Che cos’è il sovraindebitamento per una società in nome collettivo (SNC)?
Il sovraindebitamento è lo stato di crisi finanziaria in cui i debiti di un soggetto superano la sua capacità di adempierli regolarmente con il patrimonio disponibile. In passato era disciplinato dalla cosiddetta Legge “salva suicidi” 3/2012, pensata per aiutare soggetti non fallibili (come consumatori o piccole imprese). Oggi, dopo l’entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), il sovraindebitamento è parte di un sistema più ampio e aggiornato alle esigenze del 2025. Non è più una normativa di nicchia, ma un insieme di procedure flessibili e accessibili a privati, professionisti e piccole imprese (incluse le società di persone come le SNC). In sostanza, una SNC sovraindebitata è una società in nome collettivo che si trova in crisi d’insolvenza: le obbligazioni sociali superano le risorse liquidabili e la società non riesce più a pagare regolarmente i propri debiti.
È importante chiarire che il Codice della Crisi distingue lo stato di crisi (difficoltà finanziaria che rende probabile l’insolvenza) dallo stato di insolvenza vero e proprio (incapacità conclamata di pagare i debiti esigibili). Nel contesto del sovraindebitamento, una SNC può trovarsi in uno di questi stati senza essere ancora soggetta a una procedura concorsuale maggiore. Ad esempio, una piccola SNC familiare potrebbe accumulare debiti con fornitori e banche tali da non riuscire più a farvi fronte con gli incassi correnti: questa situazione configura uno stato di sovraindebitamento. Il Codice della Crisi (CCI) definisce formalmente il sovraindebitamento come la condizione di perdurante squilibrio economico del debitore non soggetto a liquidazione giudiziale (cioè non fallibile secondo i parametri di legge). In pratica, significa che la SNC rientra nel sovraindebitamento se, pur essendo gravemente indebitata, non ricade nelle imprese di maggiore dimensione soggette a fallimento (oggi liquidazione giudiziale).
Per capire se una SNC sia “fallibile” o meno, occorre considerare i requisiti di legge. Il Codice della Crisi prevede che gli imprenditori sopra determinate soglie (riferite a attivo patrimoniale, ricavi lordi annui e ammontare dei debiti dell’azienda) siano soggetti alle normali procedure concorsuali come il fallimento (ora liquidazione giudiziale) o il concordato preventivo. Se invece la SNC è sotto tali soglie – diventando un “imprenditore minore” – allora rientra nell’ambito del sovraindebitamento e può accedere alle apposite procedure di composizione della crisi.. In sintesi, il sovraindebitamento per una SNC indica uno squilibrio finanziario grave in una piccola società di persone, non risolvibile con i mezzi ordinari. Questa situazione, se non affrontata, espone sia la società sia i soci a continue azioni dei creditori (pignoramenti, decreti ingiuntivi, ecc.) e all’erosione del patrimonio personale dei soci, data la natura stessa della SNC (si veda oltre sulla responsabilità illimitata).
Ma andiamo nei dettagli con Studio Monardo, gli avvocati specializzati in cancellazione debiti e procedure di sovraindebitamento per SNC.
I soci di una SNC sovraindebitata rispondono dei debiti? In che modo?
Sì, i soci di una SNC rispondono illimitatamente e solidalmente dei debiti sociali. Questa è una caratteristica fondamentale della società in nome collettivo. L’art. 2291 del Codice Civile sancisce che in una SNC “tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali”. Ciò significa che ogni socio è personalmente obbligato per l’intero importo dei debiti della società, insieme agli altri soci. In altre parole, i creditori possono rivalersi sul patrimonio personale di qualsiasi socio per l’intera somma dovuta (e non solo in proporzione alla quota sociale). Questa responsabilità solidale comporta che il pagamento effettuato da un socio libera anche gli altri, ma fino a quando il debito non è estinto integralmente, ciascun socio resta esposto verso i creditori.
Va precisato che i creditori sociali devono prima escutere il patrimonio della società e, solo se questo risulta insufficiente, possono aggredire i beni personali dei soci (c.d. beneficio di escussione preventiva, previsto dall’art. 2304 c.c.). Tuttavia, nella pratica, quando una SNC è sovraindebitata il patrimonio sociale è spesso già esiguo o insufficiente, per cui i creditori possono rapidamente rivolgersi ai soci per ottenere il pagamento. Ad esempio, se una SNC ha debiti bancari o fiscali elevati e pochi beni intestati, la banca o l’Erario possono notificare direttamente ai singoli soci richieste di pagamento o atti esecutivi, facendo leva sulla loro responsabilità illimitata. La Corte di Cassazione ha confermato che questa responsabilità si estende anche ai debiti tributari: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può legittimamente notificare una cartella esattoriale al socio, considerandolo coobbligato per i debiti fiscali della SNC.
In concreto, dunque, se la SNC non paga un fornitore o una banca, il singolo socio potrebbe vedersi arrivare un decreto ingiuntivo o un pignoramento sul proprio conto corrente o sui propri beni personali (come immobili di sua proprietà), per coprire quel debito. Questa prospettiva rende estremamente serio il sovraindebitamento di una SNC: non è in gioco solo la continuità aziendale della società, ma anche la stabilità economica e il patrimonio privato di ogni socio. Ad esempio, i soci spesso mettono in garanzia beni personali (come ipoteche sulla casa) per ottenere finanziamenti alla società; in caso di insolvenza, quelle garanzie vengono escusse e la casa del socio può essere messa all’asta dai creditori.
Riassumendo: nella SNC i soci hanno responsabilità illimitata e quindi il sovraindebitamento della società coinvolge direttamente anche loro. Ogni strategia di difesa e risanamento dovrà tenere conto di questa commistione tra sfera societaria e personale. La legge non consente ai soci di scaricare semplicemente i debiti sulla società: anzi, i creditori della SNC hanno il diritto di aggredire il patrimonio personale dei soci (una volta escussi i beni sociali) per soddisfarsi. È fondamentale dunque che i soci siano consapevoli di questo meccanismo e agiscano prontamente per gestire la crisi, altrimenti rischiano di vedere compromessi i loro risparmi, i beni di famiglia e il futuro finanziario personale.
Una SNC può accedere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (Codice della Crisi)?
Dipende dalle dimensioni e dalla natura della SNC. In generale, le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento – introdotte dalla Legge 3/2012 e ora confluite nel Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019) – sono riservate ai debitori che non possono accedere alle ordinarie procedure concorsuali (fallimento/liquidazione giudiziale, concordato preventivo). Ciò include i consumatori, i professionisti e gli imprenditori minori. Una SNC rientra nella categoria degli imprenditori (trattandosi di una società che esercita un’attività economica), per cui bisogna capire se è qualificabile come “imprenditore minore” (cioè non assoggettabile a liquidazione giudiziale per insufficienza di requisiti).
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza agli artt. 2 e 65 e seguenti disciplina le procedure di sovraindebitamento, ridefinendo le figure già previste dalla L.3/2012. Le principali sono:
- Piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex piano del consumatore): riservato alle persone fisiche che hanno debiti principalmente personali (non derivanti da attività d’impresa).
- Concordato minore (ex accordo di composizione): destinato ai debitori non consumatori (quindi anche imprese sotto soglia, come le SNC piccole) che vogliono proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti.
- Liquidazione controllata del sovraindebitato (ex liquidazione del patrimonio): una procedura liquidatoria in cui i beni del debitore vengono venduti per pagare i creditori, con successiva esdebitazione.
- Esdebitazione del debitore incapiente: novità introdotta, permette in casi eccezionali di cancellare i debiti residui anche a chi non ha nulla da liquidare (vedremo oltre).
Una SNC può accedere al concordato minore o alla liquidazione controllata solo se non rientra tra le imprese soggette a liquidazione giudiziale (fallimento). In pratica, la SNC deve essere di piccole dimensioni, ovvero avere valori al di sotto delle soglie di fallibilità. Tali soglie, ereditate dalla normativa previgente, riguardano ad esempio un attivo patrimoniale annuo inferiore a ~300.000 €, ricavi annui lordi sotto ~200.000 € e debiti totali sotto ~500.000 € (valori indicativi). Se nell’ultimo triennio la società ha operato entro questi limiti, è qualificabile come piccolo imprenditore commerciale. In tal caso NON può essere dichiarata fallita e di conseguenza può utilizzare le procedure di sovraindebitamento previste dal Codice. Al contrario, se la SNC supera anche solo in parte tali parametri (ad esempio una società con milioni di euro di debiti e fatturato elevato), allora è soggetta alle normali procedure concorsuali (concordato preventivo o liquidazione giudiziale) e non può accedere alle procedure speciali di sovraindebitamento.
Facciamo alcuni esempi:
- Una piccola SNC familiare con fatturato annuo di 150.000 € e debiti per 250.000 € verso fornitori e banche potrebbe rientrare nelle procedure da sovraindebitamento. Essa potrà presentare un concordato minore per proporre ai creditori un pagamento parziale dei debiti in più anni, oppure chiedere la liquidazione controllata dei propri beni.
- Una SNC più strutturata, con debiti per 2 milioni di euro, difficilmente sarà considerata “minore”: in caso di insolvenza, dovrà ricorrere a un concordato preventivo o sarà soggetta a liquidazione giudiziale (ex fallimento) davanti alla sezione fallimentare del tribunale, non alle procedure semplificate da sovraindebitamento.
Va sottolineato che il Codice della Crisi ha esteso la platea dei soggetti ammessi alle procedure di sovraindebitamento. Oltre ai consumatori e ai piccoli imprenditori, vi rientrano espressamente:
- Imprenditori agricoli (tradizionalmente esclusi dal fallimento) – es. una SNC che esercita attività agricola può accedere al concordato minore.
- Start-up innovative entro 5 anni dalla costituzione – il legislatore ha previsto tutele anche per queste imprese, spesso non fallibili per legge speciale nei primi anni.
- Enti non commerciali e altri soggetti non fallibili.
In conclusione, una SNC può utilizzare gli strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento se è una piccola impresa non soggetta a fallimento. In tal caso, le sono aperte le porte del concordato minore o della liquidazione controllata, analogamente a quanto avviene per un imprenditore individuale di piccola dimensione. Se invece la SNC è di grandi dimensioni o supera i limiti di legge, l’accesso è precluso: dovrà affrontare la crisi con le procedure concorsuali ordinarie (che esulano dal sovraindebitamento). Pertanto, il primo passo è valutare la situazione giuridica della società rispetto ai parametri normativi, magari con l’ausilio di un professionista, per capire quali opzioni sono effettivamente praticabili.
Quali procedure di sovraindebitamento esistono e come funzionano per una SNC?
Come accennato, le procedure oggi disponibili nel quadro del Codice della Crisi per risolvere il sovraindebitamento si articolano in tre percorsi principali (oltre all’esdebitazione finale):
- Ristrutturazione dei debiti del consumatore – È un piano di pagamento dei debiti riservato ai consumatori, ossia persone fisiche che hanno contratto debiti per scopi estranei all’attività imprenditoriale. Una SNC in quanto tale non può usare questa procedura, perché non è un consumatore. Tuttavia, la menzioniamo perché potrebbe riguardare i soci a titolo personale (se hanno anche debiti privati) e perché rappresenta un modello di riferimento. Il piano del consumatore consente di rinegoziare i debiti senza il voto dei creditori, con l’omologazione del tribunale basata sulla valutazione di meritevolezza del debitore. Ad esempio, un privato cittadino sovraindebitato può ottenere la riduzione delle rate del mutuo o la falcidia di parte dei debiti con banche e finanziarie. Dal 2025 questa procedura è stata ulteriormente rafforzata: il piano può includere anche alcuni debiti fiscali fino a 30.000 € (previa adesione dell’Agenzia delle Entrate), possibilità prima esclusa o limitata. Questo aggiornamento normativo consente una soluzione più completa anche per chi ha piccoli debiti tributari insoluti.
- Concordato minore – È la procedura più rilevante per una SNC sovraindebitata, in quanto pensata proprio per piccole imprese e professionisti. Si tratta, in sostanza, di un accordo di ristrutturazione dei debiti proposto dal debitore a tutti i creditori, sotto supervisione del tribunale e con l’assistenza di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC). Il concordato minore richiede l’adesione dei creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti (come prevedeva la L.3/2012 per l’accordo; il Codice potrebbe aver confermato percentuali simili), salvo differenti maggioranze stabilite. In pratica, la SNC prepara un piano in cui offre ai creditori di pagare una certa percentuale dei debiti, secondo tempi e modalità sostenibili (ad es. pagamento del 30% del totale, in rate mensili per 5 anni, utilizzando gli utili futuri o liquidando alcuni beni non essenziali). L’OCC verifica la fattibilità del piano e riferisce al giudice. Se i creditori approvano l’accordo e il tribunale lo omologa, la SNC potrà eseguire il piano concordato, pagando solo quanto stabilito e ottenendo l’esdebitazione sul resto a fine programma. Nel frattempo, i creditori non potranno agire esecutivamente. Il concordato minore è una sorta di “mini-concordato preventivo” per chi non può accedere a quello ordinario. Esempio: una SNC artigiana con €80.000 di debiti potrebbe proporre un concordato minore offrendo il pagamento di €28.000 (pari al 35% del totale) in 3 anni, utilizzando i profitti attesi e magari l’apporto di capitali dai soci. Se la maggioranza dei creditori aderisce, l’accordo verrà omologato dal giudice. Grazie alle innovazioni del 2025, questa procedura è diventata più rapida e gestibile: è stata introdotta una piattaforma digitale unica del Ministero della Giustizia dove caricare i documenti, monitorare lo stato della pratica e interagire con i creditori online. Questo ha consentito di ridurre i tempi medi: casi che prima richiedevano 12-14 mesi, ora possono arrivare a definizione in 8 mesi. Ciò è fondamentale per le piccole imprese, che hanno bisogno di uscire dalla crisi in tempi brevi per poter continuare l’attività.
- Liquidazione controllata del patrimonio – Questa è la via liquidatoria, da scegliere quando la ristrutturazione dei debiti non è percorribile (ad esempio perché i debiti sono troppo alti per proporre un accordo sostenibile, oppure i creditori non collaborano). In sostanza, la SNC (o i soci) mettono a disposizione tutti i propri beni – esclusi quelli impignorabili per legge – affinché vengano liquidati (venduti o realizzzati) sotto il controllo di un liquidatore nominato dal giudice, e il ricavato venga distribuito ai creditori. È analoga a una procedura fallimentare semplificata: la differenza è che, essendo su base volontaria e riguardando un debitore “minore”, ha regole più snelle e alla fine consente l’esdebitazione del soggetto. Per una SNC, la liquidazione controllata può riguardare i beni sociali, ma dato che spesso quelli non bastano, di fatto si estenderà ai beni dei soci (che rispondono dei debiti sociali). Di solito, in pratica, se si sceglie la liquidazione, conviene che i soci presentino anch’essi istanza di liquidazione controllata congiuntamente o parallelamente, in modo da includere tutto il patrimonio coinvolto e ottenere tutti l’esdebitazione finale. Durante la liquidazione controllata, un gestore nominato (curatore) vende i cespiti – ad esempio immobili, automezzi, macchinari della SNC, eventuali proprietà personali dei soci messe a disposizione – e ripartisce il denaro tra i creditori secondo le cause di prelazione. La procedura dura alcuni anni: il Codice prevedeva (sulla scorta dell’art.14-quinquies L.3/2012) un termine di 4 anni dalla domanda entro cui la procedura rimane aperta per acquisire anche i redditi futuri del debitore. Trascorso tale periodo, ciò che non è stato soddisfatto viene cancellato. Anche la liquidazione controllata ha visto novità dal 2025: le nuove linee guida impongono di nominare un consulente indipendente per la valutazione dei beni, così da evitare vendite sottostimate all’asta. Questo tutela sia i debitori (che vedono i propri beni venduti a prezzi equi) sia i creditori (che massimizzano il recupero). Per esempio, un architetto socio di una SNC indebitata ha potuto liquidare lo studio professionale di sua proprietà, del valore di €300.000, ottenendo ricavi sufficienti a pagare il 65% dei suoi debiti, e ha potuto reinvestire il restante in una nuova attività più sostenibile. Senza una stima adeguata, quel bene poteva essere svenduto magari a €200.000, pregiudicando sia il debitore che i creditori. Le regole più rigorose introdotte mirano dunque a una liquidazione più efficiente e trasparente. Va ricordato che durante la liquidazione controllata valgono le stesse protezioni del concordato: i creditori sono bloccati dal procedere con azioni esecutive individuali e confluiscono tutti nella procedura collettiva.
In sintesi, una SNC sovraindebitata, se ammessa alle procedure, potrà scegliere tra:
- un piano di concordato minore (soluzione negoziata con i creditori, per salvare l’azienda pagando parzialmente i debiti),
- oppure la liquidazione controllata (soluzione liquidatoria per chiudere la società e soddisfare i creditori con i beni disponibili).
La scelta dipende dalla situazione concreta: se c’è prospettiva di proseguire l’attività e capacità di generare utili (o apportare nuove risorse) per pagare almeno in parte i debiti, è preferibile il concordato minore; se invece la società è decotta e non vi sono chance di risanamento, la liquidazione può essere l’unica via, puntando poi all’esdebitazione dei soci. È bene farsi assistere da professionisti esperti per valutare pro e contro di ciascun percorso e predisporre al meglio la proposta o l’istanza da presentare in tribunale.
Quali alternative legali ha una SNC sovraindebitata e i suoi soci al di fuori di queste procedure?
Non sempre la via del sovraindebitamento ex Codice della Crisi è praticabile o conveniente. Possono esservi casi in cui la SNC, pur in difficoltà, non ha accesso a tali procedure (perché troppo grande) oppure preferisce soluzioni diverse. Vediamo dunque le possibili alternative giuridiche, sia per la società sia per i singoli soci:
- Concordato preventivo o liquidazione giudiziale (fallimento): Se la SNC non è un piccolo imprenditore ma un’impresa di dimensioni rilevanti, in caso di insolvenza conclamata dovrà ricorrere alle procedure concorsuali ordinarie. Il concordato preventivo è una procedura simile al concordato minore ma destinata alle aziende maggiori: si presenta un piano ai creditori, soggetto a voto per categorie, e serve il tribunale fallimentare. La liquidazione giudiziale è il nuovo nome del fallimento: i creditori possono chiedere o la società stessa può essere posta in liquidazione giudiziale davanti al Tribunale competente. In tali procedure, i soci illimitatamente responsabili della SNC vengono anch’essi coinvolti: l’art. 256 del Codice della Crisi prevede il fallimento in estensione dei soci di società di persone, analogo alla regola dell’art.147 L.F. previgente. Dunque, se una SNC viene dichiarata in liquidazione giudiziale, automaticamente o poco dopo anche i soci saranno dichiarati insolventi in proprio e sottoposti a procedura (salvo che qualcuno paghi i debiti sociali evitando la propria bancarotta). Questa situazione è estremamente gravosa per i soci, che si trovano coinvolti in un fallimento personale, con tutte le conseguenze del caso (nomina di un curatore, liquidazione del patrimonio personale, iscrizioni nei registri dei protesti/falliti, ecc.). L’unico lato positivo è che, se cooperano e non ci sono condotte fraudolente, i soci persone fisiche potranno chiedere l’esdebitazione al termine della liquidazione giudiziale, liberandosi dai debiti residui (ne parleremo più avanti). In sintesi, per le SNC fallibili, il fallimento o un concordato preventivo rimangono le uniche alternative legali alla composizione da sovraindebitamento.
- Negoziazione assistita della crisi (composizione negoziata): Introdotta recentemente (D.L. 118/2021, ora integrato nel Codice), la composizione negoziata della crisi d’impresa è un procedimento stragiudiziale volontario in cui l’imprenditore in difficoltà, di qualsiasi dimensione, può richiedere la nomina di un esperto indipendente (un “negoziatore della crisi”) per tentare di raggiungere accordi con i creditori ed evitare l’insolvenza. Questa procedura è accessibile anche a una SNC, a prescindere dalle soglie di fallibilità, perché non è una procedura concorsuale ma uno strumento di soluzione negoziale. Se la SNC è ancora in stato di crisi ma non insolvente irreversibile, può percorrere questa strada: viene nominato un esperto (spesso un commercialista o avvocato con specifiche competenze) che analizza la situazione e convoca i creditori chiave per trovare un accordo di ristrutturazione del debito (ad esempio, dilazioni, remissioni parziali, nuove garanzie). Il processo è riservato e confidenziale, svolto tramite una piattaforma telematica gestita dalle Camere di Commercio. In caso di successo, si può formalizzare un accordo stragiudiziale con i creditori o anche accedere a una omologazione semplificata (accordo ex art. 11 CCII) che rende l’intesa vincolante per tutti. La composizione negoziata è quindi una valida alternativa se la società vuole evitare il tribunale e mantenere riservatezza, magari perché crede di poter risanare l’impresa con il consenso informale dei creditori. Ad esempio, una SNC commerciale con problemi temporanei di liquidità potrebbe attraverso l’esperto negoziatore ottenere dalle banche una moratoria di 12 mesi sulle rate dei finanziamenti e dai fornitori una dilazione sui pagamenti, evitando così di accumulare arretrati insostenibili. Questa soluzione non porta direttamente all’esdebitazione, ma può prevenire il tracollo e stabilizzare la situazione, dopo di che la società può onorare gli accordi ed evitare l’insolvenza conclamata.
- Accordi transattivi e piani di rientro extragiudiziali: Anche senza attivare procedure formali, una SNC sovraindebitata può sempre tentare la via della trattativa privata con i creditori. Spesso, con l’aiuto di un avvocato specializzato, si può negoziare con banche, fornitori e Agenzia delle Entrate per ottenere stralci del debito o piani di rientro sostenibili. Queste transazioni, se raggiunte, possono essere formalizzate in accordi scritti. Ad esempio, la banca potrebbe accettare di chiudere un’esposizione di 50.000 € con il pagamento immediato di 20.000 € (saldo e stralcio), rinunciando al resto, se comprende che altrimenti rischierebbe di non recuperare nulla da una società insolvente. Oppure Equitalia (Agenzia Entrate Riscossione) potrebbe concedere una rateizzazione straordinaria delle cartelle esattoriali fino a 6-7 anni (come previsto dalla normativa tributaria) per dare respiro alla società. Queste soluzioni dipendono molto dal potere contrattuale e dalla credibilità della SNC nelle trattative. Non offrono le garanzie di protezione che danno le procedure giudiziali (ad esempio, un creditore dissenziente non è obbligato dall’accordo fatto con altri, a differenza di quanto avviene in un concordato omologato), ma presentano il vantaggio della rapidità e minor costo. Inoltre, possono evitare la “pubblicità” di una procedura concorsuale, mantenendo integro il buon nome dell’impresa sul mercato. Chiaramente, perché questa via funzioni, servono risorse da mettere sul piatto (es. un apporto di denaro dai soci, o la liquidazione volontaria di qualche bene per fare cassa) e la disponibilità dei principali creditori a venirvi incontro. In molti casi di piccole imprese indebitate, le banche preferiscono trattare piuttosto che spingere l’azienda al fallimento, soprattutto se vedono collaborazione e buona fede.
- Ricorso a strumenti di protezione del patrimonio: In ottica preventiva o difensiva, i soci possono valutare misure come la costituzione di un fondo patrimoniale (per tutelare i beni destinati ai bisogni familiari) o di un trust a scopo liquidatorio. Tuttavia, occorre grande cautela: se posti in essere quando già c’è insolvenza imminente, tali atti possono essere facilmente revocati come atti in frode ai creditori. Ad esempio, trasferire la casa di un socio a un familiare o vincolarla in un trust quando i debiti sono già scaduti potrebbe essere annullato dal tribunale su istanza dei creditori, perché volto a sottrarre garanzie. Diverso è il caso in cui, in tempi non sospetti, i soci abbiano separato parte del patrimonio personale (ad es. mettendo la casa coniugale in un fondo patrimoniale anni prima): tale bene potrebbe risultare non attaccabile dai creditori della SNC se i debiti sono di natura estranea ai bisogni familiari. In generale però, in situazioni di sovraindebitamento conclamato, c’è poco spazio per protezioni dell’ultimo minuto: la via maestra resta affrontare il problema alla radice tramite le procedure di composizione o accordi coi creditori.
- Cessazione e liquidazione volontaria della società: I soci possono decidere di chiudere la SNC volontariamente, sciogliendola e mettendola in liquidazione (ai sensi del Codice Civile). Questa mossa da sola non risolve il sovraindebitamento, perché i debiti non spariscono e anzi i creditori potranno rivolgersi direttamente ai soci una volta esaurito il patrimonio sociale. Tuttavia, la liquidazione volontaria può essere parte di una strategia: ad esempio, chiudere l’attività per contenere le perdite future e poi affrontare i debiti residui attraverso le procedure di sovraindebitamento personali dei soci. Una liquidazione volontaria trasparente, con vendita degli asset societari e riparto ai creditori in base alle disponibilità, può dimostrare la buona fede dei soci e facilitare poi l’accesso all’esdebitazione personale. Attenzione: se la società viene cancellata dal registro delle imprese, la legge prevede che i creditori insoddisfatti possano entro 1 anno chiedere la riapertura della liquidazione o l’accertamento del cumulo con il patrimonio dei soci. Passato un anno dalla cancellazione senza iniziative, i debiti sociali non si estinguono comunque, ma resteranno a carico illimitato dei soci, che li affronteranno come debiti personali. Pertanto, la chiusura della SNC è un passo che va coordinato con la successiva gestione dei debiti in capo ai soci (ad esempio, predisponendo subito dopo un concordato minore personale dei soci o una liquidazione controllata individuale).
In conclusione, oltre alle procedure di sovraindebitamento in senso stretto, esistono percorsi alternativi: quelli concorsuali tradizionali (per le SNC più grandi), quelli negoziali e stragiudiziali (composizione negoziata, accordi volontari) e infine strategie di riduzione del danno (come liquidare la società per limitare l’aggravarsi del debito, o tentare di proteggere alcuni beni se lecito). La scelta dell’alternativa va calibrata sulla situazione concreta e va valutata con l’assistenza di un legale esperto sia di procedure concorsuali che di diritto societario: solo così si può individuare la soluzione più adatta per difendere gli interessi della società e dei soci.
Chi interviene nella gestione della crisi da sovraindebitamento? Ruolo del Tribunale, dell’OCC e degli avvocati
Le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento coinvolgono diversi soggetti istituzionali e professionali. È importante capire il ruolo di ciascuno, perché una buona collaborazione tra questi attori è la chiave per il successo della procedura.
- Il Tribunale: La competenza per le procedure di sovraindebitamento è del Tribunale (generalmente la sezione fallimentare o un giudice delegato a queste materie) del luogo in cui il debitore ha la residenza o la sede. Ad esempio, per una SNC con sede a Milano, sarà competente il Tribunale di Milano – sezione imprese/crisi da sovraindebitamento. Il tribunale esercita una funzione di controllo e di omologazione. In pratica:
- Nomina dell’OCC: In alcune prassi, se il debitore non si è già rivolto a un Organismo di Composizione della Crisi, il tribunale nomina un gestore (OCC) su istanza del debitore. Ormai però quasi sempre il debitore sceglie e attiva un OCC esterno.
- Decreto di apertura: Quando viene depositata la proposta di piano o di liquidazione con tutta la documentazione, il giudice emette un decreto di apertura della procedura. In questo decreto, molto importante, il tribunale verifica la completezza della documentazione e, se tutto è in ordine, fissa l’udienza di omologazione e dà disposizioni per avvisare i creditori.
- Provvedimenti cautelari: Sempre nel decreto di apertura, il giudice può adottare misure protettive. In base al Codice (riprendendo l’art. 12-bis L.3/2012), viene disposto il divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive contro il debitore e la sospensione di quelle in corso. Questo blocco (stay) è obbligatorio nel caso di liquidazione controllata o di concordato minore, mentre era discrezionale per il piano del consumatore (ma oggi il CCI tende a unificare la tutela). Di fatto, il tribunale “congela” i pignoramenti, le azioni esecutive mobiliari e immobiliari e le altre aggressioni in corso, per dare respiro al debitore sovraindebitato.
- Omologazione: All’udienza fissata (ad esempio 60 giorni dopo il deposito), il giudice verifica se ci sono le condizioni per approvare il piano/accordo oppure per aprire la liquidazione. Nel caso del concordato minore, controllerà l’esito delle votazioni dei creditori (se la maggioranza ha aderito). Nel caso del piano del consumatore, valuterà la meritevolezza e la fattibilità senza bisogno di voto dei creditori. Se tutto è regolare, emette il decreto di omologazione, che rende vincolante il piano o l’accordo per tutti i creditori, anche dissenzienti. Se invece qualcosa non va (ad es. il debitore ha dolo o colpa grave, oppure il piano è manifestamente non sostenibile), il giudice può rigettare l’omologazione.
- Vigilanza e chiusura: Nella fase di esecuzione del piano, il tribunale resta competente per eventuali modifiche, revoche o risoluzioni del piano in caso di inadempimenti gravi. Al termine, emette il decreto di attestazione dell’avvenuto adempimento o, in caso di liquidazione, il provvedimento di chiusura della procedura e di esdebitazione del debitore.
- L’OCC (Organismo di Composizione della Crisi): È un organismo composto da professionisti (commercialisti, avvocati, consulenti) iscritti in un apposito registro ministeriale, incaricato di seguire il caso concreto di sovraindebitamento. In pratica, l’OCC designa un gestore della crisi (spesso viene chiamato anch’esso OCC in gergo) che è il professionista referente del caso. Il suo ruolo è simile a quello di un curatore/commissario nelle procedure concorsuali maggiori, ma con importanti funzioni di assistenza:
- Esame della situazione e relazione: L’OCC, una volta nominato, analizza tutta la documentazione fornita dal debitore (bilanci, elenco debiti, elenco creditori, beni, ecc.) e redige una relazione particolareggiata sulla situazione economico-patrimoniale e sulle cause dell’indebitamento. Questa relazione, prevista dal Codice, serve a dare al giudice e ai creditori un quadro chiaro e imparziale della storia debitoria e dell’attendibilità del piano.Attestazione di fattibilità: Nel caso di concordato minore o piano del consumatore, l’OCC deve esprimere un giudizio sulla fattibilità del piano proposto. Rilascia un’attestazione, inserita anch’essa negli atti depositati, in cui dichiara se ritiene che le previsioni del piano siano realistiche e che l’impresa/famiglia sia in grado di rispettare i pagamenti promessi. Questa attestazione è fondamentale: un piano senza il “visto” positivo dell’OCC difficilmente verrà omologato dal giudice.Mediazione con i creditori: L’OCC funge da tramite tra il debitore e i creditori. Ad esempio, è compito dell’OCC comunicare ai creditori la proposta di concordato minore e raccoglierne le adesioni o osservazioni. Può convocare riunioni, contattare i creditori per chiarimenti, e spesso svolge una mediazione attiva per convincerli della bontà del piano. Nel caso di trattative particolari (es. per determinati beni), l’OCC può facilitare accordi bilaterali all’interno del procedimento.Custodia e gestione: In una liquidazione controllata, l’OCC sostanzialmente diventa il liquidatore: prende in consegna i beni, li amministra e procede a liquidarli secondo le modalità stabilite dal giudice, similmente a un curatore fallimentare. Deve rendere conto della gestione, depositare periodicamente lo stato della liquidazione e infine proporre il progetto di riparto tra i creditori.Garanzia di legalità: L’OCC vigila che il debitore non compia atti pregiudizievoli durante la procedura (ad esempio nascondere beni, aggravare il passivo, pagare preferenzialmente qualcuno) e riferisce immediatamente al giudice in caso di irregolarità. Il suo ruolo imparziale ispira fiducia ai creditori, in quanto sanno che un soggetto terzo e indipendente sta controllando le operazioni.
- L’avvocato specializzato del debitore: Pur non essendo obbligatorio per legge farsi assistere da un avvocato, nella pratica è fortemente consigliato. Le procedure di sovraindebitamento sono complesse, richiedono la preparazione di atti giuridici e la negoziazione con più soggetti, quindi un avvocato esperto in crisi da sovraindebitamento è fondamentale per:
- Consulenza preliminare: valutare la via migliore (piano, concordato minore o liquidazione) e raccogliere i documenti necessari. L’avvocato analizza con il cliente la situazione debitoria e patrimoniale e sceglie la strategia più efficace e percorribile.
- Predisposizione del piano/proposta: L’avvocato redige materialmente la proposta di concordato o il piano del consumatore, in collaborazione con l’OCC. Si occupa di scrivere l’atto introduttivo, di assemblare gli allegati (elenco creditori, inventario dei beni, attestazioni varie) e di depositare il tutto in tribunale. Deve assicurarsi che ogni dettaglio normativo sia rispettato, perché un vizio formale o una carenza documentale potrebbero portare all’improcedibilità (il Codice prevede ad esempio che vadano allegati una serie di documenti obbligatori, come le dichiarazioni dei redditi degli ultimi anni, lo stato di famiglia, certificati dei carichi pendenti fiscali, ecc.).Interfaccia con l’OCC: Un bravo avvocato lavora a stretto contatto con il gestore OCC, fornendo chiarimenti e integrando i documenti richiesti. Spesso è l’avvocato che “traduce” in termini legali e comprensibili la situazione del cliente all’OCC, e viceversa traduce al cliente le richieste tecniche dell’OCC. Inoltre, collabora nel definire gli scenari di pagamento da proporre (ad esempio, se l’OCC segnala che un certo bene va valorizzato diversamente, l’avvocato adegua la proposta).
- Assistenza all’udienza e negli adempimenti: L’avvocato rappresenta il debitore in tribunale. All’udienza di omologazione, presenterà al giudice gli argomenti a sostegno dell’omologazione, risponderà ad eventuali opposizioni dei creditori e insisterà sull’omologa. In caso di contestazioni (ad esempio un creditore che eccepisce la mala fede del debitore), l’avvocato difende il proprio cliente con memorie e deduzioni.
- Esecuzione del piano: Dopo l’omologazione, l’avvocato può continuare ad assistere il cliente, ad esempio predisponendo i pagamenti ai creditori come da piano, verificando le quietanze, segnalando all’OCC l’adempimento completo. Se qualche creditore tentasse comunque un’azione individuale in violazione della sospensione (cosa rara ma non impossibile), l’avvocato interviene per bloccarla facendo valere il provvedimento del giudice.Eventuale contenzioso: Può capitare che durante la procedura sorgano giudizi (ad esempio un creditore contesta il credito di un altro, o c’è un’opposizione all’omologa). L’avvocato del debitore può doversi occupare anche di questi aspetti collaterali, depositando memorie e partecipando alle cause connesse.In poche parole, l’avvocato è il difensore e guida del debitore per tutto il percorso. Data la tecnicità della materia, è importante scegliere un legale con specifica esperienza nelle crisi da sovraindebitamento. Un avvocato improvvisato potrebbe non conoscere le finezze del Codice o le prassi dei tribunali, mettendo a rischio l’esito. Inoltre, un avvocato esperto saprà anche condurre eventuali trattative con i creditori all’interno o a fianco della procedura per massimizzare il consenso.
- Altri soggetti: Nel contesto di una SNC, potrebbero entrare in gioco anche i consulenti contabili (es. il commercialista della società, che aiuta a predisporre bilanci e situazione aggiornata), eventuali garanti o coobbligati (ad esempio, se c’è un fideiussore estraneo, dovrà essere coinvolto nelle trattative perché la sua posizione cambia se la SNC fa un concordato), e naturalmente i creditori stessi che hanno facoltà di esprimere il loro voto o dissenso nel concordato minore e possono interloquire con OCC e debitore.
In definitiva, la gestione di una crisi da sovraindebitamento è un gioco di squadra: Tribunale, OCC e avvocato lavorano, ciascuno nel proprio ruolo, per strutturare una soluzione sostenibile. Il debitore (SNC e soci) deve avere un atteggiamento collaborativo e trasparente con tutti loro. Ad esempio, consegnare tempestivamente all’OCC tutti i documenti richiesti e seguire i consigli dell’avvocato su cosa fare o non fare durante il procedimento (non assumere nuovi debiti senza informare, non alienare beni, ecc.). Quando tutti gli attori cooperano, le procedure scorrono più veloci e con maggior successo. A tal proposito, va notato che ormai la durata di queste procedure non è maggiore di altre davanti a un giudice, e i costi – pur non trascurabili – sono giustificati dal beneficio di risolvere situazioni debitorie altrimenti impossibili da sanare.
Come difendersi da pignoramenti, cartelle esattoriali e decreti ingiuntivi se la SNC è sovraindebitata?
Una SNC sovraindebitata e i suoi soci possono trovarsi subissati da azioni esecutive e di recupero crediti: decreti ingiuntivi che diventano esecutivi, pignoramenti di beni aziendali o personali, cartelle esattoriali da parte del Fisco con intimazioni di pagamento e conseguenti fermi amministrativi o ipoteche. Affrontare tutto ciò richiede sia misure reattive (per difendersi nell’immediato) sia misure proattive (per risolvere alla radice il problema attraverso le procedure di cui abbiamo parlato). Vediamo le principali strategie difensive:
- Opposizione ai decreti ingiuntivi: Un decreto ingiuntivo è un’ingiunzione di pagamento emessa dal giudice su richiesta di un creditore, che diventa definitiva se non viene fatta opposizione entro 40 giorni. Se la SNC (o un socio ingiunto in solido) riceve un decreto ingiuntivo, è fondamentale valutare con l’avvocato la possibilità di opposizione. L’opposizione al decreto ingiuntivo è un atto di citazione che avvia un processo ordinario, durante il quale si può contestare il credito (perché non dovuto, già pagato, prescritto, ecc.) o almeno prender tempo. Ad esempio, se un fornitore ottiene decreto ingiuntivo per fatture contestate (magari vi erano vizi nella fornitura), la SNC può fare opposizione e far valere quei vizi, bloccando nel frattempo l’esecutività immediata. Anche se i debiti sono pacifici, talvolta l’opposizione può servire a guadagnare tempo: in presenza di trattative in corso o di una procedura di sovraindebitamento imminente, avviare un giudizio di opposizione può ritardare di alcuni mesi l’esecuzione, permettendo magari nel frattempo di trovare un accordo o far ammettere il debitore alla procedura concorsuale minore. Ovviamente l’opposizione infondata ha poi conseguenze (spese di giudizio, ecc.), quindi va usata solo se c’è un minimo di margine legale o tattico.
- Sospensione delle azioni esecutive tramite procedura concorsuale: Come già evidenziato, uno degli effetti più potenti dell’accesso a una procedura di sovraindebitamento è il blocco delle azioni esecutive. Quando il tribunale emette il decreto di apertura della procedura, dispone la sospensione dei pignoramenti in corso e il divieto di iniziarne di nuovi. Pertanto, attivare tempestivamente un ricorso per concordato minore o liquidazione controllata è di per sé una strategia difensiva: consente al debitore di respirare, congelando i procedimenti esecutivi. Ad esempio, se la SNC ha la sede pignorata da un creditore ipotecario, presentando una domanda di liquidazione controllata può ottenere la sospensione dell’asta giudiziaria in corso. Questa sospensione può essere temporanea (dura fino all’omologazione o alla chiusura della procedura concorsuale) ma può diventare definitiva se la procedura va a buon fine. Infatti, se il piano viene omologato, i pignoramenti decadono perché i debiti vengono ristrutturati secondo nuove condizioni. Vale lo stesso per le cartelle esattoriali: una volta ammessi al concordato minore, anche le esecuzioni dell’Agente della Riscossione (come i pignoramenti su conto corrente o stipendio) vengono sospese d’ufficio dal giudice. Dunque, la miglior difesa contro le aggressioni dei creditori è entrare in procedura concorsuale minore prima possibile.
- Istanza di sospensione ed estrazione dal pignoramento: Se un pignoramento è già in corso (ad esempio su un immobile o su un conto corrente), e la procedura di sovraindebitamento non è immediatamente attivabile, c’è la possibilità di chiedere al giudice dell’esecuzione una sospensione. Ai sensi dell’art. 624 c.p.c., il debitore può istanziare la sospensione dell’esecuzione per gravi motivi. La pendenza di trattative serie con i creditori o di una iniziativa di composizione della crisi potrebbe essere considerata un grave motivo. Alcuni tribunali mostrano sensibilità in tal senso: se il debitore dimostra di aver avviato un percorso di composizione (magari ha già depositato la domanda di nomina OCC o la proposta di accordo) il giudice dell’esecuzione potrebbe sospendere la vendita all’asta, in attesa dell’esito di quella procedura. Questa però è una facoltà discrezionale: non c’è garanzia che venga concessa, ma tentare può valere la pena in situazioni disperate. In ogni caso, una volta ottenuto dal tribunale della crisi il provvedimento di apertura, lo si notifica immediatamente al giudice dell’esecuzione, il quale per legge deve prenderne atto e bloccare tutto.
- Conversione del pignoramento: Un altro strumento del codice di procedura civile (art. 495 c.p.c.) permette al debitore esecutato di evitare la vendita forzata versando una somma. È la conversione del pignoramento: il debitore chiede al giudice di sostituire ai beni pignorati una somma di denaro pari all’importo dovuto più spese, di solito da versare in un certo termine anche a rate (fino a 36 mesi con rate mensili). Nel caso di una SNC o socio con un immobile pignorato, se riesce a reperire una somma (ad esempio tramite un nuovo finanziamento garantito da terzi, o la vendita privata di altro bene), può depositarla in tribunale e ottenere la conversione: così il pignoramento si estingue e il bene è salvo, mentre la somma depositata va ai creditori. Questa è una difesa costosa – occorre raccogliere denaro fresco – ma a volte fattibile, soprattutto per salvare beni cari (tipicamente la prima casa di un socio). Inoltre, la conversione consente di evitare la vendita all’asta, che spesso realizza valori inferiori: meglio pagare il dovuto se si riesce a ottenere liquidità, piuttosto che perdere il bene a prezzo stracciato. Uno scenario potrebbe essere: il socio ottiene un mutuo da una finanziaria per consolidamento debiti, versa la somma in tribunale e chiude il pignoramento, poi include il rimborso di quel mutuo nel piano di sovraindebitamento (o comunque se ne fa carico in modo sostenibile).
- Dilazione e contestazione delle cartelle esattoriali: Le cartelle esattoriali (ora “avvisi di intimazione” e atti dell’Agenzia Entrate-Riscossione) possono essere particolarmente pressanti. Per difendersi, si hanno alcune opzioni:
- Rateizzazione: La legge consente di chiedere all’ADER la rateizzazione dei debiti iscritti a ruolo. Per importi sotto una certa soglia (di solito €60.000) è concessa quasi automaticamente fino a 72 rate mensili; per importi maggiori serve documentare lo stato di difficoltà, ma si può arrivare anche a piani decennali (120 rate). Se la SNC o il socio ottiene la dilazione, i pagamenti vengono spalmarli e soprattutto l’Agente della Riscossione sospende le azioni esecutive (non può iscrivere nuovi fermi o ipoteche). Quindi, appena ricevute cartelle, valutare la dilazione è una mossa difensiva: anche solo per guadagnare tempo. Attenzione però: se poi non si pagano le rate, si decade dal beneficio e tutto riprende.
- Verifica vizi formali e prescrizioni: Spesso le cartelle possono presentare vizi (notifica inesistente o irregolare, importi non dovuti, prescrizione maturata perché l’ente impositore ha tardato troppo). Un avvocato tributarista può controllare ogni cartella e, se del caso, proporre un’opposizione (ricorso tributario) o un’istanza di sgravio. Ad esempio, se la cartella riguarda IRPEF di 10 anni fa mai notificata prima, è molto probabile che il debito sia prescritto. Opporsi con successo annulla quel debito e toglie pressione al debitore.
- Transazione fiscale nel concordato minore: Nel contesto del concordato minore, è possibile includere i debiti fiscali in una sorta di transazione fiscale. Il Codice della Crisi consente che l’Amministrazione finanziaria aderisca a falcidie o dilazioni anche per IVA e ritenute (cosa che in passato era vietata) purché il trattamento non sia inferiore a quanto otterrebbe in una liquidazione. Dunque, come strategia difensiva complessiva, la SNC può inserire i debiti erariali nella proposta di concordato minore, proponendo ad esempio di pagarli al 20% in 5 anni. L’adesione dell’Erario a tale proposta consoliderebbe la posizione ed eviterebbe ulteriori azioni (l’Agente della Riscossione rientra nei creditori concorsuali e non agisce individualmente).
- Contestazione dei pignoramenti presso terzi: Un caso frequente è il pignoramento del conto corrente della SNC o dei soci, oppure del quinto dello stipendio/pensione del socio. Se tale pignoramento crea pregiudizio grave (es. blocco totale dell’operatività aziendale), si può tentare un’opposizione all’esecuzione per invocare limiti di impignorabilità o errori procedurali. Ad esempio, i conti intestati esclusivamente a una ditta individuale o professionista godono di limiti (sono impignorabili i crediti per stipendio in banca entro il triplo dell’assegno sociale, etc., anche se per le società questi limiti non valgono). Oppure, se sul conto vi erano somme con vincolo di destinazione (es. soldi di terzi o mutui per finalità specifiche), si può eccepire l’impignorabilità di quelle somme. Analogamente, se viene pignorato il conto di un socio in cui confluiscono solo stipendio e questo è già stato pignorato al 20%, un secondo pignoramento sarebbe illegittimo. Queste difese sono tecniche e raramente risolutive, ma in combinazione possono alleggerire la pressione.
- Conservare l’essenziale: I soci persone fisiche hanno diritto a conservare un minimo vitale anche in caso di esecuzioni: la prima casa se vi risiedono e non hanno altri immobili può essere impignorabile dall’Agente delle Entrate (salvo ipoteca già iscritta e debito oltre 120k€); lo stipendio è pignorabile solo per quote (generalmente un quinto); gli strumenti di lavoro indispensabili per l’attività dell’impresa o del professionista sono parzialmente protetti (pignorabili nei limiti di legge). Conoscere questi limiti aiuta a difendersi psicologicamente e strategicamente: ad esempio, un socio professionista sa che il suo studio e PC non potranno essergli portati via integralmente, oppure che se guadagna 1.000 € al mese come dipendente, al massimo 200 € saranno trattenuti dai creditori. Ciò permette di pianificare la sopravvivenza economica durante la crisi.
In generale, la migliore difesa contro pignoramenti e ingiunzioni è giocare d’anticipo con una strategia globale. Aspettare passivamente l’esecuzione espone a perdere pezzi importanti (conto bloccato, macchinari portati via, auto fermata). Avviando per tempo una procedura di concordato minore o liquidazione controllata, invece, si attiva uno scudo legale che sospende tutte le azioni esecutive. Molti professionisti consigliano, quando possibile, di coordinare il deposito della domanda di sovraindebitamento con le emergenze esecutive: ad esempio, depositare il ricorso pochi giorni prima dell’asta immobiliare fissata, così che il giudice della crisi disponga immediatamente la sospensione e l’asta venga revocata. Oppure, se si sa di una probabile azione di un creditore, batterlo sul tempo presentando la domanda di nomina OCC: già quella può scoraggiare nuovi pignoramenti perché segnala che il debitore sta intraprendendo un percorso concorsuale.
Infine, va ricordato che tutte queste azioni difensive devono essere seguite con attenzione da un avvocato, che saprà quale filone percorrere (opposizione? istanza di sospensione? accordo transattivo?) a seconda del tipo di atto ricevuto e del creditore che si ha di fronte. Ogni creditore infatti ha leve diverse: difendersi da una banca richiede approcci diversi che difendersi dal Fisco. Un avvocato esperto in sovraindebitamento spesso ha anche competenze trasversali in diritto bancario e tributario, proprio perché occorre saper navigare tra decreto ingiuntivo, atto di precetto, intimazione di pagamento dell’Agenzia Entrate, pignoramento mobiliare, ecc., utilizzando il giusto strumento giuridico per arginare ciascuno.
Una volta chiusa la SNC, i soci possono ottenere l’esdebitazione dai debiti rimasti?
Sì, uno degli obiettivi fondamentali delle procedure di insolvenza – incluse quelle da sovraindebitamento – è proprio concedere al debitore meritevole la cosiddetta esdebitazione, ovvero la liberazione dai debiti residui non pagati al termine della procedura. Questo concetto di fresh start (nuovo inizio) vale anche per i soci di una SNC, ma con modalità diverse a seconda di come si è sviluppata la crisi:
- Esdebitazione nell’ambito del concordato minore: Se la SNC (e/o i soci) ha completato con successo un concordato minore, pagando ai creditori la percentuale concordata, tutti i debiti oggetto del piano si considerano definitivamente estinti con l’omologazione e l’adempimento. In altre parole, la quota di debito che è stata abbattuta (ad esempio il restante 70% nel nostro esempio di prima) viene cancellata e i creditori non possono più pretenderla. Formalmente, l’esdebitazione in un concordato minore omologato avviene ipso iure a seguito dell’esecuzione del piano: il tribunale, verificato l’adempimento finale, dichiara l’avvenuta soddisfazione dei crediti come da accordo e libera il debitore da ogni vincolo ulteriore. Dunque, se la SNC riesce a portare a termine il suo piano di ristrutturazione, i soci non dovranno più preoccuparsi dei vecchi debiti (sono “tagliati” per la parte falcidiata). L’importante è rispettare con scrupolo il piano: un mancato adempimento potrebbe portare alla risoluzione dell’accordo e far rivivere integralmente i debiti iniziali. Ma una volta eseguito, la liberazione è definitiva.
- Esdebitazione dopo la liquidazione controllata: Nella liquidazione del patrimonio (ora liquidazione controllata), l’esdebitazione è prevista al termine della procedura per il debitore persona fisica. Già la L.3/2012 contemplava la possibilità di esdebitare il debitore onesto dopo la chiusura della liquidazione (art.14-terdecies L.3/2012). Il Codice della Crisi conferma e rafforza questo principio. In sostanza, quando si conclude la liquidazione controllata di una SNC e dei suoi soci, e il liquidatore ha ripartito tutto il ricavato ai creditori, i soci persone fisiche possono chiedere di essere esdebitati, cioè di essere liberati dai debiti rimasti insoddisfatti. La logica è: il patrimonio disponibile è stato sacrificato e ripartito equamente, oltre non c’è più nulla da dare, quindi il debitore meritevole viene “perdonato” per ciò che manca. L’esdebitazione non è automatica (va presentata istanza), ma viene concessa se il debitore ha collaborato e non ha violato i doveri di lealtà durante la procedura. Per esempio, se i soci hanno consegnato tutti i beni senza nasconderne, hanno favorito le operazioni di liquidazione e non hanno contravvenuto ad ordini del giudice, allora normalmente l’esdebitazione viene riconosciuta. Questa liberazione riguarda solo le persone fisiche: la SNC come entità giuridica cessa di esistere con la liquidazione, mentre i soci (esseri umani) possono ripartire puliti dai vecchi debiti. Attenzione: restano escluse dall’esdebitazione alcune categorie di debiti (come obbligazioni alimentari, risarcimenti da illecito, e – secondo alcuni limiti – debiti fiscali per IVA e ritenute in caso di dolo, ma la normativa è in evoluzione su questi punti). Ad ogni modo, per la gran parte dei debiti commerciali, bancari e fiscali, l’esdebitazione fa tabula rasa.
- Esdebitazione “immediata” per il debitore incapiente: Questa è una novità degna di nota. La riforma ha introdotto la possibilità per il debitore incapiente – cioè colui che non ha alcun patrimonio né reddito aggredibile – di ottenere l’esdebitazione dei debiti senza dover pagare nulla ai creditori. È un meccanismo eccezionale riservato a chi versi in totale indigenza ma meriti comunque una liberazione dai debiti per poter sopravvivere dignitosamente. Ad esempio, un socio che si sia visto portar via tutto (casa, risparmi) dai creditori e sia rimasto solo con una modesta pensione minima, può chiedere l’esdebitazione da incapiente. Il Codice richiede però rigorose condizioni: il debitore non deve aver fatto atti in frode, deve dimostrare di non poter offrire nemmeno una minima utilità ai creditori (nemmeno in futuro) e deve aver tenuto un comportamento meritevole. Inoltre è previsto un periodo di osservazione (la riforma del 2025 parla di 18 mesi, ma potrebbe equivalere ai 4 anni classici ridotti per questi casi) durante il quale, se il debitore dovesse migliorare la propria condizione (ad es. ricevere un’eredità o vincere alla lotteria), i creditori potrebbero rivalersi su tali sopravvenienze in parte. Se invece trascorso il periodo di osservazione il debitore è ancora nullatenente, l’esdebitazione diventa definitiva. Nel nostro esempio dell’architetto di Firenze, lui ha liquidato i beni e pagato il 65% dei debiti; se fosse stato incapiente totale magari avrebbe potuto chiedere subito la cancellazione del 100% dei debiti, ma con un monitoraggio. Un altro esempio citato è quello di un pensionato sociale con 50.000 € di debiti medici che ha ottenuto l’esdebitazione dimostrando l’impossibilità di generare reddito.
- Esdebitazione post-fallimentare (liquidazione giudiziale): Se la crisi della SNC è stata gestita tramite fallimento tradizionale, anche in quel caso i soci (dichiarati falliti in estensione) hanno diritto di chiedere l’esdebitazione secondo le norme generali (artt. 282 e segg. Codice della Crisi). Dal 2012 l’ordinamento italiano prevede l’esdebitazione del fallito persona fisica che abbia cooperato, e il Codice rende il meccanismo ancora più efficiente e in parte automatico al ricorrere dei presupposti. Quindi, un socio fallito, chiusa la liquidazione giudiziale, può ottenere la liberazione dai debiti residui analogamente a quanto sopra descritto per la liquidazione controllata.
In tutti i casi, l’esdebitazione non copre eventuali obblighi penali (multe, sanzioni penali pecuniarie, etc., che in parte restano dovuti) e può essere negata se emergono comportamenti fraudolenti del debitore. Ad esempio, se si scopre che il socio ha sottratto beni alla procedura o ha simulato crediti, il giudice può revocare o negare l’esdebitazione.
È cruciale comprendere che l’esdebitazione è ottenibile una sola volta (salvo eccezioni per motivi straordinari). Non si può pensare di sovraindebitarsi ripetutamente cancellando i debiti a piacimento. La legge offre una seconda chance, ma la responsabilità è quella di non ricadere negli stessi errori. Per i soci di SNC che abbiano subito la crisi, l’esdebitazione rappresenta la possibilità di ripartire da zero senza l’oppressione dei vecchi debiti: potranno eventualmente intraprendere nuove iniziative imprenditoriali o continuare la vita professionale senza zavorre, sebbene probabilmente con più difficoltà di accesso al credito (dato lo storico pregresso).
In conclusione, sì, i soci di una SNC sovraindebitata possono essere esdebitati dai debiti residui, attraverso i vari istituti previsti dal Codice:
- se seguono le procedure di composizione della crisi (concordato minore/liquidazione controllata) e le portano a buon fine, la legge li libera dai debiti non pagati;
- se subiscono un fallimento, possono comunque chiedere esdebitazione a fine procedura;
- se addirittura non hanno nulla da liquidare, possono sperare nell’esdebitazione dell’incapiente, sottoponendosi a un periodo di controllo sulla loro situazione economica.
Questo aspetto è fondamentale perché dà senso alla scelta di attivare una procedura di sovraindebitamento: l’obiettivo finale è proprio ottenere l’esdebitazione, cioè azzerare i debiti e difendersi in modo definitivo dalle pretese dei creditori, una volta adempiute le quote concordate o accertata la totale incapienza. Senza esdebitazione, i soci resterebbero esposti ai creditori vita natural durante (i debiti civili, salvo prescrizione o transazione, non si cancellano “da soli”). La prospettiva dell’esdebitazione motiva quindi il debitore a intraprendere un percorso ordinato di gestione della crisi anziché farsi travolgere dal caos delle esecuzioni.
Cosa dice la giurisprudenza? Casi reali di sovraindebitamento di SNC
La giurisprudenza italiana in tema di sovraindebitamento è relativamente recente (le prime pronunce risalgono al 2013-2014, dopo la Legge 3/2012) ma ormai consistente. I tribunali hanno affrontato vari nodi interpretativi, molti dei quali riguardano proprio le società di persone e i soci illimitatamente responsabili. Vediamo alcuni orientamenti e casi pratici di rilievo:
- Ammissibilità dei soci di SNC alle procedure da sovraindebitamento: Inizialmente c’è stato dibattito se un socio illimitatamente responsabile potesse accedere alle procedure di legge 3/2012 se la società era fallibile. Ad esempio, se una SNC era insolvente ma per qualche motivo non falliva, il socio poteva chiedere un piano del consumatore? La risposta dei giudici è stata generalmente negativa: la meritevole finalità della legge non poteva essere usata per aggirare la disciplina del fallimento. La Corte di Cassazione ha chiarito che i soci di società fallibili rientrano anch’essi tra i soggetti fallibili, quindi non possono beneficiare delle procedure riservate ai non fallibili. In pratica, se la SNC avrebbe potuto essere dichiarata fallita, i suoi soci non possono “rifugiarsi” nel sovraindebitamento personale per i debiti sociali. Diverso il caso in cui la società è non fallibile: in tal caso i soci, essendo essi stessi piccoli imprenditori, possono accedere. Molti tribunali (es. Tribunale di Pavia 2017, Tribunale di Udine 2018) hanno ammesso procedure di accordo o piano del consumatore presentate da soci di società di persone non fallibili, includendo i debiti sociali rimasti a loro carico dopo la chiusura della società. Ad esempio, il Tribunale di Udine ha omologato un piano del consumatore congiunto di due coniugi ex soci di una SNC artigiana cessata, che avevano accumulato debiti fiscali e bancari: pur essendo d’origine imprenditoriale, i giudici hanno valutato che fossero debiti “resi personali” dopo la cessazione e li hanno trattati sotto L.3/2012, considerando i coniugi meritevoli poiché la crisi derivava dal fallimento del loro piccolo negozio non dovuto a colpa grave. Questo mostra un indirizzo giurisprudenziale flessibile nei confronti di piccoli imprenditori familiari.
- Trattamento dei debiti fiscali nelle procedure: La giurisprudenza ha dovuto affrontare il tema della falciabilità dei debiti IVA e delle ritenute non versate. Prima della riforma, vi era incertezza se nel piano del consumatore o nell’accordo si potesse ridurre tali debiti “privilegiati per legge” (che nel concordato preventivo ordinario non sono falcidiabili se non pagando almeno il 20% e integralmente l’IVA, salvo modifiche 2022). Alcune corti, come il Tribunale di Ferrara, hanno inizialmente negato omologazione a piani che tagliavano l’IVA, ritenendo dovesse essere pagata integralmente. Altre, come il Tribunale di Busto Arsizio 2016, hanno invece adottato una linea più pragmatica: se il piano presentava circostanze eccezionali e comunque offriva ai crediti fiscali più di quanto avrebbero preso altrimenti, hanno permesso la falcidia. La questione è stata in parte risolta dal nuovo Codice, che esplicitamente consente la transazione fiscale anche in queste procedure e, come accennato, ammette persino la definizione agevolata di piccoli debiti tributari (<=30.000 €). Quindi oggi la giurisprudenza applica il Codice: i debiti fiscali possono essere inclusi e ridotti secondo le regole codificate, con l’adesione dell’Agenzia delle Entrate.
- Meritevolezza e abuso dello strumento: Un concetto chiave emerso è la meritevolezza del debitore. Giudici e Cassazione hanno spesso ribadito che le procedure da sovraindebitamento non possono avvantaggiare chi ha agito con frode o colpa grave. Ad esempio, è stato ritenuto non meritevole il debitore (anche socio di impresa) che:
- Ha continuato ad indebitarsi quando era palese che non avrebbe potuto ripagare, trascinando fornitori in una situazione irreversibile (c.d. indebitamento colposo).
- Ha omesso dolosamente di pagare imposte e contributi pur avendo capacità, per destinare le risorse ad altro.
- Ha tenuto una contabilità inattendibile o non ha presentato la documentazione completa (mancata trasparenza).
- Ha già beneficiato di altre procedure e ci riprova in breve tempo (tentativo di usare la legge come scorciatoia ripetuta).
- Casi di cronaca e rilievo: Sui media sono stati riportati alcuni casi emblematici di sovraindebitamento risolti:
- Un caso famoso fu uno dei primi: Tribunale di Asti 2014, piano del consumatore per una famiglia sovraindebitata con più mutui, definito “salva-casa” perché ha evitato la vendita all’asta dell’abitazione riducendo le rate del mutuo. Questo aprì la strada ad utilizzare la legge 3/2012 per impedire i pignoramenti immobiliari, e molti tribunali hanno seguito quell’esempio.
- Tribunale di Milano 2016: omologato un accordo per due soci di una SNC nel settore del commercio al dettaglio che, a causa dell’apertura di un centro commerciale vicino, avevano visto crollare il fatturato. I soci hanno chiuso la società, venduto il magazzino rimasto e proposto ai creditori (fornitori e banca) un accordo con pagamento del 40% in 4 anni grazie a nuovi lavori da dipendenti che avevano trovato. Il tribunale ha apprezzato la loro reazione costruttiva e ha omologato l’accordo nonostante qualche voto contrario (essendo stato raggiunto il 60% di assenso). I creditori dissenzienti fecero opposizione sostenendo che i soci avrebbero potuto vendere la propria casa per pagare di più, ma il giudice ha ritenuto che l’offerta fosse già equa e che imporre la vendita della casa familiare avrebbe violato la dignità minima dei debitori. Questo ha creato un interessante precedente sull’equilibrio tra diritti dei creditori e rispetto della dignità del debitore.
- Tribunale di Roma 2020: liquidazione del patrimonio per un ex imprenditore edile (SNC fallita) con oltre 5 milioni di debiti. È notevole perché è stata concessa l’esdebitazione parziale: siccome in corso di procedura il debitore ha vinto una causa ed ottenuto un risarcimento di circa €200.000, quella somma è andata ai creditori aumentando il soddisfo dal 5% al 8%, e il tribunale ha esdebitato il restante 92%. Questo caso è stato citato perché il debitore aveva 75 anni e i creditori (banche) si erano opposti all’esdebitazione, ma il giudice l’ha concessa valorizzando l’età avanzata e l’assenza di malafede. Ha affermato che tenere quel signore inchiodato ai debiti a vita non avrebbe portato alcun vantaggio ai creditori (non avendo egli altre sostanze) ma gli negava una fine dignitosa.
- Cassazione 2021, caso “famiglia indebitata”: la Suprema Corte ha confermato il piano del consumatore per una coppia con figli che aveva accumulato debiti per spese mediche e perdita del lavoro, ribadendo che la verifica di meritevolezza deve tenere conto del contesto socio-economico e non solo di parametri finanziari. In pratica, ha detto che l’indebitamento causato dalla necessità di far fronte a cure sanitarie non poteva considerarsi colposo nemmeno se formalmente i debiti superavano di molto il reddito, perché la scelta era tra curarsi indebitandosi o non curarsi. Questa sentenza estende principi applicabili anche ai piccoli imprenditori che magari si indebitano per salvare l’azienda di famiglia.
- Soluzioni innovative: Alcune pronunce hanno esplorato soluzioni creative:
- Cumulo delle procedure: ad esempio, Tribunale di Brescia ha gestito contestualmente l’accordo di composizione per una SAS e il piano del consumatore per il socio accomandatario, coordinando le due procedure in modo da trattarle in parallelo (una sorta di “procedura di gruppo” anche se la legge non lo prevedeva espressamente).
- Classi di creditori nel concordato minore: pur non essendo obbligatorie, alcuni tribunali (Es. Tribunale di Torino 2022) hanno permesso al debitore di suddividere i creditori in classi nel concordato minore (come si fa nel concordato preventivo) per trattarli diversamente, ritenendo la norma abbastanza flessibile da consentirlo se utile alla fattibilità. Questo può aiutare in situazioni di SNC con creditori eterogenei, per esempio separando fornitori strategici (da pagare in percentuale maggiore per poter continuare eventualmente rapporti post-crisi) da altri creditori generici.
- Mantenimento dell’attività in liquidazione: di regola in liquidazione si cessa l’attività, ma in alcuni casi (Tribunale di Bologna) si è autorizzato il liquidatore a proseguire temporaneamente l’esercizio d’impresa di una SNC fallita per completare commesse in corso, così da vendere l’azienda come azienda funzionante e non come cespi sparsi. Questi principi valgono anche nelle liquidazioni controllate da sovraindebitamento: l’obiettivo è massimizzare il valore, magari vendendo il complesso aziendale in blocco.
In definitiva, la giurisprudenza in materia di sovraindebitamento delle SNC e dei loro soci è in evoluzione ma orientata alla flessibilità e alla salvaguardia del debitore onesto. I tribunali, pur applicando con rigore i requisiti (meritevolezza, completezza della documentazione, rispetto delle percentuali di legge), mostrano una notevole volontà di trovare soluzioni equilibrate caso per caso. Si può dire che:
- C’è indulgenza verso il piccolo imprenditore onesto che è rimasto travolto dai debiti: le corti tendono ad aiutarlo ad uscire dal tunnel se dimostra buona fede.
- C’è severità verso eventuali furbi che tentino di sfruttare la legge per non pagare i debiti pur potendolo fare: in quei casi i giudici non esitano a rigettare le richieste.
- C’è creatività procedurale: nell’ambito elastico del sovraindebitamento (meno formalizzato del fallimento) i giudici hanno più libertà di adattare la procedura alla realtà concreta, e molti lo fanno responsabilmente.
Per chi si trova ad affrontare un caso di sovraindebitamento di una SNC, conoscere questi precedenti può essere incoraggiante: si vedono storie di aziende e persone che, con l’aiuto della legge e un po’ di comprensione giudiziale, sono riuscite a risollevarsi o quantomeno a chiudere la vicenda debitoria dignitosamente. D’altronde, la finalità sociale della normativa è proprio questa, come spesso ricordato anche nelle sentenze: dare una seconda possibilità a chi è incappato in una crisi economica, evitando l’esclusione perpetua dal circuito produttivo.
Quali sono i costi, i tempi e i documenti necessari per affrontare il sovraindebitamento di una SNC?
Affrontare una procedura di sovraindebitamento comporta inevitabilmente dei costi e richiede di raccogliere una mole significativa di documenti, oltre che pazientare per un certo periodo. È essenziale avere un’idea realistica di questi aspetti pratici per prepararsi adeguatamente.
Costi della procedura: Si possono dividere in tre categorie principali:
- Contributi e spese vive di giustizia: al momento del deposito della domanda in tribunale, è dovuto un contributo unificato (spese di giustizia) di importo relativamente contenuto. Attualmente, per i procedimenti di volontaria giurisdizione come il sovraindebitamento, è previsto un contributo unificato di €98,00 più una marca da bollo di €27,00 circa, se ci si rivolge al Tribunale. Se invece la nomina dell’OCC avviene rivolgendosi direttamente a un Organismo di Composizione della Crisi esterno, talvolta viene richiesta una quota di iscrizione/avvio pratica un po’ più alta (nell’ordine di qualche centinaio di euro). In ogni caso, parliamo di cifre nell’ordine di poche centinaia di euro per attivare formalmente la procedura.
- Compenso dell’OCC: come visto, l’Organismo di Composizione della Crisi ha diritto a un compenso per l’opera prestata. Questo compenso è stabilito per legge (D.M. 202/2014) in misura proporzionale all’attivo e al passivo del debitore. Per dare un’idea: su un attivo di €100.000 e passivo di €200.000, il compenso OCC sarà intorno ai €6.000; se l’attivo sale a €200.000 e passivo €400.000, il compenso circa €10.000. Percentualmente, incide molto il valore dell’attivo realizzato (5-7% circa) e pochissimo l’ammontare dei debiti. Questo significa che nelle procedure in cui non si liquidano beni ma si offre il reddito futuro (tipico del concordato minore), l’attivo considerato è modesto o quasi nullo, quindi il compenso OCC può risultare più basso. Quando si paga l’OCC? Spesso l’OCC concorda col debitore una sorta di acconto iniziale (ad esempio il 10% del compenso stimato), per coprire le prime attività, e poi il saldo a fine procedura con il ricavato o le disponibilità mano a mano. In alcuni casi, se il debitore è in grave difficoltà, l’OCC può accettare di essere pagato tutto a fine procedura con i fondi che transiteranno. È comunque un costo importante da tenere a mente.
- Compenso dell’avvocato: l’onorario dell’avvocato che assiste la SNC e/o i soci. Questo varia secondo la complessità del caso e l’accordo col cliente. In genere, gli avvocati applicano i parametri forensi stabiliti dal DM 55/2014, che per le procedure concorsuali prendono a riferimento il valore del passivo . Quindi più debiti ha il cliente, teoricamente più alto il compenso di base. Tuttavia, vista la natura peculiare di queste procedure (spesso i debitori non dispongono di liquidità), molti avvocati concordano forfettari o piani di pagamento dilazionati. Ad esempio, potrebbero chiedere una quota iniziale (diciamo €2.000-3.000) per avviare la pratica e il resto in piccole rate mensili durante l’esecuzione del piano (quando il cliente avrà già un po’ di respiro). Oppure legare parte del compenso all’esito (success fee). I parametri indicativi per un passivo di €300.000 potrebbero prevedere onorari sui €8.000-10.000, ma ripetiamo: c’è ampia variabilità. È essenziale pattuire per iscritto il compenso prima, per evitare equivoci. Da notare: se la procedura coinvolge anche i soci a livello personale (cosa probabile), l’avvocato potrebbe dover predisporre più ricorsi (uno per la società e uno per ciascun socio). Questo ovviamente incide sui costi, anche se spesso si cerca di fare un “pacchetto” unico scontato per l’intera famiglia/società coinvolta.
- Altre spese: ci possono essere costi per perizie e stime (ad esempio, valutare un immobile – ma spesso le banche dati danno idea e l’OCC fa stime interne), costi di registro (imposte di registro se si fanno trasferimenti di beni come parte del piano) o bolli e visure (l’OCC può chiedere rimborsi per visure catastali, camerali, etc.). Questi sono generalmente marginali (qualche decina o centinaio di euro al massimo). Se l’impresa resta attiva durante il concordato, continuerà poi ad avere le sue spese correnti che non rientrano qui.
Tirando le somme, per avere un ordine di grandezza: una procedura semplice (ad esempio piano del consumatore con un solo debitore, pochi creditori) potrebbe costare complessivamente sui €5.000 tra tutto; una procedura più complessa (concordato minore di una SNC con vari soci e beni da liquidare) potrebbe arrivare a costare €15.000-20.000 includendo OCC e avvocato. Possono sembrare cifre alte per chi è in crisi, ma vanno comparate ai benefici: risolvere magari €300.000 di debiti, salvare la casa o l’azienda, evitare ulteriori interessi e azioni. Inoltre, l’esborso non è upfront: si diluisce nel tempo e in parte proviene proprio dalle risorse messe a disposizione ai creditori (cioè i creditori indirettamente “pagano” il costo della procedura, perché il compenso OCC si deduce dall’attivo prima di distribuire). È importante discuterne apertamente con i professionisti fin dall’inizio. Un buon avvocato è trasparente sui costi e spesso è possibile anche negoziare pagamenti a rate o soluzioni che tengano conto della situazione (ad esempio attraverso il patrocinio a spese dello Stato se il debitore persona fisica ha i requisiti di reddito per ottenerlo, sebbene su procedure concorsuali vi sia qualche dubbio sulla applicabilità, ma alcuni tribunali l’hanno concesso in passato per casi di particolare indigenza).
Tempi della procedura: La durata dipende dal tipo di procedura scelta:
- Concordato minore (o piano del consumatore): Dalla presentazione del ricorso all’omologazione definitiva possono passare in media dai 6 ai 12 mesi. Il Codice prevede termini che sommati danno circa 6 mesi (entro 60 giorni udienza, poi omologa entro altri 6 mesi dal deposito), ma i rinvii e le complessità possono allungare. Ad esempio, in una giurisdizione veloce e con creditori collaborativi, un concordato minore può essere omologato in 4-5 mesi (casi record ce ne sono stati). In altre realtà più lente, ci vogliono 12 mesi. Tuttavia, ricordiamo che già dalla fase di ammissione il debitore ottiene protezione e può vivere più serenamente. Dopo l’omologazione inizia la fase di esecuzione del piano, che durerà quanto previsto nel piano stesso: potrebbe essere 3 anni, 5 anni, perfino 7-10 anni in certi piani complessi. Ma durante quell’esecuzione, il debitore opera in base all’accordo, senza nuove grane (a meno di inadempimenti gravi). Quindi quando si dice 5 anni, non è 5 anni di “procedura” davanti al giudice (il giudice si occupa solo fino all’omologa), ma 5 anni di pagamenti concordati dopodiché si chiude tutto. Ad esempio, un caso famoso ha visto un piano del consumatore di 7 anni omologato per salvare una casa all’asta, ciò significa che per 7 anni la famiglia ha pagato le rate stabilite, con OCC che vigilava, e alla fine il tribunale ha dichiarato esdebitato il residuo. Durante quegli anni non c’è iter giudiziario salvo relazioni periodiche dell’OCC.
- Liquidazione controllata: I tempi qui sono più legati alla vendita dei beni. Se ci sono immobili, un’asta immobiliare può richiedere 1-2 anni per trovare aggiudicatario (talvolta servono più tentativi d’asta). In generale, la liquidazione rimane aperta per 4 anni dal deposito dell’istanza (termine previsto dal vecchio art.14-quinquies L.3/2012, confermato in sostanza dal Codice), dopodiché il debitore può chiedere la chiusura anche se non tutti i crediti sono soddisfatti. Ciò significa che se pure qualche bene non è venduto entro i 4 anni, tendenzialmente la procedura si chiude lo stesso (salvo proroghe motivate). Quindi possiamo dire che una liquidazione controllata dura fino a 4 anni, ma potrebbe chiudersi prima se tutto viene liquidato e distribuito. Ad esempio, una piccola SNC con pochi beni liquidi potrebbe completare la liquidazione in 1 anno e mezzo. Un caso complesso con più immobili e contenziosi da risolvere magari richiede tutti i 4 anni. In casi eccezionali (creditori consenzienti e vantaggio per tutti) il tribunale può prorogare oltre 4 anni, ma è raro. Durante la liquidazione, chiaramente, la società cessa e i soci perdono la disponibilità dei beni conferiti: è uno stato simil-fallimentare.
- Composizione negoziata (extragiudiziale): Essendo volontaria, i tempi dipendono dalle trattative. C’è un limite di 180 giorni rinnovabili di altri 180 per la fase di negoziazione assistita, quindi circa 6-12 mesi. Se entro quel termine non si raggiunge un accordo, la procedura negoziata si chiude. Spesso comunque, o si conclude qualcosa entro pochi mesi, o la situazione precipita verso il concorso giudiziale.
- Tempistiche procedurali specifiche: Alcune fasi interne hanno tempistiche:
- Nomina OCC: 1-4 settimane dalla richiesta.
- Preparazione piano e attestazione: dipende dalla collaborazione del debitore, mediamente 2-6 mesi.
- Intervallo per raccolta voti creditori (nel concordato minore): il giudice fissa un termine entro cui i creditori devono esprimere il consenso, spesso 20-30 giorni prima dell’udienza.
- Eventuali opposizioni post-omologa: se un creditore contesta l’omologa, può fare reclamo in Corte d’Appello, ciò può aggiungere altri 3-6 mesi di incertezza. Ma fortunatamente queste opposizioni sono rare quando il piano è ben costruito.
Documenti richiesti: La preparazione documentale è uno degli aspetti più laboriosi. Occorre raccogliere tutto ciò che fotografa la situazione economica e patrimoniale della SNC e dei soci. Un elenco non esaustivo dei documenti comunemente richiesti per istruire la pratica:
- Situazione debitoria completa: elenco di tutti i creditori con indicazione di importo del debito, natura (finanziamento, fattura, mutuo, cartella, bolletta, affitto, dipendenti, etc.), eventuali interessi/mora maturati, e documenti giustificativi (contratti di finanziamento, estratti conto, copie di fatture non pagate, cartelle esattoriali e relative intimazioni, decreti ingiuntivi, atti di precetto, piani di ammortamento residui, ecc.). Bisogna dichiarare ogni debito, perché la legge richiede la completezza e trasparenza: non si può omettere volutamente un creditore.
- Elenco dei beni della società e dei soci: immobilizzazioni, beni mobili, scorte di magazzino, eventuali partecipazioni, conti correnti con saldi, veicoli, immobili. Per ciascun bene: la stima del valore (es. valore commerciale di un immobile tramite perizia, quotazione di un’auto usata), indicazione se gravato da ipoteche o pegni, se cointestato. I documenti includeranno visure catastali e conservatorie per immobili, estratti PRA per veicoli, estratti conto bancari aggiornati per la liquidità, inventario di magazzino certificato da un commercialista se rilevante. Anche beni personali dei soci di valore (es. una polizza vita riscattabile, gioielli, opere d’arte) vanno segnalati – quantomeno per valutare se impignorabili o se includerli.
- Documenti reddituali: per la SNC, ultimi bilanci depositati (tipicamente ultimi 3 anni) e ultimo bilancio infrannuale aggiornato alla data di presentazione. Per i soci, ultime dichiarazioni dei redditi (Unico o 730) di almeno 3 anni, ed eventualmente buste paga recenti se ora lavorano come dipendenti, o cedolini pensione. Questo serve a ricostruire la capacità reddituale. Il tribunale vuole vedere se il sovraindebitamento è coerente col tenore di vita dichiarato (ad es. se uno dichiarava 10.000 € l’anno ma ha accumulato 200.000 € di debiti, bisogna spiegare come ha potuto ottenere tanto credito…).
- Stato di famiglia e certificati anagrafici: soprattutto per il piano del consumatore, ma anche utile per capire se ci sono familiari a carico, minori, ecc. Viene di solito allegato lo stato di famiglia e un certificato di residenza del debitore (per attestare la competenza territoriale).
- Relazione aggiornata dei cespiti: se parliamo di immobiliare, potrebbe servire una perizia estimativa di immobili. Non è obbligatorio allegare perizie giurate salvo casi, ma un debitore ben assistito spesso allega valutazioni credibili dei beni (anche solo perizie di stima non giurate) per dare conforto ai numeri proposti.
- Documentazione contabile varia: ad es. estratti conto bancari dell’ultimo anno (per vedere movimenti sospetti o confermare passività), libro inventari, elenco crediti verso clienti (se esistenti, perché anche quelli sono attività da considerare).
- Atti di proprietà: copie degli atti di acquisto di immobili, o degli atti di finanziamento (mutui, leasing) collegati ai beni, per avere tutte le clausole (l’OCC vuole verificare ipoteche, intestazioni, ecc.).
- Eventuali procedimenti in corso: se la SNC o soci sono parti in cause pendenti (cause civili, cause di lavoro, ecc.), occorre dichiararlo. Se ad esempio c’è una causa fiscale in appello su un avviso di accertamento, quel debito è sub iudice. Se c’è una causa attiva dove il debitore spera di incassare qualcosa (un risarcimento), va segnalata perché potrebbe rappresentare un’attività potenziale. L’OCC deve avere il quadro completo.
- Dichiarazioni dei soci: spesso viene richiesto ai soci illimitatamente responsabili una dichiarazione di impegno a cooperare e magari di adesione alla procedura personalmente (se non fanno procedura a parte). Questo per formalizzare la messa a disposizione del loro patrimonio anche per i debiti sociali.
- Documenti fiscali: certificato dei carichi pendenti tributari e contributivi (si richiede all’Agenzia Entrate e all’INPS un estratto dei debiti risultanti). Questo incrocia i dati forniti dal debitore e garantisce che non vengano taciuti debiti verso Erario o enti previdenziali.
- Eventuale attestazione di meritevolezza: nel piano del consumatore, il debitore spesso allegava una propria memoria in cui spiegava le cause del sovraindebitamento (es. “la crisi è dovuta alla perdita di lavoro e a spese mediche impreviste…”) per supportare la valutazione di meritevolezza. Nel concordato minore, questo rientra nella relazione OCC in genere, ma una memoria del debitore può essere utile.
- Piano o proposta dettagliata: infine, il documento principe è la proposta di piano o accordo con il dettaglio di come si intende trattare ciascun creditore (percentuale, scadenze, garanzie offerte, ecc.). Questo lo redige l’avvocato con l’ausilio eventuale di un professionista contabile. Deve essere chiaro e basato sui dati raccolti.
È evidente come la raccolta di documenti sia laboriosa. Spesso, una volta conferito l’incarico, l’avvocato fornisce al cliente una lista di documenti da produrre. Il debitore deve armarsi di pazienza e diligenza: andare negli uffici (Conservatoria, Equitalia, banca) a prendere visure e estratti, recuperare vecchi incartamenti, farsi fare copie di contratti, ecc. Questo processo può richiedere diverse settimane, specie se la contabilità della SNC non era in ordine perfetto. In parallelo l’avvocato e l’OCC analizzano i materiali e preparano le relazioni.
Una checklist sintetica per i soci di SNC:
- Carte d’identità e codici fiscali di tutti i soci e dell’eventuale rappresentante legale.
- Statuto e atto costitutivo della SNC.
- Bilanci ultimi 3 anni, dichiarazioni dei redditi SNC e soci ultimi 3 anni.
- Elenco debiti con documenti (mutui, finanziamenti, leasing, fornitori non pagati con fatture, leasing, utenze arretrate, cartelle, ecc.).
- Elenco beni sociali (macchinari, merci) e beni personali di valore (case, auto) con relativi documenti.
- Visure catastali e ipotecarie dei beni immobili dei soci e società.
- Estratti conto bancari degli ultimi 6-12 mesi di tutti i conti (società e personali se usati promiscuamente).
- Stato di famiglia e residenza di ciascun socio.
- Eventuali libri contabili (giornale, inventari) – spesso OCC li vuole visionare almeno.
- Elenco cause/procedure in corso (esecuzioni attive o passive, cause civili).
- Eventuali contratti in corso (affitto immobile? Contratti di affitto d’azienda? Forniture essenziali?).
- Lettere motivazionali (non obbligatorie ma utili) sul perché si è giunti alla crisi.
Importante: la completezza documentale non è solo un fatto burocratico, ma incide proprio sull’esito. Se un creditore contesta di non essere stato inserito, l’omologazione può saltare. Se l’OCC scopre un bene occultato, può segnalare abuso e la procedura viene dichiarata inammissibile per difetto di buona fede. Quindi il debitore deve fornire tutto e in modo veritiero.
Fortunatamente, l’OCC spesso aiuta il debitore a individuare cosa serve. Ad esempio, tramite le banche dati a cui ha accesso, l’OCC stesso tirerà fuori le visure e i carichi pendenti (addebitandone il costo minimo). In alcuni casi, come accennato, l’OCC nominato dal giudice può ottenere gratis alcuni documenti inserendosi nel fascicolo della volontaria giurisdizione, mentre se nominato privatamente l’OCC deve autonomamente procurarseli con costi. Ma in pratica, dietro compenso concordato, l’OCC e l’avvocato sollevano il debitore da parte del lavoro di reperimento.
Riassumendo i tempi & costi tipici:
- Fase preparatoria (nomina OCC e predisposizione piano): 2-6 mesi. Costi: contributo unificato ~€100, eventuale acconto OCC (10% del compenso stimato, es. €500-1000), eventuale acconto avvocato.
- Fase giudiziale fino all’omologa: 4-8 mesi. Costi: saldo contributo o bolli minori, pagamento rate OCC se concordato, pagamento quote avvocato secondo accordo.
Riassumendo in termini pratici di tempi e costi:
- Fase preparatoria (nomina OCC e stesura piano): circa 2-6 mesi in base alla complessità e alla reattività del debitore nel fornire i documenti. Costi iniziali: contributo unificato (€98) e bolli (~€30); eventuale acconto all’OCC (spesso intorno al 10% del compenso totale concordato); eventuale acconto spese legali (da concordare col difensore).
- Fase giudiziale fino all’omologazione: circa 4-8 mesi (varia da tribunale a tribunale). In questo periodo non ci sono esborsi particolari oltre al pagamento dilazionato del compenso dell’OCC (se previsto) e delle rate all’avvocato secondo accordi. Il totale dei costi professionali (OCC + avvocato) tipicamente si attesta, per procedure standard, in una forbice 5.000€ – 15.000€, a seconda del valore del debito e dei beni coinvolti. Può sembrare significativo, ma rapportato ai debiti da cui ci si libera, è spesso sostenibile; inoltre tali spese possono essere in parte pagate utilizzando somme destinate ai creditori (sono costi della procedura).
- Fase di esecuzione del piano (post omologazione, solo per concordato/piano): da 1 a 5 anni (o il periodo stabilito nel piano). In questa fase si effettuano i pagamenti promessi. L’OCC monitora e alla fine redige l’attestazione finale. I costi qui consistono nei pagamenti stessi ai creditori e in un eventuale piccolo compenso aggiuntivo all’OCC per l’attività di monitoraggio (di solito già incluso a monte).
- Liquidazione controllata: durata fino a 4 anni dalla apertura, salvo chiusura anticipata se tutto viene liquidato prima. I costi dell’OCC/curatore vengono soddisfatti con priorità dai ricavi delle vendite (quindi il debitore non li paga “di tasca propria” oltre i beni già messi a disposizione). Il debitore persona fisica deve però prevedere le spese per eventuali affitti se rimane ad abitare in immobili poi liquidati, o altre spese di sostentamento alternative, poiché perde la disponibilità dei beni.
Documenti necessari in breve:
- Bilanci ultimi tre esercizi della SNC; estratti conto finanziari recenti.
- Dichiarazioni dei redditi ultime 3 annualità della SNC e dei soci; documenti attestanti redditi correnti (buste paga, CU, ecc.).
- Elenco completo di tutti i creditori con importi e cause del credito; atti relativi (contratti di finanziamento, mutui, decreti ingiuntivi, cartelle, fatture insolute).
- Elenco dettagliato dei beni sociali e personali (immobili, mobili registrati, partecipazioni, liquidità, crediti attivi), con documenti di proprietà, visure catastali/ipotecarie, stime di valore.
- Stato di famiglia e certificato di residenza dei soci; eventuali documenti anagrafici rilevanti (es. matrimoni, regimi patrimoniali, presenza di figli minori).
- Documentazione contabile e fiscale: libro inventari, situazione patrimoniale aggiornata, certificato carichi pendenti fiscali e contributivi.
- Relazione descrittiva della causa dell’indebitamento (facoltativa ma utile, specie per il piano del consumatore, per evidenziare la buona fede e le ragioni della crisi).
- Bozza di piano o proposta di accordo (che verrà affinata con l’ausilio dell’OCC e dell’avvocato).
Presentarsi organizzati con questa documentazione facilita enormemente il lavoro e dà un segnale positivo di serietà al tribunale e all’OCC. Come suggerimento pratico, conviene raccogliere tutto in cartelline ordinate: ad esempio, una cartellina per i debiti bancari, una per debiti fiscali, una per i beni immobili (con relativi atti e visure), e così via. In tal modo l’Organismo di Composizione potrà redigere più velocemente la relazione particolareggiata e l’avvocato potrà predisporre una proposta accurata.
In conclusione su tempi e costi: affrontare una crisi da sovraindebitamento richiede un investimento iniziale (di tempo e denaro) non trascurabile, ma è l’unica via per uscire dal circolo vizioso dei debiti. I benefici – sospensione immediata delle esecuzioni, riduzione consistente dell’esposizione debitoria, tutela dei beni essenziali, cancellazione finale dei debiti – superano di gran lunga gli oneri, a patto che la procedura sia ben gestita. Conoscere in anticipo “cosa ci vuole” aiuta il debitore ad affrontare il percorso con la necessaria determinazione e senza sorprese.
Perché affidarsi all’Avvocato Monardo per una crisi da sovraindebitamento di una SNC?
Affrontare una crisi da sovraindebitamento all’interno di una SNC (Società in Nome Collettivo) è estremamente delicato: i soci, infatti, rispondono personalmente e illimitatamente per i debiti sociali. In un contesto così complesso, l’assistenza dell’Avvocato Giuseppe Monardo rappresenta la scelta più sicura e strategica per proteggere sia il patrimonio aziendale sia quello personale dei soci.
Competenza Legale e Strategica Specifica per le SNC
L’Avvocato Monardo è un professionista altamente specializzato, coordinatore di avvocati e commercialisti esperti in diritto bancario e tributario a livello nazionale. Conosce perfettamente le dinamiche della responsabilità solidale tra i soci di una SNC e sa impostare soluzioni su misura per:
- Limitare l’esposizione personale dei soci
- Gestire la crisi in modo rapido e legalmente protetto
- Evitare pignoramenti sui beni personali dei soci
Gestore della Crisi da Sovraindebitamento Iscritto al Ministero della Giustizia
Come Gestore della Crisi da Sovraindebitamento iscritto presso gli elenchi ufficiali del Ministero della Giustizia, l’Avvocato Monardo può guidarti direttamente nell’accesso alle procedure previste dalla Legge 3/2012, oggi integrate e aggiornate dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.
Grazie alla sua abilitazione, Monardo può:
- Presentare per la SNC un piano di ristrutturazione dei debiti che consenta la continuità aziendale
- Seguire la liquidazione controllata della società nei casi più gravi, minimizzando le conseguenze per i soci
- Ottenere l’esdebitazione personale dei soci in caso di incapienza, proteggendo la loro vita futura
Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa
Con la qualifica di Esperto Negoziatore della Crisi d’Impresa (D.L. 118/2021), Monardo può attivare percorsi di negoziazione preventiva con i creditori, evitando:
- Il fallimento della società
- L’aggressione immediata al patrimonio dei singoli soci
- La dispersione del valore aziendale
Questo approccio negoziale consente di trovare accordi rapidi e vantaggiosi, anche in presenza di debiti fiscali, bancari o verso fornitori.
Un Supporto Concreto per Ogni Fase della Crisi
Affidandoti all’Avvocato Monardo, avrai un supporto completo:
- Analisi dettagliata della situazione patrimoniale e debitoria della SNC e dei soci
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- Presentazione della domanda presso l’Organismo di Composizione della Crisi (OCC)
- Difesa legale in caso di contestazioni o opposizioni dei creditori
Ogni passaggio sarà gestito con massima attenzione sia agli aspetti tecnici sia alla tutela pratica del patrimonio personale dei soci.
Proteggi Te Stesso, la Tua Società e il Tuo Futuro
In una SNC, i debiti della società diventano debiti personali: per questo è fondamentale affidarsi a un esperto come Monardo che sa intervenire subito per ridurre i danni, proteggere i beni essenziali (come la casa o i risparmi) e costruire un percorso verso l’esdebitazione.
In Conclusione
Gestire la crisi di una SNC senza un esperto è un rischio troppo grande.
Affidarsi all’Avvocato Giuseppe Monardo significa scegliere la massima competenza tecnica, una strategia di difesa completa e la possibilità reale di uscire dalla crisi con il minor danno possibile. Grazie alla sua esperienza, alle sue abilitazioni ministeriali e alla sua rete di esperti in tutta Italia, Monardo rappresenta il miglior alleato per salvare il tuo futuro personale e professionale.
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