Consolidamento Debiti: Come Funziona, Quando Conviene e Tutte Le Strategie

Il consolidamento debiti è una strategia finanziaria che permette di riunire più debiti esistenti in un unico finanziamento. In pratica, diversi prestiti – ad esempio carte di credito, prestiti personali, prestiti auto o anche mutui – vengono estinti e sostituiti con un prestito unico con una sola rata mensile da pagare. Questa guida di Studio Monardo, offre ai cittadini privati italiani una panoramica completa e dettagliata su come funziona il consolidamento dei debiti, quando conviene farlo e quali strategie adottare.

Perché leggere questa guida di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti?

Se hai più finanziamenti attivi e vuoi semplificare la gestione del tuo bilancio familiare, ridurre l’importo totale delle rate o ottenere condizioni di rimborso più vantaggiose, il consolidamento potrebbe essere la soluzione giusta. Nelle sezioni seguenti troverai spiegazioni tecniche ma accessibili, esempi pratici e casi studio realistici, insieme a modelli di calcolo per comprendere l’impatto economico delle varie opzioni. Includeremo anche opzioni meno comuni, come il consolidamento tramite mutui ipotecari, la cessione del quinto dello stipendio o della pensione, e l’uso di piattaforme fintech e soluzioni digitali innovative.

Seguici passo passo: inizieremo definendo cos’è il consolidamento debiti, per poi esplorare i vantaggi, gli svantaggi e i rischi. Esamineremo tutte le tipologie di debito consolidabili, discuteremo quando conviene (e quando no) consolidare, e infine illustreremo tutte le strategie disponibili – dalle più comuni alle meno note – per consolidare i debiti in Italia.

Che Cos’è il Consolidamento Debiti e Come Funziona

In questo primo capitolo capiremo cosa significa consolidare i debiti e qual è il meccanismo alla base di questa operazione. Il consolidamento è spesso associato alla semplificazione: immagina di avere diverse scadenze e importi da ricordare ogni mese, e di poter invece pagare un’unica rata. Vediamo i dettagli.

Definizione e Obiettivi del Consolidamento

Consolidare significa letteralmente “rendere solido, unificare”. Nel contesto finanziario, consolidare i debiti significa unire più debiti in un solo finanziamento. L’obiettivo principale è semplificare la gestione e, possibilmente, ridurre il peso delle rate mensili. L’idea è nata per contrastare il fenomeno del sovraindebitamento delle famiglie, tanto che in Italia è stata formalmente incentivata dal Decreto Legge 212/2011, in risposta alla crisi economica di quegli anni.

Obiettivi tipici del consolidamento:

  • Un’unica rata mensile al posto di molteplici: più facilità nel ricordare la scadenza e nel gestire i pagamenti.
  • Importo rata mensile ridotto rispetto alla somma delle rate precedenti, grazie a un allungamento del periodo di ammortamento o a tassi più favorevoli.
  • Tasso di interesse unico e, si spera, più basso: se i debiti originali avevano tassi alti (es. carte di credito al 18% o piccoli prestiti al 10-12%), il nuovo prestito di consolidamento potrebbe avere un tasso più contenuto, riducendo il costo totale del debito.
  • Maggiore controllo sul debito: con una sola controparte creditizia (la banca o finanziaria che eroga il consolidamento) invece che molte, la relazione creditore-debitore si semplifica.

Va però chiarito un punto: il consolidamento debiti non cancella i debiti né li “riduce” magicamente, ma li ristruttura. Ciò significa che avrai comunque l’obbligo di restituire tutto il dovuto, solo lo farai con modalità diverse (una rata unica, potenzialmente più bassa ma spalmata su più tempo).

Come Avviene la Fusione dei Debiti in un Unico Prestito

Vediamo come funziona operativamente il consolidamento debiti. Supponiamo che tu abbia i seguenti debiti in corso:

  • Carta di credito: €3.000 di saldo da pagare, con tasso del 18% annuo, rata minima mensile €120 (variabile in base al saldo).
  • Prestito auto: Rata €250/mese, altri 24 mesi rimasti.
  • Prestito personale per arredamento: Rata €200/mese, altri 36 mesi rimasti.
  • Piccolo prestito per elettrodomestici: Rata €80/mese, altri 12 mesi rimasti.

In totale stai pagando €650 al mese e fai fatica a starci dietro; inoltre le scadenze sono diverse e i tassi di questi debiti variano (la carta di credito è molto costosa in termini di interessi). Con un consolidamento, fai così:

  • Richiesta di un nuovo prestito (in banca o presso una finanziaria) per un importo pari alla somma dei tuoi debiti residui. Nel nostro esempio, supponiamo servano € (3.000 + debito residuo auto + residuo arredamento + residuo elettrodomestici). I debiti residui su prestiti si ottengono dai conteggi estintivi: poniamo siano €5.000 (auto) + €6.000 (arredamento) + €800 (elettrodomestici). Sommati ai €3.000 della carta fanno circa €14.800.
  • Richiedi quindi, arrotondando, un prestito di consolidamento di €15.000.
  • La banca valuta la tua richiesta (come vedremo nel Capitolo 6) e, se approvata, ti concede il prestito.
  • Con i 15.000€ erogati, vengono estinti immediatamente tutti i debiti precedenti. Spesso è la stessa nuova banca/finanziaria a occuparsi di pagare i tuoi vecchi creditori, utilizzando i conteggi estintivi forniti. In tal modo, tu non devi preoccuparti di pagare manualmente ogni debito: l’operazione è contestuale all’erogazione.
  • Da questo momento, hai un unico debito: verso la nuova banca, per il prestito di consolidamento di €15.000.
  • Pagherai quindi una sola rata mensile a questa banca. Se hai negoziato, ad esempio, un tasso annuo (TAN) del 7% su 5 anni (60 mesi), la rata risulterà intorno a €297 al mese (calcolo effettuato, in pratica, come verrà spiegato più avanti). Questo significa che sei passato da €650 totali di prima, a circa €297. Una riduzione drastica della rata mensile.
  • Naturalmente, stai ripagando per più tempo: 60 mesi (5 anni) invece dei 2-3 anni che ti restavano per alcuni prestiti. Il costo totale in interessi potrebbe risultare più alto su 5 anni a 7% che su periodi brevi a tassi vari (dovremo confrontarlo, lo faremo nelle sezioni sui vantaggi/svantaggi). Ma intanto il tuo bilancio mensile respira.

In sostanza: tutti i prestiti precedenti vengono chiusi e rimpiazzati dal nuovo. La banca di consolidamento diventa l’unico creditore e tu hai un nuovo piano di ammortamento con una sola rata.

Ricorda: se desideri liquidità aggiuntiva, molti istituti permettono di chiedere qualcosa in più oltre alla somma necessaria per chiudere i debiti. Ad esempio, magari richiedi €18.000 nel caso di prima, usando 15.000 per chiudere i debiti e ottenendo €3.000 di liquidità extra per altre spese urgenti. Questa è una caratteristica peculiare del consolidamento debiti. Ovviamente, ciò comporta una rata un po’ più alta o un allungamento ulteriore dei tempi, ma può essere utile se servono fondi immediati.

Differenze tra Consolidamento, Rifinanziamento e Ristrutturazione del Debito

Spesso i termini si confondono. Facciamo chiarezza:

  • Consolidamento Debiti: come definito, è un nuovo prestito che estingue varie posizioni debitorie. Nel linguaggio comune, si parla di prestito di consolidamento o mutuo di consolidamento (se è un mutuo ipotecario). Il suo scopo è unire e semplificare.
  • Rifinanziamento: termine generico che indica il sostituire un finanziamento con un altro. In teoria, ogni consolidamento è un rifinanziamento (perché finanzi di nuovo un debito preesistente). Spesso però con “rifinanziamento” si intende rinegoziare un singolo prestito (es. chiedi una cifra aggiuntiva o allunghi la durata di un prestito esistente con la stessa banca, ottenendo un nuovo piano di pagamento – alcuni lo chiamano ristrutturazione del prestito).
  • Ristrutturazione del Debito: in contesto aziendale o di grave crisi, indica accordi con i creditori per modificare le condizioni di pagamento, spesso con l’aiuto di procedure legali. Per i privati, la Legge 3/2012 ha introdotto procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (piano del consumatore, accordo con i creditori). Non è un prodotto finanziario come il consolidamento, ma una procedura giudiziale per chi è insolvente. Ne parleremo brevemente più avanti (Capitolo 9.9), ma è diverso dal consolidamento: con la legge 3/2012 potenzialmente una parte dei debiti può essere cancellata o ridotta via tribunale, mentre col consolidamento non c’è condono di debito, paghi tutto ma in modo diverso.

In breve, consolidamento = nuovo prestito che chiude i vecchi. Altri concetti come rifinanziamento o ristrutturazione hanno sfumature diverse, ma in questa guida ci focalizziamo sul consolidamento in senso stretto.

Tipologie di Debiti Consolidabili

Nel capitolo precedente abbiamo visto cos’è il consolidamento debiti e quando può convenire. Ora, in Capitolo 2 descriviamo le varie tipologie di debito che un privato cittadino italiano può consolidare in un’unica soluzione. Per ciascuna categoria di debito, spiegheremo brevemente come funziona e quali aspetti tecnici considerare, inclusi eventuali accorgimenti o attenzioni particolari nel consolidarne l’importo (ad esempio, alcuni debiti hanno tassi più alti o penali di estinzione da valutare). Vedremo inoltre esempi pratici per ogni tipologia, in modo da rendere concreti i concetti descritti. Aggiorniamo tutte le informazioni allo stato di aprile 2025, così che i dati su tassi d’interesse e normative siano attuali e affidabili.

Carte di credito e linee di credito revolving

Le carte di credito permettono di effettuare acquisti pagando l’estratto conto in un secondo momento. In particolare, le carte con opzione “revolving” o a rimborso rateale funzionano come linee di credito ricaricabili: il titolare può scegliere di rimborsare ogni mese solo una parte del saldo (una rata minima predeterminata), e il debito residuo viene rinviato ai mesi successivi, maturando interessi. In pratica la banca o finanziaria anticipa i pagamenti, creando un debito rotativo a disposizione del cliente fino a un plafond massimo. Questo meccanismo offre flessibilità di rimborso, ma a un costo spesso molto elevato in termini di interessi e oneri.

Attenzione nel consolidamento: le carte revolving rappresentano una delle forme di debito più costose sul mercato, con tassi d’interesse annuali elevatissimi (spesso 15-25% TAEG in Italia). Proprio per questo, conviene in genere consolidarle per prime, sostituendole con un prestito a tasso più basso, così da ridurre il costo del debito. Va sottolineato che estinguere una carta di credito revolving è di per sé semplice – basta richiedere alla banca la chiusura e saldare in un’unica soluzione l’importo dovuto. Nel consolidamento, ciò avviene usando i fondi del nuovo prestito per pagare il saldo della carta. Non ci sono penali di estinzione anticipata sulle carte di credito (non essendo prestiti a termine, si paga solo il debito residuo maturato fino a quel momento). Un accorgimento importante è evitare di ricreare nuovo debito sulla carta dopo averla consolidata: ad esempio, sarebbe prudente sospendere o limitare l’uso della carta una volta saldata, altrimenti si rischia di accumulare nuovamente saldo negativo. In sintesi, inserire i debiti da carta di credito in un consolidamento è quasi sempre vantaggioso per abbattere gli interessi e riportare sotto controllo una linea di credito potenzialmente “pericolosa” se lasciata crescere.

Esempio pratico: Marta ha una carta di credito revolving con un saldo utilizzato di 3.000 €. Il tasso annuale effettivo (TAEG) applicato dalla finanziaria è circa 20%, e Marta sta pagando solo la rata minima mensile di 90 €. Di questa rata, gran parte (oltre 40 €) sono interessi, quindi il debito cala molto lentamente. Decidendo di fare un consolidamento debiti, Marta ottiene un nuovo prestito personale al 10% di interesse annuo con cui estingue subito i 3.000 € della carta. Così trasforma il debito rotativo in un prestito a rate fisse di circa 97 € al mese per 36 mesi. La sua nuova rata è simile come importo, ma con la grande differenza che in tre anni avrà saldato tutto il debito, pagando molti meno interessi totali rispetto a quanto avrebbe pagato continuando con la carta revolving. Inoltre, Marta chiude la carta per evitare di riutilizzarla: in questo modo semplifica la gestione finanziaria, avendo eliminato la fonte di debito più onerosa.

Prestiti personali (non finalizzati)

I prestiti personali sono forme di credito al consumo in cui una banca o finanziaria eroga una somma di denaro direttamente al cliente, senza vincolarla a uno scopo specifico. Il debitore riceve l’importo in un’unica soluzione sul proprio conto e si impegna a restituirlo a rate mensili fisse (salvo rari casi di tasso variabile) per una durata concordata. In genere la durata va da 12 mesi fino a 5-6 anni (in alcuni casi estendibile fino a 10 anni), con importi finanziabili che possono arrivare a 30.000-50.000 € o oltre, a seconda della politica dell’ente erogante e della capacità di rimborso del cliente. Trattandosi di credito non garantito (chirografario), i tassi di interesse sono più alti rispetto a mutui ipotecari, ma mediamente inferiori a quelli delle carte revolving: ad aprile 2025 i prestiti personali presentano TAEG medi attorno al 10-12% (ovviamente il tasso esatto dipende dal profilo del cliente, dall’importo e dalla durata). Il contratto di prestito personale prevede un piano di ammortamento a rata costante (metodologia “francese”), quindi ogni rata include una quota interessi decrescente e una quota capitale crescente nel tempo.

Attenzione nel consolidamento: i prestiti personali sono tra i debiti più comuni da consolidare, perché molte famiglie italiane ne hanno più d’uno (es. prestito per l’auto, prestito per arredamento, ecc.). Quando si consolidano, bisogna considerare che estinguendoli anticipatamente può essere applicata una piccola penale di estinzione prevista dalla legge. Dal 1° giugno 2013 la normativa italiana (recependo le direttive UE sul credito ai consumatori) ha fissato queste penali a un massimo dell’1% del capitale rimborsato anticipatamente se il prestito ha più di un anno residuo, ridotto allo 0,5% se manca un anno o meno. Inoltre, nessuna penale è dovuta se il debito residuo da rimborsare è sotto i 10.000 € o coincide con l’intero importo dovuto. In pratica, quindi, chi consolida due o tre prestiti personali in corso dovrà aggiungere al calcolo del nuovo finanziamento anche questo eventuale piccolo costo extra per chiudere i prestiti precedenti. Di solito il vantaggio del consolidamento (tasso magari più basso o rata totale più leggera) compensa tali penali, ma è bene verificarlo.

Esempio pratico: Luigi ha due prestiti personali attivi: uno gli era servito per il matrimonio (importo originale 10.000 € in 5 anni, rata 210 €) e uno per un progetto personale (5.000 € in 3 anni, rata 160 €). Attualmente paga 370 € al mese sommando le due rate. Dopo 2 anni, il debito residuo è circa 6.500 € sul primo prestito e 1.800 € sul secondo. Luigi decide di consolidare: richiede un nuovo prestito sufficiente a coprire i circa 8.300 € di debito residuo totale, ottenendo magari un tasso leggermente più conveniente. Con i soldi del nuovo prestito estingue anticipatamente i due precedenti (pagando su ognuno l’1% di penale, cioè circa 65 € + 18 €). Il nuovo prestito viene acceso per un importo leggermente superiore (per coprire anche le penali e piccole spese) – poniamo 8.500 € – e una durata di 5 anni. La nuova rata unica di Luigi sarà di circa 180 € al mese. Grazie al consolidamento, l’esborso mensile si riduce nettamente (da 370 € totali a 180 €) rendendo più sostenibile il bilancio familiare, sebbene si allunghi la durata del debito. Luigi dovrà prestare attenzione a non accumulare ulteriori prestiti nel frattempo, altrimenti il beneficio si riduce.

Prestiti auto e moto

I prestiti auto/moto sono finanziamenti finalizzati all’acquisto di un veicolo (auto, moto o altri mezzi). Spesso vengono erogati direttamente presso il concessionario o rivenditore, tramite società finanziarie convenzionate, oppure richiesti dal cliente come prestito personale destinato all’acquisto di un’auto. In entrambi i casi, la caratteristica è che il prestito copre tipicamente parte o tutto del costo del veicolo e la durata è commisurata al valore del bene (di solito da 24 a 84 mesi). Nei finanziamenti auto in concessionaria è comune l’inclusione di un anticipo o di una maxi-rata finale (nel caso di formule come leasing o optional final balloon), ma nei prestiti auto standard ogni mese si paga una rata costante comprensiva di interessi. Il veicolo acquistato spesso funge da garanzia indiretta: ad esempio, può esserci un vincolo di proprietà (riserva di proprietà o patto di rotto pagamento) finché il prestito non è estinto, il che significa che il cliente non può vendere il mezzo senza il consenso della finanziaria fino a saldo completo. I tassi d’interesse dei prestiti auto/moto variano – a volte ci sono offerte promozionali a tasso zero o tasso ridotto tramite la casa costruttrice, altre volte si tratta di normali tassi da credito al consumo (nell’ordine dell’8-10% annuo, in linea con altri prestiti finalizzati).

Attenzione nel consolidamento: quando si consolida un prestito auto o moto, bisogna considerare due aspetti particolari. Primo, se il finanziamento prevedeva condizioni promozionali (ad esempio tasso 0% o contributi del concessionario), incorporarlo in un nuovo prestito di consolidamento significherebbe perdere quello sconto e iniziare a pagare interessi su quella parte di debito – occorre valutare se conviene davvero. Secondo, una volta estinto anticipatamente il prestito auto, il veicolo viene liberato da eventuali vincoli di proprietà: questo è positivo (si diventa proprietari “pieni” del mezzo), ma bisogna verificare se ci sono spese amministrative per cancellare il gravame dal Pubblico Registro Automobilistico (PRA) – in genere sono piccole spese che la finanziaria addebita all’estinzione. Dal punto di vista dei costi di chiusura, anche i prestiti auto/moto rientrano nella disciplina generale sulle penali di estinzione anticipata (massimo 1% o 0,5% come visto prima), a meno che non fossero formalmente leasing (in tal caso le condizioni possono differire). In sintesi, consolidare un prestito auto può semplificare le cose (una rata in meno) e talvolta ridurre l’esborso mensile, ma fate attenzione a non rinunciare a un tasso speciale agevolato se lo avevate sul prestito auto originale.

Esempio pratico: Rosa ha acquistato la sua auto un anno fa con un finanziamento in concessionaria di 15.000 € in 5 anni, a tasso agevolato 3,99% (rata circa 277 €). Contestualmente, ha anche un prestito personale per altri bisogni (rata 150 €) e una carta revolving. Rosa si sente oppressa da tre scadenze diverse e valuta il consolidamento. Il nuovo prestito potrebbe accorpare il residuo del prestito personale, il saldo della carta e il debito auto rimasto (circa 12.000 €). Tuttavia, il consulente le fa notare che il finanziamento auto era a tasso molto basso (3,99%), mentre il prestito di consolidamento avrebbe un tasso più alto (es. 8%). Consolidando anche l’auto, Rosa finirebbe per pagare più interessi su quella quota di debito. Decide quindi una strategia: consolidare solo i debiti più costosi (carta e prestito personale) e continuare a pagare a parte la rata auto a tasso agevolato. In questo modo ottiene comunque una semplificazione (una sola rata al posto di due, oltre alla rata auto che però è già conveniente) e minimizza i costi. Dopo il consolidamento, Rosa paga una rata unica di ~200 € per i debiti consolidati e mantiene la rata auto di 277 € separata. Alternativamente, se il suo prestito auto non fosse stato a tasso agevolato ma, ad esempio, al 9%, avrebbe probabilmente incluso anche quello nel consolidamento per risparmiare interessi.

Prestiti finalizzati (per acquisti specifici)

I prestiti finalizzati sono anch’essi crediti al consumo, ma vincolati all’acquisto di un determinato bene o servizio. A differenza del prestito personale, che viene erogato al cliente indipendentemente dall’uso, il prestito finalizzato viene di solito proposto direttamente presso il punto vendita di un bene (es. negozio di elettronica, mobilificio, clinica dentistica, agenzia viaggi, ecc.): l’esercente funge da intermediario e il finanziamento è erogato da una banca/finanziaria convenzionata, che paga il venditore al posto del cliente. Il consumatore poi rimborsa la finanziaria a rate. Questa tipologia di prestito richiede quindi di specificare la destinazione (deve essere descritta nel contratto di finanziamento). Spesso i prestiti finalizzati sono di importo medio-basso (qualche migliaio di euro) e di durata breve o media. Molti sono offerti con promozioni “tasso zero”, dove il cliente non paga interessi (il costo del finanziamento è sostenuto in parte dal venditore o dall’importatore del bene come incentivo alla vendita) – tipicamente il cliente paga solo eventuali spese amministrative e una quota di istruttoria inclusa nelle rate. Altri prestiti finalizzati, invece, applicano un tasso d’interesse standard simile ai prestiti personali. In generale, essendo legati a beni di consumo, il processo di ottenimento è rapido e semplificato (spesso più facile da ottenere di un prestito personale per piccoli importi) grazie anche al fatto che l’oggetto acquistato può essere rivenduto in caso di insolvenza (riducendo il rischio per la finanziaria).

Attenzione nel consolidamento: la prima cosa da verificare è se il prestito finalizzato ha un tasso di interesse oppure no. Se è un finanziamento a tasso zero (TAEG 0%) o con interessi molto bassi grazie a una promozione, includerlo nel consolidamento potrebbe non convenire da un punto di vista strettamente economico. Consolidando, infatti, si andrebbe a chiudere un debito che non stava generando interessi per sostituirlo con uno nuovo su cui invece gli interessi correranno. In tal caso potrebbe essere più saggio escludere quei debiti a costo zero e lasciarli proseguire fino a naturale scadenza, concentrando il consolidamento su altri debiti più onerosi. Se invece il prestito finalizzato applica un interesse (ad esempio un TAN del 8-10%), allora vale lo stesso discorso fatto per i prestiti personali: può essere utile consolidarlo per semplificare i pagamenti e magari ottenere un tasso più basso o una rata più leggera diluendo il debito su un periodo maggiore. Un altro fattore: spesso i prestiti finalizzati sono di piccolo importo con durate brevi – in fase di consolidamento, chiudendoli anticipatamente, l’eventuale penale 1% sarà minima in valore assoluto (es. su 1000 € restanti, il 1% è 10 €). Bisogna però comunicare al negozio o finanziaria l’intenzione di estinguere in anticipo: alcune offerte promozionali richiedono, per mantenere il tasso zero, che il piano arrivi a scadenza; in rari casi l’estinzione anticipata di un prestito a tasso zero potrebbe comportare la perdita di qualche bonus (conviene leggere le clausole). In generale comunque, non ci sono ostacoli tecnici al consolidamento: i prestiti finalizzati sono assolutamente consolidabili, basta richiedere il conteggio di estinzione e saldarlo col nuovo prestito.

Esempio pratico: La famiglia Bianchi ha comprato un nuovo frigorifero e una lavatrice tramite un finanziamento finalizzato di 1.200 € in 10 rate a tasso zero (quindi 120 € al mese senza interessi), e inoltre sta pagando a rate un pacchetto di cure odontoiatriche dal dentista, finanziato in 24 mesi con TAN 6,5%. Avendo anche altre uscite (es. un piccolo prestito per il computer dei figli e una carta di credito in utilizzo), decidono di semplificare il tutto. Valutano un prestito di consolidamento che accorpi tutti i debiti. Il consulente nota che il finanziamento del frigorifero/lavatrice è a costo zero, quindi suggerisce di non includerlo nel consolidamento: mancano solo pochi mesi e non grava con interessi. Invece, il debito dal dentista (circa 800 € restanti) ha un interesse discreto, e si può consolidare insieme agli altri. I Bianchi seguono il consiglio: ottengono un consolidamento che chiude il prestito del dentista, il prestito per il computer e il saldo della carta, mentre continuano a pagare le ultime rate zero interessi del finanziamento elettrodomestici a parte. Il risultato è che ora hanno una sola rata di consolidamento (anziché tre diverse precedenti), più la piccola rata a tasso zero che si esaurirà a breve. Hanno ridotto lo stress di gestione senza perdere il beneficio del tasso zero sull’elettrodomestico.

Mutui casa (mutui ipotecari per abitazione)

Il mutuo casa è un contratto di finanziamento a medio-lungo termine garantito da un’ipoteca su un immobile. Viene di norma utilizzato per l’acquisto della prima casa, per case secondarie, oppure per ristrutturazioni importanti. In un mutuo, la banca eroga una somma elevata (spesso decine o centinaia di migliaia di euro) e il debitore la restituisce in un periodo che può arrivare fino a 20-30 anni, tramite rate mensili o trimestrali comprensive di interessi. Grazie alla garanzia ipotecaria, il mutuo ha tipicamente un tasso di interesse molto più basso rispetto ai prestiti non garantiti: anche dopo i rialzi recenti, nel 2025 i mutui casa hanno tassi medi intorno al 3-4% annuo (variabili leggermente più alti, fissi un po’ più bassi). Inoltre, l’importo delle rate può essere relativamente contenuto, spalmando il rimborso su molti anni. I mutui si distinguono in mutui a tasso fisso, variabile o misto, a seconda di come sono determinati gli interessi, ma tutti seguono piani di ammortamento di lungo periodo. Data la loro natura, i mutui rappresentano spesso la porzione più grande dell’indebitamento di una famiglia.

Attenzione nel consolidamento: includere un mutuo casa in un’operazione di consolidamento debiti richiede alcune considerazioni specifiche. Anzitutto, non è comune (né conveniente) estinguere un mutuo ipotecario a basso tasso sostituendolo con un prestito personale ad alto tasso: si perderebbe il vantaggio del tasso ridotto. Se l’obiettivo è avere una sola rata, in questi casi la strategia più utilizzata è piuttosto quella di sostituire il vecchio mutuo con un nuovo mutuo (magari di importo maggiore, così da coprire anche altri debiti) – in pratica un rifinanziamento ipotecario per consolidamento. Ad esempio, alcune banche offrono “mutui di consolidamento” dedicati proprio a chi ha già un mutuo e diversi prestiti: accendendo un nuovo mutuo, si possono estinguere sia il mutuo precedente sia gli altri finanziamenti, convogliando tutto in un’unica ipoteca e un’unica rata. Questa operazione ha però costi iniziali (perizia dell’immobile, atto notarile di mutuo, imposta sostitutiva) e richiede garanzie adeguate.

In generale, se si vuole invece usare un prestito di consolidamento non ipotecario per coprire anche il mutuo, bisogna valutare i limiti di importo (raramente un prestito personale supera 60-70 mila euro, mentre il debito residuo di un mutuo può essere molto più alto). Inoltre, dal punto di vista contrattuale, estinzione anticipata di un mutuo: grazie alla Legge Bersani del 2007 non comporta più penali per i mutui stipulati da privati dopo il 2 febbraio 2007 (principalmente per acquisto/ristrutturazione di abitazione o attività professionale). Ciò significa che, se il vostro mutuo è relativamente recente, potete chiuderlo anticipatamente senza costi di penale, pagando solo il capitale residuo dovuto e gli interessi maturati fino a quel momento. Per i mutui più vecchi (ante 2007) esistono delle penali ridotte concordate tra ABI e associazioni consumatori, ad esempio massimo 0,50% entro il terz’ultimo anno per i tassi variabili o fino al 1,90% nella prima metà di ammortamento per i fissi, con esenzione negli ultimi anni. Sono percentuali comunque basse rispetto all’importo del debito.

Riassumendo, consolidare un mutuo è possibile ma spesso viene fatto tramite un nuovo mutuo (surroga o sostituzione) più che con un prestito personale. Se si opta per un nuovo mutuo di consolidamento, il vantaggio è mantenere tassi contenuti e allungare eventualmente la durata per abbassare la rata unica, però si aggiungono costi iniziali e si vincola l’immobile anche per i debiti che prima magari non lo erano (ad es. trasformando debiti da carte o prestiti, che erano chirografari, in debito ipotecario garantito dalla casa). Se invece si cerca di consolidare il mutuo con un prestito personale, bisogna avere un reddito molto elevato (per ottenere un prestito così grande) e considerare che la rata del nuovo prestito probabilmente sarà più alta di quella del vecchio mutuo, a causa del tasso maggiore e della durata più breve.

Esempio pratico: I coniugi Verdi hanno un mutuo residuo di circa 80.000 € sulla loro prima casa (rata 480 € al mese, tasso fisso 2%, scadenza tra 15 anni). Hanno anche alcuni debiti minori: 15.000 € tra due prestiti personali e 5.000 € di utilizzi su carte di credito, che in totale pesano per circa 400 € al mese. Vorrebbero unire tutto per avere un’unica rata mensile. Analizzando la situazione, scoprono che un prestito personale da 100.000 € per chiudere sia il mutuo che il resto avrebbe un tasso intorno al 9% e durata max 10 anni, con una rata vicina ai 1.300 € (molto più alta della somma delle rate attuali!). Invece, la banca propone loro un mutuo di consolidamento: rifinanziare 80.000 € + 20.000 € extra (per estinguere prestiti e carte) con un nuovo mutuo ipotecario da 100.000 € a 20 anni, tasso fisso 3.5%. Così avrebbero una rata unica di circa 580 €. I Verdi valutano i pro e contro: da un lato la rata unica di 580 € è più bassa della somma di 880 € che pagavano prima, dandogli respiro mensile; dall’altro lato, dovranno pagare spese iniziali di qualche migliaio di euro per il nuovo mutuo e prolungare di 5 anni l’orizzonte del debito rispetto al mutuo originario. Inoltre, quei 20.000 € di debiti che prima erano non garantiti ora saranno garantiti da ipoteca sulla casa. Dopo attenta riflessione (magari con un consulente), decidono di procedere con il mutuo di consolidamento perché la priorità è abbassare la rata mensile totale e semplificare la gestione, consci però dell’impegno a lungo termine preso sulla casa.

Mutui di liquidità (prestiti ipotecari per liquidità)

I mutui di liquidità sono una particolare tipologia di mutuo ipotecario in cui l’obiettivo non è comprare un immobile, bensì ottenere denaro liquido da utilizzare per esigenze personali diverse (es. ristrutturazioni non coperte da mutuo casa, spese importanti, investimento, consolidamento di altri debiti, ecc.). In pratica, se una persona ha una casa di proprietà (anche già libera da mutui o con poca ipoteca residua), può chiedere alla banca un mutuo garantito da quell’immobile e farsi erogare una somma da usare liberamente. Essendo garantito da ipoteca, il mutuo di liquidità offre importi maggiori e tassi più bassi rispetto a un prestito personale tradizionale, anche se di solito un po’ più alti rispetto ai mutui prima casa (il rischio per la banca è leggermente superiore perché la finalità è “liquidità generica”). Spesso le banche consentono mutui di liquidità fino a un certo Loan-To-Value (ad esempio non oltre il 50-60% del valore di perizia dell’immobile) e con durate in genere fino a 15 o 20 anni. Dal punto di vista del cliente, il funzionamento è identico a un mutuo: rate mensili, tasso fisso o variabile, ipoteca sull’immobile a garanzia.

Attenzione nel consolidamento: se un mutuo di liquidità è già esistente tra i debiti di una persona, significa che quella persona ha già indebitato la propria casa per ottenere denaro. Consolidarlo con altri debiti va valutato caso per caso. Spesso, chi ha in corso un mutuo di liquidità lo ha usato magari per consolidare debiti precedenti (è una strategia di consolidamento in sé), oppure per finanziare altre spese; potrebbe quindi non avere senso rifinanziarlo di nuovo salvo che le condizioni di mercato siano migliorate (es. tassi scesi) o che si voglia allungare ulteriormente la durata. Consolidare un mutuo di liquidità insieme ad altri prestiti può avvenire sostituendolo con un nuovo mutuo (come nell’esempio dei coniugi Verdi, dove il mutuo casa originario viene aumentato): ad esempio, se ho un mutuo di liquidità da rimborsare e altri prestiti, potrei fare un unico nuovo mutuo ipotecario che accorpi tutto. In alternativa, potrei fare un prestito personale di consolidamento per chiudere i piccoli debiti, lasciando intatto il mutuo liquidità. La scelta dipende dai numeri: il mutuo liquidità di solito ha un tasso abbastanza basso e una lunga durata, quindi sostituirlo con un prestito personale non è conveniente (stesso discorso del mutuo casa). Andrebbe sostituito solo con un altro mutuo eventualmente. Inoltre, c’è da considerare che il mutuo di liquidità impegna la casa come garanzia: se lo si consolida aggiungendoci altri importi, si sta aumentando l’importo garantito da ipoteca (occhio a non sovra-indebitare l’immobile oltre il suo valore). Dal lato delle penali di estinzione, valgono le stesse regole dei mutui: niente penali se stipulato dopo 2007 come privato, oppure minime secondo accordi ABI se precedente.

Esempio pratico: Marco, proprietario di un appartamento, due anni fa ha ottenuto un mutuo di liquidità di 40.000 € a 15 anni (tasso variabile 3%, rata ~276 €) per avere soldi con cui avviare una piccola attività. Nel frattempo, ha accumulato anche alcuni debiti personali: 10.000 € tra carte di credito e un finanziamento per l’attività, con rate complessive sui 300 € al mese. Marco vorrebbe alleggerire la pressione delle rate mensili. Ha due opzioni: 1) chiedere un prestito di consolidamento di 10.000 € per chiudere i debiti minori, mantenendo il mutuo liquidità com’è; 2) rifinanziare il mutuo di liquidità portandolo a 50.000 € (40k residui + 10k extra) e magari allungando a 20 anni, così da inglobare anche gli altri debiti. La prima opzione significa che avrebbe ancora due rate (quella del mutuo e quella del nuovo prestito), ma più basse singolarmente: ad esempio 276 € + ~100 € = 376 € totali, con la seconda rata che finisce in pochi anni, dopo di che resta solo il mutuo. La seconda opzione porterebbe ad un’unica rata di mutuo un po’ più alta, diciamo ~330 € al mese per 20 anni, semplificando la gestione. Tuttavia, allungherebbe di molto il rimborso dei 10k (che in alternativa avrebbe chiuso in pochi anni con il prestito personale) e implicherebbe costi di istruttoria e notaio per modificare il mutuo. Dopo aver valutato costi e benefici, Marco opta per la prima soluzione: fa un piccolo prestito per le carte e conserva il mutuo liquidità a parte. Ottiene comunque un miglioramento – due rate per un totale di 376 € vs le ~576 € che pagava prima – senza toccare l’ipoteca esistente e senza spese aggiuntive importanti. In futuro, quando il prestito consolidamento sarà estinto, gli rimarrà solo il mutuo liquidità da onorare.

Fidi bancari e scoperti di conto corrente

I fidi bancari (affidamenti in conto corrente) e gli scoperti di conto sono forme di credito collegate al proprio conto corrente bancario. Un fido consiste in un accordo con la banca che autorizza il cliente ad avere un saldo negativo fino a un certo limite (ad esempio 3.000 €) sul conto. In pratica è una linea di credito “a revoca” che il correntista può utilizzare liberamente per coprire spese eccedenti la disponibilità di conto, pagando però interessi solo sull’importo utilizzato di volta in volta. Lo scoperto (o sconfinamento) di conto, invece, si verifica quando il cliente va in rosso senza un fido autorizzato (o oltre il limite del fido): in tal caso la banca può permettere temporaneamente l’addebito, ma applicherà interessi ancora più alti e commissioni di sconfinamento. Entrambe le situazioni rappresentano di fatto un debito verso la banca a brevissimo termine, potenzialmente molto costoso: i tassi sugli utilizzi di fido sono elevati (in aprile 2025 i TAEG medi per scoperti di conto superano il 15% annuo, con soglie d’usura oltre il 23%) e spesso si aggiunge una commissione trimestrale sul fido concesso (commissione di disponibilità, tipicamente ~0,5% del plafond per trimestre anche se non utilizzato). Lo scoperto non autorizzato comporta invece commissioni di istruttoria veloce (CIV) per ogni sconfinamento e tassi di penalità. Insomma, il conto in rosso è una forma di finanziamento molto flessibile ma da usare con parsimonia.

Attenzione nel consolidamento: debiti accumulati sul conto corrente (fidi tirati al limite o scoperti ripetuti) sono ottimi candidati per il consolidamento perché in genere hanno costo elevato e nessuna scadenza definita. Rientrare da un rosso di conto con un prestito di consolidamento porta due benefici: (1) si azzera lo scoperto immediatamente, evitando ulteriori interessi passivi e mantenendo la reputazione presso la banca (uno sconfinamento prolungato può portare alla revoca del fido); (2) quel debito diventa un importo a rata fissa, più facile da gestire nel bilancio mensile. Da un punto di vista tecnico, estinguere un debito da conto non comporta penali né burocrazia complessa – basta utilizzare i fondi del nuovo prestito per versare sul conto la somma necessaria a coprire il saldo negativo, ripristinando il conto in attivo. È consigliabile, dopo il consolidamento, ridurre o revocare il fido se la sua necessità era sintomo di squilibri finanziari: altrimenti si rischia, una volta liberato il conto, di tornare ad usarlo e generare di nuovo un rosso (aggiungendo ulteriore debito oltre al prestito acceso). In molti casi le banche, sapendo che il cliente fa un consolidamento, chiedono la chiusura del fido contestuale all’erogazione (specie se il nuovo prestito è con la stessa banca), così da evitare di lasciare una linea che potrebbe essere riutilizzata immediatamente.

Esempio pratico: La ditta individuale di Giovanni utilizza costantemente il fido bancario di 5.000 € accordato sul conto: ogni mese, a fine mese il saldo va a –4.900 € poi rientra parzialmente con gli incassi, ma non completamente. In media, il rosso è di 3.000 € costanti. In un anno Giovanni si ritrova a pagare oltre 450 € di interessi sul fido (tasso circa 15%) più circa 60 € di commissioni di disponibilità. Decide allora di consolidare questo debito: richiede un piccolo prestito personale di 3.000 € a 18 mesi, tasso 8%. Con i soldi ricevuti, ripiana immediatamente il conto portandolo a zero. La banca mantiene attivo il fido per sicurezza ma ridotto a 1.000 € su richiesta di Giovanni, così da non tentarlo ad usare ancora l’intero importo. Ora Giovanni paga una rata mensile di ~180 € per il prestito di consolidamento e il suo conto resta generalmente in attivo. In 18 mesi avrà finito di pagare quei 3.000 € (più circa 240 € di interessi totali), una cifra molto inferiore rispetto a quello che avrebbe speso continuando ad essere costantemente in rosso. Questo esempio mostra come consolidare uno scoperto di conto possa far risparmiare e dare respiro di liquidità.

Altre forme di debito consolidabili (debiti fiscali, cartelle esattoriali, ecc.)

Oltre ai classici debiti bancari o finanziari, una persona può trovarsi a dover rimborsare debiti verso l’erario o altri enti, che a loro volta possono essere oggetto di consolidamento. Parliamo ad esempio delle rateizzazioni fiscali con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) o di cartelle esattoriali già emesse e dilazionate. Quando si hanno pendenze fiscali, spesso il Fisco consente di pagarle a rate (tipicamente fino a 72 rate mensili, circa 6 anni, o persino 120 rate in situazioni di grave difficoltà) invece di un’unica soluzione. Questi piani di dilazione prevedono comunque il pagamento di interessi di dilazione su base annua, sebbene a tassi generalmente più contenuti rispetto al credito al consumo: il tasso è legato agli interessi legali o ad altre norme fiscali, ed è stato ad esempio recentemente fissato attorno al 2-4% annuo per certe definizioni agevolate (in passato intorno al 4,5%). Anche le sanzioni e gli aggi di riscossione possono gravare, ma in caso di rateizzazione spesso non ci sono ulteriori aggravi se si paga regolarmente. Insomma, il debito fiscale ha un costo, ma relativamente basso rispetto a una carta di credito o a un prestito personale medio.

Attenzione nel consolidamento: consolidare debiti fiscali significa in pratica ottenere nuova liquidità da una banca per pagare in anticipo il Fisco. Questa mossa può avere senso se si vuole evitare il protrarsi del debito con l’erario o se le rate fiscali sono comunque troppo onerose da gestire insieme ad altri debiti. Tuttavia, bisogna fare attenzione perché si passa da un debito a basso interesse a uno potenzialmente più costoso: ad esempio, sostituire una rateizzazione Equitalia al 3% annuo con un prestito bancario al 8% annuo comporta pagare più interessi sul lungo periodo. Quindi, dal punto di vista puramente finanziario, non conviene consolidare i debiti verso il Fisco a meno che il nuovo prestito non abbia condizioni molto favorevoli o non vi sia altra scelta (ad esempio per non decadere da un piano di rate se non si riescono a sostenere le singole rate). Alcune banche potrebbero inoltre considerare negativamente una grossa esposizione verso il Fisco, quindi è possibile che chiedano spiegazioni o garanzie se il consolidamento include importi per saldare cartelle esattoriali. In ogni caso, tecnicamente nulla vieta di farlo: si può richiedere un prestito personale di consolidamento indicando come finalità anche il pagamento di debiti tributari, ottenere i fondi e poi versarli all’Erario chiudendo la posizione fiscale.

Esempio pratico: Stefano ha una cartella esattoriale di 6.000 € per tasse non pagate, che ha dilazionato in 20 rate trimestrali da circa 300 € l’una (gli ci vorranno 5 anni per estinguere il debito fiscale). Inoltre, ha in corso un prestito da 8.000 € (rata 180 € mensile) e uno scoperto di conto di 1.000 €. Ogni trimestre, quando coincide la rata Equitalia e le rate mensili, il suo budget è in sofferenza. Decide di rivolgersi a una finanziaria per consolidare tutto. Gli viene proposto un prestito di 15.000 € in 5 anni, con rata mensile di circa 320 €. Con 15.000 €, Stefano estingue subito il prestito bancario (saldo residuo ~7.500 €), copre lo scoperto di conto e paga in un’unica soluzione il residuo della cartella fiscale (circa 4.500 € ancora dovuti, risparmiando così un po’ di interessi di dilazione). Da quel momento ha un solo pagamento mensile di 320 € da fare. Questa rata è più alta di quella del prestito precedente, ma Stefano non ha più le uscite trimestrali da 300 € verso il Fisco né il conto in rosso: il flusso dei pagamenti è più regolare e semplice da gestire per lui. Nel complesso pagherà qualche interesse in più sul debito fiscale, avendolo finanziato al tasso del prestito consolidamento, ma ha preferito la comodità di liberarsi dell’Agenzia Riscossione e gestire tutto con la banca. Questo esempio mostra che anche debiti minori o di natura diversa possono rientrare in un consolidamento, purché si accetti l’eventuale costo extra in interessi.

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