Sovraindebitamento di una SAS: Cosa Fare per Difendersi dai Debiti

Trovare la propria S.a.s. (Società in accomandita semplice) sommersa dai debiti è una situazione critica, ma esistono strumenti concreti per difendersi e risanare l’attività. Negli ultimi anni la normativa italiana si è evoluta, offrendo procedure più rapide ed efficaci per affrontare il sovraindebitamento, consentendo ai debitori in difficoltà di trovare soluzioni strutturate ai propri problemi finanziari. Questa guida, aggiornata al 2025, fornisce un quadro completo sia pratico-operativo che giuridico-legale su come gestire i debiti di una S.a.s. in crisi, dedicata esclusivamente a imprenditori, amministratori e soci di S.a.s. (e non ai creditori). Verranno analizzati gli strumenti offerti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche), incluse le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, i piani di ristrutturazione del debito e gli strumenti di esdebitazione (cancellazione dei debiti residui). Troverete esempi pratici di gestione della crisi, modelli di lettere per negoziare con i creditori (es. richieste di accordo o piani di rientro) e fac-simile di accordi. Il tutto è organizzato in una struttura chiara, con paragrafi brevi e punti chiave evidenziati, per facilitare la consultazione.

Ma andiamo ad approfondire con Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti di SAS.

Caratteristiche e responsabilità di una S.a.s. in crisi

Una Società in accomandita semplice (S.a.s.) è una forma societaria composta da due categorie di soci con ruoli e responsabilità molto differenti: i soci accomandatari, che amministrano la società e rispondono illimitatamente e solidalmente per i debiti sociali, e i soci accomandanti, che sono solo investitori con responsabilità limitata alla quota conferita (perdono solo il capitale investito) a meno che non interferiscano nella gestione. Il Codice Civile (art. 2320) stabilisce infatti che il socio accomandante non può compiere atti di amministrazione né trattare o concludere affari in nome della società, pena la perdita della limitazione di responsabilità. In altre parole, se un accomandante partecipa di fatto alla gestione come un amministratore, diventa responsabile illimitatamente al pari di un accomandatario.

Responsabilità illimitata del socio accomandatario: Il socio accomandatario, essendo amministratore, risponde con tutto il suo patrimonio personale dei debiti della S.a.s. Questa responsabilità illimitata significa che, in caso di insolvenza della società, i creditori possono rivalersi non solo sul capitale sociale ma anche sui beni personali dell’accomandatario (c/c bancari personali, immobili di proprietà, stipendio, ecc.). I creditori sociali devono prima escutere il patrimonio della società e, se questo risulta insufficiente, possono attaccare i beni personali degli accomandatari (art. 2304 c.c.). Ciò comporta un rischio elevatissimo per l’imprenditore accomandatario: un errore gestionale o eventi avversi possono mettere a repentaglio l’intero suo patrimonio. Inoltre, in caso di fallimento (oggi liquidazione giudiziale) della S.a.s., la procedura concorsuale si estende automaticamente ai soci accomandatari, travolgendo anche il loro patrimonio personale (ex art. 147 l.fall.; ora art. 256 Cod. Crisi).

Responsabilità limitata (relativa) del socio accomandante: Il socio accomandante per legge non risponde dei debiti sociali oltre la quota conferita, purché resti estraneo alla gestione. In caso di insolvenza della S.a.s., l’accomandante normalmente perde al massimo il capitale investito. Tuttavia, come detto, se ha ingerito nell’amministrazione, può essere dichiarato responsabile illimitato. Ad esempio, la giurisprudenza ha ritenuto accomandanti responsabili quando impartivano direttive ai dipendenti o influivano nelle scelte aziendali, configurandosi di fatto come amministratori. In tali casi eccezionali, anche l’accomandante rischia di essere coinvolto in procedure concorsuali o in azioni dei creditori sul suo patrimonio. È quindi fondamentale che il socio accomandante mantenga una chiara separazione dal ruolo gestionale: ogni ingerenza operativa può costargli la perdita della limitazione di responsabilità.

Debiti della S.a.s. e debiti personali dei soci: Un aspetto importante da chiarire è la distinzione tra debiti sociali (della società) e debiti personali dei soci. Nella S.a.s., i debiti contratti nell’esercizio dell’attività (debiti verso fornitori, banche, Erario per tasse, dipendenti, ecc.) sono debiti della società. I soci accomandatari però ne rispondono in modo illimitato e solidale, quindi tali debiti diventano escutibili anche personalmente. I debiti personali di un socio (es. un mutuo personale, una cartella esattoriale a suo nome, ecc.) restano a suo carico individuale e non riguardano la società – a meno che il socio non destini risorse personali a pagarli a discapito dei creditori sociali (come vedremo, la legge sul sovraindebitamento impone di non pregiudicare i creditori della società). In sintesi, se la S.a.s. non paga i propri debiti, i soci accomandatari possono trovarsi doppamente esposti: la società è in crisi e contemporaneamente il loro patrimonio personale è minacciato dalle azioni esecutive dei creditori sociali. È proprio in questi frangenti che diventa cruciale conoscere gli strumenti per difendersi dai debiti, sia a livello societario che personale.

Prima di esaminare tali strumenti, va sottolineato che la crisi di una S.a.s. presenta peculiarità legali: una società di persone come la S.a.s. può, se di dimensioni ridotte, accedere alle procedure di sovraindebitamento previste per i soggetti non fallibili; in caso contrario (azienda medio-grande), sarà soggetta alle procedure concorsuali ordinarie (concordato preventivo o liquidazione giudiziale). Inoltre, i soci illimitatamente responsabili (accomandatari) possono anch’essi valutare procedure di sovraindebitamento a titolo individuale, purché ciò non danneggi i creditori sociali. Queste particolarità saranno approfondite più avanti. Adesso, vediamo come riconoscere lo stato di sovraindebitamento e quali soluzioni intraprendere.

Come riconoscere lo stato di sovraindebitamento in una S.a.s.

Che cos’è il sovraindebitamento? In termini giuridici, il sovraindebitamento indica “lo stato di crisi o insolvenza del debitore non soggetto alle procedure concorsuali maggiori, caratterizzato da un perdurante squilibrio tra i debiti assunti e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, oppure dalla definitiva incapacità di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni” (definizione tratta dalla L.3/2012, ora assorbita nel Codice della Crisi). In parole semplici, una S.a.s. è sovraindebitata quando non riesce a pagare i propri debiti con le risorse economiche disponibili, e non è tecnicamente “fallibile” (cioè non rientra nei parametri per la liquidazione giudiziale). Questo stato si manifesta con alcuni segnali d’allarme ben precisi:

  • Mancati pagamenti e arretrati crescenti: ad esempio rate di mutuo o leasing aziendale scadute, fatture di fornitori non saldate da mesi, stipendi o contributi dei dipendenti non pagati, cartelle esattoriali inevase. L’accumulo di arretrati è il primo campanello d’allarme.
  • Tensioni di cassa permanenti: la società non ha liquidità sufficiente; utilizza costantemente il fido bancario oltre i limiti; ritarda sistematicamente i pagamenti in attesa di incassi futuri. Il flusso di cassa operativo è negativo o insufficiente a coprire le uscite essenziali.
  • Solleciti, decreti ingiuntivi o pignoramenti: i creditori iniziano a inviare solleciti formali, ingiunzioni di pagamento o hanno già avviato azioni esecutive (pignoramento di conti, attrezzature, ecc.). Ciò indica che la situazione debitoria è diventata insostenibile e conflittuale.
  • Perdita di credibilità finanziaria: banche che revocano gli affidamenti o rifiutano nuovi finanziamenti, protesti di assegni o effetti, rating creditizio compromesso. La S.a.s. fatica a ottenere fiducia e credito.
  • Patrimonio eroso o insufficiente: le passività (debiti) superano nettamente l’attivo (beni di proprietà, crediti esigibili). In particolare, se il valore di mercato dei beni aziendali è inferiore al totale dei debiti, la società è tecnicamente insolvente (patrimonio netto negativo).

Riconoscere per tempo questi segnali è cruciale. Un imprenditore dovrebbe monitorare costantemente lo stato finanziario della propria S.a.s., tenendo d’occhio indici di liquidità, indebitamento e redditività. Il nuovo Codice della Crisi d’Impresa pone molta enfasi sulla prevenzione e l’“allerta”. Anche se per le piccole imprese come molte S.a.s. le procedure di allerta interna non sono obbligatorie (riguardano principalmente società di dimensioni maggiori), è buona prassi predisporre strumenti di controllo di gestione e allertarsi autonomamente ai primi sintomi di difficoltà.

Quando una S.a.s. è considerata “non fallibile”?

Il concetto di sovraindebitamento si applica ai debitori non assoggettabili al fallimento (ora liquidazione giudiziale). La legge definisce imprenditore minore colui che, negli ultimi tre esercizi, non ha superato congiuntamente determinati parametri dimensionali: attivo patrimoniale annuo non oltre €300.000, ricavi lordi annui non oltre €200.000, e debiti totali non oltre €500.000. Se una S.a.s. rientra in tutti e tre questi limiti, è considerata impresa minore e non è soggetta a liquidazione giudiziale (fallimento); in caso di insolvenza può accedere alle procedure di sovraindebitamento. Al contrario, una S.a.s. che supera anche uno solo di tali limiti è fallibile: ciò significa che, se insolvente, i creditori o l’imprenditore stesso potranno chiedere l’apertura di un concordato preventivo o di una liquidazione giudiziale (le procedure concorsuali ordinarie previste per le imprese maggiori). Questa guida si concentrerà sulle soluzioni per le S.a.s. sotto soglia, ma nel capitolo 7 accenneremo anche agli strumenti disponibili per le S.a.s. di maggiori dimensioni.

Debiti personali e sovraindebitamento del socio come funziona:

Occorre menzionare che anche un socio illimitatamente responsabile (accomandatario) può trovarsi sovraindebitato a titolo personale – ad esempio per cumulo di debiti derivanti sia dalla S.a.s. (a suo carico per responsabilità illimitata) sia da obbligazioni personali. La riforma del 2020 e il nuovo Codice della Crisi hanno chiarito che il socio accomandatario di una società può accedere in proprio alle procedure di sovraindebitamento per i debiti estranei a quelli sociali, ossia per i debiti personali. È però fondamentale che ciò avvenga senza pregiudizio per i creditori sociali, il che in pratica significa che il patrimonio personale del socio non può essere destinato a soddisfare solo i suoi creditori individuali a danno dei creditori della società. In altre parole, se il socio accomandatario ha debiti misti (sociali e non), non può “scaricare” i creditori della società avvantaggiando altri creditori personali: qualora intendesse usare una procedura di sovraindebitamento personale, dovrà includere un trattamento adeguato anche per i creditori della S.a.s. che potrebbero rivalersi su di lui.

Riassumendo, riconoscere lo stato di sovraindebitamento in una S.a.s. significa individuare per tempo l’incapacità di far fronte regolarmente alle obbligazioni e capire se si rientra tra i soggetti che possono beneficiare delle speciali procedure per la crisi da sovraindebitamento (imprese minori e persone fisiche non fallibili). Una volta consapevoli della gravità della situazione, è possibile passare alla fase operativa: scegliere la strategia più idonea per difendersi dai debiti, valutando le opzioni stragiudiziali (negoziazioni volontarie) e quelle giudiziali offerte dalla legge.

Strategie stragiudiziali per gestire i debiti di una S.a.s

Prima di imboccare la via delle procedure concorsuali (che spesso comportano l’intervento del tribunale), è opportuno valutare le strategie stragiudiziali, ossia le soluzioni negoziate privatamente con i creditori. Queste soluzioni hanno il vantaggio di essere più snelle, riservate e spesso meno costose, e possono evitare alla S.a.s. la pubblicità di una procedura concorsuale. Di seguito esaminiamo gli strumenti operativi che l’imprenditore può adottare per cercare di risolvere la crisi di debiti fuori dalle aule di giustizia.

Negoziazione e piani di rientro con i creditori

La prima strada da tentare è il dialogo con i creditori al fine di ottenere dilazioni, riduzioni o rinegoziazioni dei debiti. Molti creditori (banche, fornitori, locatori, ecc.) preferiscono trovare un accordo piuttosto che affrontare lunghi recuperi giudiziari dall’esito incerto. È interesse di entrambe le parti, debitore e creditore, evitare il default totale dell’azienda e trovare una soluzione sostenibile.

Piano di rientro – Il piano di rientro è un accordo attraverso cui la S.a.s. si impegna a pagare il debito in forma rateizzata, secondo un calendario concordato, spesso con qualche concessione sui tempi (e talvolta sugli interessi) da parte del creditore. Ad esempio, se la società ha uno scoperto in banca o un debito verso un fornitore, può proporre di riconoscere l’intero importo dovuto e saldarlo in rate mensili nell’arco di 1-2 anni. È importante che il piano sia realistico e sostenibile: meglio prevedere rate leggermente più basse e margini di sicurezza, per evitare di saltare i pagamenti successivamente. In una proposta di piano di rientro conviene indicare chiaramente:

  • l’ammontare del debito riconosciuto (capitale, interessi maturati, eventuali spese);
  • il numero delle rate e la scadenza di ciascuna (es. 12 rate mensili, ultima rata il 31/12/2026);
  • l’importo di ogni rata e le modalità di pagamento (bonifico, assegno, RID, ecc.);
  • eventuali garanzie offerte a supporto (es. cambiali, garanzie personali, pegni) se richieste dal creditore;
  • una clausola di decadenza dal beneficio in caso di inadempimento (es: se la S.a.s. salta una rata oltre tot giorni, l’intero debito residuo torna esigibile immediatamente).

Formalmente, il piano di rientro può essere documentato tramite scrittura privata sottoscritta da entrambe le parti. Spesso si utilizza un atto di ricognizione del debito con promessa di pagamento: il debitore riconosce il debito e promette di pagare secondo il piano concordato. Ciò rafforza la posizione del creditore (interrompendo prescrizioni e costituendo un titolo contrattuale) e, al contempo, impegna il creditore a rispettare il piano concordato (in genere il creditore si astiene dall’agire esecutivamente finché il piano è rispettato). Un fac-simile di lettera di richiesta di piano di rientro è fornito nel capitolo 9 (Modelli utili).

Esempio: La Alfa S.a.s. ha un debito di €50.000 verso un fornitore per merci non pagate. In difficoltà di liquidità, contatta il fornitore e propone un piano di rientro: riconosce l’intero debito di €50.000 e offre di pagarlo in 24 rate mensili da ~€2.083 ciascuna. Al fornitore viene concessa una garanzia cambiaria (24 cambiali mensili) in modo da renderlo più tranquillo. Le parti sottoscrivono un accordo scritto. Se Alfa S.a.s. rispetta i pagamenti, eviterà azioni legali e manterrà il rapporto commerciale; il fornitore recupererà il suo credito (seppur con ritardo) senza costi legali aggiuntivi.

Accordo a saldo e stralcio – Un’altra negoziazione possibile è quella a saldo e stralcio, in cui il creditore accetta di ridurre l’importo del debito pur di incassare subito (o in tempi brevi) una percentuale del dovuto. Questa soluzione è praticabile soprattutto con creditori finanziari (banche o società di recupero crediti) e quando il debitore non ha oggettivamente la capacità di pagare l’intero importo. Tipicamente, il debitore offre un pagamento immediato di una certa somma, spesso reperita grazie a terzi o vendendo qualche cespite, e il creditore stralcia (cancella) la parte restante del debito. Un saldo e stralcio riesce più facilmente se il creditore teme di recuperare poco/nulla in caso di fallimento del debitore: in tal caso preferirà incassare, ad esempio, il 30-40% subito anziché rischiare una lunga procedura concorsuale con esito incerto.

Esempio: Beta S.a.s. ha un debito di €80.000 verso la banca per un prestito non rimborsato; la società è insolvente e la banca sta per intraprendere azioni legali. Beta S.a.s. propone, attraverso il proprio legale, un accordo a saldo e stralcio: pagamento immediato di €30.000 (grazie all’aiuto di un familiare del socio) a fronte dell’annullamento del restante debito. La banca valuta che in un eventuale fallimento recupererebbe forse meno, e accetta. Le parti sottoscrivono una transazione in cui la banca, a fronte dell’incasso concordato, dichiara soddisfatto il credito rinunciando a ulteriori pretese. Beta S.a.s. “si libera” così di un debito di 80k pagando 30k, evitando il fallimento e le relative conseguenze. (Attenzione: gli accordi a saldo e stralcio vanno gestiti con cura, preferibilmente con assistenza legale, per assicurarsi che la quietanza liberatoria del creditore sia chiara ed omnicomprensiva).

Rateizzazioni fiscali e definizioni agevolate – Un capitolo fondamentale per molte S.a.s. è la gestione dei debiti tributari (IVA, imposte sui redditi, ritenute) e dei debiti previdenziali (contributi INPS, ecc.). Questi debiti spesso sfociano in cartelle esattoriali a carico della società e/o dei soci. Prima di pensare a procedure concorsuali, è doveroso sfruttare gli strumenti offerti dalla legge per diluire o ridurre il carico fiscale. In particolare:

  • L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) consente di chiedere la rateizzazione delle cartelle esattoriali fino a 72 rate mensili (6 anni) per debiti sotto una certa soglia, senza dover dimostrare lo stato di difficoltà; piani straordinari fino a 120 rate (10 anni) sono possibili in casi di grave e comprovata difficoltà finanziaria. Presentando un’istanza di dilazione e pagando la prima rata, si blocca l’attività di recupero coattivo su quelle cartelle, dando respiro alla società.
  • Sono state varate a più riprese delle “definizioni agevolate” (cosiddette rottamazioni delle cartelle), l’ultima delle quali – la Rottamazione-quater – è in corso per cartelle fino al 30 giugno 2022, consentendo di pagare il debito senza sanzioni né interessi di mora, anche in forma rateizzata. Nel 2025 è stata riaperta la possibilità di adesione per chi era decaduto dai termini, con scadenza di domanda al 30 aprile 2025. Inoltre si discute di una possibile “Rottamazione-quinta” per gli anni successivi. Verificare la propria situazione con AdER è quindi fondamentale: aderire a queste sanatorie può ridurre significativamente il debito fiscale.
  • In sede di accertamento fiscale (prima che il debito diventi cartella), è possibile tentare una definizione transattiva con l’Agenzia delle Entrate, specie grazie alle novità normative che incentivano soluzioni concordate. Il Codice della Crisi, novellato dal 2024, ha persino introdotto la possibilità di proporre accordi transattivi al Fisco nell’ambito delle trattative di composizione della crisi, prevedendo pagamenti parziali o dilazionati dei tributi dovuti.

Comunicare con i creditori: Qualunque sia la strada scelta (piano di rientro, saldo e stralcio, rateazione), è importante comunicare proattivamente con i creditori, preferibilmente per iscritto e con toni professionali. Nella comunicazione va mostrata consapevolezza del debito e volontà di trovare una soluzione equa. Bisogna descrivere, per sommi capi, la causa delle difficoltà (es. calo di fatturato, insolvenza di un cliente importante, crisi di liquidità temporanea) e presentare una proposta concreta di pagamento, motivando perché conviene anche al creditore accettarla (ad esempio, evidenziando che la proposta offre un soddisfacimento più rapido e sicuro rispetto alle vie giudiziali). Nel capitolo 9. Modelli e fac-simile troverete un esempio di lettera di richiesta di accordo con i creditori, che può essere adattata al vostro caso.

Assistenza professionale: Sebbene si tratti di accordi stragiudiziali, è altamente consigliabile farsi assistere da un professionista esperto (un avvocato d’impresa o un commercialista specializzato in crisi d’impresa) nelle trattative più delicate. Un professionista potrà aiutarvi a formulare proposte credibili, a evitare passi falsi (ad esempio, fare ammissioni sconvenienti o concedere garanzie eccessivamente onerose) e a redigere accordi scritti corretti. Inoltre, talvolta il semplice fatto di avere un consulente al tavolo negoziale rende la controparte più incline a prendere sul serio la proposta.

In sintesi, prima di arrendersi alla crisi, una S.a.s. sovra indebitata dovrebbe esplorare la via del risanamento stragiudiziale: rinegoziare termini e importi dei debiti, dilazionare i pagamenti in base al cash flow disponibile e approfittare di ogni strumento di legge (specialmente sul fronte fiscale) per alleggerire il fardello. Molte crisi aziendali possono essere risolte con successo attraverso accordi bonari, specialmente se affrontate per tempo e con trasparenza. Tuttavia, qualora il negoziato privato non sia sufficiente o fattibile (ad esempio, troppi creditori, posizioni conflittuali, oppure entità del debito ingestibile senza un taglio), occorre considerare gli strumenti concorsuali previsti dalla legge per gestire la crisi in modo ordinato sotto l’egida dell’autorità giudiziaria. Un interessante strumento “ibrido”, introdotto di recente, è la composizione negoziata della crisi, di cui parliamo nel prossimo capitolo: si tratta di una negoziazione assistita da esperti, che può preludere a soluzioni concordate o semplificate, costituendo un ponte tra l’approccio stragiudiziale e le procedure giudiziali vere e proprie.

Come funziona la composizione negoziata della crisi d’impresa per una S.a.s.

Tra le novità apportate dal Codice della Crisi d’Impresa (come modificato dal D.Lgs. 118/2021 e integrato dal D.Lgs. 83/2022), figura la composizione negoziata della crisi, uno strumento ideato per aiutare le imprese in difficoltà a trovare un accordo con i creditori con l’ausilio di un esperto indipendente, evitando se possibile il ricorso alle procedure concorsuali tradizionali. Questo strumento, operativo dal novembre 2021, può rivelarsi utile anche per una S.a.s., a patto che vi siano concrete possibilità di risanamento.

Cos’è la composizione negoziata? È una procedura volontaria e riservata attivabile dall’imprenditore (anche piccolo) quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza, ma permangono margini di recupero. In pratica, l’imprenditore che intravede difficoltà serie può presentare domanda tramite una piattaforma online (gestita dalle Camere di Commercio) per la nomina di un esperto indipendente (spesso un commercialista o professionista della crisi iscritto negli elenchi) il quale lo affiancherà nel tentativo di trovare soluzioni concordate con i creditori. La composizione negoziata non è una procedura concorsuale in senso stretto: non prevede il controllo diretto del tribunale nella fase negoziale, non comporta spossessamento dell’imprenditore dai beni, né ha automatismi di apertura concorsuale. Si tratta, piuttosto, di trattative guidate e facilitate dall’esperto.

Finalità: L’obiettivo è duplice: da un lato, aiutare l’imprenditore ad individuare le cause della crisi e le possibili strategie di risanamento; dall’altro, favorire la conclusione di accordi con i creditori (anche plurimi) prima che la situazione degeneri in insolvenza conclamata. Il tutto in un contesto protetto, in cui – su richiesta – l’imprenditore può ottenere dal tribunale misure cautelari e protettive (come la sospensione o il divieto di azioni esecutive individuali) per il tempo necessario a condurre le trattative, evitando che un pignoramento o un’azione legale compromettano le negoziazioni in corso.

Come funziona in breve:

  • Accesso alla piattaforma e nomina dell’esperto: La S.a.s. in difficoltà, tramite il legale rappresentante (socio accomandatario), presenta istanza sulla piattaforma telematica dedicata, allegando informazioni sullo stato dell’impresa (bilanci, situazione debitoria, previsioni). Se la documentazione è completa, una commissione nomina un esperto indipendente.
  • Colloqui riservati e piano di risanamento: L’esperto studia la situazione e convoca l’imprenditore per individuare possibili soluzioni. Incontri con i creditori principali sono organizzati per sondare disponibilità a rinegoziare, ridurre o dilazionare i crediti. L’esperto mantiene un approccio super partes, cercando un equilibrio tra le parti. In questa fase l’imprenditore formula, con l’aiuto dell’esperto, un piano di risanamento provvisorio da sottoporre ai creditori (che può prevedere nuovi finanziamenti, cessione di asset non strategici, modifica delle scadenze di pagamento, ecc.).
  • Misure protettive (se necessarie): Se la situazione lo richiede, l’imprenditore può chiedere al tribunale di disporre misure protettive temporanee, ad esempio il blocco dei pagamenti dei creditori che aderiscono alla negoziazione o la sospensione delle azioni esecutive. Il tribunale, valutata la serietà delle trattative, può concedere tali misure per un periodo iniziale (tipicamente 30-60 giorni rinnovabili fino a max 180), evitando così che un creditore “rompa le fila” pignorando beni mentre si cerca un accordo complessivo.
  • Esito della composizione: Entro un termine (in genere la composizione negoziata dura pochi mesi), si arriva a uno dei seguenti esiti:
    • Accordo stragiudiziale con i creditori: l’imprenditore riesce a concludere accordi (anche plurimi) con sufficiente numero di creditori da riequilibrare la situazione. Gli accordi conclusi in composizione negoziata possono assumere diverse forme: transazioni bilaterali, un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (se si raggiunge l’adesione di almeno il 60% dei crediti, vedi cap.7), o anche un piano attestato di risanamento. La legge ha previsto incentivi, tra cui una sorta di esenzione da revocatoria per i nuovi finanziamenti e atti autorizzati dall’esperto durante la negoziazione, per incoraggiare i creditori a sostenere l’impresa.
    • Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio: se le trattative falliscono ma è emersa la non percorribilità della continuazione aziendale, l’imprenditore può proporre al tribunale un concordato semplificato (introdotto dal D.L. 118/2021) che consiste in un piano di liquidazione dei beni senza voto dei creditori, da omologare giudizialmente. È una sorta di “concordato preventivo liquidatorio” ma semplificato perché non richiede il voto dei creditori: si applica solo se c’è stata una composizione negoziata che non ha portato ad accordi, ed è il tribunale a valutare la convenienza per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria.
    • Accesso ad altra procedura concorsuale: l’imprenditore potrebbe, con l’assistenza dell’esperto, decidere di accedere direttamente a un concordato preventivo ordinario o ad una delle procedure di sovraindebitamento (concordato minore), predisponendo già la documentazione mentre è in corso la negoziazione. In pratica la composizione negoziata può servire per guadagnare tempo e preparare al meglio un’eventuale procedura concorsuale successiva con maggiori chance di successo.
    • Archiviazione: se non si raggiunge alcun accordo e l’imprenditore non intende o non può accedere ad altre procedure, la composizione negoziata si chiude senza accordo. L’impresa dovrà affrontare in via ordinaria le conseguenze della crisi (potenziali istanze di fallimento dei creditori, ecc.).

Vantaggi per una S.a.s.: La composizione negoziata è flessibile e confidenziale. Può essere particolarmente utile per S.a.s. che abbiano prospettive di recupero (es. nuovi contratti in arrivo, asset vendibili per far cassa, soci disposti a ricapitalizzare) ma necessitino di tempo e di un consenso ampio dei creditori per riorganizzare il debito. Attraverso l’esperto si possono convincere i creditori che la ristrutturazione conviene più della liquidazione. Inoltre, le novità 2024 hanno rafforzato questo strumento: è ora possibile coinvolgere il fisco e gli enti previdenziali in trattative di saldo e stralcio durante la composizione negoziata (prima erano interlocutori rigidi). Ciò consente di includere nei piani anche la falcidia dei debiti fiscali, superando un ostacolo che spesso bloccava i concordati.

Svantaggi e limiti: Di contro, la composizione negoziata richiede che l’imprenditore sia collaborativo e trasparente (deve fornire all’esperto tutte le informazioni) e che almeno una parte rilevante di creditori sia disponibile al dialogo. Se i creditori sono troppi o troppo conflittuali, o se la situazione è già compromessa (ad esempio pignoramenti in corso avanzato, attività bloccata), potrebbe rivelarsi un passaggio inutile prima della soluzione concorsuale vera e propria. Inoltre, l’esperto non ha poteri coercitivi: può solo mediare, ma non può imporre ai creditori di accettare un piano (a differenza di quanto accade in un concordato omologato).

In definitiva, la composizione negoziata rappresenta oggi un’opportunità da valutare seriamente quando la S.a.s. mostra segnali di crisi ma ha ancora chance di salvataggio. Essa incarna lo spirito moderno di favor debitoris del legislatore, che intende incentivare il risanamento delle imprese evitando, ove possibile, l’evento traumatico del fallimento. Per un piccolo imprenditore accomandatario, attivare per tempo questo percorso può significare salvare la propria azienda e tutelare il proprio patrimonio personale. Se però le trattative non conducono a risultati o se la situazione è ormai di conclamata insolvenza, bisogna fare ricorso alle vere e proprie procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, previste dalla legge per risolvere in modo organico la crisi dei debiti delle imprese minori e dei privati. Vediamo nel dettaglio quali sono e come funzionano.

Procedure di sovraindebitamento (Codice della Crisi) Per Una S.a.s.

Il nostro ordinamento prevede tre procedure concorsuali “minori” denominate procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, destinate proprio ai debitori non fallibili (imprese minori, professionisti, consumatori, ecc.). Si tratta, nello specifico, di:

  • Ristrutturazione dei debiti del consumatore: riservata alle persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale. In questa procedura il debitore (consumatore) presenta un piano di pagamento dei debiti, sottoposto all’omologazione del tribunale senza voto dei creditori (procedura molto “protettiva” verso il consumatore). Esempio: un privato cittadino sovraindebitato per mutuo e carte di credito.
  • Concordato minore: dedicato ai debitori diversi dal consumatore (quindi imprenditori minori, professionisti, start-up innovative, enti non commerciali, soci illimitatamente responsabili per debiti non sociali, ecc.). È una procedura volontaria basata su un accordo tra debitore e creditori: il debitore propone un piano che viene votato dai creditori e omologato dal tribunale. Permette di ristrutturare i debiti e ottenere l’esdebitazione entro certi limiti, in modo simile al concordato preventivo (del quale richiama molte regole), ma con oneri e formalità ridotti.
  • Liquidazione controllata del sovraindebitato: è la procedura liquidatoria, analoga al fallimento ma pensata per i soggetti non fallibili. Si realizza la liquidazione di tutti i beni del debitore sotto il controllo di un liquidatore nominato dal tribunale, con ripartizione del ricavato ai creditori secondo le cause di prelazione. Al termine, il debitore persona fisica può ottenere la liberazione dai debiti residui (esdebitazione). Può essere avviata su istanza del debitore o dei creditori.

Per una S.a.s. sovraindebitata (che rientri nei parametri di piccola impresa), le procedure rilevanti saranno tipicamente il concordato minore e la liquidazione controllata. La ristrutturazione dei debiti del consumatore riguarda solo debiti personali estranei all’attività: potrebbe riguardare un socio in proprio, ma non la società in quanto tale. Di seguito quindi ci concentriamo su concordato minore e liquidazione controllata, facendo solo un breve cenno al piano del consumatore per completezza.

È importante notare che queste procedure sono state originariamente introdotte con la L. 3/2012 (la cosiddetta “legge sul sovraindebitamento” o “legge salva-suicidi”) e sono state poi riviste e potenziate con il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022), ulteriormente modificato dal Correttivo Ter del 2024. La filosofia di fondo è offrire una “via d’uscita” ai debitori onesti ma sfortunati (favor debitoris), permettendo loro di pagare quanto possibile e poi ripartire puliti da eventuali debiti residui. Ciò rappresenta un cambio di paradigma importante: in passato, infatti, piccoli imprenditori e privati insolventi rimanevano esposti indefinitamente alle azioni esecutive senza poter azzerare mai i debiti, mentre oggi possono ottenere un fresh start mediante l’esdebitazione. Le procedure tuttavia richiedono il rispetto di certe condizioni di ammissibilità e soprattutto la meritevolezza del debitore (non deve aver colpe gravi o frodi all’origine del dissesto). Analizziamo ora le singole procedure.

Il Concordato Minore Per Una S.a.s.

Il concordato minore è la procedura principe per ristrutturare i debiti di una S.a.s. sovraindebitata continuando, se possibile, l’attività. È simile nella struttura al concordato preventivo delle società maggiori, ma calibrato sulle piccole realtà. È una procedura volontaria: solo il debitore può attivarla (non i creditori) presentando un ricorso al tribunale contenente una proposta di concordato corredata da un piano e dalla documentazione prevista. Non possono accedervi i consumatori (che hanno l’altra procedura dedicata), ma solo gli imprenditori minori, professionisti, start-up, o soci illimitatamente responsabili per debiti personali.

Finalità e vantaggi: Lo scopo del concordato minore è di consentire al debitore di superare la situazione di sovraindebitamento offrendo ai creditori un soddisfacimento non inferiore a quello ottenibile in caso di liquidazione (principio del “miglior soddisfacimento alternativo”). In cambio di ciò, se il piano va a buon fine, il debitore ottiene l’esdebitazione (liberazione dai debiti residui non pagati nel concordato). Per la S.a.s., questo significa poter evitare la liquidazione giudiziale e proseguire l’attività (se il piano è in continuità) oppure liquidare i beni in modo ordinato ma senza il marchio d’infamia del fallimento. Durante la procedura, inoltre, scattano tutele: in seguito al deposito della domanda il tribunale può sospendere le azioni esecutive e vietare ai creditori di iniziarne di nuove, proteggendo il patrimonio del debitore mentre si cerca l’accordo.

Requisiti di accesso: La S.a.s. (o il socio) deve trovarsi in condizione di sovraindebitamento, cioè insolvenza conclamata o in prospettiva, ma non dev’essere soggetto a liquidazione giudiziale. Inoltre, il debitore deve essere meritevole: l’art. 77 CCII (come modificato dal 2024) prevede che non può accedere al concordato minore chi ha già ottenuto un’esdebitazione nei 5 anni precedenti, e in generale chi ha causato il sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode potrebbe vedersi negata l’omologazione. Ad esempio, se l’imprenditore ha distratto attivi o aggravato dolosamente la posizione debitoria, il tribunale potrebbe considerarlo non meritevole.

Contenuto della proposta e del piano: La S.a.s. deve formulare una proposta ai creditori indicante quanto e come intende pagarli. Può essere prevista la continuazione dell’attività (concordato in continuità) oppure la liquidazione di alcuni o tutti i beni (concordato liquidatorio). Le opzioni molto flessibili: si possono proporre percentuali di pagamento parziale del debito, dilazioni nel tempo, conversione di crediti in strumenti partecipativi, cessione di beni ai creditori, intervento di nuovi finanziatori o garanti, ecc. Si possono trattare diversamente diverse classi di creditori (se ad esempio si vogliono pagare meglio certi fornitori strategici e meno altri chirografari). L’importante è che nessun creditore riceva meno di quanto otterrebbe ipoteticamente dalla liquidazione della S.a.s. (questo va attestato da un professionista nella relazione allegata). Il piano deve specificare le risorse destinate ai creditori: risorse interne (utili futuri, realizzo di cespiti) ed esterne (apporti di terzi, nuovi finanziamenti) – il Codice chiarisce che per risorse esterne si intendono quelle che non rientrerebbero nel patrimonio liquidabile del debitore, ad esempio denaro messo dai soci o parenti a fondo perduto per far riuscire il concordato.

Ruolo dell’OCC e documentazione: Per presentare il concordato minore il debitore deve avvalersi di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o di un professionista nominato dal tribunale. Questi redige una relazione che accompagna il ricorso, in cui dichiara la completezza e attendibilità dei dati e valuta la fattibilità del piano, nonché l’assenza di atti in frode (es. distrazioni di beni) negli ultimi 5 anni. L’OCC è dunque una figura chiave che certifica il piano e, se la procedura viene aperta, vigila sul suo svolgimento (funzione simile a quella del commissario giudiziale). La domanda di concordato minore va corredata anche da: elenco di tutti i creditori e debiti, inventario dei beni, attestazione delle principali cause della crisi, documenti contabili e fiscali degli ultimi esercizi, ecc. Una preparazione accurata del fascicolo è fondamentale per evitare inammissibilità.

Apertura della procedura e votazione: Presentata l’istanza, il tribunale verifica la regolarità formale e la fattibilità iniziale del piano e, se tutto è in ordine, emette decreto di apertura del concordato minore. Da quel momento scattano gli effetti protettivi (automatic stay sulle azioni esecutive, salvo diversa disposizione del giudice). Si notifica la proposta ai creditori e si avvia la fase di votazione: i creditori aventi diritto di voto esprimono la loro adesione o dissenso. Come si approva il concordato minore? Serve il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. A differenza delle procedure maggiori, conta il valore del credito, non il numero di teste, salvo un’eccezione: se un solo creditore detiene più del 50% dei crediti, oltre alla maggioranza per valore è richiesta anche la maggioranza per numero di voti espressi (per evitare che un unico grande creditore decida da solo). I creditori privilegiati (muniti di pegno, ipoteca o privilegio) non votano per la parte di credito coperta da garanzia, a meno che la proposta non preveda che anche loro siano pagati parzialmente (cosiddetta falcidia del privilegio). In tal caso, la parte non soddisfatta verrebbe trattata come chirografaria ai fini del voto. Se il concordato è in continuità aziendale (cioè la S.a.s. prosegue l’attività nel piano), possono essere previste classi di creditori e in certe situazioni occorre la doppia maggioranza per classi; ma per semplicità, il tipico caso di S.a.s. sovraindebitata prevede spesso un’unica classe chirografaria (oltre ai privilegiati soddisfatti separatamente).

Omologazione e vincoli per i creditori: Se la maggioranza approva la proposta, si passa alla fase di omologazione davanti al tribunale. I creditori dissenzienti o astenuti rimangono comunque vincolati dalla decisione della maggioranza, a condizione che il tribunale omologhi l’accordo. Nell’udienza di omologazione, il giudice verifica il rispetto di tutte le norme (ad es. corretto trattamento dei creditori privilegiati, meritevolezza del debitore, fattibilità economica del piano) e rigetta eventuali opposizioni infondate dei creditori contrari. Una volta omologato, il concordato minore diventa obbligatorio per tutti i creditori anteriori: questi non potranno più agire individualmente, ma dovranno attendere l’esecuzione del piano e riceveranno quanto previsto in sede concordataria in luogo delle originarie pretese.

Esecuzione del piano e esdebitazione: Dopo l’omologazione, la S.a.s. (sotto la sorveglianza dell’OCC/commissario) dà attuazione al piano: paga le somme promesse nei tempi stabiliti, eventualmente vende beni se previsto, ecc. Se sopravvengono difficoltà, il commissario o il debitore possono chiedere al tribunale modesti aggiustamenti o proroghe (entro certi limiti). Una volta eseguiti gli obblighi concordatari, il tribunale dichiara compiuto il concordato e – su richiesta – cancella i debiti residui che non hanno trovato soddisfazione (questo è il cuore dell’esdebitazione). Il debitore viene quindi liberato da ogni pendenza precedente non soddisfatta nel concordato e può ripartire senza il fardello dei vecchi debiti. L’esdebitazione nel concordato minore è automatica per legge a completamento del piano, salvo revoca in caso di dolo o colpa grave del debitore.

Concordato minore e soci di S.a.s.: Va precisato che il concordato minore può essere utilizzato sia dalla società S.a.s. in quanto tale (per i debiti sociali), sia da un socio accomandatario in proprio per i suoi debiti personali non legati alla società. Se la S.a.s. presenta concordato minore, coprirà il debito sociale; restano però esposti i soci accomandatari per l’eventuale parte non pagata dal concordato (a meno che anch’essi non ottengano esdebitazione tramite procedura personale). Viceversa, se un socio accomandatario presenta concordato minore personale, dovrà includere anche i creditori per i debiti sociali di cui egli risponde (per non creare pregiudizio, come visto). In pratica, la strategia va coordinata: spesso conviene presentare unico concordato coinvolgendo società e socio, sfruttando la possibilità di presentare procedure familiari o di gruppo ai sensi dell’art. 66 CCII (ad esempio, socio e società presentano domande con piano congiunto). La legge consente infatti che più soggetti legati (familiari o coobbligati) accedano con un progetto unitario, semplificando il percorso.

Costi e tempistiche: Il concordato minore è meno costoso di un concordato preventivo: le spese legali e dell’OCC sono proporzionate alla dimensione del debito (spesso qualche migliaio di euro per piccoli debiti) e comunque dilazionabili. I tempi: in genere 6-12 mesi dall’istanza all’omologazione, a seconda della complessità e del numero di creditori (la legge mira a procedure snelle; alcuni dati indicano una durata media di circa 6 mesi per i piani di ristrutturazione e fino a 2 anni per completare una liquidazione, ma il concordato minore dovrebbe collocarsi sul breve termine se non è troppo complesso).

In conclusione, il concordato minore rappresenta per la S.a.s. in difficoltà una ancora di salvezza che permette di ristrutturare i debiti in accordo con i creditori, evitare pignoramenti disordinati e ottenere il beneficio dell’esdebitazione. È uno strumento potente, ma richiede trasparenza, una proposta seria e l’assistenza di professionisti (OCC e consulenti) per essere condotto a buon fine. Se invece la situazione è talmente compromessa che non si riesce a costruire un piano sostenibile da offrire ai creditori (ad es. la S.a.s. non ha prospettive di reddito né beni liquidabili se non di liquidare tutto), allora rimane la soluzione finale della liquidazione controllata.

La Liquidazione Controllata del Sovraindebitato Per Una S.a.s.

La liquidazione controllata è la procedura concorsuale destinata a chiudere definitivamente la crisi di sovraindebitamento tramite la liquidazione di tutto il patrimonio del debitore e la ripartizione del ricavato ai creditori. È in sostanza l’equivalente del fallimento (ora liquidazione giudiziale) per i soggetti non fallibili. Può riguardare tanto una S.a.s. quanto un socio (o entrambe le figure con procedure coordinate). Questa procedura comporta la cessazione dell’attività (se non già avvenuta) e la dissoluzione della società al termine, ma consente al debitore onesto di ottenere la cancellazione dei debiti residui.

Quando ricorrervi: La liquidazione controllata è indicata quando non esistono soluzioni di ristrutturazione praticabili. Ad esempio: i debiti superano di gran lunga la capacità di pagamento, i creditori non sono disposti a concordati, oppure la S.a.s. ha già cessato l’attività e bisogna solo liquidare i pochi beni rimasti. Può essere attivata su richiesta del debitore stesso (scelta volontaria di “liquidarsi” per chiudere la vicenda debitoria) o anche su istanza di uno o più creditori o su segnalazione dell’OCC (dunque in forma coattiva). Per i creditori rappresenta un modo per ottenere quanto possibile in maniera ordinata; per il debitore persona fisica è la via per arrivare all’esdebitazione finale. Nota: Il socio accomandatario di una S.a.s. fallibile non può chiedere liquidazione controllata separata per debiti sociali, in quanto verrebbe assorbita dall’eventuale fallimento della società (art. 256 CCII). Ma per una S.a.s. non fallibile, la liquidazione controllata è la procedura corretta da attivare in caso di insolvenza irreversibile.

Avvio della procedura: Si presenta un’istanza al tribunale competente. Se è il debitore (S.a.s. o socio) a chiedere la propria liquidazione, deve allegare sostanzialmente la stessa documentazione prevista per il concordato (elenchi beni, creditori, cause dell’indebitamento, bilanci, ecc.) e la relazione dell’OCC. Se invece sono i creditori a richiederla (possibile se il debitore è in stato di insolvenza conclamata), il tribunale valuta la sussistenza dei requisiti e, se necessario, nomina un OCC per raccogliere le informazioni. Una volta accertati sovraindebitamento e insolvenza, il tribunale dichiara aperta la liquidazione controllata, nominando un giudice delegato e un liquidatore (figura analoga al curatore fallimentare). Da quel momento: il patrimonio del debitore diviene vincolato alla procedura, il debitore perde l’amministrazione dei beni (spossessamento, anche se per le persone fisiche si limita ai beni presenti e futuri eccedenti le normali esigenze di vita), e tutte le azioni esecutive individuali vengono bloccate per convogliarle nella procedura collettiva.

Effetti sulla società: Per una S.a.s., l’apertura della liquidazione comporta di fatto la messa in liquidazione della società stessa: l’attività cessa (salvo esercizio provvisorio disposto in rari casi per evitare danni), gli amministratori perdono i poteri e subentra il liquidatore giudiziale che gestisce e vende i beni sociali. La ragione sociale spesso aggiunge la dicitura “in liquidazione controllata”. I soci accomandatari, se la società è l’unico debitore, cessano anch’essi l’attività; se la procedura coinvolge anche debiti personali, la liquidazione si estende al loro patrimonio personale (con regole simili al fallimento esteso ai soci illimitatamente responsabili).

Accertamento del passivo: Il liquidatore invita i creditori a presentare le domande di ammissione al passivo. Viene formato l’elenco dei crediti, classificandoli per grado (privilegiati, ipotecari, chirografari). Se alcuni crediti sono contestati, il giudice delegato decide sulle ammissioni o escluse (come nello stato passivo fallimentare).

Liquidazione dell’attivo: Il liquidatore procede a trasformare in denaro tutti i beni del debitore. Per una S.a.s. questo significa vendere immobili, macchinari, merci, incassare eventuali crediti verso terzi, e così via. Può predisporre un programma di liquidazione per ottimizzare i valori. La liquidazione deve avvenire rispettando le norme sulle vendite concorsuali (aste competitive, ecc.) ma con una certa snellezza essendo la procedura meno complessa di un fallimento tradizionale. Anche i beni personali del socio (se rientranti) vengono liquidati salvo quelli impignorabili o necessari al sostentamento minimo (ad es. per le persone fisiche la legge tutela strumenti di lavoro indispensabili e una parte di reddito).

Ripartizione ai creditori: Una volta raccolto denaro dalle vendite, il liquidatore effettua i riparti ai creditori secondo l’ordine delle cause legittime di prelazione: prima i creditori privilegiati (per intero o in proporzione se insufficiente), poi quelli chirografari proporzionalmente. Ad esempio, se dopo aver liquidato tutto il patrimonio di Gamma S.a.s. otteniamo €100.000 e i crediti privilegiati (dipendenti, Erario, ecc.) ammontavano a €120.000, questi prenderanno 100k ripartiti tra loro (soddisfacimento parziale ~83% a seconda dei privilegi interni) e i chirografari nulla. Se invece c’erano €50.000 di privilegiati e €150.000 di chirografari, i privilegiati verrebbero soddisfatti integralmente (50k) e i restanti €50k andrebbero ai chirografari in percentuale (33% dei loro crediti). È comune che i chirografari ricevano poco o nulla in liquidazione, da cui l’interesse di costoro spesso ad accettare concordati che offrano qualcosa di più.

Chiusura della procedura ed esdebitazione: Terminata la liquidazione e distribuiti i fondi disponibili, il liquidatore presenta il rendiconto finale. Il tribunale dichiara chiusa la liquidazione controllata. A questo punto, se il debitore è una società, la società si estingue (verrà cancellata d’ufficio dal registro imprese). Per le obbligazioni sociali insoddisfatte, i creditori non avranno altro da pretendere dalla società (che non esiste più), ma eventualmente potrebbero ancora agire contro i soci accomandatari con patrimonio personale solo se non hanno partecipato alla procedura. Tuttavia, se anche i soci erano stati coinvolti (es. istanza congiunta società+soci), allora l’estensione dell’esdebitazione potrà riguardare anche loro. Infatti, se il debitore è persona fisica (come il socio), può chiedere entro un anno dalla chiusura la propria esdebitazione, cioè l’ordine del giudice che cancella tutti i debiti residui non soddisfatti nella liquidazione. Questa è una differenza cruciale rispetto al passato: oggi anche l’ex imprenditore onesto ma sfortunato può essere liberato dal peso dei debiti che non si è riusciti a pagare, ottenendo una seconda opportunità. La legge prevede che l’esdebitazione venga concessa se il debitore ha collaborato durante la procedura e non ha violato obblighi o commesso atti di frode. Per alcuni debiti specifici (come le sanzioni penali o amministrative, debiti da mantenimento familiare) l’esdebitazione non opera, ma parliamo di eccezioni. Inoltre, esiste uno strumento ulteriore per chi non ha alcun bene da liquidare: l’esdebitazione del debitore incapiente, di cui diremo a breve (cap. 6).

In definitiva, la liquidazione controllata è l’ultima risorsa quando ogni tentativo di risanamento è fallito. Dal punto di vista del titolare di S.a.s., significa rinunciare all’azienda e vedere alienati i propri beni, ma in cambio poter chiudere la vicenda liberandosi dei debiti una volta per tutte. Anche dal punto di vista psicologico, è un modo per “voltare pagina”: dopo l’esdebitazione, si potrà eventualmente avviare nuove attività senza l’ombra dei vecchi creditori.

Esempio pratico: Delta S.a.s. (imprenditore individuale accomandatario Sig. Delta) ha debiti complessivi per €300.000 e un piccolo capannone del valore di €100.000 come unico asset, attività cessata. Non ci sono i presupposti per un concordato (il creditore principale, una banca ipotecaria, non accetterebbe tagli). Viene richiesta la liquidazione controllata. Il liquidatore vende il capannone, ricavando €100.000, che vanno in gran parte alla banca ipotecaria (credito €120.000, soddisfatto ~83%). Gli altri creditori chirografari ricevono praticamente zero. La S.a.s. viene cancellata. Il Sig. Delta, rimasto con €200.000 di debiti non pagati, presenta istanza di esdebitazione: avendo cooperato e non avendo beni nascosti, il tribunale gli concede la liberazione da quei €200.000 residui. Il Sig. Delta potrà quindi ripartire da capo, senza più debiti a suo carico.

La Ristrutturazione dei debiti del consumatore per il socio S.a.s.

Pur non essendo direttamente applicabile alla S.a.s., menzioniamo brevemente la ristrutturazione dei debiti del consumatore poiché potrebbe riguardare un socio che abbia debiti personali estranei all’attività di impresa. Questa procedura, disciplinata dagli artt. 67-73 CCII, consente al consumatore sovraindebitato di proporre un piano di ristrutturazione ai creditori che viene valutato ed eventualmente omologato dal tribunale senza votazione dei creditori (quindi anche con dissenso dei creditori, il giudice può omologare se ritiene il piano equo e fattibile). È una procedura molto “debtor-friendly” ma riservata solo a chi ha debiti di natura privata (familiari, personali). Ad esempio, un socio accomandatario potrebbe utilizzarla per i propri debiti personali (es. debito per acquisto casa, finanziamenti al consumo) purché separati dai debiti della società. La riforma 2024 ha esplicitato che il socio di S.a.s. può essere considerato consumatore per i debiti estranei all’attività imprenditoriale. Tuttavia, nella pratica, per un accomandatario è raro avere una linea di demarcazione netta tra debiti personali e dell’attività, visto che la responsabilità illimitata mischia le cose. In ogni caso, se un imprenditore persona fisica ha anche debiti da consumatore, può scegliere questa procedura per quelli, e un concordato minore o liquidazione per gli altri (gestendo le due cose parallelamente). La legge ammette che in caso di debiti misti si possa procedere separatamente, limitando il piano del consumatore ai soli debiti privati.

Caratteristiche principali: Il piano del consumatore è molto simile al concordato minore come concetto (pagare i debiti in misura parziale e ottenere esdebitazione) ma con alcune differenze: (i) non c’è voto dei creditori, decidela fattibilità/meritevolezza il giudice; (ii) il requisito di meritevolezza è stretto: il consumatore non deve aver assunto debiti senza la ragionevole prospettiva di poterli onorare, altrimenti il piano può essere respinto; (iii) serve comunque la relazione OCC che assevera il piano e attesta l’indebitamento. Se omologato, il piano vincola tutti i creditori e il consumatore paga quanto stabilito; a fine piano, ottiene l’esdebitazione.

Data la nostra focalizzazione sulle S.a.s., non ci dilunghiamo oltre. Era importante però chiarire i confini: una S.a.s. in quanto tale non può fare un “piano del consumatore”; i suoi soci accomandatari possono in teoria farlo per debiti personali (se non intrecciati coi sociali), ma più spesso utilizzeranno concordato minore anche loro.

Passiamo adesso a trattare in modo più approfondito l’esdebitazione – cioè quel risultato fondamentale e auspicato in cui il debitore viene liberato dai debiti non pagati – e ad altri strumenti di risanamento previsti dal Codice.

L’esdebitazione e il “fresh start”

Esdebitazione significa letteralmente “sdebitamento”, ossia liberazione dal debito residuo. È l’atto finale che consente al debitore sovraindebitato di uscire dalla spirale debitoria e ricominciare da zero (in inglese fresh start). Tutte le procedure che abbiamo visto mirano, in ultima analisi, a questo risultato: dopo aver corrisposto ai creditori tutto il possibile secondo le regole concordatarie o liquidatorie, il debitore viene esdebitato, cioè non è più legalmente tenuto a pagare ciò che eventualmente non è stato soddisfatto. Questo concetto, introdotto per i fallimenti delle persone fisiche dal 2006 e poi esteso ai sovraindebitati civili dalla L.3/2012, è oggi centrale nel Codice della Crisi come espressione del favor debitoris e della funzione riabilitativa del diritto fallimentare moderno.

Nelle procedure di sovraindebitamento l’esdebitazione assume varie forme:

  • Nel concordato minore e nel piano del consumatore: l’esdebitazione è sostanzialmente intrinseca alla procedura omologata. Omologato l’accordo o piano, il debitore deve eseguirlo; al termine, per legge, è liberato dai debiti residui non soddisfatti, senza bisogno di un’ulteriore pronuncia (salvo i casi di revoca per dolo del debitore). Dunque, se la S.a.s. conclude con successo un concordato minore pagando ad esempio il 30% di ogni credito chirografario, il restante 70% viene cancellato e i creditori non potranno più reclamarlo. Questo permette all’impresa (o al socio) di proseguire l’attività libera dai vecchi insoluti.
  • Nella liquidazione controllata: l’esdebitazione non è automatica per il debitore persona fisica, ma va richiesta entro 1 anno dalla chiusura. Il tribunale, verificato che il soggetto ha cooperato, non ha sottratto beni e non ha beneficiato di altra esdebitazione nei 5 anni precedenti, emette il decreto di esdebitazione. Da quel momento il debitore è liberato dai debiti anteriori non soddisfatti (fanno eccezione solo, come già accennato, obblighi di mantenimento, risarcimenti da illecito extracontrattuale per danni alla persona, multe penali e sanzioni amministrative non tributarie, che per espressa previsione non sono cancellati). Per i debitori diversi dalla persona fisica (es. società), l’esdebitazione in senso tecnico non serve perché la società, una volta liquidata e cancellata, cessa di esistere e i debiti insoddisfatti si estinguono con essa.

Il debitore incapiente (senza beni): Una innovazione di grande rilievo – introdotta con la riforma del 2020 e ora all’art. 283 CCII – è la possibilità di esdebitazione anche per il debitore persona fisica che non ha alcun patrimonio da liquidare. In passato, chi non possedeva beni non poteva accedere alla procedura di liquidazione (non c’era nulla da distribuire) e paradossalmente restava per sempre oberato dai debiti. Oggi, invece, un debitore incapiente e meritevole può chiedere al tribunale di essere esdebitato senza liquidazione, impegnandosi però a versare ai creditori, per i successivi 4 anni, l’eventuale sopravvenienza di redditi oltre una certa soglia (se gli arrivano entrate insperate). In pratica è un’esdebitazione “a zero”, riservata a chi: non ha un patrimonio né entrate pignorabili; non ha beneficiato di altre esdebitazioni; non ha colpe gravi nell’aver creato i debiti. Questo strumento garantisce una via d’uscita anche a coloro che non dispongono di beni liquidabili, evitando di condannare il debitore povero a una vita da perseguitato dai creditori. Per esempio, un ex piccolo imprenditore nullatenente, rimasto con debiti personali dopo la chiusura disastrosa di un’attività, può rivolgersi al giudice per essere liberato dai suoi debiti residui, offrendo la propria buona fede e l’impegno a contribuire con eventuali introiti futuri se la sua condizione migliorerà. Questa misura è radicale ma risponde a finalità umanitarie e di utilità sociale: permette a persone altrimenti “morte civilmente” di riprendere un ruolo attivo nell’economia.

Meritevolezza e cause ostative: Per ottenere l’esdebitazione, in qualsiasi forma, il debitore deve aver tenuto un comportamento corretto. Le leggi richiedono che non abbia commesso atti in frode (ad esempio nascondere beni, simulare debiti, effettuare spese voluttuarie spropositate sapendo di non poterle sostenere). Nel sovraindebitamento si parla di assenza di pregiudizio per i creditori e di meritevolezza, concetti valutati caso per caso dal giudice o dall’OCC. Ad esempio, un amministratore che abbia aggravato la situazione continuando a indebitarsi quando era chiaro di non poter pagare potrebbe vedersi rifiutare l’omologazione del piano per mancanza di buona fede. Oppure chi ha già utilizzato gli strumenti di esdebitazione di recente (entro 5 anni) non può accedervi di nuovo per evitare abusi. In generale però, l’orientamento attuale è abbastanza favorevole a concedere la liberazione, considerando che lo spirito della normativa è quello di dare una seconda chance ai debitori onesti.

Effetti dell’esdebitazione: Ottenuta l’esdebitazione, i creditori chirografari non possono più pretendere nulla oltre quanto eventualmente ricevuto; i creditori privilegiati che siano stati soddisfatti solo parzialmente perdono la possibilità di rivalersi per la differenza (salvo avessero garanzie da terzi, in tal caso possono agire verso i garanti). L’esdebitazione non cancella i debiti verso i coobbligati e fideiussori: ad esempio, se un socio di S.a.s. viene esdebitato, i creditori sociali potrebbero comunque escutere gli altri soci accomandatari non esdebitati. Dunque, in presenza di obbligazioni solidali, sarebbe opportuno che tutti i coobbligati accedano insieme alla procedura (es. più soci garantitori). Infine, l’esdebitazione viene annotata nei registri e rimbalza sui sistemi creditizi: chi ne beneficia potrebbe trovare difficoltà ad accedere al credito per qualche tempo, ma almeno legalmente è libero.

Con questo quadro, possiamo dire che il percorso tipico di “difesa dai debiti” per una S.a.s. in gravissima crisi culmina o in un concordato minore omologato con pagamento parziale e stralcio dei debiti eccedenti, oppure in una liquidazione controllata con successiva cancellazione dei debiti non pagati. In entrambi i casi, l’esdebitazione è il traguardo finale che consente di ripartire. Nel prossimo capitolo passeremo in rassegna altri strumenti di ristrutturazione del debito previsti dalla normativa, che potenzialmente riguardano anche le S.a.s., sebbene più adatti ad imprese strutturate: accordi di ristrutturazione, piani attestati e concordato preventivo.

Altri strumenti di ristrutturazione del debito Per Una Panoramica Generale

Oltre alle procedure di sovraindebitamento sopra descritte, il Codice della Crisi e le normative collegate mettono a disposizione delle imprese (anche non piccolissime) altri strumenti per fronteggiare la crisi debitoria. Per completezza, elenchiamo i principali, in modo che un amministratore di S.a.s. abbia una panoramica generale. Alcuni di questi strumenti si applicano tipicamente a società fallibili (che superano le soglie d’impresa minore), ma il confine non è rigido: ad esempio, una S.a.s. di piccole dimensioni potrebbe comunque utilizzare un accordo di ristrutturazione, se riesce ad ottenere il consenso richiesto dei creditori. L’idea comune è evitare il default tramite un accordo legalmente riconosciuto con i creditori.

  • Accordi di ristrutturazione dei debiti (ARD): Previsti dagli artt. 57-64 CCII (eredi dell’art. 182-bis L.F.), sono accordi privatistici tra l’imprenditore e una parte significativa dei creditori, che vengono però omologati dal tribunale estendendo gli effetti anche ai creditori dissenzienti (entro certi limiti). In sostanza, l’imprenditore elabora un piano di risanamento e lo sottopone ai creditori principali; se ottiene l’adesione di almeno il 60% dei crediti totali (super-maggioranza in valore), può chiedere al tribunale di omologare l’accordo, rendendolo vincolante anche per i creditori non aderenti (che comunque vanno pagati integralmente se non consenzienti). Esistono varianti introdotte di recente: gli accordi agevolati, con percentuali ridotte (ad esempio 30%) a certe condizioni, e gli accordi ad efficacia estesa a determinate categorie di creditori (es. banche) anche senza la totalità del loro consenso, per evitare sacche di resistenza. Gli ARD sono strumenti flessibili, spesso utilizzati da aziende medio-grandi, ma in teoria anche una S.a.s. potrebbe tentarlo se ha pochi creditori rilevanti disposti a firmare (es. banche). Vantaggi: è più rapido e meno costoso di un concordato preventivo; l’accordo resta riservato fino all’omologazione; si possono ottenere misure protettive durante le trattative e l’omologazione. Svantaggi: serve convincere una larga parte di creditori (non facile in crisi gravi) e i creditori estranei all’accordo vanno normalmente pagati integralmente (per evitare opposizioni all’omologa).
  • Piani attestati di risanamento: Regolati dall’art. 56 CCII (ex art. 67 L.F.), sono piani di risanamento aziendale puramente volontari e contrattuali, accompagnati però da un’attestazione di veridicità e fattibilità redatta da un professionista indipendente. Un piano attestato non richiede approvazione giudiziale né percentuali di consenso prestabilite: è un accordo informale con alcuni o tutti i creditori, sostenuto dall’attestazione che esso risanerà l’impresa e permetterà il pagamento regolare dei debiti. Il vantaggio principale è che gli atti compiuti in esecuzione del piano attestato godono di esonero dall’azione revocatoria fallimentare: ciò significa che, se anche successivamente l’azienda fallisse, i pagamenti e le garanzie concessi ai creditori in base al piano non potrebbero essere annullati. Questo incentivo spinge i creditori ad aderire al piano, sapendo di mettersi al riparo da futuri revirement. Per una S.a.s., un piano attestato può essere utile se la crisi è ancora reversibile con misure appropriate (rifinanziamento, ristrutturazione interna, vendita di rami d’azienda) e i creditori chiave sono disposti a supportare tali misure. Esempio: una S.a.s. elabora, con l’aiuto di un consulente, un piano triennale dove i soci apportano nuovi capitali e le banche allungano le scadenze dei mutui; un professionista indipendente (es. commercialista) attesta che il piano è realistico e idoneo a risanare la società; le parti stipulano il piano e lo depositano per conoscenza al registro delle imprese. Se il piano riesce, l’azienda evita il default; se per sfortuna fallisse dopo due anni, i creditori coinvolti comunque manterrebbero legittimi i pagamenti ricevuti nel frattempo in attuazione del piano. Il limite è che, non essendoci un coinvolgimento del tribunale, un creditore dissenziente potrebbe agire autonomamente (ad esempio pignorare) e far saltare la fiducia degli altri; perciò funziona bene quando tutti o quasi i creditori importanti sono d’accordo.
  • Concordato preventivo (ordinario): È la procedura concorsuale classica per le imprese soggette a fallimento. Per una S.a.s. di dimensioni rilevanti, il concordato preventivo (artt. 84-120 CCII) sarebbe l’analogo del concordato minore ma in versione più complessa: richiede soglie di consenso più articolate (maggioranza per teste e per valori per classi di creditori se presenti), prevede sempre la nomina di un commissario giudiziale e un ruolo più ampio del tribunale. Nel concordato preventivo ordinario, inoltre, i creditori privilegiati hanno diritto di voto se non soddisfatti al 100% e c’è obbligo di una percentuale minima di soddisfo dei chirografari (almeno 20% nei liquidatori, salvo esenzione per concordato in continuità). Data la platea cui ci rivolgiamo (S.a.s. in difficoltà, generalmente piccole), è improbabile dover ricorrere a un concordato preventivo ordinario: se la S.a.s. è grande e insolvente, di fatto seguirà le regole del concordato preventivo invece che del minore (che non le sarebbe aperto). Le differenze tra concordato minore e preventivo ordinario si sono comunque assottigliate con il Codice della Crisi; basti sapere che per imprese medio-grandi il percorso è analogo ma con qualche rigidità in più e costi maggiori.
  • Transazione fiscale e contributiva: Una menzione a parte merita il trattamento dei debiti verso Erario e enti previdenziali all’interno delle procedure concorsuali. In passato, la legge imponeva vincoli stringenti: ad esempio, IVA e ritenute dovevano essere pagate integralmente nei concordati, se no il tribunale non omologava; inoltre se Fisco o INPS votavano contro, il concordato difficilmente poteva superare l’opposizione. Oggi, col Codice della Crisi, si è introdotto il principio del cram-down fiscale: in sede di omologazione, il tribunale può approvare il concordato o l’accordo di ristrutturazione anche senza il voto favorevole dell’Erario o degli enti previdenziali, purché la proposta di pagamento che li riguarda non sia inferiore a quanto otterrebbero in caso di liquidazione. Ciò rimuove di fatto un potere di veto che il Fisco aveva. Inoltre, durante la composizione negoziata è possibile concordare transazioni fiscali (pagare parzialmente le imposte, condonare sanzioni, ecc.) il che poi confluirà nel piano da omologare. Quindi, un imprenditore di S.a.s. sappia che i debiti fiscali e contributivi oggi possono essere trattati nei piani di ristrutturazione: non sono più intoccabili al 100%. È chiaro che l’Agenzia delle Entrate pretenderà un trattamento coerente con le proprie prerogative (di solito almeno il pagamento integrale dell’IVA e una buona percentuale sul resto), ma c’è margine di manovra. In sede di concordato minore, se si prevede di non pagare integralmente un debito IVA, quel debito viene degradato a chirografario per la parte falcidiata e il giudice valuterà la convenienza rispetto alla liquidazione; se la valutazione è positiva e il piano approvato dalla maggioranza, l’omologazione potrà avvenire anche senza il voto favorevole del Fisco. Questa evoluzione normativa (confermata dal “tagliando” del 2024) è molto importante perché in passato tanti piani saltavano per l’opposizione dell’Erario.

In sintesi, il quadro normativo offre una cassetta degli attrezzi completa per affrontare i debiti di un’impresa: si va dagli accordi privati attestati, alle negoziazioni assistite (composizione negoziata), agli accordi omologati, fino ai concordati veri e propri o alla liquidazione. La S.a.s. in crisi può, a seconda della gravità e delle dimensioni, imboccare percorsi diversi. L’importante è agire con cognizione di causa e tempestività.

Nel prossimo capitolo porteremo alcuni esempi pratici di come una S.a.s. può utilizzare questi strumenti in situazioni tipiche, in modo da rendere più concreta la trattazione. Successivamente forniremo dei fac-simile di documenti utili per mettere in pratica le strategie discusse (lettere ai creditori, piani di rientro, bozze di accordo).

Esempi pratici di gestione della crisi di una S.a.s.

Presentiamo ora tre casi ipotetici che illustrano come imprenditori di S.a.s. in difficoltà hanno affrontato i debiti utilizzando gli strumenti descritti. Ogni caso mette in luce un diverso approccio (stragiudiziale, concordatario, liquidatorio) e fornisce spunti pratici.

Caso 1: Salvataggio stragiudiziale di Alfa S.a.s.

Scenario: Alfa S.a.s. è una piccola società di impianti elettrici. Negli ultimi due anni ha accumulato debiti per circa €150.000: €60.000 con una banca (scoperto di conto e prestito), €40.000 con fornitori, €30.000 di arretrati IVA e INPS e €20.000 con il locatore del capannone. La crisi è dovuta a pagamenti mancati di alcuni clienti importanti e a costi imprevisti su cantieri. Il socio accomandatario si rende conto che, pur essendo oberata di debiti, l’azienda ha ancora mercato e commesse in corso, quindi vuole evitare di chiudere. Alfa S.a.s. ha in attivo attrezzature e furgoni per circa €50.000 e crediti verso clienti per €20.000.

Azione intrapresa: Il socio decide di tentare un risanamento stragiudiziale. Con l’aiuto del suo commercialista, redige un piano di rilancio: taglio di spese, dismissione di un vecchio furgone, e utilizzo dei nuovi contratti per generare liquidità. Poi convoca informalmente i principali creditori per negoziare:

  • Con la banca, Alfa propone di consolidare lo scoperto e il prestito in un unico mutuo a 5 anni, con rate sostenibili, offrendo come garanzia un’ipoteca di secondo grado sull’immobile del socio (che il socio mette a disposizione). La banca, per evitare una sofferenza, accetta la ristrutturazione del debito: firma un accordo ex art. 67 L.F. (piano attestato) in cui riduce anche il tasso di interesse e mantiene i fidi aperti.
  • Con i fornitori principali (due fornitori che insieme vantano €30.000), Alfa propone un pagamento a saldo e stralcio: il 70% del credito (21.000 €) entro 6 mesi, in cambio dell’abbandono di ogni ulteriore pretesa. Per racimolare questa somma, il socio accomandatario ottiene un prestito dai familiari. I fornitori, consci che altrimenti rischierebbero di non vedere nulla (uno ha già un decreto ingiuntivo in mano), accettano. Con altri piccoli fornitori (€10.000 totali) si concorda un pagamento dilazionato a 12 mesi senza interessi (rate mensili).
  • Con il locatore, Alfa chiede una moratoria: tre mesi di canone sospesi e aggiunti in coda al contratto, e uno sconto del 20% sui canoni per un anno. Il locatore preferisce assicurarsi la continuazione del contratto piuttosto che sfrattare una società insolvente, per cui accetta la riduzione temporanea.
  • Per i debiti fiscali, il commercialista di Alfa presenta subito istanza all’AdER per una rateazione ordinaria in 72 rate delle cartelle (totale €30.000). La domanda viene accolta e Alfa inizia a pagare ~€416 al mese di cartella, importo compatibile col flusso di cassa previsto.

Esito: Nel giro di pochi mesi Alfa S.a.s. ha ristrutturato l’intero indebitamento senza intervento del tribunale:

  • La banca ha un nuovo piano di rientro quinquennale, i fornitori e il locatore hanno accettato accordi di riduzione e dilazione, l’Erario è stato sistemato a rate.
  • L’azienda ha venduto un furgone inutilizzato per €15.000, impiegando il ricavato per iniziare a pagare fornitori e spese correnti.
  • Con le nuove commesse, la liquidità migliora e Alfa riesce a rispettare il piano di pagamenti pattuito.

Dopo un anno, Alfa S.a.s. è tornata in bonis: i fornitori sono stati pagati secondo gli accordi (con uno stralcio totale di €9.000), la banca incassa regolarmente le rate del mutuo ristrutturato, le cartelle esattoriali sono pagate mensilmente e il rapporto col locatore è normalizzato (i canoni tornano a regime, recuperando quelli sospesi). Alfa S.a.s. ha evitato la procedura concorsuale, salvaguardato l’operatività e mantenuto la reputazione commerciale (grazie anche alla risoluzione bonaria con i fornitori chiave). Il socio accomandatario ha preservato il proprio patrimonio personale, evitando di essere coinvolto in fallimenti o azioni esecutive (la concessione dell’ipoteca alla banca è un rischio calcolato, ma confidando nel rispetto del piano ciò non creerà problemi).

Lezioni dal Caso 1: Agire tempestivamente con i creditori, mostrando buona fede e un piano credibile, può portare a soluzioni win-win. Spesso i creditori commerciali e finanziari preferiscono recuperare in parte e accompagnare il risanamento dell’azienda debitrice, piuttosto che spingerla al fallimento. La chiave è stata segmentare i creditori (ognuno ha esigenze diverse: la banca voleva garanzie e piano lungo, i fornitori liquidità in tempi brevi, il locatore continuità nel lungo termine, il Fisco rate costanti) e offrire a ciascuno la soluzione più adeguata. L’ausilio del professionista è servito per attestare la sostenibilità del piano e dare fiducia ai creditori (in effetti il piano di Alfa assomiglia a un piano attestato di risanamento, sebbene non formalizzato come tale se non per l’accordo con banca). Questo caso dimostra che, per sovraindebitamenti moderati, l’accordo stragiudiziale può funzionare ed evitare procedure più complesse.

Caso 2: Concordato minore di Beta S.a.s. (continuità aziendale)

Scenario: Beta S.a.s. gestisce un piccolo laboratorio artigianale di produzione di borse. Ha 5 dipendenti. A causa di un calo di ordini e di investimenti sbagliati in macchinari, accumula €400.000 di debiti: 100k verso banche (mutui e fidi), 150k verso fornitori di pellami e accessori, 50k verso dipendenti (stipendi arretrati e TFR), 50k di debiti tributari (IVA non versata) e 50k vari (bollette, leasing macchinari). Il magazzino vale circa 80k, i macchinari 100k (ma liquidabili forse a 50k), ha inoltre un capannone in affitto. Il socio accomandatario ha una casa di proprietà personale (ma ipotecata a garanzia di uno dei mutui). Beta S.a.s. vede prospettive di ripresa grazie a nuovi contatti esteri, ma ha urgente bisogno di sgravarsi dal debito e ricapitalizzare per comprare materie prime.

Problema: I debiti sono troppi per un accordo stragiudiziale semplice; inoltre ci sono molti creditori e alcuni (dipendenti, Fisco) non possono legalmente rinunciare ai loro crediti senza una procedura formale. La società è tecnicamente fallibile (supera 300k di debiti), ma i soci preferirebbero evitare il fallimento e provare una ristrutturazione. Decidono di ricorrere al concordato minore per congelare la situazione e proporre un piano di risanamento.

Azione intrapresa: Beta S.a.s. si rivolge a un OCC locale e prepara la domanda di concordato minore. Con l’aiuto di un professionista, redige un piano in continuità aziendale di 5 anni così articolato:

  • Continuità diretta: la S.a.s. prosegue l’attività. Prevede, grazie a nuovi contratti, un fatturato in crescita del 10% annuo e un margine sufficiente a pagare i nuovi fornitori e a destinare una quota ai creditori pregressi.
  • I dipendenti sono considerati strategici: il piano propone di pagarli integralmente (stipendi arretrati e TFR) entro 6 mesi dall’omologazione, utilizzando parte del circolante generato.
  • I creditori con privilegio generale (dipendenti, e Erario per una parte) sono soddisfatti al 100% entro un anno.
  • I fornitori chirografari e le banche chirografarie (parte non garantita dei crediti) vengono inseriti in un’unica classe chirografaria e riceveranno il 30% del loro credito complessivo, pagato in 10 rate semestrali (5 anni) con interessi bassi. Ciò significa che su 150k fornitori + 50k chirografario banche + altri 50k vari = 250k chirografi, Beta pagherà circa 75k in 5 anni.
  • La banca garantita dall’ipoteca del socio (per il mutuo) riceve il ricavato dalla vendita della casa del socio: il socio accomandatario infatti si impegna a vendere l’immobile di sua proprietà (stimato 200k) e versare al concordato la somma necessaria a soddisfare integralmente il debito ipotecario di 100k. Con l’eccedenza, se realizzata, contribuirà al piano (risorsa esterna).
  • Le attrezzature e macchinari non indispensabili vengono venduti subito, ricavando 50k che alimentano un fondo iniziale per pagare dipendenti e parzialmente i fornitori nelle prime rate.
  • Viene prevista una moratoria di 2 anni sul pagamento dell’IVA privilegiata e di altri privilegi minori, come consentito ora dal Codice: in pratica l’IVA arretrata (30k, privilegiata) verrà iniziata a pagare dal terzo anno di piano, senza interessi, in coda ai privilegiati.
  • Il piano evidenzia che in caso di liquidazione giudiziale i creditori chirografari avrebbero preso circa 10% (valutati 130k beni liquidabili su 400k debiti), quindi l’offerta del 30% a 5 anni è ampiamente migliorativa.

L’OCC predispone la relazione attestando che il piano è ragionevole e i dati veritieri. La domanda di concordato minore viene depositata presso il tribunale, chiedendo contestualmente la sospensione delle azioni esecutive (alcuni fornitori avevano minacciato decreti ingiuntivi).

Fase di votazione: Il tribunale apre la procedura e nomina un commissario (lo stesso OCC). Si indice l’adunanza dei creditori (anche se spesso si procede a voto scritto). I creditori privilegiati non votano (sono pagati al 100% in piano). I chirografari esprimono il voto: la maggioranza in valore è data da alcune banche e fornitori principali che, convinti dalla prospettiva di prendere 30 invece di 10, votano . Alcuni piccoli creditori e un paio di fornitori votano no (ritengono che 30% sia poco). Alla fine, i creditori favorevoli rappresentano il 75% dei crediti ammessi al voto: quindi il concordato è approvato (bastava >50%). Poiché qui nessun singolo creditore aveva oltre metà da solo, non serve la maggioranza per teste separata.

Omologazione: Uno dei fornitori dissenzienti fa opposizione sostenendo che la S.a.s. avrebbe potuto pagare di più vendendo tutta l’azienda. Il tribunale però, verificati i numeri (il valore di continuità è superiore al valore di liquidazione) e constatato che tutte le formalità sono rispettate (dipendenti OK, erario trattato correttamente, ecc.), respinge l’opposizione e omologa il concordato minore. Da questo momento Beta S.a.s. è vincolata al piano.

Esecuzione: Beta S.a.s. vende la casa del socio accomandatario entro 6 mesi ricavando €210.000, di cui €100.000 vanno alla banca ipotecaria (soddisfatta integralmente, esce dalla procedura) e €110.000 restano come finanza esterna per il piano. Con questi soldi e con gli introiti della gestione corrente, Beta in pochi mesi paga gli arretrati ai dipendenti (50k) e mette in pari i versamenti correnti di IVA e contributi per non creare nuovi debiti. Nei successivi anni, il commissario supervisiona il rispetto delle scadenze: Beta S.a.s. puntualmente ogni sei mesi versa ai chirografari la rata concordataria (circa 7.500 € a semestre da dividere proporzionalmente). Grazie alla liberazione dall’ipoteca e alla riduzione del debito complessivo, Beta riesce anche ad ottenere un modesto nuovo fido bancario per finanziare i nuovi ordini. Al termine dei 5 anni, Beta ha pagato tutte le 10 rate, distribuendo complessivamente €75.000 ai creditori chirografari.

Chiusura ed esdebitazione: Il commissario relaziona che il piano è stato adempiuto integralmente. Il tribunale dichiara eseguito il concordato e Beta S.a.s. ottiene l’esdebitazione: tutti i debiti anteriori sono considerati soddisfatti o inesigibili. I fornitori e creditori chirografari che hanno ricevuto solo il 30% non possono pretendere altro (il loro residuo 70% è legalmente cancellato). I debiti fiscali privilegiati (IVA) sono stati pagati dal terzo al quinto anno secondo accordo, quindi l’Erario ha avuto più del 20% minimo richiesto. Beta S.a.s. è ancora operativa e, alleggerita dal debito, può concentrarsi sul business. Il socio accomandatario ha perso la propria casa, ma ciò era messo in conto: tuttavia ha evitato conseguenze ben peggiori (ad esempio essere dichiarato fallito in estensione con possibili azioni di responsabilità). Ora opera magari in affitto, ma ha salvato l’azienda e l’occupazione dei dipendenti.

Lezioni dal Caso 2: In situazioni di crisi grave ma con prospettive di continuità, il concordato minore permette di coinvolgere tutti i creditori in una soluzione strutturata. Senza questa procedura, Beta S.a.s. avrebbe fronteggiato decine di cause e pignoramenti, probabilmente finendo in liquidazione coatta; con il concordato, invece, ha potuto tagliare il debito a misura sostenibile (30%) e diluirlo nel tempo, con il consenso formale della maggioranza dei creditori. Il caso evidenzia anche la necessità di contributi esterni (la casa del socio venduta) per rendere appetibile l’offerta: i creditori vedono che il socio stesso “ci mette del suo” e sono più propensi ad accettare il piano. Dal lato Erario, notiamo l’applicazione delle nuove norme che consentono moratorie fino a 2 anni sui crediti privilegiati: Beta ha sfruttato questa flessibilità per non dover pagare subito l’IVA, potendo destinare risorse ai dipendenti e alla ripartenza. Infine, il caso mostra che il socio accomandatario può essere parte attiva: pur non essendo formalmente debitore nella procedura (era la S.a.s. come soggetto), ha contribuito cedendo un proprio bene, e così facendo ha evitato che i creditori sociali avessero motivo di aggredirlo separatamente. Spesso, in situazioni analoghe, si presentano concordati congiunti società-socio per maggior sicurezza giuridica.

Caso 3: Liquidazione controllata di Gamma S.a.s. e dei soci

Scenario: Gamma S.a.s. è un’impresa edile familiare. A seguito di pesanti sconfitte in appalti e investimenti immobiliari sbagliati, accumula oltre €1 milione di debiti. L’attività è di fatto ferma, i dipendenti sono stati licenziati, restano solo alcuni mezzi usati e attrezzature. I soci accomandatari hanno ipotecato le proprie case a garanzia di mutui societari non pagati. La situazione è irrimediabile: i creditori hanno già avviato esecuzioni (la banca ha pignorato le case dei soci, i fornitori hanno decreti). Non c’è un piano di rilancio credibile. Gamma S.a.s. è sopra le soglie di fallibilità (imprenditore medio), dunque sarebbe soggetta a liquidazione giudiziale; tuttavia i soci sperano di evitare l’onta del fallimento e di gestire il più ordinatamente possibile la chiusura, magari salvando il salvabile per ripartire in futuro.

Azione intrapresa: I soci, consigliati dal legale, scelgono di presentare essi stessi istanza di liquidazione controllata sia per la società che per le loro persone fisiche, prima che lo facciano i creditori con istanza di fallimento. Viene depositata una domanda unica in tribunale: Gamma S.a.s. e i due soci accomandatari chiedono l’apertura di liquidazione controllata, allegando l’elenco di tutti i debiti (banche, fornitori, fisco, ecc.), l’inventario dei (pochi) beni societari e personali ancora liberi, e una relazione dell’OCC che attesta la totale insolvenza e la cooperazione dei debitori.

Procedura: Il tribunale ammette la procedura di sovraindebitamento ritenendo che, sebbene Gamma S.a.s. superi i limiti dimensionali, si tratta di una situazione già sfociata in inattività e i soci (persone fisiche non fallibili) sono coinvolti: probabilmente interpreta la norma in senso favorevole, accettando la liquidazione controllata in luogo della liquidazione giudiziale, forse perché i creditori non si oppongono. Nomina un liquidatore unico per la massa attiva-patrimoniale composta da: qualche veicolo e macchina edile di Gamma S.a.s., i crediti per lavori mai riscossi (pochi), e i beni personali dei soci non coperti da ipoteca (p.es. un conto corrente residuo, qualche attrezzatura personale). Le case dei soci sono già ipotecate e oggetto di pignoramento bancario: su quelle il liquidatore e il giudice coordinano le vendite con le procedure esecutive esistenti.

Liquidazione dei beni: Nel corso di 1 anno, il liquidatore vende all’asta i mezzi aziendali (ricavando €50k) e riesce a transare con la banca procedente per la vendita delle case: le abitazioni vengono vendute per €300k complessivi, con cui la banca ipotecaria soddisfa il suo credito (250k) lasciando €50k di eccedenza alla procedura. Totale attivo raccolto nella liquidazione: circa €100k (50k mezzi + 50k residuo case). I debiti superavano 1 milione, quindi evidentemente i creditori chirografari vedranno ben poco. Il liquidatore predispone il piano di riparto: in primis paga i costi di procedura; poi distribuisce ai creditori privilegiati (tra cui alcuni dipendenti e l’Erario, ma la banca ipotecaria si è già soddisfatta escutendo le case). Dopo il pagamento dei privilegiati (che assorbono quasi tutto), restano briciole per i chirografari (qualche percento).

Chiusura ed esdebitazione: Il giudice chiude la liquidazione controllata constatando che non vi sono più attivi. Gamma S.a.s. viene cancellata dal registro imprese, cessando di esistere. I due soci accomandatari rimangono con moltissimi debiti personali insoddisfatti (ricordiamo che essi erano coobbligati illimitatamente per i debiti sociali). Tuttavia, entro pochi mesi, i soci presentano istanza di esdebitazione personale. Dimostrano di aver cooperato in pieno (hanno addirittura preso l’iniziativa della liquidazione, non hanno nascosto nulla) e che non ci sono atti di frode. Il tribunale concede loro l’esdebitazione di tutti i debiti residui non pagati nella procedura. In aggiunta, uno dei due soci, che era completamente nullatenente dopo la vendita della casa, chiede (per scrupolo) l’applicazione dell’esdebitazione del debitore incapiente ex art. 283 CCII: il giudice gliela riconosce, stabilendo che per i prossimi 4 anni dovrà comunicare eventuali incrementi di reddito e destinarli in parte ai vecchi creditori, ma realisticamente data l’età e la situazione, sa che non ci saranno sorprese.

Esito: I creditori chirografari di Gamma S.a.s. (fornitori, artigiani subappaltatori, ecc.) hanno recuperato solo una minima percentuale e devono purtroppo sopportare una perdita. Tuttavia, la procedura collettiva ha assicurato che quel poco di attivo disponibile venisse ripartito in modo ordinato e paritario (senza che i primi che hanno agito prendessero tutto a discapito degli altri). I soci accomandatari hanno perso i beni posseduti (le case, i mezzi) ma grazie all’esdebitazione non avranno una spada di Damocle vita natural durante: i debiti milionari che li avrebbero perseguitati per sempre sono cancellati. Ciò permetterà loro, magari, di ripartire come lavoratori dipendenti o piccoli imprenditori senza subire pignoramenti sul salario per debiti pregressi. La scelta di autodenunciarsi insolventi è stata dolorosa ma saggia: se avessero aspettato il fallimento d’ufficio, avrebbero subito forse azioni per bancarotta (avendo tardato) e stigma; invece la liquidazione controllata, pur equivalente, ha un approccio più incentrato sull’accordare il beneficio dell’esdebitazione.

Lezioni dal Caso 3: Quando non c’è più nulla da fare per salvare l’impresa, anticipare la liquidazione può ridurre i danni e consentire di sfruttare al massimo i vantaggi dell’esdebitazione. Per i soci di società insolventi, prendere l’iniziativa è spesso meglio che attendere passivamente i creditori: si mantiene un maggior controllo, si collabora con le autorità e si dimostra buona fede (tutto ciò pesa a favore poi nella concessione dell’esdebitazione). Il caso evidenzia anche che non tutti i mali vengono per nuocere: la fine di Gamma S.a.s. era inevitabile, ma grazie alla procedura di sovraindebitamento i soci hanno evitato guai peggiori e hanno potuto chiudere la vicenda entro un paio d’anni, anziché trascinarsela a vita. Inoltre, il caso mostra la concreta operatività della norma sul debitore incapiente: uno dei soci, rimasto senza nulla, ha comunque ottenuto lo stralcio dei debiti, con l’unica condizione di segnalare eventuali futuri miglioramenti economici (che, se significativi, dovrebbero in parte essere condivisi con i creditori sdebitati; altrimenti, dopo 4 anni, anche quell’obbligo cessa).

Modelli e fac-simile di documenti utili

In questa sezione forniamo alcuni modelli esemplificativi di documenti che possono risultare utili nella gestione pratica della crisi debitoria di una S.a.s. Si tratta di schemi generali da adattare caso per caso, che vanno usati con attenzione e preferibilmente con l’assistenza di un professionista. I modelli inclusi sono:

  • Lettera di richiesta di accordo ai creditori (piano di rientro): una bozza di comunicazione formale con cui il legale rappresentante della S.a.s. propone ai creditori un accordo stragiudiziale, riconoscendo il debito e chiedendo una dilazione/riduzione.
  • Piano di rientro rateale – esempio di struttura: un fac-simile di tabella o elenco di rate per dilazionare un debito, da allegare alla lettera di cui sopra.
  • Schema di accordo transattivo (saldo e stralcio o ristrutturazione): i punti chiave che dovrebbero comparire in un accordo scritto tra la S.a.s. ed uno o più creditori per modificare le condizioni di pagamento del debito.

Questi documenti, debitamente compilati, possono aiutare l’imprenditore a formalizzare per iscritto le proposte e gli accordi, dando certezza e chiarezza alle intese raggiunte.

Fac-simile – Lettera di richiesta di accordo ai creditori

Intestazione del debitore (S.a.s.)
Carta intestata di Alfa S.a.s.
Via …, CAP … Città … – C.F./P.IVA …

Luogo e data: Firenze, 15 marzo 2025

Oggetto: Richiesta di accordo transattivo e piano di rientro del debito

Spett.le XYZ S.r.l. (nome del creditore),
Via …, CAP … Città …

Alla cortese attenzione dell’Ufficio Crediti / Amministrazione

Gentili Signori,

la sottoscritta Alfa S.a.s. di Mario Rossi & C., con sede in …, debitrice verso la Vostra società dell’importo di Euro 50.000,00 (come da fatture n. …), intende con la presente formalizzare una proposta di definizione bonaria del debito in oggetto.

Premesso che:

  • in data … abbiamo ricevuto la Vostra comunicazione relativa al sollecito di pagamento del suddetto importo, attualmente scaduto;
  • le difficoltà finanziarie che stiamo attraversando, dovute a … (breve descrizione delle cause del mancato pagamento: es. contrazione del mercato, insoluti da parte di nostri clienti, ecc.), ci hanno impedito finora di onorare puntualmente gli impegni assunti;
  • la nostra volontà è quella di evitare azioni legali e conservare il rapporto commerciale con Voi, adempiendo integralmente al nostro debito seppur con tempi più dilazionati;

Tutto ciò premesso, Vi proponiamo il seguente piano di rientro del debito:

  • Riconosciamo il debito di Euro 50.000,00 nei Vostri confronti.
  • Ci impegniamo a pagare tale importo in n° 18 rate mensili, di cui la prima con scadenza il 30/04/2025 e le successive entro fine di ciascun mese, come da prospetto seguente (vedi Allegato).
  • Ciascuna rata ammonterà a Euro 2.777,78, salvo conguaglio sull’ultima rata per interessi come sotto indicato.
  • Sulle somme dilazionate riconosciamo interessi di dilazione al tasso annuo del 2%, che saranno calcolati e corrisposti insieme all’ultima rata.
  • In caso di puntuale pagamento come sopra convenuto, rinunciate fin d’ora ad adire vie legali o a calcolare ulteriori interessi di mora o penali, considerandovi pienamente soddisfatti a saldo del Vostro credito.
  • Clausola di decadenza dal beneficio del termine: qualora Alfa S.a.s. ritardi il pagamento di una rata di oltre 15 (quindici) giorni, il presente accordo si intenderà risolto di diritto e l’intero importo residuo tornerà immediatamente esigibile in unica soluzione, dedotti gli importi già versati. In tale eventualità, resteranno comunque dovuti gli interessi moratori come da Vostre condizioni di fornitura originarie, calcolati dalla data di mora originaria.
  • Resta inteso che il presente accordo riguarda esclusivamente le modalità di pagamento del debito e non costituisce novazione dello stesso: in particolare, permangono fermo ed impregiudicato il riconoscimento del debito da parte nostra e le eventuali garanzie già esistenti a vostro favore (…eventuale menzione di fideiussioni, cambiali, ecc…).

Alleghiamo il piano di rientro dettagliato con il calendario delle rate (Allegato 1). Vi preghiamo di restituirci copia della presente lettera firmata per accettazione, a conferma dell’accordo intervenuto.

Confidando nella Vostra adesione a questa proposta – che riteniamo vantaggiosa anche per Voi, assicurandovi il pieno recupero del credito senza ulteriori ritardi – restiamo a disposizione per ogni chiarimento.

In attesa di un Vostro cortese riscontro scritto, porgiamo distinti saluti.

Firma
Mario Rossi – Socio accomandatario e legale rappresentante
Alfa S.a.s.

Firma per accettazione


(Spett.le XYZ S.r.l.)

Fac-simile – Piano di rientro rateale (allegato alla lettera)

Num. RataScadenzaImporto capitale €Interessi €Totale rata €Note
130/04/20252.777,782.777,78Prima rata
231/05/20252.777,782.777,78
330/06/20252.777,782.777,78
1830/09/20262.777,78500,00*3.277,78*Interessi tot. 2% a.p.

Totale Capitale: €50.000,00 – Interessi totali: €500,00 (calcolati al tasso annuo 2% sull’importo residuo medio) – Totale complessivo: €50.500,00.

(Nota: il calcolo degli interessi in questo esempio è semplificato; andrà ricalcolato esattamente in base al piano di ammortamento concordato. In alcuni casi, per semplicità, il creditore può rinunciare agli interessi di dilazione, mantenendo solo il capitale.)

Schema – Accordo di ristrutturazione del debito (transazione)

Di seguito uno schema indicativo delle clausole da inserire in un accordo formale tra la S.a.s. debitrice e uno o più creditori, quando si raggiunge un’intesa sulla modifica delle condizioni di rimborso del debito. Questo può avvenire per un saldo e stralcio (riduzione dell’importo dovuto) o per una dilazione strutturata, o una combinazione di entrambe. L’accordo va steso in forma di scrittura privata sottoscritta da tutte le parti (meglio se con firme autenticate o scambio di corrispondenza PEC per avere data certa).

Esempio di clausole chiave:

  • Ricognizione del debito: le parti riconoscono che alla data XX il debito totale di Alfa S.a.s. verso il creditore Beta S.p.A. ammonta a €…, di cui €… capitale, €… interessi, €… spese (oppure come da fatture/contratti allegati). Il debitore rinuncia ad eventuali contestazioni sull’esistenza e ammontare di detto debito (salvo quelle espressamente indicate, se c’è disaccordo su qualche voce).
  • Finalità dell’accordo: le parti convengono di definire stragiudizialmente la posizione debitoria sopra indicata secondo i termini seguenti, evitando il ricorso a vie legali e preservando per quanto possibile il rapporto commerciale.
  • Modalità di pagamento concordate:
    • Opzione A – Saldo e stralcio: Alfa S.a.s. corrisponderà a Beta S.p.A. l’importo di €…, a titolo transattivo e a saldo stralcio del maggior importo dovuto, mediante bonifico bancario da eseguirsi entro il … (data). Beta S.p.A., ad avvenuto integrale pagamento di detta somma, dichiara sin d’ora che nulla più avrà a pretendere da Alfa S.a.s. in relazione al debito oggetto di accordo, rinunciando irrevocabilmente alla riscossione dell’importo residuo di €… e considerandolo estinto per reciproca volontà delle parti.
    • Opzione B – Dilazione: Alfa S.a.s. pagherà il totale di €…, secondo il seguente piano: … (inserire piano rateale dettagliato similmente al fac-simile 9.2). I pagamenti avranno luogo a mezzo … (bonifico bancario sul conto…, RID, assegno, ecc.). Eventuali importi versati saranno imputati in primo luogo a riduzione del capitale.
    • Eventuale combinazione: Ad esempio, Alfa S.a.s. paga €… subito (entro il …) e il residuo €… in n. … rate mensili come da piano allegato.
  • Riduzione dell’importo (se prevista): A fronte della puntualità nei pagamenti concordati, Beta S.p.A. riconosce ad Alfa S.a.s. una riduzione di €… rispetto al dovuto originario, pari a un abbattimento del …%. Tale riduzione è condizionata all’integrale e tempestiva esecuzione dell’accordo: in difetto (v. clausola risolutiva), Alfa S.a.s. decadrà dal beneficio della riduzione e tornerà debitrice dell’intero importo originario al netto di quanto già pagato.
  • Clausola risolutiva espressa: In caso di mancato pagamento anche parziale di una somma alle scadenze pattuite (o di altro grave inadempimento dell’accordo), Beta S.p.A. potrà dichiarare risolto di diritto il presente accordo mediante semplice comunicazione scritta ad Alfa S.a.s.; in tal caso: (i) le parti saranno reintegrate nei rispettivi diritti anteriori all’accordo, (ii) i pagamenti eventualmente già effettuati si imputeranno a titolo di acconto sul maggior dovuto, e (iii) Beta S.p.A. potrà immediatamente agire per il recupero coattivo del credito residuo, che le parti fin d’ora quantificano in €… (specificare se si perde lo stralcio e rivive l’intero debito originario, oppure se si chiede solo il residuo del piano).
  • Garanzie (se previste): Ad esempio: a garanzia dell’esatto adempimento del presente accordo, Alfa S.a.s. consegna n. … cambiali sottoscritte dal socio accomandatario per totali €…; oppure il socio Tizio funge da fideiussore per il debito residuo secondo schema di fideiussione allegato; oppure viene iscritta ipoteca su …; ecc. (N.B.: aggiungere garanzie solo se richieste dal creditore e se si è disposti, valutando con attenzione le implicazioni).
  • Impegni accessori: Alfa S.a.s. s’impegna a non aggravare ulteriormente la propria situazione verso Beta (es: non acquistare ulteriormente a credito se non secondo condizioni da stabilire); Beta S.p.A. s’impegna a fornire la necessaria collaborazione (es: sospendere eventuali procedure legali avviate, rinunciare a titolo esecutivo di decreto ingiuntivo una volta completato il pagamento, ecc.).
  • Clausola di riservatezza (opzionale): Le parti manterranno riservati i termini del presente accordo, nei limiti consentiti dalla legge, salvo divulgarli ai propri consulenti per l’esecuzione dello stesso.
  • Spese legali: Ciascuna parte sopporta le proprie spese (oppure: Alfa S.a.s. si accolla €… per contributo spese legali del creditore).
  • Legge applicabile e foro competente: Il presente accordo è regolato dalla legge italiana. Per ogni controversia relativa all’interpretazione o esecuzione sarà competente il Foro di …, con esclusione di altri (clausola modificabile in base alle esigenze).

Firma dei rappresentanti legali di entrambe le parti, per accordo e accettazione di ogni clausola.

(Luogo, data, firme su ogni pagina se richiesto).

Questi punti costituiscono l’ossatura di un accordo. Nel caso concreto, vanno inseriti gli importi reali, le scadenze concordate e adattati termini specifici. È buona pratica indicare chiaramente che cosa succede in caso di inadempimento (per evitare dubbi), e prevedere se la rinuncia al debito residuo è immediata o differita a fine piano (di solito il creditore formalizza l’abbuono solo dopo aver incassato tutto ciò che è concordato). Notare che un accordo transattivo come questo, se ben sottoscritto, ha efficacia di legge tra le parti; in caso di inadempimento, si potrà agire in giudizio per l’importo dovuto come risultante dall’accordo stesso (ad esempio ottenendo un decreto ingiuntivo per il residuo).

Conclusioni e consigli finali Per Affrontare il Sovraindebitamento Di Una S.a.s

Affrontare il sovraindebitamento di una S.a.s. è senza dubbio una sfida complessa e carica di tensioni, ma come abbiamo visto esistono molteplici strumenti per difendersi efficacemente dai debiti e cercare di uscirne nel miglior modo possibile. In conclusione di questa guida, riassumiamo alcuni consigli e punti chiave:

  • Non aspettare l’irreparabile: Il tempismo è fondamentale. Appena si percepisce che la S.a.s. sta scivolando in una spirale di debiti insostenibili, bisogna attivarsi. Più si attende, più i creditori perderanno fiducia e saranno meno disposti a trattare, e maggiori saranno i rischi di azioni esecutive o di accumulo di interessi e sanzioni. Un imprenditore accorto gioca d’anticipo, aprendo il dialogo con i creditori o consultando un esperto prima che la situazione degeneri (anche approfittando degli strumenti di allerta interna se esistono, o della composizione negoziata).
  • Valutare con lucidità le opzioni: Ogni situazione è a sé. Bisogna fare un’analisi onesta delle cause della crisi e delle risorse disponibili per superarla. Se l’azienda ha prospettive di mercato, conviene tentare la via del risanamento (stragiudiziale o tramite concordato); se invece il modello di business non è più valido o i debiti superano di gran lunga qualsiasi possibile recupero, potrebbe essere più saggio optare per la liquidazione controllata e ripartire su basi nuove. In ogni caso, farsi assistere da professionisti qualificati (commercialisti, avvocati specializzati in crisi d’impresa) è cruciale: non solo per espletare le procedure legali, ma anche per avere uno sguardo esterno e competente sulla fattibilità delle scelte.
  • Trasparenza e buona fede: Nei confronti sia dei creditori sia degli organi della procedura (OCC, giudice), adottare un atteggiamento trasparente paga sempre. Fornire informazioni veritiere, non occultare beni o problemi, ammettere le proprie difficoltà mostrando però impegno a risolverle, sono atteggiamenti che migliorano notevolmente le chance di successo. Ricordiamo che la meritevolezza del debitore è un requisito implicito o esplicito in tutte le procedure: un debitore che abbia abusato del credito o tenuto condotte sleali (ad esempio preferendo di nascosto alcuni creditori ad altri, sottraendo attivi prima della procedura, ecc.) rischia di vedersi negare l’omologazione di un piano o l’esdebitazione. Invece, la collaborazione fattiva con l’esperto o il liquidatore viene di solito premiata.
  • Tutela del patrimonio personale del socio: Per i soci accomandatari, difendersi dai debiti significa anche proteggere la propria sfera personale. È importante adottare misure preventive, come la separazione tra patrimonio familiare e quello d’impresa (nei limiti del possibile: ad esempio evitare commistioni di conti, non acquistare beni personali con fondi sociali e viceversa), e in situazioni di crisi valutare soluzioni concordate che coinvolgano anche i creditori personali. Se la S.a.s. rischia il fallimento, considerare la possibilità di far accedere direttamente i soci a una procedura di sovraindebitamento personale prima che intervenga la liquidazione giudiziale, potrebbe rivelarsi salvifico (fermo restando il caveat del pregiudizio ai creditori sociali). In pratica: ragionare con i consulenti se sia opportuno un concordato minore congiunto società+soci, oppure un accordo in cui il socio mette a disposizione beni in cambio di un trattamento di favore e liberatorio. E soprattutto, evitare di aggravare la propria posizione di socio accomandante ingerendo nella gestione – non solo per le implicazioni legali (art. 2320 c.c.), ma anche perché in caso di insolvenza si rischia di essere trascinati dentro (come visto).
  • Aggiornarsi sulle opportunità normative: Il 2025 vede un quadro normativo abbastanza assestato dopo l’entrata in vigore del Codice della Crisi e i suoi correttivi. Tuttavia, le normative in materia fiscale e di aiuti alle imprese sono in continua evoluzione (si pensi alle rottamazioni, ai contributi emergenziali, ecc.). Vale la pena tenersi informati – tramite fonti affidabili o consulenti – su eventuali nuove misure che possano aiutare a ridurre il carico debitorio. Ad esempio, se il legislatore introduce un’ennesima definizione agevolata di cartelle o un bonus per la capitalizzazione delle piccole imprese in crisi, la S.a.s. in difficoltà dovrebbe cogliere al volo tali occasioni. Anche la giurisprudenza può evolvere: interpretazioni più flessibili (come la possibilità di falcidiare certi tributi, confermata di recente) giovano alla costruzione dei piani.
  • Impatto reputazionale e rilancio: Un timore diffuso tra gli imprenditori è che avviare una procedura concorsuale, ancorché minore, “marchi” negativamente l’azienda sul mercato. È vero che un concordato o un accordo di ristrutturazione diventano pubblici e possono incrinare la fiducia di clienti e fornitori. Tuttavia, comunicando in modo adeguato – ad esempio sottolineando che si tratta di una riorganizzazione per tornare più solidi – spesso l’impatto reputazionale si può gestire. Inoltre, i fornitori preferiranno avere a che fare con un’azienda che ha sistemato i debiti (anche tramite concordato) piuttosto che con una perennemente insolvente. Una volta completato il risanamento, la S.a.s. potrà avviare azioni di rebranding o di rilancio dell’immagine, forte del fatto di aver superato la crisi. Per i soci, l’esdebitazione significa anche riabilitazione finanziaria: si potrà gradualmente ricostruire il merito creditizio, magari iniziando in piccolo e dimostrando affidabilità nelle nuove operazioni.
  • Ultima ratio – chiudere e ripartire: Se nonostante tutti gli sforzi la S.a.s. non può essere salvata, ricordate che fallire (o liquidarsi) non è la fine del percorso. Molti imprenditori di successo hanno avuto inciampi iniziali. L’ordinamento odierno, con l’esdebitazione, riconosce il diritto a una seconda opportunità. È meglio chiudere dignitosamente con una liquidazione controllata ed esdebitarsi, piuttosto che trascinare l’agonia di un’azienda decotta accumulando ulteriori debiti e rischiando conseguenze anche penali (si pensi alle responsabilità per insolvenza fraudolenta, sottrazione di beni ai creditori, ecc.). Una volta liberati dai debiti, si potrà fare tesoro degli errori commessi e magari avviare una nuova iniziativa imprenditoriale più prudente o comunque proseguire la propria vita professionale senza il fardello passato.

In conclusione, difendersi dai debiti per una S.a.s. significa conoscere e saper utilizzare un ventaglio di strumenti legali e negoziali, mantenendo un atteggiamento proattivo e collaborativo. Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza ha messo a disposizione procedure efficaci e abbastanza snelle, improntate al recupero dell’impresa e alla salvaguardia del tessuto economico (specie delle piccole realtà). Questa guida ha illustrato come funziona ciascuna opzione, fornendo riferimenti normativi aggiornati al 2025 e suggerimenti pratici. Il messaggio che vogliamo lasciare agli imprenditori e soci di S.a.s. in difficoltà è di non arrendersi al panico dei debiti: con il giusto approccio e l’assistenza adeguata, anche la situazione più critica può trovare una soluzione, sia essa la ristrutturazione e il rilancio dell’attività, sia la liquidazione con un nuovo inizio senza debiti. L’importante è agire con consapevolezza, tempestività e correttezza, trasformando una crisi in un percorso di riorganizzazione dal quale, se ben gestito, si può emergere più forti e con un’esperienza preziosa alle spalle.

Fonti Normative e Riferimenti Utili:

  • D.Lgs. 12 gennaio 2019 n.14, Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, come modificato dai D.Lgs. 83/2022 e 136/2024 (c.d. Correttivo Ter). In particolare, arti. 2 (definizioni di consumatore, imprenditore minore, ecc.), 65-88 (procedure di sovraindebitamento: piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata), 56-64 (piani attestati e accordi di ristrutturazione), 44 (divieto di prenotativa nel sovraindebitamento), 256 (estensione del fallimento ai soci illimitatamente responsabili), 283 (esdebitazione del debitore incapiente).
  • Codice Civile, arti. 2304 (escussione preventiva patrimonio sociale), 2318 (responsabilità solidale soci), 2320 c.c. (divieto di immistione del socio accomandante).
  • Legge 27 gennaio 2012 n.3 (vecchia legge sul sovraindebitamento), utili i riferimenti storici ma ora abrogata e sostituita dal Codice della Crisi.
  • Materiale di prassi e giurisprudenza: Linee guida del CNDCEC sugli OCC; Circolari e linee interpretative del Ministero della Giustizia sull’applicazione del CCII; Sentenze di merito e di Cassazione (es. in tema di ammissibilità procedure soci e società, valutazione di meritevolezza, ecc.).
  • Approfondimenti online: articoli e dossier su siti specializzati (es. IlCaso.it, Diritto.it, Altalex) sulle novità del Codice della Crisi e del Correttivo 2024; guide pratiche reperibili sui siti di studi professionali (ad es. Assistenza-Legale-Imprese.it, avvocaticartellesattoriali.com) per esempi applicativi; FiscoOggi (Agenzia Entrate) per aggiornamenti sulla transazione fiscale e le norme di favore.

Concludiamo ribadendo che il quadro normativo aggiornato al 2025 favorisce l’imprenditore sovra indebitato che dimostra impegno nel risanamento: gli strumenti per farlo ci sono, come evidenziato nel corso della guida, e vanno dal dialogo stragiudiziale fino alle aule dei tribunali, ma con l’obiettivo comune di comporre la crisi in modo equo e ripartire puliti dai debiti. Speriamo che questa guida dettagliata sia servita a chiarire il da farsi e a infondere un po’ di fiducia a chi si trova in acque tempestose: sapere di avere delle ancore di salvezza (legali e operative) è il primo passo per navigare verso acque più tranquille. In bocca al lupo per il vostro percorso di risanamento.

Perché Affidarsi allo Studio Monardo per una Crisi da Sovraindebitamento di una SAS

Gestire una crisi da sovraindebitamento in una SAS (Società in Accomandita Semplice) richiede competenze particolari: la diversa responsabilità tra soci accomandatari e soci accomandanti può complicare molto la tutela dei patrimoni personali. In questa situazione, affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo è la scelta più intelligente per risolvere il problema senza compromettere il futuro della società e dei suoi soci.

Un Esperto delle Dinamiche Complesse della SAS

L’Avvocato Monardo, coordinatore di una rete nazionale di avvocati e commercialisti specializzati in diritto bancario e tributario, conosce perfettamente le specificità giuridiche della SAS, come:

  • La responsabilità illimitata dei soci accomandatari
  • La responsabilità limitata dei soci accomandanti (salvo gestione irregolare)
  • Le possibilità di ristrutturare o liquidare i debiti proteggendo al massimo il patrimonio personale

Questa conoscenza gli consente di costruire strategie su misura per ogni tipo di socio, proteggendo chi può essere coinvolto e limitando i danni per chi ha responsabilità più contenute.

Gestore della Crisi da Sovraindebitamento Iscritto Ufficialmente

Come Gestore della Crisi da Sovraindebitamento iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia, l’Avvocato Monardo è abilitato a:

  • Predisporre piani di rientro dei debiti approvati dal Tribunale
  • Gestire procedure di liquidazione controllata per la SAS e per i singoli soci
  • Ottenere l’esdebitazione personale dei soci accomandatari, se incapienti

Inoltre, Monardo è fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), elemento che garantisce competenza certificata e tempi rapidi nella gestione delle pratiche.

Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa

Monardo ha conseguito anche l’abilitazione come Esperto Negoziatore della Crisi di Impresa (D.L. 118/2021). Questa qualifica gli permette di:

  • Evitare il fallimento o la liquidazione coatta della società
  • Negoziare direttamente con i creditori, comprese banche e Agenzia delle Entrate
  • Ristrutturare i debiti attraverso accordi extragiudiziali o procedure concorsuali più snelle

Questo intervento precoce può salvare l’attività della SAS oppure, se necessario, chiudere in modo ordinato, evitando gravi ripercussioni personali sui soci.

Il Supporto Completo in Ogni Fase

Affidandoti all’Avvocato Monardo, potrai contare su:

  • Analisi personalizzata della situazione della SAS e dei singoli soci
  • Consulenza strategica sulla miglior procedura da attivare (accordo di composizione, piano del consumatore, liquidazione controllata)
  • Negoziazione con creditori per ridurre o ristrutturare i debiti
  • Presentazione della domanda presso il Tribunale tramite OCC
  • Difesa legale contro eventuali opposizioni o azioni esecutive

Ogni passo sarà studiato non solo per risolvere i debiti aziendali, ma anche per salvaguardare il patrimonio personale dei soci.

Una Protezione Efficace per Soci Accomandatari e Accomandanti

In una SAS, la crisi non colpisce tutti allo stesso modo.
Monardo individua per ciascun socio la soluzione più protettiva, distinguendo le posizioni dei soci accomandatari (più esposti) da quelle degli accomandanti (più tutelabili).

Il suo intervento mira a:

  • Limitare l’aggressione patrimoniale ai soli responsabili effettivi
  • Proteggere i soci accomandanti da ingiuste azioni esecutive
  • Consentire ai soci in buona fede di ottenere l’esdebitazione personale

In conclusione

La gestione della crisi da sovraindebitamento in una SAS è una corsa contro il tempo e contro gli errori.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa poter contare su una guida esperta, autorevole e perfettamente aggiornata, capace di difendere gli interessi della società e dei singoli soci.

Con Monardo al tuo fianco, potrai risolvere la crisi, proteggere i beni personali e costruire una nuova opportunità di ripartenza.

Qui di seguito tutti i contatti del nostro Studio Legale specializzato in cancellazione debiti di S.a.s:

Leggi con attenzione: Se stai affrontando difficoltà con il Fisco e hai bisogno di una rapida valutazione delle tue cartelle esattoriali e dei debiti, non esitare a contattarci. Siamo pronti ad aiutarti immediatamente! Scrivici su WhatsApp al numero 351.3169721 oppure inviaci un’e-mail all’indirizzo info@fattirimborsare.com. Ti ricontatteremo entro un’ora per offrirti supporto immediato.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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