Quando una persona riceve un atto di pignoramento sul proprio conto corrente, la prima reazione è spesso di paura e confusione. La domanda più frequente, soprattutto tra i pensionati, è: posso continuare a prelevare la mia pensione anche se il conto è stato pignorato? La risposta non è sempre semplice, ma è importante sapere che esistono delle tutele precise previste dalla legge, pensate proprio per proteggere le fasce più deboli della popolazione.
Il pignoramento del conto corrente è una misura prevista dalla legge per consentire a un creditore di recuperare una somma di denaro che gli è dovuta. Questo avviene tramite un procedimento legale: il creditore si rivolge a un giudice e, ottenuto un provvedimento, lo notifica alla banca presso cui è acceso il conto del debitore. Da quel momento, la banca ha l’obbligo di bloccare le somme presenti sul conto, fino a concorrenza del credito vantato. Questo può generare disagi notevoli, specialmente per chi vive grazie a entrate fisse e limitate, come nel caso delle pensioni.
Le pensioni, però, godono di una tutela specifica. Il legislatore ha previsto che non tutta la pensione possa essere pignorata. Una parte deve rimanere libera e disponibile per il debitore, per garantirgli la possibilità di vivere dignitosamente. La legge stabilisce che, in caso di pignoramento della pensione accreditata su conto corrente, sia impignorabile l’importo pari al doppio dell’assegno sociale, che nel 2025 ammonta a circa 1.030 euro. Questo significa che, anche se il conto è pignorato, il debitore ha diritto a utilizzare almeno questa somma.
Facciamo un esempio pratico: se una persona riceve una pensione di 1.200 euro al mese, e ha un debito per il quale il creditore ha ottenuto il pignoramento del conto, la banca dovrà lasciare liberi i primi 1.030 euro. Solo la parte eccedente questa soglia potrà essere eventualmente bloccata e girata al creditore. In questo caso, il pignoramento potrà colpire solo 170 euro.
Tuttavia, è importante distinguere due situazioni diverse: quella in cui la pensione viene pignorata direttamente presso l’INPS (cioè alla fonte), e quella in cui viene pignorato il conto corrente su cui la pensione è accreditata. Sono due procedimenti distinti e con regole leggermente diverse. Nel primo caso, il pignoramento avviene prima che il denaro arrivi al debitore, e viene applicato un limite del 20% sull’importo mensile della pensione. Nel secondo caso, invece, quando il pignoramento avviene sul conto corrente, la legge tutela l’importo pari a due volte l’assegno sociale, come detto prima.
Un aspetto fondamentale è che la tutela dell’impignorabilità si applica solo alle somme riconoscibili come pensione. Questo significa che, per beneficiare di questa protezione, la pensione deve essere accreditata su un conto corrente dedicato o comunque facilmente identificabile come collegato a quella specifica entrata. Se la pensione viene mescolata ad altri tipi di reddito o bonifici, la banca potrebbe avere difficoltà a distinguere quali somme siano realmente impignorabili. Questo potrebbe portare a un blocco anche delle somme che dovrebbero rimanere disponibili.
Per questo motivo, è consigliabile avere un conto corrente dedicato esclusivamente alla pensione, in modo da rendere evidente l’origine delle somme accreditate e facilitare la corretta applicazione delle tutele previste dalla legge. In caso contrario, il rischio è che la banca blocchi l’intero saldo disponibile sul conto, costringendo il pensionato a intraprendere un percorso legale per ottenere lo sblocco delle somme impignorabili.
Un altro aspetto da considerare è il momento in cui avviene il pignoramento. Se sul conto corrente sono presenti risparmi accumulati in precedenza, anche se derivanti da pensioni, la tutela dell’impignorabilità si applica solo alla parte accreditata nei 30 giorni precedenti il pignoramento. Le somme più vecchie, anche se frutto di pensione, possono essere pignorate interamente. Questo perché, secondo la giurisprudenza, una volta che la pensione viene accreditata e rimane sul conto per più di un mese, perde la sua “identità” di reddito impignorabile e diventa parte del patrimonio disponibile del debitore.
Ecco perché è importante monitorare attentamente il proprio conto corrente, soprattutto se si sa di avere dei debiti pendenti o se si è già ricevuto un preavviso di pignoramento. In questi casi, può essere utile rivolgersi tempestivamente a un avvocato per capire come tutelare al meglio la propria pensione e i propri diritti.
Un ulteriore chiarimento riguarda la possibilità di prelevare la pensione dopo che il conto è stato pignorato. Se l’importo accreditato rientra nella soglia impignorabile, il pensionato ha diritto a prelevare quelle somme. Tuttavia, in pratica, potrebbe trovarsi di fronte a delle difficoltà operative. Alcune banche, per prudenza, bloccano tutte le somme presenti sul conto fino a quando non ricevono istruzioni precise dal giudice o non viene chiarito l’importo realmente pignorabile. Questo può generare ritardi e problemi, specialmente per chi ha bisogno immediato di quei soldi per vivere.
In queste situazioni, la chiave è agire con tempestività. Presentare un’istanza al giudice per lo sblocco delle somme impignorabili, dimostrando che si tratta di pensione e che l’importo è entro i limiti previsti, può accelerare i tempi e permettere al pensionato di riottenere l’accesso al proprio denaro. In alcuni casi, basta una comunicazione dell’avvocato alla banca, corredata dalla documentazione necessaria, per sbloccare le somme senza attendere un provvedimento formale.
In conclusione, il pignoramento del conto corrente non significa automaticamente che la pensione venga interamente bloccata. Esistono limiti precisi e tutele stabilite dalla legge, pensate per garantire a ogni cittadino un minimo vitale. Tuttavia, per far valere questi diritti, spesso è necessario agire rapidamente, essere ben informati e, nei casi più complessi, affidarsi a un professionista. Con le giuste precauzioni e il supporto adeguato, è possibile difendere la propria pensione anche in situazioni difficili.
Ma andiamo ad approfondire con Studio Monardo, i legali specializzati nel difenderti dai pignoramenti.
Conto Corrente Pignorato: Posso Prelevare La Pensione Tutto Dettagliato
Quando il conto corrente viene pignorato, una delle domande più comuni riguarda la possibilità di prelevare la pensione. Il pignoramento di un conto corrente è una procedura legale che consente agli enti di riscossione, come l’Agenzia delle Entrate, di recuperare il debito tramite il blocco di fondi presenti sul conto del debitore. Tuttavia, la pensione è considerata una fonte di reddito protetta, e ci sono specifiche regole che disciplinano il trattamento delle somme accreditate sui conti correnti, come ad esempio le pensioni.
In questo articolo, esploreremo nel dettaglio se e come puoi prelevare la pensione da un conto corrente pignorato, quali somme sono protette dalla legge e come evitare eventuali problematiche.
1. Cos’è il Pignoramento del Conto Corrente?
Il pignoramento del conto corrente è una misura coattiva che può essere adottata da un ente di riscossione, come l’Agenzia delle Entrate, quando il debitore non ha saldato un debito (ad esempio, tasse non pagate, multe, contributi previdenziali). Quando il pignoramento è attivo, una parte del saldo presente nel conto corrente viene bloccata e trasferita all’ente di riscossione per saldare il debito.
Il pignoramento può riguardare:
- Fondi presenti nel conto corrente (esclusi quelli protetti dalla legge, come la pensione).
- Stipendi, redditi e altre somme depositate sul conto.
Tuttavia, esistono alcune somma esenti dal pignoramento, come i crediti derivanti dalla pensione. La legge stabilisce che una parte del reddito pensionistico è inviolabile e non può essere pignorata. Vediamo nel dettaglio come funziona.
2. Posso Prelevare la Pensione da un Conto Corrente Pignorato?
La pensione è un reddito protetto dalla legge, in particolare dalla legge 180/1950 e dal Codice di Procedura Civile, che stabilisce che una parte della pensione è esente dal pignoramento. Tuttavia, la pensione non è totalmente immune dal pignoramento. Alcuni dettagli sono importanti da conoscere:
1. Importo Protetto: La Pensione Minima
La legge stabilisce che una soglia minima del reddito pensionistico è inviolabile. In altre parole, una parte della pensione non può essere pignorata. L’importo esente dal pignoramento è pari a due volte l’importo dell’assegno sociale (una sorta di “soglia minima di sussistenza”).
- Assegno sociale: L’assegno sociale è una prestazione economica a favore di cittadini italiani e stranieri residenti in Italia, che si trovano in condizioni economiche disagiate. L’importo dell’assegno sociale cambia ogni anno, ma nel 2023 è pari a circa 460 euro al mese.
- Pensione protetta: In pratica, il minimo vitale esente dal pignoramento è pari a circa 920 euro al mese (due volte l’assegno sociale).
Quindi, la parte della pensione che supera questa soglia (ad esempio, se la pensione è di 1.200 euro al mese) può essere pignorata, ma la parte che non supera il limite di 920 euro rimarrà intatta.
2. La Pensione è Accreditata su Conto Corrente Pignorato: Cosa Succede?
Se la pensione viene accreditata su un conto corrente pignorato, la parte della pensione che eccede il minimo vitale può essere bloccata e utilizzata per saldare il debito. Tuttavia, la parte della pensione che rientra nel limite protetto rimarrà intoccata.
- Esempio pratico: Se il tuo stipendio pensionistico è di 1.200 euro al mese e il tuo conto corrente è pignorato, l’ente di riscossione può bloccare 280 euro (1.200 – 920 = 280), mentre i restanti 920 euro sono intoccabili e puoi continuare a prelevarli normalmente.
3. Come Funziona il Pignoramento sul Conto Corrente Pignorato?
Quando il conto corrente è pignorato, la banca è obbligata a trattenere le somme che eccedono la soglia protetta. L’ente di riscossione emette un ordine di blocco sui fondi, ma la banca deve garantire l’inviolabilità della parte non pignorabile della pensione, che rimarrà a disposizione del debitore per il suo sostentamento.
Se il pignoramento è già attivo e la pensione viene accreditata regolarmente sul conto, il debitore potrà:
- Prelevare la parte protetta (ad esempio, i 920 euro di pensione).
- Evita che la pensione venga interamente pignorata (tranne la parte eccedente il limite stabilito).
4. Cosa Succede Se il Pignoramento Riguarda la Pensione?
In alcuni casi, la pensione stessa potrebbe essere oggetto di pignoramento. Tuttavia, anche in questi casi, il pignoramento è limitato dalla soglia protetta, che assicura che il debitore possa continuare a vivere dignitosamente. Se il pignoramento riguarda l’intero importo della pensione (ad esempio, quando il debitore ha più debiti non pagati), l’ente di riscossione potrà comunque trattenere solo la parte che eccede il minimo vitale.
3. Come Difendersi dal Pignoramento della Pensione?
Esistono diverse modalità per difendersi dal pignoramento della pensione, o per ridurre l’impatto di un pignoramento:
1. Verifica dell’importo pignorato
Se ritieni che l’ente di riscossione abbia pignorato più di quanto consentito (ad esempio, la parte della pensione che non eccede il minimo vitale), puoi fare ricorso alla Commissione Tributaria o richiedere una revisione dell’importo pignorato.
2. Piano di rientro
Se il pignoramento riguarda un debito fiscale o tributario, puoi chiedere un piano di rientro. Questo ti permetterà di rateizzare il debito e ridurre l’impatto del pignoramento, evitando che l’importo della pensione venga trattenuto integralmente.
3. Consultare un professionista fiscale
Un avvocato specializzato in diritto tributario o un commercialista esperto può essere fondamentale per gestire correttamente la situazione fiscale e cercare soluzioni come la sospensione temporanea del pignoramento o una definizione agevolata.
4. Tabella Riepilogativa del Pignoramento della Pensione
Importo della Pensione | Parte Pignorabile |
---|---|
Fino a 920 euro | 0% (nessuna parte pignorabile) |
Pensione da 920,01 euro a 1.500 euro | 20% della parte eccedente i 920 euro |
Pensione oltre 1.500 euro | 50% della parte eccedente i 1.500 euro |
Pensione per invalidità totale | 20% sulla parte eccedente i 920 euro |
5. Conclusioni
Quando il conto corrente di un pensionato viene pignorato, la pensione gode di una protezione legale, che assicura che una parte dell’importo (pari almeno a due volte l’assegno sociale) rimanga inalterata e disponibile per il sostentamento. È importante sapere che, sebbene la pensione sia protetta, la parte eccedente il minimo vitale può essere pignorata per saldare i debiti. Se ti trovi in una situazione di pignoramento, è fondamentale consultare un esperto fiscale o legale per difendere i tuoi diritti e garantire che venga applicato correttamente il limite di pignoramento.
Cosa succede se la pensione viene accreditata su un conto corrente insieme ad altri redditi?
Quando la pensione viene accreditata su un conto corrente che riceve anche altri tipi di reddito, si entra in un terreno delicato sotto il profilo della tutela legale in caso di pignoramento. La legge italiana prevede specifiche protezioni per la pensione, ma queste tutele si applicano in modo efficace solo se l’origine della somma accreditata è chiaramente identificabile. Se, invece, la pensione viene mescolata ad altri flussi di denaro sullo stesso conto, diventa più difficile dimostrare che una parte delle somme è impignorabile.
Per comprendere meglio, occorre partire da un principio stabilito dall’articolo 545 del Codice di procedura civile: la pensione, al pari dello stipendio, è parzialmente impignorabile. In particolare, è previsto che, in caso di pignoramento presso terzi, una parte della pensione non possa essere toccata dal creditore. Nello specifico, l’importo pari a due volte l’assegno sociale (circa 1.030 euro nel 2025) è considerato impignorabile quando la pensione viene accreditata su conto corrente bancario o postale.
Questo meccanismo di tutela è stato pensato per garantire un minimo vitale a chi percepisce la pensione, in modo da evitare che il pignoramento pregiudichi la possibilità di far fronte alle spese essenziali. Tuttavia, affinché la banca possa applicare correttamente questa protezione, deve essere in grado di riconoscere con chiarezza quali somme sul conto provengano dalla pensione. Quando ci sono altri redditi che si sommano, questa distinzione si complica.
Facciamo un esempio concreto: se sul conto vengono accreditati ogni mese 1.000 euro di pensione, 500 euro di affitto percepito da un immobile e 200 euro da un lavoretto occasionale, la banca vedrà semplicemente un afflusso mensile di 1.700 euro. Se non è in grado di distinguere la natura delle singole voci, rischia di bloccare l’intero saldo disponibile al momento del pignoramento. In mancanza di una chiara tracciabilità, la parte impignorabile della pensione potrebbe non essere correttamente salvaguardata.
Questo accade perché le banche, quando ricevono una notifica di pignoramento, devono attenersi scrupolosamente alle indicazioni fornite dall’ufficiale giudiziario e tutelarsi da eventuali responsabilità. In caso di dubbi sull’origine delle somme, possono scegliere di congelare tutto il denaro presente sul conto, in attesa di chiarimenti da parte del giudice. Ciò comporta, nella pratica, un blocco totale della liquidità del correntista, che si trova impossibilitato a utilizzare anche le somme che, per legge, dovrebbero essere escluse dal pignoramento.
Per evitare questa situazione, la soluzione più efficace è quella di tenere separati i flussi. Aprire un conto corrente dedicato esclusivamente all’accredito della pensione è la scelta più prudente e consigliabile. In questo modo, ogni mese, la banca vedrà accreditata solo la somma dell’assegno pensionistico, senza interferenze da parte di altri redditi. Questo consente di identificare in modo chiaro e inequivocabile la natura delle somme, permettendo l’applicazione corretta delle tutele previste dalla normativa.
In alternativa, se per ragioni personali o pratiche si desidera mantenere un solo conto corrente, è importante conservare tutta la documentazione utile a dimostrare l’origine delle somme accreditate. Estratti conto, cedolini della pensione, ricevute bancarie e qualsiasi altra attestazione che provi che una determinata somma è frutto della pensione possono essere determinanti nel caso in cui si debba ricorrere al giudice per ottenere lo sblocco delle somme impignorabili.
Inoltre, occorre tenere presente un altro aspetto fondamentale: la protezione delle somme accreditate a titolo di pensione sul conto corrente si applica solo per gli accrediti avvenuti nei 30 giorni precedenti al pignoramento. Questo significa che, se una parte della pensione è rimasta inutilizzata sul conto per più di un mese, essa perde la sua natura di reddito impignorabile e diventa patrimonio disponibile, quindi pignorabile. Questo principio è stato affermato più volte dalla giurisprudenza e trova riscontro anche nelle circolari applicative delle stesse banche.
Tutto ciò dimostra quanto sia delicata la gestione delle finanze personali quando si rischia un pignoramento. Chi riceve la pensione e percepisce anche altri redditi, deve adottare un comportamento previdente, per non compromettere la propria capacità di far fronte alle spese quotidiane. La semplice confidenza nel fatto che “la pensione non si può toccare” non è sufficiente, se non si è in grado di dimostrarlo chiaramente davanti a una banca o a un giudice.
In caso di pignoramento già avvenuto e di conto corrente unico con redditi misti, la strada da percorrere è quella dell’assistenza legale. Un avvocato potrà aiutare il cittadino a ricostruire l’origine delle somme accreditate, predisporre una memoria difensiva e chiedere al giudice l’adozione di provvedimenti urgenti per sbloccare le somme impignorabili. Il procedimento può richiedere tempo, ma è spesso l’unica via per ottenere giustizia in situazioni in cui la burocrazia bancaria tende a paralizzare l’accesso ai fondi.
Anche le comunicazioni tempestive con la banca possono fare la differenza. Se si riceve notizia di un pignoramento imminente, è utile informare subito l’istituto di credito e fornire la documentazione che attesti la natura delle somme in entrata. Questo può agevolare una gestione più flessibile e consapevole da parte della banca, che potrebbe evitare il blocco totale del conto in presenza di informazioni chiare e attendibili.
Infine, va sottolineato che la responsabilità di proteggere le somme impignorabili non è solo della banca o del giudice, ma anche del cittadino stesso. Una buona gestione finanziaria, la separazione dei conti e l’attenzione alla tracciabilità delle entrate sono strumenti fondamentali per tutelare il proprio diritto a vivere con dignità anche in presenza di difficoltà economiche.
In sintesi, se la pensione viene accreditata insieme ad altri redditi sullo stesso conto, il rischio di blocco totale delle somme è concreto. Per questo motivo, è altamente raccomandabile mantenere la pensione separata dagli altri flussi di reddito, oppure documentare scrupolosamente ogni singolo accredito. Solo così è possibile far valere le garanzie previste dalla legge e continuare a disporre, almeno in parte, delle risorse necessarie per affrontare la quotidianità con serenità.
Qual è la differenza tra il pignoramento della pensione alla fonte e quello sul conto corrente?
Il pignoramento è uno strumento previsto dalla legge per consentire al creditore di recuperare un credito non pagato. Quando si parla di pensioni, esistono due modalità principali attraverso cui un creditore può agire per ottenere il pagamento di quanto gli spetta: il pignoramento presso l’ente previdenziale, ovvero alla fonte, e il pignoramento del conto corrente su cui la pensione viene accreditata. Queste due forme di pignoramento, pur avendo lo stesso obiettivo finale, sono profondamente diverse nelle modalità di esecuzione, nei limiti applicabili e nelle conseguenze pratiche per il pensionato.
Il pignoramento alla fonte avviene quando il creditore ottiene un’ordinanza dal giudice e la notifica direttamente all’INPS o all’ente previdenziale che eroga la pensione. In questo caso, il blocco della somma pignorata avviene prima che la pensione arrivi nelle mani del debitore, cioè prima che venga accreditata sul conto corrente. L’INPS riceve l’ordine del giudice e trattiene direttamente una quota della pensione, inviando al pensionato solo la parte residua. Questo tipo di pignoramento è particolarmente trasparente e semplice da gestire, perché l’ente previdenziale sa con esattezza qual è l’importo della pensione e può applicare correttamente le percentuali di trattenuta previste dalla legge.
La legge stabilisce che, nel pignoramento alla fonte, non può essere trattenuto più del 20% della pensione mensile netta. Questo limite è stato introdotto per garantire che il pensionato mantenga comunque una parte significativa del proprio reddito, utile a coprire le esigenze primarie della vita quotidiana. Il vantaggio principale di questa forma di pignoramento è che le somme residue non sono più soggette a ulteriori trattenute: una volta che la quota del 20% è stata trattenuta dall’INPS, la somma restante arriva pulita sul conto corrente e il pensionato può utilizzarla senza rischi di ulteriori blocchi da parte della banca.
Al contrario, nel pignoramento del conto corrente la dinamica è completamente diversa. In questo caso, il creditore non si rivolge all’ente previdenziale, ma alla banca presso cui il debitore ha il proprio conto. Dopo aver ottenuto il provvedimento del giudice, lo notifica alla banca, la quale ha l’obbligo di congelare le somme presenti sul conto fino all’importo stabilito. Questo blocco avviene senza distinzione immediata tra le varie entrate: tutte le somme disponibili vengono immobilizzate, e solo in un secondo momento si procede a verificare la natura dei fondi.
La legge, anche in questo caso, prevede delle tutele per le pensioni accreditate sul conto corrente. Viene stabilito che l’importo pari al doppio dell’assegno sociale (circa 1.030 euro nel 2025) è impignorabile, ma questa protezione si applica solo se la banca è in grado di identificare chiaramente che si tratta di pensione. Se le somme sono mescolate ad altri redditi o se non è chiara la loro origine, la banca potrebbe decidere di bloccare tutto, in attesa che il giudice chiarisca la situazione.
Un altro aspetto cruciale è legato al tempo. Nel pignoramento alla fonte, la trattenuta viene applicata mese per mese, su ogni singolo assegno pensionistico. Non c’è blocco retroattivo, e non vengono toccate le somme eventualmente risparmiate negli anni. Nel pignoramento del conto corrente, invece, il blocco avviene sull’intero saldo disponibile al momento della notifica. Questo significa che anche le somme derivanti da pensioni accreditate nei mesi precedenti possono essere pignorate, se non si rientra nella finestra di tutela dei 30 giorni prevista dalla normativa.
Infatti, la giurisprudenza ha chiarito che la parte della pensione rimasta sul conto per più di 30 giorni perde la sua natura di reddito impignorabile. Viene considerata come un semplice risparmio, e quindi può essere pignorata interamente. Questo è uno dei principali svantaggi del pignoramento del conto rispetto a quello alla fonte: non è garantito che la protezione della pensione venga applicata in modo automatico e completo. Spesso, è necessario un intervento del giudice per chiarire i limiti e autorizzare lo sblocco delle somme protette.
Un ulteriore elemento di differenza riguarda il ruolo della banca. Nel pignoramento alla fonte, l’ente previdenziale è parte attiva e ha una funzione di garanzia per entrambe le parti. Nel pignoramento del conto, invece, la banca è un soggetto passivo che esegue le istruzioni ricevute, spesso senza approfondire troppo l’origine delle somme. Per questo motivo, in assenza di un’azione legale, il pensionato potrebbe trovarsi con l’intero conto bloccato, anche se gran parte delle somme dovrebbe rientrare nelle soglie di impignorabilità.
Dal punto di vista pratico, il pignoramento alla fonte è più stabile, più prevedibile e meno traumatico per chi lo subisce. Il pensionato sa esattamente quale somma riceverà ogni mese e può organizzare le proprie finanze. Nel pignoramento sul conto corrente, invece, la situazione può cambiare rapidamente e senza preavviso, con il rischio concreto di non poter accedere ai propri soldi fino a nuova disposizione del giudice. Questo crea ansia, disagio e spesso la necessità di rivolgersi a un avvocato per sbloccare una situazione complessa.
Per decidere quale forma di pignoramento sia più conveniente per il creditore, o meno dannosa per il debitore, entrano in gioco diversi fattori. Tuttavia, dal punto di vista del pensionato, è evidente che il pignoramento alla fonte offre maggiori garanzie di trasparenza, stabilità e tutela del minimo vitale. Anche per questo motivo, in molti casi, il debitore preferisce collaborare con il creditore per definire un piano di rientro basato su trattenute dirette dalla pensione, evitando così il rischio di un pignoramento sul conto corrente.
In sintesi, la differenza principale tra i due tipi di pignoramento sta nel momento in cui interviene il blocco delle somme e nella soglia di tutela applicata. Alla fonte, il pignoramento è limitato al 20% della pensione e viene effettuato direttamente dall’ente erogatore; sul conto corrente, invece, il blocco può colpire anche somme superiori, specialmente se non si dimostra la loro origine pensionistica. Questa distinzione ha effetti concreti molto rilevanti sulla vita quotidiana del pensionato e richiede un’attenta valutazione in caso di procedure esecutive in corso o imminenti.
Per evitare problemi, è importante sapere esattamente dove e come viene accreditata la pensione, tenere la documentazione aggiornata e, se possibile, separare i flussi finanziari. Solo così si può difendere il diritto a ricevere e utilizzare la propria pensione, anche in presenza di debiti.
Come posso dimostrare che le somme accreditate sul conto provengono dalla pensione?
Nel contesto di un pignoramento del conto corrente, dimostrare l’origine delle somme depositate è un passaggio fondamentale per poter usufruire delle tutele previste dalla legge. Quando il conto corrente viene bloccato a causa di un pignoramento, la banca esegue l’ordine del giudice senza effettuare, nella maggior parte dei casi, una distinzione preventiva tra le varie fonti dei fondi presenti. Questo significa che anche le somme che dovrebbero essere impignorabili, come una parte della pensione, possono essere temporaneamente bloccate. Per riottenere l’accesso a queste somme, è necessario fornire la prova che esse derivano effettivamente dalla pensione e che rientrano nei limiti di impignorabilità stabiliti dalla normativa.
Il primo strumento utile per questa dimostrazione è l’estratto conto bancario. Ogni banca mette a disposizione dei clienti un resoconto dettagliato dei movimenti del conto, dal quale è possibile risalire all’origine di ogni accredito. Se la pensione viene accreditata regolarmente con una specifica dicitura, come “INPS pensione” o “accredito pensionistico”, questo può già costituire una prova chiara. L’identificabilità immediata dell’accredito è il primo elemento di tutela per chi intende dimostrare la provenienza pensionistica delle somme.
Insieme all’estratto conto, è molto utile conservare i cedolini della pensione, che l’INPS invia mensilmente o rende disponibili sul proprio portale online. Questi documenti riportano con precisione l’importo lordo e netto della pensione, le trattenute applicate, eventuali conguagli e la data di accredito. Il cedolino rappresenta la fotografia esatta di quanto il pensionato riceve ogni mese e può essere messo in relazione con l’accredito visibile sull’estratto conto, creando un collegamento evidente tra il documento ufficiale e il movimento bancario.
Un ulteriore passaggio importante è verificare che l’intestatario della pensione coincida con l’intestatario del conto. Questo può sembrare scontato, ma in alcuni casi la pensione viene accreditata su conti cointestati o gestiti da delegati, e questo può rendere più complesso il lavoro di identificazione delle somme. In presenza di conti cointestati, è ancora più importante produrre documentazione chiara e dettagliata, in grado di dimostrare che l’accredito deriva proprio dalla pensione della persona sottoposta a pignoramento.
Per rafforzare ulteriormente la propria posizione, è possibile richiedere all’INPS un attestato di pagamento della pensione, un documento ufficiale che riassume gli accrediti effettuati nel corso di un determinato periodo. Questo documento è particolarmente utile quando si deve dimostrare l’origine pensionistica di somme che sono state accreditate nei mesi precedenti al pignoramento. Se le somme sono rimaste sul conto per meno di 30 giorni prima del blocco, mantengono il carattere di impignorabilità, a patto che si possa dimostrarne la natura.
Un altro elemento da considerare è la coerenza temporale tra data di accredito della pensione e data di movimento bancario. Se, ad esempio, il cedolino indica che la pensione è stata accreditata il 1° marzo, e sul conto compare lo stesso importo nella medesima data, è evidente che si tratta di una corrispondenza diretta. La linearità tra le due informazioni è un elemento decisivo per la ricostruzione dei flussi finanziari.
Nei casi più complessi, può essere necessario predisporre una relazione tecnica o una memoria difensiva a cura di un avvocato, che metta in ordine cronologico e logico tutti i documenti utili, spieghi la provenienza delle somme e chieda formalmente al giudice l’esclusione di quelle impignorabili dal blocco. Questo tipo di iniziativa è fondamentale soprattutto quando il conto corrente contiene anche altri tipi di entrate, come affitti, piccoli lavori o bonifici da familiari, che rendono meno chiara la situazione complessiva.
Il supporto di un professionista è spesso decisivo per evitare che l’interpretazione della banca o del creditore porti a trattenere più del dovuto. L’avvocato potrà anche chiedere al giudice un provvedimento d’urgenza per lo sblocco delle somme che rientrano chiaramente nei limiti impignorabili. In questi casi, avere la documentazione pronta, ordinata e ben presentata può fare la differenza tra riottenere subito l’accesso al proprio denaro o dover attendere tempi lunghi.
Un altro aspetto importante è la continuità e la regolarità degli accrediti. Se ogni mese arriva sul conto la stessa somma, con la stessa causale, da parte dello stesso ente (INPS), diventa molto più facile sostenere che si tratta di una pensione. Le irregolarità, i salti temporali o le variazioni non motivate possono generare dubbi e ostacolare la corretta applicazione della legge.
Inoltre, è consigliabile evitare di effettuare subito prelievi importanti o bonifici dopo l’accredito della pensione. Lasciare per qualche giorno la somma sul conto, così com’è, può rafforzare l’identificabilità della fonte, soprattutto se si prospetta un’azione esecutiva. Anche i prelievi effettuati devono essere giustificabili, soprattutto se si desidera dimostrare che una parte della pensione è stata utilizzata per spese primarie o familiari e non per trasferimenti a terzi.
In definitiva, dimostrare che le somme sul conto provengono dalla pensione è un’attività possibile ma che richiede attenzione, precisione e ordine nella gestione della propria documentazione bancaria e previdenziale. Le prove più forti sono rappresentate da:
- Estratti conto bancari con causale di accredito chiara;
- Cedolini mensili della pensione;
- Attestati di pagamento INPS;
- Coincidenza tra intestatario del conto e pensionato;
- Relazioni tecniche redatte da un legale;
- Regolarità temporale degli accrediti;
- Eventuale dichiarazione scritta dell’INPS in caso di contenzioso.
Il pensionato che si trova coinvolto in una procedura di pignoramento deve essere consapevole che, anche se la legge lo tutela, sarà lui a dover dimostrare che quelle somme sono effettivamente protette. La banca, infatti, agisce per cautelarsi e non ha l’obbligo di verificare in modo proattivo l’origine dei fondi, salvo che riceva istruzioni dal giudice. Per questo motivo, la difesa dei propri diritti passa innanzitutto dalla propria capacità di documentare ogni movimento.
Avere un archivio digitale o cartaceo ordinato, con le copie dei cedolini, le ricevute di accredito e le lettere ricevute dall’INPS o dalla banca, può trasformarsi in uno strumento potente in caso di necessità. La chiarezza e la coerenza delle informazioni fornite possono aiutare il giudice a decidere rapidamente e in modo favorevole, evitando al pensionato attese prolungate e difficoltà economiche ulteriori.
La tutela delle somme impignorabili è un diritto riconosciuto dalla legge, ma per farlo valere occorre agire con prontezza e metodo. In molti casi, è proprio la capacità di fornire prove chiare e tempestive a determinare l’esito positivo di un’istanza di sblocco delle somme. Non bisogna quindi sottovalutare l’importanza della documentazione, perché è da questa che passa la concreta applicazione della protezione legale della pensione.
Cosa accade ai risparmi da pensione già presenti sul conto prima del pignoramento?
Quando si parla di pignoramento del conto corrente, uno degli aspetti più delicati riguarda il destino delle somme già presenti sul conto al momento in cui la banca riceve l’ordine del giudice. Questo vale in modo particolare per i pensionati, i quali si trovano spesso ad avere sul conto somme risparmiate nei mesi o anni precedenti, frutto di pensioni regolarmente accreditate e mai utilizzate interamente. La domanda che molti si pongono è se queste somme siano protette dalla legge o se possano essere interamente bloccate. La risposta, purtroppo, non è sempre favorevole al pensionato, poiché le norme attualmente in vigore prevedono una tutela solo parziale delle somme già presenti sul conto al momento del pignoramento.
La legge italiana, nello specifico l’articolo 545 del Codice di procedura civile, prevede che le pensioni siano impignorabili entro certi limiti. Tuttavia, questa protezione riguarda in modo specifico le somme accreditate nei 30 giorni precedenti la notifica del pignoramento. Oltre tale termine, anche se si tratta di pensioni accreditate regolarmente, le somme perdono il loro carattere di impignorabilità e vengono considerate a tutti gli effetti come parte del patrimonio disponibile del debitore. Questo significa che i risparmi derivanti da pensioni, se non utilizzati entro un mese, possono essere pignorati senza alcuna limitazione.
La giurisprudenza italiana ha confermato più volte questo principio, sottolineando che, trascorso il periodo di 30 giorni, la natura originaria della somma (pensione, stipendio o altro reddito protetto) viene meno, e il denaro si trasforma in una disponibilità generica, assimilabile a un normale risparmio bancario. In altre parole, la legge tutela il flusso della pensione, non la somma accantonata. Questa distinzione, apparentemente sottile, ha in realtà conseguenze molto importanti nella pratica.
Immaginiamo il caso di un pensionato che, con grande disciplina, abbia risparmiato ogni mese una parte della propria pensione. Dopo qualche anno, sul suo conto si sono accumulati diversi migliaia di euro. Se un creditore ottiene un pignoramento e la banca blocca il conto, tutta quella somma risulta potenzialmente aggredibile, anche se originata da pensioni mensili che nel tempo erano impignorabili. Il fatto che la somma non sia stata spesa entro 30 giorni dall’accredito fa sì che essa rientri nella categoria dei risparmi pignorabili.
L’unica eccezione a questa regola riguarda le somme accreditate nei 30 giorni antecedenti la notifica del pignoramento, che restano protette fino a un massimo pari al doppio dell’assegno sociale (circa 1.030 euro nel 2025). Solo queste possono essere escluse dal blocco, a patto che il pensionato sia in grado di dimostrarne l’origine. Tutto il resto, inclusi gli importi risparmiati nei mesi o anni precedenti, può essere pignorato senza limitazioni.
Questa situazione ha generato numerosi ricorsi e richieste di chiarimento da parte dei cittadini, specialmente tra i pensionati che si sentono penalizzati. Tuttavia, i tribunali hanno più volte confermato l’interpretazione restrittiva della norma, affermando che la finalità della legge è quella di garantire al debitore un minimo vitale mensile, non di proteggergli il risparmio a lungo termine.
Di fronte a questa realtà normativa, è fondamentale adottare alcune precauzioni nella gestione del proprio conto corrente, soprattutto se si è consapevoli di avere dei debiti in sospeso o in procinto di ricevere un pignoramento. Una delle strategie più efficaci consiste nel trasferire le somme risparmiate su un conto diverso, preferibilmente intestato a un altro soggetto di fiducia (come un familiare), purché ciò non costituisca un atto fraudolento. Questa operazione, se fatta per tempo e in buona fede, può permettere al pensionato di mettere al riparo una parte dei propri risparmi.
Un’altra opzione, più sicura dal punto di vista legale, è quella di utilizzare i risparmi per coprire spese anticipate, come bollette, canoni, rate o acquisti necessari. In questo modo, le somme vengono impiegate per il sostentamento e non rimangono esposte al rischio di pignoramento. Naturalmente, tutto questo richiede una pianificazione accurata e una certa consapevolezza dei propri diritti e dei limiti imposti dalla legge.
In caso di pignoramento già avvenuto, l’unica possibilità di intervenire è tramite un’istanza al giudice dell’esecuzione, con l’assistenza di un avvocato. Tuttavia, se le somme bloccate derivano da risparmi accumulati più di 30 giorni prima, è molto difficile ottenere il loro sblocco. Solo una parte recente, se chiaramente identificabile e nei limiti previsti, può essere esclusa dalla procedura.
La responsabilità della banca è limitata all’esecuzione dell’ordine giudiziario. L’istituto non ha il compito di analizzare la provenienza dei fondi, a meno che non riceva istruzioni specifiche dal giudice. Questo significa che, se il pensionato non si attiva per dimostrare la natura protetta di una parte delle somme, l’intero saldo rischia di essere utilizzato per soddisfare il credito, indipendentemente dalla sua origine.
Alla luce di tutto ciò, emerge con forza l’importanza della prevenzione. Essere informati, gestire con attenzione i propri flussi finanziari e agire tempestivamente può fare la differenza tra la perdita di anni di risparmi e la possibilità di conservarne almeno una parte. La legge, al momento, non protegge il risparmio in quanto tale, ma solo l’importo necessario a garantire la sopravvivenza mensile del debitore.
Un ultimo aspetto da tenere presente riguarda i conti correnti cointestati. Anche in questo caso, le somme presenti sul conto possono essere pignorate, ma solo per la quota parte riferibile al debitore. Tuttavia, anche qui è necessario attivarsi con un ricorso al giudice per dimostrare che una parte del saldo non appartiene al soggetto sottoposto a esecuzione forzata.
In conclusione, i risparmi da pensione già presenti sul conto prima del pignoramento non godono di alcuna protezione automatica. Solo le somme accreditate nei 30 giorni antecedenti e chiaramente riconducibili alla pensione sono parzialmente impignorabili. Il resto viene considerato parte del patrimonio ordinario e può essere utilizzato per soddisfare i creditori. Questa realtà normativa, per quanto severa, è volta a bilanciare le esigenze del creditore con quelle del debitore, ma impone a quest’ultimo di essere sempre informato, prudente e reattivo nella tutela dei propri interessi.
Quali sono i limiti di impignorabilità previsti dalla legge per la pensione accreditata su conto corrente?
Nel sistema giuridico italiano esistono precise tutele a favore dei cittadini che percepiscono la pensione, specialmente quando questa viene pignorata per soddisfare un debito. Le norme vigenti prevedono dei limiti ben definiti per evitare che il pensionato rimanga privo delle risorse minime necessarie per vivere. Queste tutele, tuttavia, variano a seconda che il pignoramento avvenga alla fonte o direttamente sul conto corrente. In questo contesto, è fondamentale conoscere quali sono i limiti di impignorabilità quando la pensione viene accreditata su un conto bancario o postale.
Quando il creditore richiede il pignoramento del conto corrente del debitore, la banca riceve l’ordine del giudice e procede a bloccare le somme presenti sul conto fino alla concorrenza del credito vantato. Tuttavia, la legge stabilisce che una parte della pensione non può mai essere pignorata, anche se già accreditata sul conto. Questo limite serve a garantire al pensionato una soglia minima di sussistenza.
Nello specifico, il limite di impignorabilità è legato al valore dell’assegno sociale, che viene aggiornato ogni anno. Per l’anno 2025, l’assegno sociale ha un valore mensile pari a circa 515 euro. Di conseguenza, la soglia impignorabile della pensione accreditata su conto corrente è pari al doppio dell’assegno sociale, ossia circa 1.030 euro al mese. Questo significa che, anche in presenza di un provvedimento di pignoramento, il pensionato ha diritto a mantenere disponibili almeno 1.030 euro al mese sul proprio conto. Solo la parte eccedente questa soglia può essere soggetta a pignoramento.
È importante precisare che questa tutela si applica solo alle somme riconducibili chiaramente alla pensione, e solo se queste sono state accreditate nei 30 giorni precedenti la notifica del pignoramento. Le somme più vecchie perdono la protezione, e vengono considerate parte del patrimonio generale del debitore. Allo stesso modo, se la pensione è accreditata su un conto insieme ad altri redditi, la banca potrebbe non essere in grado di distinguere quali importi siano realmente impignorabili, e bloccare l’intero saldo fino a nuova disposizione del giudice.
La tracciabilità dell’accredito è quindi fondamentale. Per questo motivo, è fortemente consigliato che la pensione venga accreditata su un conto corrente dedicato, privo di altri tipi di entrate. Questo permette alla banca di riconoscere in modo immediato e inequivocabile che si tratta di una pensione, e applicare correttamente il limite di impignorabilità previsto dalla legge.
Un altro punto da sottolineare è che i limiti di impignorabilità sono applicabili solo una volta al mese. In altre parole, anche se la pensione viene accreditata in più tranche o in modo frazionato, la soglia dei 1.030 euro si riferisce all’importo totale mensile e non è cumulabile con altri accrediti di diversa natura. Se, per esempio, la pensione è di 1.500 euro e viene accreditata interamente, la banca potrà bloccare solo la parte eccedente i 1.030 euro, ovvero 470 euro, mentre il resto dovrà rimanere a disposizione del pensionato.
La normativa di riferimento è contenuta nell’articolo 545 del Codice di procedura civile, che è stato modificato nel tempo per adeguarsi alle esigenze di tutela dei soggetti economicamente più deboli. Il legislatore ha inteso garantire al pensionato il cosiddetto “minimo vitale”, ovvero una soglia economica sotto la quale non si può scendere, nemmeno in presenza di debiti legittimi da soddisfare. Questo principio si basa su considerazioni di carattere sociale, ed è stato ribadito più volte dalla giurisprudenza e dalle circolari interpretative degli istituti di credito.
Occorre ricordare che il limite di 1.030 euro si applica solo nel caso in cui il pignoramento riguardi il conto corrente. Se, invece, il pignoramento viene richiesto alla fonte, cioè direttamente all’INPS, si applicano regole diverse. In quel caso, l’INPS trattiene mensilmente una quota della pensione, fino a un massimo del 20% dell’importo netto, a seconda della fascia di reddito del pensionato. Una volta trattenuta questa somma, il restante importo viene accreditato sul conto e non è più soggetto ad ulteriori blocchi. Questo sistema è spesso considerato più lineare e garantista, proprio perché lascia intatto il saldo del conto e permette una pianificazione più stabile delle spese.
Nel caso del pignoramento del conto corrente, invece, il pensionato può trovarsi improvvisamente con il conto bloccato, senza preavviso, e senza la possibilità immediata di accedere neanche alle somme impignorabili. Questo accade quando la banca non riesce a distinguere correttamente l’origine delle somme presenti sul conto. In questi casi, è necessario rivolgersi al giudice dell’esecuzione, presentando un’istanza per ottenere lo sblocco delle somme impignorabili. La procedura può richiedere tempo e comportare ulteriori costi legali.
Per evitare queste situazioni è essenziale agire in via preventiva. Chi sa di essere esposto a un possibile pignoramento dovrebbe adottare misure opportune, come:
- dedicare un conto corrente esclusivamente all’accredito della pensione;
- evitare di mescolare sul conto altre fonti di reddito;
- prelevare entro breve tempo le somme necessarie per la propria sopravvivenza;
- conservare tutta la documentazione utile a dimostrare la natura pensionistica degli accrediti (cedolini, estratti conto, attestati INPS).
Questi accorgimenti possono semplificare notevolmente la difesa dei propri diritti nel caso in cui ci si trovi coinvolti in una procedura esecutiva. La legge prevede delle tutele precise, ma spetta al cittadino fare in modo che possano essere applicate correttamente. Le banche, infatti, non hanno l’obbligo di accertare d’ufficio la natura degli accrediti, a meno che non siano posti in condizione di farlo con chiarezza.
In sintesi, i limiti di impignorabilità della pensione accreditata su conto corrente prevedono che siano sempre escluse dal pignoramento le somme fino a due volte l’assegno sociale, purché si tratti di accrediti avvenuti nei 30 giorni precedenti e riconoscibili come pensione. Questa tutela, tuttavia, non è automatica: per essere applicata, richiede che le informazioni siano trasparenti, ben documentate e facilmente verificabili. Solo così è possibile garantire al pensionato una reale protezione contro il rischio di rimanere senza risorse in caso di azione esecutiva da parte dei creditori.
È possibile chiedere lo sblocco delle somme impignorabili direttamente alla banca?
Quando si riceve una notifica di pignoramento del conto corrente, la prima reazione è spesso di sorpresa e smarrimento. Chi vive di sola pensione, in particolare, teme di non poter più disporre del denaro necessario per affrontare le spese quotidiane. Tuttavia, è importante sapere che la legge prevede dei limiti precisi entro i quali le somme accreditate a titolo di pensione non possono essere pignorate, e che, in alcuni casi, è possibile chiedere lo sblocco di queste somme anche direttamente alla banca. La questione, però, va affrontata con cautela, perché non sempre la banca è tenuta a procedere allo sblocco senza un provvedimento giudiziario.
La normativa italiana, in particolare l’articolo 545 del Codice di procedura civile, stabilisce che le somme derivanti da pensioni accreditate su conto corrente sono impignorabili fino all’importo pari a due volte l’assegno sociale, che per il 2025 corrisponde a circa 1.030 euro. Questo significa che, anche in caso di pignoramento, il pensionato ha diritto a conservare la disponibilità di una parte della pensione, necessaria a garantire il minimo vitale. Tuttavia, perché questa tutela possa essere applicata, è necessario che l’origine della somma sia chiaramente riconoscibile e che l’accredito sia avvenuto nei 30 giorni precedenti il pignoramento.
Nel momento in cui la banca riceve il provvedimento di pignoramento, ha l’obbligo di bloccare le somme presenti sul conto fino alla concorrenza del credito indicato. La banca agisce come soggetto esecutore dell’ordine del giudice e, per tutelarsi da eventuali responsabilità, tende spesso a bloccare l’intero saldo disponibile, indipendentemente dalla natura delle somme accreditate. Questo comportamento, pur legittimo, può causare difficoltà importanti per il pensionato, che si vede privato anche di somme che, secondo la legge, dovrebbero rimanere a sua disposizione.
In teoria, la banca potrebbe sbloccare le somme impignorabili anche senza l’intervento del giudice, ma solo a condizione che l’origine delle somme sia certa, documentata e immediatamente identificabile. Se, ad esempio, il conto riceve ogni mese un unico accredito da parte dell’INPS, con causale chiara e importo corrispondente alla pensione netta, e se la somma presente sul conto è inferiore a 1.030 euro, la banca ha gli elementi necessari per riconoscere che quelle somme sono impignorabili. In casi come questi, l’istituto potrebbe decidere di lasciare disponibili al pensionato le somme protette, anche senza attendere un provvedimento giudiziario.
Tuttavia, nella pratica, molte banche preferiscono non assumersi il rischio di interpretare la normativa in modo autonomo. Per questo motivo, nella maggior parte dei casi, la banca congela l’intero saldo e invita il cliente a rivolgersi al giudice dell’esecuzione per ottenere lo sblocco delle somme impignorabili. Questo approccio prudente da parte degli istituti di credito è comprensibile: in assenza di una direttiva precisa, il rischio di incorrere in responsabilità civili o disciplinari è elevato.
Di fronte a questa situazione, il pensionato ha alcune strade percorribili. In primo luogo, può tentare un dialogo diretto con la banca, presentando tutta la documentazione utile a dimostrare che le somme presenti sul conto derivano dalla pensione e rientrano nei limiti di impignorabilità. Estratti conto, cedolini INPS, ricevute di accredito e lettere ufficiali sono strumenti fondamentali per sostenere questa richiesta. Se la banca ritiene che ci siano le condizioni per procedere allo sblocco parziale, potrebbe farlo autonomamente. In caso contrario, inviterà il cliente a rivolgersi a un legale.
La via più sicura e garantita per ottenere lo sblocco delle somme impignorabili è quella giudiziaria. Con l’assistenza di un avvocato, il pensionato può presentare un’istanza al giudice dell’esecuzione presso il tribunale competente. Nella richiesta, occorrerà dimostrare l’origine delle somme, la loro impignorabilità e l’effettiva urgenza di accedere a quelle risorse per motivi di sopravvivenza. Il giudice, dopo aver esaminato la documentazione, potrà emettere un provvedimento di sblocco parziale o totale, ordinando alla banca di rimettere nella disponibilità del pensionato le somme non aggredibili.
I tempi della giustizia, tuttavia, non sono immediati, ed è proprio questo uno dei principali problemi per i soggetti coinvolti. Spesso, il pensionato non può attendere settimane per pagare affitto, bollette o acquistare medicinali. Ecco perché, in alcuni casi, si tenta comunque un primo approccio con la banca, nella speranza di una soluzione più rapida. Alcune banche, se convinte della bontà della documentazione presentata, possono decidere di procedere almeno allo sblocco della soglia minima prevista dalla legge.
Una buona pratica è quella di prevenire queste difficoltà organizzando i propri conti in modo strategico. Tenere separata la pensione da altri tipi di reddito, evitare versamenti misti e conservare tutti i documenti che attestano l’origine delle somme accreditate può facilitare molto il lavoro della banca o del giudice, riducendo i tempi e le incertezze. In particolare, è utile accreditare la pensione su un conto corrente dedicato, su cui non vengano effettuati altri movimenti che potrebbero rendere difficile la tracciabilità.
Va ricordato che le somme pensionistiche mantengono la loro impignorabilità solo per i 30 giorni successivi all’accredito. Trascorso questo termine, anche se la somma non è stata toccata, essa perde la protezione e diventa pignorabile in quanto considerata risparmio. Questo dettaglio è fondamentale: in caso di pignoramento, solo le somme accreditate da meno di un mese e riconducibili alla pensione possono essere oggetto di istanza di sblocco.
L’azione tempestiva è quindi fondamentale. Non appena si riceve la notifica di pignoramento, è importante agire subito: contattare la banca, consultare un avvocato, raccogliere la documentazione e presentare l’istanza al giudice. Ogni giorno di ritardo può rendere più difficile la dimostrazione dell’impignorabilità e aumentare i tempi necessari per recuperare le somme.
In definitiva, sì, è possibile chiedere lo sblocco delle somme impignorabili direttamente alla banca, ma la riuscita dipende da molteplici fattori. La banca deve essere posta nella condizione di identificare chiaramente l’origine pensionistica delle somme e di avere la certezza che queste rientrino nei limiti temporali e quantitativi previsti dalla legge. In caso contrario, l’istituto non si assumerà la responsabilità dello sblocco e rimanderà tutto al giudice competente.
Il consiglio, quindi, è di affrontare la questione con serietà, pianificazione e con il supporto di un professionista. Solo con una strategia ben definita e con la documentazione giusta è possibile ottenere rapidamente l’accesso alle somme che, per legge, devono rimanere nella disponibilità del pensionato. La legge tutela il diritto a una vita dignitosa anche in caso di debiti, ma affinché questa tutela sia effettiva, occorre agire con consapevolezza e tempestività.
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