Sovraindebitamento Da Debiti Tributari: Cosa Fare Per Difendersi?

Il “sovraindebitamento” è la situazione in cui un debitore non imprenditore non riesce più a far fronte in modo regolare alle proprie obbligazioni, anche perché ha accumulato ingenti debiti, spesso di natura tributaria o contributiva. Grazie alle norme introdotte con la Legge 3/2012 (nota come “salva-suicidi”) e dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019, aggiornato nel 2024 dal D.Lgs. 136/2024), chi si trova in queste condizioni può accedere a specifiche procedure di composizione della crisi per rinegoziare o ridurre il debito fiscale e, in alcuni casi, ottenere l’esdebitazione (la cancellazione dei residui). Queste norme nascono dal riconoscimento che il fallimento economico non è sempre una colpa, ma può dipendere da eventi imprevisti (perdita di lavoro, malattia, crisi di mercato, ecc.) e devono fornire strumenti di tutela al debitore. L’Agenzia delle Entrate ha confermato ufficialmente che “nei debiti risanabili attraverso la composizione della crisi da sovraindebitamento rientrano anche quelli di natura tributaria”: ciò significa che imposte, tasse e contributi possono essere oggetto delle procedure di ristrutturazione, sempre nei limiti previsti dalla legge.

In questa guida di Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti tributari, esamineremo in dettaglio il quadro normativo aggiornato, i concetti chiave (sovraindebitamento, meritevolezza, esigibilità), chi può accedere alle procedure, quali debiti possono essere inclusi e come funzionano i diversi strumenti (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata). Vedremo la durata tipica delle procedure, i costi (onorari dell’OCC, spese legali e giudiziali) e cosa avviene dopo l’omologa, forniremo esempi pratici (pensionati, artigiani, disoccupati, conti pignorati, immobili in liquidazione) e analizzeremo quando è possibile ottenere o meno l’esdebitazione.

Ma andiamo ora ad approfondire con Studio Monardo, gli avvocati esperti in cancellazione debiti con il Fisco:

Che cosa si intende per sovraindebitamento tributario?

Il sovraindebitamento è una condizione di grave squilibrio finanziario del debitore, per cui le obbligazioni già assunte superano largamente le risorse patrimoniali e reddituali disponibili. Il Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019) definisce lo stato di crisi come «lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza, manifestato con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi». In pratica, il debitore è in sovraindebitamento quando non riesce a pagare regolarmente i debiti scaduti e si trova nella condizione di insolvenza (debitore che «non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni»). Nel caso del sovraindebitamento tributario, l’insolvenza deriva in gran parte o interamente da debiti fiscali o contributivi (cartelle esattoriali, avvisi bonari, finanziamenti pubblici con obbligo di restituzione, debiti INPS, ecc.). È però importante sottolineare che il concetto si applica anche quando i debiti fiscali si sommano ad altre passività (mutui, prestiti, debiti privati): basta che il totale dei debiti sia insostenibile rispetto a beni e redditi.

La legge vigente, in particolare la c.d. Legge Salva-Suicidi (L. 3/2012) e il successivo Codice della Crisi d’Impresa (D.Lgs. 14/2019, entrato in vigore nel 2020 e aggiornato dal Decreto “Correttivo-ter” n.136/2024), riconosce questo stato di gravità economica e fornisce strumenti legali affinché il debitore possa proporre piani di rientro personalizzati. Lo scopo è evitare il soffocamento del debitore mediante azioni esecutive acute (pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi) e permettere una riduzione del carico fiscale quando necessario, anche tramite parziali cancellazioni di debiti, accompagnate in alcuni casi da una definitiva liberazione dai residui (esdebitazione). La filosofia normativa è chiara: il fallimento economico non è sempre colpa del debitore, e deve essere evitata la spirale per cui una persona disperata sia costretta a compiere atti estremi.

Il fisco stesso recepisce questa impostazione: un’importante circolare dell’Agenzia delle Entrate ha affermato espressamente che «nei debiti risanabili attraverso la composizione della crisi da sovraindebitamento rientrano anche quelli di natura tributaria» (1). Ciò conferma che imposte come IRPEF, IVA, IMU, IRES, IRAP, tributi locali, contributi previdenziali (INPS) e simili sono potenzialmente trattabili nel piano, purché rispettino i requisiti di legge (es. esser esigibili al momento della domanda). In sintesi, il “sovraindebitamento tributario” è semplicemente il caso del sovraindebitamento che coinvolge rilevanti esposizioni verso Agenzia delle Entrate e altri enti di riscossione.

Chi può accedere alle procedure di composizione della crisi?

Per accedere alle procedure di sovraindebitamento devono ricorrere particolari soggetti non fallibili (cioè esclusi dalle procedure fallimentari ordinarie) che si trovano in stato di crisi. In generale:

  • Consumatori: persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività d’impresa o professionale (spese di famiglia, acquisti personali, mutui sulla prima casa, prestiti personali, debiti con carte di credito, ecc.). Includono anche gli eredi di imprenditori defunti che continuano a pagare debiti dell’impresa ereditata. Il piano del consumatore è rivolto esclusivamente a questi soggetti (privati non imprenditori).
  • Lavoratori autonomi e professionisti: persone fisiche che esercitano attività artigianali, professionali o di lavoro autonomo (es. avvocati, geometri, artigiani, artisti) e che hanno contratti debiti (anche tributari) relativi alla propria attività o personali. Tali soggetti sono considerati “non imprenditori commerciali” e, benché abbiano partita IVA, possono usare le procedure di sovraindebitamento. L’iscritto all’albo professionale (avvocato, architetto, notaio, ecc.) che non gestisce un’impresa commerciale rientra anch’esso in questa categoria.
  • Imprenditori agricoli: agricoltori e coltivatori diretti che abbiano contratto debiti in crisi con la propria azienda. L’art. 7 della Legge 3/2012 estendeva espressamente la tutela anche a questi soggetti.
  • Start-up innovative: società di capitali con particolari requisiti di legge (non quotate e con caratteristiche innovative) anche se normalmente socie di capitali. La normativa prevede che le start-up innovative siano escluse dalle tradizionali procedure concorsuali (come fallimento) e possano accedere invece agli strumenti di composizione della crisi.
  • Piccole imprese commerciali (sotto soglia): imprese (anche individuali, di persone o di capitali) che non superano determinati limiti dimensionali indicati dall’art. 1 della Legge Fallimentare. In pratica, si tratta delle imprese con fatturato, patrimonio e debiti limitati: attivo patrimoniale annuo fino a €300.000, ricavi annui fino a €200.000 e debiti totali (anche non ancora scaduti) fino a €500.000. Queste imprese “mini” non sono soggette alla procedura fallimentare, ma possono accedere al concordato minore o alla liquidazione controllata del sovraindebitato per risanare la crisi.
  • Imprenditori cessati da oltre 1 anno: chi ha interrotto l’attività da almeno un anno e rispetta i requisiti dimensionali sopra indicati può richiedere il concordato minore o la liquidazione controllata.
  • Società di persone e professionali: soci illimitatamente responsabili di SRL o SAS, società semplici o professionali, associazioni professionali, studi associati, ecc. In sostanza tutte le forme in cui i soci rispondono col proprio patrimonio personale e che non rientrano nelle procedure concorsuali ordinarie.
  • Enti non commerciali privati: ONLUS, associazioni riconosciute, associazioni sportive, fondazioni di diritto privato, ecc., che hanno contratto debiti tributari o prestiti ed ora non possono pagarli. Anche queste entità, pur essendo “persone giuridiche”, sono considerate non soggette a fallimento e possono avvalersi delle procedure di sovraindebitamento.

Tutti questi soggetti devono trovarsi nello stato di sovraindebitamento sopra descritto, ossia con debiti (tributari e non) tali da rendere manifesta la difficoltà di adempimento regolare. L’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) verificherà che il debitore abbia questa condizione di crisi patrimoniale. In sintesi, possono accedere alle procedure le persone fisiche, professionisti e imprese “non fallibili” in quanto piccole o non commerciali, non invece le grandi società, banche o enti pubblici (Stato, Regioni, Comuni, ecc.).

Quali debiti tributari possono essere inclusi nella composizione della crisi?

Nella composizione della crisi sono inclusi in linea di principio tutti i debiti tributari esigibili al momento dell’istanza, gestiti sia dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (Equitalia) sia dagli enti locali o da altri enti di riscossione (ad es. Equitalia per INPS/INAIL, imposte municipali, tributi regionali, ecc.). Sono ammessi debiti quali IRPEF, IRES, IRAP, IVA (nazionale e comunale), imposta di bollo, IMU/TASI, TARI, tributi catastali, etc., nonché contributi previdenziali o assistenziali gestiti da INPS/INAIL e accessori (interessi e sanzioni).

Esclusioni particolari: non sono invece trattabili attraverso queste procedure i cosiddetti tributi di risorse proprie dell’UE (ad esempio una parte dell’IVA all’importazione e certe accise), in quanto sono considerati indisponibili. Analogamente, non si negozia con gli enti previdenziali o assicurativi (es. INPS/INAIL) all’interno della composizione negoziata (anche se, nel piano del consumatore o nel concordato minore, i contributi vengono trattati come altri crediti statali). Inoltre, debiti non ancora scaduti (per esempio debiti fiscali su fatture future) non possono essere inseriti nel piano: si considerano solo le somme già esigibili o affidate alla riscossione.

Da ultimo, ricorderemo che la normativa pone alcuni limiti ulteriori: ad esempio, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’IVA (essendo un’entrata dell’UE) in ogni caso va pagata integralmente e non può essere “falcidiata” attraverso il piano (1). Tuttavia, il recente correttivo (D.Lgs. 136/2024) ha aperto la possibilità di proporre il pagamento parziale o dilazionato anche di tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione (in un piano di ristrutturazione “soggetto a omologazione”), superando alcune limitazioni pregresse. In sintesi, nel piano di consumatore o nel concordato minore si può chiedere una forte riduzione dei tributi se giustificato dalla situazione economica, mentre nelle nuove procedure negoziate del Codice è possibile chiedere comunque dilazioni e parzializzazioni (con opportuna relazione di un professionista).

Quali sono le procedure disponibili per affrontare il sovraindebitamento?

La legge prevede quattro strumenti giuridici principali per risolvere il sovraindebitamento nei soggetti non fallibili:

  1. Piano del consumatore: destinato esclusivamente ai consumatori (persone fisiche non imprenditori) che hanno debiti per fini personali. Consiste in un piano di rientro del debito, che può prevedere una riduzione (falcidia) o dilazione delle somme dovute in base alle reali capacità reddituali. Non richiede l’accordo preventivo dei creditori, ma deve essere omologato dal Tribunale: in pratica il giudice valuta la sostenibilità del piano e delibera (omologa) se ritiene congrua la proposta. Dopo l’omologa, il debitore segue il piano – durante il quale sono sospese le azioni esecutive e cautelari – e se adempie ottiene l’eliminazione dei debiti residui al termine.
  2. Concordato minore (accordo di composizione della crisi): rivolto ai piccoli imprenditori commerciali o professionali (sotto soglia) e alle società di persone o di capitali “minori” che hanno esercitato attività. È simile al concordato preventivo delle imprese più grandi, ma con procedure semplificate (per questi soggetti non fallibili). Anche qui il debitore propone un piano (di continuità o liquidatorio) che preveda il pagamento integrale o parziale dei debiti in scadenze concordate. Il piano del concordato minore richiede invece l’accordo dei creditori (minimo una classe di creditori favorevole) e viene anch’esso omologato dal Tribunale. L’esdebitazione dei residui si ottiene con il completamento della procedura concordataria.
  3. Liquidazione controllata del sovraindebitato: una procedura di liquidazione del patrimonio riservata a tutti i soggetti in sovraindebitamento che non dispongono di redditi sufficienti a coprire i debiti. Il debitore si propone volontariamente di mettere a disposizione tutti i suoi beni per essere liquidati e soddisfare i creditori nella misura del ricavato. Un professionista (liquidatore controllato) nomina un OCC e procede alla liquidazione dei beni, sotto il controllo del Tribunale. I ricavi vengono ripartiti tra i creditori, privilegi e chirografari, seguendo le priorità di legge. Al termine, i debiti residui che non sono stati pagati – se ci sono – possono essere cancellati con la procedura di esdebitazione dell’incapiente (come vedremo).
  4. Esdebitazione del debitore incapiente: è un istituto introdotto dal Codice della Crisi (art. 124 e ss. CCII) che consente di cancellare totalmente i debiti residui di chi, anche dopo la liquidazione controllata, non ha alcuna utilità da offrire ai creditori. La legge richiede che il debitore sia persona fisica “meritevole” e totalmente incapiente (nessun reddito o patrimonio disponibile) e prevede che l’esdebitazione possa essere concessa una sola volta nella vita. Al pari del fallimento, l’esdebitazione prescrive che entro quattro anni dopo il decreto finale il debitore non faccia emergere risorse utili per i creditori: se però dovessero emergere, una piccola percentuale dovuta (almeno il 10%) dovrà essere versata. Questa procedura è un rimedio estremo, riservato a chi non ha altra possibilità e conclude la liquidazione controllata; di fatto è la via legale per “partire da zero” dopo aver estinto tutto ciò che era possibile.

Nei fatti questi strumenti sono flessibili e talvolta combinabili: ad esempio, un debitore può presentare prime una composizione negoziata (in fase stragiudiziale) con l’assistenza di un esperto indipendente, per ottenere subito misure sospensive e trattare con il fisco, e poi se necessario convertire quella proposta in un piano del consumatore o in un concordato minore da omologare in tribunale. Ciò premesso, di seguito approfondiremo le caratteristiche principali di ciascuna procedura.

Cosa prevede il piano del consumatore?

Il piano del consumatore è destinato solo alle persone fisiche non imprenditori (o loro eredi) in sovraindebitamento. Non richiede l’accordo dei creditori: basta che la proposta del debitore venga depositata al Tribunale dal Professionista OCC (Organismo di Composizione della Crisi) competente e che il Giudice la omologhi. Nel piano si indica come il debitore intende soddisfare i creditori in base al proprio reddito e patrimonio. Ad esempio, si può proporre:

  • Una dilazione delle somme residue su più anni compatibilmente con i futuri redditi del debitore,
  • e/o una riduzione (falcidia) dei debiti (anche non tributari) che il debitore in realtà non è in grado di pagare interamente. Il piano può contenere quote di stralcio di debito giustificate dalla mancanza di risorse, purché il giudice ritenga la proposta sostenibile.

Dal punto di vista pratico, la legge impone che il piano duri almeno tre anni e fino a un massimo di dieci. Durante la durata del piano, tutte le azioni esecutive (pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi, sequestri) su beni del debitore rimangono sospese o inefficaci. Se il debitore rispetta il piano (cioè paga regolarmente le rate previste), alla fine del piano stesso tutte le rimanenze di debito (fiscali e non) vengono eliminate: si ottiene quindi l’esdebitazione del residuo. Se invece il piano viene disatteso, la procedura decade e si tornano alle normali azioni di riscossione.

In termini di requisito soggettivo, il debitore deve risultare meritevole, cioè non deve aver cagionato la propria crisi con dolo o colpa grave. Il giudice verificherà che il debitore abbia adottato un comportamento diligente e che la sua condizione derivi da fattori obiettivi (crisi di mercato, spese impreviste, perdita di lavoro, malattia, ecc.). Questa valutazione è delicata: è responsabilità del professionista OCC dimostrare che il piano è basato su dati veri e che il debitore merita aiuto. In mancanza di meritevolezza (per esempio frodi o indebite vendite patrimoniali pregresso), l’istanza viene rigettata. Le misure protettive (suspension of executions) possono essere concesse anche nel piano del consumatore come nel concordato minore.

Cosa prevede il concordato minore?

Il concordato minore (tecnicamente “accordo di composizione della crisi” previsto dagli artt. 74-88 CCII) è riservato ai soggetti imprenditoriali sotto soglia (piccole imprese, commerciali o professionali) e alle loro società (anche di persone o capitali) che hanno cessato da non più di 1 anno. Questo strumento è simile al concordato preventivo delle imprese più grandi, ma con procedure semplificate. Il debitore propone un piano di rientro che deve garantire in ogni caso la prosecuzione dell’attività (piano in continuità) o, in alternativa, includere l’apporto di risorse esterne per aumentare il soddisfacimento dei creditori, secondo gli schemi previsti dalla legge.

Al pari del piano del consumatore, durante il concordato minore il debitore gode di un automatic stay (blocco) delle esecuzioni: non si può procedere a pignoramenti o altri sequestri dei beni oggetto del concordato prima che sia deciso dal tribunale. A differenza però del piano del consumatore, qui è necessario il consenso dei creditori. Infatti la proposta di concordato deve essere approvata da almeno una classe di creditori utile e, se soddisfa tale requisito, il tribunale omologa il piano. Il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione (privilegi, pegni) non è rigoroso come nel fallimento generale, purché i creditori in un determinato grado vengano soddisfatti nella misura realizzabile (art. 2778 c.c.). Sulle modalità di classificazione dei creditori, sulle percentuali di soddisfacimento minime e sulle relazioni tecniche, valgono regole analoghe a quelle del concordato preventivo.

Obbligo chiave: difesa tecnica e assistenza OCC. Il decreto legislativo impone che “ogni debitore che propone un concordato minore deve farsi assistere da un OCC, che in questo istituto svolge un ruolo fondamentale competendogli la formulazione della domanda, del piano e della proposta”. In pratica, l’Organismo (OCC) formula il piano insieme all’imprenditore e ne attesta la fattibilità. Il tribunale, una volta ricevuta la relazione dell’OCC, valuta la ragionevolezza del progetto rispetto all’alternativa liquidatoria e verifica la completezza della documentazione. Alla fine, se il concordato viene eseguito con successo, il debitore ottiene l’esdebitazione dei residui (così come per il piano del consumatore). In caso di inadempienza, scattano le ordinarie azioni esecutive.

Che cos’è la liquidazione controllata del sovraindebitato?

La liquidazione controllata è una procedura fallimentare ma riservata ai soggetti non fallibili (privati, piccoli imprenditori, ecc.) che non hanno redditi o attività sufficienti per un piano di rientro e preferiscono realizzare il patrimonio. In pratica, il debitore (anche consumatore) decide di mettere volontariamente a disposizione tutti i suoi beni per liquidarli. A seguito dell’istanza del debitore, il tribunale nomina un liquidatore giudiziale apposito e un OCC; il liquidatore procede alla raccolta e vendita dei beni del debitore (immobili, mobili, crediti, titoli, ecc.) sotto la supervisione del giudice.

Il ricavato della vendita costituisce un “patrimonio disponibile” da suddividere tra i creditori secondo le regole di legge (privilegi, pegni, chirografari) – in sostanza come nella liquidazione fallimentare (art. 102-113 L.F.). Ciò che resta non riscosso dai creditori si considera residuo della liquidazione. I crediti presenti nel piano dopo la vendita verranno pagati fino al massimo del ricavato; i creditori insoddisfatti riceveranno solo la parte spettante in percentuale. Al termine della liquidazione controllata, i debiti residui (fiscali e di altro tipo) non pagati possono essere spazzati via attraverso la procedura di esdebitazione del debitore incapiente.

È importante notare che il debitore, in caso di liquidazione, rinuncia all’attività: questa soluzione non prevede alcuna forma di continuità e presuppone che sia preferibile mettere fine ai rapporti con i creditori vendendo i beni. La liquidazione controllata è ammessa anche in assenza di colpa del debitore (ad esempio un consumatore che, essendo in condizioni drammatiche, decide spontaneamente di liquidare il suo patrimonio). L’accesso può essere richiesto dal debitore oppure – in casi estremi – dai creditori (ex art. 14-bis D.Lgs.14/2019). Anche in questa procedura le spese del tribunale (contributo unificato) e gli onorari del liquidatore e dell’OCC vengono pagate in prededuzione (ossia prima degli altri creditori).

Che cosa si intende per meritevolezza ed esigibilità nelle procedure di composizione della crisi?

Nelle procedure di composizione della crisi il legislatore impone che il debitore meritevole ottenga tutela. Il concetto di meritevolezza significa, in estrema sintesi, che il debitore non deve aver provocato volutamente la propria crisi con comportamenti fraudolenti o gravemente colposi. Ad esempio, non è meritevole chi ha occultato beni o ha compiuto vendite di mobili strumentali poco prima della domanda. La valutazione è discrezionale e considera il comportamento complessivo del debitore: viene espressamente richiesto che «non sussistano cause di esclusione, quali l’assunzione di obbligazioni con dolo o colpa grave» (art. 7 L.3/2012) o comportamenti idonei a imputare a sé la crisi. In pratica, l’OCC e il giudice si assicurano che il piano non sia un modo per truffare i creditori, per esempio promettendo pagamenti basati su dichiarazioni di reddito false. Se il debitore risulta immeritevole (ad es. perché ha procurato la crisi attraverso frodi), la procedura è respinta e non si omologa alcun piano.

Il concetto di esigibilità riguarda invece il requisito oggettivo: nei piani possono rientrare solo i debiti scaduti e liquidati, ossia quelli per i quali è già sorta l’obbligazione di pagamento al momento della domanda. Non si possono inserire crediti fiscali futuri o sospesi. Ciò vuol dire che gli importi riportati nelle cartelle esattoriali o negli avvisi di accertamento sono ammissibili, mentre rate ancora in corso o debiti ipotizzati non sono trattabili finché non diventino esigibili. Questa regola deriva dal fatto che la procedura mira a soddisfare debiti certi e già maturati.

Nel caso di debiti tributari, l’esigibilità è particolarmente importante: ad esempio, un’eventuale saldo e stralcio o condono dovrebbero aver già determinato la definizione del debito prima di presentare la domanda. Lo stesso vale per la transazione fiscale: se vi è una procedura pendente per un debito tributario (es. un’istanza di rateizzo), solo gli importi residui esigibili possono essere oggetto di riduzione. In ogni caso, la circolare dell’Agenzia delle Entrate cita l’art. 25 D.L. 179/2012, sottolineando che «nell’ambito della procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento rientrano anche i tributi locali» (1), quindi l’esclusione per esigibilità riguarda principalmente il carattere maturato o meno del debito.

Quanto durano le procedure di sovraindebitamento e cosa succede dopo l’omologa?

La durata effettiva delle procedure può variare a seconda del caso, ma la legge stabilisce dei limiti. In generale:

  • Il piano del consumatore viene solitamente progettato su un arco temporale non inferiore a 3 anni (spesso 3-5 anni) e non superiore a 10 anni. I piani brevi (3-5 anni) sono i più comuni, poiché richiedere più tempo implicherebbe un maggior rischio di eventi imprevedibili. Durante questo periodo il debitore versa rate periodiche stabilite dal piano. Appena il piano viene omologato, si instaura una fase esecutiva controllata: dal giorno dell’omologa ogni azione esecutiva resta sospesa fino alla chiusura della procedura. Se il debitore paga regolarmente per tutta la durata, al termine ottiene l’annullamento di ogni residuo di debito. Se invece fallisce nell’adempimento, l’omologa decade, i creditori riprendono le vie di fatto e l’esposizione tributaria (con interessi e sanzioni) torna attiva.
  • Il concordato minore ha durata solitamente analoga: il piano concordatario deve indicare tempi specifici e modalità di pagamento fino a un massimo di 3-5 anni per il soddisfacimento dei creditori. Dopo l’omologa, il debitore segue il piano e le azioni esecutive restano sospese. Se il concordato viene eseguito con successo (creditori soddisfatti nei limiti del piano), il debitore ottiene l’esdebitazione dei residui. In caso di inadempienza parziale, il giudice può dichiarare il fallimento (o in caso di soggetto non fallibile può disporre la liquidazione controllata d’ufficio) e il debitore perderà i benefici concordatari.
  • La liquidazione controllata dura in media 3 anni (con possibilità di proroga fino a 5 anni in casi particolarmente complessi). La legge fissa come termine ragionevole tre anni per la liquidazione, al termine dei quali dovrebbe essersi conclusa la vendita dei beni. Tuttavia, tribunali e OCC spesso stimano realistiche durate anche più brevi (2-3 anni) se il patrimonio non è ingente. Durante la liquidazione, il giudice nomina anche eventuali commissari o curatori regionali per vigilare, ma l’OCC prosegue nel suo ruolo di assistenza e controllo. Al termine del procedimento, il liquidatore redige una relazione finale con la distinta dei proventi e le percentuali ottenute da ciascuna classe di creditori. Il debitore, da parte sua, non versa più nulla perché la procedura era su suoi beni. Alla chiusura, i debiti residui che non hanno trovato soddisfazione mediante la liquidazione possono essere cancellati attraverso l’esdebitazione del debitore incapiente (se questa viene concessa), oppure il loro pagamento sarà considerato definitivamente impossibile.

In tutti i casi, terminata con esito positivo una procedura di sovraindebitamento (piano o concordato), il Tribunale emette un decreto che dichiara conclusa la procedura e dispone l’esdebitazione dei debiti residui, liberando il debitore per il futuro. Questo significa che il soggetto può riprendere la vita economica senza più essere aggredito dai vecchi creditori (specialmente il Fisco). Se la procedura invece si chiude con esito negativo (rejection o fallimento), non si ottiene l’esdebitazione e il soggetto rimane esposto ai creditori come prima.

Quanto costa avviare una procedura di sovraindebitamento per debiti tributari?

L’accesso alle procedure di sovraindebitamento comporta alcuni costi, sia fissi che proporzionali, da sostenere in parte dal debitore e in parte con somme trattenute in prededuzione (cioè pagate prima di tutti gli altri creditori). I principali oneri sono i seguenti:

  • Contributo unificato per il tribunale: per il deposito dell’istanza è richiesto un contributo fisso, che varia secondo il tipo di debitore. Ad oggi, il Tribunale chiede 244 euro (IVA inclusa) se il richiedente è qualificabile come consumatore, e 366 euro (IVA inclusa) se è imprenditore o impresa. Questa somma viene versata in un’unica soluzione al momento dell’istanza. Tale contributo copre le spese giudiziali di cancelleria e di notifica.
  • Compensi dell’OCC (Organismo di composizione della crisi): L’OCC, composto da professionisti iscritti nell’apposito registro ministeriale, ha il compito di valutare la fattibilità del piano, assistere il debitore nella redazione della proposta e infine vigilare sull’esecuzione. Il compenso spettante all’OCC è calcolato in base al Decreto Ministeriale 202/2014 (che prevede percentuali sull’attivo realizzato del debitore) e può variare considerevolmente a seconda della complessità della pratica e dell’entità del piano. All’OCC spetta inoltre un rimborso forfettario delle spese generali pari al 15% del suo compenso (sempre ai sensi del DM 202/2014) e il rimborso delle eventuali spese documentate (es. copie, perizie, ecc.). In concreto, l’OCC fornisce un preventivo prima dell’avvio della procedura. Può applicare riduzioni (ad esempio uno sconto del 40% sui compensi o l’applicazione delle tariffe minime) tenendo conto del caso concreto. I pagamenti all’OCC avvengono in più tranche: ad es. un primo acconto (circa il 30%) alla accettazione dell’incarico, un secondo acconto prima del deposito del piano in tribunale, e il saldo finale (spesso in prededuzione) al momento dell’omologa.
  • Onorari del professionista legale: La legge non stabilisce una tariffa fissa per l’avvocato, ma ovviamente serve un difensore per redigere gli atti. Lo studio dell’avvocato specializzato seguirà la preparazione dell’istanza e del piano. In genere, gli onorari dell’avvocato vengono concordati col cliente e possono essere basati su parametri analoghi a quelli delle liquidazioni giudiziali (contributo unificato, percentuali sul passivo risanato, ecc.). Non esistono vincoli particolari, ma spesso si lavora con parcelle commisurate alla difficoltà dell’incarico.
  • Spese tecniche e giudiziarie: Possono essere richiesti i contributi per il deposito degli atti, le notifiche ai creditori, oneri per perizie o consulenze che il Tribunale ritenga necessarie. Ad esempio, nelle procedure si allegano documenti contabili, visure catastali, relazioni peritali; se il tribunale nomina un Commissario o un Curatore (nel concordato o liquidazione), si devono pagare anche i relativi onorari come prededuzione. Questi costi variano a seconda della complessità, ma rientrano nella “fideiussione” in prededuzione coperta dai beni del debitore.
  • Sospensione delle spese esecutive: Un vantaggio pratico è che, sin dalla richiesta di ingresso nella procedura (o da subito dopo il deposito al tribunale), il debitore ottiene efficacia sospensiva sulle azioni esecutive in corso. Ciò significa che, pur pagando qualche contributo iniziale, di fatto si bloccano pignoramenti e ipoteche sulle somme future o sui beni oggetto di vendita. Quindi il vantaggio immediato supera spesso di molto il costo: si possono ottenere dilazioni senza esborsi pesanti immediati.

In definitiva, i costi caratteristici sono il contributo di tribunale (244 o 366 euro), gli onorari OCC (calcolati percentualmente), le parcelle professionali (avvocato) e le spese tecniche. Tuttavia questi oneri sono recuperati in prededuzione dai proventi del piano o della liquidazione. Un OcC può anche applicare agevolazioni (e il contributo unificato è contenuto) così che, se le risorse del debitore sono davvero scarse, l’onere economico effettivo può risultare ragionevole rispetto al beneficio ottenuto (stop alle esecuzioni e possibile riduzione del debito).

Esempi pratici di situazioni di sovraindebitamento tributario e come risolverle

Per chiarire come si applicano queste soluzioni, consideriamo alcuni casi concreti:

  • Pensionato indebitato: Mario, pensionato con reddito modesto, ha contratto debiti tributari e previdenziali (imposte arretrate, contributi INPS e trattenute non versate) a causa di problemi familiari. Non ha partita IVA né attività imprenditoriale. In questo caso si può ricorrere facilmente al piano del consumatore. Con l’OCC il pensionato redige un piano dove si prevede il rimborso rateale dei debiti con piccole rate mensili compatibili con la sua pensione. Durante il piano vengono sospesi i pignoramenti (ad es. pignoramento dello stipendio/ pensione) e, al termine del piano (tipicamente 3-5 anni), i residui tributari vengono cancellati. Il tribunale omologa la proposta se la ritiene sostenibile in relazione al reddito.
  • Artigiano con partite IVA: Lucia, titolare di una piccola ditta artigiana, deve debiti IRES/IVA dovuti a periodi di crisi dell’attività. Ha un reddito irregolare e teme azioni esecutive (ha già un primo pignoramento sul conto). Può utilizzare il concordato minore: con l’avvocato e l’OCC, propone un piano di continuità (continua a lavorare) che prevede di versare una certa percentuale dei ricavi futuri ai creditori, attenendosi al piano concordatario. Fin quando il concordato è pendente, anche qui i pignoramenti sui conti correnti restano sospesi. Se il piano le permette di onorare almeno una quota ragionevole dei debiti, il tribunale lo omologa e Lucia ripaga secondo il programma. I residui (ad esempio vecchi contributi non versati) sono spazzati via all’omologa finalizzato.
  • Disoccupato con debiti fiscali: Giorgio era un lavoratore dipendente e ora senza lavoro, con cartelle esattoriali arretrate. Non ha partita IVA né immobili, solo qualche risparmio esiguo e reddito nullo. Per lui la soluzione può essere prima la liquidazione controllata: dato che non ha redditi, offre al tribunale i suoi pochi beni (magari un’auto, alcuni mobili) che vengono venduti a un professionista. Poiché però il valore è molto limitato, i creditori (Agenzia delle Entrate, INPS) riceveranno solo una piccola percentuale di soddisfazione. Al termine, Giorgio è ancora sovraindebitato, ma grazie alla procedura potrà chiedere l’esdebitazione dell’incapiente: i debiti residui (soprattutto fiscali) verranno cancellati, permettendogli di ripartire da zero senza dover mai più ripagarli.
  • Posizione con conti pignorati e immobili ipotecati: Immaginiamo Carla, insegnante, con debiti verso l’Agenzia delle Entrate; il suo conto corrente è già gravato da pignoramenti (per decurtare la pensione) e la banca le ha ipotecato casa per un prestito non pagato. Carla può iniziare un piano del consumatore: il giudice sospende immediatamente le azioni esecutive (i pignoramenti sul conto) e congela l’ipoteca: la casa non viene subito sequestrata. Con un piano di rientro, Carla paga piccole rate mensili. Se onora il piano fino alla fine, oltre a cancellare il debito fiscale residuo otterrà anche la liberazione dell’ipoteca (la banca restituisce l’immobile) e la fine dei pignoramenti. Se invece Carla non può rateizzare abbastanza e non rispetta il piano, allora dovrà proseguire con la liquidazione controllata (vendere la casa) ma in ogni caso non avrà un debito residuo perché il piano del consumatore non è stato onorato.
  • Immobili e azienda in liquidazione: Rossi S.r.l., piccola impresa edile, non ha i soldi per pagare IVA e IRES e deve chiudere. L’amministratore decide di accedere alla liquidazione controllata: una volta aperta, i macchinari, i materiali e l’immobile di proprietà vengono messi in vendita sotto controllo. Supponiamo che il ricavato arrivi a pagare solo il 30% dei crediti; il resto rimane debito. In uscita, l’azienda – ora cessata – potrà chiedere l’esdebitazione dei soci illimitatamente responsabili: i debiti residui verso fisco e fornitori verranno cancellati, perché è stato fatto tutto il possibile con la liquidazione.

Questi esempi evidenziano come le soluzioni varino in base al profilo del debitore (privato, autonomo, impresa) e alla disponibilità di risorse. L’elemento chiave è che tutte le procedure offrono una forma di protezione legale, bloccando le azioni esecutive contro il debitore durante il processo di ristrutturazione o liquidazione. Una volta conclusa la procedura positivamente, il debitore ottiene l’annullamento dei debiti residuali (esdebitazione): questo vale sia per i privati (piano consumatore) sia per i piccoli imprenditori (concordato minore) sia per i soggetti senza reddito (liquidazione + esdebitazione).

Quando si ottiene l’esdebitazione per la cancellazione dei debiti tributari e quando no?

L’esdebitazione è il risultato finale sperato: la cancellazione dei debiti che non sono stati pagati nel piano o nella liquidazione. Ecco i casi tipici:

  • Sì, è ottenibile: Nei piani del consumatore e nei concordati minori, il decreto di omologa della proposta comporta automaticamente l’esdebitazione dei debiti residui. Cioè, alla chiusura con esito positivo (il debitore ha rispettato il piano e i creditori hanno incassato le somme pattuite), qualunque parte di debito rimasta si considera estinta. Allo stesso modo, nel caso della liquidazione controllata chiusa positivamente, i crediti residui che non hanno trovato soddisfazione con le vendite dei beni possono essere cancellati.
  • No, non si ottiene (casi di diniego): Non si avrà esdebitazione se il piano/concordato non viene eseguito correttamente (mancato pagamento delle rate). In tal caso la procedura decade e il debitore resta esposto a pagare come prima. Inoltre, l’esdebitazione può essere negata se emergono elementi di mancanza di meritevolezza: ad esempio, il tribunale può revocarla se scopre che il debitore ha fatto dichiarazioni false o operazioni fittizie nell’ambito della procedura. Infine, se al termine della liquidazione controllata emergessero nuove risorse non dichiarate, l’esdebitazione verrebbe revocata e il debitore sarebbe obbligato a pagare almeno il 10% di quanto dovuto.
  • Solo parziale (salvo-sopravvenienze): Se durante la procedura sorgono nuovi crediti non dichiarati, il giudice può decidere di non concedere l’esdebitazione su di essi.

È bene sottolineare che l’esdebitazione è concessa una sola volta nella vita del debitore (1). Se in futuro il debitore ricorrerà nuovamente alle procedure dopo aver già ottenuto l’esdebitazione una prima volta, questa seconda richiesta verrà rigettata dalla legge.

Per esito positivo della procedura si intende che il debitore ha adempiuto pienamente al piano o che la liquidazione è stata portata a termine nel rispetto delle regole. Il tribunale emette un decreto di omologa (per piani o concordati) o un decreto di chiusura (liquidazione), che sancisce in via definitiva la conclusione. Il decreto contiene l’espresso riconoscimento dell’esdebitazione dei debiti residui. A quel punto il debitore è “saltato fuori dal buco”: tutte le cartelle non pagate non potranno più essere reclamate e, nel caso di immobili ipotecati, l’ipoteca verrà cancellata per eccesso di passivo (cioè senza che il debitore versi nulla).

In sintesi, l’esdebitazione è condizionata: si ottiene in presenza di un piano omologato portato a termine, mentre viene negata in caso di esecuzione insufficiente del piano o di comportamenti scorretti. Nel dubbio, è sempre più sicuro per il debitore scegliere una soluzione formale (anche complessa) piuttosto che restare nell’illegalità (omessa dichiarazione o occultamento), perché le procedure di sovraindebitamento forniscono tutela anche contro future richieste del Fisco.

Qual è il ruolo dell’avvocato e dell’OCC? Vantaggi di affidarsi a uno specialista come l’Avv. Monardo di Studio Monardo

L’assistenza di un professionista esperto è fondamentale in ogni fase delle procedure di sovraindebitamento. In particolare, avvocato e Organismo di Composizione della Crisi (OCC) svolgono compiti complementari ma entrambi indispensabili:

  • Organismo di Composizione della Crisi (OCC): è un ente terzo e imparziale, iscritto in un registro ministeriale (tenuto dal Ministero della Giustizia), presso il quale il debitore deve rivolgersi obbligatoriamente. L’OCC ha diversi ruoli chiave: innanzitutto verifica la documentazione economico-finanziaria del debitore (bilanci, dichiarazioni fiscali, stato dei debiti) per attestare la completezza e la veridicità dei dati forniti. In secondo luogo, elabora e presenta con il debitore la proposta di piano di rientro, basandosi sulla situazione patrimoniale e reddituale effettiva. L’OCC infatti “svolge un ruolo fondamentale competendogli la formulazione della domanda, del piano e della proposta”. Infine, durante l’istruttoria, l’OCC assiste il Tribunale nel valutare la convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria. Nel concordato minore, per esempio, l’OCC funge praticamente da attestatore: si assicura che il piano soddisfi i requisiti di legge e che la percentuale proposta garantisca il miglior risultato possibile per i creditori. L’OCC può anche assistere il debitore nel mediare con il fisco (nei casi di composizione negoziata extragiudiziale) e ottenere misure cautelari (come la sospensione del pignoramento) già nella fase preliminare. In caso di concordato, l’OCC accompagna tutta la fase esecutiva del piano, eventualmente segnalando al tribunale criticità emerse.
  • Avvocato (difensore): si tratta di un legale (preferibilmente specializzato in crisi d’impresa e diritto tributario) iscritto all’albo dei Gestori della Crisi. L’avvocato si occupa di redigere formalmente gli atti di istanza e il piano, verificare i criteri di ammissibilità, presentare le memorie e le eventuali opposizioni dei creditori (ad esempio una resistenza da parte dell’Agenzia delle Entrate). Inoltre, coordina il rapporto con l’OCC e con il Tribunale, prepara i documenti richiesti (dichiarazioni dei redditi, bilanci, perizie di stima dei beni, ecc.) e consiglia il debitore strategicamente. Un avvocato competente è in grado di calcolare correttamente le soglie di accesso, simulare il piano più favorevole, gestire i contatti con i creditori pubblici, e curare i profili processuali. Ad esempio, l’Avv. Giuseppe Monardo – esperto accreditato in queste materie – è Gestore della Crisi iscritto al Ministero della Giustizia e fiduciario di un OCC, con competenze in diritto tributario e procedure concorsuali. Affidarsi a un professionista del genere garantisce che la documentazione sia curata nei minimi dettagli, aumentando le probabilità di ottenere l’omologa e le migliori condizioni di piano.
  • La sinergia avvocato+OCC: nei fatti, l’OCC e l’avvocato collaborano strettamente. L’OCC si concentra sull’attestazione economica e sulla fattibilità, mentre l’avvocato controlla la corrispondenza legale delle richieste e gestisce le questioni giudiziali. In ogni procedura (piano, concordato, liquidazione) è necessario che sia presente un difensore legale e un OCC. La legge impone la difesa tecnica obbligatoria e la relazione OCC sempre allegata: il diniego a uno di questi requisiti equivale a rigetto istantaneo della domanda.

I vantaggi di rivolgersi a un professionista esperto come l’Avv. Monardo sono dunque molteplici: conoscenza approfondita del Codice della Crisi, delle circolari fiscali e della giurisprudenza aggiornata, capacità di articolare piani complessi (anche in casi borderline), e soprattutto l’esperienza nel trattare con i creditori pubblici e privati. Uno studio specializzato può anche offrire percorsi personalizzati (ad es. valutare parallelamente soluzioni alternative come opposizioni alle cartelle o saldi&stralci) e gestire le comunicazioni con l’Agenzia delle Entrate/Riscossione.

Strategie pratiche di difesa da pignoramenti e ipoteche

Nel contesto di un sovraindebitamento tributario è essenziale fermare subito le azioni esecutive aggressive, come pignoramenti di stipendi o di conti correnti e iscrizioni ipotecarie. Fortunatamente le procedure di sovraindebitamento offrono apposite tutele:

  • Sospensione immediata delle esecuzioni: già al momento del deposito della domanda (o anche prima, quando si apre una trattativa di composizione negoziata) il debitore può chiedere misure protettive al giudice. In pratica, il tribunale può sospendere ex lege tutti i provvedimenti esecutivi pendenti nei confronti del debitore. Questo significa che, per esempio, pignoramenti su somme o immobili non potranno proseguire. Nella pratica, quando si apre il piano o il concordato, l’avvocato deposita una relazione istruttoria che certifica l’istanza e chiede la sospensione dei pignoramenti. Il tribunale in genere accoglie, concedendo una sorta di “congelamento” legale delle azioni dei creditori.
  • Liquidità minima garantita: la legge prevede (ad es. nel concordato minore) che il debitore possa chiedere di mantenere a sé le somme necessarie a sopravvivere dignitosamente durante il piano (con una modulazione in base al numero di familiari a carico). Ciò impedisce ai creditori di pignorare completamente ogni introito del debitore.
  • Transazione fiscale preventiva: in combinazione con le misure sopra, si può intraprendere una composizione negoziata con l’Agenzia delle Entrate, esponendo all’amministrazione la proposta di pagamento rateale/dilazionato del debito (anche in parte coperto da uno sconto). Se accettata, la transazione fissa i termini di pagamento senza decadenze, mentre il debitore resta protetto dall’azione esecutiva.
  • Opposizioni e ricorsi: parallelamente, fino all’omologa del piano si possono presentare opposizioni alle cartelle esattoriali illegittime e sospendere gli effetti degli atti in autotutela (ad es. opposizione all’esecuzione). Il professionista può valutare ogni contenzioso tributarista aperto per ridurre il passivo prima di inserirlo nel piano.
  • Vendita preventiva dei beni: in alcuni casi, può essere utile vendere autonomamente un bene (es. auto di lusso) e mettere i soldi in un conto protetto (per un futuro piano), prima che il creditore li pignori. Questo però va fatto con trasparenza al momento della domanda, per non incorrere in contestazioni di occultamento.

In sintesi, sin dal primo incontro col professionista il debitore deve richiedere di attivare immediatamente le misure protettive: «bloccare ogni azione esecutiva» è infatti uno degli effetti previsti dalle procedure. Ciò significa che, nella pratica, dal giorno della domanda ogni prelievo forzoso è illegittimo. Questa protezione rapida è un potente deterrente verso pignoramenti e ipoteche, rendendo la situazione del debitore “stabile” durante la negoziazione.

In conclusione: come riprendere in mano il proprio futuro

Affrontare il sovraindebitamento tributario è un percorso complesso, ma la legge offre oggi strumenti concreti per chi vuole difendersi. L’obiettivo finale è dare al debitore una nuova opportunità, senza pesare per sempre su di lui. Le procedure di composizione della crisi (piano del consumatore, concordato minore, liquidazione controllata) consentono di bloccare le azioni esecutive, rinegoziare i debiti e, se si realizza il piano, ottenere la cancellazione di ogni residuo. Anche se il debito appare insormontabile, la normativa mira a ricreare un equilibrio: il debitore pagherà fin dove può, ma non sarà lasciato in una situazione di miseria a vita.

Le esperienze concrete mostrano che, pur con le loro complessità procedurali, queste soluzioni funzionano per migliaia di cittadini: dal pensionato che dimezza le cartelle, all’artigiano che salva l’attività, al disoccupato che azzera i debiti. Un’impostazione positiva è fondamentale: la legge riconosce che il fallimento economico non è una vergogna personale, e offre una seconda chance. Con l’aiuto di professionisti competenti come l’Avv. Monardo e gli OCC, il debitore può trasformare una situazione disperata in un progetto di risanamento.

Infine, ricordiamo che la prevenzione è sempre la miglior difesa: all’insorgere di difficoltà è bene cercare subito consulenza (ad esempio presso un OCC o uno studio specializzato) e non aspettare che si accumulino interessi e sanzioni. Le autorità fiscali e giudiziarie oggi cooperano per rendere effettiva la normativa, quindi far emergere tempestivamente la crisi (affidandosi agli strumenti di legge) è l’unica via per tutelarsi davvero.

Tabella riepilogativa: soggetti ammissibili e principali condizioni

Soggetto ammissibileCondizioni/Note
Consumatori (persone fisiche non imprenditori)Debiti esclusivamente personali (familiari) ([Sovraindebitamento: la soluzione per i soggetti non fallibili
Professionisti e lavoratori autonomiCon partita IVA, ma non impresa commerciale; debiti contratti per attività professionale ([Sovraindebitamento: la soluzione per i soggetti non fallibili
Imprenditori agricoliQualificati dall’art.7 L.3/2012; debiti dell’azienda agricola ([Sovraindebitamento: la soluzione per i soggetti non fallibili
Start-up innovativeSocietà di capitali con requisiti di legge (non quotate, oggetto innovativo) ([Sovraindebitamento: la soluzione per i soggetti non fallibili
Imprese “sotto soglia”Attività commerciali o artigianali con attivo ≤€300K, ricavi ≤€200K, debiti ≤€500K ([Sovraindebitamento: la soluzione per i soggetti non fallibili
Società di persone e professionaliSNC, SAS, società semplici, società di professionisti ex L.183/2011. I soci illimitatamente responsabili possono proporre il concordato minore.
Enti privati non commercialiOnlus, associazioni riconosciute, associazioni sportive, fondazioni di diritto privato, organizzazioni di volontariato, ecc. ([Sovraindebitamento: la soluzione per i soggetti non fallibili
Debitore incapiente (persona fisica)Persona fisica meritevole senza alcun reddito né patrimonio sufficiente. Può accedere solo all’esdebitazione dopo liquidazione controllata ([OCC – Organismo di composizione delle crisi da sovraindebitamento

Tutti i soggetti sopra devono trovarsi in stato di crisi/insolvenza (sovraindebitamento) e devono rispettare i requisiti di legge (meritevolezza e esigibilità dei debiti). Le condizioni elencate sono vincolanti: chi non ricade in queste categorie non può attivare le procedure di sovraindebitamento.

In conclusione, chi affronta una situazione di sovraindebitamento tributario ha a disposizione strumenti legali concreti, ma è fondamentale agire con tempestività, chiarezza e assistenza esperta.

Perché Affidarsi a Studio Monardo per il Sovraindebitamento da Debiti Tributari

Quando il sovraindebitamento nasce da debiti tributari – cartelle esattoriali, avvisi bonari, accertamenti fiscali – la situazione può diventare rapidamente insostenibile. Le azioni dell’Agenzia delle Entrate o dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione sono rapide e aggressive: pignoramenti, fermi amministrativi, ipoteche. In questo scenario, affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo è la scelta migliore per proteggersi e trovare una soluzione concreta e definitiva.

Un Esperto in Diritto Tributario e Sovraindebitamento

L’Avvocato Monardo coordina avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale in diritto bancario e tributario, con particolare esperienza nella gestione dei debiti verso il fisco.
Conosce nel dettaglio:

  • Le modalità con cui si formano i debiti tributari
  • Le strategie per bloccare gli atti esecutivi (pignoramenti, fermi, ipoteche)
  • Le procedure corrette per ristrutturare o cancellare questi debiti tramite la Legge sul Sovraindebitamento (Legge 3/2012 aggiornata al 2025)

Il suo obiettivo è chiaro: tutelare il debitore e costruire un piano legale per superare la crisi, anche nei casi più gravi.

Gestore della Crisi da Sovraindebitamento Iscritto al Ministero della Giustizia

Monardo è Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, regolarmente iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia. Questo gli consente di:

  • Accedere direttamente alle procedure previste dalla Legge 3/2012
  • Predisporre piani di ristrutturazione del debito tributario approvati dal Tribunale
  • Richiedere la liquidazione controllata del patrimonio con sospensione immediata delle azioni esecutive
  • Ottenere l’esdebitazione, ovvero la cancellazione dei debiti tributari residui, se sussistono i requisiti

Inoltre, Monardo è fiduciario di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), il che garantisce serietà, rapidità e gestione altamente professionale delle pratiche.

Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa

Come Esperto Negoziatore della Crisi di Impresa (D.L. 118/2021), Monardo può anche:

  • Attivare percorsi di trattativa preventiva con Agenzia delle Entrate e Riscossione
  • Chiedere sospensioni e rateizzazioni protette
  • Evitare procedure fallimentari o liquidazioni coatte

In questo modo, anche chi ha una partita IVA o una piccola impresa può salvare l’attività o chiudere i debiti fiscali nel modo più favorevole.

Come Ti Aiuta in Caso di Debiti Tributari

Affidandoti a Monardo, otterrai:

  • Sospensione immediata di pignoramenti, fermi, ipoteche presentando una domanda corretta
  • Redazione di un piano di ristrutturazione dei debiti tributari sostenibile e approvabile dal Tribunale
  • Difesa da pretese fiscali eccessive o illegittime
  • Ottenimento dell’esdebitazione tributaria anche se non riesci a pagare l’intero debito
  • Tutela della casa e dei beni essenziali, nei limiti consentiti dalla legge
  • Protezione del patrimonio personale e continuità dell’attività lavorativa, se possibile

In più, Studio Monardo si occupa di tutta la fase documentale, evitando errori che potrebbero far fallire la procedura.

Anche Se Non Hai Beni: La Salvezza Dell’Esdebitazione

Se sei incapiente, ovvero non possiedi beni o redditi sufficienti, Monardo ti aiuterà ad ottenere la esdebitazione senza utilità: una cancellazione totale dei debiti tributari senza dover offrire nulla ai creditori, secondo le novità introdotte dal Codice della Crisi d’Impresa.

In Conclusione:

I debiti tributari non devono distruggere la tua vita.
Con l’assistenza dell’Avvocato Giuseppe Monardo, puoi bloccare le aggressioni dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, cancellare i debiti impossibili da pagare e costruirti una nuova opportunità.
Grazie alla sua esperienza riconosciuta, alle sue abilitazioni ministeriali e alla capacità di coordinare i migliori professionisti in Italia, Monardo è il punto di riferimento ideale per risolvere il sovraindebitamento tributario in modo serio, veloce ed efficace.

Qui di seguito tutti i contatti del nostro Studio Legale specializzato in procedure di sovraindebitamento da debiti tributari:

Leggi con attenzione: Se stai affrontando difficoltà con il Fisco e hai bisogno di una rapida valutazione delle tue cartelle esattoriali e dei debiti, non esitare a contattarci. Siamo pronti ad aiutarti immediatamente! Scrivici su WhatsApp al numero 351.3169721 oppure inviaci un’e-mail all’indirizzo info@fattirimborsare.com. Ti ricontatteremo entro un’ora per offrirti supporto immediato.

Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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