Troppi Debiti? Cosa Fare e A Chi Rivolgersi

Trovarsi con troppi debiti significa essere in una situazione di sovraindebitamento, ovvero nell’impossibilità di far fronte regolarmente alle obbligazioni assunte con il proprio patrimonio o reddito disponibile. Non si tratta di una condizione rara: eventi imprevisti come la perdita del lavoro, spese mediche improvvise, crisi economiche o una gestione finanziaria poco oculata possono portare anche un privato cittadino a non riuscire più a pagare rate, bollette, prestiti o altre scadenze. In Italia, fortunatamente, esistono soluzioni legali specifiche per aiutare chi è travolto dai debiti a uscirne in modo dignitoso e sostenibile, evitando sanzioni e azioni esecutive ingiustificate.

Questa guida approfondita di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti, presenta tutte le strategie legali a disposizione dei privati cittadini in Italia per gestire e risolvere il sovraindebitamento, spiegando passo passo cosa fare e a chi rivolgersi. Verranno illustrate sia le procedure giudiziali previste dalla legge (in particolare la cosiddetta Legge “salva suicidi” 3/2012, ora confluita nel nuovo Codice della Crisi e dell’Insolvenza), sia le soluzioni stragiudiziali come il saldo e stralcio o i piani di rientro concordati con i creditori. Ogni soluzione sarà descritta in modo pratico: in cosa consiste, chi vi può accedere, quali sono i vantaggi, gli svantaggi e l’iter da seguire. Inoltre, la guida fornirà esempi concreti, modelli di documenti utili (dalla lettera di proposta a saldo e stralcio alla richiesta di rateizzazione, fino all’istanza per avviare le procedure di sovraindebitamento) e una panoramica dei diritti del debitore sanciti dalla legge italiana.

L’obiettivo è fornire una guida pratica e tecnica, organizzata con titoli e sottotitoli chiari, che accompagni passo dopo passo il debitore sommerso dai debiti: dal riconoscimento del problema, alla scelta della soluzione più adatta, fino alle figure professionali (OCC, avvocati, commercialisti, consulenti del debito) a cui rivolgersi per ricevere assistenza specializzata. Affrontare il problema dei debiti tempestivamente e con gli strumenti giusti è fondamentale: ignorare la situazione, infatti, può portare a ulteriori interessi di mora, azioni legali dei creditori (decreti ingiuntivi, pignoramenti) e un peggioramento complessivo della propria condizione economica e personale. Al contrario, attivarsi per tempo consente spesso di evitare il peggio e, grazie alle normative vigenti, tornare ad una vita sostenibile liberandosi dai debiti insaldabili.

Nei paragrafi che seguono vedremo quindi cosa fare se hai troppi debiti. Scopriremo le procedure previste dalla legge italiana per ridurre, ristrutturare o cancellare i debiti (pagandone solo una parte in proporzione alle proprie capacità) e come muovere i primi passi per attivarle. Analizzeremo poi come affrontare i creditori – banche, finanziarie o società di recupero crediti – e quali sono i tuoi diritti in queste situazioni. Infine, concluderemo con alcuni consigli pratici (best practices) e gli errori da evitare quando si cerca di uscire da una crisi debitoria. Cominciamo definendo brevemente il fenomeno del sovraindebitamento e il contesto normativo italiano.

Ma andiamo ora ad approfondire con Studio Monardo, gli avvocati esperti in cancellazione debiti,

Cos’è il Sovraindebitamento dei privati e qual è il quadro normativo in Italia

Il termine sovraindebitamento indica la situazione di grave squilibrio tra i debiti di una persona e il suo patrimonio liquidabile o reddito, tale per cui non riesce più a onorare regolarmente le obbligazioni assunte. In altre parole, una persona sovraindebitata ha accumulato troppi debiti rispetto alle proprie capacità economiche: stipendi, pensioni o beni di cui dispone non bastano a pagare le rate e le scadenze, neppure riducendo al minimo le spese di vita essenziali. Esempi tipici di sovraindebitamento includono famiglie che, dopo una perdita di lavoro o un evento imprevisto, non riescono più a pagare mutuo, prestiti e bollette; oppure piccoli imprenditori e professionisti che hanno debiti personali (fideiussioni, finanziamenti, tasse) non coperti dai loro incassi.

Per far fronte a questo fenomeno sociale, l’Italia ha introdotto una legislazione specifica. La Legge 3/2012 (nota anche come legge sul sovraindebitamento o legge “salva suicidi”) ha istituito per la prima volta delle procedure concorsuali semplificate destinate ai “soggetti non fallibili”, cioè privati cittadini, consumatori, piccoli imprenditori o professionisti esclusi dalle ordinarie procedure fallimentari. Lo scopo principale di questa normativa è permettere al debitore onesto ma sfortunato di pagare ai creditori quanto effettivamente può, in base alla propria situazione reddituale e patrimoniale, e di ottenere la cancellazione (esdebitazione) dei debiti residui. In tal modo, il debitore può avere un “fresh start”, ossia ripartire da zero senza restare oppresso a vita da debiti impagabili, e nel contempo i creditori ricevono comunque la parte del dovuto che il debitore è in grado di pagare. È importante chiarire che non si tratta di un condono generalizzato: il debitore dovrà offrire tutto il possibile (compatibilmente con una vita dignitosa) e solo il debito che oggettivamente non può essere pagato viene cancellato.

Dal 15 luglio 2022, la Legge 3/2012 è stata abrogata e assorbita nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), introdotto con D.Lgs. 14/2019. Questo nuovo codice ha riformato l’intera materia delle procedure concorsuali, comprese quelle per sovraindebitati non fallibili, mantenendo in larga parte gli strumenti della Legge 3/2012 ma con importanti novità e miglioramenti a favore del debitore. Ad esempio, il CCII ha introdotto:

  • la possibilità di procedura familiare con un unico piano per più membri della stessa famiglia convivente, se il sovraindebitamento ha origine comune;
  • criteri più chiari sulla meritevolezza del debitore, richiedendo che non abbia compiuto atti in frode (es. sottratto beni ai creditori) o assunto debiti con colpa grave o dolo;
  • il principio del merito creditizio, penalizzando quelle banche/finanziarie che hanno concesso prestiti imprudentemente a chi era già indebitato oltre misura (in sede di omologa il giudice potrà tener conto di ciò, a tutela del debitore);
  • una nuova procedura di esdebitazione del debitore incapiente (detta anche “esdebitazione senza utilità”) che consente, in casi eccezionali, di cancellare i debiti anche a chi non ha proprio nulla da offrire ai creditori;
  • limiti temporali precisi: ad esempio, la liquidazione (procedura liquidatoria, come vedremo) deve chiudersi di regola entro 3 anni e la relativa esdebitazione diventa automatica allo scadere di tale periodo (prima occorreva una specifica istanza).

In sostanza, oggi chi è soffocato dai debiti ha a disposizione un ventaglio di procedure legali per uscire dal sovraindebitamento, purché agisca con trasparenza e buona fede. Nei paragrafi seguenti illustreremo dettagliatamente le principali soluzioni legali contro il sovraindebitamento previste nell’ordinamento italiano. Si possono distinguere due grandi categorie di intervento:

  • Soluzioni stragiudiziali (extragiudiziali): accordi volontari con i creditori, senza coinvolgimento diretto del tribunale. Rientrano qui il saldo e stralcio (accordo a saldo ridotto), i piani di rientro o dilazioni concordate e altre forme di rinegoziazione del debito. Queste soluzioni sono informali e dipendono dal consenso dei creditori, ma hanno il vantaggio della rapidità e riservatezza.
  • Procedure giudiziali ex Legge 3/2012 – Codice della Crisi: sono procedimenti avviati in tribunale con l’ausilio degli OCC (Organismi di Composizione della Crisi), che portano a un piano legalmente omologato o alla liquidazione dell’attivo. In questo ambito rientrano il Piano del Consumatore, il Concordato Minore (ex accordo di ristrutturazione), la Liquidazione Controllata del sovraindebitato e la speciale Esdebitazione dell’incapiente. Queste procedure offrono il vantaggio di vincolare tutti i creditori dissentienti una volta approvate dal giudice (risolvendo definitivamente la crisi debitoria con un provvedimento dell’autorità giudiziaria), però richiedono di seguire un iter formale e hanno costi e tempistiche legali da considerare.

Nei prossimi capitoli esamineremo in dettaglio ciascuna di queste soluzioni, spiegando come funzionano, chi può beneficiarne, i pro e contro e l’iter procedurale. Inizieremo dalle soluzioni stragiudiziali – che andrebbero sempre tentate prima, quando possibile – per poi passare alle procedure giudiziali di sovraindebitamento.

Soluzioni Stragiudiziali Per Chi Ha Un Debito da Privato: Accordi con i creditori (Saldo e Stralcio e Piani di Rientro)

Prima di ricorrere al tribunale, un debitore in difficoltà dovrebbe valutare le possibili soluzioni stragiudiziali, ovvero gli accordi bonari direttamente con i propri creditori. Queste soluzioni si basano sul dialogo e la negoziazione: il debitore, spesso assistito da un consulente o legale, cerca un compromesso con i creditori per ristrutturare il debito in modo sostenibile o ridurne l’ammontare. Di seguito esaminiamo due strumenti principali: il saldo e stralcio e i piani di rientro rateali.

Come Funziona Il Saldo e Stralcio del Debito

Il saldo e stralcio è un accordo transattivo con cui il debitore e il creditore convengono di chiudere definitivamente un debito accettando il pagamento parziale di quanto dovuto. In pratica, il creditore concede uno “sconto” sul totale del debito – stralciando (cancellando) una parte dell’importo – a fronte del pagamento di una somma immediata (o entro tempi brevi) a saldo della posizione. Ad esempio, su un debito di 10.000€, il creditore potrebbe accettare 5.000€ a saldo e stralcio, rinunciando a pretendere il resto. Questo tipo di accordo è del tutto volontario: spetta al creditore decidere se accettare o meno la proposta, in base alla convenienza (spesso il creditore valuta che sia meglio incassare subito una percentuale, piuttosto che avviare lunghe azioni legali con il rischio di non recuperare nulla).

Quando e perché proporre un saldo e stralcio? È indicato quando il debitore: (a) non riesce a pagare l’intero importo del debito, ma ha la possibilità di reperire una parte delle somme (ad esempio risparmi propri o aiuti familiari) per un pagamento immediato; (b) desidera evitare procedure legali e trovare un accordo rapido; (c) magari si trova già in mora e il creditore ha interesse a chiudere la posizione senza ulteriori spese. Spesso i creditori finanziari (banche, finanziarie) tendono a considerare offerte a saldo e stralcio soprattutto se il debitore è insolvente da tempo, se il credito è già passato a una società di recupero crediti (che magari l’ha acquistato a un prezzo ridotto) o se il debitore prospetta alternative come la procedura di sovraindebitamento, nella quale il creditore potrebbe ottenere ancora meno. Infatti, il potere negoziale del debitore aumenta se può dimostrare al creditore che “prendere quei soldi ora è la migliore opzione anche per lui”, magari perché altrimenti avvierebbe un piano del consumatore o concordato in cui il dividendo sarebbe inferiore.

Come procedere per il saldo e stralcio: in genere si segue questo iter:

  1. Valutazione dell’offerta: il debitore analizza la propria situazione e stabilisce quanti soldi può mettere sul piatto. È sconsigliabile offrire cifre irrisorie; di solito si propone un importo percentualmente significativo del debito (ad esempio 30-50%), tenendo conto di quanto il creditore potrebbe recuperare forzatamente (se il debitore ha reddito pignorabile o beni, il creditore sarà meno incline a forti sconti). Bisogna preparare una motivazione convincente, documentando eventualmente lo stato di difficoltà economica.
  2. Invio della proposta scritta: si invia al creditore (o alla società di recupero incaricata) una lettera di proposta di saldo e stralcio, preferibilmente tramite PEC o raccomandata, in cui si indicano gli estremi del debito e si offre una somma definita a titolo transattivo, specificando che essa è comprensiva di tutto (capitale, interessi, spese) e che, se accettata, estinguerà definitivamente ogni obbligazione. È importante precisare un termine entro cui il creditore deve rispondere e l’eventuale scadenza entro cui il pagamento verrà effettuato. Più avanti forniremo un fac-simile di questa lettera.
  3. Negoziazione: il creditore potrebbe accettare, rifiutare o fare una controproposta. In questa fase è utile mantenere la comunicazione aperta e professionale. Se il creditore accetta, occorre farsi mettere tutto per iscritto (una lettera di accettazione con le condizioni, o meglio ancora un accordo transattivo firmato da entrambe le parti).
  4. Pagamento e liberatoria: il debitore esegue il pagamento concordato (unica soluzione o rate concordate, se l’accordo lo prevede) e il creditore rilascia una quietanza liberatoria, ossia un documento scritto che attesta l’avvenuto pagamento a saldo e stralcio e la conseguente estinzione definitiva del debito. Questa liberatoria è fondamentale per tutelarsi da future pretese sul residuo e per far cancellare eventuali segnalazioni come cattivo pagatore.

Vediamo ora vantaggi e svantaggi del saldo e stralcio:

  • Vantaggi: consente una riduzione consistente del debito da pagare (spesso il taglio arriva al 50% o più); è una procedura relativamente rapida e riservata, senza il clamore di una causa in tribunale; una volta concluso l’accordo, il debitore si libera subito dall’incubo di quella pendenza (niente più telefonate dei creditori per quel debito, niente cause o pignoramenti futuri su di esso); il creditore di solito rinuncia anche a ulteriori interessi o spese. Inoltre, il saldo e stralcio non lascia traccia pubblica: il debitore, dopo la liberatoria, potrà riabilitarsi anche nelle centrali rischi creditizie (CRIF) entro i tempi previsti).
  • Svantaggi: richiede di disporre di una certa liquidità immediata (o in tempi brevi) – il che non è sempre possibile per chi è in difficoltà; il risultato non è garantito, poiché il creditore può rifiutare o chiedere di più; spesso non risolve tutta la situazione se il debitore ha più debiti con creditori diversi (bisognerà negoziare con ognuno di essi separatamente, con esiti magari differenti); se l’accordo non è ben formalizzato, c’è il rischio di incomprensioni (ad esempio, il creditore potrebbe sostenere di aver accettato un acconto e non un saldo finale – da qui l’importanza di mettere tutto per iscritto). Infine, alcune tipologie di debiti non sono facilmente stralciabili: in particolare, i debiti fiscali verso l’Erario o enti pubblici non possono essere oggetto di libero saldo e stralcio tra le parti, ma solo di eventuali provvedimenti di legge (condoni, rottamazioni) decisi dallo Stato. Su questo punto, maggiori dettagli a breve.

Un aspetto importante: debiti con il Fisco o con enti pubblici. Per tasse, imposte, cartelle esattoriali di Agenzia Entrate Riscossione, il saldo e stralcio non può essere negoziato privatamente. Il creditore pubblico infatti deve attenersi alla legge e non può accettare di sua iniziativa un pagamento inferiore al dovuto. In questi casi, le strade possibili sono: (a) attendere o sfruttare eventuali rottamazioni o condoni fiscali varati per legge (ad esempio, la “rottamazione delle cartelle” periodicamente introdotta dallo Stato permette di pagare solo il capitale e pochi interessi, con abbuono di sanzioni e somme aggiuntive); (b) includere i debiti fiscali in una procedura di sovraindebitamento in tribunale, grazie alla quale potranno essere trattati esattamente come gli altri debiti (la legge consente di includere nel piano anche cartelle per tributi, multe, contributi, ecc.). Ad esempio, la legge prevede che se il debito fiscale comprende importi per soli interessi e sanzioni, questi possano essere falcidiati interamente. Inoltre, a partire dal 2025, è stato introdotto un meccanismo di ”discarico automatico” di alcune cartelle esattoriali non riscosse: le cartelle affidate all’Agente della Riscossione che risultino ancora inesigibili dopo 5 anni vengono annullate d’ufficio, salvo vi siano procedure esecutive in corso. Ciò rappresenta una tutela ulteriore per i debitori verso il Fisco, ma attenzione: non significa che non bisogna pagare per 5 anni sperando nell’annullamento, poiché nel frattempo potrebbero comunque avviarsi pignoramenti o iscrizioni di ipoteca. È sempre preferibile cercare un accordo tramite le rottamazioni esistenti o, se il debito fiscale è rilevante e impagabile, attivare la procedura di sovraindebitamento coinvolgendo anche il Fisco (il giudice potrà omologare un trattamento dei crediti tributari entro i limiti di legge).

Esempio pratico di saldo e stralcio: Il signor Franco, 50 anni, si è ritrovato sommerso dai debiti dopo aver perso il lavoro. Aveva un mutuo sulla casa e diversi prestiti personali. Nel tentativo di reggere alle rate, aveva persino chiesto nuovi finanziamenti per consolidare i debiti, ma così facendo aveva solo allungato i tempi e pagato più interessi, aggravando la propria posizione. Quando Franco ha capito di non farcela più (era in arretrato di 10 rate su un prestito e di 6 su un altro), si è rivolto a una società di consulenza debitoria. Con il loro aiuto, ha avviato trattative di saldo e stralcio con due finanziarie a cui doveva rispettivamente circa €26.000 e €30.800. Dopo qualche mese di negoziati: la prima finanziaria ha accettato €10.800 dilazionati (di cui €1.100 subito e il resto in 24 rate; la seconda ha accettato €12.500 da pagare in 15 rate mensili. In totale Franco ha pagato circa €23.300 invece di €56.800 di debito complessivo – un risultato ottimo, ottenuto però con pazienza e disponibilità a versare subito tutto il possibile. Con le liberatorie ottenute, Franco ha potuto archiviare per sempre quei debiti e, dopo un periodo, è stato cancellato dalla lista dei cattivi pagatori (CRIF), tornando pian piano solvibile. Questo esempio reale mostra come il saldo e stralcio possa essere una via d’uscita concreta, soprattutto quando si hanno più debiti chirografari (non garantiti) e si riesce a mettere insieme una somma credibile da offrire.

Fac-simile Lettera di proposta a saldo e stralcio: di seguito proponiamo un modello semplice di lettera da indirizzare al creditore per proporre un saldo e stralcio. È importante compilare tutti i campi in maiuscolo e inviare la comunicazione con mezzi tracciabili (PEC, raccomandata A/R):

Oggetto: Proposta di definizione a saldo e stralcio

Spett.le [NOME DELLA FINANZIARIA / BANCA / SOCIETÀ DI RECUPERO CREDITI]
Indirizzo: [INDIRIZZO DEL CREDITORE]

Il/La sottoscritto/a ________________, nato/a a _________ il __/__/____ e residente in __________ (___), Codice Fiscale _______________, in riferimento al contratto di finanziamento n. ____ stipulato il __/__/____ con [Nome Creditore], a fronte del quale risulta un debito residuo di € ______,

PROPONE*

a causa delle sopravvenute gravi difficoltà economiche in cui versa, di definire bonariamente la posizione debitoria sopra indicata mediante un accordo transattivo a saldo e stralcio. In particolare, offre il pagamento dell’importo di € ______(euro ________//__) in un’unica soluzione entro e non oltre il __/__/______, a completa ed integrale estinzione di ogni debito nei Vostri confronti derivante dal citato contratto.

Tale somma è comprensiva di capitale, interessi e ogni altra eventuale spesa. Restiamo in attesa di un Vostro cortese riscontro e confidiamo nella possibilità di addivenire a un accordo che permetta una rapida definizione della vicenda.

Luogo e data, _______________

Firma _____________________

Come si evince dal modello, occorre indicare chiaramente i propri dati, il riferimento del debito (numero contratto, data, importo dovuto) e la somma offerta, specificando che sarà versata subito e che dovrà rappresentare saldo definitivo (è bene usare proprio la formula “a saldo e stralcio, a completa estinzione di ogni debito”). Se il pagamento offerto non è in un’unica soluzione ma in poche rate ravvicinate, va specificato (es. “€5.000 entro il 31/12 e €5.000 entro il 30/06 dell’anno prossimo, per un totale di €10.000 a saldo e stralcio”). In chiusura, è opportuno esprimere fiducia in una risposta positiva. Allegare eventualmente documentazione che provi le difficoltà economiche può rendere la proposta più credibile (ad es. attestazione di disoccupazione, ISEE basso, spese mediche straordinarie, ecc.).

Fac-simile di accordo transattivo a saldo e stralcio: qualora il creditore accetti la proposta, si potrà formalizzare il tutto con un vero e proprio atto di transazione firmato da entrambe le parti. Di seguito uno schema semplificato delle clausole che non dovrebbero mancare in un accordo scritto:

  • Identificazione delle parti: es. “Tra il Sig. X (debitore), C.F…, residente…, e la Società Y (creditore)…”.
  • Premesse: si citano gli estremi del rapporto originario di credito (es. “finanziamento n… del…”) e si dà atto che le parti intendono definire la pendenza.
  • Importo transattivo e modalità di pagamento: es. “Le parti convengono che il debitore versi a favore del creditore la somma di €____ a titolo di saldo e stralcio del debito. Tale importo sarà versato contestualmente alla firma del presente accordo [oppure] entro il //____ mediante bonifico sul conto…”. Se è ammessa una dilazione: “in ____ rate mensili di €___ ciascuna, con scadenza l’ultimo giorno di ogni mese a partire da , fino al saldo di €”.
  • Liberatoria del creditore: es. “A fronte del puntuale pagamento dell’importo di cui sopra, il creditore dichiara sin d’ora di non aver più nulla a pretendere nei confronti del debitore per qualsiasi causa o titolo relativo al rapporto indicato in premessa, rinunciando irrevocabilmente alla parte residua di credito”.
  • Decadenza dal beneficio (clausola risolutiva): es. “Nel caso in cui anche una sola delle rate non venga pagata nei termini pattuiti, la presente transazione si intenderà risolta di diritto e il creditore potrà agire per il recupero dell’intero credito originario al netto di quanto eventualmente incassato, fatto salvo il ripristino di interessi e spese come da contratto originario”. (Questa clausola tutela il creditore se il debitore non rispetta l’accordo).
  • Spese legali: solitamente ciascuno si accolla le proprie, o si può concordare che siano comprese nell’importo pattuito.
  • Firma delle parti: debitore e creditore (o legale rappresentante se azienda) firmano per accettazione.

L’accordo così strutturato, una volta eseguito il pagamento, ha pieno valore liberatorio. Si ricorda di farsi consegnare una quietanza (ricevuta) del pagamento e conservare l’accordo originale firmato.

Come Funziona Il Piano di Rientro e Rateizzazione del Debito

Un’altra soluzione stragiudiziale, alternativa al saldo e stralcio (che comporta la rinuncia a parte del credito), è la rateizzazione o rinegoziazione del debito, ovvero concordare con il creditore un nuovo piano di pagamenti rateali più sostenibile. Invece di uno “sconto” sull’importo, qui si punta a ottenere più tempo e magari la sospensione di interessi o una riduzione delle rate. Il creditore, se vede che il debitore è in difficoltà ma in buona fede, può preferire spalmarlo su un periodo più lungo piuttosto che costringerlo al default totale.

Quando chiedere una rateizzazione? Ad esempio quando si è saltata qualche rata ma si dispone di un reddito, solo che l’importo mensile è troppo alto; oppure quando si prevede che entro un certo periodo le finanze miglioreranno e si potrà recuperare il ritardo. Molto spesso le banche e finanziarie offrono esse stesse piani di rientro o rifinanziamenti: se il debitore comunica subito le difficoltà (prima di accumulare molti arretrati) si possono rinegoziare i termini – ad esempio abbassando la rata e allungando la durata del prestito. Attenzione però: allungare le scadenze comporta più interessi totali pagati (il debito costa di più sul lungo termine), quindi è una soluzione da valutare tenendo conto di questo.

Un caso particolare è il mutuo per la prima casa: esiste in Italia un Fondo di solidarietà (Fondo Gasparrini) che permette, in presenza di determinati eventi (perdita lavoro, grave handicap, ecc.), di ottenere fino a 18 mesi di sospensione delle rate del mutuo prima casa. Questa è una forma di respiro temporaneo prevista per legge, da richiedere alla propria banca con apposita modulistica ministeriale.

In generale, per proporre un piano di rientro a un creditore, è opportuno presentare un’istanza scritta in cui si riconosce il debito e si chiede di poterlo pagare in modo dilazionato. Spesso il creditore farà firmare un nuovo accordo di rateizzazione o un riconoscimento di debito con promessa di pagamento a date fissate. Bisogna essere consapevoli che firmare tale accordo vincola a rispettarlo rigorosamente: se non si paga secondo il nuovo piano, il creditore potrà agire legalmente (anzi, avrà vita più facile perché il debito è stato formalmente riconosciuto). Per questo motivo, non promettere rate che non sei sicuro di poter sostenere: meglio una rata più bassa e qualche mese in più, che dover di nuovo interrompere i pagamenti.

Esempio di quando usare un piano di rientro: Maria ha accumulato €2.000 di bollette arretrate con il suo fornitore di energia, che minaccia il distacco. Non potendo pagare tutto in una volta, Maria può chiedere una rateizzazione. Allo stesso modo, Luca ha ricevuto una ingiunzione di pagamento dal condominio per €5.000 di spese non pagate: prima che parta il pignoramento, può contattare l’amministratore e proporre un piano mensile (magari versando intanto qualcosa subito a titolo di buona volontà). Spesso i creditori, specie se si tratta di fornitori di servizi, condomini, o anche banche, preferiscono incassare a rate piuttosto che avviare cause costose e lunghe.

Fac-simile di lettera per richiesta di rateizzazione: ecco un modello di lettera generica per chiedere a un creditore la dilazione di pagamento:

Oggetto: Richiesta di pagamento rateale del debito

Spett.le [Nome del Creditore/Società],
Indirizzo: [indirizzo del creditore]

Con la presente, il sottoscritto ___________, codice cliente/contratto n. ______, in relazione al debito di €______ risultante [dalla fattura n. ___ del __/__/____ / dal rendiconto / etc.], 

CHIEDE

di poter rateizzare/dilazionare il pagamento dell’importo dovuto. Purtroppo, a causa delle gravi difficoltà economiche che sto attraversando (dovute a ____________ [es. perdita del lavoro, emergenza sanitaria, ecc.]), non sono temporaneamente in grado di saldare l’intero ammontare in un’unica soluzione.

Propongo quindi un piano di rientro consistente nel pagamento di n. __ rate mensili di € ____ ciascuna, a partire dal __/__/____, fino al saldo completo del debito.

Confidando nella Vostra comprensione e in un riscontro positivo a questa mia richiesta, Vi porgo i più cordiali saluti.

Luogo e Data,
Firma [Nome e Cognome del debitore]

Questa lettera può essere adattata al caso specifico. È utile indicare brevemente il motivo delle difficoltà (non è obbligatorio, ma umanizza la richiesta) e formulare già una proposta concreta di rate (numero di rate e importo). In alcuni casi si può chiedere anche una sospensione temporanea (es. “Chiedo la sospensione dei pagamenti per 3 mesi e successivamente una ripresa con rate mensili di…”). Tutto dipende dalla disponibilità del creditore. Dopo l’invio, è buona norma farsi dare una conferma scritta dell’eventuale nuovo piano accettato.

Attenzione: se il debito era già oggetto di un decreto ingiuntivo o altra azione, spesso il creditore chiede al debitore di firmare un atto di ricognizione del debito e insieme può pretendere una cambiale o un vaglia postdatato a garanzia delle nuove scadenze. Valuta con attenzione questi passaggi insieme a un legale, perché possono avere implicazioni – ad esempio, firmare una cambiale permette al creditore, in caso di mancato pagamento, di agire direttamente per via cambiaria.

Vantaggi dei piani di rientro: mantengono un rapporto collaborativo col creditore, evitano nell’immediato procedure giudiziarie o l’intervento di società di recupero; diluire il debito in più mesi rende più gestibile l’esborso periodico; in alcuni casi il creditore può anche sospendere gli interessi di mora futuri per facilitare l’accordo (non sempre, ma tentare non nuoce). Inoltre, onorando il piano di rientro, si può ricostruire la propria reputazione creditizia gradualmente.

Svantaggi: non riducono l’importo totale (talvolta lo aumentano per via degli interessi sull’allungamento); richiedono ferrea disciplina nel rispettare le nuove scadenze (un secondo default può far precipitare la situazione); non offrono protezione universale – mentre sei impegnato a pagare a rate un creditore, altri potrebbero agire legalmente se hai più debiti. Quindi, se c’è un solo grande debito problematico, il piano di rientro funziona; ma se i debiti sono multipli e ingenti, una ristrutturazione globale tramite OCC/Tribunale potrebbe essere più indicata.

Tip: per debiti con banche e finanziarie, informati se esistono procedure interne di rinegoziazione (ad esempio alcune banche aderiscono a protocolli ABI che facilitano la sospensione delle rate mutuo per chi ha perso il lavoro, o la ristrutturazione dei crediti al consumo in caso di temporanea difficoltà). Per debiti fiscali, invece, la legge prevede la possibilità di chiedere direttamente ad Agenzia Entrate Riscossione una rateizzazione delle cartelle: attualmente si possono ottenere fino a 120 rate mensili (10 anni) in casi di comprovata difficoltà, o 72 rate standard in casi ordinari. Questo può essere fatto anche online tramite il sito dell’AdER, evitando così provvedimenti più gravi come fermi amministrativi o pignoramenti da parte del Fisco.

Se le soluzioni stragiudiziali qui descritte non sono praticabili (ad esempio perché l’ammontare dei debiti è troppo alto rispetto alle proprie possibilità, o perché i creditori non accettano accordi sostenibili), allora occorre valutare le procedure legali in tribunale per il sovraindebitamento, che vediamo nella sezione successiva.

Le Procedure per il Sovraindebitamento (Legge 3/2012 e Codice della Crisi)

Quando un accordo amichevole non è sufficiente a risolvere la crisi debitoria – ad esempio perché ci sono troppi creditori, oppure perché il debitore può offrire solo una piccola parte del dovuto e alcuni creditori non sono disposti a rinunciare – entra in gioco la legge sul sovraindebitamento (oggi integrata nel Codice della Crisi). Si tratta di procedure giudiziali in cui un Giudice valuta la situazione del debitore e può approvare un piano di ristrutturazione o una liquidazione dei beni, con effetti vincolanti per tutti i creditori. Queste procedure consentono, in sostanza, di imporre ai creditori un trattamento equo e proporzionato alla capacità del debitore, anche senza il consenso unanime di tutti, purché siano rispettate le condizioni di legge.

Le principali procedure di sovraindebitamento previste sono quattro:

  1. Piano del consumatore – Tecnicamente chiamato “ristrutturazione dei debiti del consumatore”, è una procedura riservata ai debitori persone fisiche consumatori (cioè che hanno contratto debiti per scopi estranei ad attività imprenditoriali/professionali). Consente di proporre un piano di pagamento dei debiti sostenibile, che verrà valutato e omologato dal tribunale senza bisogno del voto dei creditori, a condizione che il debitore sia meritevole (non abbia colpe gravi nel sovraindebitamento).
  2. Concordato minore – È l’evoluzione del vecchio “accordo di composizione della crisi”. Destinato a debitori non consumatori (piccoli imprenditori, professionisti, start-up, imprenditori agricoli, ecc. non fallibili), permette di presentare ai creditori un accordo di ristrutturazione con pagamenti parziali o dilazionati. Richiede però il voto favorevole dei creditori che rappresentino almeno il 50% dei crediti totali (maggioranza semplice per importi). Se la maggioranza approva, il piano viene omologato dal giudice ed esteso a tutti i creditori, anche ai dissenzienti.
  3. Liquidazione controllata del sovraindebitato – Consiste nella messa a disposizione di tutti i propri beni (patrimonio) per soddisfare i creditori. In pratica è una procedura simile al fallimento ma in versione semplificata e volontaria: si attiva quando il debitore non ha possibilità di pagare con un piano, e quindi chiede che i suoi beni vengano liquidati (venduti) per pagare parzialmente i debiti, ottenendo poi l’esdebitazione. La liquidazione può essere richiesta anche dal creditore in alcuni casi (se il debitore non prende iniziative e ci sono presupposti). Non richiede il consenso dei creditori (è il tribunale a disporla) e dura un periodo limitato (gli atti di liquidazione devono completarsi di norma entro 3-4 anni).
  4. Esdebitazione del debitore incapiente – È una procedura introdotta di recente per quei debitori che non hanno alcun bene né reddito aggredibile da offrire ai creditori. In tali casi estremi, la legge consente di ottenere la cancellazione dei debiti residui subito, lasciando però aperta una “finestra” di controllo di 4 anni: se in questi 4 anni successivi l’esdebitato dovesse migliorare significativamente la propria condizione (es. una vincita, un’eredità, un aumento di reddito tale da permettere di pagare almeno il 10% dei vecchi debiti), allora i creditori potranno pretendere di ricevere quei nuovi utili fino a concorrenza di quel 10%. Se invece nulla cambia, dopo i 4 anni l’esdebitazione diventa definitiva senza pagamento.

Ognuna di queste procedure ha regole specifiche, che ora approfondiremo singolarmente: chi può accedervi, come funziona in pratica l’iter, quali vantaggi offre e quali aspetti critici considerare. È importante sottolineare che tutte le procedure di sovraindebitamento richiedono l’intervento di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) e di un gestore nominato, i quali aiutano il debitore a predisporre la proposta e verificano la veridicità dei dati. Ne riparleremo a fine sezione e nel capitolo “A chi rivolgersi”. Inoltre, il presupposto comune è la buona fede: il debitore deve essere meritevole, ovvero non aver provocato con dolo o colpa grave la propria insolvenza (ad esempio, contraendo debiti oltre ogni ragionevole possibilità deliberatamente, o dissipando il proprio patrimonio prima di chiedere aiuto). La valutazione della meritevolezza spetta al giudice caso per caso, ma ovviamente comportamenti come frodi ai creditori, atti in frode (vendite simulate di beni) o uso distorto delle procedure porteranno all’inammissibilità o alla revoca dei benefici.

Vediamo ora in dettaglio ciascuna procedura.

Come Funziona Il Piano del Consumatore Per Cancellare I Debiti (Ristrutturazione dei debiti del consumatore)

Il Piano del Consumatore è la procedura pensata per le persone fisiche debitrici “non fallibili” che hanno debiti di natura personale (non legati a un’attività di impresa attiva). Possono accedervi, ad esempio: privati cittadini, lavoratori dipendenti, pensionati, disoccupati, casalinghe, e anche professionisti o piccoli imprenditori ma solo per i debiti estranei all’attività professionale eventualmente svolta. In breve, il requisito è essere un consumatore, definito dalla legge come chi ha contratto obbligazioni per scopi non imprenditoriali. Se una persona ha sia debiti personali che qualche debito d’azienda (piccola), potrà comunque usare il piano del consumatore purché i debiti legati all’attività siano marginali o l’attività sia cessata.

In cosa consiste il Piano: Il debitore, assistito dall’OCC, elabora un piano di ristrutturazione dei debiti che prevede il pagamento, integrale o parziale, dei propri debiti secondo modalità sostenibili rispetto al suo reddito e patrimonio. In pratica viene messo a punto un budget familiare e si stabilisce quanto il debitore potrà pagare ogni mese (o con altre scansioni temporali) ai creditori, tenendo conto delle necessità di vita (affitto, bollette, mantenimento della famiglia, etc.). Il piano può anche prevedere l’eventuale liquidazione di alcuni beni non essenziali del debitore per ricavare somme da distribuire. Una caratteristica chiave è che non serve l’accordo dei creditori: il piano viene presentato al giudice, il quale – valutate la fattibilità e la meritevolezza – può omologarlo anche se i creditori sono contrari. I creditori vengono comunque sentiti e possono fare osservazioni, ma non hanno potere di veto (ciò tutela il debitore da eventuali rifiuti irragionevoli).

Una volta omologato dal Tribunale, il piano diventa vincolante: il debitore dovrà eseguire i pagamenti promessi, e i creditori dovranno accontentarsi di quanto previsto dal piano, rinunciando a pretendere il resto. A completamento del piano, infatti, il giudice dichiarerà l’esdebitazione e tutti i debiti residui stralciati si considereranno estinti. Durante l’esecuzione del piano, inoltre, il debitore è protetto: il giudice normalmente dispone la sospensione di eventuali azioni esecutive in corso e il divieto di iniziarne di nuove, così i creditori non possono pignorare beni o stipendi mentre il piano è in atto. Ciò dà al debitore la necessaria tranquillità per adempiere agli importi concordati.

Iter procedurale in sintesi:

  • Il debitore presenta un’istanza al Tribunale competente (di solito il tribunale del luogo di residenza) chiedendo l’apertura della procedura di sovraindebitamento e allegando la proposta di Piano del Consumatore, predisposta con l’ausilio di un OCC. Devono essere allegati tutti i documenti sulla situazione economica: elenco dettagliato di creditori e debiti, elenco dei beni posseduti, redditi, spese correnti, stato di famiglia, dichiarazioni dei redditi, ecc. L’OCC rilascia una relazione che attesta la veridicità dei dati e valuta la fattibilità del piano.
  • Il giudice verifica la documentazione e, se ritiene la proposta ammissibile (assenza di dolo, rispetto requisiti, ecc.), fissa un’udienza e ordina eventuali comunicazioni ai creditori. Può anche emettere provvedimenti urgenti di sospensione di pignoramenti in corso.
  • All’udienza, i creditori possono comparire e far presente se il debitore ha agito con frode o altro. Il giudice valuta in particolare la meritevolezza: il debitore non deve aver colpe gravi (ad esempio, aver continuato a fare nuovi debiti sapendo di non poterli pagare, salvo motivi di forza maggiore). Se il giudice riscontra cause di inammissibilità (es. frodi, uso di sovraindebitamento nei 5 anni precedenti, ecc.), rigetta la proposta. Altrimenti, procede all’omologa. Nel piano del consumatore, l’omologazione richiede che il giudice valuti il piano: fattibile, conveniente per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria e che il debitore sia meritevole. Non occorre l’approvazione dei creditori.
  • Con l’omologa, il piano diviene esecutivo. Da quel momento il debitore deve rispettare le scadenze di pagamento fissate (ad esempio versare mensilmente all’OCC le somme che poi saranno ripartite ai creditori secondo il piano). I creditori non possono intraprendere o proseguire azioni esecutive individuali, dovendo attendere i pagamenti come da piano.
  • Conclusione ed esdebitazione: quando il piano è interamente eseguito (può durare diversi anni, in base a come è formulato: spesso 4–5 anni, ma può variare), il Tribunale emette un decreto che attesta l’avvenuto adempimento e libera il debitore da ogni eventuale debito residuo non soddisfatto. Il debitore così esce dalla procedura pagando solo quanto stabilito dal piano e riacquista piena capacità economica senza strascichi.

Vantaggi del Piano del Consumatore: è lo strumento più potente per un privato consumatore, perché consente di ristrutturare tutti i debiti in un’unica sede sotto controllo del giudice, anche senza accordo dei creditori (il che lo differenzia nettamente da qualunque soluzione stragiudiziale). Si possono includere anche debiti verso il Fisco, verso privati, banche, finanziarie, condominio, fornitori: tutti in un solo piano. Il piano può prevedere tagli importanti ai debiti (ad esempio stralciare interamente interessi e sanzioni, e pagare percentuali del capitale). Il debitore conserva i beni necessari: il giudice può autorizzarlo a continuare a pagare il mutuo della prima casa regolarmente e tenersi l’immobile, escludendolo dalla liquidazione (è prevista proprio la facoltà di mantenere il pagamento del mutuo per l’abitazione principale per non perdere la casa). Inoltre, la procedura offre la protezione dalle aggressioni dei singoli creditori durante la sua pendenza. In sintesi, il piano del consumatore dà una soluzione definitiva e legalmente garantita alla crisi debitoria, permettendo al debitore di pagare quanto può e cancellare il resto.

Svantaggi e considerazioni: richiede tempi e costi non trascurabili: bisogna preparare molta documentazione, pagare le spese dell’OCC e legali, attendere i tempi del tribunale (qualche mese per l’omologa). Inoltre, la legge impone standard di rigore e trasparenza elevati: il debitore deve dichiarare tutto (tutti i debiti e tutti i beni posseduti) e non può fare il furbo. Se si scoprono omissioni o atti in frode, la procedura viene revocata e addirittura il debitore rischia sanzioni penali. Un altro limite è che non si può accedere a queste procedure più di una volta ogni 5 anni e comunque non se se ne è già beneficiato in passato con revoca o cessazione per dolo. Quindi è un “jolly” da giocare con attenzione. Infine, durante gli anni del piano, il debitore è tenuto a mantenere il comportamento previsto: ad esempio non può contrarre nuovi debiti se non strettamente necessari, deve dedicare al piano tutto il surplus di reddito eventuale, ecc., sotto vigilanza dell’OCC.

Esempio pratico (simulato) di Piano del Consumatore: Luigi è un impiegato di 40 anni, divorziato, con due figli a carico. Guadagna €1.500 al mese. A causa di alcune vicissitudini (ha dovuto mantenere due case dopo il divorzio, spese legali, e un periodo di cassa integrazione) ha accumulato €50.000 di debiti: €20.000 di carte di credito e prestiti personali, €5.000 di bollette arretrate, €10.000 di debiti con fornitori per una piccola attività extra che ha cessato, e €15.000 con il Fisco per alcune imposte non pagate. Luigi non possiede immobili (vive in affitto) né auto di valore. Con €1.500 al mese riesce a malapena a mantenere sé e i figli, potrebbe al massimo destinare €300 al mese ai creditori, il che però in 10 anni coprirebbe solo una parte dei debiti e comunque i creditori non gli darebbero tregua nel frattempo. Luigi allora si rivolge a un OCC e prepara un Piano del Consumatore offrendo: €300 al mese per 5 anni (per un totale di €18.000) da ripartire proporzionalmente tra tutti i creditori chirografari, e nulla oltre questo (non avendo beni da liquidare). Nel piano, propone di pagare integralmente le bollette (debiti verso fornitori essenziali) e in percentuale gli altri debiti, con una falcidia del 70%. L’OCC certifica che Luigi può pagare solo quello e che i creditori, se si liquidasse forzatamente il poco che ha, otterrebbero praticamente zero. Il Tribunale omologa il piano vista la buona fede di Luigi (i problemi sono stati indipendenti dalla sua volontà). Luigi quindi per 60 mesi versa €300/mese all’OCC. Terminato il quinquennio, con €18.000 versati (di cui magari 5.000 sono andati alle bollette arretrate e il resto ripartito tra finanziarie e Fisco), ottiene l’esdebitazione: gli vengono cancellati circa €32.000 di debiti residui. Luigi può così ripartire senza il peso di quei debiti che mai avrebbe potuto restituire interamente. I creditori hanno comunque incassato la parte che Luigi poteva permettersi, probabilmente di più di quanto avrebbero recuperato pignorandogli lo stipendio al minimo vitale (e Luigi ha evitato anche il pignoramento di 1/5 dello stipendio che l’avrebbe lasciato con ancora meno per la famiglia).

Come Funziona Il Concordato Minore (Accordo di ristrutturazione per debitori non fallibili)

Il Concordato Minore è la procedura di sovraindebitamento destinata ai debitori che non sono consumatori, ossia a coloro i cui debiti sono riferibili anche a un’attività d’impresa o professionale, purché rientrino tra i soggetti “non fallibili”. In pratica riguarda piccoli imprenditori commerciali sotto soglia, imprenditori agricoli, start-up innovative, professionisti, ditte individuali, società di persone di piccole dimensioni, enti non commerciali, etc.. I parametri per definire non fallibile un imprenditore commerciale (diverso quindi dal consumatore puro) sono stabiliti dall’art. 2, comma 1, lett. d) del CCII: non aver superato, nei 3 esercizi precedenti, almeno una delle soglie di €300.000 di attivo patrimoniale, €200.000 di ricavi lordi annui, €500.000 di debiti totali. In sostanza, piccole aziende sotto questi limiti possono accedere al concordato minore invece che al fallimento. Anche chi ha debiti sotto €30.000 pur essendo sopra soglia può usarlo, e possono accedervi ex legge 3/2012 anche soggetti particolari come i soci illimitatamente responsabili, l’erede dell’imprenditore defunto che ha accettato con beneficio d’inventario, etc..

Cosa prevede il Concordato Minore: Il debitore “non consumatore” elabora, con l’ausilio dell’OCC, una proposta di accordo ai propri creditori, presentando un piano che può prevedere la ristrutturazione dei debiti in vari modi: pagamenti parziali, dilazioni, classificazione dei creditori in diverse classi (ad esempio privilegiati pagati per intero o in percentuale minima di legge, chirografari falcidiati). Diversamente dal piano del consumatore, qui i creditori votano sulla proposta: perché il concordato minore sia approvato, occorre il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto (si considera il valore dei crediti). Non è richiesta la maggioranza dei creditori in numero, ma per ammontare. I creditori privilegiati (come il Fisco, banche con ipoteca, dipendenti per stipendi) votano solo se la proposta prevede per loro un pagamento inferiore al 100% + interessi: in tal caso devono accettare anch’essi con le relative maggioranze di classe.

Se si raggiunge la maggioranza, il tribunale omologa il concordato minore, dopo aver verificato anch’esso la fattibilità e l’assenza di frodi. A differenza del concordato preventivo delle imprese fallibili, nel concordato minore il tribunale ha un ruolo più accentuato nel valutare meritevolezza e convenienza (soprattutto per tutelare eventuali creditori dissenzienti). Una volta omologato, l’accordo diventa vincolante per tutti i creditori inclusi (anche quelli che non hanno votato o hanno votato contro, purché si sia raggiunta la maggioranza richiesta). Il debitore dovrà quindi attenersi al piano approvato. Durante la procedura, su richiesta del debitore, il giudice può sospendere le azioni esecutive dei creditori, similmente al piano del consumatore, per evitare che qualcuno pignori beni compromettendo la fattibilità dell’accordo.

Il concordato minore consente inoltre la continuità aziendale: se il debitore è un imprenditore, può prevedere di continuare la propria attività nell’ambito del piano, utilizzando i ricavi per pagare i creditori (oppure può optare per la liquidazione dell’azienda, a seconda dei casi). Ad esempio, un artigiano sommerso dai debiti potrebbe presentare un piano di concordato minore in cui si impegna a versare ai creditori una parte degli utili futuri della sua attività per i prossimi anni, mantenendo in funzione l’azienda (cosa che invece in un fallimento classico non sarebbe possibile se non tramite concordato preventivo più complesso).

Iter sintetico del Concordato Minore:

  • Presentazione del ricorso al tribunale con proposta di accordo e piano, più relazione OCC. In questa fase il debitore può chiedere misure protettive urgenti (stay delle azioni esecutive). Il giudice valuta ammissibilità e convoca l’udienza dei creditori (o fa aprire una votazione con modalità stabilite).
  • Votazione dei creditori: possono votare per iscritto o in adunanza (dipende prassi). Se la maggioranza del 50% +1 dei crediti approva, si passa avanti. Se non si raggiunge, la proposta è bocciata (il debitore può ripiegare eventualmente sulla liquidazione).
  • Omologazione: il giudice omologa se sono rispettate le condizioni (consenso maggioritario, piano fattibile, assenza di ragioni di diniego come atti in frode, ecc.). Se un creditore ha fatto opposizione lamentando che otterrebbe meno che in liquidazione, il giudice verifica la convenienza. Se tutto ok, emette decreto di omologa. Da questo momento il piano è efficace.
  • Esecuzione del piano: il debitore (talvolta con affiancamento di un gestore nominato) esegue quanto previsto: effettua i pagamenti ai creditori secondo le modalità e i tempi stabiliti (spesso l’OCC funge da supervisore). I creditori ricevono quanto dovuto secondo il piano e non possono più agire per la parte eccedente.
  • Chiusura ed esdebitazione: al termine, su attestazione che il debitore ha adempiuto, il tribunale dichiara esdebitato il debitore per gli eventuali importi residui. Se però il debitore non rispetta il piano, si rischia la risoluzione dell’accordo e allora i creditori riacquistano i loro diritti originari (dedotte le somme eventualmente già incassate durante il piano).

Vantaggi del Concordato Minore: permette di gestire situazioni complesse con molti creditori in maniera unitaria, salvaguardando eventualmente l’impresa in attività (è possibile evitare la liquidazione totale e perseguire la continuità, cosa che in liquidazione controllata non avviene). Per il debitore non consumatore è uno strumento prezioso perché diversamente l’alternativa sarebbe il fallimento (per chi sarebbe fallibile) o l’accanimento disordinato dei creditori. Con il concordato minore, invece, c’è una moratoria delle azioni e si può negoziare collettivamente il debito con tagli e dilazioni. Il quorum del 50% è relativamente abbordabile: basta convincere la metà dei crediti (spesso si riesce coinvolgendo i principali creditori). I piccoli creditori dissenzienti sono comunque trascinati dall’omologa. Inoltre, anche qui al termine scatta l’esdebitazione: il debitore è liberato dai debiti residui e può continuare l’attività senza più quei fardelli.

Svantaggi: rispetto al piano del consumatore, qui i creditori hanno voce in capitolo – quindi serve lavorare per ottenere il loro consenso. Ciò potrebbe comportare dover rendere il piano un po’ più vantaggioso per convincere almeno una parte di essi. Ad esempio, spesso si devono garantire ai creditori privilegiati almeno ciò che otterrebbero in liquidazione, altrimenti voterebbero contro. I costi della procedura (OCC, legali) ci sono anche qui. E se manca la maggioranza, la procedura fallisce e si può solo ripiegare sulla liquidazione controllata. Inoltre, mentre nel piano del consumatore l’omologa può prescindere dal soddisfacimento di soglie minime se il giudice ritiene il debitore meritevole, nel concordato minore c’è la regola del “best interest of creditors”: i creditori dissenzienti devono ricevere almeno quanto avrebbero ottenuto liquidando i beni (principio di convenienza). Questo impone a volte di offrire un po’ di più ai creditori, specie se ci sono beni.

Esempio pratico (ipotetico) di Concordato Minore: La Ditta Alfa è una piccola impresa individuale (elettricista) con 3 dipendenti. A causa di alcuni mancati pagamenti di clienti e investimenti sbagliati, ha accumulato €150.000 di debiti: €50.000 con fornitori, €30.000 di affitti e utenze arretrate, €40.000 con banche (scoperti e prestiti) e €30.000 di debiti fiscali e contributivi. L’attivo della ditta consiste principalmente in attrezzature e furgoni per un valore usato di circa €30.000 e crediti verso clienti per €20.000 incassabili in futuro, più il fatto che l’impresa è in grado di generare utili se alleggerita dai debiti. Il titolare, non essendo fallibile per limiti dimensionali, ricorre al concordato minore proponendo ai creditori un piano così strutturato: continuare l’attività e, nell’arco di 5 anni, versare ai creditori l’utile annuale stimato di €20.000 (totale €100.000), ripartito in percentuale sui loro crediti (equivale a pagare circa il 66% di ogni credito). I crediti verso i clienti saranno incassati e girati ai creditori, e inoltre il titolare si impegna a vendere un furgone vecchio (non indispensabile) e aggiungere il ricavato di €5.000 alla massa. In totale, quindi, si prevedono €105.000 da distribuire su €150.000 di debiti (circa 70% di soddisfo medio). I fornitori principali, che rischierebbero altrimenti di perdere un cliente (la Ditta Alfa) se questa chiudesse, votano a favore vedendo una convenienza nel continuare i rapporti; la banca, vedendo che in un fallimento prenderebbe briciole, vota a favore; il Fisco pure, accettando il pagamento parziale ma comunque maggiore che in liquidazione forzata. Si raggiunge così oltre il 50% di crediti consenzienti. Il tribunale omologa il concordato. La Ditta Alfa continua a lavorare, versa annualmente all’OCC gli importi dovuti che vengono girati ai creditori. Dopo 5 anni, ha pagato €105.000 totali; il tribunale dichiara la procedura chiusa con successo ed esonera la ditta dal pagare i restanti €45.000 rimasti scoperti. La piccola impresa ha così evitato il tracollo, i creditori hanno avuto una soddisfazione parziale ma migliore che in caso di chiusura, e l’attività economica è proseguita.

Come Funziona La Liquidazione Controllata del Sovraindebitato (ex Liquidazione del Patrimonio)

La Liquidazione controllata (un tempo chiamata liquidazione del patrimonio) è la procedura che si attiva quando il debitore sovraindebitato decide (o si vede costretto) di mettere a disposizione tutti i suoi beni per soddisfare i creditori, liberandosi poi dei debiti. In altre parole, è una sorta di “mini-fallimento” personale: il tribunale nomina un liquidatore (spesso il gestore OCC) che vende i beni del debitore e distribuisce il ricavato ai creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione. Al termine, il debitore persona fisica ottiene l’esdebitazione di quanto non è stato pagato.

Questa procedura è indicata nei casi più gravi, quando il debitore non è in grado di proporre un piano di rientro sostenibile. Ad esempio, quando ha debiti enormi rispetto al reddito, oppure quando i creditori non sono d’accordo su un concordato minore o mancano le condizioni per un piano del consumatore (meritevolezza dubbia, ecc.). Spesso il debitore preferisce chiedere volontariamente la liquidazione piuttosto che subire aggressioni disordinate: con la liquidazione controllata si ha infatti una gestione ordinata e collegiale della crisi, e soprattutto si ha la prospettiva di liberarsi dai debiti residui grazie all’esdebitazione.

Chi può accedere e quando: possono accedere alla liquidazione tutti i soggetti sovraindebitati già menzionati (consumatori, piccoli imprenditori, professionisti, ecc. non fallibili). A differenza di piano e concordato, qui anche un creditore o un pubblico ministero, in taluni casi, possono prendere l’iniziativa e chiedere la liquidazione del patrimonio del debitore. Ciò avviene se, ad esempio, il debitore ha sospeso i pagamenti ed è chiaramente insolvente ma non attiva lui la procedura – il creditore allora può sollecitare il tribunale a dichiarare aperta la liquidazione controllata (è una facoltà introdotta dal nuovo Codice per evitare che debitori indebitati restino inerti). Naturalmente la maggior parte delle liquidazioni sono comunque aperte su ricorso volontario del debitore.

Come funziona in pratica:

  • Il debitore (o creditore istante) deposita un’istanza di liquidazione, allegando l’inventario dei beni, l’elenco dei creditori e la situazione economica. Il giudice, verificati i presupposti, nomina un Liquidatore (spesso coincidente con l’OCC proposto) e dichiara aperta la liquidazione con apposito decreto. Da quel momento i beni del debitore (fatta salva la cosiddetta merce della vita cioè i beni impignorabili come abiti, mobili indispensabili, stipendio minimo vitale, etc.) cadono nella procedura: significa che eventuali pignoramenti in corso vengono sospesi e confluiscono nella liquidazione, e il liquidatore acquisisce la disponibilità dei beni.
  • Il liquidatore predispone un programma di liquidazione: individua quali beni vendere, come gestire eventuali crediti da incassare, ecc. Ad esempio metterà all’asta eventuali immobili, autoveicoli, liquiderà investimenti finanziari, incasserà crediti verso terzi. Se il debitore ha uno stipendio, di solito il programma prevede che una quota mensile venga versata al liquidatore per un certo periodo (ad es. il quinto dello stipendio per 3 anni). Il Codice della Crisi ha stabilito che la procedura deve tendere a chiudersi entro 3 anni per le liquidazioni avviate su istanza del debitore (termine che può prorogarsi un po’ se necessario, ma come linea guida c’è l’idea di concentrare in 3 anni gli sforzi di liquidazione).
  • I creditori vengono avvisati e possono presentare le loro domande di ammissione al passivo entro termini fissati (similmente a un fallimento). Il liquidatore esamina i crediti, forma lo stato passivo, che viene approvato dal giudice.
  • Si procede alla realizzazione dell’attivo: vendite dei beni all’asta o privatamente autorizzate, riscossione crediti, etc. Le somme raccolte vanno in un fondo. Periodicamente, oppure al termine, il liquidatore fa il riparto: paga prima i creditori con privilegio (pignoramenti in corso, ipoteche, crediti alimentari, dipendenti, fisco nei limiti di privilegio, ecc.) in ordine di grado, e se avanza qualcosa ripartisce pro quota ai chirografari (senza garanzia). È possibile anche un riparto finale unico se l’attivo è modesto. In molti casi, soprattutto per persone fisiche, la liquidazione produce percentuali di soddisfo basse (es. i creditori recuperano il 10% dei crediti), ma è comunque più di zero e distribuito equamente.
  • Esdebitazione: il grande beneficio per il debitore persona fisica (o socio illimitato di società) è che, trascorsi 3 anni dall’apertura della liquidazione, può ottenere di diritto l’esdebitazione dei debiti residui non pagati. Con la riforma, non serve più una separata domanda di esdebitazione: allo scadere del triennio, se il debitore ha collaborato lealmente e non ci sono cause ostative, il giudice emette provvedimento di esdebitazione “chiudendo” la procedura. In pratica, la persona viene liberata dai debiti anche se la liquidazione ha coperto solo una parte di essi. Va però notato che restano esclusi dall’esdebitazione eventuali debiti di natura particolare (in linea generale, come anche nel fallimento, alcune obbligazioni come alimenti, risarcimenti da fatti illeciti con dolo, multe penali, etc., non si cancellano).

Che fine fanno i beni essenziali? La legge tutela il necessario: il debitore in liquidazione conserva il diritto a quanto gli serve per vivere dignitosamente. Ad esempio, un certo importo dello stipendio mensile non è toccato (di solito l’equivalente dell’assegno sociale aumentato del 50% circa, o parametri simili per assicurare il mantenimento proprio e della famiglia). Se ha una casa di abitazione unica non di lusso, questa potrebbe essere venduta comunque salvo diversi orientamenti: nel fallimento la prima casa del fallito si vende; nel sovraindebitamento a volte i giudici valutano con equilibrio (ma se c’è un’ipoteca, la casa andrà verosimilmente liquidata per soddisfare la banca). Se la casa viene venduta, il debitore può ottenere il ricavato eccedente dopo aver pagato i creditori (se c’è eccedenza). Se non c’è ipoteca e i creditori chirografari otterrebbero poco dalla vendita della casa (magari perché la casa è in comproprietà con familiari, ecc.), in alcuni casi il liquidatore potrebbe valutare di non vendere per non privare il debitore di un alloggio, ma sono scelte caso-specifiche.

Vantaggi della Liquidazione controllata: per il debitore onesto ma completamente insolvente è spesso l’unica via per la liberazione totale dai debiti. Anche se deve sacrificare il patrimonio, ottiene in cambio il beneficio dell’esdebitazione entro pochi anni. Durante la liquidazione, i creditori non possono agire individualmente (tutto è cristallizzato nella procedura), quindi si evita l’assedio di pignoramenti multipli. È un procedimento ordinato e sotto controllo del tribunale: c’è trasparenza su cosa viene venduto e come si ripartisce. Inoltre, con la riforma, i tempi sono stati contingentati a circa 3 anni per la fase di liquidazione attiva, dopodiché il debitore ha diritto al fresh start (prima della riforma, teoricamente la liquidazione poteva durare anche molti anni soprattutto se c’erano beni difficili da vendere, ora c’è l’obiettivo di chiuderla entro un termine ragionevole). La liquidazione, non richiedendo consensi dei creditori, è percorribile anche quando questi ultimi sono ostili o non si riuscirebbe a ottenere voti favorevoli per un accordo.

Svantaggi: naturalmente, il maggior svantaggio è che il debitore perde il controllo sul suo patrimonio: può dover rinunciare a beni anche di valore affettivo, perdere la casa, l’automobile ecc., e vede ridotta la disponibilità di reddito (gli viene lasciato solo il minimo vitale per il periodo in questione). È quindi una soluzione drastica, da considerare come “ultima spiaggia”. Inoltre, l’esdebitazione non è automatica se il debitore ha tenuto comportamenti scorretti: atti in frode scoperti, mancata collaborazione, violazione dei doveri durante la procedura possono portare a diniego della liberazione dai debiti. Anche qui vale il limite di 5 anni: non si può chiedere la liquidazione se nei 5 anni precedenti si è già avuta una procedura di sovraindebitamento (piano, accordo o liquidazione) o se si è stati esdebitati in passato. In caso di comportamento doloso, l’esdebitazione può essere revocata su istanza dei creditori entro determinate tempistiche. Per alcuni soggetti, la liquidazione può essere richiesta dai creditori (il che può essere percepito negativamente dal debitore che si vede “spodestato” dei suoi beni su iniziativa altrui).

Esempio pratico (ipotetico) di Liquidazione controllata: Marco ha 35 anni e un passato da piccolo imprenditore edile: la sua azienda è fallita lasciandogli addosso fideiussioni per centinaia di migliaia di euro. Ora Marco lavora come dipendente a €1.200 al mese e non possiede immobili (vive con i genitori), ma le banche lo perseguitano per circa €300.000 di debiti derivanti da garanzie personali sui mutui dell’azienda fallita. Chiaramente non potrà mai ripagare quella somma con il suo stipendio. Marco sceglie di avviare la procedura di liquidazione controllata, anche se di beni ha poco o nulla: mette a disposizione l’unico suo asset, cioè un’auto usata da €5.000 e si impegna a versare il quinto del suo stipendio (circa €240 al mese) per 3 anni nella procedura. Il tribunale apre la liquidazione, nomina il liquidatore. La vettura viene venduta e frutta €5.000; in 3 anni di trattenute dallo stipendio affluiscono circa €8.600. In totale i creditori ottengono circa €13.600, pari a una percentuale minima (meno del 5% dei debiti). Scaduti i 3 anni, Marco ha adempiuto a quanto doveva (ha subito la trattenuta concordata e non aveva altri beni da dare); il tribunale emette il decreto che lo esdebita, cioè lo libera dal restante debito di quasi €286.400. Marco potrà ricominciare a lavorare e guadagnare senza la spada di Damocle di quei debiti insostenibili. (Se nei 4 anni successivi dovesse ereditare un appartamento dal nonno, e quel valore permettesse di pagare magari un ulteriore 10% ai creditori, potrebbe riaprirsi la questione – ma in mancanza di ciò, la liberazione è definitiva).

Come Funziona L’Esdebitazione del debitore incapiente (senza offrire utilità)

L’Esdebitazione dell’incapiente è, per certi versi, una “procedura della disperazione”: rivolta al debitore persona fisica che non ha niente da dare ai creditori, né beni né reddito oltre il minimo indispensabile. Introdotta prima in via sperimentale e poi consolidata con il Codice della Crisi, consente a questa categoria di debitori di ottenere comunque la cancellazione dei propri debiti, pur senza pagamento, per ragioni umanitarie e di giustizia sostanziale. È un istituto eccezionale, applicabile una sola volta nella vita e con criteri stretti.

Requisiti: il debitore deve:

  • Trovarsi in stato di sovraindebitamento senza soluzione, privo di ogni capacità di soddisfare i creditori. Cioè non possedere beni liquidabili e non avere redditi o stipendi attaccabili (oltre la soglia impignorabile). In pratica, se anche volesse attivare un piano o una liquidazione, non ci sarebbe nulla da distribuire.
  • Essere meritevole (come sempre, niente frodi o colpe gravi).
  • Non aver già usufruito di un’altra procedura di esdebitazione in precedenza.

La procedura si attiva con un’istanza al tribunale (anche qui solitamente con l’ausilio di un OCC per assemblare la documentazione) in cui il debitore chiede di essere esdebitato nonostante l’assenza di utilità per i creditori. Il giudice valuta attentamente le circostanze: occorre dimostrare che il debitore non è in grado oggettivo di offrire nulla e che questa situazione non è dovuta a sua colpa. Ad esempio: soggetto in età avanzata senza reddito né proprietà, che ha debiti sanitari o di garanzie e vive solo della pensione sociale – caso tipico di incapiente meritevole; oppure disabile grave senza patrimonio, ecc.

Effetti: se il tribunale accoglie la richiesta, dispone l’esdebitazione di tutti i debiti di quella persona, senza alcuna contropartita immediata ai creditori. Il procedimento rimane aperto per 4 anni successivi, durante i quali la situazione economica del debitore viene monitorata. Cosa significa? Che se in questo quadriennio “magico” il debitore dovesse conseguire delle risorse significative (definite “utilità rilevanti”), ad esempio un aumento di reddito consistente, una vincita, un’eredità, la legge prevede che dovrà usarle in parte per pagare i vecchi creditori fino ad un certo limite. In particolare, si considera rilevante un’acquisizione che permetta di soddisfare almeno il 10% dell’ammontare dei debiti esdebitati. In tal caso, il debitore ha l’obbligo di pagare ai creditori quell’utilità fino a copertura di quel 10% (non è chiarissimo se debba mettere a disposizione tutto il sopravvenuto o comunque almeno la parte fino al 10% del totale debiti: la norma tende a dire che se puoi pagare almeno il 10% devi pagare in riapertura, altrimenti no). Se invece nei 4 anni non sopravviene nulla di rilevante, l’esdebitazione diventa definitiva e i creditori non potranno più avanzare pretese. Durante quei 4 anni, in un certo senso la persona rimane sotto vigilanza: probabilmente dovrà presentare annualmente o su richiesta dell’OCC una situazione reddituale aggiornata.

Vantaggi: è evidente che per il debitore incapiente questo strumento rappresenta l’unica via di uscita da debiti che altrimenti non potrebbero mai essere cancellati (perché neppure la liquidazione è possibile, non avendo beni). Ottenere l’esdebitazione significa potersi rifare una vita, magari cercare un lavoro senza la paura che il primo stipendio venga pignorato, ecc. È una sorta di “grazia” civile per debiti insostenibili. Il debitore mantiene quel poco che ha – a differenza della liquidazione, qui non c’è nulla da liquidare, quindi non perde i beni indispensabili che possiede (se per esempio ha solo mobili usati e uno stipendio bassissimo, se li tiene). Deve solo impegnarsi moralmente a informare su eventuali miglioramenti futuri.

Svantaggi/limiti: è concessa in casi rari e deve essere l’ultima ratio. Inoltre non copre eventuali debiti futuri (ovvio, riguarda solo i debiti pregressi). Attenzione: l’esdebitazione dell’incapiente non si applica ai debiti derivanti da obblighi di mantenimento, alimenti, risarcimenti per danni da fatto illecito o sanzioni penali/amministrative non pecuniarie (queste categorie, per legge, rimangono comunque escluse dalla liberazione anche nelle altre procedure). Quindi, ad esempio, una multa comminata come pena o un risarcimento per lesioni volontarie non verrebbero cancellati. Inoltre, se il debitore torna in bonis grazie a un colpo di fortuna nei 4 anni, dovrà comunque onorare in parte i vecchi debiti (il che è giusto anche per equità verso i creditori). Questa procedura può essere usata una sola volta: è pensata per casi davvero sfortunati e irripetibili. Infine, per i creditori è la peggiore situazione: non ricevono nulla (salvo forse qualcosa dopo anni se il debitore fa fortuna). Dunque è prevedibile che possano essere presentate opposizioni o contestazioni sulla meritevolezza – il tribunale valuterà con rigore.

Esempio pratico di esdebitazione incapiente: Anna, 70 anni, ex commerciante, ha chiuso la sua attività anni fa con molti debiti verso fornitori e banche. Ora è senza lavoro e percepisce solo una pensione minima di €600 mensili. Vive in casa in affitto, non possiede immobili, né auto, né altri beni di valore. I debiti personali rimasti a suo carico ammontano a €80.000 tra banche e privati. Non potendo avviare alcun piano né offrire nulla ai creditori (la pensione è quasi tutta impignorabile, lasciandole il minimo vitale, quindi comunque i creditori non avrebbero margini), Anna chiede al tribunale l’esdebitazione come incapiente. Il giudice verifica che effettivamente Anna non ha mal fatto (i debiti risalgono al fallimento dell’attività, non ha frodato nessuno) e che la sua situazione economica è disperata. Concede dunque l’esdebitazione. Improvvisamente Anna è libera da tutti gli €80.000 di debiti. Nessun creditore potrà più inseguirla o pignorarle la pensioncina. Nei successivi 4 anni, Anna comunica annualmente il suo CUD al gestore nominato: ovviamente non ci sono variazioni significative (la pensione resta quella). Scaduti i 4 anni, l’esdebitazione diventa definitiva. Se per ipotesi Anna avesse invece ricevuto entro quei 4 anni un’eredità di €20.000 (oltre a una casa di modesto valore condivisa con altri eredi), quell’importo di €20.000 supera il 10% di €80.000 (che sarebbe €8.000), quindi Anna sarebbe stata tenuta a utilizzarlo in parte per pagare i vecchi creditori fino a quel 10% (in pratica avrebbe dovuto versare €8.000 ripartiti ai creditori, tenendo il resto per sé). Poiché però non è successo, l’esdebitazione rimane totale.

Nota: l’esdebitazione incapiente, introdotta di recente, rappresenta il riconoscimento legislativo che esistono situazioni di sovraindebitamento estreme in cui nemmeno la liquidazione giudiziale serve (perché non c’è liquidabile). In passato queste persone rimanevano tecnicamente con debiti a vita, ma di fatto i creditori non recuperavano nulla lo stesso. Ora almeno c’è un provvedimento formale che mette fine all’incubo debitorio e consente a queste persone di non essere più considerate insolventi. È un istituto simile al “fresh start” senza attivo previsto in altri ordinamenti.

Abbiamo così visto le principali procedure previste dalla legge italiana per fronteggiare il sovraindebitamento: ognuna risponde a situazioni diverse (dalla ristrutturazione soft con il piano, all’accordo col voto, alla liquidazione, fino all’esdebitazione pura). Riassumendo in breve:

  • Piano del Consumatore: per chi ha un reddito/pensione con cui pagare almeno in parte i debiti nel tempo, senza bisogno di accordo creditori.
  • Concordato Minore: per piccole attività o partite IVA con debiti d’impresa, permette un accordo votato continuando eventualmente l’attività.
  • Liquidazione Controllata: per chi ha beni vendibili ma debiti troppo alti, liquida tutto il possibile in ~3 anni e poi cancella i debiti residui.
  • Esdebitazione Incapiente: per chi non ha nulla da dare, cancella i debiti subito salvo revoca se arrivano entrate rilevanti entro 4 anni.

Va evidenziato che tutte queste procedure richiedono il supporto di professionisti qualificati e il coinvolgimento di un OCC – Organismo di Composizione della Crisi. Nel prossimo capitolo vedremo appunto a chi rivolgersi per attivarle e farsi assistere al meglio.

A chi rivolgersi: OCC, Avvocati, Commercialisti e consulenza debitoria

Affrontare un problema di sovraindebitamento non è semplice da soli. Per mettere in atto le soluzioni legali che abbiamo descritto, è fondamentale rivolgersi a professionisti ed enti specializzati. Ecco le figure chiave e come possono aiutare:

Organismo di Composizione della Crisi (OCC)

Gli OCC sono enti previsti per legge, imparziali ed indipendenti, deputati a gestire le procedure di sovraindebitamento. In pratica, fungono da “registi” tecnici: forniscono informazioni ai debitori, valutano le richieste e nominano un gestore della crisi (un professionista incaricato di analizzare la situazione e predisporre il piano o accordo). Solo gli organismi iscritti in un apposito registro tenuto dal Ministero della Giustizia possono operare come OCC, e hanno competenza territoriale (di solito uno per ogni tribunale o provincia).

Gli OCC in Italia spesso sono istituiti presso Enti pubblici come le Camere di Commercio, i Consigli degli Ordini professionali (Ordine dei Dottori Commercialisti, Ordine degli Avvocati), oppure presso società ed enti autorizzati. Ad esempio, in molte città l’OCC è presso la Camera Arbitrale o la Camera di Commercio locale, oppure c’è un OCC dell’Ordine dei Commercialisti.

Cosa fa l’OCC concretamente? Quando un debitore si rivolge a loro, l’OCC:

  • Raccoglie i dati e la documentazione sulla situazione debitoria ed economica.
  • Valuta insieme al debitore quale procedura sia percorribile (piano, concordato o liquidazione).
  • Nomina un Gestore della Crisi, ossia un professionista (spesso un commercialista o avvocato con specifica formazione) che seguirà il caso.
  • Il gestore aiuta a predisporre la proposta di piano o accordo, redigendo la relazione particolareggiata richiesta dalla legge (attestando attendibilità dei dati e convenienza per i creditori).
  • L’OCC può svolgere anche il ruolo di liquidatore nella liquidazione controllata o di supervisore nell’esecuzione dei piani, su nomina del giudice.
  • Fa da tramite tra il debitore, i creditori e il tribunale, assicurando la correttezza formale dell’iter.

Dal punto di vista del cittadino indebitato, l’OCC è il primo sportello a cui rivolgersi per attivare la procedura. Sul sito del Ministero della Giustizia (crisisovraindebitamento.giustizia.it) c’è l’elenco aggiornato di tutti gli OCC per area geografica. In genere, basta contattare telefonicamente o via mail l’OCC competente per fissare un appuntamento informativo. Alcuni OCC pubblicano moduli di domanda precompilati e liste di documenti da presentare.

Costi dell’OCC: L’OCC ha diritto a un compenso per l’opera svolta. Questo compenso è regolato (c’è un DM che stabilisce parametri in base all’attivo/passivo del debitore). Tuttavia, molti OCC prevedono agevolazioni per i debitori in difficoltà, rateizzando il compenso e in parte subordinandolo all’esito. Spesso si paga un acconto iniziale (ad esempio 30% all’accettazione dell’incarico, 20% prima del deposito del piano) e il resto solo a risultato ottenuto e in prededuzione. Nel caso dell’esdebitazione dell’incapiente, è previsto solo un compenso minimo per l’OCC (comprensivo degli oneri di legge). Insomma, gli OCC cercano di non aggravare la situazione economica del debitore, magari differendo buona parte delle loro spettanze a fine procedura o modulandole sul carico di lavoro effettivo.

Avvocati specializzati in crisi da sovraindebitamento

Il ruolo dell’avvocato è fondamentale, soprattutto nelle fasi di interazione con il Tribunale. Formalmente, la legge non obbliga il debitore a farsi assistere da un avvocato nella procedura di sovraindebitamento – può presentare il ricorso anche da solo con l’ausilio dell’OCC. Tuttavia, data la complessità degli aspetti legali (memorie, opposizioni dei creditori, udienze in tribunale, eventuali reclami), è altamente consigliabile avere un avvocato esperto accanto.

Un avvocato specializzato in diritto fallimentare o in sovraindebitamento potrà:

  • Consigliare la strategia migliore fin dall’inizio (valutando pro e contro delle opzioni stragiudiziali e giudiziali, e facendo da interfaccia con l’OCC e i creditori).
  • Preparare e presentare il ricorso in tribunale, curandone gli aspetti formali e motivandolo giuridicamente (soprattutto sulla meritevolezza, sulla sussistenza dei requisiti di legge, etc.).
  • Rappresentare il debitore nelle udienze davanti al giudice, rispondendo ad eventuali contestazioni dei creditori o richieste del magistrato.
  • Negoziare eventuali accordi transattivi paralleli (ad esempio, talvolta capita che alcuni creditori si accordino col debitore fuori dal piano per essere pagati e uscire dalla procedura: queste cose vanno gestite con cautela legale).
  • Seguire l’esecuzione del piano e occuparsi di istanze varie (ad esempio, se durante il piano serve modificare qualcosa, l’avvocato fa le richieste al giudice).
  • Intervenire in caso di opposizioni o impugnazioni: se un creditore fa reclamo contro l’omologa, ad esempio, servirà difendersi legalmente.

In sostanza l’avvocato tutela i diritti del debitore in ogni fase, assicurandosi che questi ottenga il massimo beneficio dalle procedure. Data la delicatezza (si tratta di ottenere la cancellazione di debiti), eventuali errori procedurali possono costare caro (inammissibilità). Ecco perché serve un professionista aggiornato e competente in materia.

Costi dell’avvocato: Variano a seconda della complessità del caso e dello studio. Alcuni avvocati applicano tariffe a forfait per le procedure di sovraindebitamento, altri seguono i parametri forensi (causa di volontaria giurisdizione, con valore pari al debito, etc., ma spesso riducono molto per venire incontro al cliente). È prassi che una parte del compenso sia richiesto come anticipo e la parte finale a conclusione. Alcuni studi offrono inizialmente una consulenza gratuita per esaminare la fattibilità del caso. Data la situazione di difficoltà del debitore, molti professionisti sono disponibili a pattuire pagamenti dilazionati o a risultato. In ogni caso, è bene chiedere un preventivo scritto e dettagliato prima di conferire incarico. Ricordiamo che le spese legali del debitore nelle procedure di sovraindebitamento sono considerate prededucibili, quindi in parte possono essere inserite nel passivo ed essere pagate con priorità (il che significa che ad esempio, in un piano, i soldi versati possono coprire anche in parte il compenso dell’avvocato, con l’autorizzazione del giudice, prima di soddisfare i creditori chirografari).

Commercialisti, consulenti del lavoro e altri professionisti (Gestori della crisi)

Al fianco degli avvocati, spesso dottori commercialisti o esperti contabili giocano un ruolo determinante, specialmente nella predisposizione degli aspetti economici del piano e della documentazione. In molte procedure il Gestore della crisi nominato dall’OCC è un commercialista, data la necessità di esaminare bilanci, flussi di cassa, elenchi di debiti e fare eventualmente proiezioni finanziarie. Un commercialista specializzato saprà:

  • Redigere l’elenco dei creditori in forma corretta, calcolando interessi e distinguendo eventuali crediti privilegiati.
  • Compilare l’inventario dei beni del debitore e attribuire un valore di stima a ciascuno (magari facendo intervenire periti per immobili, etc.).
  • Verificare la situazione fiscale del debitore (cartelle esattoriali, dichiarazioni dei redditi arretrate) per includere tutto nel piano.
  • Predisporre il piano di fattibilità: ad esempio, se è un piano del consumatore, elaborare un prospetto di bilancio familiare per gli anni futuri, dimostrando quanto reddito rimarrà per i creditori. Oppure, in un concordato, realizzare un mini-business plan se è prevista la continuazione dell’attività.
  • Attestare la convenienza economica del piano per i creditori, confrontandola con scenari alternativi (liquidazione). Questa attestazione è poi inserita nella relazione finale.

Inoltre, i commercialisti spesso hanno un know-how di trattativa con il Fisco, utile se ci sono debiti tributari da gestire (conoscenza di come trattare IVA, ritenute, ecc. in un piano che per legge non possono essere falcidiate sotto certe soglie senza rispettare l’ordine delle cause di prelazione).

Altri consulenti che possono essere coinvolti: il consulente del lavoro in caso di dipendenti (per calcoli TFR o stipendi arretrati nel passivo), periti estimatori (per valutare immobili, veicoli, gioielli se vanno liquidati o inseriti a garanzia), psicologi/mediatori familiari se c’è da gestire la dimensione psicologica (il sovraindebitamento è anche un dramma umano, e alcuni OCC offrono supporto morale durante il percorso).

Consulenti del debito e associazioni di tutela dei consumatori

Negli ultimi anni sono nate anche figure di consulenti del debito o società specializzate nell’assistenza ai debitori. Alcune sono costituite da team multidisciplinari (avvocati, commercialisti) che seguono il cliente in tutto il percorso, dalla negoziazione stragiudiziale fino all’eventuale procedura in tribunale. Ad esempio, esistono società come “esdebitami”, “sdebito”, “soluzione debiti”, ecc., che offrono servizi di analisi debitoria e presentazione delle domande di sovraindebitamento.

Bisogna fare un distinguo: affidarsi a consulenti seri e competenti, meglio se collegati con avvocati e OCC riconosciuti, può essere di grande aiuto perché svolgono tutto il lavoro preparatorio e vi accompagnano passo passo. Tuttavia, attenzione a sedicenti “agenzie” poco trasparenti: purtroppo, il disagio dei debitori ha attirato anche soggetti poco professionali che promettono miracoli (tipo “cancelliamo tutti i tuoi debiti al 100% garantito”) chiedendo magari laute parcelle in anticipo, senza poi avere le qualifiche per portare a termine le procedure. Diffida di chi chiede molti soldi upfront e verifica sempre le qualifiche: un bravo consulente del debito dovrebbe operare in sinergia con un OCC e con legali abilitati.

Le associazioni di consumatori possono fornire un primo orientamento gratuito. Ad esempio, Adiconsum, Federconsumatori, Codacons e altre hanno sportelli dedicati ai problemi di indebitamento e possono indirizzare verso OCC o professionisti fidati. Esistono anche le Fondazioni antiusura in alcune diocesi o regioni, che aiutano le famiglie sovraindebitate (soprattutto se il debito ha origine da tassi usurari o dal gioco d’azzardo patologico) e in certi casi offrono garanzie per prestiti di consolidamento. Vale la pena informarsi se sul territorio ci sono enti di questo tipo.

In sintesi, il debitore non è solo: il percorso di uscita dai debiti implica la collaborazione di varie figure. Idealmente, la “squadra” è composta da un OCC (con gestore, tipicamente un commercialista) e un avvocato di fiducia del debitore che lavorano insieme. A volte l’avvocato stesso fa parte di un OCC e quindi copre entrambi i ruoli. L’importante è affidarsi a persone esperte in questa materia specifica, perché si tratta di un ambito molto particolare del diritto.

Il ruolo di banche, finanziarie e società di recupero crediti

In una situazione di sovraindebitamento, i protagonisti sul fronte opposto del debitore sono i creditori: tra questi, spesso troviamo banche, società finanziarie (che erogano prestiti, cessioni del quinto, leasing) e le società di recupero crediti che agiscono per conto dei creditori o acquistano i crediti deteriorati. È utile capire come operano queste entità, sia per sapere cosa aspettarsi, sia per gestire al meglio i rapporti con esse durante la ricerca di una soluzione.

Banche e finanziarie (istituti di credito)

Le banche sono spesso creditori principali in casi di indebitamento:### Banche e finanziarie

Le banche e le società finanziarie (istituti di credito al consumo, società di leasing, ecc.) giocano un ruolo centrale perché spesso sono i principali creditori dei debitori sovraindebitati. È utile capire la loro prospettiva e condotta:

  • Iter di recupero interno: Inizialmente, se un cliente ritarda nei pagamenti, la banca o finanziaria invia solleciti bonari (lettere, telefonate) e può proporre soluzioni come una moratoria o rinegoziazione (ad esempio, un rifinanziamento che allunghi la durata del prestito riducendo la rata). In questa fase, mantenere un dialogo aperto con l’istituto può evitare di essere classificati a sofferenza. Molte banche dispongono di uffici “gestione crediti problematici” per trovare accordi sostenibili con i clienti in difficoltà.
  • Decadenza dal beneficio del termine: Se i ritardi superano un certo limite (di solito 6-7 rate impagate nei prestiti personali, 3 mesi nei mutui, salvo diverse clausole contrattuali), la banca può inviare la DBT (Decadenza dal Beneficio del Termine), ossia la richiesta di immediato pagamento di tutto il debito residuo. Questo è il preludio alle azioni legali: il contratto viene risolto e il debito residuo diventa immediatamente esigibile in un’unica soluzione. Ad esempio, per un mutuo la banca, dopo 18 rate non pagate consecutive, dichiara il mutuo risolto e chiede tutto il capitale residuo in blocco.
  • Azione legale: Ottenuta la DBT, la banca generalmente procede con un decreto ingiuntivo tramite il proprio ufficio legale. Se il giudice emette il decreto e il debitore non si oppone entro 40 giorni, il decreto diventa definitivo ed esecutivo. A questo punto la banca può attivare il pignoramento dei beni del debitore: in primis stipendio/pensione o conto corrente, oppure l’ipoteca sull’immobile (se ad esempio è un mutuo casa) viene escussa con il pignoramento immobiliare. Le banche generalmente seguono rigorosamente la via giudiziale, ma va detto che spesso, parallelamente, restano aperte a trattative: anche con un decreto ingiuntivo ottenuto, è possibile evitare il pignoramento trovando un accordo (saldo e stralcio, piano di rientro). È sempre opportuno, dunque, non scappare dalla banca ma cercare di negoziare, preferibilmente con l’aiuto di un legale.
  • Cessione del credito a terzi: Le banche e finanziarie, specie per i crediti non garantiti (prestiti personali, carte di credito), talvolta preferiscono cedere il credito inesigibile a una società specializzata (società di recupero o “credit factor”) dopo averlo classificato come sofferenza a bilancio. Queste cessioni avvengono spesso a percentuali basse (il cessionario acquista il credito, poniamo, al 10-20% del valore nominale). Al debitore viene notificata la cessione e il nuovo creditore diventa, ad esempio, una SPV o banca d’affari (note sono Banca IFIS, Hoist, Intrum, etc.). Da quel momento, sarà questa nuova entità – o una società di recupero da essa incaricata – a condurre le azioni di recupero. Per il debitore, una cessione può aprire spazi per saldo e stralcio più vantaggiosi (la società acquirente, avendo pagato poco il credito, può accontentarsi di incassare, ad esempio, il 30-40% e fare profitto comunque).
  • Partecipazione alle procedure di sovraindebitamento: Se il debitore attiva un piano del consumatore o concordato minore, le banche rientrano tra i creditori e possono esprimersi. Nel piano del consumatore, come visto, non hanno potere di veto: possono solo far presente eventuali elementi sulla meritevolezza del debitore, ma decidere spetta al giudice. Nel concordato minore, invece, votano: le banche di solito valutano in modo razionale la convenienza economica del piano proposto rispetto all’escussione individuale. Tendenzialmente, se il piano offre loro almeno quanto otterrebbero pignorando (considerati tempi e costi), votano a favore. Una normativa introdotta di recente impone peraltro di sanzionare l’eventuale diniego ingiustificato dei creditori finanziari quando abbiano concesso credito con leggerezza: è il concetto di “merito creditizio” menzionato sopra, per cui la banca che ha prestato denaro a chi era già sovraindebitato potrebbe vedersi limitare alcune pretese. In generale, negli ultimi anni si punta a equilibrare interessi di banche e debitori, anche con nuove disposizioni di vigilanza sulle sofferenze bancarie che impongono maggiore trasparenza e correttezza.
  • Clausole di salvaguardia: In alcuni casi, specialmente nei concordati minori, le banche accettano di buon grado soluzioni che permettono loro di continuare a incassare almeno parte del credito senza dover svalutare tutto. Ad esempio, la nuova norma del 2024 consente di mantenere in essere il mutuo sulla prima casa nel piano/concordato pagando regolarmente le rate – così la banca non perde il proprio credito ipotecario e il debitore non perde la casa: un classico caso di soluzione “win-win” possibile grazie all’intervento del tribunale.

In sintesi, banche e finanziarie cercano sì di recuperare quanto dovuto (è loro diritto), ma sono soggette a regole e controlli e hanno anch’esse interesse a trovare soluzioni equilibrate. Il debitore farebbe bene a:

  • tenere informata la banca delle proprie difficoltà appena emergono (molte banche preferiscono ristrutturare un prestito piuttosto che farlo deteriorare del tutto);
  • conoscere i propri diritti (ad esempio, sapere che la banca non può pignorare stipendi oltre 1/5, o che deve rispettare i tassi di interesse entro i limiti antiusura);
  • non lasciarsi intimidire da linguaggi autoritari: finché non c’è un giudice di mezzo, la banca è sullo stesso piano contrattuale del debitore e qualsiasi accordo può essere discusso;
  • valutare, se l’esposizione è grande, di coinvolgere la banca in un percorso guidato (come un concordato minore), dove paradossalmente spesso l’istituto ottiene un recupero migliore che non tentando esecuzioni individuali lunghe e incerte.

Come Funzionano Le Società di Recupero Crediti

Le agenzie di recupero crediti entrano in gioco quando un creditore (banca, finanziaria, azienda di servizi, etc.) affida loro una posizione in sofferenza da recuperare. Possono agire in due modi: per conto del creditore originario (recupero stragiudiziale su mandato) oppure come cessionarie del credito (lo hanno comprato e quindi sono esse stesse le creditrici). In entrambi i casi, ecco cosa c’è da sapere:

  • Attività consentite e limiti: Le società di recupero crediti sono autorizzate per legge a svolgere attività di recupero stragiudiziale del credito. Ciò significa che possono contattare il debitore tramite telefono, lettera o email per sollecitare il pagamento, proporre piani di rientro o transazioni. Non hanno però poteri di natura giudiziaria: non possono pignorare beni, né entrare in casa, né sequestrare stipendi – queste azioni richiedono sempre un titolo esecutivo del tribunale (decreto ingiuntivo, sentenza) e l’intervento di un ufficiale giudiziario. Spesso i funzionari di recupero utilizzano un tono perentorio per spingere il debitore a pagare, ma bisogna ricordare che si tratta di una trattativa, non di un ordine legale. Qualsiasi accordo proposto dall’esattore telefonico dovrà comunque essere approvato dal creditore titolare del credito.
  • Rispetto della dignità e privacy: Le società di recupero devono attenersi a principi deontologici precisi stabiliti dal Garante Privacy e dalla legge. In particolare, non possono usare metodi violenti, intimidatori o lesivi della dignità. Ad esempio, è vietato: minacciare il debitore di conseguenze inesistenti (come il carcere per debiti, che in Italia non esiste), fingere di essere un’autorità (ufficiale giudiziario, avvocato se non lo sono), contattare persone vicine al debitore (parenti, datore di lavoro) rivelando la situazione debitoria, o perseguitare il debitore con telefonate continue a tutte le ore. Il Garante Privacy ha emanato linee guida che impongono di evitare qualsiasi comportamento che leda la riservatezza e la dignità della persona indebitata. Se il debitore riscontra abusi (minacce gravi, telefonate ossessive a orari improbiti, messaggi sui social pubblici, ecc.), ha il diritto di sporgere reclamo al Garante o denuncia per molestia/stalking.
  • Come comportarsi con i recuperatori: Prima di tutto, mantenere la calma. Se ricevi una telefonata, prendi nota di chi chiama (società e nominativo dell’operatore) e del credito di cui parlano. Hanno l’obbligo di fornirti tali informazioni chiaramente. Non negare la realtà – se il debito c’è, va affrontato – ma nemmeno farti prendere dal panico. Puoi chiedere che ogni comunicazione importante avvenga per iscritto (lettera o PEC) in modo da avere traccia. Evita di promettere pagamenti immediati se non sei sicuro di poterli fare; meglio richiedere tempo per “verificare la posizione” e magari consultarti con un consulente. Ricorda che il debitore ha dei diritti: ad esempio, se dubita dell’importo richiesto può chiedere un rendiconto dettagliato (capitale, interessi, spese) e il recuperatore deve fornire gli estremi (è nel loro interesse convincerti della legittimità della somma).
  • Proposte di saldo e stralcio: Le agenzie di recupero spesso sono autorizzate dal creditore a negoziare. Quindi, il debitore può provare a proporre un saldo e stralcio o una rateizzazione anche al funzionario di recupero crediti. Anzi, spesso accade che proprio tramite il recuperatore si giunga a un accordo transattivo (che poi verrà formalizzato per iscritto). Come notato, se il credito è stato ceduto, la società recuperatrice potrebbe averlo acquistato a basso costo e quindi accettare percentuali ridotte (ad esempio, incassare 5.000€ su un debito di 20.000€ potrebbe andar bene se il credito era stato acquistato per 3.000€). Quindi, mantenere un atteggiamento dialogante ma fermo può portare a soluzioni: “Posso pagare tot euro subito per chiudere, altrimenti purtroppo non dispongo di altro e valuterei il sovraindebitamento” – questo genere di argomentazione fa capire al recuperatore che è meglio incassare qualcosa ora che rischiare un nulla tra qualche mese. Naturalmente, non bluffare oltre il vero: se offri una somma, assicurati di poterla davvero pagare nei termini concordati.
  • Dal recupero stragiudiziale al giudiziale: Se l’agenzia non riesce a ottenere pagamenti, alla fine può restituire la pratica al creditore mandante oppure, se ha acquistato il credito, deciderà di passare al recupero giudiziale (ossia far partire un’azione legale tramite avvocati). Alcune grandi società di recupero hanno al proprio interno studi legali che, ottenuto un titolo (ingiunzione), procedono ai pignoramenti. Tuttavia, questo passaggio non è immediato né scontato: spesso trascorrono mesi (se non anni) prima che un credito inesigibile passi davvero alle vie legali, specialmente se il debitore non ha beni in chiaro. Conoscere cosa è pignorabile e cosa no aiuta a gestire la trattativa: ad esempio, se il recuperatore minaccia “ti pignoriamo la casa”, ma tu sai che non hai case di proprietà, capisci che è una pressione infondata e puoi replicare che non possedendo immobili forse è meglio trovare un accordo. Se minaccia “ti pignoriamo lo stipendio”, sappi che solo fino a un quinto può essere preso e che comunque serve un giudice prima. Queste consapevolezze ti mettono in posizione più equilibrata nel dialogo.

Riassumendo, le società di recupero crediti devono rispettare la legge e i diritti del debitore. Il debitore, dal canto suo, dovrebbe: mantenere la calma, comunicare preferibilmente per iscritto, negoziare solo ciò che può mantenere, non farsi umiliare (nessuno può insultarlo o minacciarlo legalmente). Se il recupero diventa aggressivo in modo illecito, ci sono gli strumenti legali per difendersi. E se proprio non si trova accordo e il debito è insostenibile, ricordiamo che attivando una procedura di sovraindebitamento tutte le azioni esecutive vengono sospese e i recuperatori dovranno fermarsi per legge, trattando poi nell’ambito della procedura stessa.

Quali sono i diritti del debitore tutelati dalla legge italiana

Spesso chi è oppresso dai debiti si sente privato di ogni diritto, in balìa dei creditori. In realtà l’ordinamento italiano, pur riconoscendo il diritto dei creditori a essere soddisfatti, tutela una serie di diritti fondamentali del debitore, per garantirne la dignità e la possibilità di mantenere una vita decorosa. Ecco i principali diritti di cui ogni debitore dovrebbe essere consapevole:

  • Diritto al rispetto della dignità e della privacy: Come già accennato, nessun creditore o agente di recupero può mettere in atto comportamenti offensivi, minacciosi o lesivi della persona. La sfera privata del debitore va rispettata: ad esempio, non è lecito informare soggetti terzi (vicini di casa, colleghi, parenti non coinvolti) della sua situazione debitoria al fine di far pressione, perché ciò viola la privacy. Il Garante ha stabilito che il recupero crediti deve svolgersi nel rispetto della riservatezza e dignità dell’insolvente. Anche in eventuali procedure giudiziarie, il debitore ha diritto a non subire azioni umilianti: il pignoramento, ad esempio, non può riguardare beni di stretta necessità (nessuno verrà a portar via vestiti, frigorifero, letti di casa). Se un creditore eccede (minacce di diffamazione pubblica, contatti sul luogo di lavoro creando imbarazzo pubblico, ecc.), il debitore può tutelarsi legalmente.
  • Nessun carcere per debiti civili: In Italia vige il principio che nessuno può essere privato della libertà personale per il solo fatto di non poter adempiere a un’obbligazione (lo vieta l’art. 13 della Costituzione e l’art. 2740 c.c.). Quindi, ogni qual volta un recuperatore dovesse insinuare scenari di arresto o detenzione per un mancato pagamento (ad esempio “Se non paga verrà arrestato per truffa”), sta dicendo qualcosa di falso: il mancato pagamento di un prestito o di una bolletta non è un reato penale, ma un inadempimento civile. Solo in casi di reati specifici (es. frode conclamata, bancarotta fraudolenta se si tratta di società, assegni a vuoto sopra soglie penali) si può avere un procedimento penale, ma per i normali debiti contrattuali il debitore non rischia la galera. Questo va ricordato per non lasciarsi terrorizzare indebitamente.
  • Limiti al pignoramento dei beni: La legge prevede importanti limiti quantitativi a ciò che i creditori possono pignorare:
    • Stipendi e pensioni: il pignoramento presso terzi (datore di lavoro o ente pensionistico) non può superare 1/5 dell’importo netto mensile, salvo cumuli particolari. Inoltre per le pensioni esiste una soglia di impignorabilità pari a circa 1,5 volte l’assegno sociale (per il 2023-2024 attorno a €1.000): la parte di pensione sotto tale soglia non può essere toccata; solo l’eccedenza può essere pignorata nella misura di 1/5. Ad esempio, con una pensione di €800, nulla è pignorabile; con pensione di €1.200, solo 1/5 di €200 (eccedenza sopra €1.000) quindi €40. Queste tutele garantiscono al debitore un minimo vitale su cui contare.
    • Beni essenziali: Come previsto dal codice di procedura civile, sono impignorabili gli oggetti e mobili indispensabili per la vita quotidiana del debitore e della sua famiglia (letti, tavoli da pranzo, armadi, frigorifero, cucina e utensili, vestiti, elettrodomestici di prima necessità, ecc.), così come gli strumenti di lavoro necessari per la professione (nei limiti di quanto serve per svolgere l’attività). Anche gli animali da compagnia non possono essere pignorati. Ciò significa che il creditore non può svuotare casa del debitore lasciandolo senza mezzi di sopravvivenza.
    • Prima casa e altri immobili: Qui va fatta distinzione: la legge protegge l’abitazione principale del debitore da parte del Fisco (Agenzia Entrate Riscossione) se è l’unico immobile di proprietà, non di lusso e il debito fiscale è sotto €120.000 – in tal caso AdER non può pignorare la casa. Invece, un creditore privato (banca, finanziaria) può in teoria pignorare anche la casa di abitazione, se non ci sono altre risorse, iscrivendo ipoteca e procedendo all’esecuzione immobiliare. Tuttavia, il processo è lungo e costoso, e spesso i creditori privati vi ricorrono solo per debiti molto elevati o se l’immobile ha valore e non ci sono ipoteche precedenti. In ogni caso, il debitore ha diritto alla riserva di un importo sul ricavato pari eventualmente al suo bonus prima casa (se ne aveva diritto) e a restare nell’immobile fino alla vendita all’asta. Inoltre in sede di esecuzione può chiedere al giudice soluzioni come la conversione del pignoramento (pagare ratealmente ed evitare la vendita) o la riduzione della quota ipotecata se il debito è inferiore.
    • Conti correnti: Se il creditore pignora il conto corrente, il debitore ha diritto comunque a trattenere l’ultimo stipendio/pensione accreditato prima del pignoramento (non viene bloccato), mentre per le somme già presenti sul conto oltre a quello possono essere pignorate. Ciò per evitare che all’improvviso il debitore rimanga senza nemmeno l’ultima mensilità percepita.
  • Diritto alla prescrizione del debito: Ogni debito ha un termine di prescrizione oltre il quale il debitore, se il creditore non si è fatto vivo legalmente, può rifiutare il pagamento. Ad esempio, bollette e utenze in genere si prescrivono in 5 anni, i canoni di affitto in 5 anni, le parcelle professionali in 3 anni, le rate di mutuo in 5 anni (per ciascuna rata non pagata), i debiti da sentenza in 10 anni. Ciò significa che il debitore ha il diritto di eccepire la prescrizione: se un creditore rispunta dopo molti anni di silenzio, il debitore può formalmente opporsi al pagamento perché il diritto è estinto per legge. Attenzione: basta un sollecito formale (tipo raccomandata o PEC) a interrompere la prescrizione, quindi il calcolo va fatto con precisione. Ma è importante sapere che non esistono debiti eterni: la legge tutela il debitore distratto prevedendo che dopo un certo periodo il creditore diligente avrebbe dovuto attivarsi. Ad esempio, un debito della finanziaria risalente a 15 anni fa e mai più reclamato potrebbe essere prescritto; se cercano di riscuoterlo, informarsi sulla decorrenza della prescrizione è fondamentale.
  • Diritto alla tutela giudiziale e al contraddittorio: Il debitore, in caso di azione legale, ha sempre diritto a difendersi in giudizio. Se arriva un decreto ingiuntivo, può presentare opposizione motivata (es. contestare l’ammontare, far valere un pagamento già effettuato, eccepire interessi usurari, ecc.). Se subisce un pignoramento, può fare opposizione all’esecuzione o chiedere al giudice dell’esecuzione la sospensione in presenza di un piano del consumatore depositato. Insomma, il debitore non è senza voce: ha il diritto di essere ascoltato dal giudice e far valere le proprie ragioni. Nel sovraindebitamento, addirittura, è il debitore a rivolgersi al giudice per far valere il diritto al proprio risanamento economico.
  • Diritto all’esdebitazione (liberazione dai debiti): Infine, grazie alla Legge 3/2012 e al Codice della Crisi, il debitore in buona fede ha diritto di chiedere l’esdebitazione, ossia la cancellazione dei debiti residui una volta completata la procedura. Questo diritto al “fresh start” è condizionato al rispetto delle regole (non aver frodato, aver adempiuto alla parte dovuta nel piano o liquidazione), ma costituisce un importante riconoscimento normativo: la legge tutela il debitore meritevole consentendogli di tornare ad una vita normale anche se non ha potuto pagare tutto. È un diritto una tantum (non reiterabile prima di 5 anni), ma di enorme valore sociale.
  • Diritto alla liberatoria a debito estinto: Quando un debitore paga integralmente un debito, o paga la quota concordata in un saldo e stralcio, ha diritto a ottenere una quietanza liberatoria dal creditore. Questo documento attesta che nulla più è dovuto. Il debitore deve pretenderlo, perché è la prova della sua avvenuta liberazione. In caso di rifiuto o inerzia del creditore nel rilasciarlo, può anche ricorrere al giudice. Analogamente, se un debitore ha subito un pignoramento e ha pagato, ha diritto alla cancellazione di eventuali ipoteche o segnalazioni collegate a quel debito.

In breve, anche se indebitati, si rimane cittadini titolari di diritti inviolabili. Conoscerli è fondamentale per non subire passivamente soprusi o per farli valere attivamente nei percorsi di risoluzione della crisi. Come detto, la normativa italiana ha cercato di bilanciare gli interessi: chi deve avere dei soldi può attivarsi, ma deve farlo entro regole e limiti precisi, e chi li deve pagare ha comunque diritto al rispetto e a conservare il necessario per vivere.

Consigli pratici (best practices) ed errori da evitare quando hai troppi debiti

Affrontare una situazione di sovraindebitamento richiede non solo strumenti legali, ma anche un comportamento accorto. Ecco una serie di consigli pratici e di errori comuni da evitare, frutto dell’esperienza di chi ha superato problemi di debiti:

Best practices – Cosa fare:

  • Affronta subito il problema: La prima regola è non negare la realtà. Appena ti rendi conto che i debiti stanno diventando troppi o che non riesci a pagare qualche rata, reagisci. Fai un elenco completo dei tuoi debiti (creditore, importo, scadenze, eventuali garanzie) e delle tue entrate. Avere chiara la mappa del tuo indebitamento è il primo passo per uscirne. Ignorare le lettere o procrastinare peggiora solo le cose (interessi di mora che crescono, penali, procedure legali che avanzano). Affrontare il problema tempestivamente ti permette di valutare più opzioni (anche un semplice accordo amichevole è più facile prima che il debito lieviti troppo).
  • Comunica con i creditori in buona fede: È una buona pratica tenere i creditori informati delle tue difficoltà, anziché sparire. Molti creditori apprezzano la comunicazione aperta e onesta. Ad esempio, se sai che il prossimo mese non riuscirai a pagare una rata, contatta la banca e spiegalo, chiedendo se è possibile posticipare o trovare una soluzione. Non sempre otterrai immediata comprensione, ma spesso sì – e comunque dimostri buona fede. La stessa cosa vale con il proprietario di casa per l’affitto, il condominio, ecc.: proporre una piccola somma intanto e un piano per il resto può evitare azioni immediate. Evitare i creditori peggiora la loro reazione (si sentiranno presi in giro e saranno più aggressivi). Invece mostrarsi collaborativi può indurli ad aspettare o a trattare.
  • Documenta e organizza ogni cosa: Raccogli in un fascicolo tutte le comunicazioni relative ai debiti: contratti di finanziamento, estratti conto, lettere di sollecito, PEC inviate/ricevute, decreti ingiuntivi, pignoramenti, ecc. Tieni anche traccia di ogni pagamento effettuato (ricevute, contabili bancarie). Questa organizzazione ti servirà per capire l’evoluzione dei debiti e soprattutto sarà fondamentale se ti rivolgi a un professionista o OCC: avere subito tutti i documenti riduce i tempi e i costi. Inoltre, in caso di contestazioni (es. un creditore pretende più del dovuto), avere le carte in regola ti permette di dimostrarlo.
  • Fatti assistere da professionisti esperti: Non affrontare un mare in tempesta senza bussola. Chiedi aiuto a professionisti qualificati – avvocati, commercialisti, associazioni dei consumatori, OCC – il prima possibile. Anche una semplice consulenza iniziale può chiarirti le idee su quali strade intraprendere. Molti hanno timore di rivolgersi a un avvocato per via dei costi, ma come abbiamo visto ci sono servizi gratuiti o a basso costo (sportelli antiusura, consulenze iniziali gratuite, patrocini a spese dello Stato se si hanno redditi bassi, ecc.). Un esperto può ad esempio consigliarti se conviene provare un saldo e stralcio o se è meglio prepararsi direttamente alla procedura di sovraindebitamento. Non isolarti: condividere il problema con chi è competente riduce anche l’ansia, perché finalmente intravedi un percorso.
  • Coinvolgi la famiglia in modo costruttivo: Se hai una famiglia (coniuge, figli grandi) che dipende da te, è importante anche comunicare con loro della situazione debitoria. L’appoggio morale e pratico della famiglia può essere determinante. Ad esempio, tuo coniuge potrebbe contribuire al bilancio riducendo alcune spese, oppure un parente potrebbe prestarti una somma per fare un saldo e stralcio. Non c’è nulla di vergognoso nel chiedere supporto a chi ti è vicino; il sovraindebitamento è un evento che può capitare a chiunque. In molti casi, addirittura, c’è la possibilità di presentare una procedura familiare congiunta (se ad esempio entrambi i coniugi o padre e figlio sono indebitati dallo stesso evento): questo può abbattere i costi. L’importante è evitare i reciproci rancori e lavorare insieme per superare il momento difficile.
  • Privilegia il mantenimento dei beni essenziali: Se devi operare delle scelte su cosa pagare e cosa no (quando purtroppo i soldi non bastano per tutto), dà priorità alle spese vitali e ai beni essenziali. Ad esempio, paga l’affitto o il mutuo della prima casa, le bollette di luce/gas, le spese alimentari e mediche, prima di pagare magari la rata di un prestito personale non garantito. Questo non significa voler fare torto a qualcuno, ma garantire la sopravvivenza tua e della famiglia. I creditori chirografari possono attendere o trovare soluzioni alternative, mentre perdere la casa o vedersi staccare le utenze è un danno immediato e grave. Ovviamente, se poi attivi una procedura di piano del consumatore, ricorda che dovrai comunque mettere tutto sul tavolo in modo equilibrato; ma fino a quel momento, è lecito e sensato proteggere l’essenziale.
  • Tenta soluzioni bonarie prima di quelle giudiziali: Se la situazione non è ancora completamente compromessa, prova a negoziare accordi stragiudiziali (come spiegato nei capitoli sul saldo e stralcio e piani di rientro). Spesso con un po’ di pazienza e diplomazia si riesce a ottenere dilazioni o sconti insperati. Magari non con tutti i creditori, ma anche sistemarne alcuni alleggerisce il quadro. Ogni debito chiuso è un pensiero in meno. Se però vedi che nessuno accordo decente è raggiungibile e i debiti sono troppi, allora non esitare a preparare il ricorso per la composizione della crisi: ma almeno potrai dire al giudice di averle provate tutte prima, il che gioca a favore della tua meritevolezza.
  • Sfrutta eventuali agevolazioni di legge: Tieniti informato (anche attraverso i consulenti o associazioni) su eventuali misure agevolative offerte dallo Stato. Per esempio: rateizzazioni straordinarie delle cartelle fiscali (nel 2023 c’è stata la rottamazione-quater e la possibilità di dilazionare in 120 rate molti debiti fiscali), sospensioni dei mutui prima casa in caso di disoccupazione (Fondo Gasparrini), bonus e contributi sociali che possono liberare risorse (es. bonus bollette). A volte, queste misure possono ridurre parte del peso debitorio (pensiamo alla rottamazione, che toglie sanzioni e interessi su cartelle Equitalia). Sono opportunità da cogliere nei tempi giusti, informandosi tramite fonti attendibili (siti istituzionali, CAF, patronati).

Errori da evitare – Cosa NON fare:

  • Non continuare a indebitarti per pagare debiti: Questo è l’errore più comune e pericoloso. Fare un nuovo prestito per pagare le rate scadute di vecchi prestiti può sembrare una soluzione tampone, ma spesso è “benzina sul fuoco”: entri in un circolo vizioso in cui il debito aumenta e prima o poi il castello crolla. Allo stesso modo, usare la carta di credito revolving per pagare altre bollette o rate genera solo altro debito a tassi altissimi. Se sei già sovraindebitato, è improbabile che un nuovo prestito ti salvi, anzi peggiorerà la tua posizione (a meno che non si tratti di un vero consolidamento a tasso più basso e sostenibile, cosa rara se hai già problemi). In particolare, non rivolgersi mai a canali illegali (usurai): aggiungeresti dramma al dramma. Piuttosto, cerca aiuto nelle sedi legali viste finora.
  • Non sacrificare il futuro per guadagnare tempo nel presente: Questo significa ad esempio svendere beni preziosi per pagare qualche rata oppure impegnare la casa in modo sconsiderato. Se hai un bene importante (un immobile, un terreno, gioielli di famiglia) valuta bene se liquidarlo e come: usarlo per estinguere tutti i debiti può avere senso, ma alienarlo solo per tamponare temporaneamente (es. vendere l’auto per pagare due mensilità di mutuo) potrebbe lasciarti senza l’auto e comunque con il mutuo insoluto qualche mese dopo. Meglio magari tenerlo e includerlo eventualmente in un piano strutturato. Analogamente, non ipotecare la prima casa per ottenere liquidità aggiuntiva se non sei sicuro di poter poi sostenere il nuovo debito: rischi di trasformare un debito chirografo in uno garantito dalla casa (quindi più pericoloso in caso di insolvenza). Insomma, pondera bene le scelte che coinvolgono il tuo patrimonio: fai un piano totale, non azioni spot dettate dall’ansia.
  • Non ignorare gli atti giudiziari e le scadenze legali: Se ti viene notificato un atto formale (precetto, decreto ingiuntivo, atto di citazione, pignoramento), non restare con le mani in mano. Gli atti hanno tempi di reazione precisi: se ricevi un decreto ingiuntivo, hai 40 giorni per fare opposizione motivata, dopodiché diventa definitivo. Se non hai argomenti validi per opporti, magari puoi in quello stesso termine cercare un accordo col creditore per far sospendere l’esecuzione prima che parta. Se arriva un pignoramento, hai 10 giorni prima dell’udienza per eventualmente proporre un piano di rientro al creditore e far sospendere la vendita. Il tempo è cruciale: molti debitori, presi dallo sconforto, lasciano correre questi termini e perdono opportunità di difesa. Anche rivolgersi a un avvocato all’ultimo giorno utile può ridurre l’efficacia della difesa. Quindi, appena arriva un atto giudiziario, leggi bene di che si tratta (o fallo leggere a un esperto) e agisci subito di conseguenza.
  • Non mentire o nascondere informazioni nelle procedure: Se decidi di intraprendere un percorso di sovraindebitamento in tribunale, sii totalmente trasparente con l’OCC e con il giudice. Nascondere un bene, omettere di dichiarare un credito che hai verso terzi, o falsificare documenti è non solo eticamente scorretto, ma anche controproducente: rischi l’improcedibilità o, peggio, penali per attestazioni false. La legge 3/2012 punisce penalmente chi nella procedura di composizione fornisce documentazione e informazioni false. Inoltre, se emergeranno incongruenze, perderai la fiducia del giudice e addio esdebitazione. Onestà e completezza sono la chiave per beneficiare delle tutele. Anche verso i consulenti: non avere timore di rivelare un debito “dimenticato” o un piccolo reddito extra – devono sapere tutto per aiutarti al meglio.
  • Non affidarti a sedicenti “maghi” dei debiti senza verifica: Come detto, ci sono in giro società o individui che promettono miracoli (tipo “cancelliamo i tuoi debiti al 100% in 24 ore, garantito, senza farti pagare nulla”). Diffida di queste affermazioni. Spesso si tratta di truffe o di intermediari improvvisati che poi ti chiedono anticipi elevati e spariscono. Qualsiasi consulente serio non garantisce l’impossibile (ad esempio, un avvocato onesto ti dirà: “possiamo provare a ottenere questo risultato, ma dipende dal giudice, etc.”, non ti garantirà mai l’omologa certa al 90% di sconto se non è realistico). Scegli professionisti abilitati, con esperienza riscontrabile, magari su consiglio di persone fidate o di associazioni riconosciute. Incontrali di persona nei loro uffici (verifica che esistano). Non firmare mandati o assegni in bianco senza capire bene. E non pagare somme sproporzionate in anticipo: chi specula sulla disperazione chiedendo migliaia di euro subito “per iniziare la pratica” va preso con estrema cautela. Meglio rivolgersi a canali ufficiali (OCC, ordini professionali) che sapranno indirizzarti a persone serie.
  • Non disperarti: cerca supporto anche psicologico se serve: L’errore forse più grave ma comune è lasciarsi sopraffare dalla vergogna e dallo stress, fino a compromettere la propria salute. Il sovraindebitamento può portare depressione, ansia, isolamento sociale. Non avere paura o vergogna di chiedere aiuto psicologico. Ci sono associazioni, e a volte gli stessi OCC, che collaborano con psicologi per supportare i debitori (d’altronde la legge 3/2012 è nata anche per prevenire gesti estremi di disperazione, chiamata non a caso “salva suicidi”). Parlarne con amici fidati o con uno specialista aiuta a mantenere la lucidità. Ricorda: i debiti si possono risolvere, la tua vita e la tua serenità invece sono uniche e vanno preservate. Concentrati sul fatto che esiste una via d’uscita legale e che col tempo la situazione migliorerà.

In conclusione

Trovarsi con “troppi debiti” è senza dubbio un’esperienza difficile e logorante, ma come abbiamo visto la legge offre strumenti concreti per uscirne. In Italia, dall’introduzione della Legge 3/2012 in poi, si è affermato il principio che il debitore onesto, pur incolpevole o sfortunato, merita una seconda possibilità. Le procedure di sovraindebitamento e le soluzioni negoziali descritte in questa guida rappresentano un percorso di riabilitazione economica e sociale: attraverso di esse, migliaia di persone hanno già potuto cancellare i debiti insostenibili e tornare a guardare al futuro con speranza.

Ricordiamo i punti chiave emersi:

  • Esistono soluzioni legali differenti per diverse situazioni: dall’accordo stragiudiziale a saldo e stralcio (indicata se puoi pagare subito qualcosa) ai piani di rateizzazione (se hai redditi per sostenere pagamenti diluiti), fino alle procedure giudiziali di esdebitazione (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata, esdebitazione incapiente) per i casi più complessi. Questa varietà ti permette di scegliere lo strumento adatto al tuo profilo di debitore (consumatore, piccolo imprenditore, nullatenente, ecc.).
  • Non sei solo: figure come gli OCC, gli avvocati e i commercialisti specializzati possono prendere in mano con te la situazione e guidarti passo passo. Rivolgiti a loro con fiducia; hanno il know-how per trattare coi creditori e presentare al giudice un progetto credibile di risanamento. Spesso la differenza tra il successo e l’insuccesso sta proprio nel farsi assistere adeguatamente.
  • I creditori hanno limiti e doveri: pur se devi dei soldi, hai diritti e dignità che vanno rispettati. Nessuno può approfittare della tua condizione per abusare o infrangere la legge. Conoscere i tuoi diritti ti mette in grado di difenderti e di trattare da una posizione più forte. Anche le banche e le finanziarie, contrariamente a quanto si possa pensare, sono interessate a trovare soluzioni realistiche (meglio un piano approvato dal tribunale che un credito inesigibile in pancia). Non considerarli nemici da temere, ma controparti con cui negoziare nell’ambito delle regole.
  • La trasparenza e la correttezza premiano: se affronti la procedura con onestà, mostrando documenti e sacrificandoti per quanto possibile (versando ai creditori ciò che realisticamente puoi), troverai un sistema – giudiziario e umano – disposto a premiarti con la libertà dai debiti. Al contrario, se cerchi scorciatoie furbe, rischi di pregiudicare la fiducia e i benefici. Quindi abbi coraggio di mettere le carte in tavola: c’è sempre una soluzione, anche quando i numeri sembrano spaventosi.

Infine, un messaggio di incoraggiamento: liberarsi dai debiti è possibile. Può richiedere tempo, disciplina e il supporto giusto, ma migliaia di persone in Italia ce l’hanno fatta. Immagina il giorno in cui, dopo aver seguito il tuo piano o esserti liberato in liquidazione, potrai dire: “Ho chiuso con il passato, riparto da zero!”. Quello sarà il giorno in cui tutta la fatica sarà valsa la pena.

Non lasciare che i debiti definiscano chi sei. Con le informazioni, gli strumenti legali e i consigli pratici raccolti in questa guida, hai ora una mappa per orientarti fuori dalla crisi debitoria. Il viaggio potrebbe essere impegnativo, ma all’orizzonte c’è di nuovo la serenità finanziaria e personale. Troppi debiti non significano la fine: ci sono cose da fare e ci sono persone a cui rivolgersi.

Perché Affidarsi all’Avvocato Monardo se Hai Troppi Debiti da Privato

Quando i debiti personali diventano ingestibili – rate di prestiti, carte di credito, mutui, bollette, finanziamenti o cartelle esattoriali – la pressione economica può paralizzare ogni aspetto della tua vita.
Affidarsi subito all’Avvocato Giuseppe Monardo significa interrompere il circolo vizioso, difendere il tuo patrimonio e costruire un percorso reale di liberazione dai debiti.

Un Esperto in Sovraindebitamento Privato

L’Avvocato Monardo coordina una rete nazionale di avvocati e commercialisti esperti in diritto bancario, tributario e gestione della crisi da sovraindebitamento.
Conosce in profondità:

  • Le soluzioni legali previste dalla Legge 3/2012 aggiornata al 2025
  • Le procedure per bloccare pignoramenti, fermi e ipoteche
  • Le strategie per ridurre o cancellare definitivamente i debiti, anche senza pagare l’intero importo dovuto

Grazie alla sua esperienza, Monardo ti guida dalla crisi alla rinascita finanziaria, con una strategia su misura per la tua situazione.

Come Ti Aiuta Davvero Se Hai Troppi Debiti

Con l’Avvocato Monardo puoi:

  • Bloccare immediatamente azioni esecutive come pignoramenti del conto corrente o della pensione
  • Accedere alla procedura di sovraindebitamento (Piano del Consumatore, Liquidazione Controllata, Accordo di Composizione)
  • Ridurre sensibilmente l’importo dei debiti da pagare
  • Rateizzare i debiti in modo compatibile con le tue reali possibilità economiche
  • Ottenere l’esdebitazione: la cancellazione totale dei debiti residui, anche se non riesci a offrire nulla ai creditori
  • Difendere beni essenziali come la prima casa o l’auto necessaria per lavorare

Monardo cura personalmente ogni fase, assicurandoti massima tutela legale e umana.

Gestore della Crisi da Sovraindebitamento e OCC

Monardo è Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, iscritto ufficialmente al Ministero della Giustizia e fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC).
Questo significa che:

  • Può presentare direttamente la tua domanda al Tribunale
  • Accelera la procedura rispetto a chi non è abilitato
  • Garantisce correttezza, affidabilità e tempi rapidi per ottenere il risultato

Anche Se Non Hai Beni: Esdebitazione Dell’Incapiente

Se hai troppi debiti ma nessun reddito o patrimonio sufficiente, Monardo ti aiuterà a ottenere l’esdebitazione dell’incapiente, una delle novità della legge aggiornata al 2025.
Anche senza pagare nulla, potrai chiudere definitivamente i debiti e ricominciare una nuova vita libera dai creditori.

In conclusione

Troppi debiti da privato non sono la fine: sono un problema che può essere risolto.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa scegliere un esperto serio, umano e competente, capace di offrirti una strategia legale chiara e realistica per uscire dalla crisi.
Con Monardo, puoi difendere la tua dignità, proteggere i tuoi beni essenziali e ottenere finalmente la libertà finanziaria che meriti.

Qui di seguito tutti i contatti del nostro Studio Legale specializzato in cancellazione debiti:

Leggi con attenzione: Se stai affrontando difficoltà con il Fisco e hai bisogno di una rapida valutazione delle tue cartelle esattoriali e dei debiti, non esitare a contattarci. Siamo pronti ad aiutarti immediatamente! Scrivici su WhatsApp al numero 351.3169721 oppure inviaci un’e-mail all’indirizzo info@fattirimborsare.com. Ti ricontatteremo entro un’ora per offrirti supporto immediato.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Privacy and Consent by My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare.