Come Difendersi Da Pignoramento Presso Terzi

Vuoi sapere come difenderti da un pignoramento presso terzi?

Qui di seguito troverai la guida di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti e pignoramenti presso terzi.

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Introduzione

Il pignoramento presso terzi è una procedura esecutiva attraverso cui un creditore forza il soddisfacimento del proprio credito aggredendo beni o somme del debitore che si trovano nelle mani di un terzo (ad esempio, la banca dove il debitore ha un conto corrente, oppure il datore di lavoro che gli deve lo stipendio). In altre parole, viene creato un vincolo sulle somme dovute dal terzo al debitore, vincolo finalizzato a destinare tali somme al pagamento del credito vantato dal creditore procedente. Si tratta di una sorta di “cessione forzata del credito” del debitore a favore del creditore procedente.

Questa guida approfondita illustra come difendersi da un pignoramento presso terzi, esaminando sia gli strumenti pratici a disposizione (opposizioni, istanze, ecc.), sia gli aspetti giuridici tecnici rilevanti per i professionisti del settore. Verranno analizzati i ruoli dei soggetti coinvolti (debitore, terzo pignorato e creditore), le strategie difensive, i riferimenti normativi aggiornati ad aprile 2025 (incluse le recenti riforme del Codice di Procedura Civile e le ultime sentenze significative), oltre a fornire modelli di atti (fac-simili) e casi pratici esemplificativi.

Lo scopo è fornire un quadro chiaro e dettagliato della disciplina, con uno stile accessibile ma preciso. Troverete sezioni passo-passo e tabelle riassuntive dove utile, in modo da rendere la guida fruibile tanto dal cittadino interessato a capire i propri diritti, quanto dal professionista legale in cerca di riferimenti normativi e giurisprudenziali aggiornati.

Nozioni generali sul pignoramento presso terzi

Il pignoramento presso terzi è una delle forme di espropriazione forzata disciplinate dal codice di procedura civile italiano (Libro III, Titolo II c.p.c.). Diversamente dal pignoramento mobiliare (su beni mobili del debitore) o immobiliare (su beni immobili), in questo caso il creditore agisce su crediti che il debitore vanta verso un soggetto terzo oppure su beni del debitore in possesso di terzi. Tipici esempi sono: somme depositate su un conto corrente bancario intestato al debitore, stipendi o pensioni dovuti da un datore di lavoro o ente previdenziale, canoni di locazione dovuti da un inquilino al debitore proprietario, ecc.

Presupposti: Per avviare il pignoramento presso terzi il creditore deve essere munito di un titolo esecutivo (es. sentenza, decreto ingiuntivo definitivo, cambiale, ecc.) e deve aver notificato un atto di precetto al debitore, intimandogli il pagamento entro un termine (di regola 10 giorni) ai sensi dell’art. 480 c.p.c. Trascorso inutilmente tale termine, il creditore può procedere all’esecuzione forzata.

Norme di riferimento: La disciplina è contenuta principalmente negli artt. 543–554 c.p.c. e nelle relative disposizioni di attuazione. In particolare: l’art. 543 c.p.c. regola la forma del pignoramento presso terzi (contenuto dell’atto e adempimenti iniziali); l’art. 545 c.p.c. indica i limiti di pignorabilità di stipendi, pensioni e altri crediti (somme impignorabili o impignorabili solo parzialmente); l’art. 546 c.p.c. fissa gli obblighi del terzo pignorato (divieto di disposizioni e obbligo di custodia delle somme); gli artt. 547–548 c.p.c. disciplinano la dichiarazione del terzo e le conseguenze in caso di mancata dichiarazione; l’art. 549 c.p.c. disciplina le contestazioni sul credito pignorato e l’eventuale accertamento dell’obbligo del terzo; l’art. 550 c.p.c. riguarda l’ordinanza di assegnazione delle somme pignorate al creditore; infine, il nuovo art. 551-bis c.p.c. (introdotto nel 2024) prevede l’estinzione del pignoramento per decorso del tempo (10 anni) e le modalità per conservarne l’efficacia.

Evoluzione normativa recente: È importante sottolineare che negli ultimi anni la disciplina del pignoramento presso terzi è stata oggetto di riforme significative. La Legge 26 novembre 2021, n. 206 (cd. Riforma Cartabia) e i successivi decreti legislativi attuativi (D.lgs. 149/2022, integrato dal D.lgs. 162/2022 e dal più recente D.lgs. 164/2024) hanno introdotto modifiche procedurali volte a rendere l’esecuzione forzata più efficiente e a tutelare maggiormente sia il debitore esecutato sia il terzo pignorato. Ad esempio, dal giugno 2022 il creditore procedente ha l’onere aggiuntivo di notificare al debitore e al terzo un avviso di avvenuta iscrizione a ruolo con il numero di procedimento esecutivo, e di depositare tale avviso nel fascicolo dell’esecuzione, pena l’inefficacia del pignoramento. In altre parole, se il creditore non iscrive a ruolo la procedura esecutiva e non comunica tempestivamente a debitore e terzo l’avvenuta iscrizione (indicando il numero di ruolo), il pignoramento perde efficacia alla data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento e cessano gli obblighi del terzo di vincolare le somme. Questa novità (originariamente introdotta come commi 5 e 6 dell’art. 543 c.p.c. dalla L. 206/2021) è stata poi corretta e integrata nel 2024: attualmente, a seguito del D.lgs. 31 ottobre 2024 n. 164, l’obbligo di notificare l’avviso di iscrizione a ruolo permane solo verso il terzo pignorato (non più anche verso il debitore), ed è stato chiarito in un unico comma che in mancanza di tale avviso al terzo il pignoramento diviene inefficace decorso il termine e cessano gli obblighi di custodia, a prescindere che vi sia uno o più terzi coinvolti. Inoltre, sempre nel 2024, è stato introdotto il già menzionato art. 551-bis c.p.c. tramite D.L. 19/2024 (convertito con modificazioni dalla L. 41/2024) che stabilisce la durata massima decennale dell’efficacia di un pignoramento presso terzi: trascorsi 10 anni senza che la procedura si sia conclusa, il vincolo si estingue, salvo che il creditore notifichi prima della scadenza una dichiarazione di interesse alla prosecuzione (da notificare a tutte le parti e al terzo entro gli ultimi 2 anni del decennio) e la depositi in cancelleria. In mancanza di tale dichiarazione di rinnovo, il pignoramento decade decorsi dieci anni e sei mesi dalla notifica iniziale (i sei mesi aggiuntivi servono a liberare il terzo dagli obblighi di custodia).

Finalità pratiche: Conoscere queste regole è fondamentale per difendersi in modo efficace. Un debitore informato può individuare vizi della procedura (es. omissioni del creditore) che rendono il pignoramento inefficace o impugnabile; può far valere limiti di pignorabilità per tutelare le somme necessarie al proprio sostentamento; oppure può attivare gli strumenti di opposizione per far valere in sede giudiziale le proprie ragioni (ad esempio contestando il diritto del creditore di procedere, se il debito è inesistente o già pagato). D’altro canto, anche il terzo pignorato deve conoscere i propri obblighi e diritti, poiché un comportamento corretto lo mette al riparo da responsabilità e sanzioni: ad esempio, il terzo deve sapere che può (ma non è obbligato a) rendere una dichiarazione stragiudiziale al creditore circa il credito pignorato entro 10 giorni, e che in caso di mancata dichiarazione sarà tenuto a comparire all’udienza fissata dal giudice . Infine, il creditore procedente stesso – per “difendersi” dalle possibili contestazioni del debitore e del terzo – dovrà rispettare scrupolosamente tutte le formalità previste e conoscere le strategie per superare eventuali opposizioni.

Nei paragrafi che seguono esamineremo dettagliatamente i ruoli dei soggetti coinvolti e l’iter del pignoramento presso terzi, per poi concentrarci sugli strumenti di difesa a disposizione di ciascuno (con particolare attenzione al debitore, che è il soggetto che più tipicamente cerca tutela dalla procedura).

Soggetti coinvolti e ruoli nel pignoramento presso terzi

Nel pignoramento presso terzi intervengono principalmente tre soggetti:

  • Il creditore procedente – colui che promuove l’esecuzione forzata, avendo un credito da recuperare;
  • Il debitore esecutato – il soggetto contro cui si procede, titolare del bene o credito pignorato (è il debitore dell’obbligazione non adempiuta);
  • Il terzo pignorato – il soggetto terzo (diverso dal debitore e dal creditore) che è debitore a sua volta del debitore esecutato o comunque possiede beni del debitore. È chiamato “terzo” perché estraneo al rapporto diretto tra creditore e debitore, ma coinvolto poiché trattiene beni destinati a soddisfare il credito.

Vi sono inoltre figure “ausiliarie” e istituzionali: l’Ufficiale Giudiziario, che materialmente notifica l’atto di pignoramento su istanza del creditore e compie gli atti esecutivi (es. intimazione al terzo di non disporre delle somme); e il Giudice dell’Esecuzione (G.E.), ovvero il magistrato del tribunale competente che dirige la procedura esecutiva, emana i provvedimenti necessari (ordinanze, decreti) e decide sulle eventuali opposizioni o contestazioni che sorgono durante l’esecuzione.

Di seguito esaminiamo sinteticamente il ruolo e gli obblighi di ciascun soggetto, per poi vedere nel dettaglio come ognuno può attivarsi per tutelare i propri interessi nel corso della procedura.

Il creditore procedente

Il creditore è colui che attiva il pignoramento perché vanta un credito insoddisfatto verso il debitore. I suoi compiti principali sono:

  • Promuovere l’esecuzione nei termini di legge: munirsi di titolo esecutivo, notificare il precetto e, in caso di mancato pagamento, fare richiesta all’ufficiale giudiziario di notificare l’atto di pignoramento presso terzi.
  • Redigere l’atto di pignoramento in forma corretta: l’atto deve contenere a pena di nullità una serie di indicazioni essenziali (dati delle parti, del titolo esecutivo e del precetto, indicazione – almeno generica – delle somme o cose da pignorare, generalità del terzo, ingiunzione al debitore ex art. 492 c.p.c., citazione del debitore a comparire davanti al G.E., invito al terzo a rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c., avvertimenti al debitore sulla nomina di domicilio, conversione ex art. 492 co.3 e limiti alle opposizioni ex art. 615 co.2 c.p.c., ecc.). Un atto incompleto o irregolare può essere oggetto di opposizione agli atti da parte del debitore (come vedremo) o comportare l’inefficacia del pignoramento.
  • Notificare l’atto al terzo e al debitore: il creditore deve far notificare l’atto di pignoramento sia al terzo pignorato sia al debitore. La notificazione al terzo fa sorgere il vincolo di pignoramento sulle somme dovute (il terzo diventa custode di quelle somme e non può più pagarle al debitore). La notificazione al debitore serve a informarlo dell’esecuzione in corso e a permettergli di intervenire eventualmente all’udienza per tutelare i propri interessi.
  • Iscrivere a ruolo la procedura e comunicare l’avviso di iscrizione a ruolo: come già anticipato, attualmente la legge impone al creditore di depositare tempestivamente la nota di iscrizione a ruolo (cioè di aprire il fascicolo dell’esecuzione presso il tribunale competente) e di notificare al terzo (oggi non più al debitore, dopo le modifiche del 2024) un avviso con il numero di ruolo della procedura. Questo va fatto entro la data fissata per l’udienza di comparizione indicata nell’atto di pignoramento; in mancanza, il pignoramento perde efficacia. Nota: fino al 2024 l’avviso doveva essere notificato anche al debitore; ora è sufficiente notificarlo al terzo, fermo restando che il debitore essendo a conoscenza dell’udienza può verificare lo stato della procedura in tribunale.
  • Partecipare all’udienza davanti al G.E.: all’udienza fissata nell’atto di pignoramento il creditore (o il suo avvocato) deve comparire. In tale sede si verifica se il terzo ha reso la dichiarazione circa il credito pignorato. Se il terzo non l’ha resa prima per iscritto, potrà renderla oralmente in udienza. Se il terzo non compare né ha inviato alcuna dichiarazione, il creditore può chiedere al giudice i provvedimenti di cui all’art. 548 c.p.c. (che vedremo dettagliatamente).
  • Chiedere l’assegnazione delle somme o l’accertamento del credito: a seconda dei casi, il creditore potrà richiedere al giudice dell’esecuzione un’ordinanza di assegnazione delle somme pignorate (se il terzo riconosce il debito verso il debitore, o comunque se non vi sono contestazioni) oppure l’instaurazione di un sub-procedimento di accertamento dell’obbligo del terzo (se vi sono contestazioni sulla sussistenza o entità del credito pignorato). L’obiettivo finale del creditore è ottenere dal giudice un provvedimento che gli trasferisca le somme dovute dal terzo, in modo da poterle riscuotere.
  • Notificare l’ordinanza di assegnazione al terzo e al debitore: una volta ottenuta, l’ordinanza va notificata al terzo pignorato, perché da quel momento scatta in capo al terzo l’obbligo di pagamento diretto al creditore delle somme assegnate. Con le modifiche del 2024, la notifica dell’ordinanza di assegnazione deve essere accompagnata da una dichiarazione del creditore contenente tutti i dati per agevolare il pagamento (numero di ruolo della procedura, estremi del titolo esecutivo, importo dovuto con dettaglio di interessi e spese, e le coordinate per eseguire il pagamento). Inoltre, sempre per legge nuova, se il creditore tarda a notificare l’ordinanza di assegnazione oltre 90 giorni dalla sua emissione, le somme cessano di produrre interessi fino alla notifica; e l’ordinanza stessa diviene del tutto inefficace se non viene notificata al terzo entro i 6 mesi successivi al termine decennale di efficacia del pignoramento (in pratica, l’assegnazione non può più essere eseguita se il pignoramento è decaduto per decorso del tempo).
  • Incassare le somme assegnate: ottenuta l’assegnazione e notificatala, il creditore dovrà incassare quanto dovuto dal terzo (spesso ciò avviene tramite bonifico sul conto indicato nella dichiarazione informativa di cui sopra). Se il terzo non adempie spontaneamente, l’ordinanza di assegnazione costituisce titolo esecutivo contro il terzo stesso, per cui il creditore potrà eventualmente promuovere esecuzione forzata (p.es. un pignoramento nei confronti del terzo inadempiente) per ottenere il pagamento.

Il creditore, in sostanza, deve orchestrare il procedimento e vigilare sul rispetto dei termini e degli oneri posti a suo carico dalla legge. Un errore procedurale (come dimenticare di notificare l’avviso di iscrizione a ruolo al terzo, o notificare l’assegnazione troppo tardi) può “vanificare” il pignoramento. Allo stesso tempo, però, ha facoltà di far valere i diritti in sede di esecuzione, ad esempio insistendo per ottenere dal giudice i provvedimenti opportuni se il terzo non collabora, o resistendo alle eventuali opposizioni del debitore.

Il debitore esecutato

Il debitore è il soggetto contro cui si rivolge l’esecuzione e che subisce gli effetti del pignoramento. Dal momento della notifica dell’atto di pignoramento presso terzi, egli vede “congelate” presso il terzo le proprie risorse (somme o beni) nei limiti del pignoramento effettuato, e non può più disporne liberamente. Ad esempio, se viene pignorato il suo conto corrente, la banca bloccherà l’importo indicato nell’atto (nei limiti del saldo disponibile); se viene pignorato il suo stipendio, il datore di lavoro tratterrà una quota delle future retribuzioni in attesa di istruzioni del giudice.

Gli obblighi del debitore durante tale procedura includono:

  • Astenersi da atti dispositivi sui crediti pignorati: dalla notifica del pignoramento, il debitore non può riscuotere egli stesso dal terzo quelle somme, né disporne in altro modo (pena possibili sanzioni anche penali, come la configurabilità di un reato di sottrazione di beni pignorati, art. 388 c.p.). Ad esempio, non può accordarsi col terzo per farsi pagare “di nascosto” dopo il pignoramento; se lo facesse, il pagamento sarebbe inefficace verso il creditore e il terzo potrebbe dover pagare due volte.
  • Indicare un domicilio (se diverso dalla residenza) per gli atti esecutivi: nell’atto di pignoramento al debitore viene rivolto l’invito ad effettuare una dichiarazione di residenza o eleggere domicilio nel comune del tribunale competente, ai sensi dell’art. 492 c.p.c.. Questo per facilitare le successive notifiche nel corso dell’esecuzione. In mancanza, le notifiche potranno essergli fatte presso la cancelleria del giudice.
  • Partecipare all’udienza di comparizione (facoltativo): il debitore ha la facoltà di presentarsi all’udienza indicata nell’atto di pignoramento (personalmente o tramite avvocato). Pur non essendo obbligato a comparire, è spesso opportuno farlo per seguire l’andamento della procedura. In udienza il debitore può prendere atto della dichiarazione del terzo e, se opportuno, contestarla (ad es. se il terzo dichiara di dovergli somme maggiori di quelle pignorate, potrebbe chiedere di limitare il pignoramento al necessario). Il debitore non rende dichiarazioni formali (poiché la dichiarazione sul debito da rendere è quella del terzo, non del debitore), ma la sua presenza è utile per avanzare eventuali istanze o accordi.
  • Sfruttare gli strumenti di difesa legali: il debitore può reagire al pignoramento attivando vari strumenti che dettagliatamente vedremo: opposizione all’esecuzione (per contestare il diritto del creditore a procedere, art. 615 c.p.c.), opposizione agli atti esecutivi (per contestare vizi formali dell’atto di pignoramento o di altri atti, art. 617 c.p.c.), richiesta di conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c., ovvero sostituire il bene pignorato con una somma di denaro depositata), istanza di riduzione del pignoramento (art. 496 c.p.c., se il pignoramento eccede quanto ragionevolmente necessario a soddisfare il credito), oppure accordarsi con il creditore per una soluzione transattiva e richiedere la rinuncia o la sospensione della procedura.

Dal punto di vista emotivo e patrimoniale, il debitore è ovviamente la parte più vulnerabile. Tuttavia, la legge gli offre tutele significative: ad esempio, certi beni o crediti sono totalmente o parzialmente impignorabili (vedremo il dettaglio per stipendi, pensioni, etc.), e il giudice deve vigilare d’ufficio sul rispetto di tali limiti. Inoltre, in caso di abuso del mezzo esecutivo da parte del creditore (pignoramenti sproporzionati o irregolari), il debitore può chiedere la cancellazione parziale del pignoramento o addirittura farlo dichiarare inefficace. Le sezioni successive saranno ampiamente dedicate alle strategie difensive del debitore.

Il terzo pignorato

Il terzo pignorato è una figura chiave e peculiare di questa procedura: pur non essendo parte originaria del rapporto creditore-debitore, viene coinvolto perché detiene somme o beni destinati all’esecuzione. Classici terzi pignorati sono: banche, Poste Italiane o altri intermediari finanziari (per conti correnti, depositi, titoli), datori di lavoro (per stipendi), enti pensionistici come INPS (per pensioni), clienti o debitori vari del debitore (per crediti commerciali), ecc.

Gli obblighi del terzo pignorato sono delineati dall’art. 546 c.p.c.: dal giorno in cui gli viene notificato l’atto di pignoramento, il terzo assume gli obblighi del custode relativamente alle cose o somme pignorate e non può disporne senza ordine del giudice. Ciò significa, in pratica, che il terzo non deve consegnare né pagare al debitore (né a soggetti diversi dal creditore procedente) le somme oggetto di pignoramento, e deve “congelarle” in attesa delle decisioni del giudice. Ad esempio, la banca deve bloccare il conto fino all’importo pignorato; il datore di lavoro deve accantonare la quota pignorata di stipendio invece di corrisponderla al dipendente.

Oltre a questo generale obbligo di custodia e blocco, il terzo ha la facoltà/onere di rendere una dichiarazione sul credito pignorato, ai sensi dell’art. 547 c.p.c. Tale dichiarazione serve a chiarire l’ammontare e la natura di quanto il terzo deve (o non deve) al debitore. Le regole attuali prevedono che il terzo non debba più presentarsi personalmente in tribunale per rendere la dichiarazione, come avveniva in passato, ma possa (facoltativamente) comunicarla per iscritto al creditore procedente entro 10 giorni dalla notifica del pignoramento. Questa comunicazione – da effettuarsi con lettera raccomandata o PEC – dovrà specificare:

  • L’entità del debito verso il debitore e la sua eventuale scadenza o periodicità (es: “devo al debitore uno stipendio mensile di € X, corrisposto il giorno 27 di ogni mese” oppure “detengo sul conto corrente Y intestato al debitore un saldo di € Z”);
  • Eventuali sequestri già notificati prima del pignoramento (es: se quelle somme erano state già sequestrate o pignorate in un’altra procedura in precedenza);
  • Eventuali cessioni del credito notificate prima del pignoramento (es: se il debitore aveva ceduto a terzi il suo credito verso il terzo pignorato, prima che arrivasse il pignoramento);
  • Eventuali altri pignoramenti sul medesimo credito effettuati sia prima sia dopo quello in questione (ad esempio, se altri creditori hanno pignorato lo stesso stipendio o conto corrente).

Esempio: se Tizio (debitore) ha uno stipendio presso la società Alpha S.p.A. e Caio (creditore) pignora lo stipendio di Tizio, la società Alpha come terzo dovrebbe dichiarare: “Il rapporto di lavoro intercorre dal…; la retribuzione netta mensile dovuta a Tizio è di € 1.500; sul medesimo stipendio risulta già in corso un altro pignoramento per alimenti notificato in data… pari a 1/5; non vi sono cessioni del quinto né sequestri precedenti; pertanto la quota pignorabile residua è di € 300 mensili (1/5 dello stipendio al netto dell’altro pignoramento) che verranno accantonati a decorrere dalla mensilità di…”. Questa dichiarazione fornisce al giudice tutte le informazioni per emanare un’ordinanza di assegnazione corretta.

È importante evidenziare che la legge qualifica la comunicazione ex art. 547 c.p.c. come una facoltà per il terzo, e non un obbligo sanzionato direttamente. Infatti, l’omissione della dichiarazione stragiudiziale non comporta di per sé una sanzione diretta o un obbligo risarcitorio a carico del terzo. Se il terzo non invia alcuna dichiarazione nei 10 giorni, l’unica conseguenza è che il giudice dovrà fissare un’apposita udienza (ex art. 548 c.p.c.) per sentirlo di persona. In pratica, la mancata comunicazione fa scattare un onere per il terzo: quello di comparire all’udienza fissata dal G.E. per rendere la dichiarazione oralmente. Se il terzo, dopo non aver inviato la risposta scritta, omette anche di comparire a tale udienza, allora la legge prevede che il giudice possa considerare non contestato il credito pignorato (la cosiddetta ficta confessio), a condizione che il creditore dichiari di non aver ricevuto alcuna dichiarazione dal terzo. In altre parole, l’assenza ingiustificata del terzo equivale a un’ammissione dell’esistenza del debito verso il debitore, e il giudice potrà procedere come se il terzo avesse riconosciuto il debito.

Tuttavia, attenzione: la Cassazione ha chiarito che questa ficta confessio opera solo se il terzo non ha effettivamente inviato la dichiarazione, oppure l’ha inviata ma il creditore in buona fede non l’ha ricevuta. Se invece il terzo aveva inviato la dichiarazione e il creditore, pur avendola ricevuta, dichiara il falso negandolo, allora l’assenza del terzo non può essere considerata ammissione. In tal caso il provvedimento di assegnazione sarebbe viziato e il terzo potrebbe opporlo. La Suprema Corte, infatti, non tutela il comportamento scorretto del creditore: se questi con colpa o dolo afferma di non aver ricevuto la dichiarazione mentre in realtà c’era, la ficta confessio non scatta e il credito pignorato non può considerarsi non contestato. In sintesi, il terzo farebbe bene a inviare sempre la dichiarazione per iscritto con mezzi tracciabili (PEC, raccomandata A/R) e, nel dubbio che il creditore possa non averla avuta, presentarsi comunque in udienza oppure verificare con la cancelleria. Più avanti, nella parte sulle difese del terzo, torneremo su questo aspetto e sulle tutele di cui gode il terzo in caso di assegnazioni ottenute dal creditore in modo scorretto.

Riassumendo, il terzo pignorato deve: custodire le somme senza disporne; collaborare con la giustizia rendendo una dichiarazione veritiera (facendo emergere eventuali circostanze come altri pignoramenti o mancanza del credito); obbedire alle disposizioni del giudice (ad es., se viene emanata un’ordinanza di assegnazione, dovrà pagare al creditore le somme ordinate, nei limiti e tempi indicati).

Il terzo non subisce direttamente l’espropriazione di un proprio bene, ma è coinvolto perché debitore del debitore. Egli potrebbe trovarsi in posizione scomoda, stretto tra l’obbligo verso il debitore (contrattuale o di legge, come pagargli lo stipendio) e l’obbligo verso il creditore procedente (derivante dal pignoramento). Proprio per questo la legge tende a non punirlo se mantiene una condotta neutrale e trasparente. Un terzo che dichiarasse il falso o celasse informazioni rischierebbe invece conseguenze: ad esempio potrebbe essere condannato a rifondere le spese se dalla successiva istruttoria emergesse che il credito esisteva (mancata collaborazione), oppure, in caso di dichiarazione infedele, potrebbe incorrere in una responsabilità risarcitoria verso il creditore ex art. 2043 c.c. (fatto illecito) per aver cagionato danno con la sua reticenza. Già da ora possiamo citare che le Sezioni Unite della Cassazione affermarono fin dal 1987 che il terzo che non renda una dichiarazione “imparziale, veritiera ed esatta” si espone a responsabilità civile verso il creditore procedente.

Il Giudice dell’Esecuzione (G.E.)

Pur non essendo un “soggetto” in senso paritario alle parti, il ruolo del Giudice dell’Esecuzione merita un breve cenno. Il G.E. (di regola un giudice del tribunale del luogo competente per l’esecuzione, generalmente il tribunale del luogo di residenza del terzo per il pignoramento presso terzi) è il regista imparziale della procedura. Egli:

  • Riceve il fascicolo dell’esecuzione una volta che il creditore iscrive a ruolo la procedura.
  • Fissa e tiene l’udienza di comparizione indicata nell’atto di pignoramento. In alcuni tribunali, se il terzo ha già reso dichiarazione scritta e non vi sono contestazioni, l’udienza può essere cancellata o trasformarsi in mera formalità. Se invece il terzo non ha reso dichiarazione, il G.E. lo interpella in udienza.
  • In base all’esito, adotta i provvedimenti opportuni: può emettere immediatamente l’ordinanza di assegnazione delle somme pignorate al creditore (se tutto è chiaro e non contestato), oppure, se il terzo nega il debito o sorgono contestazioni, può disporre un ulteriore accertamento istruttorio ex art. 549 c.p.c. (ordinanza di trattazione della contestazione).
  • Se il terzo non compare e il creditore dichiara di non aver ricevuto risposta, il G.E. applica l’art. 548 c.p.c.: oggi la norma prevede che, verificata la regolarità della notifica dell’atto al terzo, “il credito pignorato si considera non contestato”. In tal caso di solito il G.E. emette un’ordinanza di assegnazione delle somme entro il limite del credito azionato dal procedente.
  • Il G.E. inoltre decide sulle eventuali opposizioni proposte dalle parti durante la procedura: ad esempio, un’opposizione agli atti ex art. 617 c.p.c. contro l’ordinanza di assegnazione verrà trattata (in prima istanza) dallo stesso giudice dell’esecuzione che l’ha emessa; un’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. proposta a pignoramento iniziato comporta la rimessione in decisione al G.E. previa eventuale sospensione della procedura.
  • Infine, il G.E. dichiara l’estinzione della procedura quando sopravviene una causa di chiusura anticipata: ad es. se il creditore rinuncia, o se il pignoramento diventa inefficace (per mancato avviso iscrizione a ruolo, per decorso 10 anni senza rinnovo, ecc.), o se il debitore deposita istanza di conversione accettata e paga quanto dovuto.

Il giudice è dunque la figura garante della legalità della procedura: controlla d’ufficio il rispetto dei limiti di pignorabilità (annullando l’atto nella parte eccedente eventuali soglie non pignorabili, dichiara l’inefficacia del pignoramento quando ricorrono le condizioni di legge, e in generale modera il conflitto di interessi tra creditore e debitore applicando le norme. Dal punto di vista di chi si deve difendere da un pignoramento (debitore o terzo), il giudice rappresenta l’autorità cui rivolgere le proprie istanze: ad esso andranno indirizzate le opposizioni, le richieste di sospensione, di conversione, ecc., affinché adotti i provvedimenti di tutela.

Dopo questa panoramica sui protagonisti della vicenda esecutiva, possiamo addentrarci nella procedura del pignoramento presso terzi, descrivendone lo svolgimento passo per passo e mettendo in luce in quali momenti e con quali strumenti il debitore e il terzo possono agire per difendere i propri diritti.

Procedura del pignoramento presso terzi: fasi e adempimenti

Vediamo ora in dettaglio le varie fasi del pignoramento presso terzi, dal momento in cui il creditore decide di attivarlo fino alla conclusione, evidenziando per ciascuna fase cosa avviene e quali sono le possibili criticità.

1. Notifica del precetto e termine di pagamento

Ogni esecuzione forzata civile inizia (salvo casi speciali) con la notifica del precetto al debitore, ai sensi dell’art. 480 c.p.c. Il precetto è un atto formale con il quale il creditore, tramite il suo avvocato, intima al debitore di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un certo termine (non inferiore a 10 giorni). Nel precetto devono essere indicati il titolo esecutivo su cui si fonda (ad es. “Sentenza del Tribunale di… n. …/2020 passata in giudicato”), le generalità delle parti, la somma dovuta (capitale, interessi, spese) e l’avvertimento che, in mancanza di pagamento, si procederà ad esecuzione forzata.

Dal punto di vista del debitore, questo è un primo momento cruciale per evitare l’esecuzione: pagando entro i giorni indicati, il debitore può scongiurare il pignoramento. Se non può pagare interamente, potrebbe contattare il creditore per trattare un pagamento rateale o un accordo, ma è bene fare attenzione: la trattativa non sospende i termini, a meno che il creditore non conceda formalmente una proroga.

Trascorso il termine indicato nel precetto senza pagamento, il precetto rimane valido per 90 giorni (art. 481 c.p.c.): entro tale termine il creditore può iniziare l’esecuzione. Se il creditore lascia passare i 90 giorni, dovrà notificare un nuovo precetto.

2. Avvio del pignoramento: richiesta all’Ufficiale Giudiziario e notifica dell’atto di pignoramento

Decorsi i giorni del precetto, il creditore (tramite avvocato e previa eventuale autorizzazione del presidente del tribunale se serve conoscere i conti correnti – vedi box “Ricerca dei beni da pignorare”) prepara l’atto di pignoramento presso terzi e lo consegna all’Ufficiale Giudiziario per la notifica. L’atto di pignoramento presso terzi è in parte redatto dal creditore e in parte compilato dall’Ufficiale Giudiziario:

  • Parte redatta dal creditore: contiene la citazione del debitore a comparire davanti al giudice, con indicazione di luogo, data e ora dell’udienza; l’invito rivolto al terzo a comunicare la dichiarazione ex art. 547 c.p.c. entro 10 giorni (come previsto dalla riforma del 2014), con gli avvertimenti sulle conseguenze in caso di mancata comunicazione; tutte le menzioni di legge (dati delle parti, titolo, precetto, generalità del terzo, indicazione delle somme pignorate, dichiarazione di domicilio, avvertimento ex art. 492 comma 3 – diritto alla conversione, avvertimento ex art. 615 comma 2 – decadenza dalle opposizioni tardive).
  • Parte compilata dall’Ufficiale Giudiziario: consiste nell’intimazione e nella descrizione del pignoramento vero e proprio. L’U.G. nell’atto intima al terzo di non disporre delle somme (o beni) pignorati senza ordine del giudice (questo è l’atto di pignoramento in senso stretto, che vincola il terzo), e intima al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni pignorati (ingiunzione ex art. 492 c.p.c.).

Ricerca dei beni da pignorare: Prima di notificare il pignoramento, il creditore deve scegliere quale credito/patrimonio del debitore colpire e individuare il terzo giusto. La legge (art. 492-bis c.p.c.) consente al creditore, su autorizzazione del Presidente del Tribunale, di accedere a banche dati pubbliche (Anagrafe dei conti bancari, dati di INPS, PRA, ecc.) per scoprire l’esistenza di rapporti finanziari, stipendi, immobili intestati al debitore. Questa ricerca telematica può aiutare a individuare il terzo: ad esempio, scoprire presso quale banca il debitore ha conto, o se percepisce una pensione e da quale ente, ecc. In mancanza di tali informazioni, il creditore può comunque tentare un pignoramento “esplorativo” presso un terzo presumendo l’esistenza di un rapporto (es: pignorare conto in una banca dove il debitore forse ha depositi). Tuttavia, come vedremo, un pignoramento completamente generico ed esplorativo rischia di fallire se il terzo non collabora. È quindi interesse del creditore selezionare con cura il bersaglio.

Notifica dell’atto al terzo e al debitore: L’ufficiale giudiziario notificherà l’atto di pignoramento almeno in due copie: una al terzo pignorato (ad es. alla sede legale della banca o dell’azienda datrice di lavoro) e una al debitore. La notificazione al terzo è essenziale perché perfeziona il vincolo pignoratizio: da quel momento, come già spiegato, il terzo è obbligato a congelare le somme fino a concorrenza dell’importo indicato. La notificazione al debitore è richiesta per garantire il contraddittorio (il debitore deve sapere che una sua disponibilità è stata pignorata) e perché l’art. 543 c.p.c. così dispone espressamente.

La notifica può avvenire con le forme ordinarie (a mezzo UNEP) oppure tramite PEC (posta elettronica certificata) se il destinatario è un soggetto abilitato alla ricezione telematica (come imprese, banche, professionisti). Spesso, per rapidità, il creditore notifica al terzo a mezzo PEC l’atto di pignoramento (ad esempio alle PEC risultanti dal registro imprese per società). Una volta effettuate le notifiche, l’ufficiale giudiziario restituisce l’atto notificato al creditore procedente.

Contenuto delle somme pignorate: Nel pignoramento presso terzi di crediti, l’atto può indicare una somma “fino a concorrenza di X euro oltre interessi e spese” da vincolare. In pratica, se il debitore deve €10.000, il creditore può pignorare presso il terzo tutte le somme dovute al debitore fino a quel limite. Se il terzo deve al debitore più di quella cifra, il pignoramento si limiterà a €10.000 e lascerà il resto libero. Se il terzo deve meno, verrà pignorato quanto c’è (ad es. se sul conto ci sono €5.000, quello è il massimo che si potrà assegnare, il resto del credito del creditore resterà insoddisfatto a meno di altre azioni). Nel caso di pignoramento di stipendio, trattandosi di crediti periodici, l’atto vincola in genere una quota di ciascuna mensilità (tipicamente il 20% dello stipendio netto, cioè un quinto) in base ai limiti di legge, ma l’importo esatto e la durata dipenderanno da quanti stipendi serviranno a coprire il credito. Se il debito è modesto, il pignoramento potrà cessare prima; se elevato, la trattenuta proseguirà per molti mesi.

Difese in questa fase: Quando il debitore riceve l’atto di pignoramento, può già rilevare eventuali vizi formali: ad esempio, se l’atto manca di qualche indicazione obbligatoria, se non gli è stata notificata copia della nota di iscrizione a ruolo (in caso di tempi stretti prima dell’udienza), ecc. Può anche succedere che il debitore non riceva affatto la notifica (specie se, per errore, viene notificato solo al terzo e non a lui): in tal caso, l’assenza di notifica al debitore non invalida di per sé il pignoramento, ma gli atti successivi potrebbero essergli notificati presso la casa comunale o la notifica per pubblici proclami, complicando la sua conoscenza della procedura. La legge bilancia questo prevedendo, ad esempio, che se l’avviso di iscrizione a ruolo non è notificato al debitore (oltre che al terzo), gli obblighi del terzo cessano alla data dell’udienza. In ogni caso, il debitore venuto a conoscenza del pignoramento (perché magari l’ha saputo dalla banca o dal datore di lavoro prima ancora di ricevere l’atto) dovrebbe attivarsi immediatamente per consultare un legale e predisporre le eventuali opposizioni o eccezioni. Più avanti dettagliamo le opposizioni (che comunque normalmente si introducono dopo il pignoramento, non prima).

3. Iscrizione a ruolo della procedura esecutiva

Contestualmente o subito dopo la notifica dell’atto di pignoramento, il creditore deve iscrivere a ruolo la procedura presso la cancelleria del tribunale competente, aprendo così il fascicolo dell’esecuzione. Questo adempimento consiste nel depositare l’atto di pignoramento notificato con le relative relazioni di notifica, insieme al titolo esecutivo e al precetto, e pagare il contributo unificato previsto per le esecuzioni (oltre all’anticipazione forfettaria di €27). Al momento dell’iscrizione, la procedura ottiene un numero di ruolo (R.G.E.).

Come evidenziato, la riforma del 2021-2022 ha inserito l’obbligo per il creditore di comunicare al terzo (e originariamente anche al debitore) il numero di ruolo e gli estremi dell’iscrizione a ruolo. Questa comunicazione – chiamata avviso di avvenuta iscrizione a ruolo – deve essere fatta con le stesse forme della notifica degli atti (quindi tramite ufficiale giudiziario o PEC) ed entro la data dell’udienza indicata nell’atto di pignoramento. La ratio è informare il terzo (e il debitore) che il processo esecutivo è effettivamente pendente in tribunale, evitandogli di dover partecipare all’udienza inutilmente se il creditore avesse desistito. Se il creditore non compie questo adempimento in tempo, il pignoramento diventa inefficace e cessano gli obblighi sia per il debitore che per il terzo. Dopo le modifiche integrative del 2024, la norma (art. 543 c.p.c.) stabilisce chiaramente che l’obbligo sussiste verso il terzo e che l’inosservanza fa venir meno gli obblighi del terzo dalla data fissata per l’udienza.

Dal lato pratico: il creditore spesso notifica l’avviso di iscrizione a ruolo via PEC al terzo, allegando magari la ricevuta dell’iscrizione. Il terzo così ha conferma che dovrà comparire o comunque attendere l’ordinanza del giudice in quella procedura. Il debitore, pur non essendo più formalmente destinatario obbligatorio dell’avviso nel 2025, di solito lo riceve comunque (anche perché l’avvocato tende per prudenza a notificarlo ad entrambi). Se il debitore non lo ricevesse, dovrebbe informarsi presso la cancelleria, presentandosi magari all’udienza indicata per capire se la procedura è stata iscritta.

4. La dichiarazione del terzo pignorato (art. 547 c.p.c.)

Dopo aver ricevuto l’atto di pignoramento, il terzo ha 10 giorni di tempo per trasmettere al creditore (e anche al tribunale, se previsto dalle prassi locali) la propria dichiarazione riguardo alle somme o beni pignorati. Come già spiegato nella sezione dedicata al terzo, questa dichiarazione non è obbligatoria ma è fortemente raccomandata, perché se il terzo la rende per iscritto si può evitare l’udienza o comunque velocizzare la procedura.

Forma e contenuto della dichiarazione del terzo

La dichiarazione deve essere scritta e inviata “mediante lettera raccomandata ovvero PEC” al creditore (art. 547 c.p.c.). È buona norma inviarne copia per conoscenza anche alla cancelleria del tribunale, riportando il numero di ruolo se noto (oppure allegando copia dell’atto di pignoramento). Nella pratica, se il creditore ha indicato nell’atto il proprio indirizzo PEC, il terzo può rispondere direttamente a quella PEC. Altrimenti, può inviare una raccomandata A/R all’indirizzo di studio del legale del creditore.

Il contenuto, come visto, consiste nell’indicare in modo chiaro se e in quale misura il terzo è debitore verso il debitore esecutato. Deve quindi dichiarare ad esempio: “Confermo di essere debitore verso ______ (debitore) della somma di €___, a titolo di ___ (es. saldo di conto corrente n…, stipendio mensile, etc.).” – oppure – “Non sono debitore in alcun modo verso ___ (debitore) alla data del pignoramento” (dichiarazione negativa) – oppure altre varianti (se il debito è condizionato, futuro, oggetto di precedenti vincoli, ecc., come da elenco punti a-d visto sopra).

La dichiarazione dovrebbe inoltre riferire i dettagli richiesti dall’art. 547 c.p.c. e cioè: sequestri precedenti, cessioni precedenti, altri pignoramenti sullo stesso credito. Ad esempio: “Preciso che sul medesimo conto corrente grava un precedente pignoramento notificato in data __ dal creditore __ per €__, tuttora in corso di esecuzione.” Oppure: “Preciso che detto credito è stato ceduto dal debitore a __ con atto notificato il __ (se nota)”. Queste informazioni servono al giudice per capire eventuali conflitti di priorità o limitazioni.

Effetti della dichiarazione anticipata

Se il terzo invia correttamente la dichiarazione nei tempi, si possono verificare due scenari:

  • Dichiarazione positiva chiara e completa: il terzo ammette di dovere una certa somma e la quantifica (es. “devo € 5.000”). In tal caso, all’udienza il creditore chiederà al giudice di emettere subito l’ordinanza di assegnazione di quella somma (ovviamente nei limiti del credito vantato). Spesso, alcuni uffici giudiziari nemmeno tengono l’udienza in presenza: se la dichiarazione è chiara, il giudice potrebbe emettere l’ordinanza inaudita altera parte e depositarla in cancelleria, evitando la comparizione (specie quando non vi è alcuna contestazione da fare). Comunque il creditore deve fare istanza di assegnazione, eventualmente anche scritta.
  • Dichiarazione negativa o contestuale a eccezioni: se il terzo dichiara di non dovere nulla al debitore (dichiarazione negativa), oppure dice di dovere meno di quanto il creditore presumeva (dichiarazione parziale) o pone condizioni (es. “pagherò quando scadrà il debito tra 6 mesi”, quindi credito inesigibile al momento), allora c’è un conflitto tra la pretesa del creditore e quanto affermato dal terzo. In queste ipotesi, all’udienza il creditore non potrà ottenere immediatamente le somme (dato che il terzo nega in tutto o in parte l’obbligo). Il giudice allora dovrà attivare l’accertamento dell’obbligo del terzo ex art. 549 c.p.c., ovvero disporre un procedimento (di natura contenziosa) per stabilire chi ha ragione. Nella pratica, il giudice può fissare una nuova udienza per discutere la contestazione, invitando il creditore a citare eventualmente anche altri interessati (es. se c’è un cessionario del credito segnalato dal terzo, o un altro creditore). Si apre così una causa incidentale all’interno dell’esecuzione in cui verranno raccolte prove, documenti, ecc. Fino all’esito di tale accertamento, l’esecuzione resta sospesa limitatamente a quelle somme.

In entrambi i casi, la dichiarazione scritta ha permesso di chiarire la posizione prima dell’udienza. Se nessuna delle parti contesta la dichiarazione del terzo (es. terzo dice “devo € 1000” e il creditore concorda che vanno bene), l’udienza sarà semplice e si potrà procedere subito all’assegnazione. Se invece la dichiarazione è contestata, l’udienza servirà a registrare la contestazione e programmare l’istruttoria.

5. Udienza davanti al Giudice dell’Esecuzione (art. 543, 548 c.p.c.)

L’atto di pignoramento fissa un’udienza di comparizione davanti al giudice competente, di solito dopo qualche settimana dalla notifica (il termine minimo per legge è 10 giorni, ma nella prassi si fissano udienze a 30-60 giorni, a seconda del ruolo del tribunale). All’udienza sono convocati il creditore procedente, il debitore e il terzo pignorato.

Gli esiti possibili dell’udienza sono diversi a seconda di cosa è avvenuto nei giorni precedenti:

  • Terzo ha inviato dichiarazione positiva e incondizionata, e il creditore ne è a conoscenza: In tal caso l’udienza può anche non essere tenuta in senso stretto; spesso il creditore deposita in anticipo l’accettazione della dichiarazione del terzo e chiede l’assegnazione. Il giudice, verificato il fascicolo, può emettere l’ordinanza di assegnazione senza necessità di interlocuzione ulteriore. Se invece le parti sono presenti, il giudice si limita a dare atto a verbale della dichiarazione resa dal terzo (riportandola) e procede a pronunciare l’assegnazione delle somme dichiarate. L’ordinanza di assegnazione ex art. 550 c.p.c. è un provvedimento immediatamente esecutivo che trasferisce il credito dal debitore al creditore: in pratica ordina al terzo di pagare al creditore (o ad accreditarlo a quest’ultimo) l’importo assegnato, eventualmente rateizzandolo se si tratta di crediti periodici.
  • Terzo ha inviato dichiarazione negativa/parziale, creditore contesta: Il giudice prende atto del contrasto. Formalmente, l’art. 549 c.p.c. prevede che “su istanza di parte” il G.E. disponga gli accertamenti in contraddittorio. Dunque, il creditore di solito a verbale chiede di accertare l’obbligo del terzo. Il G.E. allora emette un’ordinanza di istruzione in cui definisce il thema decidendum (es: “accertare se il terzo è debitore verso il debitore e per quale importo”) e fissa una nuova udienza per l’eventuale trattazione, assegnando termini per memorie e produzione documenti alle parti coinvolte (creditore, debitore, terzo, e altri eventuali interessati). Questa fase ha natura di giudizio civile ordinario incardinato però davanti allo stesso G.E. e nell’ambito dell’esecuzione. Si applicano le regole ordinarie dell’onere della prova: spetta al creditore provare il fatto costitutivo (ad es. l’esistenza del credito verso il terzo), mentre se il terzo eccepisce fatti estintivi (ad es. compensazione, pagamento già effettuato al debitore prima del pignoramento) dovrà provarli lui. Al termine, il giudice emetterà una ordinanza motivata che definisce l’accertamento (ad esempio: “accertato che il terzo era debitore di € X, si assegnano tali somme al creditore”; oppure “accertato che nulla è dovuto, si dichiara estinto il pignoramento”). Tale ordinanza ha efficacia esecutiva e chiude l’incidente. È impugnabile con le forme del processo esecutivo (in genere tramite reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. o direttamente ricorso per Cassazione a seconda dei casi, ma non entriamo troppo nel dettaglio).
  • Terzo NON ha inviato alcuna dichiarazione e compare in udienza: Il terzo viene interrogato dal giudice. Se a questo punto rende la dichiarazione (positiva o negativa), il giudice la verbalizza. Si torna allora agli scenari precedenti: dichiarazione positiva → assegnazione; dichiarazione negativa → contestazione e accertamento. Il fatto che la dichiarazione sia resa tardivamente in udienza non comporta sanzioni; il terzo magari sarà un po’ redarguito per non aver risposto prima, ma nulla di più. È nell’interesse del terzo dichiarare correttamente ora, perché altrimenti andrebbe peggio (vedi caso successivo).
  • Terzo NON ha inviato dichiarazione e NON compare in udienza: Questo è il caso problematico disciplinato dall’art. 548 c.p.c. Come oggi formulato, l’art. 548 stabilisce che “se il terzo non compare o rifiuta di fare la dichiarazione, il credito pignorato si considera non contestato”. In pratica scatta la ficta confessio: si presume vero ciò che il creditore ha dedotto nel pignoramento riguardo all’esistenza del credito. Il giudice, prima di applicare tale disposizione, verifica che il terzo sia stato effettivamente raggiunto dalla notifica dell’atto (richiede la prova della notifica) e che il creditore dichiari di non aver ricevuto alcuna comunicazione ex art. 547. Ottenute queste conferme, il giudice può procedere a emettere un’ordinanza di assegnazione in base alle risultanze del pignoramento. Tuttavia, è prassi prudenziale che il giudice assegni al creditore non più di quanto risulta documentalmente dovuto: ad esempio, se il creditore ha pignorato “tutte le somme dovute dal terzo al debitore fino a € 20.000”, ma non ci sono elementi su quanto effettivamente il terzo dovesse, il giudice potrebbe limitarsi ad assegnare l’importo del credito vantato dal procedente. In alcuni casi, il giudice può rinviare ad una seconda udienza e ordinare una notifica al terzo di tale rinvio, come ultimatum, prima di dichiarare la ficta confessio. Ma la legge, dopo le riforme, tende a semplificare: la presunzione di non contestazione dovrebbe scattare già alla prima chiamata. Se tutto va come da copione, dunque, il creditore otterrà un’assegnazione come se il terzo avesse ammesso di dovere l’intera somma (entro i limiti del pignorato). Questa ordinanza di assegnazione in contumacia del terzo è anch’essa titolo esecutivo verso il terzo.

Importante: La posizione del terzo assente può però essere recuperata con un’opposizione agli atti ex art. 617 c.p.c., se vi erano giustificazioni per la mancata comparizione. Ad esempio, se il terzo prova di aver inviato la dichiarazione al creditore che però (per disguido o malafede) non l’ha considerata, potrà opporsi all’ordinanza di assegnazione ottenuta dal creditore in sua assenza. La Cassazione, come visto, ha precisato che la ficta confessio vale solo quando anche con diligenza il creditore non ha ricevuto nulla dal terzo. Dunque un terzo ingiustamente sanzionato dall’ordinanza di assegnazione potrà far valere l’inesistenza del debito pignorato mediante opposizione nei termini di legge (20 giorni dalla notifica dell’ordinanza). I rimedi del terzo li affrontiamo a breve nella sezione dedicata.

In sintesi, l’udienza dal G.E. è il momento in cui la procedura di pignoramento presso terzi svolta verso la conclusione oppure si complica in un accertamento giudiziale. Spesso, grazie alle dichiarazioni anticipate, l’udienza è quasi una formalità: ad esempio, nei pignoramenti di stipendio l’azienda comunica per PEC quanto deve trattenere e all’udienza il giudice emette subito ordinanza di assegnazione della quota di stipendio (es.: “assegno al creditore la somma pari a un quinto dello stipendio mensile netto di €… dovuto dalla società X al debitore, sino alla concorrenza del credito di €…, spese ed interessi compresi”).

6. Ordinanza di assegnazione e pagamento

Quando il giudice emette l’ordinanza di assegnazione, il pignoramento presso terzi giunge alla sua finalizzazione. In sostanza, il giudice trasferisce al creditore procedente il credito del debitore verso il terzo, fino a soddisfacimento del dovuto. Se la somma assegnata copre per intero il credito, l’esecuzione si estingue con pagamento; se invece il terzo doveva meno del dovuto, il creditore resterà insoddisfatto per la differenza (salvo attivare altre esecuzioni).

Contenuto dell’ordinanza: L’ordinanza indica le somme assegnate e le parti a cui competono. Ad esempio: “assegna a Caio (creditore) la somma di € 5.000, oltre interessi legali dal … e € 500 per spese, che Tizio (terzo) dovrà pagare, nei limiti del suo debito verso Sempronio (debitore)”. Oppure nel caso di stipendi: “assegna a Caio una quota pari al quinto dello stipendio netto mensile di Sempronio, dovuto da Tizio, fino a concorrenza di €…, disponendo che tali somme vengano trattenute da Tizio dalle buste paga di Sempronio e versate a Caio”. In pratica l’ordinanza può prevedere un pagamento in un’unica soluzione (se le somme sono già disponibili, tipico nel caso di conti bancari bloccati: si assegna l’importo bloccato) oppure un pagamento rateale e continuativo (tipico per stipendi: si assegna la quota di ogni mensilità futura fino al soddisfo).

Notifica e adempimenti successivi: Dopo l’emissione, l’ordinanza deve essere notificata al terzo (a cura del creditore) insieme alla dichiarazione informativa introdotta dal 2024 che contiene i dati per il pagamento. Dal momento della notifica, il terzo ha l’obbligo giuridico di eseguire il pagamento secondo le modalità indicate. Se non paga volontariamente, il creditore potrà procedere forzosamente contro di lui (ma ciò è raro: la maggior parte dei terzi – specie se banche o aziende – adempie correttamente una volta ricevuta l’ordinanza).

Esempi di esecuzione dell’ordinanza:

  • Se l’ordinanza assegna una somma singola (es. “€ 5.000”): il terzo, ricevuta la notifica, effettuerà il pagamento. Nel caso di una banca, di solito trattiene l’importo dal conto e lo gira mediante bonifico al conto del creditore indicato; nel caso di un datore di lavoro, questi può fare un bonifico o consegnare un assegno.
  • Se l’ordinanza assegna rate (es. “un quinto di ogni stipendio”): il terzo ad ogni scadenza di paga verserà la quota al creditore. Spesso ciò viene fatto mediante bonifico periodico. L’ordinanza funge da autorizzazione permanente fino a estinzione del debito.

Dopo l’ordinanza di assegnazione, il debitore è fuori gioco nel senso che la sua obbligazione (per la parte assegnata) viene soddisfatta o comunque trasformata nell’obbligo del terzo. Il debitore beneficerà dell’estinzione del debito verso il creditore per l’importo assegnato (ad esempio, se il creditore aveva un titolo per €10.000 e si assegnano €5.000 dal terzo, quel credito residuerà per €5.000 eventualmente ancora azionabili su altri beni).

Chiusura della procedura: Una volta eseguiti i pagamenti da parte del terzo, la procedura di pignoramento si chiude. Il creditore solitamente deposita un’istanza di chiusura per avvenuto pagamento o comunque il fascicolo viene posto in archivio. Se il pagamento non avviene immediatamente, la procedura resta formalmente pendente finché il creditore non dichiara di aver incassato (o finché procede contro il terzo inadempiente, in quel caso però si apre un nuovo capitolo).

Caso di mancato pagamento del terzo: Qualora il terzo, nonostante l’ordinanza, ometta di pagare, il creditore potrà agire esecutivamente contro di lui. L’ordinanza di assegnazione è equiparata a un titolo esecutivo giudiziale contro il terzo per le somme in essa indicate. Il creditore potrebbe quindi pignorare beni del terzo o chiederne un pignoramento presso un quarto soggetto, ecc., come se quel terzo fosse a sua volta un debitore (di fatto lo diventa verso il creditore). Questi casi però sono eccezionali – ad esempio se il terzo fallisce nel frattempo, o contesta la validità dell’ordinanza.

Restituzione di eventuali eccedenze: Se per ipotesi il terzo avesse custodito somme eccedenti (ad esempio, la banca ha bloccato tutto il conto ma poi il giudice assegna meno di quanto bloccato, oppure c’erano più creditori e dopo averli soddisfatti residuano soldi), la somma residua va restituita al debitore. L’art. 552 c.p.c. prevede che “il residuo è restituito al debitore o al terzo che ha subito l’espropriazione”. Quindi, terminata l’esecuzione, se rimangono importi accantonati non utilizzati, il giudice ne dispone lo svincolo a favore del debitore (o se i beni erano di un terzo, al terzo – ma quest’ultima ipotesi riguarda più i pignoramenti di beni del debitore in mano al terzo, come cose in deposito).

7. Pluralità di creditori o di pignoramenti sullo stesso terzo

Può accadere che sullo stesso terzo gravino più pignoramenti da parte di diversi creditori, oppure che nel corso di un pignoramento intervengano altri creditori. La legge prevede meccanismi per coordinare queste situazioni:

  • Se più creditori pignorano lo stesso terzo prima dell’udienza di dichiarazione, i procedimenti devono essere riuniti e trattati congiuntamente. Tutti i creditori partecipano alla distribuzione delle somme secondo i rispettivi diritti di prelazione o, se chirografari tutti, in proporzione. Ad esempio, se due creditori hanno entrambi pignorato il medesimo conto corrente per debiti diversi, il giudice riunirà le procedure e, accertato quanto c’è sul conto, disporrà l’assegnazione proporzionale oppure (se il denaro non basta) un concorso tra loro.
  • Se un creditore notifica un pignoramento quando già si è tenuta l’udienza per la dichiarazione del terzo, viene considerato intervenuto tardivamente. Ciò significa che non potrà turbare l’assegnazione già in corso ma avrà diritto solo a eventuali residui o dovrà attendere che il primo creditore sia soddisfatto. Ad esempio, se dopo che Caio aveva già iniziato il pignoramento e magari ottenuto assegnazione di 1/5 di stipendio, arriva un secondo creditore Tizio, quest’ultimo potrà intervenire nell’esecuzione (aumentando il numero di creditori concorrenti) ma non potrà pretendere di ottenere un’ulteriore quota di stipendio contemporaneamente, perché lo stipendio ha capienza limitata (massimo metà, vedremo). Dovrà attendere eventualmente la fine dei pagamenti di Caio per subentrare.
  • In caso di creditori plurimi sullo stesso debitore e stesso terzo, se le somme non bastano per tutti, si applicano le norme sul concorso e sulla graduazione: i crediti con privilegio (es. alimenti) hanno la precedenza, i chirografari si soddisfano pro quota. Il giudice può disporre un’accantonamento di quanto spetta ai creditori intervenuti che ancora non hanno un titolo esecutivo definitivo, concedendo loro tempo (max 3 anni) per munirsi di titolo. Decorso tale termine, si fa la distribuzione definitiva dell’accantonato.
  • Esempio pratico: Sempronio ha due debiti, con Caio e con Tizio, e ha uno stipendio da €1.500. Caio pignora per primo lo stipendio per €10.000. Il giudice assegna a Caio 1/5 (€300 al mese) finché non avrà €10.000. Dopo un anno interviene Tizio con credito €5.000. A quel punto Caio ha ancora un residuo da prendere e già piglia €300/mese; Tizio è tardivo perché l’udienza dichiarativa c’è già stata. Il giudice accantona comunque la sua parte? In pratica, Tizio potrebbe attendere che Caio finisca; oppure se Caio e Tizio sono pari grado, potrebbero dividersi il quinto (ma la regola del concorso tra chirografari su stipendio pare limitare comunque al quinto totale. Infatti, la legge dice che se concorrono crediti diversi da alimentari, il limite rimane 1/5 complessivo. Quindi Caio e Tizio dovranno spartirsi quel quinto: ad esempio 60% Caio e 40% Tizio sulla base dei rispettivi crediti, salvo accordi. In tal caso il giudice modificherebbe l’ordinanza assegnando a Caio €180 e a Tizio €120 al mese, per dire. Se invece uno dei crediti fosse alimentare (es. assegni di mantenimento), lì la combinazione di un alimentare e un ordinario può arrivare fino a metà stipendio complessivamente.

Dal punto di vista difensivo del debitore, la presenza di più creditori significa che deve stare attento a far valere i limiti di pignorabilità: in nessun caso la somma delle trattenute sullo stipendio può superare la metà della retribuzione (salvo pignoramenti per esattorie con regole particolari, ma comunque c’è un limite). Inoltre, se un creditore tardivo tenta di pignorare un importo già pignorato, il debitore può segnalare l’esistenza del primo pignoramento. In genere il terzo stesso lo dichiara (art. 547 impone di dire se ci sono stati pignoramenti prima o dopo). Dunque il debitore è relativamente protetto dal fatto che i creditori devono “dividersi la torta” senza eccedere le porzioni di legge.

8. Estinzione della procedura e casi particolari

La procedura di pignoramento presso terzi si estingue normalmente con l’esaurimento delle fasi suddette (assegnazione/pagamento o accertamento negativo). Vi sono però altre situazioni che possono portare alla chiusura anticipata o particolare:

  • Conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.): Il debitore, prima che sia disposta l’assegnazione, può chiedere di sostituire ai beni pignorati una somma di denaro. In pratica deve depositare in tribunale un importo pari al debito dovuto, spese e interessi inclusi, chiedendo che il pignoramento sia convertito. Il giudice, se accoglie l’istanza, determina la somma da depositare (di solito il credito vantato più una quota per spese future) e può concedere al debitore la possibilità di versarla a rate (massimo 18 mesi, estendibili a 36 o 48 con le riforme più recenti, con almeno 1/6 subito). Se il debitore versa tutto, il pignoramento sulle somme del terzo viene sostituito da questo deposito. A quel punto il giudice svincola il terzo e utilizza il denaro depositato per pagare il creditore. Questa è una mossa difensiva notevole per il debitore: gli consente di liberare subito (ad esempio) il proprio conto corrente o stipendio dal vincolo, pagando però il dovuto (eventualmente a rate). Un fac-simile di istanza di conversione è fornito più avanti.
  • Rinuncia o inattività del creditore: Il creditore può sempre rinunciare alla procedura (ad es. perché ha raggiunto un accordo col debitore). Se presenta formale atto di rinuncia agli atti esecutivi, il giudice dichiara estinto il pignoramento e libera il terzo. Anche l’inerzia del creditore può portare all’estinzione: un caso tipico è se il creditore non si presenta all’udienza e non ha iscritto a ruolo la causa – un tempo ciò comportava l’estinzione; ora con la norma sull’avviso di iscrizione, comunque dopo l’udienza indicata se il creditore non ha mosso nulla il pignoramento diviene inefficace.
  • Inefficacia ex lege per vizi procedurali: Due casi importanti introdotti di recente: (a) come già detto, il pignoramento diventa inefficace se il creditore non deposita e notifica l’avviso di iscrizione a ruolo entro il termine; (b) il pignoramento perde efficacia dopo 10 anni dalla notifica al terzo se non rinnovato (art. 551-bis c.p.c.). In tali ipotesi il giudice, appena verificata la condizione, dichiara con ordinanza l’inefficacia e la fine degli obblighi del terzo (che può quindi sbloccare i fondi).
  • Sopravvenuto pagamento del debitore al creditore: Curiosamente, può capitare che dopo il pignoramento, ma prima dell’assegnazione, il debitore riesca a pagare direttamente il creditore (magari ottenendo un prestito da terzi). In questo caso, essendo venuta meno la ragione dell’esecuzione, il creditore deve darne comunicazione al giudice e al terzo, facendo cessare il pignoramento. Dal 2024, è stata inserita in art. 543 c.p.c. una norma che prevede proprio che qualora il debitore, ricevuto il pignoramento, paghi immediatamente il dovuto, il creditore debba comunicarlo al terzo e così cessano gli obblighi del terzo alla data di tale comunicazione. Dunque il debitore può estinguere anticipatamente la procedura saldando il debito: il creditore dovrà attivarsi per liberare le somme pignorate presso il terzo.
  • Procedura concorsuale sul debitore: Se dopo l’inizio dell’esecuzione il debitore viene dichiarato fallito (o ammesso a altra procedura concorsuale come liquidazione del sovraindebitato), il pignoramento individuale subisce gli effetti delle norme concorsuali. In genere, l’esecuzione si arresta e le somme eventualmente accantonate vengono messe a disposizione della massa fallimentare, salve diverse disposizioni. Tuttavia, se l’ordinanza di assegnazione era già intervenuta prima del fallimento, la giurisprudenza ritiene che quell’importo ormai sia uscito dal patrimonio del debitore e quindi il creditore potrà trattenerlo (accenno: Cass. 9624/2018 ha detto che l’ordinanza di assegnazione chiude il processo esecutivo e pertanto un fallimento sopravvenuto non toglie efficacia all’assegnazione già disposta).

Con quanto sopra abbiamo coperto il ciclo di vita di un pignoramento presso terzi tipico. A questo punto, concentriamoci sulle tecniche di difesa e di opposizione che il debitore (primariamente) e il terzo possono utilizzare per tutelarsi durante tale ciclo. Verranno analizzate separatamente le possibili strategie del debitore, quelle del terzo e infine qualche cenno a quelle del creditore (che più che difendersi, deve saper gestire opposizioni altrui).

Come difendersi da un pignoramento presso terzi

Il debitore è il soggetto che ha più da perdere dall’esecuzione forzata e quindi tipicamente è il più interessato a mettere in atto ogni strategia di difesa disponibile. Le difese del debitore nel pignoramento presso terzi possono essere suddivise in tre categorie principali:

  1. Difese sostanziali contro il diritto di procedere del creditore – che si attuano mediante opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) o altre iniziative per far valere l’inesistenza o l’estinzione del debito, l’impignorabilità dei beni, ecc.
  2. Difese procedurali contro vizi formali della procedura – che si attuano mediante opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) o istanze al G.E. per far dichiarare inefficacia/nullità di atti esecutivi viziati.
  3. Strumenti di attenuazione degli effetti del pignoramento – tra cui rientrano la conversione del pignoramento (pagamento rateale sostitutivo), la riduzione del pignoramento (se è stato eseguito oltre il dovuto), la richiesta di sospensione, la transazione con il creditore e similari.

Vediamoli in dettaglio uno per uno.

Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.)

L’opposizione all’esecuzione è il rimedio generale che il codice prevede per contestare il fondamento stesso dell’azione esecutiva intrapresa dal creditore. In altre parole, è l’azione con cui il debitore (opponente) afferma che il creditore non aveva diritto di procedere ad esecuzione forzata nei suoi confronti.

I possibili motivi di opposizione all’esecuzione sono vari. In linea generale, si dice che l’opposizione ex art. 615 c.p.c. mira a contestare l’“an” dell’esecuzione, cioè il diritto del creditore di procedere, mentre l’opposizione agli atti riguarda il “quomodo”, cioè le modalità formali.

Ecco alcuni esempi tipici di motivi di opposizione all’esecuzione:

  • Inesistenza o invalidità del titolo esecutivo: ad es. il creditore sta procedendo con un titolo inidoneo (magari un provvedimento non definitivo o scaduto) oppure contro una persona che non è indicata nel titolo.
  • Avvenuto pagamento o estinzione del debito: il debitore sostiene di aver già pagato il credito (in tutto o in parte) prima dell’esecuzione, o che comunque il debito si è estinto (es. per compensazione, prescrizione sopravvenuta, remissione).
  • Impignorabilità dei beni o dei crediti colpiti: il debitore può eccepire che le somme pignorate presso terzi erano impignorabili per legge (es. trattasi di pensione al di sotto del minimo vitale, oppure di sussidi esclusi da pignoramento). Questa è una difesa molto importante e peculiare dell’esecuzione presso terzi, perché la legge tutela alcune entrate del debitore.
  • Difetto di legittimazione o di condizioni dell’azione esecutiva: ad esempio, il creditore procedente non è effettivamente il titolare del credito (magari il credito è stato ceduto e lui non aveva più diritto), oppure il precetto era invalido (notificato in modo nullo, ecc. – anche se certi vizi del precetto possono rientrare pure in opposizione agli atti).

In sintesi, con l’opposizione all’esecuzione il debitore cerca di far bloccare e dichiarare ingiusta l’esecuzione.

Termini e modalità: L’opposizione all’esecuzione può essere proposta in due momenti:

  • Prima che l’esecuzione inizi (opposizione preventiva): ad esempio, dopo il precetto ma prima del pignoramento, se il debitore vuole prevenire l’azione. In tal caso si introduce con atto di citazione davanti al giudice competente per l’esecuzione (di regola il tribunale del luogo dove risiede il debitore o si dovrà eseguire). Si chiede al giudice di dichiarare che il credito non è esigibile o altro e, se urgente, di sospendere la possibilità di iniziare l’esecuzione.
  • Dopo che l’esecuzione è iniziata (opposizione successiva): in questo caso siamo già a pignoramento avvenuto. La legge (art. 615, comma 2 c.p.c.) impone che l’opposizione si proponga dinanzi al Giudice dell’Esecuzione del processo in corso. Proceduralmente, va introdotta con ricorso depositato nella procedura esecutiva (alcuni la propongono con citazione ma poi si converte in ricorso). La stessa norma dice però che l’opposizione all’esecuzione non può più proporsi dopo che sia stata disposta l’assegnazione o la vendita. Ciò significa che il termine ultimo per proporre opposizione all’esecuzione è l’udienza in cui il G.E. decide sull’assegnazione: se il debitore aspetta che il giudice assegni le somme, poi non potrà più contestare il diritto di procedere (perché significherebbe rimettere in discussione un’esecuzione già conclusa per quella parte). Dunque, nel pignoramento presso terzi, il debitore deve attivare l’opposizione all’esecuzione al più tardi entro l’udienza di comparizione ex art. 543 c.p.c. (o comunque, prima dell’ordinanza di assegnazione).

Sospensione dell’esecuzione: Una volta proposta l’opposizione all’esecuzione, il debitore-opponente può chiedere la sospensione della procedura in corso, se vi sono gravi motivi (art. 624 c.p.c.). Ad esempio, se l’opposizione si basa su una quietanza di pagamento, il debitore chiederà al giudice di sospendere l’assegnazione in attesa di decidere sulla validità di quella quietanza. La sospensione viene decisa con ordinanza dal G.E. nel caso di opposizione successiva, o dal giudice a cui è assegnata l’opposizione preventiva. Se concessa, la procedura esecutiva rimane “congelata” (il G.E. non assegna le somme, il terzo continua a tenerle bloccate) finché non si risolve l’opposizione.

Decisione nel merito: L’opposizione all’esecuzione ha natura di causa di cognizione ordinaria. Significa che, pur essendo collegata all’esecuzione, richiede una decisione con sentenza sui diritti controversi. Spesso, se è proposta dopo l’inizio dell’esecuzione, il G.E. può limitarsi a decidere sull’istanza di sospensione e poi rimettere le parti davanti al tribunale in composizione collegiale o a un giudice diverso per la trattazione della causa di merito (a seconda dell’organizzazione interna). Dopo istruttoria, si arriverà a una sentenza che accoglie o rigetta l’opposizione:

  • Se l’opposizione è accolta, il titolo esecutivo viene dichiarato inefficace o il diritto a procedere inesistente, e di conseguenza il pignoramento verrà dichiarato nullo/estensibile. Ad esempio: il tribunale accerta che il debito era già pagato integralmente prima del pignoramento; di conseguenza ordinerà l’estinzione della procedura e la liberazione delle somme al debitore.
  • Se l’opposizione è respinta, l’esecuzione riprenderà dal punto in cui era stata eventualmente sospesa. Il debitore magari avrà perso tempo ma a quel punto il creditore potrà ottenere l’assegnazione delle somme.

Costi e rischi: L’opposizione all’esecuzione comporta un giudizio vero e proprio, con spese legali e il rischio, per il debitore, di doverle pagare al creditore se perde la causa. D’altro canto, se aveva valide ragioni, è uno strumento indispensabile. In ogni caso, chi intende proporla dovrebbe muoversi subito dopo il pignoramento (o addirittura dopo il precetto) per non incorrere nella decadenza di cui all’art. 615 co.2 (post assegnazione).

Esempi di successo: Supponiamo che il debitore subisca il pignoramento del conto per €5.000 ma egli ha la ricevuta di un bonifico fatto al creditore una settimana prima del precetto, a saldo del debito. Evidentemente il creditore ha agito erroneamente (o furbescamente). Il debitore, con opposizione all’esecuzione, potrà far valere il già avvenuto pagamento.- Il giudice, viste le prove, accerterà che nulla era più dovuto e toglierà efficacia al pignoramento. Un altro esempio: debitore pensionato si vede pignorare la pensione minima; egli eccepisce che quella pensione è impignorabile per legge nella parte corrispondente all’assegno sociale aumentato della metà (lo vedremo a breve), e quindi l’esecuzione non poteva essere iniziata su quella somma. Sarà un giudice a confermare l’impignorabilità e a bloccare l’esecuzione eventualmente (in realtà l’impignorabilità la deve rilevare anche d’ufficio il G.E., ma mai fidarsi).

In conclusione, quando usare l’opposizione all’esecuzione? Ogni volta che il debito o la sua esigibilità è contestabile: se pensi di non dover pagare perché hai ragione su qualche fatto sostanziale (pagato, prescritto, etc.), questo è lo strumento. Devi però avere un minimo di prove o quantomeno allegare chiaramente i motivi.

Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.)

L’opposizione agli atti esecutivi è invece il mezzo con cui il debitore (o anche il terzo, o il creditore stesso in certi casi) lamenta un vizio di forma o un’irregolarità nello svolgimento dell’esecuzione. Si tratta di nullità relative agli atti del procedimento esecutivo (pignoramento, avvisi, ordinanze, ecc.).

Ecco alcune circostanze che tipicamente danno luogo a opposizione agli atti:

  • Vizi formali dell’atto di pignoramento: es. l’atto non conteneva l’ingiunzione ex art. 492 c.p.c., o mancava la citazione del debitore a comparire, o indicazioni obbligatorie omesse; oppure la notifica dell’atto è stata fatta in modo nullo (non al domicilio corretto, o senza rispettare termini).
  • Vizi nelle notifiche successive: es. l’avviso di iscrizione a ruolo non è stato notificato per nulla o tardivamente (determinando inefficacia del pignoramento, che il debitore può chiedere venga dichiarata); oppure la notifica dell’ordinanza di assegnazione è irregolare.
  • Vizi dell’ordinanza di assegnazione: ad esempio, il giudice ha assegnato somme oltre i limiti di legge (superando il quinto pignorabile), oppure ha assegnato senza considerare un intervento di altro creditore, o erroneamente interpretando la dichiarazione del terzo (casi in cui il provvedimento risulta sbagliato).
  • Vizi in altri atti esecutivi: se il debitore ha notato irregolarità nel precetto, potrebbe contestarlo pure (anche se il precetto è prima dell’esecuzione, la sua nullità è di regola fatta valere come opposizione agli atti all’inizio dell’esecuzione).

In linea di massima, l’opposizione agli atti è per questioni non di merito del diritto di procedere, ma di regolarità formale e procedurale.

Tempistica stretta: Le opposizioni agli atti esecutivi devono essere proposte entro 20 giorni dal momento in cui il debitore (o la parte interessata) ha avuto conoscenza formale dell’atto viziato (art. 617 c.p.c.). Ad esempio, se il debitore ritiene che l’atto di pignoramento sia nullo, deve proporre l’opposizione entro 20 giorni dalla sua notifica. Se ritiene che l’ordinanza di assegnazione sia viziata, entro 20 giorni dalla notifica (o comunicazione) di tale ordinanza. Questo termine è perentorio: se lo si lascia decorrere, l’atto – ancorché viziato – diventa definitivo e non più impugnabile per quel vizio, salvo rarissime eccezioni (nullità insanabili).

Procedura: L’opposizione agli atti esecutivi, se fatta dopo l’inizio dell’esecuzione, si propone con ricorso al G.E. (analoga modalità all’opposizione all’esecuzione tardiva). Il giudice fissa un’udienza in tempi rapidi (di solito pochi giorni o settimane) e poi decide con ordinanza se l’atto è valido o no. Nelle opposizioni agli atti, spesso la cognizione è sommaria e la decisione può avvenire anche solo in base ai documenti, a meno che non servano approfondimenti. L’ordinanza che decide sull’opposizione agli atti può essere impugnata entro 15 giorni in Corte d’Appello (reclamo ex art. 624 c.p.c. per i provvedimenti di sospensione, o appello in alcuni casi, oppure ricorso per Cassazione se si considera definitivo).

Esempi e conseguenze: Se il debitore vince un’opposizione agli atti, l’atto viziato viene annullato o dichiarato inefficace, e solitamente il giudice cerca di rimettere la procedura in carreggiata, se possibile. Ad esempio:

  • Se viene accolta l’opposizione perché l’atto di pignoramento era nullo, tutta la procedura è travolta e dovrà essere ricominciata dal creditore (il pignoramento viene cancellato, il terzo liberato, ecc.).
  • Se l’opposizione riguarda l’ordinanza di assegnazione (es. assegnazione ultra vires), il giudice potrebbe revocare l’ordinanza in autotutela e fissare nuova udienza per correggere l’errore, oppure la fase decisionale si sposta in appello e intanto l’esecuzione su quell’atto è sospesa.
  • Se l’opposizione lamentava la mancata notifica dell’avviso di iscrizione a ruolo, e risulta vera, il giudice dichiarerà l’inefficacia del pignoramento (se non già rilevata d’ufficio).

Nel contesto del pignoramento presso terzi, l’opposizione agli atti è frequentemente utilizzata dal debitore per eccepire:

  • Errori del creditore procedente nell’atto (es. sbaglio sul giudice competente o altre info).
  • Limiti di pignorabilità non rispettati: Anche se la legge dice che l’inefficacia parziale del pignoramento (per la parte eccedente i limiti) è rilevata d’ufficio, il debitore può comunque, per cautela, proporre opposizione per far valere che sono state pignorate somme impignorabili. Ad esempio, se vengono pignorati su conto corrente €2.000 derivanti da una pensione minima accreditata il mese precedente, il debitore può chiedere di dichiarare inefficace il pignoramento su quella somma in quanto inferiori al triplo dell’assegno sociale (limite ex art. 545 c.p.c. di cui parleremo a breve). Questa azione rientra concettualmente nell’opposizione all’esecuzione (impignorabilità è “an debeatur” in realtà), ma la giurisprudenza consente di farla valere anche con opposizione agli atti se è questione di come l’atto è eseguito.
  • Problemi di notifica: se il debitore ha scoperto tardivamente il pignoramento perché la notifica è stata nulla, può opporsi agli atti chiedendo la rimessione in termini, ecc.
  • Opposizione ex art. 617 per contestare il modo di assegnazione: se il giudice assegna somme e il debitore ritiene che quell’ordinanza contenga un errore (ad es. gli interessi conteggiati male, o non ha considerato una sospensione concordata, ecc.), può opporsi entro 20 giorni.

Da notare: Mentre nell’opposizione all’esecuzione il debitore può far valere motivi anche oltre i 20 giorni (purché prima dell’assegnazione), nell’opposizione agli atti bisogna essere celeri. Quindi è fondamentale che il debitore (o il suo avvocato) esamini con cura ogni atto appena ricevuto per individuare eventuali nullità da contestare.

Impignorabilità parziale e totale: un’arma di difesa “passiva”

Pur non essendo un’“opposizione” in senso proprio, un aspetto essenziale della difesa del debitore è la conoscenza dei limiti legali di pignorabilità di certe somme. La legge italiana infatti protegge alcuni crediti del debitore, rendendoli impignorabili o pignorabili solo in parte (artt. 545 e seguenti c.p.c.). Se il creditore tenta di pignorare oltre tali limiti, il pignoramento è inefficace per l’eccedenza e può essere corretto dal giudice d’ufficio o su istanza.

Vediamo i principali casi:

  • Stipendi, salari e altre indennità da lavoro (TFR incluso): Pignorabili nei limiti di un quinto (20%) per ogni singolo credito. Cioè, di regola, da uno stipendio si può togliere al massimo il 20% per un creditore ordinario. Se concorrono più cause (es. alimenti e altro), massimo metà. Precisamente, art. 545 co.4 e 5 c.p.c.: un quinto per tributi e per ogni altro credito; se concorre con alimentari, metà massimo.
  • Pensioni e indennità di quiescenza: Anch’esse pignorabili per un quinto, ma con una franchigia assoluta: l’importo pari all’assegno sociale (circa €503 nel 2025) aumentato della metà (~€754) è impignorabile. Significa che ogni pensione, qualunque importo, non può essere intaccata nella sua fascia più bassa, lasciando al pensionato almeno circa €754 mensili intoccabili (valore 2025, da aggiornare di anno in anno secondo assegno sociale). Solo l’eccedenza su tale soglia può essere pignorata e comunque sempre entro i limiti di un quinto se pignoramento ordinario.
  • Stipendi e pensioni accreditati in conto corrente: Normativa particolare: l’art. 545 comma 8-9 c.p.c. distingue se l’accredito è anteriore o successivo al pignoramento. Se il conto è pignorato dopo che stipendio/pensione sono stati accreditati (es. soldi già sul conto), allora le somme affluiscono al conto e diventano “risparmi” pignorabili per la parte che eccede il triplo dell’assegno sociale (~€1509). Quindi sul conto resta intoccabile la riserva di 3x assegno sociale. Se invece l’accredito avviene in data del pignoramento o successivamente (cioè si pignora il conto e poi continuano ad arrivare gli stipendi mese per mese), quelle somme sono trattate come stipendio non ancora riscosso: se ne preleva il quinto via via. In altre parole, il primo pignoramento su conto prende solo i risparmi eccedenti 3 assegni sociali; poi per il futuro, i nuovi accrediti sono pignorati come flusso mensile al quinto.
  • Crediti alimentari dovuti al debitore: Se il debitore vanta a sua volta crediti alimentari (es. un assegno di mantenimento che gli spetta), questi sono impignorabili salvo per cause alimentari. Ma nel pignoramento presso terzi si vede più spesso la situazione opposta (creditore pignora a sua volta alimenti dovuti al debitore? rarissimo, direi inapplicabile).
  • Crediti assistenziali, sussidi, etc.: Art. 545 co.2 e 3 elenca crediti totalmente impignorabili: es. sussidi di grazia, sostentamento, maternità, povertà, supporti per malattia, ecc., se motivi di particolare natura.
  • Depositi a garanzia, pegni: Se il terzo trattiene beni dati in pegno a lui, c’è prelazione del terzo che va considerata.

Il debitore deve vigilare: se viene pignorato qualcosa che rientra in questi limiti, è suo diritto farlo presente al giudice. E il G.E., come dicevamo, può e deve rilevarlo da sé. Ad esempio, se davanti a sé ha un pignoramento di una pensione di €600 al mese, dovrebbe subito dichiararlo inefficace per €600-754 (cioè non eseguibile affatto!). Spesso però il giudice vede solo l’atto; se il creditore ha ignorato volutamente il limite e ha pignorato, il giudice alzerà la mano. Ma se c’è confusione, meglio sollevare l’eccezione formalmente.

Fac-simile di istanza di impignorabilità

Ecco un esempio di istanza che il debitore (o il suo avvocato) potrebbe depositare nella procedura:

ISTANZA DI ACCERTAMENTO IMPIGNORABILITÀ PARZIALE

Ill.mo Sig. Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di … – R.G.E. n. …/2025

Oggetto: Espropriazione presso terzi promossa da XY contro ZZ – Istanza ex art. 545 c.p.c.

Il debitore esecutato ZZ, comparendo nell’udienza fissata per la dichiarazione del terzo, espone quanto segue:

– Con l’atto di pignoramento notificato in data …, il creditore XY ha pignorato “tutte le somme dovute da ABC S.p.A. a ZZ, dipendente della medesima, fino alla concorrenza di € 15.000 oltre accessori”.

– Il sottoscritto percepisce dalla società ABC S.p.A. uno stipendio mensile netto di € 1.200, come da documentazione allegata (busta paga). Pertanto, ai sensi dell’art. 545, co. 3 e 4, c.p.c., solo un quinto di detto importo (€ 240) è pignorabile per crediti ordinari, restando impignorabili i restanti quattro quinti.

– Inoltre, risulta che il creditore ha pignorato l’intero saldo del conto corrente del sottoscritto presso Banca DEF (terzo pignorato in un distinto procedimento R.G.E. …/…), comprensivo di somme provenienti da retribuzioni pregresse. Anche tali somme, nei limiti del triplo dell’assegno sociale, sono impignorabili ai sensi dell’art. 545, co. 8, c.p.c.

Tutto ciò premesso, il debitore istante chiede che l’on.le Giudice dell’Esecuzione voglia:

  1. Dichiarare l’inefficacia del pignoramento per la parte eccedente i limiti legali, disponendo che la società ABC S.p.A. trattenga mensilmente e accantoni esclusivamente la quota di € 240 (pari ad 1/5 dello stipendio netto) e lasci esente la restante retribuzione;
  2. Dare atto che eventuali somme già accantonate eccedenti tali limiti vanno immediatamente sbloccate e messe a disposizione dell’istante;
  3. Adottare ogni altro provvedimento conseguente, ivi compresa la riqualificazione del pignoramento in conformità ai parametri di legge.

Si allegano: 1) copia busta paga mensile; 2) CUD; 3) …

Luogo, data.

(firma del debitore / avvocato)

Il giudice, ricevuta un’istanza così, avrà ben chiaro il problema e nel verbale d’udienza o con ordinanza potrà specificare che “il pignoramento è parzialmente inefficace oltre il quinto, e dispone che il terzo versi solo € X al mese” ecc.

Da notare: Se l’impignorabilità è totale (es: pignorano una pensione di €600, sotto soglia; oppure pignorano assegni di accompagnamento invalidità), il debitore può chiedere l’annullamento integrale del pignoramento su quelle somme. Questo può essere fatto come opposizione all’esecuzione o come incidente ex art. 545. In genere, conviene sollevarlo in qualunque modo.

Conversione del pignoramento: come funziona (art. 495 c.p.c.)

Abbiamo anticipato la conversione come strumento: è l’istanza con cui il debitore chiede di sostituire al bene pignorato (in questo caso, ai crediti verso terzi vincolati) una somma di denaro a disposizione della procedura. Di norma, la conversione viene in mente di più nel pignoramento immobiliare (dove il debitore vuol tenersi la casa vendendo altrove e pagando il creditore) o mobiliare. Ma anche nel pignoramento presso terzi può essere utilissima.

Ad esempio, il debitore ha il conto bloccato con €10k dentro, ma preferirebbe che venisse liberato subito perché gli serve per l’attività; può depositare €10k (magari presi a prestito da un parente) in tribunale e ottenere che il conto venga sbloccato immediatamente. Poi quei €10k depositati verranno dati al creditore. Oppure, se non ha subito 10k, può chiedere la rateizzazione (previa cauzione del 1/6 minimo).

Procedura di conversione: Va fatta prima che sia disposta l’assegnazione (quindi opportuno depositare l’istanza entro l’udienza dichiarativa). Una volta che il giudice assegna le somme al creditore, non c’è più pignoramento da convertire.

L’istanza si presenta al G.E., di solito con ricorso o istanza verbale all’udienza. Il G.E. fissa un termine breve (10 giorni) per il deposito di una cauzione pari almeno ad 1/6 del credito pignorato. Con la riforma Cartabia (D.lgs. 149/2022) e poi integrata dal D.lgs. 162/2022, è cambiata un po’ la disciplina: oggi il giudice, se concede rate, può dilazionare fino a 48 mesi (4 anni) se ragioni gravi, con un minimo di 1/6 subito e il resto rate trimestrali ad esempio. Se il debitore rispetta i versamenti, bene; se salta una rata, si decade e il pignoramento riprende.

Una volta depositata la somma integrale (cauzione + rate poi), il giudice con ordinanza dichiara estinto il pignoramento originario e ordina la liberazione dei beni pignorati. Contestualmente, destina la somma depositata a soddisfare i creditori. Se i creditori sono più d’uno, fa la graduazione su quella somma.

Effetto: Per il debitore, l’effetto immediato è che le somme presso il terzo vengono sbloccate: la banca scongela il conto, il datore restituisce pieno stipendio salvo eventuali arretrati da recuperare. Il creditore è tutelato perché ha già in mano il denaro (in cancelleria o su libretto deposito) a sua garanzia.

Fac-simile di istanza di conversione:

RICORSO PER CONVERSIONE DEL PIGNORAMENTO (art. 495 c.p.c.)

Tribunale di … – Esecuzione presso terzi R.G.E. n…./2025

Ricorrente: ZZ (debitore esecutato) rappresentato dall’avv… Resistente: XY (creditore procedente)

Oggetto: Istanza di conversione del pignoramento presso terzi ex art. 495 c.p.c.

Il debitore esecutato espone:

  • che in data … è stato eseguito pignoramento presso terzi ad istanza di XY nei suoi confronti, per una somma di €…, come da verbale di pignoramento notificato alla Banca ABC (terzo pignorato) e al ricorrente;
  • che presso la Banca ABC risulta bloccato un importo di €… sul conto corrente n… intestato al ricorrente, somma insufficiente peraltro a soddisfare interamente il credito azionato;
  • che il ricorrente, al fine di evitare la prosecuzione dell’esecuzione sui predetti beni, intende avvalersi della facoltà di conversione del pignoramento, sostituendo ai beni pignorati una somma di denaro corrispondente all’importo dovuto ai sensi dell’art. 495 c.p.c.;
  • che l’importo complessivo azionato dal creditore, comprensivo di spese e interessi indicati nel precetto, è di €… (di cui capitale €…, interessi €…, spese €…);

tutto ciò premesso, il ricorrente istante chiede:

  1. Disporre la conversione del pignoramento presso terzi di cui al procedimento in oggetto, determinando la somma da sostituire ai beni pignorati in un importo pari a €… (oppure “da quantificarsi in corso di procedimento, comprensivo di spese di esecuzione da liquidarsi”), eventualmente concedendo la facoltà di pagamento rateale ai sensi dell’art. 495 c.p.c., stante le condizioni economiche dell’istante (doc. allegati, es. ISEE, situazione debitoria), con versamento immediato della cauzione minima e rateizzazione della somma residua in n… mensilità.
  2. Conseguentemente, sospendere la procedura esecutiva in corso disponendo il mantenimento dei soli atti conservativi sin qui compiuti (custodia delle somme pignorate) in attesa del perfezionarsi della conversione;
  3. All’esito del deposito integrale della somma stabilita, dichiarare l’estinzione della presente esecuzione per conversione ex art. 495 c.p.c., ordinando la liberazione dei beni pignorati (somme presso Banca ABC) e la restituzione delle stesse al debitore, nonché disponendo che la somma depositata sia assegnata al creditore procedente XY fino a concorrenza del credito azionato, con eventuale residuo da restituire al debitore.

Si allegano: documenti comprovanti la situazione reddituale/debituale del ricorrente, ecc.

Luogo, data, firma avvocato.

Presentato questo, il giudice fissa con decreto l’udienza e contestualmente fissa la cauzione. Oppure tratta direttamente in udienza.

Strategia: Il debitore ricorre alla conversione tipicamente se vuole guadagnare tempo (con la rateizzazione) o preservare rapporti importanti. Ad esempio, nel pignoramento dello stipendio, la conversione ha senso se il debitore può trovare una somma per chiudere tutto subito, altrimenti tanto vale subire il quinto pian piano. Nel pignoramento di un conto, ha senso se sul conto c’erano soldi di azienda e vuole sbloccarli magari per pagarci fornitori.

Riduzione del pignoramento: come funziona (art. 496 c.p.c.)

La riduzione del pignoramento è un’altra istanza che il debitore può fare quando ritiene che il pignoramento effettuato ecceda quello che sarebbe necessario per soddisfare il credito del procedente. Ad esempio, se il creditore ha pignorato due conti in banche diverse per sicurezza, ma uno dei due conti già copre l’importo dovuto, il debitore può chiedere di ridurre (liberare) uno dei due. Oppure se ha pignorato crediti di importo chiaramente molto superiore al debito (magari debitore aveva credito di €100k verso un cliente e creditore procedente gliene chiede 5k; pignorando quell’intero credito da 100k, sta esagerando).

Il G.E. può limitare il pignoramento a quanto basta. L’art. 496 c.p.c. permette la riduzione in ogni momento su istanza del debitore, valutati gli interessi in gioco.

Questa istanza non blocca il pignoramento del tutto, semplicemente ne restringe l’oggetto. Può essere utile per evitare danni al debitore: e.g., se gli hanno bloccato 3 conti quando ne bastava 1, togliere il blocco sugli altri due.

Esempio: Debitore con più conti in banche diverse, creditore li pignora tutti “a grappolo” temendo chissà cosa. In totale sono stati vincolati €50k, ma il debito era €10k. Il debitore può dire: “Giudice, sblocchi i conti X e Y, lasciando solo Z dove ci sono 15k, sufficienti a garantire.”

Se il creditore ha pignorato stipendio e conto insieme, e con stipendio in 3 mesi prenderebbe tutto, magari il debitore chiede di liberare il conto e proseguire solo con stipendio o viceversa, secondo convenienza.

Accordo con il creditore e rinuncia agli atti

Parallelamente agli strumenti legali, il debitore può sempre tentare la carta negoziale: contattare il creditore (o più spesso il suo avvocato) e proporre un accordo. Ad esempio offrire un pagamento parziale immediato a saldo e stralcio, oppure garantire un piano di rientro volontario. Se il creditore accetta, dovrà dare disposizione al suo avvocato di rinunciare alla procedura esecutiva.

La rinuncia agli atti esecutivi, se accettata dal debitore (che di solito accetta, ovvio), porta all’estinzione immediata dell’esecuzione (art. 629 c.p.c.).

Il tempismo in questi accordi è delicato:

  • Se l’accordo avviene prima dell’udienza e il creditore è d’accordo a sospendere, questi può comunicare al G.E. che c’è trattativa e magari chiedere un rinvio dell’udienza o non comparire (in tal caso il giudice di solito fissa nuova udienza o dichiara estinto se vede documenti).
  • Se l’accordo avviene dopo l’ordinanza di assegnazione ma prima del pagamento effettivo, anche qui il creditore può dichiarare di aver ricevuto soddisfazione e non procedere oltre, liberando il terzo.

È bene formalizzare sempre la chiusura: se il debitore paga privatamente, insistere perché il creditore firmi una quietanza e depositi un atto di rinuncia in tribunale, in modo che anche il terzo abbia ordine di sblocco.

Sospensione per cause di opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.)

Oltre al debitore, c’è anche l’opposizione di terzo (art. 619 c.p.c.) che in casi rari potrebbe riguardare un pignoramento presso terzi: ad esempio, se un altro soggetto rivendica la proprietà delle somme pignorate sostenendo che non erano del debitore. Questo scenario è atipico per crediti di denaro (il denaro in conti è sempre del debitore intestatario). Un caso potrebbe essere: creditore pignora un credito che il debitore vantava verso Caio, ma Sempronio afferma che quel credito in realtà spettava a lui per un accordo precedente. Sempronio può fare opposizione di terzo per far valere il suo diritto su quell’oggetto pignorato.

Non entriamo troppo in questo, perché la richiesta è focalizzata sul difendersi (debitore) da pignoramento. Ma era per completezza.

Riepilogo delle difese del debitore (tabella)

Strumento di difesaCosa contesta / ottenibileTermine per attivarloAutorità
Opposizione all’esecuzione (615 c.p.c.)Il diritto di procedere del creditore: es. debito già pagato, titolo nullo, impignorabilità assoluta. Scopo: Far dichiarare nulla/illegittima l’intera esecuzione.Prima dell’assegnazione (dopo assegnazione decaduta). – Meglio il prima possibile (anche dopo precetto).Giudice competente esecuzione (G.E. se dopo inizio). Sentenza sul merito.
Opposizione agli atti (617 c.p.c.)Vizi formali di singoli atti: atto pignoramento, avvisi, ordinanze, etc. Scopo: Annullare/quash l’atto viziato e rifare corretto (se possibile).20 giorni da notifica/comunicazione dell’atto opposto.G.E. (con ricorso). Decisione con ordinanza (reclamo in appello/Cass.).
Istanza impignorabilità / limiti (545 c.p.c.)Fa valere limiti legali di pignorabilità su stipendi, pensioni, ecc. Scopo: liberare ciò che non può essere toccato (impignorabile).In qualsiasi momento dell’esecuzione (meglio alla prima udienza). Alcuni lo inseriscono in opposizione 615 o 617, ma può essere fatto come semplice istanza.G.E. (provvedimento in udienza o con ordinanza).
Conversione del pignoramento (495 c.p.c.)Sostituzione bene pignorato con somma di denaro equivalente (anche a rate). Scopo: liberare subito i beni (es. sbloccare conto/stipendio) pagando gradualmente.Prima dell’assegnazione. Va chiesta tempestivamente, di solito all’udienza comparizione o immediatamente dopo pignoramento.G.E. (ordinanza).
Riduzione del pignoramento (496 c.p.c.)Alleggerire/spezzare il pignoramento se eccedente il necessario. Esempio: liberare alcuni beni pignorati mantenendone altri.In ogni momento prima della liquidazione finale.G.E. (ordinanza).
Accordo e Rinuncia del creditore (629 c.p.c.)Transazione col creditore per estinguere procedura, con rinuncia agli atti.Qualsiasi momento (prima dell’aggiudicazione/assegnazione definitiva). Dopo serve revoca di ordinanza se già emessa.G.E. (dichiarazione estinzione su istanza di parte).

Nelle sezioni successive vedremo le mosse di difesa per il terzo pignorato (che differiscono un po’, perché il terzo non contesta il debito suo ma il fatto di dover pagare due volte o simili) e cenni sulle strategie del creditore per contrastare le difese altrui.

Difesa del terzo pignorato

Anche il terzo pignorato può trovarsi nella necessità di difendere i propri interessi nell’ambito del pignoramento presso terzi. Pur non essendo tecnicamente “parte” del rapporto debito originario, il terzo viene coinvolto e potrebbe subire pregiudizi se la procedura non è condotta correttamente – si pensi al caso visto prima dove un creditore furbo ottiene un’ordinanza di assegnazione dichiarando falsamente di non aver ricevuto la PEC del terzo: il terzo rischia di dover pagare una somma che in realtà non doveva più al debitore.

I principali strumenti di difesa per il terzo sono:

  • Contestazione in sede di dichiarazione: se il terzo compare e fa la dichiarazione può difendersi spiegando la sua posizione, evitando conseguenze peggiori.
  • Opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.: il terzo la userà soprattutto se viene colpito da un provvedimento ingiusto (es. ordinanza di assegnazione errata).
  • Opposizione di terzo all’esecuzione (caso particolare) se rivendica proprio l’estraneità del credito (ma di solito si risolve nel subprocedimento ex art. 549 più che con opposizione di terzo).
  • Azione di risarcimento danni: eventualmente, se ha subito un danno (ad esempio se l’assegnazione ottenuta fraudolentemente lo costringe a pagare due volte, potrà rivalersi poi).

Vediamo i più comuni:

Dichiarazione corretta e documentata

La prima difesa del terzo è banale: comportarsi diligentemente e dire la verità. Se il terzo, appena ricevuto il pignoramento, invia una comunicazione chiara al creditore spiegando la situazione (es: “Caro creditore, sappi che ho già pagato il debitore prima del pignoramento, e te lo dimostro allegando la quietanza”), mette già in condizione il creditore di non proseguire su un binario sbagliato. Certo, se il creditore è scorretto potrebbe fingere di nulla, ma allora il terzo potrà sventolare quella comunicazione a suo favore.

Se la dichiarazione è controversa (es. il creditore non crede al terzo), il terzo dovrà poi convincere il giudice nell’eventuale giudizio ex art. 549. In tale fase, come accennato, onere della prova: il creditore prova che c’era credito; il terzo se dice “ho pagato prima del pignoramento” o “ho compensato con un controcredito” deve provare questi fatti e che sono anteriori al pignoramento. Una difesa classica del terzo è proprio l’estinzione per compensazione (es. terzo datore di lavoro dice: sì, devo tot, ma il dipendente mi deve dei danni o mi deve un prestito, e li ho compensati; su questo la Cassazione ha detto che il terzo che eccepisce compensazione deve provarne i presupposti).

Se il terzo non ha nulla da dover dichiarare (tipo non doveva soldi al debitore), lo dica chiaramente (dichiarazione negativa) e se possibile allegando prove (es. “il conto corrente del debitore ha saldo €0, in allegato estratto conto; eventuali futuri bonifici verranno respinti” o simili).

Opposizione agli atti ex art. 617 c.p.c. da parte del terzo

L’art. 617 c.p.c. dice che “ciascuna parte” può fare opposizione a atti. Il terzo, pur essendo un “terzo”, è considerato parte del procedimento esecutivo in senso lato (difatti riceve provvedimenti e può impugnarli). Dunque, il terzo pignorato può proporre opposizione agli atti esecutivi se subisce un atto del G.E. che ritiene viziato o ingiusto.

Il caso emblematico, come più volte citato, è:

  • Il terzo oppone l’ordinanza di assegnazione emessa ex art. 548 c.p.c. (ficta confessio) quando egli aveva in realtà inviato la dichiarazione al creditore, o comunque contesta la sussistenza del credito assegnato. In quel caso, l’opposizione verterà sul vizio del procedimento (perché l’ordinanza si basa su un presupposto falso, cioè la mancata risposta). Il terzo chiederà al giudice dell’esecuzione (o al collegio in sede di reclamo) di revocare l’assegnazione e semmai attivare l’accertamento reale sul credito.
  • Un altro esempio: il terzo ha reso dichiarazione di dovere meno, ma il giudice – magari su insistenza del creditore – gli ha comunque assegnato di più. Il terzo può opporsi dicendo che l’ordinanza eccede quanto dichiarato e dovuto.
  • Oppure: terzo contesta spese o interessi calcolati a suo carico (benché di solito su di lui pesa solo ciò che deve al debitore, non di più).

Termini: come per chiunque, 20 giorni dalla conoscenza dell’atto. Il terzo viene di solito a conoscenza formale dell’ordinanza di assegnazione con la notifica della stessa (il creditore gliela notifica). Da quella notifica decorrono 20 giorni. Se il terzo non era presente all’udienza in cui venne decisa la ficta confessio, potrebbe contare i 20 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza da parte della cancelleria (ma tipicamente gliela notifica il creditore ai fini esecutivi).

Effetti: Se il terzo fa opposizione e chiede anche sospensione dell’efficacia dell’ordinanza (cosa opportuna, perché altrimenti il creditore potrebbe nel frattempo chiederne l’esecuzione su di lui), il G.E. può sospendere l’esecuzione di quell’ordinanza. Ad esempio, se la banca terza oppone l’assegnazione, chiederà di sospendere la sua obbligo di pagare il creditore finché non si decide chi ha ragione.

Poniamo, caso pratico: Banca X pignorata non appare; G.E. assegna €10k al creditore. Banca X in realtà aveva mandato PEC ma per un disguido non risultava. Banca fa opposizione ex art. 617 con istanza sospensione. Il G.E. sospende l’efficacia dell’ordinanza di assegnazione; poi, a seguito di istruttoria, può accogliere l’opposizione e annullare l’ordinanza, rimettendo le cose: se nulla era dovuto, fine; se qualcosa era dovuto ma meno, si rifarà l’ordinanza corretta.

Nel merito, l’opposizione del terzo spesso si “salda” con quell’accertamento di merito che non fu fatto. Quindi può diventare un accertamento che sì, il terzo aveva ragione e quel credito non c’era.

Opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 c.p.c.)

Questa non va confusa con la generica opposizione del terzo pignorato di cui sopra. L’opposizione ex art. 619 c.p.c. è fatta da un soggetto estraneo che rivendica la proprietà dei beni pignorati. Nel pignoramento presso terzi, il classico scenario di opposizione di terzo è piuttosto raro, perché i “beni” pignorati sono crediti (denaro) di regola di proprietà del debitore.

Un caso possibile: pignoramento di cose del debitore in possesso di terzo (es. il creditore pignora presso Tizio “i beni mobili di proprietà di Caio che si trovano nella tua disponibilità”, e magari Tizio dice: “quei beni non sono di Caio ma miei”). Allora Tizio non è debitore, è terzo custode di beni che dice essergli propri. Quello è scenario tipico di opposizione di terzo all’esecuzione: Tizio agisce per liberare i beni, provando la proprietà.

Nel nostro contesto, più focalizzato su pignoramento di crediti, l’opposizione di terzo art. 619 potrebbe teoricamente farsi valere se una somma depositata su conto corrente intestato al debitore in realtà era di un altro (ma se era cointestato? allora l’altro è contitolare e già la legge dice che si presume metà di uno e metà dell’altro, con possibilità di prova contraria). Un cointestatario di conto, non debitore, a volte può intervenire per svincolare la sua quota. La giurisprudenza non è del tutto univoca, ma tendenzialmente se A e B sono cointestatari e creditore di A pignora tutto il saldo, B può rivendicare che metà era sua: direi che è una questione di accertamento simile all’opposizione di terzo.

In ogni caso, l’opposizione ex 619 si propone con atto di citazione davanti al giudice dell’esecuzione, ed è una causa a parte, dove il terzo deve dimostrare il suo diritto sui beni pignorati.

Responsabilità del creditore procedente verso il terzo

Vale la pena menzionare: se il creditore procede scorrettamente e questo causa danno al terzo, quest’ultimo potrebbe chiedere i danni. Ad esempio la Cassazione ha ipotizzato una responsabilità aquiliana del creditore che con colpa o dolo dichiara di non aver ricevuto la dichiarazione e così costringe il terzo a subire la ficta confessio. Il terzo in tal caso paga due volte (ha già pagato il debitore e poi è costretto a pagare il creditore) – potrà far causa al creditore per riavere quei soldi. Certo, dovrebbe dimostrare il dolo/colpa del creditore (ad esempio esibendo la ricevuta PEC con consegna regolare e il creditore che nega contro l’evidenza, quindi dolo).

Analogamente, se il terzo per colpa del creditore subisce un danno (blocco illegittimo di troppi fondi, perdita di interessi ecc.), potrebbe valutare azioni.

Per questo un terzo, in caso di comportamenti borderline del creditore, farebbe bene a mettere tutto per iscritto (dichiarazioni via PEC, richieste di riscontro, ecc.) così da costruire eventuali prove.

Esempio pratico: il terzo pignorato ente pubblico (INPS)

Un esempio particolare di terzo è l’INPS quando viene pignorata una pensione. L’INPS, essendo un ente con tanti casi analoghi, di solito ha procedure standard: per rispondere alle dichiarazioni (spesso manda un documento standard che attesta l’importo di pensione e la quota pignorabile già calcolata). L’INPS sa bene i limiti (assegno sociale). Se per errore venisse assegnato più del dovuto, l’INPS in genere ricorre (anche amministrativamente, a volte hanno protocolli interni).

I terzi pignorati “professionali” (banche, INPS, ecc.) di solito non devono arrivare a fare opposizione: interloquiscono prima.

Casi pratici illustrativi

Vediamo ora alcuni casi concreti e come si applicano le difese:

Caso 1: Pignoramento dello stipendio – debitore contestatore

Scenario: Maria, debitrice, riceve da Banca X un pignoramento presso terzi sul suo stipendio presso l’azienda Y s.r.l. per un debito di €8.000. Maria però sostiene di aver già pagato €3.000 dopo il precetto, e inoltre nota che il creditore ha pignorato l’intero stipendio (mentre lei guadagna €1.200 mensili netti, quindi la quota pignorabile sarebbe max €240/mese). Cosa può fare?

Azioni di Maria:

  • Prima dell’udienza, propone tramite avvocato opposizione all’esecuzione ex art. 615 per far valere l’avvenuto pagamento parziale di €3.000. Chiederà riduzione del debito a €5.000 residui e forse sospensione, se teme che l’assegnazione avvenga per €8.000.
  • All’udienza, in via prudenziale, deposita anche istanza ex art. 545 c.p.c. evidenziando che l’importo pignorabile sullo stipendio è €240/mese, chiedendo inefficacia per il resto.
  • Inoltre, segnala che il creditore non le ha notificato l’avviso di iscrizione a ruolo (se vero) – in tal caso, potrebbe far rilevare l’inefficacia del pignoramento ex art. 543, co. 5.

Esito possibile: Il G.E. verifica e riduce subito il pignoramento al quinto; se l’avviso mancava, potrebbe dichiarare il pignoramento inefficace tout court (facendo cessare obblighi del terzo all’udienza stessa). Riguardo al pagamento parziale, se provato, il giudice potrebbe – se evidenza subito – limitar l’assegnazione all’importo residuo, oppure attendere l’esito dell’opposizione a esecuzione. Magari il giudice rinvia l’udienza dell’assegnazione e invita le parti a chiarirsi sul pagamento. Se Maria dimostra subito con ricevuta che ha pagato €3k, il creditore onesto dovrebbe riconoscerlo e ridurre la pretesa. Se non lo fa, il G.E. potrebbe sospendere in attesa che l’opposizione 615 definisca l’ammontare esatto.

Nel frattempo, Y s.r.l. (terzo) dichiarerà: “Stipendio €1200; altri pignoramenti no; cessione del quinto no. Quindi pignorabile €240.” Ciò conferma il limite.

Maria, in parallelo, potrebbe valutare la conversione: se trova un prestito, magari preferisce pagare subito €5k e liberare lo stipendio. Allora chiede conversione con rate.

Caso 2: Pignoramento di conto cointestato – difesa del cointestatario non debitore

Scenario: Due coniugi, Luca e Anna, hanno un conto corrente cointestato con €20.000. Luca ha un debito verso Tizio che pignora “conto corrente intestato a Luca presso Banca Z”. La banca Z però vede un conto cointestato Luca/Anna, saldo €20k. Notifica il pignoramento a Banca Z e a Luca (debitore). Anna non viene formalmente destinataria dell’atto perché non debitrice. Banca Z blocca €20k. Anna si trova il conto bloccato pur non essendo parte del debito di Luca.

Difesa di Anna: Anna può intervenire con un’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. sostenendo che metà di quei soldi (o tutti, se può provarlo) sono suoi esclusivi e non di Luca, quindi non dovevano essere toccati. Il giudice valuterà magari che per prassi metà dei fondi sono presumibilmente di Luca e metà di Anna (salvo prova contraria), quindi potrebbe disporre che solo €10k restano pignorati per Luca e l’altra metà sia liberata perché di Anna. Questo potrebbe anche avvenire in sede di dichiarazione del terzo: la Banca Z forse dirà “conto cointestato, salvo altri accordi, metà di spettanza di ciascuno”. Se il G.E. è attento, disporrà la liberazione del 50% non di Luca. Ma dipende, alcuni g.e. pretendono un’opposizione formale di Anna.

In parallelo, Luca può fare opposizione ex 615 magari sostenendo che i soldi sul conto erano di Anna (ma essendo cointestato è meglio se lo fa Anna direttamente). E Anna chiederà sospensione per la sua parte.

Questo caso è spinoso, spesso la soluzione è transattiva (creditore magari accetta metà subito pur di evitare contenzioso con Anna).

Caso 3: Terzo inadempiente: datore di lavoro che non versa la quota

Scenario: Giovanni, debitore, ha uno stipendio presso Datome S.p.A. Viene pignorato da un creditore per €15.000. Datome S.p.A. riceve l’ordinanza di assegnazione di 1/5 stipendio a favore del creditore. Tuttavia, Datome S.p.A. per negligenza o problemi di liquidità non versa regolarmente le quote al creditore (magari continua a darle a Giovanni per errore). Cosa accade?

Il creditore può pignorare Datome S.p.A. per ottemperare all’ordinanza (pignoramento verso terzo che però ora è debitore diretto del creditore). Il giudice può anche aver fissato nell’ordinanza che Datome è tenuto e se non lo fa si procede. Il creditore può anche segnalare al giudice, ma in pratica farà un precetto contro Datome per quelle somme e potrà pignorare il conto di Datome.

Giovanni (debitore) in questo contesto rischia perché se Datome non paga, il suo debito con creditore non si riduce, e creditore può cercare altri modi per colpirlo. Giovanni quindi ha interesse che Datome paghi. Può sollecitare Datome, ma se non succede, paradossalmente Giovanni potrebbe trovarsi pignorato di nuovo altrove.

Il terzo Datome qui non ha scuse: è obbligato da titolo esecutivo. Non c’è difesa per l’inadempimento volontario; anzi, è colpa.

Caso contiguo: se Datome sbaglia versando più del quinto (illegalmente) e Giovanni subisce un prelievo eccessivo, Giovanni potrà richiedere la restituzione. Ma i datori di lavoro di solito rispettano il quinto esatto.

Caso 4: Pignoramento “a strascico” su più terzi – difesa con riduzione

Scenario: Creditore Pinco ha un credito di €50.000 verso Debitore Pallino. Non sapendo bene dove attaccare, Pinco pignora: il conto di Pallino in banca A, il conto in banca B, e lo stipendio di Pallino presso Datome S.p.A., simultaneamente, tutti per €50k. Così riesce a bloccare: €10k in banca A, €5k in banca B, e un quinto di stipendio €300/mese.

Chiaramente, se somma tutte queste risorse, potrebbe ottenere più del dovuto o comunque sta tenendo impegnati più beni del necessario (tra l’altro rischia la regola di cumulo: stipendio pignorato e conti pignorati, ma stipendio su conto? eh).

Pallino, tramite avvocato, chiede al G.E. in udienza di ridurre il pignoramento: ad es. se la Banca A con €10k + stipendio in X anni è sufficiente, liberare banca B. Oppure di scegliere uno: “signor giudice, lasci solo il pignoramento sullo stipendio e sblocchi i conti, tanto in tot anni si paga”.

Il G.E. valuterà, anche sentendo il creditore (che di solito vuole mantenere quanti più vincoli finché non è sicuro di incassare). Potrebbe disporre: manteniamo conti A e B per un totale di €15k, e riduciamo lo stipendio a periodo breve, oppure viceversa. Dipende dal buon senso e dalla prevedibilità di realizzo. Se il debitore dà garanzie sullo stipendio continuativo, il giudice può liberare i conti per non ammazzarlo finanziariamente subito. C’è discrezionalità: “può” ridurre, non deve.

Caso 5: Terzo: banca che commette errori nella dichiarazione

Scenario: Banca Alfa viene pignorata per conto del debitore. La banca per errore non invia la dichiarazione. In udienza non appare. G.E. assegna €5.000 al creditore, ritenendoli presenti (ficta confessio). In realtà, la banca aveva un saldo di solo €2.000 sul conto del debitore. Quindi l’ordinanza le impone di pagare €5.000, costringendola a prelevare €2.000 dal conto (fondo debitore) e i restanti €3.000 ce li deve mettere di tasca propria, perché non esistevano nel conto!

La banca a questo punto si accorge e ovviamente fa opposizione ex 617 contro l’ordinanza, spiegando al giudice che il credito pignorato in realtà era di €2k, non 5k. Il giudice con ogni probabilità revoca in parte l’ordinanza riducendo a €2k l’assegnazione (se il creditore nel frattempo non ha già prelevato i 5k dalla banca… ma se la banca non li aveva, avrà al massimo pagato 2k e rifiutato il resto). Oppure, potrebbe confermare per qualche ragione e dire “banca, dovevi dirlo, ora paghi 5k e poi ti rivalerai sul debitore per 3k extra che hai pagato a suo nome”. Non credo, perché la ficta confessio serve per semplificare, non per far nascere un obbligo maggiore di quello reale.

La Cassazione sul punto è chiara: ficta confessio rende non contestato il credito del debitore verso il terzo, non è che crea un credito maggiore. Quindi al massimo era implicito che c’era almeno 5k di debito del terzo. Se la banca controprova di no, quell’ordinanza è ingiusta.

Dopo la revoca/adeguamento, il creditore potrebbe poi pignorare qualcos’altro per avere i restanti 3k dal debitore (non dalla banca). La banca eviterà danni, salvo forse dover pagare spese legali per l’opposizione (che magari il giudice le lascia a suo carico per la negligenza di non comparire, o le mette a carico del creditore se ravvisa suo abuso? Difficile, di solito se la banca non ha risposto è colpa sua anche…).

Ruolo e possibili azioni del creditore di fronte alle difese

Questa parte finale la dedichiamo brevemente al creditore procedente: come può prevenire o reagire alle difese di debitore e terzo.

Dal lato creditore:

  • Accortezze formali: Un creditore attento evita vizi che possano dare appigli. Quindi prepara un atto di pignoramento impeccabile, notifica tutto correttamente, rispetta i termini (avviso iscrizione a ruolo pronto e inviato), calcola limiti di pignorabilità (non chiedere oltre 1/5 stipendio, specificarlo nell’atto magari “pignoro un quinto dello stipendio presso… oltre etc.”, così non appare prepotente).
  • Monitoraggio del fascicolo: deve controllare che il terzo abbia risposto. Se riceve dichiarazione dal terzo, deve valutare onestamente: se dichiara cose come “non devo nulla perché già pagato prima”, approfondire invece di ignorare. Se la ignora e tira dritto, rischia opposizione e di perdere tempo o incorrere in responsabilità.
  • Resistere alle opposizioni: se il debitore fa opposizione all’esecuzione, il creditore dovrà costituirsi e dimostrare che il suo diritto a procedere è valido. Se il debitore chiede sospensione, il creditore deve convincere il giudice che non ci sono gravi motivi (es. contestare la quietanza esibita se dubbia).
  • Accordi e transazioni: un creditore flessibile può anche accettare soluzioni alternative, ad esempio conversione: se il debitore offre una somma ragionevole a rate, il creditore può non ostacolare la conversione e incassare. Oppure se il debitore mostra che il pignoramento l’ha colpito su beni impignorabili, il creditore pragmatico può rinunciare a quella parte e dirigersi su altro, per evitare lungaggini.
  • Uso di interventi su terzo inadempiente: come visto, se il terzo non paga dopo assegnazione, creditore deve proseguire contro di lui (azione esecutiva o segnalare al giudice). Il creditore qui “difende” il risultato ottenuto.

In sintesi, un creditore prudente seguirà la procedura letteralmente, cosicché il debitore non abbia armi efficaci. Ad esempio, depositare l’avviso di ruolo e notificarlo puntualmente rende il pignoramento blindato su quel fronte; pignorare solo ciò che è lecito pignorare evita opposizioni su impignorabilità; contestare prontamente eventuali opposizioni con memorie ben fatte.

Modelli di atti e fac-simili

Riportiamo di seguito alcuni fac-simili utili ai professionisti (avvocati, legali delle parti). Sono modelli semplificati, da adattare ai casi concreti:

Modello di Opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. (post pignoramento)

TRIBUNALE DI [luogo competente]

Atto di citazione in opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.

Promosso da:
[Debitore Opponente] (C.F. ...), residente in ..., elettivamente domiciliato in ... presso lo studio dell’Avv. ..., che lo rappresenta e difende giusta procura in calce,
– Opponente –

Contro:
[Creditore Procedente] (C.F. ...), residente in ... / con sede in ..., rappresentato e difeso dall’Avv. ... (oppure non costituito in questa fase),
– Opposto –

Oggetto: Opposizione all’esecuzione immobiliare/presso terzi R.G.E. n. .../202... pendente innanzi al Tribunale di ..., G.E. Dott. ..., promossa da [Creditore] contro [Debitore].

Fatti e motivi:
- Che il Sig. [Creditore] ha promosso procedura esecutiva nei confronti del Sig. [Debitore] in forza di [titolo esecutivo: es. decreto ingiuntivo n... del ...] per la somma di €..., procedendo a pignoramento presso terzi (conto corrente/stipendio) notificato in data ...;
- Che tuttavia il credito azionato non era (più) dovuto in quanto [descrivere motivo: es. il debitore aveva integralmente pagato la somma precettata in data ... come da quietanza allegata; oppure: il titolo esecutivo è stato annullato con sentenza n... del ...; oppure: le somme pignorate sono assolutamente impignorabili ex art. 545 c.p.c., trattandosi di ...];
- Che nonostante ciò l’esecuzione è stata avviata e prosegue illegittimamente, arrecando grave pregiudizio all’opponente;
- Che pertanto l’opponente intende far valere l’inesistenza del diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata;

Tutto ciò premesso, il Sig. [Debitore] opponente, come sopra rappresentato, cita il Sig. [Creditore] opposto a comparire innanzi al Tribunale di ..., all’udienza del ... ore ..., locali di rito, con invito a costituirsi nel termine di legge e l’avvertimento che la mancata costituzione comporterà le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., per ivi sentire accogliere le seguenti

Conclusioni:
Voglia l’On.le Tribunale adito, contrariis reiectis, così decidere:
1. In via preliminare e urgente, sospendere la procedura esecutiva R.G.E. n.../..., pendente innanzi al Tribunale di ..., sino all’esito del presente giudizio di opposizione, ai sensi dell’art. 624 c.p.c., attesa la fondatezza delle ragioni opponibili e il grave pregiudizio derivante all’opponente dalla prosecuzione dell’esecuzione (come da istanza depositata separatamente ex art. 648 c.p.c. per la trattazione ante causam).
2. Nel merito, accertare e dichiarare che il Sig. [Creditore] non aveva né ha diritto di procedere ad esecuzione forzata nei confronti del Sig. [Debitore] in relazione al credito di cui al titolo esecutivo azionato, perché [già interamente soddisfatto / non (più) sussistente / relativo a beni impignorabili / etc. indicare il motivo], e per l’effetto dichiarare improcedibile e/o estinguere la procedura esecutiva in oggetto, con ordine di cancellazione del pignoramento e liberazione delle somme presso terzi.
3. Conseguentemente, condannare parte opposta alla refusione delle spese del presente giudizio in favore dell’opponente, con attribuzione al procuratore antistatario.

In via istruttoria, si produce sin d’ora la seguente documentazione a sostegno:
- doc.1: titolo esecutivo e atto di precetto;
- doc.2: ricevuta pagamento €... del ... (quietanza);
- doc.3: [altri documenti rilevanti];

Si indicano testi (eventuale) e si chiede ammissione di interrogatorio formale della controparte sui capitoli di cui all’allegato foglio separato (eventuale), nonché ogni mezzo di prova utile.

Luogo, data.
Avv. XYZ – Difensore di [Debitore Opponente]

Note: Questo è un modello generico. Nel caso di opposizione tempestiva a esecuzione già iniziata, può essere fatto con ricorso al G.E. invece che citazione, ma la formula con citazione resta classica se si sceglie di farlo in forma ordinaria. Nel dubbio, molti usano il ricorso se l’esecuzione è pendente (e il G.E. emette decreto fissando udienza).

Modello di Opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.

TRIBUNALE DI [luogo] – Giudice dell’Esecuzione R.G.E. n.../...

Ricorso ex art. 617 c.p.c. per opposizione agli atti esecutivi

Procedura esecutiva presso terzi R.G.E. n. .../..., creditore [XY] contro debitore [ZZ], terzo [ABC S.p.A.]

Ricorrente: [Debitore/ Terzo] ... C.F. ..., domiciliato ex lege presso la Cancelleria Esecuzioni / elettivamente presso ..., rappresentato dall’Avv. ..., difensore nel procedimento in epigrafe;
Resistente: [indicare la controparte necessaria: di solito il creditore procedente, eventualmente anche altre parti se coinvolte]

Fatti e atti impugnati:
- In data ... il G.E. ha emesso ordinanza di assegnazione (ovvero: è stato notificato al ricorrente l’atto di pignoramento / si è tenuta l’udienza... etc.) [descrivere l’atto o il provvedimento che si intende opporre].
- Il ricorrente ha avuto conoscenza di tale atto in data ... (notifica/comunicazione/udienza).
- Tale provvedimento è affetto da [descrivere il vizio]: ad esempio, violazione dei limiti di pignorabilità di cui all’art. 545 c.p.c., avendo il Giudice assegnato l’intero credito pignorato pari a €..., laddove trattasi di pensione soggetta a limite ex art. 545 co.7 c.p.c., con parte impignorabile pari a €..., di talché l’ordinanza risulta in parte qua illegittima; oppure: nullità dell’atto di pignoramento per omessa indicazione dell’udienza e mancata citazione del debitore ex art. 543 c.p.c.; oppure: l’ordinanza di assegnazione è stata emessa nonostante il terzo avesse comunicato il proprio adempimento integrale verso il debitore prima del pignoramento (cfr. PEC allegata), con conseguente insussistenza di credito da assegnare; etc.
- Pertanto l’atto/ordinanza in questione risulta viziato e ha arrecato un pregiudizio al ricorrente, che intende farlo valere nelle forme dell’art. 617 c.p.c.

Tutto ciò premesso, il ricorrente come sopra rappresentato e difeso formula opposizione ex art. 617 c.p.c. e chiede che l’Ill.mo Giudice dell’Esecuzione voglia:
1. In via urgente, sospendere l’esecuzione del provvedimento impugnato [se già emesso, es.: ordinanza di assegnazione] e gli effetti del medesimo, attesa la fondatezza della presente opposizione e il rischio di grave danno in caso di esecuzione (es. pagamento non dovuto), ai sensi degli artt. 623 e 624 c.p.c.;
2. Nel merito, annullare/revocare l’atto esecutivo opposto, e precisamente [identificare: l’atto di pignoramento del ... / l’ordinanza di assegnazione pronunciata in data ...], in quanto affetto da nullità per i motivi di cui in narrativa; conseguentemente, adottare i provvedimenti opportuni per il prosieguo regolare della procedura (eventualmente: disporre nuova udienza per la dichiarazione del terzo, oppure dichiarare l’inefficacia del pignoramento, ecc., a seconda del caso).
3. Con vittoria di spese del presente incidente in danno di [parte resistente] ove ne risulti soccombente.

Documenti allegati:
- doc.1: copia dell’atto/ordinanza opposta (se disponibile);
- doc.2: eventuale documentazione a riprova del vizio (es. dichiarazione del terzo inviata, quietanza, ecc.);
- ...

Luogo, data.
Firmato: Avv. ...

Modello di dichiarazione del terzo pignorato (comunicazione ex art. 547 c.p.c.)

[SU CARTA INTESTATA DEL TERZO PINORATO / via PEC]

Mittente: [Terzo pignorato] (es. ABC S.p.A., C.F./P.IVA ..., con sede in ...)
Destinatario: [Avvocato del creditore procedente] – PEC: ...
e, p.c.: Tribunale di ..., R.G.E. se noto, Cancelleria Esecuzioni – PEC: ...

Oggetto: Procedura esecutiva presso terzi R.G.E. n. .../..., Creditore ... / Debitore ..., ATTO DI PIGNORAMENTO NOTIFICATO AD [ABC S.p.A.] in data ...

Egr. Avvocato,
in riferimento al pignoramento presso terzi di cui all’oggetto, notificato alla scrivente società in data ..., ai sensi dell’art. 547 c.p.c. comunichiamo quanto segue:

- La società ABC S.p.A. è attualmente debitrice verso [debitore esecutato] di: 
  - € ... a titolo di [specificare: ad es. retribuzioni dovute per il mese di ... / fatture in sospeso n... / saldo conto corrente n... / etc.], con scadenza di pagamento [es: mensile, il giorno ... / immediata esigibilità].
- [Oppure: Nel caso di dichiarazione negativa: Alla data odierna e con riferimento all’atto di pignoramento ricevuto, la scrivente società dichiara di non essere debitore di alcuna somma nei confronti del Sig. ..., non avendo rapporti di debito in essere con lo stesso (specificare eventuali circostanze per chiarezza: es. "il rapporto di lavoro con il Sig.... è cessato in data ... e tutte le competenze di fine rapporto risultano liquidate"; oppure "il conto corrente n... intestato al Sig.... presenta saldo zero/eccedenza passiva", etc.).]
- Eventuali precedenti gravami: [esporre se noti] 
  - Non risultano sequestri o altri pignoramenti anteriori notificati presso di noi in relazione al medesimo rapporto di credito. 
  - (ovvero) È pervenuto a questa società un altro pignoramento a istanza di [altro creditore] notificato in data ..., relativo anch’esso al credito verso [debitore], tuttora pendente. 
  - Non risultano atti di cessione del credito da parte del debitore, né altri vincoli, ad eccezione di ...
- Pertanto, allo stato, si conferma che la società [terzo] trattiene, in forza del pignoramento in oggetto, le somme dovute a [debitore] nei limiti di € ... come sopra specificato e resta a disposizione dell’Ill.mo Giudice dell’Esecuzione per l’ulteriore corso del procedimento.

Distinti saluti.
Luogo, data.
Firma [Legale rappresentante di ABC S.p.A.]

(Inviare via PEC all’avvocato procedente; se cartaceo, via raccomandata A/R. Conservare ricevute.)

Modello di istanza al G.E. per svincolo somme (post-assegnazione)

Se, ad esempio, dopo che tutto è finito residuano somme, il debitore potrebbe presentare:

Procedura esecutiva n.../...
Istanza di svincolo somme residue

Il sottoscritto ... (debitore esecutato / terzo pignorato), premesso che con ordinanza del ... il G.E. ha assegnato al creditore ... la somma di €..., a seguito della quale la [Banca XY] ha provveduto al pagamento, e che attualmente sul conto pignorato risultano accantonate eccedenze pari ad €..., non dovute al creditore procedente (avendo questi dichiarato soddisfatto il proprio credito),
chiede
che l’Ill.mo G.E., verificato l’avvenuto integrale soddisfacimento del creditore procedente, voglia ordinare alla [Banca XY] lo svincolo e la restituzione in favore del sottoscritto delle somme residue giacenti sul conto vincolato, pari ad €..., nonché disporre l’archiviazione della procedura esecutiva.
Allega: attestazione banca su saldo conto post-pignoramento; quietanza creditore.
Luogo, data, firma.

Questo giusto per dare idea.

Conclusioni

Difendersi da un pignoramento presso terzi richiede tempestività, conoscenza dei propri diritti e degli strumenti legali disponibili. Il quadro normativo (aggiornato ad aprile 2025) offre diverse tutele al debitore e al terzo pignorato, ma queste vanno azionate correttamente e nei tempi giusti per risultare efficaci.

Riassumendo i punti chiave:

  • Prima regola: appena ricevuto un atto di pignoramento, il debitore deve analizzare se vi siano motivi per opporsi (pagamenti già fatti, vizi formali, somme impignorabili) e agire preferibilmente con l’assistenza di un legale. Il tempo è essenziale, soprattutto per eventuali opposizioni agli atti (20 giorni) e per non farsi precludere l’opposizione all’esecuzione (da proporre prima dell’assegnazione).
  • Limiti di pignorabilità: rappresentano una difesa di merito importantissima. Conoscere che stipendio e pensione hanno soglie di protezione consente al debitore di evitare di subire decurtazioni oltre il dovuto e gli permette di vivere con un minimo garantito anche durante l’esecuzione. Il giudice dell’esecuzione può ridurre d’ufficio, ma è bene sollecitarlo.
  • Opposizioni: l’opposizione all’esecuzione (art. 615) è lo strumento per far valere questioni sostanziali come il pagamento o la prescrizione; l’opposizione agli atti (art. 617) serve a denunciare irregolarità procedurali. Entrambe vanno presentate al giudice giusto e argomentate con prove e riferimenti normativi precisi, per avere chance di successo.
  • Coinvolgimento del terzo: il terzo pignorato non è una figura passiva; se vuole evitare problemi, deve collaborare correttamente (dichiarazione veritiera) e far valere i suoi diritti se viene leso (opposizione all’ordinanza ingiusta). La Cassazione tutela il terzo contro eventuali condotte scorrette del creditore (principio di fraus omnia corrumpit e autoresponsabilità, per cui il creditore negligente/doloso non viene premiato).
  • Novità normative: la riforma del 2021/2022 (Cartabia) e i correttivi del 2024 hanno introdotto adempimenti nuovi (avviso di iscrizione a ruolo) e nuove cause di inefficacia ed estinzione automatica (mancata notifica avviso, decadenza decennale). Ciò significa che, in sede difensiva, il debitore deve controllare se il creditore ha rispettato questi oneri: se no, può far dichiarare l’inefficacia del pignoramento ipso iure. Ad esempio, se l’udienza arriva e il debitore/terzo non ha ricevuto l’avviso col numero di ruolo, molto probabilmente quel pignoramento è destinato a cadere.
  • Facilitazioni pro-debitore: strumenti come la conversione del pignoramento permettono di risolvere in modo meno traumatico l’esecuzione, specie se il debitore intravede la possibilità di pagare (anche a rate). La conversione è un diritto potestativo del debitore e il giudice di regola la concede se il debitore rispetta le condizioni (versare la cauzione e seguire il piano).
  • Esecuzione razionale: la guida non serve solo al debitore, ma anche al creditore diligente che voglia evitare lungaggini: un pignoramento mirato, rispettoso delle quote legali, e una comunicazione efficiente col terzo e col giudice, portano a un risultato più rapido e difficilmente oppugnabile. Mentre abusi o errori possono dare spazio a opposizioni e ritardi notevoli.

Infine, teniamo conto che ogni caso pratico può presentare peculiarità e che i giudici dell’esecuzione possono avere prassi leggermente diverse (ad esempio, taluni richiedono la comparizione personale per certe istanze, altri accettano note scritte, ecc.). È sempre bene informarsi localmente (anche attraverso le tabelle di organizzazione dei tribunali o le prassi del giudice designato) per sapere come presentare al meglio le proprie difese.

Questa guida, con oltre 10.000 parole di spiegazioni tecniche e pratiche, intende offrire una panoramica a 360 gradi sul tema. Con le conoscenze qui acquisite, il debitore (e il suo legale) dovrebbero essere in grado di navigare con maggior consapevolezza le acque agitate di un pignoramento presso terzi, e il terzo pignorato potrà agire con coscienza dei propri doveri ma anche dei propri diritti per non incorrere in sanzioni né subire ingiustizie.

Fonti normative principali citate:

  • Codice di Procedura Civile, artt. 543-554 (pignoramento presso terzi) e disposizioni att. (art. 164-ter att. c.p.c.).
  • Codice di Procedura Civile, artt. 615, 617, 619 (opposizioni all’esecuzione, agli atti, di terzo).
  • Codice di Procedura Civile, art. 495, 496 (conversione e riduzione del pignoramento).
  • Codice di Procedura Civile, art. 545 (limiti di pignorabilità di crediti – stipendi e pensioni).
  • D.L. 19/2024 convertito in L. 41/2024 (introduzione art. 551-bis c.p.c. – efficacia decennale).
  • D.lgs. 149/2022 e D.lgs. 164/2024 (riforma Cartabia e correttivo) – modif. artt. 543, 546, 548, 549, 550, 553 c.p.c..
  • Principali sentenze: Cass. civ. sez. III 8 maggio 2023 n. 12195 (sulla necessità di avvisare il terzo, ratio riforma); Cass. civ. 14 ottobre 2021 n. 28047 (falsa attestazione del creditore e limiti ficta confessio); Cass. ord. 19 aprile 2018 n. 9624 (onere prova del terzo su compensazione); Cass. SS.UU. 1987 n. 9407 (responsabilità terzo per dichiarazione falsa).

Difendersi da un Pignoramento presso Terzi: Perché affidarsi a Studio Monardo per tutelare il proprio reddito e il proprio conto corrente

Hai ricevuto una notifica di pignoramento presso terzi da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione o da un creditore privato?
Ti hanno pignorato lo stipendio, la pensione o il conto corrente attraverso il tuo datore di lavoro o la banca?
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa difendersi in modo efficace e tempestivo, con una strategia legale mirata per proteggere il tuo reddito, contestare l’atto e recuperare la tua serenità.

Cos’è il pignoramento presso terzi

È una forma di esecuzione forzata con cui il creditore ordina al terzo soggetto (datore di lavoro, INPS, banca) di trattenere e versare parte delle somme che ti spettano.
Viene utilizzato per colpire:

  • stipendi e TFR
  • pensioni
  • conti correnti
  • crediti verso clienti (se sei un libero professionista o imprenditore)

Il pignoramento avviene senza passare da te, ed è per questo che spesso arriva improvviso e ha effetti immediati e paralizzanti.

Come può difenderti l’Avvocato Monardo

L’Avvocato Giuseppe Monardo, esperto in diritto esecutivo e sovraindebitamento, ti aiuta a:

  • Verificare la legittimità del pignoramento (molti atti sono nulli o viziati)
  • Controllare se sono stati rispettati i limiti di legge (es. massimo pignorabile su pensioni e stipendi)
  • Opporsi al pignoramento in Tribunale, con istanze mirate e tempestive
  • Chiedere la riduzione della trattenuta se la percentuale è eccessiva
  • Difendere somme non pignorabili (minimo vitale, arretrati protetti, indennità particolari)
  • Attivare una procedura di sovraindebitamento, per bloccare ogni tipo di esecuzione forzata e trattare tutto il debito con un piano sostenibile

Ogni azione è studiata sulla tua situazione specifica, con l’obiettivo di difendere ciò che ti serve per vivere e lavorare.

La via del sovraindebitamento

Se il pignoramento è solo uno dei tanti problemi e hai più debiti aperti, Monardo può attivare una delle procedure previste dalla Legge 3/2012 aggiornata al 2025, come:

  • Piano del consumatore, se sei un privato
  • Accordo di composizione della crisi, se hai o hai avuto una piccola attività
  • Liquidazione controllata del patrimonio, se non puoi pagare nulla
  • Esdebitazione dell’incapiente, se non possiedi beni né redditi sufficienti

Queste procedure sospendono ogni pignoramento in corso e ti consentono di ripartire davvero.

Le qualifiche dell’Avvocato Monardo

L’Avvocato Monardo è:

  • Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, iscritto presso il Ministero della Giustizia
  • Fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC)
  • Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa, abilitato secondo il D.L. 118/2021
  • Coordinatore di un team nazionale specializzato in diritto bancario, tributario ed esecutivo

Con lui, non subisci il pignoramento: lo affronti e lo combatti con gli strumenti giusti.

Conclusione

Il pignoramento presso terzi non è una condanna definitiva. Ma ignorarlo lo rende letale.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa avere al proprio fianco un professionista preparato, determinato e autorizzato, capace di tutelare i tuoi redditi, bloccare l’esecuzione e costruire una via d’uscita dai debiti.
Con Monardo, torni ad avere il controllo sul tuo denaro e sulla tua vita.

Qui di seguito tutti i contatti di Studio Monardo, il nostro Studio Legale specializzato in cancellazione e opposizione a pignoramenti presso terzi:

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  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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