Come Liberarsi Dai Debiti: Tutti Nessuno Escluso

Vuoi liberarti definitivamente dai debiti e vuoi conoscere nel dettaglio quali siano le migliori strategie legali per farlo?

Allora leggi la guida che abbiamo preparato per te noi di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti.

In fondo poi troverai tutti i nostri contatti per una consulenza legale.

Sei sommerso dai debiti e non sai come uscirne? Non sei solo: in Italia milioni di persone affrontano difficoltà economiche e faticano a ripagare prestiti, mutui, tasse o bollette. Secondo dati recenti, oltre 3,2 milioni di cittadini italiani vivono una condizione di sovraindebitamento cronico, in aumento del 12% rispetto all’anno precedente. L’inflazione elevata e la crisi economica hanno aggravato la situazione: si stima che il debito medio per italiano abbia superato i 29 mila euro. Circa il 45% delle famiglie indebitate non riesce più a coprire le spese essenziali e il 30% teme addirittura di perdere la casa a causa dei debiti. Insomma, l’indebitamento è un problema reale e diffuso, che può colpire chiunque – tutti, nessuno escluso.

Questa guida completa nasce per aiutare i cittadini privati italiani a liberarsi dai debiti. In modo chiaro e accessibile, esamineremo tutti i tipi di debito più comuni (debiti bancari come mutui e prestiti, debiti con finanziarie, debiti fiscali con l’Agenzia delle Entrate Riscossione, contributi INPS non pagati, debiti condominiali, bollette arretrate, multe stradali, ecc.). Per ciascuno vedremo quali sono le caratteristiche, i rischi e le possibili conseguenze se non si paga.

Successivamente, approfondiremo gli strumenti e le soluzioni concrete per uscire dalla spirale debitoria. Spiegheremo in termini semplici ma accurati le opzioni disponibili, come ad esempio:

  • Saldo e Stralcio, ossia l’accordo transattivo col creditore per chiudere il debito pagando una somma inferiore a quella dovuta;
  • Piano del consumatore e accordo di ristrutturazione dei debiti, procedure legali per rinegoziare o ridurre il debito complessivo grazie alla cosiddetta Legge “Salva Debiti” (Legge n. 3/2012, aggiornata dal nuovo Codice della Crisi);
  • Esdebitazione da sovraindebitamento, cioè la possibilità di ottenere la cancellazione (totale o parziale) dei debiti residui a determinate condizioni, per avere un nuovo inizio;
  • Come funzionano pignoramenti e aste immobiliari, quali beni possono esserti sottratti e quali no, e soprattutto come difendersi per evitare di perdere la casa o lo stipendio se sei in difficoltà.

Faremo riferimento alle normative più aggiornate (aprile 2025), tra cui la Legge n. 3/2012 (legge sul sovraindebitamento detta anche “salva suicidi”) come modificata e confluita nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022), oltre alle ultime Leggi di Bilancio e decreti che hanno introdotto misure di sollievo dai debiti fiscali (come lo stralcio dei debiti fino a 1.000€ e la rottamazione quater delle cartelle esattoriali). Tutto sarà spiegato in linguaggio semplice, con esempi pratici e consigli utili, in modo che chiunque possa comprendere i propri diritti e le soluzioni a disposizione.

Il nostro obiettivo è fornirti una mappa chiara per uscire dal tunnel dei debiti, qualunque sia la tua situazione, nessuno escluso. Leggendo questa guida saprai riconoscere il tipo di debito che hai, capire quali strumenti sono adatti al tuo caso e come attivarli, e potrai così muovere i passi giusti per ritrovare la serenità finanziaria. Ricorda: avere debiti non è una colpa e la legge offre diverse vie d’uscita; l’importante è informarsi, agire per tempo e non perdere mai la speranza. Iniziamo dunque esaminando i vari tipi di debito che possono gravare su una persona, per poi passare alle strategie di liberazione dal debito.

Ma andiamo ora ad approfondire con Studio Monardo, gli avvocati che ti aiutano a cancellare i debiti:

I Tipi di Debiti: Quali Possono Essere?

In questa sezione vedremo uno ad uno i principali tipi di debito che un cittadino privato può trovarsi a dover affrontare. Capire la natura del proprio debito è fondamentale, perché ogni tipo di debito ha regole e conseguenze specifiche. Affronteremo i debiti verso banche e finanziarie (mutui, prestiti, carte di credito), i debiti verso il Fisco e gli enti pubblici (cartelle esattoriali per tasse, multe, contributi), e altri debiti come quelli condominiali o per utenze domestiche. Per ciascuna categoria, vedremo cosa succede se non si paga, quali sono i rischi (interessi di mora, sanzioni, pignoramenti, ecc.) e se esistono tutele o particolarità da conoscere.

Debiti Bancari: mutui, prestiti e scoperti

I debiti bancari sono quelli contratti con istituti di credito (banche o società finanziarie assimilate) sotto forma di mutui, finanziamenti, prestiti personali o scoperti di conto corrente. Sono tra i più comuni: pensiamo al mutuo ipotecario per l’acquisto della casa, al prestito personale per esigenze familiari, al finanziamento auto o all’utilizzo di carte di credito a rimborso rateale. Vediamo le sottocategorie principali:

  • Mutuo ipotecario (sul bene immobile) – È il classico mutuo casa. La banca presta una somma importante (ad es. 100.000€) da restituire a rate mensili in 10, 20 o 30 anni, con interessi. A garanzia, viene iscritta un’ipoteca sulla casa acquistata. Cosa succede se non paghi le rate? In genere dopo qualche rata non pagata (di solito 6-7 mensilità, ma dipende dal contratto) la banca può decadere dal beneficio del termine, cioè richiedere immediatamente il saldo di tutto il debito residuo. Se il debitore non è in grado di pagare, la banca può avviare la procedura esecutiva immobiliare: in pratica chiede al tribunale di pignorare e vendere all’asta la casa ipotecata per recuperare il credito. Questa è la conseguenza più grave: si rischia di perdere la propria abitazione. Va detto che la banca preferisce spesso trovare un accordo prima di arrivare all’asta (perché le aste hanno costi e incertezza). Ad esempio, può proporre una rinegoziazione del mutuo (allungando la durata per abbassare la rata) oppure può accettare una vendita privata dell’immobile a un terzo, concordando che con il ricavato il debitore estingua il debito (talvolta anche a saldo e stralcio). Esistono anche tutele di legge: se la casa è prima casa e unico immobile di proprietà, il Fisco (Agenzia Entrate Riscossione) non può pignorarla per debiti tributari sotto certi importi (vedremo a breve), tuttavia questo limite non vale per le banche o altri creditori privati. Dunque una banca può procedere sul mutuo in sofferenza senza soglie minime, anche se nella pratica difficilmente mette all’asta per importi molto piccoli. In sintesi: il mutuo va onorato con priorità, perché il rischio in caso di insolvenza è la perdita della casa e restare comunque debitori se il ricavato dell’asta non copre tutto il mutuo (il debito residuo infatti resta a tuo carico, a meno che la banca non rinunci o tu non acceda a una procedura di esdebitazione).
  • Prestiti personali e finanziamenti – Questi sono debiti contratti sempre con banche o finanziarie, ma non garantiti da ipoteca. Possono essere prestiti personali, cessioni del quinto dello stipendio/pensione, finanziamenti al consumo (es. rate per acquisto di un elettrodomestico). In caso di mancato pagamento delle rate, l’iter tipico è il seguente: la banca/finanziaria invia solleciti e può segnalare il debitore come cattivo pagatore nelle banche dati creditizie (CRIF, Centrale Rischi), rendendo più difficile ottenere altri finanziamenti. Dopo alcune rate non pagate (di solito 2 o 3 consecutive) può risolvere il contratto e chiedere il pagamento di tutto il residuo in unica soluzione. Se il debitore non paga, il creditore può rivolgersi a un giudice per ottenere un decreto ingiuntivo (un ordine di pagamento). Una volta ottenuto, può attivare un pignoramento dei beni del debitore: tipicamente il pignoramento dello stipendio (se il debitore lavora) o della pensione, oppure il pignoramento del conto corrente. Approfondiremo più avanti i limiti di legge del pignoramento (ad esempio, per legge da uno stipendio si può prendere al massimo un quinto al netto, salvo casi particolari). I prestiti non pagati, se non gestiti, possono quindi portare a una trattenuta forzosa mensile sul reddito o al prelievo di somme dal conto, oltre che far lievitare il debito con interessi di mora e spese legali. In alcuni casi la finanziaria preferisce cedere (vendere) il credito a una società di recupero crediti specializzata, che contatterà il debitore per ottenere il pagamento (spesso proponendo piani di rientro o transazioni a saldo e stralcio). Cosa può fare il debitore? Appena ci si rende conto di non riuscire a pagare un prestito, conviene contattare la banca per cercare una soluzione bonaria: rinegoziare la rata, chiedere una sospensione temporanea, o proporre un saldo e stralcio se si dispone di una somma inferiore (quest’ultima opzione la trattiamo in dettaglio più avanti). Se invece il problema è temporaneo (es. perdita del lavoro), strumenti come la cessione del quinto o il consolidamento dei debiti potrebbero aiutare: ad esempio, con una cessione del quinto lo stipendio viene decurtato di una quota fissa destinata a ripagare il debito, spesso permettendo di chiudere altri prestiti e avere un’unica rata sostenibile. In ogni caso, i prestiti non garantiti offrono un margine di trattativa maggiore rispetto ai mutui ipotecari (perché il creditore non ha già un bene in garanzia).
  • Carte di credito e scoperti di conto (fidi) – Anche l’utilizzo di carte di credito revolving o l’andare “in rosso” sul conto corrente genera un debito verso la banca. Le carte di credito revolving permettono di restituire a rate l’importo speso: se non si pagano le rate minime mensili, la banca può bloccare la carta e attivare la procedura di recupero come per un prestito personale (ingiunzione e pignoramento). Gli interessi sulle carte revolving sono spesso elevati, quindi il debito può crescere velocemente se si salta il pagamento. Gli scoperti di conto o fidi bancari (il classico conto “in rosso”) sono somme che la banca ti ha anticipato oltre il saldo disponibile. Di solito sono a vista: la banca può revocare il fido e chiedere il rientro immediato. Se non rientri, può anche qui agire legalmente. Per importi contenuti spesso la banca cerca una soluzione a stralcio o rateizzata piuttosto che andare per via giudiziaria (valuta caso per caso). Il consiglio qui è di non ignorare mai le comunicazioni della banca: un accordo volontario è quasi sempre preferibile al pignoramento, anche perché ti evita ulteriori segnalazioni negative e spese.

In generale i debiti bancari hanno come particolarità la presenza di un contratto scritto e spesso di un’obbligazione certa, liquida ed esigibile (pensiamo al mutuo o al prestito con piano di ammortamento). Ciò rende abbastanza agevole per la banca provare il credito in giudizio e ottenere atti esecutivi. D’altra parte, le banche sono soggette a norme di trasparenza e spesso preferiscono il recupero stragiudiziale (bonario) se percepiscono la buona fede del debitore. Esistono inoltre alcune tutele legali specifiche: ad esempio, se gli interessi applicati sono usurari o il contratto presenta irregolarità, il debitore può fare opposizione o contestare il debito in parte. Ma questi sono casi particolari che richiedono assistenza legale tecnica. Nella maggior parte delle situazioni pratiche, il debitore che non riesce più a pagare un mutuo o un prestito cercherà una delle soluzioni di cui parleremo (rinegoziazione, consolidamento, saldo e stralcio, o in casi di insolvenza grave il ricorso a procedure come il piano del consumatore).

Riassumendo: i debiti con banche e finanziarie vanno monitorati con attenzione. Non appena si hanno difficoltà nel pagamento, è bene muoversi subito per trovare un accordo. Ignorare il problema peggiora solo la situazione, portando a costi aggiuntivi e azioni forzose. Molti istituti hanno uffici dedicati a rinegoziare con clienti in temporanea difficoltà. Inoltre, iniziative legislative come il Fondo di solidarietà per i mutui prima casa permettono (a chi ha i requisiti, ad esempio disoccupazione o malattia) di ottenere la sospensione delle rate del mutuo per un certo periodo. Esistono dunque appigli da usare per evitare il default conclamato. Se però il debito è ormai insostenibile nei termini pattuiti, non tutto è perduto: come vedremo, tramite accordi transattivi o procedure di sovraindebitamento, anche un debito bancario può essere ridotto e ristrutturato legalmente, evitando le conseguenze più gravi.

Come Funzionano I Debiti con Società Finanziarie e di Credito al Consumo

Accanto alle banche tradizionali, molte persone contraggono debiti con società finanziarie o di credito al consumo (es.: Agos, Findomestic, Compass, Cofidis, ecc.). Queste società concedono prestiti per acquisti di beni e servizi (auto, mobili, elettronica) o prestiti personali, spesso con iter più snello rispetto alle banche. In pratica il debito con una finanziaria non è diverso da un prestito bancario non garantito: c’è sempre un contratto di finanziamento, un piano di rimborso a rate, e se il debitore non paga scattano interessi di mora e penali contrattuali.

Le finanziarie, tuttavia, gestiscono in modo specifico il recupero crediti. In genere dopo 1 o 2 rate non pagate attivano il loro ufficio interno o affidano la pratica a una società di recupero crediti esterna. Quest’ultima inizierà con telefonate, lettere o email al debitore per sollecitare il pagamento. È importante sapere che il recupero crediti deve rispettare la legge: ad esempio, non sono ammesse minacce, né telefonate continue a orari improbabili – in caso di comportamento molesto o intimidatorio il debitore può sporgere reclamo o segnalazione. Molte controversie con recuperatori si risolvono trovando un accordo: si può proporre di pagare in rate più piccole oppure tentare un saldo e stralcio (soprattutto se il debito è passato a una società terza che magari lo ha acquistato a un valore ridotto).

Se il debitore ignora i solleciti, la finanziaria può decidere di procedere legalmente: anche qui si passa per un decreto ingiuntivo e poi eventualmente pignoramento di stipendio, conto o beni. Oppure, come spesso accade, la finanziaria cede il credito a un fondo specializzato (per esempio società che comprano crediti “NPL”, non performing loans). Chi compra il credito subentra nei diritti del creditore originario e può a sua volta citare in giudizio il debitore. Talvolta il nuovo creditore (che ha acquistato il debito a prezzo ribassato) è più disposto ad accettare un pagamento parziale a saldo.

Un altro aspetto: mentre si è in debito con una finanziaria, si viene con ogni probabilità segnalati nelle centrali rischi (ad esempio nel SIC di CRIF come “in sofferenza” se si superano i 2 mesi di ritardo). Ciò compromette l’accesso ad altri finanziamenti fino a quando la posizione non viene regolarizzata o chiusa.

Cosa fare se hai debiti con finanziarie? Molti consigli sono uguali a quelli per i prestiti bancari: provare a rinegoziare la rata se il problema è temporaneo, oppure chiedere una dilazione del debito residuo. Se hai più prestiti con diverse finanziarie, può essere utile valutare un consolidamento (unire tutti i debiti in uno solo magari accendendo un nuovo prestito più grande, se ancora ottieni credito, oppure tramite cessione del quinto dello stipendio). Tieni presente che spesso le finanziarie applicano tassi relativamente alti: se hai la possibilità di un prestito a tasso minore (es. un prestito garantito da un familiare o un’ipoteca su un immobile), potresti estinguere i debiti più costosi in un colpo solo e restituire poi il nuovo prestito a condizioni migliori.

Se invece sei già in uno stadio avanzato (lettere di messa in mora, ingiunzioni in arrivo), potrebbe essere il momento di valutare soluzioni più strutturate, come le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (ne parleremo nel dettaglio). In una procedura di questo tipo, infatti, si possono includere tutti i debiti con finanziarie e proporre un piano di pagamento ridotto in base alle proprie possibilità, con l’omologazione di un giudice – il che impone anche ai creditori finanziari di accettare quanto stabilito.

Da notare che alcuni debiti di natura finanziaria possono cadere in prescrizione se il creditore non si attiva per molti anni. In generale il termine di prescrizione ordinario è 10 anni, ma molti crediti di finanziamento si prescrivono in 5 anni (essendo rateazioni periodiche) o addirittura in 3 anni nel caso di compensi da lavoro professionale, etc. Prima di pagare vecchi debiti, conviene verificare se non siano ormai prescritti per legge. Tuttavia, attenzione: anche solo una comunicazione di riconoscimento del debito (o un piccolo pagamento) interrompe la prescrizione, quindi questo va valutato con un esperto. Ne consegue che per debiti molto datati, a volte è più saggio non farsi avanti spontaneamente ma attendere le mosse del creditore. In caso di dubbio, consulta un legale o un’associazione di consumatori per capire se un debito è ancora legalmente esigibile.

In sintesi, i debiti verso finanziarie non vanno sottovalutati perché possono comportare azioni legali pesanti come quelli bancari. Allo stesso tempo, spesso vi è maggior margine negoziale (soprattutto se il credito è ceduto a terzi) per ottenere sconti o piani di rientro più favorevoli.

Come Funzionano I Debiti verso il Fisco: tasse, imposte e cartelle esattoriali

I debiti tributari sono quelli verso l’erario o altri enti pubblici per tasse, imposte, tributi o sanzioni amministrative non pagati. In Italia, la riscossione coattiva di questi debiti è affidata in gran parte all’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ADER), ente che ha sostituito Equitalia. Parliamo ad esempio di IRPEF, IVA, IMU, bollo auto, ticket sanitari, contributi previdenziali INPS (per i quali ADER agisce come agente della riscossione), nonché multe stradali e altri oneri comunali iscritti a ruolo. Questi debiti hanno una natura diversa dai debiti privati: riguardano obblighi verso lo Stato o enti pubblici e in genere derivano o da omessi versamenti (non ho pagato entro la scadenza un tributo dovuto) oppure da accertamenti (il Fisco contesta che devo pagare di più).

Quando un debito fiscale è definitivo (cioè non più impugnabile), viene iscritto a ruolo e ADER emette la cartella esattoriale (ora chiamata cartella di pagamento). La cartella è una sorta di ingiunzione che intima il pagamento entro 60 giorni. Se non si paga né si chiede rateizzazione entro quel termine, la cartella diventa esecutiva e ADER può procedere con gli strumenti di riscossione forzata previsti dalla legge. Tra questi strumenti ci sono: il fermo amministrativo su autoveicoli (iscrizione di un fermo che impedisce di usare/vendere l’auto del debitore), l’ipoteca su immobili di proprietà del debitore, e infine il pignoramento di beni (conto corrente, stipendio/pensione, immobili).

La riscossione esattoriale ha regole specifiche, alcune più rigide e altre più favorevoli al debitore rispetto ai creditori privati. Ad esempio, i limiti di pignoramento dello stipendio/pensione da parte di ADER sono leggermente diversi: se lo stipendio netto mensile è basso, la quota pignorabile è minore. In particolare, per i debiti fiscali lo stipendio può essere pignorato solo 1/10 se lo stipendio netto è fino a 2.500€, 1/7 (circa 14%) se è tra 2.500€ e 5.000€, e 1/5 se supera 5.000€ mensili. Queste soglie proteggono i redditi più bassi in misura maggiore. Per le pensioni, inoltre, la legge impone che non si possa toccare la parte di pensione inferiore a circa 1.000€ (c.d. “minimo vitale”), e la quota pignorata si calcola solo sull’eccedenza.

Un’altra particolarità riguarda la prima casa: la normativa (D.P.R. 602/1973, art. 76) vieta ad Agenzia Entrate Riscossione di pignorare l’unico immobile adibito ad abitazione principale del debitore, salvo che il debito superi certe soglie. In pratica, se hai una sola casa dove risiedi, non di lusso, e il tuo debito fiscale è sotto 120.000€, ADER non può procedere alla vendita all’asta di quell’immobile. Solo se il debito supera 120.000€ e il contribuente possiede altri immobili oppure l’unica casa non rientra nelle condizioni di esenzione (non è abitazione principale o è di lusso), allora l’agente della riscossione può avviare il pignoramento immobiliare, ma anche in tal caso deve prima iscrivere ipoteca e attendere almeno 6 mesi. Questa è una tutela importante prevista per la prima casa solo nei confronti del Fisco: come già detto, un creditore privato (banca, condominio, ecc.) non ha questo vincolo e potrebbe pignorare la casa anche per debiti modesti, sebbene raramente lo faccia per ragioni economiche.

I debiti fiscali tendono a crescere rapidamente per via di sanzioni e interessi di mora. Ad esempio, se non paghi in tempo le imposte, scatta una sanzione percentuale (dal 10% al 30% o più, a seconda dei casi) e interessi giornalieri. Una volta iscritti a ruolo, maturano interessi di mora (circa 3-6% annuo) e ogni cartella esattoriale include compensi di riscossione (aggio) e spese di notifica. Questo significa che un originario debito fiscale di 1.000€ dopo anni di mancato pagamento può lievitare a importi molto superiori. Lo Stato, consapevole di ciò, in vari periodi ha varato misure di definizione agevolata per venire incontro ai contribuenti e contemporaneamente incassare più rapidamente. Tra queste misure ci sono state le cosiddette “rottamazioni delle cartelle” (rottamazione ter, quater, ecc.) che prevedono di pagare il debito senza sanzioni né interessi di mora, oppure lo “stralcio” dei debiti minori (cancellazione dei debiti di piccola entità).

Ad esempio, la Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022) ha previsto l’annullamento automatico al 31/3/2023 delle cartelle fino a 1.000€ (affidate dal 2000 al 2015) limitatamente a interessi e sanzioni, con possibilità per gli enti creditori locali di rinunciare allo stralcio. In pratica, per le multe stradali e altri crediti locali fino a 1.000€ di quegli anni, sono stati azzerati gli interessi, mentre la sanzione principale restava dovuta. Inoltre, sempre con L.197/2022, si è introdotta la “Definizione agevolata 2023” (nota come rottamazione-quater), che consentiva ai debitori di cartelle dal 2000 al 30/6/2022 di estinguere i ruoli pagando solo l’imposta o il contributo dovuto, senza sanzioni né interessi di mora, e con una dilazione fino a 5 anni (18 rate). Questa rottamazione-quater ha avuto scadenze di adesione nel 2023, ma va segnalato che nel 2025, tramite il decreto “Milleproroghe”, è stata persino prevista una riammissione per chi era decaduto dalla rottamazione-quater, presentando domanda entro il 30 aprile 2025 Ciò significa che il legislatore continua a offrire finestre di sanatoria per i debiti fiscali, sapendo che molti cittadini hanno difficoltà a saldarli in modo ordinario.

Cosa fare se hai debiti con Agenzia Entrate Riscossione? La prima cosa è non restare inerti. ADER invia una comunicazione di avviso prima di agire (intimazione di pagamento se è passato più di un anno dalla cartella, avvisi prima di fermo auto, ipoteca, ecc.). Se ricevi tali avvisi, hai ancora tempo per intervenire. Le possibili azioni sono:

  • Chiedere una rateizzazione: Hai diritto a dilazionare le cartelle fino a 120.000€ con una semplice richiesta (massimo 72 rate) e oltre tale importo con certificazione dello stato di difficoltà (possibile estensione fino a 120 rate in casi gravi). Una volta ottenuta la dilazione, finché paghi le rate ADER non procede con azioni esecutive per quei debiti. Addirittura, per le rateizzazioni concesse dal 2020 in poi, il pagamento della prima rata determina l’estinzione delle eventuali procedure esecutive già avviate, purché non si sia ancora tenuta l’asta o l’assegnazione. Quindi la rateizzazione è uno strumento potentissimo per congelare i pignoramenti. Attenzione però: saltare le rate fa decadere il piano e a quel punto la riscossione riprende con più vigore.
  • Valutare l’adesione a rottamazioni o stralci se attivi: Informati se attualmente (o prossimamente) c’è una definizione agevolata cui puoi aderire. Ad aprile 2025, ad esempio, c’è la finestra di riammissione alla rottamazione-quater e si parla di una possibile “rottamazione-quinqies” futura. Se rientri nei requisiti, aderire a queste misure ti consente di tagliare via sanzioni e interessi, riducendo significativamente l’importo da pagare. Sono occasioni da non perdere perché lo sconto è di legge e non pregiudica eventuali altri benefici (anzi, è cumulabile con la rateizzazione in forma agevolata stessa).
  • Contestare se il debito non è dovuto: A volte capita che le cartelle contengano importi non dovuti o già pagati, o vizi formali. Puoi presentare un’istanza in autotutela all’ente creditore o proporre ricorso alle Commissioni Tributarie (per tributi) o al giudice ordinario (per multe) se ritieni illegittimo il debito. Attenzione: i ricorsi hanno termini brevi (30-60 giorni dalla notifica degli atti) e non sempre sospendono il pagamento, a meno che tu non chieda una sospensione cautelare. Questa è strada da percorrere solo se hai elementi solidi o assistito da un tributarista/avvocato, perché se perdi il ricorso rischi ulteriori spese.
  • Ricorrere alle procedure da sovraindebitamento: Se il debito fiscale è enorme per le tue capacità (es. centinaia di migliaia di euro che non potrai mai pagare interamente), sappi che la legge consente di includere anche i debiti fiscali in un Piano del consumatore o concordato minore (con eventuale transazione fiscale all’interno del piano) o in una liquidazione. Il nuovo Codice della Crisi prevede espressamente che nel piano di ristrutturazione del consumatore il giudice possa omologare il piano anche senza il voto favorevole dell’Erario, purché il trattamento offerto al Fisco non sia peggiore di quello che otterrebbe in una liquidazione. In altre parole, c’è la possibilità di stralciare una parte dei debiti fiscali tramite un piano giudiziale. Questo è un cambiamento rispetto al passato, dove spesso l’Agenzia delle Entrate era rigidissima nel richiedere il pagamento integrale per dare parere favorevole. Nel caso di esdebitazione dell’incapiente (che vedremo), i debiti fiscali vengono addirittura cancellati interamente se il giudice concede il provvedimento, salvo l’obbligo di pagare il 10% di eventuali sopravvenienze attive entro 4 anni.
  • Sapere cosa NON possono prenderti: Abbiamo già menzionato che ADER non può pignorare la prima casa in certe condizioni e deve rispettare i tetti sul pignoramento di stipendio/pensione. Inoltre, non si può pignorare tutto il conto corrente: se sul conto affluisce lo stipendio o la pensione, c’è una parte impignorabile pari al triplo dell’assegno sociale (circa 1.500€); se la somma era già depositata prima del pignoramento, il debitore può prelevare fino a quel limite, lasciando il resto a disposizione del creditore. Quindi il Fisco non può mai azzerarti il conto se ci sono somme minime vitali. Conoscere questi limiti è utile per non farsi prendere dal panico: ad esempio, se temi un pignoramento del conto, sappi che una certa somma per vivere ti sarà comunque lasciata.

In definitiva, i debiti fiscali vanno trattati come priorità, sia perché le sanzioni aumentano il debito nel tempo, sia perché l’Agente della Riscossione ha poteri speciali. Tuttavia, a differenza di un creditore privato, il Fisco è soggetto a indirizzi politici: periodicamente arrivano sanatorie, condoni o rateizzazioni straordinarie. Tieniti informato (anche tramite commercialisti o CAF) sulle novità legislative. Nel frattempo, se il debito è troppo alto, non vergognarti di chiedere aiuto: esistono professionisti e organismi (OCC, Organismi di Composizione della Crisi) che quotidianamente aiutano persone schiacciate dalle cartelle a trovare sollievo tramite le procedure di legge. Ne parleremo approfonditamente più avanti.

Come Funzionano I Debiti previdenziali (contributi INPS non pagati)

Un’altra categoria di debiti verso enti pubblici sono i debiti previdenziali, principalmente quelli verso INPS (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) o verso le casse previdenziali professionali. I casi tipici sono: un artigiano o commerciante che non è riuscito a pagare i contributi obbligatori sul minimale; un datore di lavoro che non ha versato i contributi dei dipendenti; un professionista iscritto alla gestione separata con contributi arretrati; oppure somme indebitamente percepite come prestazioni INPS da restituire.

Questi debiti spesso seguono lo stesso canale delle cartelle esattoriali: l’INPS emette un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo (che ha sostituito la cartella per i crediti INPS), e dopo la notifica, se non paghi entro 60 giorni, l’avviso viene passato all’Agente della Riscossione (ADER) per il recupero forzato. Dunque, per il debitore le conseguenze sono analoghe a quelle dei debiti fiscali: possibilità di fermo, ipoteca, pignoramenti secondo le regole viste (con gli stessi limiti su stipendio e prima casa, essendo ADER a procedere). Anche gli strumenti di tutela e definizione sono simili: INPS concede rateizzazioni del debito contributivo (tipicamente fino a 5 anni, o piani più lunghi in casi eccezionali) e l’Agente della Riscossione applica le regole generali per le dilazioni sulle cartelle. In alcuni casi lo stesso INPS può concedere dilazioni prima di passare il debito in cartella.

Ci sono state anche misure di saldo e stralcio contributivo in passato. Ad esempio, la Legge di Bilancio 2019 introdusse per le persone fisiche con ISEE basso un saldo e stralcio dei contributi dovuti alla gestione separata e ad altre gestioni, pagando solo una percentuale ridotta. Tuttavia quelle misure erano straordinarie e temporalmente limitate. Nel 2023, lo stralcio dei debiti fino a 1.000€ 2000-2015 ha riguardato anche molti contributi INPS affidati a Equitalia in quegli anni: gli interessi e sanzioni sono stati annullati d’ufficio (mentre il capitale contributivo resta dovuto). Inoltre, le rottamazioni delle cartelle includono i contributi: quindi un debito INPS in cartella può essere definito pagando solo la quota capitale e senza sanzioni civili.

Un’importante differenza: mentre col Fisco c’è il contenzioso tributario, per l’INPS c’è il contenzioso presso il tribunale ordinario (sezione lavoro) per questioni contributive. I termini di opposizione a avvisi di addebito INPS sono stringenti (40 giorni). Ma a meno di contestazioni tecniche (es. non eri tenuto a iscrizione, ecc.), di solito si tratta di contributi dovuti che non sei riuscito a pagare, e il problema è la mancanza di liquidità piuttosto che la legittimità del debito.

Se hai debiti contributivi e sei in attività, la priorità è regolarizzarli, perché risultare “non in regola con il DURC” (Documento Unico Regolarità Contributiva) ti preclude la partecipazione ad appalti, bandi, o anche solo il godimento di benefici (per esempio non puoi accedere a certi bonus se hai contributi sospesi). L’INPS di solito è disponibile a dilazioni pur di farti rientrare in regola con il DURC. Informati presso la sede INPS o sul portale online: c’è la procedura per chiedere la rateizzazione dei contributi scaduti.

Se sei un ex imprenditore ormai sommerso dai debiti tra cui contributi, sappi che anche l’INPS è un creditore che può partecipare alle procedure di sovraindebitamento. Quindi, esattamente come per il Fisco, potresti inserire quei debiti in un piano del consumatore o in una liquidazione.

È importante notare che i debiti per contributi previdenziali, se non vengono pagati, incidono anche sulle future prestazioni. Ad esempio, se un lavoratore autonomo ha saltato molti anni di contributi, la sua pensione sarà più bassa o dovrà riscattare i periodi non coperti. L’INPS può recuperare i contributi dovuti anche compensandoli con eventuali crediti che tu hai verso di loro (es. ti devono liquidare una pensione, ma trattengono le mensilità a copertura dei debiti contributivi pregressi). Insomma, ignorare questo debito può avere ricadute sul lungo periodo.

In conclusione, tratta i debiti INPS come tratteresti le cartelle esattoriali: verifica la possibilità di rate o definizioni agevolate, tieni d’occhio eventuali condoni contributivi (rari ma possibili in alcuni settori o aree in difficoltà), e se l’ammontare è insostenibile, considera le procedure di esdebitazione. La legge non fa sconti specifici sul dovuto previdenziale, ma ricadendo nel calderone del sovraindebitamento c’è spazio per proporre un pagamento parziale e stralciare il resto. Anche qui, non vergognarti di chiedere aiuto: molti piccoli imprenditori sono stati travolti dai contributi arretrati e hanno risolto tramite un piano giudiziale.

Come Funzionano I Debiti Condominiali: spese di condominio non pagate

Le spese condominiali possono sembrare un onere secondario, ma quando non vengono pagate si trasformano in debiti condominiali a tutti gli effetti, con conseguenze legali significative. In un condominio, ciascun proprietario è tenuto per legge a contribuire alle spese comuni (manutenzione, pulizie, ascensore, riscaldamento centralizzato, ecc.) in base ai millesimi o ai criteri stabiliti. Se un condomino non paga le quote condominiali, diventa moroso e gli altri condòmini potrebbero dover coprire temporaneamente la sua parte per far fronte ai fornitori. La normativa (riforma del condominio, Legge 220/2012) ha reso più rigida la gestione della morosità: l’amministratore di condominio ha l’obbligo di agire per il recupero delle somme entro 6 mesi dall’approvazione del bilancio consuntivo, salvo diversa delibera assembleare. Ciò significa che, se accumuli ritardi, l’amministratore quasi certamente attiverà una procedura di recupero.

Come si svolge? Il condominio (rappresentato dall’amministratore) può ottenere in tempi rapidi un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo contro il condomino moroso, basandosi sullo stato di ripartizione approvato dall’assemblea. Questo decreto ingiuntivo non richiede nemmeno l’attesa di 40 giorni se viene concessa la clausola di provvisoria esecutività, quindi il condominio può procedere subito al pignoramento. L’azione più efficace è di solito il pignoramento immobiliare sull’appartamento del moroso: poiché il debito condominiale è garantito da privilegio sull’immobile (le spese degli ultimi 2 anni hanno privilegio speciale sull’unità immobiliare), il condominio può iscrivere ipoteca e pignorare l’immobile per poi metterlo all’asta, al fine di recuperare le somme dovute dalla vendita. Il condomino moroso rischia quindi concretamente di perdere la proprietà di casa a causa di quote condominiali non pagate, specie se il debito è elevato e protratto negli anni. Anche se l’appartamento è gravato da mutuo, le spese condominiali vantano un privilegio che viene dopo l’ipoteca della banca ma prima di altri creditori.

Oltre al pignoramento della casa, il condominio può pignorare il conto corrente del condomino, lo stipendio o altri beni, come qualsiasi creditore. La legge consente anche ai creditori del condominio (es. ditta di manutenzione) di rivalersi sui condòmini solventi dopo aver escusso i morosi. In pratica se il condominio nel suo insieme ha debiti verso terzi e alcuni proprietari non pagano le quote, i creditori esterni possono chiedere agli altri di coprire (con riserva di regresso). Ciò crea pressione anche dagli altri condomini verso il moroso.

Cosa fare se sei in ritardo con le spese condominiali? Prima di tutto, non evitare l’assemblea e non ignorare i solleciti dell’amministratore. Esporsi apertamente spiegando le difficoltà può portare l’assemblea a deliberare un piano di rientro interno (ad esempio dilazionandoti il debito su più mesi) invece di procedere subito per vie legali. Molti condomini preferiscono trovare un accordo perché l’iter giudiziario ha costi e tempi, e perché se si arriva all’asta dell’immobile, l’acquirente potrebbe non pagare in toto il debito (specie se la casa ha altre ipoteche). Tuttavia, non si può pretendere che i vicini coprano all’infinito: quindi presenta una proposta concreta (es.: pagherò l’arretrato in 12 rate mensili oltre alle quote correnti). Se l’assemblea approva, assicurati di rispettarla rigorosamente.

Se il condominio invece ha già ottenuto un decreto ingiuntivo contro di te, puoi ancora evitare il peggio saldando il dovuto prima che parta il pignoramento. In genere, fino a che non viene celebrata l’asta, hai la possibilità di estinguere il debito (pagando anche le spese legali e gli interessi) e il pignoramento viene cancellato. A volte, se hai prospettive di liquidità (es. stai vendendo la casa per i fatti tuoi), puoi chiedere all’amministratore di attendere, magari mettendo tutto per iscritto.

Nota bene: se sei costretto a vendere l’appartamento per pagare i debiti, sappi che il compratore per legge risponde delle spese condominiali dell’anno in corso e quello precedente insieme al venditore. Quindi, al rogito il notaio richiederà una dichiarazione dell’amministratore sulle somme dovute. È prassi che l’acquirente trattenga dal prezzo l’importo dei debiti condominiali per pagarli direttamente. Ciò significa che in caso di vendita il debito condominiale verrà comunque a galla e dovrà essere soddisfatto, riducendo il netto che ottieni.

I debiti condominiali possono essere inclusi anche loro in un piano di sovraindebitamento. Non vi è alcuna esclusione: il condominio sarà un creditore come gli altri, e potrebbe subire ad esempio un pagamento parziale dilazionato se il giudice omologa un tuo piano del consumatore. Chiaramente, questo è l’extrema ratio quando la situazione debitoria complessiva è grave; non avrebbe senso attivare una procedura del genere solo per condominio, a meno che tu non abbia anche altri grossi debiti.

In sintesi, non sottovalutare le spese di condominio: benché l’importo singolo mensile possa sembrare basso, gli arretrati si accumulano e il condominio ha il coltello dalla parte del manico perché può aggredire direttamente la tua casa. Tieni un dialogo aperto con l’amministratore, proponi soluzioni e cerca di almeno contribuire in parte. Se la situazione è disperata (es.: niente reddito, casa unica pignorata), potresti coinvolgere servizi sociali o associazioni sul territorio: in alcuni casi straordinari, per evitare uno sfratto di un nucleo in gravi difficoltà, i comuni intervengono con sussidi per pagare bollette o quote condominiali. Vale la pena tentare se hai requisiti di indigenza.

Come Funzionano Per I Debiti Per bollette non pagate: luce, gas, acqua e altre utenze

Le utenze domestiche (energia elettrica, gas, acqua, telefono, internet) rappresentano impegni mensili o bimestrali. Se saltano alcuni pagamenti, l’utente accumula un debito verso il fornitore del servizio (es. la compagnia elettrica). Vediamo cosa accade quando non si pagano le bollette.

Il fornitore di solito invia un sollecito di pagamento dopo la scadenza della bolletta. Se l’utente ancora non paga, per servizi essenziali come luce e gas è prevista una procedura regolata da ARERA (Autorità per l’energia): viene inviata una raccomandata di costituzione in mora, che dà un ultimo termine (es. 15 giorni) per pagare, trascorso il quale può avvenire il distacco o la riduzione della fornitura. Questo significa che il rischio immediato per bollette non pagate è il distacco del servizio: restare senza luce, senza gas per riscaldamento/cottura, o senza acqua (anche se per l’acqua potabile di solito si riduce il flusso minimo vitale). Il distacco è un potente deterrente, e spesso spinge le persone a reperire i soldi per saldare almeno le fatture più vecchie. Da notare che per le telecomunicazioni (telefono/internet), i contratti prevedono sospensione della linea e poi risoluzione contrattuale, con eventuale penale.

Se passano mesi o anni e le bollette rimangono insolute, la compagnia fornitrice può chiudere il contratto e cessare definitivamente la fornitura. A quel punto resta però il debito pregresso. Le grandi utility a un certo punto cedono i crediti insoluti a società di recupero specializzate, oppure incaricano agenzie recupero crediti di procedere. Di per sé, una bolletta non pagata è un debito civile come un altro, quindi recuperabile tramite decreto ingiuntivo e pignoramento. Nella pratica, molte bollette non pagate sono di importi medio-bassi (centinaia di euro) e spesso i fornitori non intraprendono azioni legali individuali, limitandosi a segnalare il nominativo nelle banche dati dei cattivi pagatori di utenze (ad esempio esiste un SIC per la telefonia). Tuttavia, debiti cospicui (magari accumulati su più utenze o più anni) possono portare ad azioni legali. Soprattutto se il debitore in questione in futuro riattiva una fornitura con lo stesso gruppo: prima o poi, quella pendenza riemergerà (possono rifiutare nuove forniture finché non regolarizzi).

Un aspetto positivo per il consumatore è che molte bollette di utility sono soggette a prescrizione breve: grazie a interventi normativi recenti, le bollette di luce, gas e acqua si prescrivono in 2 anni (prima erano 5 anni) dal giorno di scadenza, a tutela degli utenti da maxi-conguagli tardivi. Quindi, se il fornitore non si attiva per chiedere il pagamento entro 2 anni, l’utente può eccepire la prescrizione e non pagare più quella fattura. Questo vale però in assenza di atti interruttivi: se ti hanno mandato un sollecito scritto o una raccomandata entro i 2 anni, il termine riparte.

Come liberarsi dei debiti da bollette? Prima cosa, evitare che si creino: se hai problemi a pagare una bolletta elevata, contatta subito il gestore e chiedi una rateizzazione. Spesso per importi importanti (es. conguagli) i gestori concedono piani in 6-12 mesi senza interessi. Inoltre, verifica se hai diritto al Bonus sociale bollette (sconto statale per famiglie con ISEE basso, che riduce gli importi da pagare per luce/gas/acqua). Il bonus sociale nel 2022-2023 è stato potenziato a causa del caro energia, quindi può alleviare il peso delle bollette future, evitando di accumulare altri debiti.

Se le bollette insolute sono già diventate debiti passati in mano a recuperatori, valuta la possibilità di un saldo e stralcio: ad esempio, se devi 1000€ di vecchie bollette a Enel Energia e il caso è affidato a un’agenzia, potresti proporre di chiudere pagando 500€ subito. Spesso le utility preferiscono incassare qualcosa e chiudere lì, piuttosto che procedere oltre. Metti sempre per iscritto l’accordo e fatti dare liberatoria dopo il pagamento.

Attenzione però a non accordarsi su debiti prescritti: se sai che sono passati più di 2 anni (o 5 anni, a seconda del periodo e del tipo di servizio) e non hai ricevuto atti nel frattempo, far ripartire tutto pagando anche solo una parte potrebbe “rianimare” un debito morto. In questi casi, meglio consultare un esperto: magari la controparte lo sa e con il contatto telefonico cerca proprio di farti ammettere il debito.

Le bollette insolute, come qualunque altro credito, possono confluire in un piano del consumatore se la persona è sovraindebitata. Non c’è nulla che lo impedisca. Certo, se l’unico problema sono poche bollette, non avrebbe senso: conviene negoziare direttamente. Ma se fanno parte di un quadro più ampio di debiti, verranno elencate e potenzialmente stralciate in sede di procedura.

Inoltre, chi si trova con utenze distaccate per morosità ed è in condizione di vulnerabilità economica può rivolgersi ai servizi sociali locali: in alcuni comuni esistono fondi di solidarietà per evitare il distacco di luce/gas ad anziani soli, malati, etc. Oppure facilitazioni per riattivare la fornitura con un nuovo contratto “a nome del Comune” temporaneo. Sono soluzioni emergenziali, ma è bene sapere che esistono per evitare situazioni drammatiche (come famiglie al freddo d’inverno). Spesso però queste misure impongono di impegnarsi a un piano di risanamento del debito.

Come Funzionano I Debiti Per Multe stradali e altre sanzioni amministrative

Le multe per violazioni del Codice della Strada (es.: eccesso di velocità, divieto di sosta, ZTL) e in genere le sanzioni amministrative (come sanzioni per violazioni edilizie, multe per violazioni Covid, sanzioni dell’ASL, ecc.) possono anch’esse diventare debiti problematici se non vengono pagate. Molti tendono a ignorare le multe, ma questo comportamento alla lunga peggiora la situazione.

Quando prendi una multa stradale, hai 60 giorni per pagarla (con lo sconto del 30% se paghi entro 5 giorni dalla notifica). Se non paghi entro 60 giorni, la multa viene iscritta a ruolo per la riscossione forzata: in pratica l’ente (Comune, Prefettura, ecc.) affida la multa non pagata all’Agenzia Entrate Riscossione o ad altra concessionaria (in alcuni casi grandi Comuni usano concessionari diversi) per recuperare coattivamente l’importo. Nel passaggio da verbale a cartella, l’importo lievita: la legge infatti prevede che la sanzione non pagata nei termini sia riscossa in misura maggiorata. Per le multe stradali la maggiorazione è del 10% ogni sei mesi di ritardo oltre il 60° giorno, fino a un massimo del doppio della multa originaria. In altre parole, una multa da 100€ diventa 200€ (doppio) dopo un periodo, a cui si aggiungono interessi e spese di esecuzione. Quando ti arriva la cartella esattoriale per una multa, spesso l’importo è già raddoppiato rispetto al verbale iniziale. Da lì in poi vale quanto già descritto per i debiti con ADER: hai 60 giorni per pagare la cartella, dopodiché possono scattare fermo auto, pignoramenti, ecc., con gli stessi limiti (stipendio, casa, ecc.).

Quindi ignorare le multe è altamente sconsigliato. Meglio, se la multa è legittima, pagarla subito con lo sconto, oppure in caso di difficoltà chiedere la rateizzazione al Comune (le multe di importo sopra 200€ sono rateizzabili su richiesta motivata, secondo l’art. 202-bis CdS). Se ritieni la multa ingiusta, puoi presentare ricorso al Giudice di Pace entro 30 giorni (o al Prefetto entro 60 giorni), ma devi avere elementi validi perché se perdi il ricorso poi devi pagare anche aggiunte e il debito diventa definitivo.

Supponiamo però che siano passati anni e tu ti trovi con numerose cartelle per multe mai pagate. Cosa puoi fare? Alcune opzioni:

  • Definizione agevolata: Le multe rientrano nelle rottamazioni delle cartelle, ma con una particolarità: nelle rottamazioni, sulle sanzioni amministrative non si annulla la “sanzione” in sé (che è il cuore della multa) ma gli interessi di mora e le cosiddette maggiorazioni. Ad esempio, con la rottamazione-quater 2023, chi aveva cartelle per multe poteva pagare solo l’importo originario della multa + spese notifica, senza le maggiorazioni semestrali e senza interessi: un bel risparmio. Quindi, verificare se le tue multe a ruolo rientrano in qualche rottamazione può farti risparmiare parecchio (fino al 50% del dovuto, in certi casi).
  • Stralcio mini-cartelle: come detto, la legge di bilancio 2023 ha previsto l’annullamento automatico degli interessi per debiti fino 1000€. Nel caso delle multe 2000-2015 inferiori a 1000€, al 31/3/2023 sono stati tolti tutti gli interessi/maggiorazioni, restando solo la multa base. Molti Comuni però hanno deliberato di non aderire allo stralcio, volendo incassare tutto (era facoltà loro escludersi). Devi quindi informarti sul tuo Comune: se non ha aderito allo stralcio, la cartella rimane integra, se ha aderito allora quelle vecchie multe ora hanno importo ridotto. ADER dovrebbe averti inviato comunicazione in merito o comunque puoi verificarlo dal tuo estratto conto fiscale.
  • Rateizzazione con ADER: Anche dopo che la multa è a ruolo, puoi chiedere la dilazione ad Agenzia Riscossione come per gli altri debiti. Questo fermerà fermi e pignoramenti se sei in regola. È vero che pagherai l’importo intero (maggiorato), ma almeno eviti azioni più gravi e diluisci l’impatto sul tuo bilancio.
  • Opposizione tardiva: In casi particolari, se la multa originale non ti è mai stata notificata correttamente e tu te ne accorgi solo dalla cartella, puoi fare opposizione contro la cartella per far valere il vizio di notifica. Però sono situazioni tecniche da verificare con un avvocato: ad esempio, multe notificate a vecchi indirizzi, o notifica mai avvenuta. Se il vizio c’è, la cartella può essere annullata dal giudice.
  • Sovraindebitamento: Anche le sanzioni amministrative possono essere trattate in un piano del consumatore o accordo. Tieni presente però che le sanzioni per fatti illeciti non possono essere esdebitate totalmente: la legge esclude dall’esdebitazione i debiti da risarcimento danni per fatto illecito e le sanzioni pecuniarie (amministrative e penali). Questo significa che, in una procedura di sovraindebitamento, non puoi cancellare del tutto le multe: al massimo puoi proporre di pagarle parzialmente. Ad esempio, puoi prevedere nel piano di pagare il 30% dell’importo delle multe. Il giudice può omologare se i creditori pubblici non subiscono un trattamento inferiore a quello che avrebbero se tu liquidassi i tuoi beni. Non aspettarti però di azzerare le multe tramite esdebitazione: la legge non lo consente espressamente (a differenza di altri debiti). Quindi, se la tua unica preoccupazione sono multe, forse la soluzione è una transazione con rottamazione o qualcosa del genere più che un piano di consumatore.

Altre sanzioni amministrative (non stradali) seguono percorsi simili: se non paghi, diventano ingiunzioni e poi vanno a ruolo. Anche qui, attenzione a quelle di natura risarcitoria: se la sanzione è a titolo di recupero di un danno (es. danno erariale) potrebbe non essere esdebitabile.

In definitiva, per liberarti dalle multe il consiglio è: non far finta di nulla sperando che spariscano. Piuttosto, sfrutta gli strumenti di legge che ti danno sconti (rottamazioni) o il tempo per pagare (dilazioni). Se sei tempestivo, potresti ancora pagare l’originale ed evitare tutto il carico extra. Se sei in grave difficoltà economica, alcuni Comuni prevedono la possibilità di commutare la multa in lavori socialmente utili (baratto amministrativo) o di ottenere una dilazione per indigenza: informati presso il tuo Comune. Ricorda che avere debiti con l’ente locale può crearti problemi successivi (pignoramento di rimborsi, blocco di concessioni, etc.), quindi meglio risolverli in qualche modo.

Altre tipologie di debiti personali a cui stare attenti

Abbiamo coperto i debiti più frequenti, ma ce ne possono essere altri, ad esempio:

  • Debiti verso privati: ad esempio un prestito ricevuto da un amico o parente, formalizzato magari con una scrittura privata o un assegno. Se non lo restituisci, anche il privato può agire legalmente (chiedere un decreto ingiuntivo). Spesso qui l’aspetto è più personale: si cerca un accordo informale. Ma se il rapporto si guasta, il creditore privato può iscriverti un’ipoteca giudiziale o pignorarti beni come farebbe una banca. Non vanno sottovalutati pensando “tanto è un amico, che può farmi”: conosciamo casi di cause in tribunale tra ex amici per somme prestate.
  • Debiti per assegni o cambiali protestati: se hai emesso un assegno senza copertura o una cambiale e non hai onorato il pagamento, il beneficiario ottiene un titolo esecutivo immediato (l’assegno protestato o la cambiale insoluta costituiscono già titolo per pignorare). Inoltre subisci il protesto (pubblicazione in elenco ufficiale) e potresti essere segnalato come protestato (che comporta ad esempio il divieto di emettere altri assegni per 5 anni a meno di riabilitazione). Per liberarti da questo tipo di debito, l’unica è pagare l’assegno/cambiale, incluso protesto e penali (per gli assegni c’è una penale del 10% per legge). Dopo aver pagato, puoi chiedere la cancellazione del protesto (riabilitazione). Se non paghi, il creditore può pignorare subito beni senza passare dal giudice, perché il titolo è già esecutivo.
  • Debiti per risarcimenti danni: se sei stato condannato a risarcire qualcuno (es. a seguito di un incidente stradale, una causa civile per inadempimento, etc.), hai un debito verso quella persona. Spesso in questi casi scatta anche un titolo esecutivo (la sentenza registrata) e il danneggiato può procedere col pignoramento. Questi debiti derivanti da fatto illecito (ad esempio risarcimento per lesioni in un’aggressione, o per aver causato un incendio, ecc.) non sono cancellabili tramite esdebitazione, proprio come gli alimenti: ciò significa che, anche se fai un fallimento personale, quel debito resta. Tuttavia, puoi includerli in un piano di ristrutturazione e pagarli parzialmente con accordo dei creditori, ma la parte non pagata rimane a tuo carico. Dunque, sono debiti “ostici” da eliminare del tutto. Spesso l’unica soluzione è negoziare con la controparte un saldo e stralcio (se magari il responsabile non ha nulla da perdere, la vittima accetta un pagamento parziale piuttosto che niente).
  • Debiti da fideiussioni e garanzie: se hai fatto da garante (fideiussore) per il debito di qualcun altro, e costui non paga, il creditore potrà richiedere a te il pagamento. È un debito a tutti gli effetti (la fideiussione è una obbligazione solidale). Spesso chi fa da garante sottovaluta il rischio: in caso di escussione, potresti dover pagare l’intero debito altrui. Le azioni di recupero su di te saranno come quelle verso il debitore principale. L’unica differenza è che poi avrai diritto di rivalsa sul debitore originale – ma se non ha pagato lui, è probabile che anche la tua rivalsa rimanga insoddisfatta. Perciò, attenzione: se ti ritrovi ad essere garante escusso, puoi provare a contrattare con il creditore una soluzione (es. pagare a rate o ridotto come se fosse un tuo prestito) e parallelamente dovresti cercare un accordo col debitore originario (magari farti cedere un bene o qualcosa per compensare). Nei piani di sovraindebitamento, anche il fideiussore escusso può inserire questo debito e trattarlo come gli altri.
  • Debiti alimentari (mantenimento): si tratta degli obblighi di mantenimento verso figli minori o ex coniuge stabiliti da un giudice (in caso di separazione, divorzio, figli fuori matrimonio). Se non versi l’assegno mensile stabilito, maturi un debito alimentare. Questi debiti hanno caratteristiche particolari: il beneficiario può agire subito con esecuzione forzata (pignoramento stipendio, ad esempio, fino a 1/3 per alimenti, che è più del normale quinto) e addirittura il mancato pagamento intenzionale costituisce reato penale (art. 570 c.p.). Inoltre, come già detto, non sono mai cancellabili con esdebitazione. Quindi se hai accumulato arretrati di mantenimento, quello resta finché non paghi o il beneficiario non rinuncia. Bisogna cercare un accordo con l’ex coniuge (o con il figlio divenuto maggiorenne) per rateizzare il pregresso o ridiscutere l’importo in tribunale se le tue condizioni economiche sono peggiorate. Ignorare questi debiti è pericolosissimo perché rischi denunce penali oltre che pignoramenti pesanti.
  • Debiti di gioco: purtroppo il gioco d’azzardo porta alcune persone a indebitarsi molto, sia con circuiti legali (es. usare la carta di credito online o scoperti di conto) sia con circuiti illegali (usurai). Se i debiti sono verso concessionari legali (casinò, siti scommesse), alla fine si traducono in perdite di denaro proprio – generalmente non c’è un “credito” che il casinò vanta su di te, a meno che tu non abbia giocato “a credito” (casinò tradizionali possono farlo con assegni differiti ecc.). Più spesso il giocatore si indebita con banche e finanziarie per trovare soldi da giocare (quindi il problema vero sono i prestiti). Se invece ci si indebita con privati o peggio con usurai, la situazione è delicata: l’usuraio ovviamente non ricorre a vie legali ma a minacce e violenze. In questi casi l’unica via pulita è denunciare l’usura e accedere ai percorsi di aiuto per vittime di usura (ci sono fondi antiusura che possono intervenire). A livello di legge sovraindebitamento, non c’è distinzione per la causa del debito: anche se ti sei indebitato per giocare, puoi comunque accedere a un piano (purché tu sia “meritevole” nel senso di non aver commesso frodi, ma l’aver avuto ludopatia di per sé non preclude, specie nel nuovo Codice che non richiede più indagine sulla meritevolezza stretta). Quindi, se conosci qualcuno in questa situazione, sappi che esistono associazioni (tipo la Fondazione antiusura) e supporto legale per uscire dal tunnel, convertendo magari i debiti usurai in un prestito legale garantito dal fondo antiusura.

Abbiamo dunque passato in rassegna praticamente ogni tipo di debito che un cittadino può avere. Nel prossimo capitolo entreremo nel vivo delle soluzioni: come liberarsi dai debiti accumulati, quali strumenti offre la legge e la prassi, e come utilizzarli. È importante sapere che quasi nessun debito è senza via d’uscita: a volte ci sono leggi che proteggono i beni essenziali (come visto per la prima casa e lo stipendio minimo), altre volte ci sono procedure per ridurre l’ammontare dovuto. L’importante è agire con consapevolezza e scegliere lo strumento adatto al caso proprio. Procediamo quindi con l’analisi degli strumenti per liberarsi dai debiti, da quelli informali (accordi con i creditori) a quelli legali più strutturati.

Come Liberarsi dai Debiti: Tutte Le Strategie

Dopo aver identificato la natura dei debiti, passiamo alla parte più importante: come liberarsene o almeno gestirli in modo sostenibile. In questa sezione esamineremo i principali strumenti pratici e legali a disposizione di un debitore sovraindebitato. Alcuni sono soluzioni stragiudiziali (ovvero accordi privati coi creditori, come il saldo e stralcio), altri sono procedure giudiziali previste dalla legge per situazioni di sovraindebitamento (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione). Inoltre vedremo come affrontare o bloccare gli strumenti coercitivi dei creditori (pignoramenti, aste) e persino come salvare la propria casa da un’asta imminente.

L’approccio migliore spesso è combinare più strumenti: ad esempio, negoziare stralci con alcuni creditori e rateizzazioni con l’Agenzia delle Entrate, mentre si prepara un piano per risolvere tutto il quadro. Ogni debito ha la sua strategia ottimale, ma bisogna anche avere una visione d’insieme per evitare di risolvere da una parte e ritrovarsi scoperti dall’altra.

Vediamo dunque uno per uno gli strumenti di “liberazione” dal debito, con spiegazioni semplici e suggerimenti pratici per utilizzarli.

Saldo e Stralcio: accordo a saldo ridotto

Cos’è il saldo e stralcio? È un termine ricorrente quando si parla di debiti. “Saldo e stralcio” significa letteralmente saldare (pagare) un debito e stralciarne (cancellarne) la parte restante. In pratica, è un accordo transattivo tra debitore e creditore in cui il creditore accetta di chiudere la posizione debitoria incassando solo una parte del dovuto e rinunciando al resto. In cambio, il pagamento pattuito di solito avviene in un’unica soluzione (o poche soluzioni ravvicinate) e in tempi rapidi.

Facciamo un esempio: devo 10.000€ alla banca X per un prestito arretrato; propongo di pagarne 5.000€ entro 30 giorni a saldo e stralcio. Se la banca accetta e io verso i 5.000€, il debito si considera estinto e la banca “stralcia” (abbandona) il diritto di chiedere gli altri 5.000€. Per il debitore è un affare perché paga la metà; per il creditore può essere conveniente perché ottiene subito una somma senza intraprendere lunghe azioni esecutive dall’esito incerto.

Il saldo e stralcio è frutto di una trattativa. Non esiste un diritto del debitore ad ottenerlo: dipende dalla disponibilità del creditore. Tipicamente i creditori accettano un saldo a stralcio quando ritengono che il debitore abbia reali difficoltà e che rischierebbero di non recuperare niente o molto poco forzando la mano. Ad esempio, se il debitore è nullatenente o ha già altri pignoramenti in corso, meglio accontentarsi di quel che offre. Oppure, come succede spesso, il creditore ha ceduto il credito a una società di recupero per un valore ridotto: quest’ultima, avendolo acquistato magari al 20% del valore nominale, può agevolmente accettare di stralciare al 30-40% ottenendo un margine.

Quanto si può ottenere di sconto? Dipende dai casi: mediamente nei saldi e stralci il debitore paga tra il 50% e l’80% in meno del dovuto iniziale. Ci sono casi in cui si risparmia anche di più (90%) se il creditore aveva ormai dato per perso il credito. Naturalmente, più il debitore è tempestivo e proattivo, meno sconto si ottiene (perché se sei appena al primo mese di ritardo, il creditore spera ancora di recuperare quasi tutto, magari con interessi). Viceversa, se il debito è datato e incagliato da anni, o già in mano a terzi, il margine di trattativa è ampio.

Come procedere per un saldo e stralcio? Ecco i passi consigliati:

  1. Valutare la propria situazione: Puoi proporre un saldo e stralcio solo se disponi (o puoi reperire) di una somma immediata sufficientemente appetibile. Chiediti: quanto posso offrire cash? Spesso ci si aiuta con la famiglia o vendendo qualche bene. Ricorda che l’accordo in genere richiede pagamento rapido, difficilmente oltre 6-12 mesi, quindi non è rateazione a lungo termine.
  2. Verificare prescrizione e importo: Prima di offrire soldi, controlla se il credito è ancora esigibile o magari prescritto (come accennato prima, a volte un debito è caduto in prescrizione e pagarlo parzialmente lo farebbe rivivere). Inoltre fatti dare dal creditore il saldo aggiornato comprensivo di interessi e spese, così sai da che cifra parti ufficialmente.
  3. Contattare il creditore o chi per esso: Puoi chiamare, ma è meglio formalizzare una proposta scritta, inviata via PEC o raccomandata. Nella lettera di proposta di saldo e stralcio indicherai: il tuo nominativo e riferimento del debito, la cifra dovuta secondo te (o quella comunicata dal creditore), la cifra che proponi di pagare a titolo transattivo e definitivo, le modalità e tempistiche di pagamento (es. “pagherò entro 30 gg dalla vostra accettazione, con bonifico”), e chiedi la liberatoria a seguito del pagamento (una dichiarazione che nulla avranno più a pretendere). Non è necessario dilungarsi sulle motivazioni (anzi, alcuni esperti sconsigliano di dichiarare formalmente “per difficoltà economiche” perché potrebbe suonare come ammissione di insolvenza aggravata). Mantieni un tono professionale ma fermo nella richiesta.
  4. Negoziare i dettagli: Il creditore potrebbe fare una controproposta (es. ti chiedo il 60% anziché il 50% offerto). Valuta fin dove puoi spingerti. Se hai offerto il 50% sparando basso, c’è margine per rilanciare un po’ più alto. Importante: non promettere cifre che non potrai pagare nei tempi indicati. Se l’accordo salta perché non rispetti la scadenza pattuita, il creditore si terrà l’acconto e ti richiederà il resto, magari accelerando le vie legali.
  5. Formalizzare l’accordo per iscritto: Una volta trovato il punto d’incontro, fatevi mandare una lettera di accettazione da parte del creditore su carta intestata, dove si dichiara che a fronte del pagamento di €X entro data Y, il debito si intenderà estinto e null’altro sarà dovuto. Questa è la vostra garanzia. Effettuate il pagamento nei termini e conservate traccia. Infine, sollecitate il creditore a inviarvi una lettera liberatoria a pagamento avvenuto, che attesti la chiusura saldo e stralcio del debito.
  6. Cancellazioni e segnalazioni: Se il debito era segnalato in banche dati (CRIF, Centrale Rischi), con la liberatoria potrai chiedere l’aggiornamento a “posizione chiusa a saldo e stralcio”. Sappi però che rimarrà visibile che hai estinto non integralmente ma per transazione. Questa informazione resta nei sistemi per qualche anno e potrebbe influire sul tuo merito creditizio futuro (le banche vedono che c’è stato un stralcio). È un piccolo prezzo da pagare per esserti liberato dal debito. Col tempo, comunque, l’importante è risultare “chiuso”. Puoi anche chiedere al creditore di segnalare come “saldo con accordo” per evitare la dicitura “sofferenza”.

Riassumendo, il saldo e stralcio è lo strumento principe per ridurre l’importo da pagare. Vantaggi: risparmi molti soldi, risolvi in fretta, eviti procedure giudiziarie. Svantaggi: devi trovare una somma immediata (non sempre facile), e non tutti i creditori accettano facilmente (specie se pensano che tu abbia reddito e beni aggredibili). Inoltre, se hai tanti debiti con più soggetti, fare singoli saldo e stralcio con ciascuno potrebbe essere complicato, perché magari non hai soldi per soddisfarli tutti anche parzialmente. In tal caso, entra in gioco la soluzione successiva.

Esempio di lettera di proposta saldo e stralcio:
(inviare via PEC o raccomandata)
Oggetto: Proposta di definizione a saldo e stralcio – posizione n. XXX
Spett.le [Nome del creditore],
il sottoscritto [Nome Cognome], cod.fiscale …, in riferimento al debito in oggetto (contratto di finanziamento n. XXX del [data], con importo residuo di € 10.500 come da Vs. comunicazione del …), con la presente propone una soluzione transattiva per la definizione bonaria della posizione.
In particolare, propongo di versare l’importo complessivo di € 4.000 (quattromila/00) a titolo di saldo stralcio, in un’unica soluzione, mediante bonifico bancario da effettuarsi entro e non oltre il [data], sul conto corrente da Voi indicato.
Tale importo, se da Voi accettato, verrà corrisposto grazie al supporto economico di familiari, e rappresenta il massimo sforzo oggi per me sostenibile. Il pagamento avverrà tempestivamente alla Vostra conferma scritta dell’accettazione della presente proposta e sarà finalizzato a estinguere definitivamente ogni mia obbligazione relativa alla pratica in oggetto.
Vi chiedo di volermi comunicare formalmente l’accettazione della proposta transattiva e, ad avvenuto pagamento, di trasmettermi liberatoria attestante il saldo e la chiusura definitiva della posizione debitoria, senza ulteriore residuo a mio carico.
RingraziandoVi per l’attenzione e confidando in un Vostro riscontro positivo, porgo distinti saluti.
Firma

Alcune accortezze legali sul saldo e stralcio: quando firmate l’accordo, accertatevi che siano ben indicati i dati delle parti, l’importo originario e quello concordato, e la data limite di pagamento. È importante includere frasi come “con il presente pagamento le parti si danno reciprocamente atto che nulla più avranno a pretendere l’una dall’altra relativamente alla posizione…”. Questo per evitare che, a distanza di anni, qualcuno venda a terzi la parte non pagata (è raro ma una dicitura chiara lo impedisce formalmente). Inoltre, preferite comunicazioni scritte ufficiali: un’email semplice non basta perché non ha valore legale; meglio PEC, raccomandata o almeno firma digitale. Non pagate mai senza aver ricevuto conferma scritta dell’accordo.

Il saldo e stralcio si può applicare a quasi ogni tipo di debito di natura privata: prestiti, carte, finanziamenti, fornitori. Con le banche a volte viene formalizzato come “transazione a saldo” firmando un vero e proprio atto di transazione. Per debiti fiscali invece il termine “saldo e stralcio” si riferisce solo a quelle particolari normative (come 2019) e, salvo rari casi di transazione fiscale, non è che si possa negoziare liberamente (il Fisco ha regole proprie, viste prima).

In conclusione, il saldo e stralcio è una via regina per liberarsi dai debiti quando hai accesso a una somma limitata ma immediata. Molte storie di successo di uscita dai debiti passano da qui. Bisogna saper negoziare e magari farsi assistere da consulenti esperti, ma i risultati possono cambiare la vita: “pagare meno del dovuto e tornare sereni”. Nel prossimo paragrafo vedremo cosa fare quando invece non si ha nemmeno quella somma per uno stralcio o quando i debiti sono multipli e complessi: entreremo nelle procedure previste dalla legge per sovraindebitamento.

Come Funziona Il Piano del Consumatore (Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore)

Uno degli strumenti più importanti introdotti dalla legge italiana per aiutare le persone indebitate è il Piano del Consumatore. Si tratta di una procedura giudiziale, riservata ai debitori “non fallibili” (quindi individui privati o piccoli imprenditori) che siano consumatori, ovvero che abbiano contratto debiti principalmente per scopi estranei ad attività imprenditoriali o professionali. In altre parole, è pensato per le famiglie e le persone comuni sovraindebitate, non per le aziende (le quali hanno altri strumenti).

Il Piano del Consumatore è stato introdotto originariamente dalla Legge n. 3/2012 e oggi, dopo le modifiche, è confluito nel Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019) con il nome di “Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore”. Pur cambiando leggermente nome, la sostanza rimane: è un piano di pagamento dei debiti che tiene conto della effettiva capacità del debitore, elaborato con l’aiuto di un organismo specializzato, e che viene poi omologato (approvato) dal tribunale.

Come funziona in pratica il Piano del Consumatore? Proviamo a descriverlo passo per passo:

  • Verifica dei requisiti: Possono accedere al piano solo le persone fisiche “consumatrici”, cioè che non abbiano debiti da attività d’impresa in corso. Se ad esempio sei un ex piccolo imprenditore chiuso e i tuoi debiti residui sono personali e fiscali, potresti rientrare; se invece hai ancora un negozio aperto con debiti, dovresti seguire un’altra procedura (concordato minore). Inoltre, devi trovarti in uno stato di sovraindebitamento definito dalla legge come “non essere in grado di adempiere regolarmente alle obbligazioni” – in parole semplici, sei nella situazione in cui con il tuo reddito/patrimonio non riesci a pagare tutti i debiti quando sarebbero dovuti. Non occorre essere nullatenente, basta che il debito ecceda le capacità. Altro requisito: meritevolezza. La vecchia legge chiedeva che il consumatore non avesse colpe gravi, non avesse assunto debiti con leggerezza sproporzionata, ecc. Il nuovo Codice 2019 ha eliminato il requisito della meritevolezza come condizione di accesso (non è più necessario dimostrare di essere meritevoli per presentare il piano), anche se resta una valutazione sulla buona fede (assenza di frode) e sul comportamento (ad esempio aver fornito tutte le informazioni, non aver aggravato dolosamente il debito). Questo è un cambio molto favorevole ai debitori: in passato molti piani venivano respinti perché il giudice riteneva il consumatore “imprudente”; ora questo giudizio morale è attenuato.
  • Ricorso all’OCC: Per avviare la procedura, ci si rivolge a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC). Sono enti (spesso istituiti presso le Camere di Commercio, Ordini professionali o società specializzate) iscritti in un registro ministeriale. L’OCC nomina un gestore della crisi, una figura (avvocato, commercialista o altro esperto) che assisterà il debitore nel redigere il piano e predisporre la documentazione. Il debitore dovrà fornire l’elenco completo di tutti i creditori, l’inventario dei beni di proprietà, le dichiarazioni dei redditi, documenti su eventuali procedimenti in corso, ecc. Il gestore verifica le informazioni e prepara una relazione sulla situazione economica e sulle cause dell’indebitamento.
  • Redazione del Piano: In concreto si fa un budget: si valutano le risorse disponibili del debitore (redditi futuri stimati, eventuali beni liquidabili se si vuole cederli in parte, aiuti da terzi, ecc.) al netto delle spese di sostentamento. La legge tutela un minimo vitale per il debitore e la sua famiglia, non si può chiedere di pagare debiti togliendo il necessario a vivere. Ad esempio, se Tizio ha stipendio 1.500€ e famiglia, il piano potrebbe prevedere che 500€ al mese vadano ai creditori e 1.000€ restino per la famiglia. Su questa base, si formula una proposta: ad esempio “pagherò 300€ al mese per 5 anni, più verserò il ricavato della vendita della mia auto (5.000€) ai creditori. In questo modo offro complessivamente 23.000€ a fronte di un debito totale di 50.000€, con una soddisfazione del 46%”. Il piano può anche prevedere che certi beni non strettamente necessari siano venduti subito per aumentare la percentuale. Oppure può includere un intervento di un parente (es. un padre che offre 10.000€ una tantum per aiutare). Non esiste uno schema fisso: è “su misura” del caso concreto. L’importante è che il piano sia fattibile e sostenibile per il debitore e offra ai creditori il massimo sforzo ragionevole senza privare il debitore della dignità.
  • Deposito in tribunale e misure protettive: Il piano, corredato dalla relazione dell’OCC che attesta la veridicità dei dati e valuta sommariamente la fattibilità, viene depositato presso il tribunale competente (quello del luogo di residenza). Fin dal momento del deposito, il debitore può chiedere al giudice una sospensione delle azioni esecutive in corso (pignoramenti, ecc.), in modo da “congelare” la situazione mentre si valuta il piano. Il giudice di solito concede queste misure protettive se la proposta non è manifestamente inammissibile. Questo è fondamentale: ad esempio, se avevi un’asta della casa fissata tra 1 mese, la presentazione del piano può bloccarla in attesa della decisione.
  • Omologazione senza voto dei creditori: Una caratteristica peculiare del Piano del Consumatore, che lo distingue dall’Accordo di ristrutturazione (di cui parleremo dopo), è che non richiede l’approvazione dei creditori. I creditori vengono informati e possono presentare osservazioni, ma non si vota. Decide tutto il giudice. Il tribunale fissa un’udienza in cui verifica se il piano soddisfa i requisiti di legge: se il debitore ha agito con lealtà e completezza informativa, se i creditori ottengono col piano almeno quanto otterrebbero in una liquidazione giudiziale (principio del best interest). In sostanza, il giudice si accerta che il piano sia equo: non puoi offrire meno del minimo realizzabile vendendo tutti i tuoi beni, altrimenti danneggerebbe i creditori. Ma se l’offerta è ragionevole, anche se alcuni creditori protestano, il giudice può comunque omologare il piano rendendolo vincolante per tutti. Ad esempio, la banca potrebbe lamentarsi che riceverà solo il 30% del suo credito, però se il giudice valuta che l’alternativa (pignorare quel poco che il debitore ha) le darebbe magari il 20%, allora il 30% in 7 anni è meglio e può approvare contro il volere della banca.
  • Esecuzione del piano e esdebitazione: Una volta omologato, il piano diventa effettivo. I creditori sono obbligati ad attenersi: non possono più perseguire il debitore per vie individuali, ma attendono i pagamenti secondo il piano. Il debitore effettua i pagamenti con la supervisione dell’OCC (spesso i versamenti vanno all’OCC o a un fiduciario che poi li distribuisce ai creditori secondo le percentuali previste). Durante l’esecuzione, il debitore deve mantenere un comportamento corretto e segnalare se ci sono variazioni (es. aumento di reddito, eredità ricevute, etc., potrebbero dover essere in parte destinate ai creditori se il piano lo prevede o se sono rilevanti). Se il debitore adempie regolarmente tutto quanto stabilito (può durare diversi anni, massimo 5-7 anni di solito, salvo eccezioni), alla fine ottiene il decreto di esdebitazione: ovvero la cancellazione di tutti i debiti residui che non è riuscito a pagare nel piano. In pratica, ciò che non è stato soddisfatto viene “perdonato” legalmente e nessuno potrà più reclamarlo. Si è liberi dai debiti. Da notare che nel nuovo Codice, al termine dell’esecuzione l’esdebitazione è automatica per il consumatore adempiente (mentre con la vecchia legge era necessario un ulteriore ricorso del debitore per ottenerla). Il nuovo Codice snellisce la procedura: se hai completato il piano, sei automaticamente esdebitato.

Vantaggi del Piano del Consumatore: consente di pagare solo una parte dei debiti (quella proporzionata alle proprie possibilità) e cancellare il resto. Offre protezione dalle azioni esecutive e un quadro ordinato: si risolve tutto in un’unica procedura invece di essere bersagliati da mille cause. Non richiede il consenso dei creditori (a differenza di altre soluzioni), quindi se ben congegnato può essere imposto anche ai creditori recalcitranti, purché sia giusto. Inoltre, durante il piano il debitore può conservare i beni essenziali (es. di solito l’abitazione se i creditori comunque vengono soddisfatti in altra maniera) e soprattutto la sua dignità economica, perché la legge riserva una quota di reddito per vivere.

Svantaggi e limiti: Il processo può essere lungo (serve preparare tanti documenti, e l’iter in tribunale potrebbe durare qualche mese prima dell’omologa). Ci sono dei costi, in particolare le spese dell’OCC e gli eventuali compensi dei professionisti coinvolti, se non assistito dal solo OCC. Tuttavia questi costi sono generalmente contenuti se rapportati all’entità dei debiti e possono essere anch’essi inseriti nel piano di pagamento. Un altro limite: se il piano dovesse fallire (ad es. il debitore non riesce a rispettare le rate per sopravvenute difficoltà e il piano viene revocato), si perde il beneficio e i crediti restanti rivivono per intero. Bisogna quindi essere abbastanza sicuri di poter sostenere l’impegno preso per tutta la durata. Detto ciò, il nuovo Codice prevede che il piano possa essere modificato in corso se succedono eventi straordinari (una sorta di flessibilità), ma sempre con giudice coinvolto.

Va anche sottolineato che non tutti i debiti sono comprimibili: quelli alimentari e da malfine (illeciti) non vengono cancellati con l’esdebitazione, quindi nel piano del consumatore li devi prevedere integralmente a meno che il beneficiario stesso non accetti una riduzione. Questi casi vanno valutati: un piano può comunque includerli ma sappi che per legge alla fine non saranno esdebitati se resta qualcosa.

In concreto, il Piano del Consumatore ha aiutato molte persone. Ad esempio, in un caso reale omologato dal tribunale di Napoli, una famiglia è riuscita a salvare la casa presentando un piano che prevedeva il pagamento del 37% del mutuo residuo in 7 anni. In un altro caso, un giudice ha omologato un piano con un taglio del debito di oltre il 60%, rigettando le contestazioni dei creditori, rilevando che la meritevolezza non era più richiesta e che l’abitazione veniva salvata. Ciò dimostra come il piano possa portare a tagli significativi del debito (50-70%) garantendo comunque ai creditori un ritorno migliore rispetto alla liquidazione forzata.

Come accedere concretamente al Piano del Consumatore? Bisogna rivolgersi a un OCC. Sul sito ministeriale Giustizia (sezione Registro OCC) o presso la Camera di Commercio locale si trovano i riferimenti degli OCC sul territorio. Molti OCC chiedono una piccola quota iniziale per aprire la pratica e poi il resto del compenso a risultato ottenuto (alcuni calibrano il compenso sul numero di creditori e sull’attivo gestito). In alternativa, ci si può rivolgere a professionisti esperti in crisi da sovraindebitamento che facciano da OCC (ad esempio alcuni avvocati possono operare individualmente come gestori accreditati presso un OCC). Data la tecnicalità, il fai-da-te non è possibile.

In sintesi, il Piano del Consumatore è lo strumento cardine per chi ha molti debiti e vuole una seconda chance, pur onorando parzialmente gli impegni. È come un “concordato” su misura della persona, approvato dal tribunale, che porta al fresh start (nuovo inizio) dopo aver pagato quanto ci si poteva permettere. Se hai debiti insostenibili ma un reddito o patrimonio anche minimo su cui costruire un’offerta, considera fortemente questa opzione.

Nel prossimo paragrafo vedremo l’Accordo di Ristrutturazione dei debiti (concordato minore), che è simile al piano del consumatore ma coinvolge anche i creditori nel voto e si applica a soggetti non consumatori (es. piccoli imprenditori, professionisti). Subito dopo, parleremo della Liquidazione controllata e dell’Esdebitazione dell’incapiente, che sono ulteriori strumenti per situazioni estreme.

Come Funziona L’Accordo di Ristrutturazione dei Debiti (Concordato Minore)

L’Accordo di Ristrutturazione dei Debiti, chiamato anche accordo di composizione della crisi nella Legge 3/2012 e ora ridenominato Concordato Minore nel Codice della Crisi, è una procedura affine al Piano del Consumatore ma con alcune differenze chiave. Si rivolge ai debitori “non fallibili” che però non sono consumatori – tipicamente, piccoli imprenditori sotto le soglie di fallibilità, professionisti, ditte individuali, start-up innovative, ecc., oppure consumatori che preferiscono questa via per includere anche eventuali debiti professionali. Anche in questo caso si tratta di presentare un piano per ristrutturare i debiti, ma la differenza principale è che l’accordo richiede il voto favorevole dei creditori (o almeno di una maggioranza di essi) prima dell’omologazione.

Vediamo gli aspetti salienti:

  • Soggetti ammessi: tutti i debitori sovraindebitati che non possono accedere al piano del consumatore. Ad esempio, un artigiano ancora in attività con debiti verso fornitori e banca userà il concordato minore; un professionista con studio e debiti fiscali pure; una famiglia che ha anche alcuni debiti per una vecchia attività cessata potrebbe dover optare per l’accordo se quei debiti d’impresa sono rilevanti. Anche più soggetti possono fare un accordo familiare congiunto se i debiti hanno origine comune (es. marito e moglie garanti l’uno dell’altro): la legge ora lo consente per semplificare.
  • Procedura simile all’altra: ci si rivolge anche qui a un OCC, si elabora una proposta di accordo e un piano di rientro. Non essendo consumatore, il debitore potrebbe proporre di continuare eventualmente l’attività riducendo il debito o dilazionandolo. Infatti uno degli scopi del concordato minore può essere anche consentire la continuazione dell’attività d’impresa o professionale. Per esempio, un piccolo imprenditore propone ai creditori di pagarli in parte nell’arco di 4 anni, mentre prosegue la sua attività con quella sostenibilità.
  • Voto dei creditori: una volta depositata la proposta e ottenuto il via libera all’adunanza, i creditori vengono chiamati a votare. Con la vecchia legge serviva il 60% dei crediti favorevoli; il nuovo Codice ha abbassato il quorum a oltre il 50% dei crediti (maggioranza del valore dei crediti). Se si raggiunge questa maggioranza, l’accordo si considera approvato. I creditori che non hanno aderito possono subire l’accordo omologato se il giudice ritiene che non siano danneggiati rispetto all’alternativa liquidatoria (principio di cram-down). Quindi anche qui, la minoranza dissenziente viene cramata se il piano è equo.
  • Omologazione e vincolatività: Ottenuta la maggioranza dei voti, il tribunale omologa l’accordo (salvo vizi). Da quel momento, l’accordo ha efficacia verso tutti i creditori inclusi, anche quelli che non hanno firmato. È dunque un concordato para-giudiziale: una volta omologato, è come fosse una sentenza. Se non si ottiene la maggioranza, l’accordo non va in porto (il debitore potrebbe a quel punto ripiegare sulla liquidazione o riformulare la proposta).
  • Esecuzione e esdebitazione: Il debitore esegue quanto promesso. Ad esempio, paga le percentuali concordate ai vari creditori entro i termini. Completata l’esecuzione, si chiude la procedura. Nei concordati minori, come nei piani, vale il principio dell’esdebitazione finale: i debiti residui vengono cancellati con decreto del giudice. Tuttavia, anche qui vigono le eccezioni (alimenti e risarcimenti non esdebitabili).

Differenza rispetto al Piano del Consumatore: per un consumatore puro, il piano è di solito preferibile perché evita di dipendere dal voto dei creditori (che magari per ripicca voterebbero no). L’accordo invece coinvolge i creditori: ciò può essere uno svantaggio, ma a volte anche un vantaggio, perché se i creditori chiave sono ben disposti, l’accordo può essere modellato con più libertà (ad esempio su durate più lunghe o trattamenti particolari a creditori strategici). Inoltre nell’accordo si può includere anche chi ha debiti di natura professionale o aziendale e vuole continuare l’attività. Ad esempio, un architetto con debiti per affitto studio e fornitori potrà fare un concordato minore per ridurli e mantenere lo studio aperto (cosa che un piano consumatore non consente, dato che quei debiti non sono personali “di consumo”).

Un punto di forza del concordato minore nel nuovo Codice è il cram-down fiscale: prima era quasi inutile tentare un accordo se l’Erario (Agenzia Entrate o Riscossione) con un credito grosso non aderiva. Ora invece basta la maggioranza del 50% e, se l’Erario sta in minoranza e il giudice verifica che quanto offerto al Fisco è almeno pari al ricavabile in liquidazione, il giudice può omologare anche senza adesione del Fisco. Questo è rivoluzionario: toglie all’Erario un potere di veto che spesso bloccava le soluzioni. Dunque, anche per debiti fiscali, l’accordo/concordato minore oggi è fattibile e può imporre un taglio.

Esempio: Un agente di commercio indebitato per 100k (20k di banca, 30k di fornitori, 50k di Equitalia) propone un accordo di pagare 50k totali in 5 anni (quindi il 50%). Banca e fornitori, stanchi di azioni infruttuose, accettano (insieme hanno il 50%+ dei crediti). L’ADER magari non dà parere perché vorrebbe tutto, ma rappresenta il 50% esatto dei crediti, non la maggioranza. Il giudice vede che in liquidazione quel agente (che non ha immobili, solo un’auto e reddito modesto) farebbe recuperare forse 20%. Quindi il 50% proposto è migliorativo e omologa l’accordo anche senza ok di ADER. L’agente poi paga puntuale le rate e ottiene lo stralcio del restante 50k, liberandosi dai debiti. In tal modo ha salvato anche la patente di agente (che poteva essergli sospesa se protestato ecc.).

In sintesi, l’Accordo di ristrutturazione dei debiti o Concordato Minore è lo strumento parallelo al piano del consumatore per chi non è consumatore. Permette comunque di ridurre la mole debitoria con il benestare (o non opposizione efficace) dei creditori. Richiede un po’ più di capacità negoziale (convincere i creditori a votare sì), quindi spesso un ruolo importante lo gioca il professionista OCC che tratta con essi prima del voto, chiarendo che l’alternativa è la liquidazione dove magari prenderebbero meno.

Va detto che un consumatore può accedere al concordato minore solo se continua un’attività d’impresa, se no il Codice ora esclude i consumatori dal concordato minore (devono fare il piano o liquidazione). Quindi l’accordo è d’elezione per piccoli imprenditori e professionisti. Il suo pregio è che può prevedere la continuità aziendale: è un mini-concordato preventivo per imprese non fallibili, in pratica. Se l’attività è sana ma oppressa dai debiti, con un concordato minore si fa pulizia e si riparte.

Dopo l’accordo/concordato, passiamo all’opzione più drastica: la Liquidazione controllata del sovraindebitato, che consiste nel liquidare (vendere) il patrimonio del debitore per pagare il possibile, e poi ottenere la liberazione dai debiti. È la versione “personale” di un fallimento. La affronteremo nel prossimo paragrafo, assieme alla particolare figura dell’Esdebitazione del debitore incapiente per chi proprio non ha nulla da liquidare.

Come Funziona La Liquidazione Controllata del Patrimonio ed Esdebitazione

Quando una persona sovraindebitata non ha la possibilità di proporre né un piano né un accordo sostenibile, ad esempio perché i suoi debiti sono troppo alti rispetto a qualsiasi reddito e non può offrire pagamenti soddisfacenti, resta comunque un’ultima risorsa: la Liquidazione controllata del patrimonio, accompagnata eventualmente dalla Esdebitazione finale.

In parole semplici, la liquidazione controllata è l’equivalente del fallimento personale: tutti i beni del debitore vengono raccolti, venduti e distribuiti ai creditori, dopodiché il debitore viene liberato dai debiti residui. A differenza di un fallimento d’impresa (che era riservato agli imprenditori commerciali sopra certe soglie), qui parliamo di persone fisiche o piccoli imprenditori non fallibili. Nella vecchia Legge 3/2012 si chiamava “Liquidazione dei beni”. Il Codice della Crisi l’ha rinominata “liquidazione controllata del sovraindebitato” e ne ha migliorato le condizioni per il debitore.

Ecco come funziona:

  • Accesso alla liquidazione: Può chiedere la liquidazione il debitore stesso, depositando un’istanza al tribunale tramite un OCC, oppure – novità – possono chiederla anche i creditori o il Pubblico Ministero in alcuni casi. Questo succede se, ad esempio, c’è già un pignoramento in corso e il debitore è chiaramente insolvente: un creditore stanco di tentare a vuoto può chiedere che si apra direttamente la procedura di liquidazione sovraindebitamento. Il debitore, però, può opporsi presentando un proprio piano o concordato minore; se lo fa, la richiesta dei creditori viene sospesa. Lo scopo di permettere ai creditori di attivare la liquidazione è evitare il proliferare di esecuzioni individuali inefficaci e risolvere in modo unitario la crisi.
  • Nomina del Liquidatore e formazione dell’attivo: Il tribunale nomina un Liquidatore (spesso è lo stesso OCC o un professionista terzo) che prende in mano il patrimonio del debitore. Viene redatto l’elenco di tutti i beni: immobili, auto, conti correnti, crediti verso terzi, eventuali stipendi futuri (per la parte pignorabile), ecc. Nota: per legge alcuni beni sono impignorabili e restano fuori: ad esempio, beni strettamente personali, stipendi per la parte impignorabile, pensioni minime, ecc., nonché l’eventuale casa che non sia pignorabile per le regole prima viste (prima casa se Fisco e debito <120k) potrà restare al debitore, ma va valutato. In molti casi comunque la casa finisce nell’attivo liquidabile (specie se c’è un’ipoteca della banca). Il Liquidatore gestisce la vendita dei beni: può vendere all’asta l’immobile, cedere l’auto, riscuotere crediti, ecc. Se il debitore ha un lavoro, una quota dello stipendio mensile (quella pignorabile, cioè in genere il quinto) viene prelevata ogni mese per convogliarla alla procedura.
  • Svolgimento della liquidazione: I creditori presentano le loro domande di partecipazione, vengono verificati i crediti e formata la graduatoria (se ci sono crediti privilegiati, ipotecari, ecc. vengono ordinati con le prelazioni di legge). Il Liquidatore man mano che realizza (ottiene denaro dalla vendita dei beni) procede a distribuire secondo l’ordine delle cause di prelazione. Questa fase può durare qualche anno, ma il Codice ha fissato una durata massima di 3 anni (4 anni nella vecchia legge) per la liquidazione attiva di redditi futuri, e immediatamente per i beni già esistenti. Quindi la procedura, in linea di massima, dura 3 anni: passato questo periodo, anche se si fosse recuperato meno di quanto dovuto, si arriva alla chiusura.
  • Esdebitazione di diritto: Ecco la grossa novità. Al termine della liquidazione, il debitore persona fisica è automaticamente esdebitato (liberato) dai debiti residui non soddisfatti. Non deve fare un’ulteriore istanza né superare verifiche di meritevolezza come prima. Con la legge precedente, il debitore doveva dimostrare di aver cooperato e di meritare l’esdebitazione, e farne richiesta espressa; e in teoria i creditori potevano opporsi. Oggi invece è di diritto: se non ci sono frodi o irregolarità, la chiusura della liquidazione porta all’esdebitazione completa automatica. Questo incoraggia i debitori a non temere la liquidazione: sanno che hanno l’uscita garantita dai debiti dopo 3 anni di “purgatorio”. (Rimangono comunque non cancellati, anche qui, eventuali debiti alimentari e da risarcimenti per illeciti, per espressa previsione di legge.)
  • Effetti per il debitore: Durante la liquidazione, il debitore subisce alcune restrizioni: non può gestire liberamente i suoi beni (lo fa il liquidatore), deve collaborare fornendo informazioni, non può nascondere/alienare nulla, ecc. Terminata la procedura, i beni eventualmente non liquidati (perché impignorabili o perché non trovati acquirenti) restano comunque di sua proprietà, e soprattutto i debiti che residuano sono cancellati. In 3 anni, quindi, il debitore “sacrifica” il suo patrimonio disponibile, però ottiene la liberazione completa. Si riparte da zero, fresh start.

La liquidazione è spesso l’ultima spiaggia per chi non riesce a fare un piano: ad esempio, chi non ha un reddito sufficiente per offrire un pagamento parziale ai creditori, ma possiede una casa; oppure chi ha troppi creditori che non troverebbero accordo. In liquidazione non serve il consenso di nessuno, è una procedura concorsuale a tutti gli effetti, imposta. Il debitore di fatto dice: “Prendete tutto quello che ho ora e quello che otterrò nei prossimi 3 anni, poi però basta, non voglio più nulla a che fare con i vecchi debiti”.

Un aspetto da considerare: se il debitore ha un immobile prima casa su cui magari c’è mutuo, va valutato strategicamente. La banca ipotecaria avrà privilegio quasi totale sul ricavato. Se la casa è di valore, a volte conviene tentare prima un saldo e stralcio con la banca ipotecaria piuttosto che farla andare in liquidazione, dove potrebbe essere svenduta. La liquidazione comunque cerca di vendere al miglior prezzo, ma il mercato delle aste è aleatorio. Tuttavia, se il mutuo residuo supera il valore casa (capitale negativo), la liquidazione potrebbe essere un modo per restituire le chiavi e liberarsi sia della casa che del mutuo residuo (cosa che altrimenti non avviene, poiché in Italia la datio in solutum della casa non estingue il mutuo salvo accordi).

Costi e fattibilità: Anche la liquidazione passa da OCC e tribunale, quindi ci sono costi di giustizia e un compenso al liquidatore (pagato di solito con parte del ricavato delle vendite, in percentuale). Per il debitore l’accesso è più semplice rispetto alle altre procedure: non serve un piano da far quadrare, basta la documentazione sui debiti e sui beni. È una procedura d’urto.

Esdebitazione del debitore incapiente: Infine, un caso particolare introdotto di recente (nel 2020 e ora formalizzato nel Codice) è l’esdebitazione senza liquidazione per il “debitore incapiente”. Riguarda quelle persone prive di patrimonio liquidabile e di reddito aggredibile, che però sono meritevoli e si trovano schiacciate dai debiti senza alcuna colpa. La legge permette a costoro di ottenere un’esdebitazione immediata, senza dare nulla ai creditori, a patto che nei 4 anni successivi se dovessero “miracolosamente” conseguire guadagni significativi, ne verseranno il 10% ai vecchi creditori. È pensato come misura di eccezione “una tantum” nella vita. I requisiti chiave: non possedere nulla da liquidare nemmeno in prospettiva, e non aver frodato i creditori (cioè essere in buona fede assoluta). In pratica, è un perdono totale dei debiti, perché il soggetto è nullatenente e senza capacità futura prevedibile. Questa procedura è chiamata esdebitazione del debitore incapiente e dura 4 anni di “osservazione”. Se in quei 4 anni vinci alla lotteria o trovi un super lavoro, devi dare il 10% di quelle utilità rilevanti ai creditori; se rimani povero come previsto, allo scadere dei 4 anni l’esdebitazione diventa definitiva e non devi nulla a nessuno. È un istituto di grande umanità, che riconosce come a volte insistere per far pagare chi davvero non ha nulla sia inutile e crudele, e preferisce dare pace al debitore onesto sfortunato, evitando che viva per sempre nell’angoscia dei debiti impagabili.

Per accedere a questa esdebitazione a zero, serve comunque il tribunale e l’OCC che verifichi i requisiti. Il giudice controlla l’assenza di atti in frode e la meritevolezza. Se concede, il debitore è subito esdebitato condizionatamente. Da notare: è esclusa per chi ha fatto il furbo (tipo chi ha distratto beni prima). Inoltre è una chance una tantum: se la usi, non potrai mai più fallire o fare procedure analoghe nei successivi 10 anni, credo, e se ti indebitassi di nuovo non potrai dire di essere incapiente un’altra volta. È un reset totale ma unico.

In pratica dunque abbiamo un ventaglio di soluzioni legali: dal saldo e stralcio (accordo privato) al piano del consumatore (ristrutturazione con aiuto del giudice), all’accordo/concordato (ristrutturazione con voto dei creditori), alla liquidazione controllata (liquidazione beni e poi esdebitazione), fino all’esdebitazione incapiente (cancellare tutto subito se proprio non c’è nulla). Un debitore dovrebbe valutarle tutte con l’aiuto di un professionista per capire quale si adatta meglio alla sua situazione.

Ricorda sempre che queste procedure di sovraindebitamento (piano, accordo, liquidazione) sono alternative tra loro: non puoi farle tutte insieme; devi scegliere e una volta ottenuto l’esdebitazione tramite una, per legge non puoi richiederne un’altra per almeno 4 anni (e comunque non potresti avere altri debiti pendenti essendo esdebitato). L’obiettivo del legislatore è che tu ne abbia una e buona e che poi tu possa ripartire e non tornare in una situazione di insolvenza.

Chiudiamo adesso con alcune strategie pratiche riguardo ai pignoramenti e alle aste, che sono le paure immediate di chi ha debiti. Vedremo come cercare di evitarli o gestirli nell’ottica di applicare poi magari una delle soluzioni di cui sopra.

Come Funziona Un Pignoramento: cos’è e come evitarlo (o limitarne i danni)

Il pignoramento è probabilmente la parola che spaventa di più i debitori, ed è l’atto concreto con cui un creditore, munito di titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo, cartella esattoriale, cambiale, etc.), dà inizio all’esecuzione forzata sui beni del debitore. In pratica, tramite l’ufficiale giudiziario o tramite atti notificati, il creditore vincola alcuni beni del debitore affinché siano destinati a soddisfare il credito. Esistono varie forme di pignoramento:

  • Pignoramento mobiliare: l’ufficiale giudiziario si reca presso il domicilio del debitore e redige un verbale di pignoramento su beni mobili (arredi, oggetti di valore). Questi beni vengono elencati e “vincolati”; se non si paga, saranno messi all’asta. Nella pratica odierna, il pignoramento mobiliare presso l’abitazione è poco frequente e di solito infruttuoso (i beni usati casalinghi hanno scarso valore d’asta e spesso sono beni impignorabili come effetti personali, letti, elettrodomestici indispensabili). Più utile è il mobiliare presso terzi, prossimo punto.
  • Pignoramento presso terzi: è il più efficace. Il creditore individua somme o crediti del debitore nelle mani di terzi e le blocca. Classici esempi: pignoramento del conto corrente (si notifica alla banca e al debitore, e la banca deve congelare le somme fino a concorrenza del credito); pignoramento dello stipendio/pensione (notifica al datore di lavoro o ente pensionistico; questi trattiene dal salario mensile la quota stabilita e la versa alla procedura); pignoramento dell’affitto (se il debitore locatore deve incassare affitti da un inquilino, il creditore può farsi dare gli affitti al suo posto). Il pignoramento presso terzi è molto usato perché colpisce flussi di denaro.
  • Pignoramento immobiliare: è l’atto con cui si avvia l’esecuzione su un bene immobile (casa, terreno) intestato al debitore. Si notifica un atto di pignoramento immobiliare al debitore e si trascrive nei registri immobiliari. Da quel momento l’immobile è vincolato per l’esecuzione. Segue una procedura in tribunale per venderlo all’asta.

Una volta notificato un atto di pignoramento, il debitore ha normalmente ancora una possibilità: può evitare la vendita pagando integralmente il debito (più spese) prima che la vendita o l’assegnazione avvenga. Nel pignoramento presso terzi, c’è un’udienza dal giudice dove eventualmente il creditore chiederà l’assegnazione delle somme pignorate: fino a prima dell’assegnazione, il debitore può correre a pagare il creditore e ottenere la chiusura (così il giudice non assegna nulla al creditore poiché è stato soddisfatto). Nel pignoramento immobiliare, fino al momento del decreto di trasferimento (che di solito avviene dopo l’asta aggiudicata), il debitore può saldare l’intero importo dovuto e bloccare la vendita.

Tuttavia, attendere il pignoramento per agire non è consigliabile. Meglio muoversi prima che arrivi. Vediamo dunque come evitare il pignoramento:

  1. Prevenzione e dialogo: Se sai di avere un debito scaduto e sei in contatto col creditore, cerca un accordo PRIMA che ottenga un titolo esecutivo. Una volta che va dall’avvocato e inizia la pratica, mette in conto altre spese che poi chiederà a te e sarà meno incline a perdonare. Quindi, appena ti arriva un decreto ingiuntivo (o prima ancora, la lettera di messa in mora), attivati. Ignorare gli atti di citazione è pericoloso: potresti perdere termini per difese o per proporre una dilazione.
  2. Conoscere i propri diritti: Come abbiamo spiegato nella sezione tipologie, ci sono limiti legali al pignoramento. Ad esempio: su uno stipendio un creditore ordinario può prendere al massimo 1/5; se avevi già un pignoramento, un altro creditore dovrà accodarsi rispettando il limite cumulativo del 50% del netto. Sulle pensioni lasciarti almeno il minimo vitale (circa 1.000€). La prima casa non ipotecata dal Fisco non può essere messa all’asta da ADER se debito <120k . Conoscere queste regole serve a non farsi prendere dal panico e magari cedere a pressioni indebite. Esempio: recuperatore di crediti che minaccia “ti pignoro tutta la pensione” – sai che mente, non può perché c’è il minimo vitale intoccabile. Ciò non significa che non bisogna pagare, ma aiuta a negoziare senza paura irrazionale.
  3. Mantenere il controllo sui propri beni: Se un creditore minaccia pignoramento immobiliare, potresti valutare opzioni come vendere tu stesso la casa sul mercato prima che finisca all’asta (dove spesso il prezzo è inferiore). Vendendo tu la casa a un prezzo di mercato, puoi estinguere il debito col ricavato ed evitare il pignoramento. C’è però un rischio: vendere sotto esecuzione pendente (una volta notificato il pignoramento) è inefficace verso il creditore se fatto senza il suo consenso. Quindi dovresti vendere prima che trascrivano il pignoramento. Ma vendere per pagare è legalmente ok. Attenzione: non svendere a un parente per sottrarre la casa ai creditori, quello sarebbe atto in frode e può essere annullato facilmente dal tribunale se fatto nei due anni precedenti la procedura (o anche oltre, se c’è malafede). Quindi vendere sì, ma a prezzo congruo e appunto per pagare i debiti.
  4. Conversione del pignoramento (Art. 495 c.p.c.): Se il pignoramento immobiliare è già partito e non riesci a saldare tutto subito, la legge ti dà un’ultima chance: la conversione. Devi depositare in tribunale una richiesta di conversione entro prima che sia disposta la vendita (meglio subito) e versare una somma cauzionale (di regola pari a 1/5 dell’importo dovuto, oppure una percentuale fissata dal giudice). Se il giudice concede la conversione, praticamente sostituisci il bene pignorato con una somma di denaro pagabile a rate. Ti viene concesso di pagare il debito in max 18 rate mensili (in alcuni casi 36 rate) maggiorate di interessi legali. Dovrai versare immediatamente almeno 1/5 e il resto dilazionato. Se rispetti queste rate, il pignoramento viene revocato e il bene non va all’asta. La conversione del pignoramento è un istituto utile, ma serve avere liquidità per il 20% subito. Ad esempio, casa pignorata per 100k: versi 20k in cancelleria appena chiedi conversione; se il giudice accoglie, paghi i restanti 80k in 18 mesi (~4.4k/mese). Non è semplice, però in situazioni dove il debitore sta per trovare soldi (es. sta per arrivargli un pagamento, o riesce a farsi finanziare da parenti) può salvare la casa.
  5. Sospensione e opposizione: Ci sono casi in cui puoi impugnare il pignoramento. Ad esempio, se il creditore ha proceduto su un bene impignorabile o oltre i limiti di legge, puoi fare opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.). Oppure se ci sono vizi formali nel pignoramento, un’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) potrebbe farlo cadere. Queste sono questioni tecniche: vanno valutate con un legale. Non sempre bloccano definitivamente (magari fanno solo rifare la procedura correttamente). Ma se c’è un errore grave (es. il creditore ha pignorato un bene già venduto prima, o chiede più del dovuto, etc.), il giudice può sospendere o cancellare quell’azione. Anche presentare nel frattempo un ricorso per sovraindebitamento, come visto, consente di ottenere dal giudice della crisi la sospensione di pignoramenti in corso (misure protettive). Ad esempio, se la casa è pignorata e si sta avvicinando l’asta, ma tu depositi un piano del consumatore, il giudice può sospendere l’asta fino alla decisione sul piano. Questo rientra in una strategia più ampia: l’utilizzo delle procedure di composizione per bloccare le esecuzioni.
  6. Pagare parzialmente strategicamente: Una “furbizia” a volte usata è ridurre il debito sotto soglie critiche in extremis. Ad esempio, se hai debiti col Fisco totali 130k (sopra i 120k possono pignorarti la prima casa), potresti versare 15k per scendere a 115k: a quel punto ADER non potrebbe più espropriarti la casa (se unica e prima). Un caso vero: Cassazione ha stabilito che se il contribuente riesce a ridurre il debito sotto 120.000€ prima del pignoramento immobiliare, quell’espropriazione diventa illegittima. Dunque, a volte pagare un pezzetto può salvare il bene grande. Similmente, per i pignoramenti presso terzi, se il creditore vede che il dovuto scende a poca roba, potrebbe desistere perché non ne vale la pena. Chiaramente, servono soldi per fare questi versamenti, ma magari conviene farsi prestare 10-15k per evitare di perderne 100k in un immobile.

Cosa non fare assolutamente: Non intestare beni a parenti all’ultimo momento pensando di farla franca. Le cosiddette “donazioni difensive” a figli o coniugi, fatte quando già si è insolventi, vengono quasi sempre revocate su azione dei creditori entro 5 anni (a volte anche 10) perché considerate pregiudizievoli. Inoltre, nascondere deliberatamente beni (vendere la macchina fittiziamente, svuotare conti) può configurare reati (come sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, se lo fai per non pagare il Fisco, punito dall’art. 11 D.Lgs. 74/2000). Meglio giocare a carte scoperte e utilizzare le vie legali di protezione previste.

Riassumendo, per evitare il pignoramento devi agire in anticipo: accordarti, rateizzare, ristrutturare, pagare almeno in parte, oppure attivare strumenti legali come conversione o piano di sovraindebitamento. Se il pignoramento è già in corso, non disperare: hai ancora leve (conversione, opposizioni, saldare, sovraindebitamento con sospensione). Devi però muoverti con rapidità perché i tempi nelle esecuzioni scorrono: ad esempio, nel pignoramento immobiliare, dopo la notifica, il creditore chiederà la vendita e in qualche mese il tribunale fisserà l’asta. Ogni giorno è prezioso per trovare una soluzione.

Una menzione: se subisci un pignoramento dello stipendio, a parte le procedure viste, non c’è modo di “toglierlo” se non pagando il debito. Puoi però convivere con esso sapendo che solo 1/5 ti verrà trattenuto (o 1/10-1/7-1/5 per Fisco, a seconda dello stipendio. In certi casi, se la trattenuta è troppo onerosa rispetto alle mutate condizioni, puoi chiedere al giudice una riduzione temporanea, ma è difficile. Meglio, se possibile, negoziare col creditore: a volte un creditore pignora stipendio e poi si accontenta di un saldo e stralcio offerto dal debitore (così il debitore magari ottiene un prestito da qualcuno per pagare e togliere il vincolo). Una volta che il creditore dichiara soddisfatto il credito, il giudice libera il pignoramento. Quindi, anche dopo iniziato un pignoramento, il saldo e stralcio rimane un’opzione di chiusura anticipata (naturalmente il creditore può pretendere qualcosa in più visto che ha già la presa sullo stipendio; ma se il debitore per dire cambia lavoro o minaccia di licenziarsi, al creditore conviene trattare).

Aste Immobiliari: come salvare la casa pignorata

Affrontiamo ora il caso più critico e dal forte impatto personale: la casa all’asta. Quando la propria abitazione viene pignorata e finisce nel circuito delle aste giudiziarie, è comprensibile sentirsi disperati. Tuttavia, come abbiamo accennato, avere la casa pignorata non significa automaticamente perderla. Ci sono ancora opportunità di salvataggio anche in questa fase avanzata, se si agisce velocemente e con gli strumenti giusti.

Iter dell’asta immobiliare in breve: dopo il pignoramento e la richiesta di vendita, il tribunale nomina un delegato (spesso un professionista esterno) per seguire la procedura. Viene stimato il valore dell’immobile tramite perizia, quindi pubblicato un avviso di vendita. Si fissano date d’asta: all’asta possono partecipare acquirenti interessati, presentando offerte. Se all’asta c’è un’offerta valida almeno pari al prezzo base (o minima) e nessuno rilancia oltre, l’immobile viene aggiudicato a quell’offerente. Se nessuno offre, l’asta va deserta e dopo un po’ viene bandita una nuova asta a prezzo ribassato. Spesso il prezzo scende ad ogni asta (di solito di un 25% circa a volta) finché si trova un compratore. Quando l’immobile è aggiudicato, il giudice emette il decreto di trasferimento, che intesta l’immobile all’aggiudicatario e contestualmente dispone la cancellazione di ipoteche e pignoramenti (il bene passa “pulito” a chi compra). Dopo il decreto, l’ex proprietario viene sgomberato (se non lascia volontariamente) e il ricavato viene distribuito ai creditori secondo ordine (il primo la banca ipotecaria, poi altri eventuali).

Questo processo può durare molti mesi, a volte anni se ci sono aste deserte. Il debitore può vivere nella casa durante la procedura (fino al decreto di trasferimento ha diritto a starci, salvo casi eccezionali).

Cosa si può fare per salvare la casa prima che sia venduta?

  • Soluzione 1: Pagare i creditori pignoranti e intervenuti – Se riesci a racimolare la somma sufficiente a coprire il debito per cui la casa è all’asta, puoi saldare in qualsiasi momento prima del decreto di trasferimento. Questo fa cessare l’esecuzione. Anche il giorno prima dell’asta, se paghi tutto, l’asta viene revocata (magari dovrai rimborsare al creditore le spese già sostenute per perizie e avvisi). Questa è ovviamente la soluzione ideale: risolvi il problema e la casa resta tua. Ma spesso è irrealistico perché se avessi potuto pagare tutto non saresti arrivato all’asta. Una variante è ottenere un finanziamento o mutuo di sostituzione: esistono istituti o investitori che a volte erogano mutui per fermare aste (difficile però se sei insolvente; più probabile se trovi un garante o un parente disposto a intestarsi il nuovo mutuo). Ci sono anche società specializzate nel salvataggio immobili che offrono di saldare i creditori e poi far rientrare il debitore con affitto/riscatto, ma occhio a chi ci si affida perché a volte nascondono speculazioni poco trasparenti.
  • Soluzione 2: Conversione del pignoramento (già discussa) – Anche qui applicabile: se non puoi pagare tutto subito, chiedi al giudice di convertire, versa il 1/5 e ottieni di pagare a rate. Questo blocca l’asta in quanto se ti accordano le 18 rate, finché paghi le rate non si procede alla vendita. Molti debitori non sanno di questa opportunità: va presentata prima dell’asta, idealmente subito dopo il pignoramento. Il tribunale di solito sospende la vendita e ti dà lo scadenzario. Devi però essere sicuro di poter sostenere le rate (sennò perdi la cauzione e la procedura riparte da capo).
  • Soluzione 3: Saldo e stralcio con il creditore procedente – È possibile tentare un saldo e stralcio anche dopo il pignoramento. In pratica, negozi con il creditore principale (es. la banca) affinché accetti un tot e rinunci all’esecuzione. Se l’accordo riesce, il creditore pignorante rinuncia agli atti e l’esecuzione si chiude. Spesso però quando si è già in asta la banca preferisce attendere l’esito, a meno che l’offerta non sia molto conveniente. Una tattica- Soluzione 3: Saldo e stralcio con il creditore procedente – È possibile tentare un saldo e stralcio anche dopo il pignoramento. In pratica, negozi con il creditore principale (es. la banca) affinché accetti un certo importo e rinunci all’esecuzione. Se l’accordo riesce, il creditore pignorante rinuncia agli atti e l’esecuzione si chiude. Spesso però, quando l’asta è già avviata, la banca preferisce attendere l’esito, a meno che l’offerta non sia molto conveniente. Una tattica può essere coinvolgere anche un potenziale acquirente privato: ad esempio, Tizio debitore trova un conoscente disposto a comprare la casa per una certa cifra, la banca acconsente a prendere quella cifra a saldo del mutuo e a rinunciare all’asta, Tizio vende la casa a quel conoscente a un prezzo concordato (magari leggermente inferiore al debito totale, ma la banca accetta lo sconto per incassare subito). Questo scenario è complesso e richiede la collaborazione di più parti, ma accade in alcuni casi. Formalmente la banca potrebbe anche concordare di accettare la cifra X se Tizio la reperisce, e contestualmente Tizio può vendere la casa a un terzo per ottenere X. È un saldo e stralcio con vendita privata contestuale. Conviene perché spesso la vendita privata spunta prezzo migliore dell’asta.
  • Soluzione 4: Rinegoziazione del mutuo o interventi pubblici – In alcuni casi di asta di abitazione principale, le banche possono offrire una rinegoziazione del mutuo (allungando il piano, riducendo tasso) per permettere al debitore di riprendere i pagamenti e sospendere la procedura. La legge ha previsto durante emergenza Covid (art. 54-ter D.L. 18/2020) la possibilità di sospensione delle procedure esecutive sulla prima casa per 6 mesi se il debitore otteneva la rinegoziazione del mutuo o un finanziamento per saldare. Questo ha creato una finestra in cui molti hanno salvato la casa trovando un accordo con la banca e usufruendo della sospensione prevista. Anche se quella norma era temporanea, indica la disponibilità in casi socialmente sensibili a trovare soluzioni di sistema. Ad esempio, esiste il Fondo di Garanzia Prima Casa che garantisce mutui anche per surroga o consolidamento, e il Fondo di solidarietà mutui (sospensione 18 mesi delle rate per condizioni di difficoltà). Usare queste leve può aiutare a congelare le rate e guadagnare tempo.
  • Soluzione 5: Procedure concorsuali – Come già detto, se presenti un piano del consumatore o un concordato minore e chiedi la sospensione dell’esecuzione immobiliare, il tribunale dell’esecuzione deve sospendere l’asta in attesa delle decisioni sul piano. Se poi il piano viene omologato e prevede magari che la casa non venga venduta (es. paghi creditori diversamente), hai salvato la casa (c’è giurisprudenza di piani del consumatore omologati in corso di pignoramento, con salvataggio dell’immobile pagando solo una parte del mutuo). Questa è forse la via più potente: convertire la procedura esecutiva individuale in una procedura concorsuale di sovraindebitamento più favorevole. Ovviamente ci vuole un OCC rapido e una buona proposta.

E se la casa è già stata venduta all’asta? Purtroppo, una volta emesso il decreto di trasferimento, non c’è più nulla da fare per riaverne la proprietà. Il debitore viene sfollato (anche con la forza pubblica se necessario) e il nuovo proprietario ne ha il pieno diritto. In quella fase l’unica consolazione per il debitore è che il ricavato dell’asta andrà a diminuire o azzerare i suoi debiti. Se dopo aver pagato i creditori c’è un surplus, il residuo spetta al debitore. Purtroppo accade più spesso il contrario (ricavato insufficiente e debiti residui). Anche in tal caso, come detto, i crediti residui restano esigibili e i creditori potrebbero proseguire su altri beni/redditi.

Tuttavia, non tutto è perduto neanche dopo la vendita: se l’asta ha venduto a un prezzo irrisorio a causa di irregolarità o errori, talvolta il debitore (o i creditori) possono impugnare il decreto di trasferimento per vizi di procedura. Ci sono casi estremi in cui le vendite sono state revocate perché ad esempio non erano state pubblicate adeguatamente o l’ordinanza di vendita era viziata. Ma sono casi rari e affidati alla bravura di avvocati specializzati in esecuzion).

Un’altra chance, seppur remota, è riacquistare la casa dall’aggiudicatario. Non legalmente (non c’è un diritto di riscatto per il debitore in Italia, diversamente dagli USA dove esiste il “right of redemption” in alcuni stati), ma privatamente: se il nuovo proprietario è un investitore, potresti accordarti per restare come inquilino pagando un affitto, o concordare di ricomprargli la casa in futuro (magari via rent to buy). Alcune aziende propongono formule di “salva casa” dove un investitore acquista all’asta e poi ti dà un’opzione di riacquisto. Sono palliativi e spesso onerosi, ma in situazioni disperate qualcuno li utilizza per non dover lasciare immediatamente l’alloggio.

Idealmente, però, non si dovrebbe arrivare a tanto. L’obiettivo è muoversi prima dell’asta. Come recitano molti esperti: “Agire il prima possibile, perché più passano i mesi più aumentano le spese e diminuiscono le opzioni”.

In conclusione su questo tema: salvare la casa dall’asta è possibile se c’è cooperazione e tempestività. Si tratta magari di imboccare percorsi complessi (rinegoziazioni, piani giudiziali), ma i casi di successo esistono e non sono pochi. Mai perdere la speranza finché non c’è il decreto di trasferimento firmato! Fino all’ultimo giorno utile, esplora ogni via legale e finanziaria. E se proprio la casa va perduta, ricordati che liberarti dai debiti deve restare il tuo scopo primario: potrai ricominciare e magari in futuro ottenere un’altra abitazione, ma senza più il fardello debitorio.

Conclusioni e Consigli Finali

Siamo arrivati al termine di questa guida approfondita su come liberarsi dai debiti. Abbiamo analizzato in dettaglio i vari tipi di debito e soprattutto gli strumenti a disposizione per uscirne: dagli accordi bonari fino alle procedure di sovraindebitamento introdotte dalla legge. Prima di chiudere, riassumiamo i concetti chiave e diamo alcuni suggerimenti pratici finali al debitore in difficoltà:

1. Non isolarti e non vergognarti. Trovarsi con debiti che non si riescono a pagare può succedere a chiunque – perdita del lavoro, malattia, crisi economiche, scelte sbagliate o semplicemente sfortuna. Non è una colpa morale. La cosa peggiore è chiudersi per vergogna e ignorare il problema. Affronta la situazione a testa alta: prendi consapevolezza dell’ammontare dei tuoi debiti, elencali, e informati sui tuoi diritti. Spesso la paura deriva dall’ignoto; conoscendo le regole (ad esempio che non ti possono pignorare l’intero stipendio o lasciarti senza niente) sarai più lucido. Parlane con i familiari se possibile, cercando il loro supporto emotivo e magari pratico.

2. Fai un check-up finanziario completo. Metti per iscritto tutti i tuoi debiti: importi, creditori, scadenze, eventuali interessi di mora, ecc. Fai anche l’inventario dei tuoi beni (casa, auto, risparmi, TFR maturato, ecc.) e del tuo reddito attuale e prospettico. Questo ti servirà per decidere quale strategia adottare. Se scopri di avere debiti vecchi, verifica con precisione le date: alcuni potrebbero essere prescritti e quindi legalmente non più esigibili (in tal caso, non pagarli! Semmai consulta un legale per far valere la prescrizione). Identifica inoltre se ci sono garanti o coobbligati: i tuoi debiti coinvolgono altre persone? Viceversa, tu sei garante per debiti altrui? Queste informazioni sono importanti per evitare sorprese (ad esempio, se tu non paghi un debito e c’è un garante, il creditore andrà da lui: parlagliene per tempo).

3. Prioritizza i debiti più critici. Non tutti i debiti “pesano” uguale. Dai priorità ai debiti che possono comportare azioni immediate pesanti, come: debiti per cui hai già ricevuto decreti ingiuntivi o precetti (sono a un passo dal pignoramento), debiti fiscali con cartelle imminenti o scadute (l’Agente Riscossione ha molti poteri), debiti ipotecari sulla casa (per evitare la procedura esecutiva). I debiti verso parenti o amici magari possono essere messi in secondo piano momentaneamente, privilegiando quelli verso banche o Fisco che hanno mezzi coercitivi. Questo non significa ignorare i primi, ma negoziare con loro tempi più lunghi perché capiranno meglio la situazione. Attenzione però a non tralasciare piccole cose che possono crescere: ad esempio, pagare almeno le bollette correnti per non subire distacchi, anche se stai gestendo debiti più grandi.

4. Cerca un dialogo con i creditori. Spesso, il creditore preferisce trovare una soluzione concordata piuttosto che intraprendere lunghe azioni legali costose. Contatta i creditori maggiori prima che lo facciano loro con avvocati. Spiega la tua condizione con onestà (senza nascondere le difficoltà, ma anche senza dichiararti “morto” se puoi pagare qualcosa). Proponi piani di rientro realistici o offri un saldo e stralcio se hai un aiuto finanziario disponibile. Molti istituti finanziari hanno reparti speciali per gestire i casi di sofferenza: possono ridurre le rate, sospendere i pagamenti per un periodo (moratoria), consolidare i debiti, etc. Non aspettare l’ultimo sollecito: prendendo tu l’iniziativa, dimostri buona fede e puoi spuntare condizioni migliori. Ovviamente, tutto ciò che concordi mettilo poi per iscritto.

5. Valuta l’aiuto di professionisti e organismi specializzati. Uscire dai debiti può essere un percorso complesso, è difficile far tutto da soli. In Italia ci sono vari soggetti che possono assisterti: i Centri di assistenza dei consumatori (come le associazioni dei consumatori) forniscono consulenza di base; i commercialisti o avvocati esperti in diritto fallimentare/sovraindebitamento possono analizzare la tua situazione e suggerire la strada legale migliore (piano, accordo, liquidazione); gli OCC (Organismi di Composizione della Crisi) sono enti appositi che ti guideranno nelle procedure ex Legge 3/2012/ Codice della Crisi. Spesso i costi iniziali di consulenza sono accessibili o addirittura gratuiti (alcuni OCC pubblici fanno una valutazione preliminare senza impegno). Non avere timore a chiedere un appuntamento: anche solo per capire se puoi accedere alle procedure di legge. Ricorda che le normative sul sovraindebitamento sono complesse e in continuo aggiornamento: un esperto aggiornato al 2025 saprà indicarti se ci sono nuove interpretazioni, prassi dei tribunali, o misure temporanee (ad es. la riapertura della rottamazione-quater nel 2025, come abbiamo visto).

6. Non trascurare le spese essenziali e la sussistenza della tua famiglia. Mentre gestisci il piano di uscita dai debiti, fai in modo di assicurare il necessario a te e ai tuoi cari. La legge ti consente di mantenere un minimo vitale durante le procedure (ad esempio nel piano del consumatore si esclude dal pagamento una quota per vivere dignitosamente. Non sottrarre soldi al cibo, alle cure mediche, all’istruzione dei figli per pagare creditori finanziari: trova un equilibrio. Spesso i debitori fanno l’errore opposto (non pagano nulla ai creditori per anni senza però risparmiare/utilizzare al meglio quelle risorse). Tu invece cerca di creare un piccolo fondo di emergenza se possibile, mettendo da parte quello che riesci, così da avere un margine per eventuali accordi (ad esempio serve liquidità per un saldo e stralcio, oppure per la cauzione di conversione del pignoramento). Se hai diritto a sostegni pubblici (reddito di cittadinanza o suo successore, bonus bollette, agevolazioni), usufruiscine – ti alleggeriranno alcune spese, liberando risorse per affrontare i debiti.

7. Usa le opportunità di legge a tuo vantaggio. Durante il percorso, tieniti informato su nuove normative o finestre utili: per esempio, definizioni agevolate (rottamazioni) per i debiti fiscali, eventuali condoni locali per multe, contributi, ecc. Abbiamo visto come la L.197/2022 abbia cancellato interessi su piccoli debiti e permesso di pagare cartelle senza sanzioni. Queste misure capitano di frequente. Anche le banche ogni tanto lanciano campagne di saldo a stralcio per vecchi crediti (soprattutto se li hanno ceduti). Mantieni un dialogo aperto: ad esempio, chiama Agenzia Riscossione periodicamente o controlla il loro sito per vedere se hai carichi stralciati d’ufficio. Inoltre, ricordati dell’esdebitazione dell’incapiente: se davvero non possiedi nulla e non hai prospettive (caso estremo), la legge ti offre quell’uscita dopo 4 anni. Non restare nell’ombra, potresti essere uno di quei casi in cui il giudice cancella tutto il debito per darti pace – ma devi attivarti e presentare l’istanza. Insomma, conosci i tuoi “strumenti di salvezza” e usali senza esitazione.

8. Cambia le abitudini finanziarie per il futuro. Una volta messo in moto il processo di liberazione dai debiti, in parallelo impegnati a non crearne di nuovi e a correggere eventuali errori passati. Se l’indebitamento è nato da consumi eccessivi a credito, è il momento di adottare uno stile di vita più sobrio. Se invece è frutto di eventi sfortunati imprevedibili, comunque cerca di costruirti un piccolo cuscino finanziario quando potrai. Educa anche la tua famiglia (coniuge, figli) all’uso responsabile del denaro: tutti devono remare nella stessa direzione. Liberarsi dai debiti è anche un percorso di crescita finanziaria personale: ti insegna quali sono le tue priorità e come evitare di ricadere nello stesso problema. Alcune procedure (come il piano del consumatore) non permettono di ripeterle a breve termine, quindi considerala una opportunità unica per rifarti una salute creditizia.

9. Resilienza e positività. Uscire dai debiti può richiedere tempo e comporta momenti di sconforto. È fondamentale mantenere un atteggiamento mentale positivo e resiliente. Ogni piccolo successo – un creditore che accetta un saldo e stralcio, un’asta sospesa, una rata pagata – è un passo verso la luce. Ci saranno forse battute d’arresto, ma non mollare. Segui attentamente il piano che hai stabilito, monitora i progressi. Prenditi cura anche di te stesso: lo stress finanziario incide sulla salute, quindi non trascurare il benessere mentale e fisico. Se serve, cerca supporto in gruppi (esistono forum o associazioni di “sovraindebitati” che condividono esperienze, così ti sentirai meno solo e potrai avere consigli da chi ci è passato). La cosa importante è credere che una soluzione c’è – perché c’è davvero: ce lo conferma l’evoluzione della legge (chiamata significativamente “salva suicidi” perché nata per prevenire gesti estremi di chi si sentiva in un vicolo cieco). Oggi più che mai, l’ordinamento italiano riconosce il diritto alla seconda possibilità per il debitore onesto ma sfortunato.

10. Impara dall’esperienza. Quando finalmente ti sarai liberato dai debiti – che sia attraverso il pagamento di un accordo o l’esdebitazione finale – prendi un respiro e guarda indietro. Analizza come sei arrivato a indebitarti e quali segnali avresti potuto cogliere prima. Questa esperienza, per quanto dura, può diventare una lezione preziosa per la gestione futura delle tue finanze. Diventerai probabilmente più prudente nel fare debiti, più consapevole nel rapporto con le banche, più attento a mettere da parte un fondo per i tempi difficili. Condividi anche questa esperienza con chi ti è vicino, per aiutare magari altri a non cadere nelle stesse trappole.

In definitiva, “Liberarsi dai debiti: tutti, nessuno escluso” significa che chiunque può trovare una via d’uscita dal tunnel dell’indebitamento, purché utilizzi gli strumenti appropriati e chieda aiuto quando serve. Il nostro ordinamento offre oggi una rete di salvataggio ben articolata: dalle tutele minime (come i limiti ai pignoramenti) fino ai percorsi di composizione della crisi (piani, accordi, liquidazione). Non esiste la bacchetta magica per cancellare i debiti dall’oggi al domani (diffida da chi promette miracoli facili!), ma esiste un percorso, fatto di tappe e procedure, che può ridarti la libertà finanziaria.

Ricordiamo alcuni punti normativi aggiornati ad aprile 2025:

  • La Legge n. 3/2012, come modificata dal D.L. 179/2020 e ora integrata nel D.Lgs. 14/2019 (Codice della Crisi), è il riferimento per piano del consumatore, concordato minore e liquidazione controllata. Tali procedure permettono la ristrutturazione e l’esdebitazione completa in tempi definiti.
  • La Legge di Bilancio 2023 (L.197/2022) ha introdotto importanti misure di sollievo fiscale (stralcio parziale dei debiti sotto 1000€ e rottamazione-quater. Il Milleproroghe 2025 ha persino riaperto i termini per chi era decaduto dalla rottamazione.
  • Il Codice di Procedura Civile prevede strumenti come la conversione del pignoramento (art.495 c.p.c.) per evitare la vendita all’asta depositando una cauzione e pagando a rate.
  • Il D.P.R. 602/1973 (riscossione esattoriale) art. 76 tutela la prima casa dai pignoramenti fiscali sotto certe condizioni, e art. 72-ter e seguenti impone i limiti di pignorabilità su stipendi e pensioni anche per il Fisco.
  • Le prescrizioni dei crediti: 10 anni ordinari, 5 anni per molte materie (affitti, bollette in passato, rate finanziamenti), 2 anni per bollette di luce-gas recenti. Questo può far annullare legalmente molti debiti se il creditore è rimasto inerte.
  • Le esclusioni dall’esdebitazione: restano comunque dovuti alimenti e risarcimenti danni da fatto illecito anche dopo le procedure – non lo dimenticare quando pianifichi cosa può essere cancellato.

Chiudiamo con una nota di fiducia: liberarsi dai debiti è possibile, come testimoniano le migliaia di casi risolti grazie a queste leggi in Italia (oltre 150.000 persone hanno ottenuto esdebitazione dal 2012 al 2025 secondo stime). Certo, richiede impegno, e a volte qualche sacrificio o rinuncia (forse dovrai rinunciare a mantenere un certo bene, oppure stringere la cinghia per alcuni anni pagando una quota ai creditori), ma il premio finale è enorme: riavere la propria vita finanziaria sotto controllo, senza più la paura costante del telefono che squilla per minacce di pagamento o dell’ufficiale giudiziario alla porta. Significa poter pensare al futuro – proprio e della propria famiglia – con progettualità e serenità, anziché rimanere inchiodati agli errori o sventure del passato.

Quindi, se ti trovi in difficoltà economica, fai tesoro di quanto hai letto in questa guida. È stata lunga e dettagliata, ma ora dovresti avere una mappa abbastanza chiara. Il primo passo spetta a te: prendi in mano la situazione oggi stesso. Che sia chiamare un OCC, o scrivere la proposta di saldo e stralcio, o impostare il piano familiare di risparmio, non rimandare. Ogni giorno di inattività è un giorno in più in balìa dei debiti; ogni giorno di azione è un giorno più vicino alla libertà.

In sintesi: informati, chiedi aiuto, sfrutta la legge, non perdere la speranza. Tutti, nessuno escluso possono rialzarsi da una caduta finanziaria.

Questa guida ti ha fornito conoscenze e strumenti: ora sta a te metterli in pratica. Ti auguriamo di cuore di poter presto voltare pagina, lasciandoti i debiti alle spalle e ricominciando una vita finanziariamente più sana e serena. Buona fortuna!

Fonti normative e riferimenti:

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14 (artt. 65-83 sulle procedure di sovraindebitamento, in vigore dal 15/07/2022, sostituisce la Legge 3/2012).
  • Legge 27 gennaio 2012 n.3 (vecchia “legge salva-suicidi”), come modificata dal D.L. 137/2020 conv. L.176/2020 (ha introdotto esdebitazione incapiente).
  • Codice di Procedura Civile, articoli 491 e ss. (pignoramenti), art.495 (conversione del pignoramento), art. 567 e ss. (vendita immobiliare).
  • D.P.R. 29 settembre 1973 n.602, art.72-ter (limiti pignoramento stipendio da ADER), art.76 (divieto espropriazione prima casa in certe condizioni).
  • Legge 29 dicembre 2022 n.197 (Legge di Bilancio 2023), commi 222-231 (stralcio automatico debiti fino 1000€ 2000-15), commi 231-252 (Definizione agevolata cartelle – rottamazione-quater).
  • Decreto Milleproroghe 2023 (conv. L.14/2023) e 2024 (L.9/2024) – proroghe termini rottamazione-quater, riaperture termini 2025.
  • Codice della Strada, D.Lgs.285/1992, art.203-204 (ricorso multe) e art.212 (maggiorazioni semestrali 10%).
  • Cass. Civ. sent. 7821/2020 – su impignorabilità prima casa sotto 120k, conferma decadenza pignoramento se sotto soglia.
  • Esempi giurisprudenziali: Trib. Napoli Nord 2022 (piano del consumatore salva casa con pagamento 37% del mutuo); Trib. Torino 2023 (omologazione piano consumatore con taglio 60% e casa salva, meritevolezza non ostativa).

Perché Affidarsi a Studio Monardo per Liberarsi dai Debiti da Privato

Quando sei sommerso da debiti personali – prestiti, carte di credito, mutui, bollette arretrate o cartelle esattoriali – la pressione può sembrarti insostenibile.
La buona notizia è che oggi puoi legalmente liberarti dai debiti, anche se la situazione ti sembra disperata.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa scegliere la via più sicura, rapida e legale per riprendere in mano la tua vita finanziaria.

Un Esperto in Sovraindebitamento Privato

L’Avvocato Monardo, coordinatore di una rete nazionale di avvocati e commercialisti esperti in diritto bancario, tributario e crisi da sovraindebitamento, è il punto di riferimento per chi:

  • Non riesce più a pagare le rate
  • Ha ricevuto intimazioni di pagamento, pignoramenti o fermi
  • Vuole uscire legalmente e definitivamente dai debiti senza peggiorare la situazione

Con Monardo, non sarai più solo contro i creditori: avrai al tuo fianco un professionista che conosce ogni possibilità legale per aiutarti.

Come Ti Aiuta a Liberarti Dai Debiti da Privato

Con l’Avvocato Monardo puoi:

  • Bloccare pignoramenti, fermi amministrativi, ipoteche già in corso
  • Accedere alla procedura di sovraindebitamento prevista dalla Legge 3/2012 aggiornata al 2025
  • Proporre un piano di pagamento sostenibile in base alla tua reale capacità economica
  • Richiedere la liquidazione controllata del patrimonio, proteggendo i beni essenziali
  • Ottenere l’esdebitazione, cioè la cancellazione totale dei debiti residui

Monardo seguirà ogni fase della tua procedura, dal primo esame dei documenti fino all’omologa del piano davanti al Tribunale.

Gestore della Crisi da Sovraindebitamento e OCC

Monardo è Gestore della Crisi da Sovraindebitamento iscritto ufficialmente al Ministero della Giustizia e fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC).
Questo significa che:

  • Può avviare e gestire direttamente la tua procedura, senza inutili intermediari
  • Ti garantisce la massima correttezza procedurale
  • Accelera i tempi per la tua liberazione dai debiti

Con Monardo, affronti il problema con le armi legali più efficaci.

Anche Se Non Hai Beni: L’Esdebitazione Dell’Incapiente

Se non hai redditi sufficienti o beni da offrire, Monardo ti guida nell’esdebitazione dell’incapiente:
Anche senza pagare nulla ai creditori, potrai ottenere la cancellazione legale dei tuoi debiti e ripartire da zero, secondo le novità introdotte dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza aggiornato al 2025.

In conclusione

Liberarsi dai debiti da privato è possibile, ma serve agire con il supporto di un vero esperto.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa scegliere competenza, protezione e una strategia reale per tornare a vivere senza il peso delle pendenze finanziarie.
Con Monardo, i tuoi debiti diventano solo un ricordo: il primo passo verso una vita nuova.

Qui di seguito tutti i contatti del nostro Studio Legale specializzato in cancellazione debiti:

Leggi con attenzione: Se stai affrontando difficoltà con il Fisco e hai bisogno di una rapida valutazione delle tue cartelle esattoriali e dei debiti, non esitare a contattarci. Siamo pronti ad aiutarti immediatamente! Scrivici su WhatsApp al numero 351.3169721 oppure inviaci un’e-mail all’indirizzo info@fattirimborsare.com. Ti ricontatteremo entro un’ora per offrirti supporto immediato.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

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  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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