in Centrale Rischi o simili, le banche possono essere riluttanti a far aprire un nuovo conto.
- Procedure concorsuali minori: l’imprenditore individuale sotto certe soglie di fallibilità può accedere a procedure di sovraindebitamento come l’“accordo di ristrutturazione dei debiti” o la “liquidazione del patrimonio” presso il tribunale. Se ha molti debiti, potrà valutare di farlo, il che bloccherà i pignoramenti. Ma questa è una scelta drammatica perché spesso comporta la liquidazione di beni o comunque anni di impegno a seguire un piano.
- Assistenza legale: quasi sempre chi ha P.IVA ha già un consulente legale o commercialista di riferimento, quindi è più portato a farsi seguire. Potrebbe addirittura avere un avvocato in studio (se è grosso). Quindi la difesa è in genere più professionale. Ciò non toglie che il panico di non poter lavorare spinge talvolta a soluzioni precipitose (tipo vendere un macchinario per fare cassa e pagare subito il creditore: a volte necessario, ma conviene valutare freddamente con consulenti).
- Costi: un professionista considererà i costi legali come investimento aziendale. E può detrarre la fattura legale come spesa.
Esempio concreto (caso 2 – professionista/ditta):
Luca è un grafico freelance (P.IVA), ha un conto su cui i clienti lo pagano con bonifici. Doveva versare €8.000 di IVA, non l’ha fatto, e ha ignorato due cartelle. Ora Agenzia Entrate Riscossione gli ha pignorato il conto per €10.000 (tra imposte e aggi). Ha €6.000 sul conto in quel momento, frutto di pagamenti di vari clienti per lavori fatti, e stava per pagare l’affitto dello studio e il software di grafica annuale. Il blocco lo mette in seria difficoltà.
- Azione 1: entro pochi giorni Luca presenta istanza di rateazione delle cartelle per €10.000 totali in 72 rate (circa €140/mese). Essendo la prima volta, gliela concedono facilmente. Comunica subito la richiesta alla filiale della sua banca, allegando la ricevuta di presentazione (non tutte le banche sbloccano sulla base della richiesta, attendono l’ok). Dopo 15 giorni arriva l’accettazione dall’ADER. Luca paga la prima rata diEsempio concreto (caso 3 – società):
La Beta S.r.l., azienda manifatturiera, subisce il pignoramento del conto aziendale per un debito di €100.000 vantato da un fornitore (che ha ottenuto un decreto ingiuntivo non opposto). Sul conto c’è un saldo di €60.000 che ora risulta interamente bloccato dalla banca, impossibilitando Beta S.r.l. a pagare dipendenti e fornitori. La situazione finanziaria di Beta era già precaria, e questo pignoramento minaccia di farla fallire. Vediamo come potrebbe muoversi: - Analisi iniziale: Beta S.r.l. verifica che in effetti il debito verso il fornitore è reale. Non ci sono vizi formali evidenti (titolo valido, precetto ricevuto). Con l’avvocato, però, l’azienda individua un possibile appiglio: il foro competente per l’esecuzione. Beta ha sede a Firenze, ma il fornitore ha pignorato il conto presso una banca la cui direzione è a Milano, avviando l’esecuzione al Tribunale di Milano. La riforma recente prevede però che per i pignoramenti presso terzi di valore elevato (sopra €5.000) sia competente il tribunale del luogo di residenza/sede del debitore, qui Firenze. L’avvocato di Beta ritiene quindi che l’esecuzione a Milano sia viziata per incompetenza territoriale e propone un’opposizione agli atti ex art. 617 c.p.c. sollevando l’eccezione di incompetenza.
- Azioni legali urgenti: Viene depositato a Milano un ricorso in opposizione agli atti chiedendo la sospensione immediata del pignoramento. Il giudice di Milano convoca le parti entro 15 giorni. Nel frattempo, Beta S.r.l., su suggerimento del commercialista, valuta soluzioni più ampie: decide di presentare domanda di concordato preventivo in bianco al Tribunale di Firenze, per congelare tutte le azioni esecutive e tentare una ristrutturazione del debito complessivo (Beta infatti ha altri debiti verso banche). Appena depositata la domanda di concordato, Beta ottiene dal tribunale un provvedimento di sospensione delle azioni esecutive (misure protettive). L’avvocato di Beta notifica questo provvedimento anche al Tribunale di Milano e alla banca terza pignorata, segnalando che l’azienda è ora in procedura concorsuale.
- Udienza a Milano: All’udienza di opposizione al pignoramento a Milano, la Beta S.r.l. chiede l’annullamento del pignoramento per incompetenza e produce il decreto del Tribunale di Firenze relativo al concordato, sostenendo che comunque l’azione esecutiva deve cessare per legge (art. 168 L.F., ora CCI). Il Giudice di Milano, preso atto del concordato, sospende la procedura esecutiva in attesa di verificare l’evoluzione concorsuale. Sostanzialmente, il conto rimane bloccato per il momento, ma non verrà assegnata alcuna somma al creditore.
- Effetti pratici: Beta S.r.l. purtroppo vede il suo conto ancora inattivo; tuttavia, grazie al concordato, ottiene l’autorizzazione del Tribunale a utilizzare parzialmente i fondi per pagare i dipendenti e portare avanti l’attività sotto controllo del commissario giudiziale. Nel piano di concordato che Beta proporrà, verrà offerto al fornitore (creditore pignorante) un pagamento pari al 50% del credito, magari entro 2 anni. Il fornitore sa che se rifiuta e spinge Beta al fallimento, rischia di recuperare meno, quindi potrebbe accettare.
- Esito finale: Se Beta S.r.l. riesce a omologare il concordato, il pignoramento sarà definitivamente superato (i creditori vengono pagati secondo il piano e le esecuzioni individuali non riprendono). In caso contrario (se Beta non riesce nel concordato e viene dichiarato fallimento), il pignoramento verrà chiuso e il fornitore dovrà insinuarsi al passivo fallimentare.
Questo esempio mostra una strategia aggressiva e complessa adatta ad una società: si utilizzano le regole di competenza e le procedure concorsuali per guadagnare tempo e trattare complessivamente. Il privato cittadino o il piccolo professionista difficilmente avrebbe accesso a strumenti come il concordato, ma per una S.r.l. è una opzione reale.
Documenti, tempistiche e costi
In questa sezione riepiloghiamo, in modo più schematico, i principali documenti da predisporre, le tempistiche da rispettare e i costi da considerare quando ci si difende da un pignoramento del conto corrente. Avere un quadro chiaro di questi aspetti pratici aiuta a organizzare la propria difesa in maniera efficiente.
Documenti utili per la difesa
Per tutti i casi di debitori (privati, P.IVA, società):
- Atto di precetto (se disponibile): fondamentale per controllare notifica, data e importi.
- Atto di pignoramento presso terzi: è l’atto chiave con tutti i dati (creditore, importo, udienza, tribunale). Va portato all’avvocato.
- Estratto conto corrente al momento del pignoramento e nei mesi precedenti: serve a vedere movimenti e provenienza fondi (accrediti stipendio, ecc.).
- Documenti giustificativi delle somme sul conto: es. buste paga, cedolini pensione, fatture incassi (se professionista), per provare la natura di quelle somme (così da rivendicare eventuale impignorabilità).
- Titolo esecutivo su cui si basa il pignoramento: se è una sentenza, il numero e anno; se un decreto ingiuntivo, copia del decreto; se una cambiale, copia protesto; se cartella esattoriale, il numero della cartella ecc. Questi documenti permettono al legale di verificare se impugnare il titolo (ove ancora possibile) o se il credito è certo.
- Eventuali prove di pagamento o accordi già intercorsi: se per esempio avevate una dilazione con il creditore e lui ha agito lo stesso, portate la documentazione (email, piani firmati).
- Comunicazioni della banca: lettera di blocco del conto, dichiarazione resa ex art. 547 c.p.c. se già disponibile (talvolta la banca invia copia al cliente).
- Documenti personali del debitore: carta d’identità, codice fiscale, eventuale PEC (per notifiche telematiche). Per società: visura camerale (serve all’avvocato per verificare rappresentante legale e altri pignoramenti iscritti).
- Documenti di eventuali co-intestatari o terzi interessati: ad es., se conto cointestato, atto di matrimonio (per evidenziare coniuge), buste paga del cointestatario, etc.
Specifici per opposizione all’esecuzione (615):
- Prove a supporto dei motivi: ad esempio, ricevute di pagamento del debito, comunicazioni scritte che attestano rinuncia del creditore, errori di calcolo (estratto conto interessi), prescrizione (documenti che mostrano ultimo atto interruttivo lontano nel tempo).
- Eventuale documentazione di procedimenti paralleli: ricorsi tributari pendenti, cause civili in corso sullo stesso credito, ecc.
Specifici per opposizione agli atti (617):
- Relate di notifica: se contestate notifiche, servono le copie delle relate (l’avvocato può reperirle dall’ufficiale giudiziario se non le avete).
- Prova di conoscenza tardiva: se l’atto viziato lo avete scoperto in ritardo (es. precetto mai giunto), può essere utile dimostrare quando ne avete avuto notizia (magari con una lettera banca o estratto conto che mostra la data del blocco).
- Norme di legge: sarà cura dell’avvocato citare gli articoli pertinenti (ad es. art. 480 c.p.c. per precetto), ma voi potete sottolineare i punti mancanti (ad esempio, “non c’è scritto dove e quando comparire” se nell’atto manca l’udienza).
Specifici per conversione del pignoramento (495):
- Istanza motivata: un documento redatto (dal legale) in cui chiedete la conversione e indicate come pagherete. Allegare assegni circolari o ricevute di bonifico per la cauzione (tipicamente 1/5 del dovuto).
- Dati del conto per eventuali rate: IBAN ecc., se volete agevolare i versamenti periodici al tribunale/creditore.
- Dichiarazione di terzi (se vi aiutano a pagare): non strettamente necessaria, ma a volte il giudice chiede come reperirete le somme. Poter dire “un familiare si impegna” può rassicurare.
Specifici per negoziazione/acordo:
- Proposta scritta del creditore di accettare tot per saldo e stralcio, firmata: se c’è, conservatela.
- Quietanza di pagamento: quando pagate, fatevi rilasciare una quietanza o almeno conservate la ricevuta del bonifico con causale indicante “pagamento a saldo del debito…”.
- Atto di rinuncia all’esecuzione: preparatelo con l’avvocato, firmato dall’avvocato del creditore o dal creditore stesso, e depositatelo/annotatelo in tribunale.
Specifici per soggetti P.IVA/società:
- Situazione contabile: bilancio, prospetto incassi-pagamenti, per eventualmente dimostrare lo stato di crisi se si chiede al creditore di attendere o al giudice di valutare sospensione.
- Procura notarile (per società): l’avvocato necessita di procura firmata dal legale rappresentante. Tenere a portata visura e documento del rappresentante.
- Documenti per procedure concorsuali: se si valuta sovraindebitamento o concordato, occorrono elenchi creditori, atti societari, ecc.
Tempistiche da ricordare
- 10 giorni – Termine precetto: dopo la notifica del precetto al debitore, devono passare almeno 10 giorni prima di iniziare il pignoramento (art. 482 c.p.c.), salvo autorizzazione d’urgenza. Se il pignoramento parte prima, è irregolare.
- Entro 90 giorni – Validità precetto: il pignoramento va avviato entro 90 giorni dalla notifica del precetto, altrimenti il precetto scade (art. 481 c.p.c.). Verificate data precetto e data pignoramento; se oltre 90 gg, pignoramento nullo (va opposto ex 617).
- 20 giorni – Opposizione agli atti esecutivi: dalla notifica (o conoscenza) dell’atto viziato. Esempio: atto di pignoramento notificato il 1 maggio -> entro il 21 maggio opposizione atti.
- Nell’atto di pignoramento: Ci sarà indicata l’udienza di comparizione: tipicamente da 30 a 60 giorni dopo notifica. Tenetela ben a mente, è la data dell’udienza davanti al G.E.
- Entro l’udienza – Avviso iscrizione a ruolo: come discusso, il creditore deve notificare avviso iscrizione ruolo a debitore e terzo entro la data dell’udienza (o quella effettiva se rinviata). Se non lo fa, all’udienza il debitore può eccepirlo. Il giudice può dare un breve rinvio di pochi giorni o pronunciare l’inefficacia immediata.
- Prima dell’ordinanza di assegnazione – Istanza di conversione: va presentata entro questo momento. All’udienza di comparizione originaria o a quella successiva, ma se il giudice ha già emesso l’ordinanza di assegnazione, è troppo tardi.
- 45 giorni circa – efficacia pignoramento (attenzione: norma interpretata variamente): il creditore deve attivarsi per ottenere ordinanza entro un certo termine dalla notifica al terzo. La legge (art. 543, co. 4 come riformato dal 2021, richiamando art. 497) parla di 45 giorni dall’udienza se non si compare oppure inutili decorrenze dei termini. Diciamo che se il creditore non si presenta all’udienza e neanche chiede rinvio, il giudice può dichiarare il pignoramento estinto (www.ilcaso.it). Comunque, in prassi: se a 2-3 mesi dal pignoramento il creditore non ha fatto nulla, sollecitate l’estinzione.
- Termini opposizioni all’esecuzione: non ha un termine fisso, ma deve essere proposta prima che l’esecuzione sia terminata. Consigliato comunque entro i 20 giorni o prima dell’udienza. Se fatta dopo l’assegnazione, perde efficacia pratica.
- 60 giorni – pagamento con pignoramento Fisco: se l’ADER pignora il conto, dà 60 gg al terzo per pagare. Il debitore in quei 60 gg può pagare o rateizzare. Passati 60 gg, la banca versa (se non ci sono sospensive).
- 20 giorni – opposizione a pignoramento esattoriale (72-bis): qui c’è un dibattito, ma la Cassazione tende a ritenere 20 gg dall’atto per vizi propri, e ricorsi di merito in commissione per il resto. Siccome i 60 gg per ricorso tributario di solito sono scaduti, se rimane un vizio formale sfruttabile va fatto in 20 gg.
- Procedura esecutiva media – Durata: se tutto fila liscio, un pignoramento presso terzi può concludersi in 2-4 mesi (dalla notifica all’ordinanza di assegnazione). Con opposizioni, sospensioni, concordati, può protrarsi anche 1-2 anni o più.
- Sospensione con conversione: se il giudice ammette la conversione a rate, di solito concede fino a 36 mesi (3 anni) per completare i pagamenti. Durante questo periodo, l’esecuzione resta sospesa, finché non pagate tutto o decadete.
È importante rispettare i tempi: il mancato rispetto dei termini di impugnazione comporta decadenza e quindi perdita del diritto di far valere quel vizio. Allo stesso modo, se siete voi a dover compiere un atto (depositare la cauzione per conversione, pagare una rata di accordo, ecc.), fatelo puntualmente per non perdere i benefici.
Costi indicativi e necessità di assistenza legale
Difendersi da un pignoramento comporta alcuni costi, che è bene mettere in conto:
- Contributo unificato e marche:
- Opposizione all’esecuzione (615): esente da contributo se promossa dopo inizio esecuzione? C’è un dibattito. Secondo una circolare ministeriale 2015, nelle opposizioni in corso di esecuzione il contributo unificato non è dovuto perché l’esecuzione è già stata “pagata” dal creditore all’iscrizione a ruolo. Tuttavia, la prassi non è uniforme: alcuni tribunali chiedono comunque il CU come per cause ordinarie di valore. Diciamo che potreste dover pagare un contributo secondo il valore del debito (es: valore €50k -> CU €518 circa). L’avvocato vi chiarirà se pagarlo. Inoltre, marca da €27 per diritti forfettari se notificate atti.
- Opposizione agli atti (617): simile al 615, se in corso di esecuzione, teoricamente non soggetta a CU. Ma per prassi, alcune cancellerie chiedono €98 se valore indeterminato o il contributo in base al valore. Fatevi consigliare dal legale su come comportarsi. Pagare il contributo sbagliato può bloccare l’iter finché non integrate (o, se pagato in eccesso, pazienza).
- Opposizione di terzo (619): questa è fuori dal processo esecutivo, quindi contributo pieno per valore.
- Conversione del pignoramento (495): non c’è contributo unificato, è un’istanza interna all’esecuzione.
- Sovraindebitamento: ha costi fissi (contributo ridotto) ma vanno pagati compensi all’OCC percentuali sul debito.
- Concordato preventivo: costa parecchio (contributo unificato €1.046, e una serie di altre spese come il 4% sul passivo per fondo spese giustizia).
- Parcella dell’avvocato: varia in base alla complessità e valore. Indicativamente: per un’opposizione a un pignoramento di €10k, un onorario può stare tra €1.500 e €3.000 (oltre IVA e CPA) a seconda dello studio. Per importi maggiori, sale. Molti avvocati fanno preventivi più bassi per fasi stragiudiziali (es. trattare col creditore) e poi a parte se c’è causa. Chiedete sempre un preventivo e valutate costi/benefici. Se la somma pignorata è modesta, l’avvocato potrebbe consigliarvi di non spendere troppi soldi con lui e cercare di negoziare.
- Spese di mediazione/negoziazione: non applicabili all’esecuzione (non c’è mediazione obbligatoria in opposizioni esecutive). A volte però, se avete più cause, la mediazione può essere uno strumento (es. con banca per trovare accordi su più debiti).
- Cauzione conversione: se volete rateizzare ex art. 495, dovete avere pronti soldi liquidi almeno per quel 20% (in certe prassi ancora 1/6 ~ 16.6%) iniziale. Su €100k, parliamo di €16-20k da trovare subito. Ottenuti magari da un prestito familiare o vendendo qualcosa.
- Pagamento parziale per accordo: se negoziate col creditore, quasi sempre vorrà qualcosa subito – preparatevi a racimolare liquidità. Potreste, ad esempio, vendere un veicolo (se non già pignorato), o chiedere un piccolo finanziamento. Questo ovviamente è soggettivo.
- Eventuali consulenze tecniche: raramente necessarie in queste vicende (a meno che contestiate calcoli complessi di interessi usurari – allora serve CTU). In genere no.
- Spese di procedura: se il pignoramento va avanti, il giudice può addebitare al debitore spese come €43 (contributo unificato per esecuzione forzata) + €27 (diritti forfetizzati notifica), e compensi avvocato creditore di qualche centinaio di euro. Questi di solito sono già nel precetto, ma se non lo erano, li calcolano in sede di assegnazione.
- Costi bancari: la banca di solito addebita al cliente debitore delle commissioni per atto di pignoramento (es. €100-150 come spese amministrative). Non possono essere evitate, compariranno sull’estratto conto (se c’è capienza, altrimenti rimangono a debito).
- Penali/Interessi moratori: più si ritarda il pagamento, più maturano. Nel corso del pignoramento il creditore avrà diritto agli interessi fino all’assegnazione. Se riuscite a negoziare un saldo, provate a farvi ridurre o togliere gli interessi futuri (dipende dal potere contrattuale).
- Valutare il gratuito patrocinio: privati non abbienti (reddito sotto circa €11.700 annui, cifra soggetta ad aggiornamento) possono chiedere un avvocato pagato dallo Stato. In cause esecutive di opposizione, è in teoria possibile. Occorre fare domanda al Consiglio dell’Ordine via l’avvocato stesso. Se accolta, non pagherete la parcella (la copre lo Stato) ma comunque contributi unificati & co. a volte sì, a volte no (dipende dal regime).
- Cassa di previdenza e IVA: ricordate che le parcelle avvocato hanno +4% (CPA) e +22% (IVA) in Italia. Quindi €1.000 diventano circa €1.266.
Assistenza legale:
- Quando è obbligatorio un avvocato? Nelle procedure esecutive avanti al tribunale, il debitore deve farsi rappresentare da un avvocato (il giudice difficilmente ammette un non avvocato a fare opposizioni). In teoria, uno potrebbe presentarsi all’udienza di assegnazione e fare osservazioni, ma per atti scritti e istanze formali serve la firma di un avvocato. Quindi, a meno che sia esecuzione davanti al Giudice di Pace (non questo caso) o si tratti di valori minimi (sotto €1.100 uno potrebbe stare in giudizio da solo, ma in esecuzione dubito applichino quel limite), di fatto vi serve un legale.
- Scegliere un legale competente in esecuzioni: se potete, scegliete un avvocato specializzato in diritto civile/esecutivo. Ad esempio, un penalista puro potrebbe non avere la stessa dimestichezza con i cavilli del processo esecutivo. Dato che l’esecuzione è fatta di tecnicismi (termini, atti), serve uno che li maneggia quotidianamente.
- Coordinamento col commercialista: per P.IVA e società, è utile coinvolgere anche il commercialista, specie se si pensa a piani di rientro, impatto fiscale, ecc. Es: se chiudete un debito con stralcio del 50%, fiscalmente per un’azienda il 50% “scontato” è sopravvenienza attiva (tassabile), dettaglio da considerare.
- Se non potete permettervi l’avvocato: almeno recatevi presso uno sportello di assistenza (alcune associazioni consumatori o sindacati offrono consulenze legali di base a costi minimi). Potete provare a redigere atti da soli seguendo modelli trovati online, ma rischiate errori procedurali. Valutate se il gioco vale la candela.
- Assegnazione spese al termine: se fate opposizione e vincete, il giudice dovrebbe condannare il creditore a rimborsarvi le spese legali (cioè pagare il vostro avvocato secondo tariffa tribunale). Se ciò avviene, riottenete i soldi spesi (almeno in teoria; se il creditore è solvibile, li paga, altrimenti è una carta in più ma sempre contro un debitore avete). Se invece perdete l’opposizione, potreste essere condannati voi a pagare altre spese a favore del creditore. Quindi mettete in conto anche questo rischio economico: non fate opposizioni pretestuose giusto per ritardare, perché può costarvi ulteriormente.
Riepilogo finale
In sintesi, per difendersi efficacemente dal pignoramento di un conto corrente bisogna:
- Agire tempestivamente (entro i termini, soprattutto quel critico 20 giorni).
- Conoscere e invocare le tutele di legge (impignorabilità stipendio/pensione, limiti conto cointestato).
- Valutare con lucidità le opzioni (pagamento vs opposizione vs procedure di crisi) sulla base di costi e probabilità di successo.
- Coinvolgere professionisti qualificati (avvocati, commercialisti) quando necessario, cercando di minimizzare i costi attraverso accordi o gratuito patrocinio se idonei.
- Non scoraggiarsi: un pignoramento non è la fine, spesso è risolvibile in modo onorevole. Il sistema giuridico offre spazi di soluzione: dall’accordo transattivo, alla rateizzazione, alla pura e semplice contestazione in giudizio. L’importante è non restare passivi.
Ricordate sempre che ogni caso è unico: questa guida fornisce una panoramica completa e aggiornata ad aprile 2025 delle possibili azioni. Prima di intraprendere qualunque passo concreto, adattate i consigli alla vostra situazione specifica, magari tramite un consulto mirato con un legale.
Conclusioni
Trovarsi con il conto corrente pignorato è senza dubbio un’esperienza stressante e potenzialmente destabilizzante per la vita quotidiana di una persona o l’operatività di un’azienda. Tuttavia, come abbiamo visto in questa guida, l’ordinamento giuridico italiano predispone una serie di strumenti di difesa e garanzie per il debitore, anche in una fase che potrebbe sembrare già “segnata” come quella dell’esecuzione forzata.
I punti chiave da tenere a mente sono:
- Conoscere i propri diritti: Molti debitori subiscono passivamente per mancata conoscenza. Sapere ad esempio che una parte dello stipendio o pensione sul conto è impignorabile per legge, o che il conto cointestato non può essere intaccato oltre la quota del debitore, permette di difendersi efficacemente. Allo stesso modo, conoscere i termini e le procedure (opposizione, conversione, ecc.) dà la possibilità di reagire anziché subire.
- Agire in fretta e con strategia: Il tempo è spesso un fattore decisivo. Dal momento del pignoramento, il debitore ha finestre temporali limitate per esercitare i rimedi (in particolare l’opposizione in 20 giorni). Organizzare subito un piano d’azione – che sia il pagamento negoziato, l’opposizione legale o altre soluzioni – aumenta le chance di conservare almeno in parte le proprie risorse finanziarie. Rinviare l’azione significa permettere al processo esecutivo di completarsi e ai fondi di essere sottratti.
- Valutare la situazione in modo globale: Specialmente per i debitori con più obbligazioni, può essere controproducente tamponare caso per caso senza una visione di insieme. Ad esempio, se si hanno molti debiti, può convenire esplorare strumenti come la composizione della crisi o accordi quadro con i creditori, piuttosto che subire una sequenza di pignoramenti. Ogni categoria (consumatore, professionista, azienda) ha a disposizione soluzioni tarate: dal piano del consumatore per i privati sovraindebitati, al concordato per le imprese. Anche la semplice trattativa diretta con il creditore, benché fuori dal tecnicismo giuridico, è spesso una via efficace: molti creditori preferiscono un accordo rapido (magari rinunciando a qualcosa) invece di attendere i lunghi tempi e i rischi di un’esecuzione contestata.
- Assistenza professionale: Mentre questa guida fornisce strumenti comprensibili a tutti, la materia rimane tecnica. Avvalersi di un avvocato esperto offre un doppio vantaggio: da un lato evitare errori procedurali (ad esempio, sbagliare un deposito, far scadere un termine); dall’altro, il peso negoziale che un legale conferisce – un creditore sarà più incline a prendere sul serio un debitore rappresentato, e un giudice valuterà meglio eccezioni sollevate in forma corretta. Ovviamente i costi sono un fattore, ma come discusso esistono modalità per attenuarli o recuperarli (gratuito patrocinio, condanna delle spese al creditore).
- Realismo e prudenza: Difendersi dal pignoramento non significa automaticamente evitare di pagare i debiti. Il sistema tutela il debitore solo entro certi limiti. Se il debito è legittimo, prima o poi andrà soddisfatto, salvo situazioni di insolvenza grave gestite con procedure concorsuali. Quindi, il debitore dovrebbe usare i rimedi a sua disposizione non per negare indefinitamente le proprie obbligazioni, ma per gestirle in modo sostenibile e legale. Ad esempio, chiedere di pagare a rate (in tribunale o fuori) è un comportamento proattivo e spesso accolto meglio che tentare di far annullare tutto con motivazioni deboli. Bisogna anche fare attenzione a non compiere azioni illegali nel tentativo di sfuggire al pignoramento: spostare fondi a terzi in modo fraudolento, simulare atti, ecc., sono condotte che possono portare a responsabilità penali (ad esempio sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, art. 11 D.lgs. 74/2000, nel caso del Fisco).
- Aggiornarsi con le novità normative: Abbiamo integrato in questa guida le novità fino al 2025, ma le leggi possono ulteriormente cambiare. Ad esempio, possibili future modifiche alla soglia impignorabile, o procedure digitali più rapide nel pignoramento. È sempre buona prassi verificare se ci sono stati aggiornamenti normativi o giurisprudenziali successivi (ad esempio, nuove sentenze della Cassazione) che possano offrire opportunità ulteriori di difesa.
Al di là dell’aspetto tecnico-legale, è importante sottolineare un elemento umano: un pignoramento spesso arriva dopo un periodo di difficoltà finanziarie, che può generare ansia e senso di impotenza. Reagire attivamente – informandosi, chiedendo aiuto, partecipando alle decisioni con cognizione di causa – aiuta non solo sul piano materiale, ma anche psicologico. Sapere di avere delle opzioni riduce lo stress e permette di affrontare la questione con lucidità.
Infine, guardando oltre il caso specifico del conto corrente pignorato, questo evento può essere un segnale per riconsiderare la propria gestione finanziaria nel futuro: ad esempio, diversificare le fonti di reddito su conti differenti (soprattutto se uno è cointestato), mantenere una documentazione ordinata dei pagamenti effettuati (per poter dimostrare facilmente chi ha ragione), e possibilmente prevenire situazioni simili (ad esempio, rinegoziare i debiti prima che degenerino in esecuzioni, rivolgendosi a un consulente finanziario o un organismo di mediazione del debito).
Questa guida ha volutamente escluso le soluzioni preventive per restare focalizzata sulla fase post-pignoramento, ma il lettore ne esce certamente più consapevole di come funziona l’ingranaggio esecutivo. Tale consapevolezza potrà auspicabilmente servire anche per prevenire in futuro il ripetersi di tali circostanze.
In conclusione, difendersi dal pignoramento del conto corrente è possibile e, in molti casi, fruttuoso: che si tratti di recuperare disponibilità sulle somme vitali, di guadagnare tempo per riorganizzare le proprie finanze, o di negoziare una soluzione più equilibrata con i creditori. La chiave è muoversi con determinazione informata, utilizzando tutti gli strumenti che la legge mette a disposizione. Con un approccio proattivo, un evento inizialmente traumatico come il blocco del conto può essere gestito e superato, tornando gradualmente a una situazione di normalità finanziaria.
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In conclusione
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