Società Cancellata Con Debiti Fiscali: Cosa Fare E Come Difendersi

La cancellazione di una società dal Registro delle Imprese – specialmente nel caso di società di capitali come le S.r.l. – pone delicati problemi riguardo ai debiti fiscali residui. Quando una società viene estinta ma lascia imposte non pagate, occorre capire cosa accade a tali debiti e come gli ex soci e gli ex amministratori/liquidatori possano tutelarsi.

Ecco come fare in questa guida dettagliata di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti societari:

Effetti Fiscali della Cancellazione di una Società: Quali Sono

Dal punto di vista civilistico, la cancellazione di una società dal Registro delle Imprese produce l’estinzione della società stessa come soggetto giuridico. Ciò avviene anche se rimangono debiti non soddisfatti: la società, una volta cancellata, non esiste più e non può essere soggetto di nuovi rapporti giuridici. In particolare, l’art. 2495 del Codice Civile stabilisce che dopo l’approvazione del bilancio finale di liquidazione e la cancellazione, eventuali creditori insoddisfatti (tra cui il Fisco) possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, entro il limite di quanto questi hanno riscosso in liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento dei debiti sociali è dipeso da colpa di questi ultimi.

Tuttavia, in ambito fiscale esiste una disciplina peculiare che modifica temporaneamente gli effetti dell’estinzione della società. La normativa introdotta dall’art. 28, comma 4, del D.Lgs. 175/2014 prevede una sorta di “sopravvivenza fiscale” dell’ente estinto: ai soli fini tributari (accertamento, riscossione, contenzioso, ecc.), l’estinzione della società ha efficacia differita a cinque anni dalla cancellazione. In altri termini, fino a cinque anni dopo la domanda di cancellazione, l’Amministrazione finanziaria può continuare ad agire come se la società fosse ancora esistente per emettere e notificare atti fiscali.

Questa finzione giuridica è stata introdotta per evitare che il Fisco si trovi impossibilitato a recuperare imposte dovute solo perché la società si è estinta. Ad esempio, se a seguito di controlli emerge un’evasione o maggiore imposta non pagata riferita a periodi d’imposta antecedenti alla chiusura, l’Agenzia delle Entrate può comunque notificare avvisi di accertamento o altri atti intestati alla società (ormai estinta) entro cinque anni dalla cancellazione. Analogamente, l’Agente della Riscossione può notificare cartelle di pagamento o intimazioni entro lo stesso periodo.

È importante notare che questa estensione quinquennale degli effetti dell’estinzione opera solo per gli atti fiscali: civilmente la società rimane estinta, ma formalmente – limitatamente al rapporto col Fisco – viene considerata “in vita” per permettere la stabilizzazione delle pretese tributarie. Trascorsi i cinque anni dalla cancellazione, anche ai fini fiscali l’ente non può più essere destinatario di nuovi atti impositivi per obblighi non ancora accertati.

In sintesi: dopo la cancellazione, i debiti tributari della società non svaniscono. Restano dovuti e possono essere accertati e riscossi dal Fisco entro certi limiti temporali e secondo procedure particolari. Vediamo dunque su chi ricade la responsabilità di quei debiti e in che misura.

Quali Sono Le Responsabilità dei Soci per i Debiti Fiscali Residui

Quando una società con debiti fiscali irrisolti viene cancellata, i soci diventano i soggetti su cui, in certa misura, tali debiti possono gravare. In generale, per le società di capitali (come S.r.l. o S.p.A.) vige il principio della responsabilità limitata: i soci non rispondono con il proprio patrimonio personale delle obbligazioni sociali, salvo il caso di mala gestio o altre situazioni specifiche. Tuttavia, la cancellazione della società in presenza di debiti insoddisfatti attiva un meccanismo successorio: i soci succedono alla società estinta nei rapporti attivi e passivi non definiti, nei limiti previsti dalla legge.

In particolare, l’art. 2495 c.c. prevede espressamente che i creditori sociali insoddisfatti possano agire contro i soci “fino a concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione”. Ciò significa che ogni socio di una S.r.l. (o altra società di capitali) potrebbe dover pagare i debiti residui della società – inclusi quelli verso il Fisco – solo entro il limite di quanto eventualmente ricevuto in sede di liquidazione. Se un socio non ha ricevuto nulla dalla liquidazione (ad esempio perché la società non aveva patrimonio da distribuire), in teoria non dovrà corrispondere nulla ai creditori sociali. Se invece ha ricevuto, poniamo, 10.000 € di attivo di liquidazione, la sua responsabilità verso i debiti della società sarà al massimo di 10.000 €. Questo limita la sua esposizione, confermando il beneficio della responsabilità limitata, sebbene attenuato dalla necessità di soddisfare i creditori nei limiti dell’attivo distribuito.

Va sottolineato che la responsabilità dei soci non è solidale illimitata (come avviene invece per i soci di società di persone): ciascun socio risponde al più per la quota di attivo liquidato che ha incassato. In pratica, i creditori (incluso l’Erario) potrebbero chiedere a ogni singolo ex socio quanto ottenuto in liquidazione, ma non di più.

Un aspetto cruciale, emerso anche da recenti sviluppi giurisprudenziali, è che l’azione del Fisco nei confronti dei soci non dipende dall’aver questi percepito o meno somme dalla liquidazione. In sede di accertamento del debito tributario, l’Amministrazione finanziaria può comunque coinvolgere i soci come successori della società estinta. La Corte di Cassazione ha infatti chiarito che il Fisco può agire contro i soci di una società estinta per accertare e pretendere le imposte dovute, a prescindere dal fatto che essi abbiano ricevuto un attivo di liquidazione. In sostanza, la semplice estinzione dell’ente fa sì che i soci subentrino nei rapporti fiscali, quantomeno ai fini processuali: entro il limite dei cinque anni post-cancellazione, un eventuale contenzioso tributario riguardante la ex società vedrà coinvolti direttamente i soci (anziché la società, che non esiste più).

Naturalmente, il principio suesposto non significa che i soci pagheranno di tasca propria importi superiori a quanto incassato: significa piuttosto che, per determinare l’esistenza e l’ammontare del debito fiscale della società estinta, il Fisco può rivolgersi ai soci come eredi di quel debito. In sede di riscossione, poi, ciascun socio potrà essere chiamato a pagare nei limiti della sua responsabilità. Se non aveva ricevuto nulla in liquidazione, potrà far valere tale circostanza per evitare esborsi (vedremo più avanti come). In ogni caso, i soci sono gli interlocutori obbligati con cui il Fisco dovrà interfacciarsi una volta che la società non c’è più, per far sì che i debiti non restino impagati.

Riassumendo i punti chiave per i soci ex S.r.l.:

  • Dopo la cancellazione, i soci ereditano in via sussidiaria i debiti fiscali societari ancora pendenti.
  • La loro responsabilità è limitata: non oltre quanto ricevuto con il bilancio finale di liquidazione. Se non hanno ricevuto nulla, potranno opporre l’assenza di attivo percepito.
  • Il Fisco può notificare atti e coinvolgerli entro 5 anni dall’estinzione della società. Trascorso questo termine, nuove pretese non sono più azionabili (salvo atti già notificati in tempo).
  • In un eventuale giudizio tributario su imposte della società estinta, i soci sono considerati le controparti in luogo della società. Devono quindi attivarsi per difendere i propri interessi, perché un eventuale accertamento definitivo coinvolgerà poi loro per il pagamento.

Quali Sono Le Responsabilità di Amministratori e Liquidatori In Caso Di Debiti Fiscali

Oltre ai soci, un ruolo centrale nella fase di chiusura della società è rivestito dai liquidatori (e in certi casi dagli amministratori). La legge predispone specifiche norme per evitare che, al momento di liquidare e distribuire il patrimonio sociale, si trascurino i debiti verso il Fisco.

Obblighi del Liquidatore verso i Debiti Fiscali

Nel corso della liquidazione, il liquidatore ha il dovere di utilizzare le risorse della società per pagare i debiti sociali seguendo l’ordine delle prelazioni di legge, prima di distribuire alcunché ai soci. Tra questi debiti rientrano ovviamente anche i debiti tributari (imposte, sanzioni, interessi dovuti all’Erario). Se il liquidatore viola questo obbligo – ad esempio distribuendo attivo ai soci senza aver prima soddisfatto le imposte dovute – la normativa tributaria lo rende personalmente responsabile.

In particolare, l’art. 36 del D.P.R. 602/1973 (che disciplina la riscossione delle imposte) stabilisce che gli amministratori o liquidatori che nel corso della liquidazione hanno assegnato beni o somme ai soci senza aver pagato prima le imposte dovute dalla società, sono obbligati in solido al pagamento di quelle imposte (e relativi accessori), entro il limite del valore dei beni assegnati ai soci. In parole semplici: se il liquidatore ha distribuito 100 (tra denaro o beni) ai soci senza pagare un debito fiscale di 80, il Fisco potrà chiedere a lui quei 80 (fino a concorrenza di 100). Questo per evitare furbizie o negligenze nella chiusura della società.

Va evidenziato che la responsabilità del liquidatore non scatta automaticamente per il solo fatto che rimangono debiti fiscali non pagati, ma richiede una colpa nella gestione della liquidazione. Se, ad esempio, il liquidatore ha effettivamente impiegato tutto l’attivo disponibile per soddisfare (in buona fede e in ordine di prelazione) i creditori, ma i fondi non sono bastati a pagare l’Erario, e quindi non ha distribuito nulla ai soci, difficilmente potrà essergli imputata responsabilità personale. Invece, se aveva risorse per pagare le tasse e ha scelto di distribuirle ai soci o di destinarle altrove senza giusta causa, allora l’Amministrazione finanziaria potrà rivalersi su di lui.

Amministratori non liquidatori: Nel caso di società che si estinguono senza una vera e propria fase di liquidazione formale (ad esempio per fusione, o cancellazione d’ufficio), gli amministratori in carica al momento dell’estinzione potrebbero essere chiamati in causa secondo principi simili. In generale, se non vi è un liquidatore separato, gli obblighi di quest’ultimo in parte ricadono sugli amministratori che concludono la gestione sociale. Ad ogni modo, l’attenzione principale del Fisco si concentra sul ultimo liquidatore ufficiale, in quanto legale rappresentante della società durante la sua fase conclusiva e figura tenuta al pagamento dei debiti sociali con le risorse societarie.

Sanzioni amministrative e penali: Oltre al recupero delle imposte dovute, vanno considerate le sanzioni tributarie eventualmente contestate alla società. Queste, essendo obbligazioni di natura affine al tributo, seguono lo stesso destino: possono essere richieste ai soci (nei limiti di cui sopra) e al liquidatore se responsabile. La Cassazione ha anche affermato che i soci di società estinte possono essere destinatari delle sanzioni tributarie pendenti, dato che anch’esse rientrano tra le obbligazioni sociali trasferite in capo a loro post-estinzione. Sul fronte penale, se l’omesso versamento di imposte configura reati tributari (dichiarazione fraudolenta, omesso versamento IVA, ecc.), la responsabilità penale resta personale degli amministratori o di chi ha commesso il fatto, secondo le regole generali – ma questo esula dal nostro contesto civilistico/tributario e richiederebbe una trattazione a parte.

Come Funziona La Notifica degli Atti Fiscali dopo l’Estinzione Della Società

Come visto, nei cinque anni successivi alla cancellazione, l’Amministrazione finanziaria può emettere e notificare atti nei confronti della società estinta. Ma in concreto, come avvengono queste notifiche? E a chi?

  • Notifiche alla società (attraverso il liquidatore): Durante il periodo di “sopravvivenza fiscale” la società, sebbene estinta civilmente, viene considerata ancora come destinataria degli atti tributari. Pertanto, un avviso di accertamento potrà essere intestato alla società XYZ S.r.l. (estinta) e notificato presso l’ultimo domicilio fiscale conosciuto. Spesso la notifica viene effettuata all’ultimo legale rappresentante, ossia il liquidatore, in quanto soggetto che rappresentava la società fino alla cancellazione. Il liquidatore, anche dopo l’estinzione, conserva per legge la legittimazione a ricevere atti indirizzati alla società relativi a tributi (è consigliabile che il liquidatore mantenga attiva la PEC della società o un domicilio fiscale per quel quinquennio, per evitare notifiche irreperite). Secondo le norme sulla notifica degli atti tributari (es. art. 60 DPR 600/1973), se un soggetto non è più esistente, la notifica può avvenire presso l’ultima sede legale conosciuta: dunque, può darsi che l’avviso sia inviato a quell’indirizzo e ritirato dal liquidatore o, in mancanza, dagli eredi o da chi ne ha titolo.
  • Notifiche dirette ai soci: Parallelamente, nulla vieta al Fisco di inviare alcuni atti direttamente ai soci in qualità di successori. Ad esempio, potrebbe accadere che l’Agente della Riscossione notifichi una cartella di pagamento direttamente al socio per recuperare il tributo non pagato dalla società estinta. Più frequentemente, però, la sequenza è: primo, l’Agenzia emette un avviso di accertamento (atto impositivo) verso la società (entro 5 anni); secondo, se l’avviso diviene definitivo (per mancata impugnazione o esito del giudizio), tale debito va in riscossione coattiva e a quel punto le cartelle possono essere notificate agli ex soci. In alcuni casi l’avviso di accertamento viene contestualmente notificato anche ai soci per conoscenza, soprattutto se l’Ufficio fiscale è a conoscenza della cessazione della società: in tal modo i soci sono informati subito e possono partecipare all’eventuale fase di impugnazione.
  • Termini da rispettare: La notifica di nuovi accertamenti riguardanti la società deve comunque rispettare i termini di legge ordinari (di solito entro il 5° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, o il 7° se dichiarazione omessa, salvo raddoppi dei termini in caso di reati tributari). Il fatto che la società sia estinta non allunga i termini “ordinari” dell’accertamento fiscale, ma la norma speciale dei 5 anni dalla cancellazione costituisce un ulteriore vincolo. In pratica, il Fisco ha due limiti temporali da rispettare: quello generale dell’accertamento per l’annualità in questione e quello particolare di agire entro cinque anni dall’estinzione. Deve quindi muoversi entro il più restrittivo di questi termini. Ad esempio, se una S.r.l. ha chiuso nel 2023, l’ufficio potrà notificare accertamenti fino al 2028 (5 anni dopo) solo se i termini ordinari di accertamento per le annualità contestate arrivano almeno fino a quella data; se invece il termine ordinario scade prima, dovrà rispettare quello (es.: annualità 2017 accertabile fino al 31/12/2024, quindi entro fine 2024 anche se i 5 anni estinguerebbero la società nel 2028).
  • Dopo i cinque anni: Trascorso il quinquennio dalla cancellazione, la società è considerata definitivamente estinta anche per il Fisco. Ciò implica che eventuali atti intestati alla società notificati oltre tale lasso di tempo saranno giuridicamente nulli (notificati a un soggetto inesistente). Inoltre, se entro quei cinque anni il Fisco non ha fatto alcuna azione, il recupero dei tributi insoluti diventa molto difficile: i crediti tributari non ancora accertati nei confronti della società estinta si estincono per decadenza. I creditori potrebbero ancora tentare un’azione civilistica diretta verso i soci (ad esempio un’azione ex art. 2495 c.c.), ma l’Erario di solito si attiene agli strumenti tributari; superato il periodo di “sopravvivenza”, di regola decade dalla possibilità di emettere nuovi accertamenti o di iscrivere a ruolo quei debiti.

Riassumendo, in caso di società cancellata con debiti fiscali, è probabile che gli ex soci e il liquidatore si vedano recapitare atti come:

  • Avvisi di accertamento intestati alla società (entro 5 anni), notificati per il tramite del liquidatore o presso la vecchia sede;
  • Cartelle esattoriali per il pagamento, indirizzate alla società (sempre entro 5 anni) ma di fatto consegnate al liquidatore, oppure intestate direttamente ai singoli soci per la quota di loro spettanza;
  • Comunicazioni o solleciti dall’Agenzia delle Entrate o dall’Agente della Riscossione rivolti agli ex soci, che li informano del debito e chiedono il pagamento volontario prima di passare a misure coattive (fermi amministrativi, ipoteche, pignoramenti, ecc., nei limiti delle responsabilità).

Di fronte a tali atti, i soggetti interessati hanno diversi strumenti di difesa a disposizione, che esaminiamo nella sezione seguente.

Come Difendersi Dai Debiti Fiscali: Strumenti di Tutela per Soci e Liquidatori

Affrontare pretese fiscali relative a una società ormai estinta richiede tempestività e cognizione dei propri diritti. Ecco le principali modalità di difesa e opposizione che un ex socio o liquidatore può mettere in campo:

Opposizione agli Atti Impositivi (Ricorso in Commissione/Tribunale Tributario)

Il primo baluardo difensivo è il ricorso tributario contro gli atti emessi dall’Amministrazione finanziaria. Se viene notificato un avviso di accertamento (o un altro atto impositivo, come un avviso di liquidazione o sanzioni) riguardante la società estinta, occorre valutare l’opportunità di impugnarlo davanti alla giustizia tributaria.

  • Chi può fare ricorso: Formalmente, l’intestatario dell’atto è la società (in persona del liquidatore). In pratica, però, essendo la società estinta, i soci (e il liquidatore, se distinto) hanno interesse e legittimazione a ricorrere. È consigliabile che il ricorso venga presentato sia a nome della società (tramite il suo ex liquidatore, ultimo legale rappresentante) sia a nome degli ex soci personalmente, in qualità di successori e coobbligati. Questo per evitare eccezioni di inammissibilità: alcune commissioni accettano il ricorso presentato dalla società estinta come validamente proposto dal liquidatore entro i 5 anni; altre ritengono che gli unici soggetti legittimati siano i soci successori. Presentando ricorso congiunto (società + soci), ci si tutela in ogni caso.
  • Termini e modalità: Il ricorso va presentato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto (termine ordinario previsto dal D.Lgs. 546/1992). Bisogna predisporre un ricorso scritto, indicando i motivi per cui si contesta l’atto, e depositarlo presso la competente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado (nuova denominazione delle ex Commissioni Tributarie Provinciali). È necessaria la assistenza di un difensore abilitato (di regola un avvocato tributarista o un commercialista abilitato alle difese tributarie) se il valore della lite supera € 3.000. Nel ricorso si potrà chiedere, oltre all’annullamento dell’accertamento, anche la cancellazione di eventuali iscrizioni a ruolo collegate.
  • Effetti del ricorso: Impugnando tempestivamente l’atto impositivo, si sospende la definitività della pretesa fiscale finché la questione non sarà decisa dal giudice. Questo è fondamentale perché, in mancanza di ricorso, l’accertamento diventa definitivo e il debito viene iscritto a ruolo, con il rischio che le cartelle vengano emesse contro i soci. Se invece il ricorso è pendente, ogni azione esecutiva (inclusa l’emissione di cartelle) deve attendere esito o eventualmente si può chiedere una sospensione specifica.

In sintesi, presentare ricorso permette di far valere le proprie ragioni davanti a un giudice terzo, contestando sia il merito (es. l’inesistenza del debito, errori di calcolo, errata applicazione di norme) sia la legittimità dell’atto (es. tardività della notifica, nullità perché la società era già estinta e non è stata correttamente coinvolta, ecc.). È il momento in cui sollevare tutte le eccezioni utili, di cui alcune approfondiamo qui sotto.

Eccezione di Decadenza e Difetto di Notifica

Una delle difese più efficaci in questi casi è verificare se l’atto fiscale è stato emesso tardivamente o notificato in modo non conforme alle regole speciali previste. In particolare:

  • Decadenza 5 anni post-cancellazione: Come discusso, il Fisco deve agire entro 5 anni dalla cancellazione. Se, ad esempio, la società è stata cancellata il 10 gennaio 2018, qualunque avviso intestato alla società dev’essere notificato entro il 10 gennaio 2023. Se arriva dopo, viola l’art. 28 D.Lgs. 175/2014 ed è suscettibile di annullamento per intervenuta decadenza del potere accertativo. Nel ricorso si potrà eccepire che l’atto è stato notificato oltre il termine quinquennale dalla cessazione del soggetto passivo, e quindi va annullato perché emanato verso un soggetto ormai inesistente (senza più la “protezione” della fictio di legge, scaduta).
  • Decadenza dei termini ordinari: Oltre al vincolo dei 5 anni, va controllato anche il termine di decadenza proprio dell’anno d’imposta in contestazione. Può capitare che l’Ufficio, magari concentrato sul calcolo dei 5 anni dall’estinzione, trascuro il termine di accertamento. Ad esempio, se si notifica nel 2025 un accertamento relativo all’anno d’imposta 2017, occorre vedere se la dichiarazione 2018 (redditi 2017) era stata presentata; se sì, il termine ordinario scadeva al 31 dicembre 2022 (quarto anno successivo, prorogato al quinto da recenti riforme). Un’accertamento nel 2025 sarebbe decaduto perché oltre il termine. Questa eccezione va sempre sollevata se applicabile, poiché comporta l’annullamento totale dell’atto per decadenza del potere impositivo.
  • Vizi di notifica: Un altro profilo difensivo è l’eventuale irregolarità nella notifica dell’atto. Ad esempio, se l’avviso di accertamento è stato notificato solo alla società estinta inviandolo a un vecchio indirizzo dove nessuno lo ha ritirato (magari perché il liquidatore aveva cambiato domicilio e non ha avuto conoscenza della notifica), si può eccepire la nullità della notifica. Secondo la giurisprudenza, nel periodo dei 5 anni l’atto può sì essere notificato all’ultimo domicilio fiscale, ma in pratica occorre che raggiunga il liquidatore o i soci per poter essere effettivo. Se ciò non è avvenuto (notifica irreperita, o vizi formali nella relazione di notifica), si potrà sostenere che l’atto non è stato validamente notificato e quindi non è efficace. Attenzione: queste eccezioni tecniche richiedono un’analisi accurata delle modalità di notifica (PEC, posta, deposito, ecc.) e vanno affidate preferibilmente a un legale, perché spesso l’Agente della Riscossione tenderà comunque a procedere finché un giudice non annulla l’atto.

In generale, far valere la decadenza (cioè l’intervenuta scadenza dei termini per l’accertamento) è una difesa vincente per definizione, in quanto evita di discutere il merito: se l’atto è fuori termine, il debito non può più essere legalmente richiesto. Allo stesso modo, un vizio di notifica grave impedisce all’atto di produrre effetti. Queste sono dunque le prime cose da verificare con attenzione quando si riceve una contestazione fiscale post-estinzione.

Insussistenza della Responsabilità Personale (Nessun Attivo di Liquidazione)

Un altro pilastro della difesa è dimostrare che, anche ammesso che il debito tributario della ex società sia valido, non sussistono i presupposti per richiederlo al singolo individuo (socio o liquidatore) coinvolto. In particolare per i soci, come spiegato, la responsabilità è limitata all’attivo di liquidazione ricevuto. Quindi:

  • Il socio ha incassato qualcosa? Se no, occorre provare tale circostanza. In pratica, si dovrà esibire il bilancio finale di liquidazione dal quale risulti che nulla è stato distribuito ai soci (oppure un certificato del liquidatore che attesti la mancanza di attivo ripartibile). Se la società si è chiusa in perdita o a zero, il socio può sostenere di non essere debitore di nulla verso il Fisco, neppure in via sussidiaria. Questa difesa può essere sollevata sia in sede di ricorso tributario sia, se si arriva a una fase di riscossione forzata, tramite opposizione all’esecuzione. Dimostrando documentalmente che il socio non ha mai percepito utili di liquidazione, l’atto di riscossione nei suoi confronti dovrebbe essere annullato per inesistenza del presupposto della sua responsabilità.
  • Il socio ha incassato meno del debito richiesto? Se sì, la sua responsabilità massima corrisponde a quell’importo. Ad esempio, debito fiscale €50.000, ma il socio Tizio in liquidazione ha ricevuto €20.000: egli dovrà rispondere al massimo per €20.000. Nel ricorso si potrà chiedere di ridurre la pretesa pro quota, oppure in sede di trattativa con l’Agente di Riscossione si potrà evidenziare che oltre tale soglia l’azione esecutiva sarebbe illegittima. Anche qui, il bilancio finale di liquidazione e la ripartizione ai soci sono prove fondamentali.
  • Pluralità di soci: se vi sono più soci che hanno ricevuto attivo, ognuno risponde nei limiti della propria parte. Il Fisco potrebbe notificare a ciascuno l’intero importo (specialmente se non è chiaro quanto ciascuno abbia avuto), ma poi in giudizio andrà suddiviso. È buona prassi, se si arriva a litigare su questo, che i soci facciano fronte comune e depositino tutti la documentazione di liquidazione, in modo da ripartire correttamente l’eventuale pagamento dovuto.

Per quanto riguarda il liquidatore, la sua difesa consisterà nel dimostrare che non vi è stata colpa da parte sua nella mancata soddisfazione del debito tributario. Se ad esempio il liquidatore può provare che durante la liquidazione:

  • Il patrimonio sociale era insufficiente a pagare tutti i creditori privilegiati (e magari il Fisco era un creditore chirografario rimasto insoddisfatto insieme ad altri);
  • Oppure che egli ha eseguito pagamenti in buona fede seguendo graduatorie legali (ad esempio pagando dipendenti, INPS, banca ipotecaria, ecc., prima delle imposte, e poi l’attivo è finito);
  • Oppure ancora che l’avviso di accertamento del Fisco è arrivato dopo che la liquidazione era chiusa e la distribuzione già fatta, quindi non poteva saperlo al momento;

ebbene, in tutti questi casi il liquidatore potrà sostenere che non può essergli imputata alcuna responsabilità personale, non avendo violato i suoi doveri. Anche qui, documenti come il piano di riparto, le quietanze dei pagamenti ai creditori, la corrispondenza col Fisco durante la liquidazione, possono aiutare a ricostruire la correttezza del suo operato.

Altri Strumenti Per Difendersi Dai Debiti Fiscali Di Una Società Estinta

Oltre al ricorso giudiziario e alle eccezioni legali, esistono altri strumenti pratici che l’ex socio o amministratore può utilizzare per difendersi o per gestire al meglio la situazione:

  • Comunicazione e dialogo con l’Agenzia delle Entrate: Spesso è utile, non appena si prende atto di una possibile pretesa fiscale (ad esempio arriva una comunicazione o si scopre un debito a carico della società estinta), inviare una comunicazione scritta all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate e/o all’Agente della Riscossione. In questa lettera (di cui proponiamo un modello più avanti) si può informare l’Amministrazione dell’avvenuta estinzione della società, riportare gli estremi della cancellazione e dei documenti di liquidazione, e dichiarare la propria posizione (ad esempio: “in qualità di ex socio non ho ricevuto nulla in sede di liquidazione, pertanto ai sensi dell’art. 2495 c.c. non sono tenuto al pagamento dei debiti sociali”). Talvolta questa iniziativa può indurre il Fisco a riesaminare la pratica e, se effettivamente c’è stato un errore (ad esempio tentare di riscuotere da un socio che nulla aveva avuto), procedere con un annullamento in autotutela o con lo sgravio della cartella. Anche se l’Ufficio non annulla l’atto, la comunicazione mette nero su bianco la vostra posizione, utile in eventuali sviluppi futuri.
  • Istanza di autotutela: Si tratta di una richiesta formale all’Amministrazione di annullare o rettificare un atto ritenuto illegittimo o infondato, senza attendere il giudizio. Nel nostro contesto, un’istanza di autotutela ben motivata potrebbe far leva, ad esempio, sulla mancata responsabilità del socio (assenza di attivo percepito) o sulla tardività della notifica, invitando l’Ufficio a prendere atto dell’errore e annullare l’accertamento o la cartella. L’istanza va indirizzata all’ente che ha emesso l’atto (Agenzia delle Entrate per un avviso di accertamento; Agenzia Entrate-Riscossione per una cartella esattoriale) e idealmente presentata prima di dover ricorrere (ma comunque in aggiunta, non in sostituzione, al ricorso, se i termini stringono: non bisogna far scadere i termini di ricorso in attesa di autotutela). L’autotutela è discrezionale per l’ente: se riconosce l’errore può annullare rapidamente l’atto, altrimenti può ignorare l’istanza, nel qual caso servirà il giudice.
  • Sospensione della riscossione: Se vi è già una cartella esattoriale a carico del socio/liquidatore e si è avviato un ricorso, è possibile chiedere la sospensione dell’esecuzione sia in via giudiziale (al giudice tributario, con apposita istanza cautelare da presentare insieme al ricorso) sia in via amministrativa all’Agente della Riscossione. Quest’ultimo, su presentazione della copia del ricorso e se riconosce che c’è un fondamento, può sospendere volontariamente la riscossione in attesa del verdetto (sospensione amministrativa). In ogni caso, ottenendo la sospensione, ci si protegge temporaneamente da azioni come pignoramenti o fermi finché la questione non è risolta.
  • Prescrizione del debito tributario: In uno scenario di più lungo termine, se per qualche ragione un debito fiscale della società è rimasto a carico del socio e l’Agente della Riscossione non procede attivamente (ad esempio, non notifica solleciti o atti interruttivi per molti anni), potrebbe maturare la prescrizione della cartella. In genere le cartelle esattoriali si prescrivono in 5 anni (salvo alcune eccezioni). Dunque, se trascorrono 5 anni dall’ultima notifica senza ulteriori atti, il socio potrebbe eccepire la prescrizione in caso di tentata riscossione tardiva. Questo però è un aspetto più tecnico e richiede prudenza – è sempre meglio farsi confermare da un legale se effettivamente il termine di prescrizione è decorso, prima di cantare vittoria.
  • Conciliazione o definizione agevolata: Se il debito fiscale contestato è fondato e magari di ammontare non esagerato, valutate anche l’opportunità di chiudere la vertenza con gli strumenti deflattivi messi a disposizione dal legislatore. Ad esempio, le normative recenti spesso introducono misure di “definizione agevolata” delle liti fiscali pendenti o delle cartelle (saldo e stralcio, rottamazione). In caso di cartelle esattoriali, verificate se rientrano in qualche rottamazione: questo potrebbe permettervi di pagare il dovuto (nei limiti della vostra responsabilità) scontando sanzioni e interessi. In caso di accertamento impugnato, potete valutare una conciliazione giudiziale con l’Ufficio o un accordo di mediazione se i margini lo consentono, magari riconoscendo una parte del dovuto e chiudendo la questione in via transattiva. Queste scelte dipendono molto dal merito della vicenda e dalle cifre in ballo, ma ricordiamo che l’obiettivo primario di questa guida è fornire strumenti per difendersi qualora non si ritenga dovuto quanto richiesto.

Cosa Fare Se Una Società Cancellata Ha Debiti Fiscali

Di fronte alla problematica di debiti fiscali di una società cancellata, suggeriamo di seguire un percorso logico e operativo per gestire al meglio la situazione. Ecco i passi pratici da intraprendere:

  1. Raccogliere la documentazione chiave: reperite subito tutti i documenti relativi alla società e alla sua estinzione. In particolare: visura camerale o certificato di cancellazione dal Registro Imprese (riporta la data di estinzione), bilancio finale di liquidazione depositato (con evidenza dell’eventuale attivo distribuito ai soci), eventuali verbali dell’assemblea finale, generalità del liquidatore e dei soci all’epoca della chiusura. Inoltre, raccogliete eventuali comunicazioni già ricevute dal Fisco (avvisi, lettere, cartelle) riguardanti la società dopo la cancellazione. Questa documentazione sarà fondamentale sia per dialogare con l’Agenzia, sia per predisporre un’eventuale difesa in giudizio.
  2. Verificare la natura delle pretese fiscali: capire esattamente cosa viene richiesto e perché. È un avviso di accertamento per maggiori imposte relative a un certo anno? Oppure una cartella per imposte dichiarate ma non versate? O magari una sanzione? Identificare l’atto (e l’anno d’imposta o la causa) aiuta a valutare se la pretesa è corretta o se ci sono errori. Ad esempio, potreste scoprire che si tratta di una cartella per IVA non versata nel 20XX: in tal caso, controllate se quell’IVA risulta effettivamente non pagata o se magari fu versata e c’è un disguido. Oppure potrebbe essere un accertamento per redditi non dichiarati: bisognerà allora analizzare il merito (la società doveva quelle imposte?) oltre agli aspetti procedurali.
  3. Calcolare i termini: una volta noti gli atti, calcolate le scadenze. Se c’è un avviso notificato, annotate la data di notifica e conteggiate 60 giorni per il ricorso. Se c’è una cartella, valutate quando è stata notificata e se un eventuale ricorso è ancora proponibile (in alcuni casi, le cartelle si possono impugnare entro 60 giorni per vizi propri, ad esempio se non precedute da atto impositivo valido). Segnate anche la data di cancellazione della società e verificate se l’atto è dentro o fuori il quinquennio. Tutto ciò servirà a decidere le mosse successive senza perdere diritti per decorrenza dei termini.
  4. Consultare un esperto: se l’importo in gioco non è trascurabile, è altamente consigliabile rivolgervi a un professionista esperto di diritto tributario (un avvocato tributarista o un commercialista abilitato). I casi di società estinte con debiti fiscali presentano tecnicismi particolari e recente giurisprudenza: un esperto saprà individuare subito i punti deboli della pretesa fiscale e suggerirvi la strategia migliore (ad esempio quali eccezioni sollevare, come formulare il ricorso, ecc.). Inoltre, se avete tempo limitato, un professionista può predisporre rapidamente gli atti necessari. Considerate che, se il valore supera €3.000, in giudizio l’assistenza tecnica è obbligatoria.
  5. Inviare una comunicazione all’Agenzia delle Entrate: indipendentemente dall’eventuale ricorso, preparate e inviate una lettera all’Agenzia delle Entrate (e per conoscenza ad Agenzia Entrate-Riscossione se il problema è la riscossione) in cui esponete la situazione. Nel paragrafo successivo trovate un modello pratico. Questo passaggio non è obbligatorio ma è utile: serve sia a cercare di risolvere bonariamente (se siete fortunati) sia a documentare formalmente la vostra posizione. Inviate la comunicazione preferibilmente via PEC, così da avere prova di consegna immediata, oppure via raccomandata A/R.
  6. Predisporre il ricorso (se necessario): se dall’analisi dei termini al punto 3 emerge che dovete fare ricorso contro un atto, non attendete oltre. Iniziate a prepararlo o incaricate il professionista di farlo. Il ricorso deve contenere: estremi dell’atto impugnato, indicazione della vostra qualità (ex socio, ex liquidatore) e perché siete legittimati, una narrativa dei fatti (cancellazione della società, ecc.), i motivi di diritto per cui l’atto è illegittimo (qui rientrano le eccezioni di decadenza, inesistenza di responsabilità, ecc.), e le conclusioni (richiesta di annullare l’atto). Allegare la documentazione raccolta (soprattutto quella su cancellazione e liquidazione). Presentatelo entro il termine previsto, seguendo le modalità telematiche o cartacee vigenti.
  7. Seguire l’iter e le eventuali contromosse: dopo aver presentato ricorso, monitorate la situazione. L’ente potrebbe rispondere con una costituzione in giudizio dove magari fornisce chiarimenti: ad esempio potrebbe sostenere che i soci hanno preso tot soldi, oppure che la notifica è stata regolare. In tal caso, preparatevi a controbattere con ulteriori memorie o documenti. Se, nonostante il ricorso, doveste ricevere qualche atto di riscossione (pignoramento, ecc.), informate subito il giudice depositando un’istanza di sospensione, perché in pendenza di giudizio l’esecuzione non dovrebbe proseguire.
  8. Valutare soluzioni transattive o pagamento parziale: Nel corso del contenzioso, tenete sempre aperta una porta a eventuali soluzioni alternative. Se vi rendete conto che una parte del debito era effettivamente dovuta, e magari l’Agenzia si mostra disponibile a trattare, potreste proporre un pagamento pari a quanto ricevuto in liquidazione (se l’avete ricevuto) a saldo della vostra posizione. In certi casi, definire la questione rapidamente pagando il dovuto (se sostenibile) può convenire per chiudere ogni strascico. Ciò va ponderato con cura e negoziato preferibilmente tramite il vostro legale.

In sostanza, l’approccio pratico deve essere proattivo e organizzato: documentarsi, rispettare i termini, comunicare col Fisco, e far valere con decisione i propri diritti attraverso gli strumenti legali. Procediamo ora a fornire un esempio concreto di comunicazione scritta da inviare all’Amministrazione finanziaria.

Modello di Comunicazione all’Agenzia delle Entrate Da Cui Prendere Spunto

Di seguito proponiamo un modello di lettera (o PEC) che un ex socio o liquidatore può inviare all’Agenzia delle Entrate per chiarire la propria posizione riguardo ai debiti fiscali di una società estinta. Si tratta di uno schema generico da adattare al caso specifico (inserendo i propri dati, quelli della società e gli estremi dei debiti/atti ricevuti):

[Mittente: Nome e Cognome]
[Indirizzo]
[Codice Fiscale]
[Recapiti: telefono, e-mail/PEC]

Destinatario:
Agenzia delle Entrate – Ufficio/Direzione Provinciale di [_]
[Indirizzo PEC dell’ufficio competente]

e p.c.
Agenzia delle Entrate – Riscossione
[PEC o indirizzo se rilevante]

Oggetto: Società [Nome Società S.r.l.] – P. IVA/C.F. [_] – cancellata dal Registro Imprese il [data].
Richiesta di chiarimenti/annullamento in autotutela riguardo a debiti tributari pendenti.

Testo della comunicazione:

Spett.le Agenzia delle Entrate,

il sottoscritto [Nome Cognome], C.F. [], residente in [], nella sua qualità di ex socio [e/o liquidatore] della società [Nome Società S.r.l.], C.F./P.IVA [_], con la presente intende portare alla Vostra attenzione quanto segue.

In data [] la società [Nome Società S.r.l.] è stata cancellata dal Registro delle Imprese di [], a seguito della conclusione della liquidazione. Dalla documentazione di bilancio finale di liquidazione risulta che [non è stato distribuito alcun attivo ai soci] / [è stata distribuita ai soci la somma complessiva di € , di cui € allo scrivente]. (Si allega copia del bilancio finale di liquidazione e del certificato di cancellazione).

Successivamente alla predetta estinzione, il sottoscritto ha ricevuto in data [] la notifica di [indicare atto ricevuto, es. cartella di pagamento n. emessa da Agenzia Entrate-Riscossione], riferita a [breve descrizione, es. imposte IVA 20XX non versate dalla società], per un importo di € .

Con la presente, desidero evidenziare che qualsiasi pretesa tributaria nei confronti della società estinta deve tener conto dei limiti di responsabilità stabiliti dalla legge in capo agli ex soci e al liquidatore. In particolare, ai sensi dell’art. 2495 c.c., i soci rispondono dei debiti sociali solo entro il limite di quanto riscosso in sede di liquidazione, mentre il liquidatore risponde nei limiti dell’attivo distribuito e solo in caso di violazione dei suoi obblighi di pagamento dei debiti sociali.

Nel caso in esame, tenuto conto che [il sottoscritto non ha ricevuto alcuna somma in sede di liquidazione] [ovvero: ha ricevuto € ], si ritiene che non sussista alcun obbligo di pagamento a carico del sottoscritto (ovvero: l’eventuale obbligazione del sottoscritto verso l’Erario sia limitata a € , già ampiamente inferiore rispetto all’importo richiesto).

Si chiede pertanto a codesta spettabile Agenzia:

  • di voler verificare la situazione tributaria della società [Nome Società] alla luce della sua intervenuta estinzione;
  • di annullare in autotutela o comunque sgravare l’atto sopra indicato ([specificare: avviso/cartella]), in quanto emesso nei confronti di un soggetto cessato e rivolto impropriamente al sottoscritto senza considerare i vincoli normativi citati;
  • in subordine, di rideterminare la pretesa entro i limiti di legge, esonerando il sottoscritto da ogni importo eccedente.

Resto a disposizione per ogni ulteriore chiarimento e invio in allegato la documentazione comprovante quanto affermato.

Confidando in un positivo e sollecito riscontro, porgo distinti saluti.

[Firma]

Allegati:

  • Certificato di cancellazione dal Registro Imprese della [Nome Società S.r.l.]
  • Copia Bilancio finale di liquidazione della società
  • [Eventuale] Copia dell’atto ricevuto (cartella/avviso)
  • [Altro documento utile]

Note: Questa comunicazione va personalizzata accuratamente. Se non avete ricevuto ancora alcun atto ma volete “giocare d’anticipo” (ad esempio sapete di un debito a ruolo non ancora notificato), potete omettere il riferimento a una cartella e chiedere semplicemente un riscontro sullo stato dei debiti della società estinta. È opportuno inviare la lettera via PEC, conservando le ricevute, oppure tramite raccomandata A/R. In caso di invio a mezzo PEC, inserite l’oggetto chiaramente (es. “Istanza di autotutela Società X estinta – C.F…”) e firmate digitalmente il PDF della lettera con gli allegati, se possibile.

Questa comunicazione non garantisce automaticamente l’annullamento del debito, ma costituisce un passaggio formale importante. L’Agenzia potrebbe accogliere l’istanza, oppure rispondere negativamente (es. motivando che secondo loro il socio è tenuto al pagamento): in tal caso, la questione dovrà essere decisa in sede giudiziaria. Ad ogni modo, avere inviato questa richiesta mostra la vostra buona fede e vi mette in una posizione migliore per dimostrare di aver avvisato per tempo l’ente delle vostre ragioni.

Novità Normative e di Prassi In Caso di Società Estinte Con Debiti Tributari

Negli ultimi anni ci sono state importanti conferme normative e interpretative sulla questione delle società estinte con debiti tributari. Ricapitoliamo le novità principali integrate in quanto esposto:

  • Estensione di 5 anni (D.Lgs. 175/2014): Introdotta a fine 2014, questa norma ha cambiato il panorama applicativo, consentendo al Fisco di agire entro cinque anni dalla cancellazione. La Corte Costituzionale, sentenza n. 142/2020, ha dichiarato legittima tale finzione giuridica, ritenendola coerente col sistema tributario, in analogia a quanto avviene per gli eredi delle persone fisiche (dove è consentita la notifica di atti intestati al defunto agli eredi impersonalmente). Pertanto, oggi è pacifico che l’Agenzia delle Entrate possa notificare atti a nome della società defunta entro il quinquennio.
  • Giurisprudenza di Cassazione 2018-2023: La Corte di Cassazione, con varie pronunce (anche a Sezioni Unite nel 2017, e più di recente con sentenze nel 2020, 2021 e la n. 38130/2022 citata) ha delineato con maggior precisione i confini della responsabilità di soci e liquidatori. In particolare, ha ribadito che la norma del 2014 non elimina la “successione” dei soci nei debiti sociali: anche dopo l’entrata in vigore di tale norma, i soci restano successori e legittimati passivi per le obbligazioni tributarie della società estinta. Inoltre, la Cassazione ha affermato in modo chiaro che non è necessario aver percepito somme per essere coinvolti: la percezione di attivo rileva per il quantum da pagare, ma non per l’esistenza della legittimazione passiva. Questa interpretazione ha chiarito eventuali dubbi: un socio non può opporre, per bloccare l’accertamento, di non aver avuto denaro in liquidazione; potrà semmai opporlo in sede di escussione dell’obbligazione.
  • Prassi amministrativa dell’Agenzia: L’Agenzia delle Entrate ha recepito tali principi. Pur non essendoci (a conoscenza) circolari esplicative rivolte al pubblico specifiche su questo tema post-2014, tramite le proprie pubblicazioni (ad esempio sulla rivista FiscoOggi e le direttive interne) ha confermato l’intendimento di agire in giudizio contro i soci entro i 5 anni e di ritenere comunque il liquidatore riferimento per le notifiche. Si segnala inoltre che l’Agenzia Entrate-Riscossione, nelle sue linee guida interne, prevede la possibilità di iscrivere a ruolo coattivamente i soci per i debiti della società estinta, proprio in virtù dell’art. 2495 c.c. e delle pronunce di legittimità, richiedendo tuttavia agli uffici di verificare l’importo dell’attivo di liquidazione spettante a ciascun socio (ad esempio tramite accesso al bilancio finale depositato). Ciò a tutela di una corretta quantificazione della pretesa.
  • Riforma della Giustizia Tributaria 2022: Un cambiamento di contesto recente (DLgs. 2 dicembre 2022 n.149) ha riformato la giustizia tributaria, rinominando le Commissioni Tributarie in Corti di Giustizia Tributaria e introducendo maggiori garanzie di terzietà dei giudici. Questo indirettamente rileva perché chi si trova a fare ricorso oggi troverà un sistema leggermente rinnovato; tuttavia, le regole processuali (come i 60 giorni per il ricorso, l’obbligo di difensore oltre €3.000 ecc.) restano le medesime. È comunque un segnale di attenzione del legislatore verso la materia tributaria, che può far sperare in iter processuali più equi e bilanciati anche per casi come quelli trattati qui.

In conclusione, il quadro normativo attuale tutela sì l’Erario – permettendogli di perseguire i debiti delle società estinte – ma al contempo delimita rigorosamente le responsabilità personali di soci e liquidatori. Le ultime novità hanno stabilizzato i principi applicabili, fornendo certezza sulle tempistiche (5 anni) e sui limiti di obbligazione (attivo di liquidazione). Chi si trova coinvolto in situazioni del genere deve conoscere questi aggiornamenti per far valere i propri diritti con efficacia.

Conclusioni e Consigli Finali Per Affrontare Un Debito Fiscale Rimasto Pendente Dopo La Cancellazione Di Una Società

Affrontare un debito fiscale rimasto pendente dopo la cancellazione di una società è un compito complesso, ma con la giusta conoscenza e assistenza è possibile difendersi in modo efficace. Ricapitolando gli elementi salienti:

  • Informarsi e agire tempestivamente: non ignorate mai le comunicazioni del Fisco relative a una società estinta, pensando che “tanto la società non esiste più”. La legge permette al Fisco di procedere, quindi attivatevi subito, raccogliete documenti e verificate i termini per reagire. La tempestività può fare la differenza tra risolvere la questione e vedersi pignorare somme sul conto.
  • Far valere i propri diritti: ricordate che come ex socio il vostro rischio è limitato; come liquidatore, rispondete solo se avete commesso irregolarità. Fate valere questi punti con decisione, sia nelle comunicazioni con gli uffici sia (soprattutto) davanti al giudice tributario. Non abbiate remore a sollevare eccezioni formali (decadenza, vizi di notifica) – sono spesso risolutive.
  • Usufruire degli strumenti a disposizione: il sistema offre vari strumenti – dal ricorso, all’autotutela, alla sospensione, fino alle definizioni agevolate – che possono mitigare o eliminare la pretesa fiscale. Valutate caso per caso quali utilizzare, magari con l’aiuto di un consulente.
  • Conservare la documentazione: tenete sempre traccia scritta di tutto: ricevute PEC, protocolli delle istanze inviate, copie dei ricorsi, ecc. In caso di contestazioni successive, poter dimostrare di aver comunicato certi fatti o di aver depositato un ricorso può salvarvi da situazioni spiacevoli (come iscrizioni a ruolo indebite per mancata conoscenza di un ricorso da parte dell’Agente).
  • Chiedere aiuto professionale se necessario: il supporto di un professionista esperto in diritto tributario è prezioso in queste situazioni. Vi aiuterà non solo a preparare correttamente gli atti, ma anche a negoziare col Fisco se possibile, e a evitare passi falsi. Valutate questo investimento soprattutto se le somme in gioco sono rilevanti o se il caso presenta complicazioni (ad esempio più annualità coinvolte, cartelle già notificate, necessità di coordinare la difesa tra più soci, ecc.).

In definitiva, società cancellata non significa debito cancellato, ma la legge offre vari scudi protettivi per soci e amministratori diligenti. Conoscere questi meccanismi è il primo passo per non farsi trovare impreparati. Seguendo le indicazioni di questa guida – e adattandole alla specifica situazione – potrete affrontare con maggiore sicurezza le richieste del Fisco, difendendo il vostro patrimonio personale da pretese non dovute o eccessive, e arrivando a una soluzione equa del problema dei debiti fiscali residui.

Perché Affidarsi a Studio Monardo per una Società Cancellata con Debiti Fiscali

Cancellare una società dal Registro delle Imprese non elimina automaticamente i debiti fiscali.
Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Entrate-Riscossione possono infatti continuare a perseguire amministratori, soci e liquidatori per il pagamento delle imposte non saldate.
In questi casi, affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo è essenziale per difendere il proprio patrimonio e gestire correttamente le contestazioni.

Un Esperto di Diritto Bancario, Tributario e Fallimentare

L’Avvocato Monardo, coordinatore di avvocati e commercialisti esperti in tutta Italia, vanta una lunga esperienza nella gestione di:

  • Responsabilità dei soci e degli amministratori dopo la cancellazione della società
  • Cartelle esattoriali notificate a società estinte
  • Recupero coattivo dei debiti fiscali da parte del Fisco

Conosce perfettamente la normativa aggiornata e sa impostare la migliore strategia per:

  • Contestare la pretesa fiscale, se illegittima
  • Limitare la responsabilità personale degli ex soci o amministratori
  • Accedere a procedure di sovraindebitamento o esdebitazione, se necessario

Difesa Completa Dopo la Cancellazione della Società

Se una società viene cancellata ma restano debiti fiscali, Monardo ti aiuta a:

  • Verificare la legittimità delle azioni del Fisco
    (non sempre l’Agenzia può agire validamente contro soci o amministratori)
  • Controllare se i debiti possono considerarsi estinti
    (ad esempio se la società è stata cancellata da più di 5 anni)
  • Difendere i soci accomandanti, non amministratori, che spesso non rispondono personalmente
  • Proporre opposizione legale agli atti notificati (cartelle, intimazioni di pagamento)
  • Attivare procedure di sovraindebitamento per ottenere la cancellazione legale dei debiti non più sostenibili

Gestore della Crisi da Sovraindebitamento Iscritto al Ministero della Giustizia

Se i debiti sono eccessivi, Monardo può attivare le procedure di sovraindebitamento previste dalla Legge 3/2012 (aggiornata dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza), grazie alla sua iscrizione come:

  • Gestore della Crisi da Sovraindebitamento negli elenchi ufficiali del Ministero della Giustizia
  • Fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC)

In questo modo, puoi bloccare azioni esecutive e, in molti casi, ottenere l’esdebitazione dei debiti fiscali residui, anche personali.

Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa

Monardo è anche abilitato come Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa (D.L. 118/2021), e può:

  • Tentare accordi diretti con il Fisco
  • Ridurre o dilazionare i debiti residui
  • Evitare nuove iscrizioni ipotecarie o pignoramenti

Tutto questo con una strategia legale chiara, protetta e studiata sulla tua situazione personale.

In conclusione

La cancellazione della società non ti protegge automaticamente dai debiti fiscali.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo ti offre la possibilità concreta di difenderti dalle richieste ingiuste, limitare la tua responsabilità personale e persino cancellare i debiti residui grazie alle procedure di sovraindebitamento.
Con Monardo al tuo fianco, hai un esperto vero della crisi fiscale che conosce tutti gli strumenti legali per salvaguardare il tuo patrimonio e darti una nuova opportunità.

Qui di seguito tutti i contatti del nostro Studio Legale specializzato in cancellazione debiti d’impresa attiva o cancellata:

Leggi con attenzione: Se stai affrontando difficoltà con il Fisco e hai bisogno di una rapida valutazione delle tue cartelle esattoriali e dei debiti, non esitare a contattarci. Siamo pronti ad aiutarti immediatamente! Scrivici su WhatsApp al numero 351.3169721 oppure inviaci un’e-mail all’indirizzo info@fattirimborsare.com. Ti ricontatteremo entro un’ora per offrirti supporto immediato.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
Si invita a leggere attentamente il disclaimer del sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Privacy and Consent by My Agile Privacy

Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. 

Puoi accettare, rifiutare o personalizzare i cookie premendo i pulsanti desiderati. 

Chiudendo questa informativa continuerai senza accettare. 

Torna in alto

Abbiamo Notato Che Stai Leggendo L’Articolo. Desideri Una Prima Consulenza Gratuita A Riguardo? Clicca Qui e Prenotala Subito!