Ricevere un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate può generare ansia, confusione e paura. Molti contribuenti non sanno bene cosa significhi riceverlo, né quali siano le conseguenze pratiche di un mancato pagamento. Ma è importante sapere che ignorare un avviso di accertamento non risolve nulla: anzi, può portare a conseguenze molto serie, come il blocco del conto corrente, il pignoramento dello stipendio o della casa.
L’avviso di accertamento è un atto con cui l’Agenzia delle Entrate contesta al contribuente una presunta evasione o irregolarità fiscale, richiedendo il pagamento di imposte, sanzioni e interessi. Una volta ricevuto, il contribuente ha solo 60 giorni di tempo per pagare o impugnare l’atto. Se non lo fa, l’accertamento diventa definitivo e può essere iscritto a ruolo, trasformandosi in una vera e propria cartella esattoriale esecutiva.
Se hai ricevuto un avviso di accertamento e non sai cosa fare, questo articolo ti aiuterà a capire quali sono i tuoi diritti, quali sono i rischi, e soprattutto come puoi difenderti prima che sia troppo tardi.
Qui di seguito gli approfondimenti di Studio Monardo, gli avvocati che ti difendono dagli avvisi di accertamento.
Cosa Succede Se Non Pago L’Avviso Di Accertamento Tutto Dettagliato
L’avviso di accertamento è un atto formale con cui l’Agenzia delle Entrate comunica al contribuente l’esito di un controllo fiscale, notificando un debito tributario accertato (imposte non versate, sanzioni e interessi). Se non viene pagato nei termini previsti, l’avviso di accertamento diventa immediatamente esecutivo, con conseguenze che possono essere molto gravi. Vediamo nei dettagli cosa accade e come difendersi.
Cosa Contiene un Avviso di Accertamento
- L’imposta accertata e non pagata.
- Gli interessi maturati.
- Le sanzioni amministrative.
- L’indicazione del termine per pagare o impugnare.
Termini per il Pagamento o l’Impugnazione
- Il contribuente ha 60 giorni dalla notifica per:
- Pagare l’importo indicato, in un’unica soluzione o rateizzato.
- Presentare ricorso alla Commissione Tributaria competente.
Se entro questo termine non viene fatto nulla, l’avviso diventa titolo esecutivo e si apre la strada alla riscossione forzata.
Cosa Succede Se Non Si Paga l’Avviso di Accertamento
- L’atto diventa esecutivo automaticamente
- Non serve un’ulteriore cartella esattoriale: l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può agire direttamente.
- Iscrizione a ruolo e riscossione forzata
- Dopo 30 giorni dal termine dei 60 giorni iniziali, parte la riscossione:
- Blocco dei conti correnti.
- Pignoramento di stipendi, pensioni o crediti.
- Iscrizione di ipoteca sugli immobili.
- Fermo amministrativo su veicoli.
- Dopo 30 giorni dal termine dei 60 giorni iniziali, parte la riscossione:
- Aumento degli importi da versare
- Si aggiungono interessi di mora, compensi di riscossione e ulteriori sanzioni.
- Segnalazione presso gli archivi fiscali e creditizi
- Il contribuente può essere segnalato nelle banche dati pubbliche, con effetti negativi su affidabilità e accesso al credito.
Cosa Può Fare il Contribuente se Non Riesce a Pagare
- Richiedere la Rateizzazione
- È possibile chiedere il pagamento dilazionato fino a 72 o 120 rate.
- La domanda va presentata all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
- Impugnare l’avviso con ricorso
- Se ci sono motivi validi (errori, prescrizione, illegittimità), è possibile fare ricorso entro 60 giorni.
- In alcuni casi si può chiedere la sospensione cautelare dell’efficacia dell’atto.
- Proporre un Saldo e Stralcio (se previsto)
- Alcune normative speciali permettono di chiudere la posizione con un pagamento ridotto.
- Questa opzione è soggetta a requisiti economici e patrimoniali.
- Valutare la Legge Salva Debiti
- In caso di sovraindebitamento grave, è possibile attivare una procedura giudiziaria per bloccare i pignoramenti e ottenere l’esdebitazione.
Tabella Riepilogativa delle Conseguenze e delle Soluzioni
Evento | Conseguenza | Possibile Difesa |
---|---|---|
Trascorsi 60 giorni senza azioni | Titolo esecutivo automatico | Richiesta di rateizzazione |
Trascorsi ulteriori 30 giorni | Riscossione forzata | Ricorso o sospensione cautelare |
Mancato pagamento | Maggiorazione debito | Saldo e stralcio (se previsto) |
Condizione di insolvenza | Pignoramenti, ipoteche, fermi | Procedura di sovraindebitamento |
Conclusione
Ignorare un avviso di accertamento espone a conseguenze molto gravi e rapide, che possono colpire direttamente il patrimonio e il reddito del contribuente. È fondamentale agire entro i termini previsti, valutando se pagare, chiedere una dilazione o impugnare l’atto. In caso di difficoltà economica, strumenti come la rateizzazione, il saldo e stralcio o la legge salva debiti permettono di affrontare la situazione in modo legale e tutelato. Rivolgersi subito a un esperto fiscale o legale è la scelta migliore per evitare danni irreparabili.
Cos’è un avviso di accertamento?
Un avviso di accertamento è un atto formale con cui l’Agenzia delle Entrate o un altro ente impositore comunica al contribuente la pretesa di un tributo non pagato o pagato in misura inferiore rispetto al dovuto. È uno strumento attraverso il quale l’Amministrazione Finanziaria contesta errori, omissioni o violazioni fiscali emerse a seguito di controlli sulle dichiarazioni dei redditi, IVA, IRAP, imposte locali o altri tributi.
In sostanza, ricevere un avviso di accertamento significa che il Fisco ritiene che tu debba versare una somma maggiore rispetto a quella già pagata o dichiarata. Si tratta quindi di una richiesta di pagamento integrativa, fondata su verifiche documentali, accertamenti bancari, controlli incrociati, studi di settore o presunzioni legali.
Cosa contiene un avviso di accertamento
L’avviso deve essere dettagliato, motivato e contenere:
- I dati del contribuente e dell’ufficio che lo emette.
- Il periodo d’imposta oggetto del controllo.
- La motivazione della rettifica (es. costi non deducibili, ricavi non dichiarati, incongruenze nei dati IVA o IRPEF).
- Gli importi contestati, comprensivi di tributo, sanzioni e interessi.
- Le modalità e i termini per pagare o fare ricorso.
L’avviso di accertamento ha effetto di “atto impositivo” e può diventare immediatamente esecutivo. Questo significa che, trascorsi i termini per il pagamento o il ricorso, l’amministrazione può procedere direttamente con la riscossione coattiva, fino ad arrivare a cartelle esattoriali, fermi amministrativi, ipoteche o pignoramenti.
Quando viene notificato
L’avviso di accertamento può essere notificato:
- A seguito di un controllo automatizzato (verifica formale dei dati dichiarati).
- A seguito di un controllo sostanziale (accertamento vero e proprio tramite ispezioni, accessi nei locali, richieste di documentazione, indagini bancarie).
- Entro termini precisi, stabiliti dalla legge, generalmente entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione o, se omessa, entro il settimo anno.
Cosa può fare il contribuente
Dopo aver ricevuto un avviso di accertamento, il contribuente ha diverse opzioni:
- Pagare entro 60 giorni:
- Se si paga entro il termine, si ha diritto a una riduzione delle sanzioni del 50% (istituto del “accertamento con adesione” o “acquiescenza”).
- Il pagamento estingue il contenzioso e chiude definitivamente la questione.
- Chiedere l’accertamento con adesione:
- È possibile avviare una fase di dialogo con l’Agenzia per ridiscutere l’importo contestato e ottenere una soluzione concordata, sempre con riduzioni sanzionatorie.
- Presentare ricorso alla Commissione Tributaria:
- Entro 60 giorni dalla notifica, si può impugnare l’atto se si ritiene che le pretese fiscali siano infondate o viziato nella forma o nella sostanza.
- Il ricorso apre un contenzioso vero e proprio, che può concludersi con l’annullamento, la riduzione o la conferma dell’avviso.
- Rateizzare il pagamento:
- Se si decide di pagare ma non si dispone dell’intera somma, è possibile chiedere la rateizzazione, secondo quanto previsto dall’Agenzia delle Entrate e in funzione dell’importo contestato.
Cosa succede se non si fa nulla
Se il contribuente non paga e non presenta ricorso entro i 60 giorni, l’avviso di accertamento diventa definitivo ed esecutivo.
In questo caso, l’ente impositore può:
- Iscrivere a ruolo il debito.
- Affidare la riscossione all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
- Procedere con azioni esecutive come pignoramento del conto corrente, fermo auto, ipoteca su immobili.
Conclusione
Un avviso di accertamento non è una semplice comunicazione: è un atto che ha effetti immediati e può portare a conseguenze molto gravi se ignorato. Valutarlo attentamente, con l’assistenza di un consulente o di un avvocato tributarista, è fondamentale per scegliere la strategia migliore: pagare, trattare o impugnare. Agire entro i termini è essenziale per difendersi, evitare sanzioni più pesanti e bloccare eventuali azioni di riscossione forzata.
Quanto tempo ho per pagare o impugnare l’avviso?
Dopo aver ricevuto un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate o di altro ente impositore, hai un termine preciso per decidere cosa fare: o paghi quanto richiesto oppure impugni l’atto davanti al giudice tributario. In entrambi i casi, il termine è di norma di 60 giorni dalla data di notifica dell’avviso.
Questo termine è tassativo. Se non fai nulla entro 60 giorni, l’avviso di accertamento diventa definitivo e il debito iscritto a ruolo può essere riscosso in via coattiva, cioè attraverso strumenti come pignoramento, fermo amministrativo, ipoteca o blocco dei conti correnti.
Opzione 1: Pagamento entro 60 giorni
Puoi decidere di pagare l’importo richiesto direttamente all’Agenzia delle Entrate, approfittando anche dei benefici previsti in caso di “acquiescenza”:
- Se accetti integralmente l’avviso senza contestarlo e paghi entro 60 giorni, hai diritto a una riduzione delle sanzioni del 50%.
- Il pagamento può avvenire in un’unica soluzione o a rate, a seconda dell’importo e della tua capacità economica.
- La rateizzazione può essere richiesta secondo le modalità previste dalla legge e comporta il versamento di interessi sulle rate successive alla prima.
Attenzione: anche il pagamento rateale deve iniziare entro il termine dei 60 giorni.
Opzione 2: Ricorso entro 60 giorni
Se invece ritieni che l’avviso sia infondato, viziato o ingiustificato, puoi presentare ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria).
- Il ricorso deve essere notificato all’Agenzia delle Entrate entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso.
- Dopo la notifica, hai 30 giorni per depositare il ricorso presso la segreteria della Commissione.
- Puoi chiedere, se ne ricorrono le condizioni, anche la sospensione dell’esecutività dell’atto, per evitare che l’amministrazione proceda alla riscossione durante il processo.
E se perdi il termine?
Se non paghi né presenti ricorso entro i 60 giorni, l’avviso diventa definitivo. In questo caso:
- Il debito può essere affidato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che avvierà la procedura di riscossione coattiva.
- Può essere emessa una cartella esattoriale oppure direttamente un atto di pignoramento.
- A quel punto non sarà più possibile discutere nel merito dell’accertamento, ma solo eventualmente contestare vizi nella notifica degli atti successivi.
Casi particolari: proroghe e sospensioni
In alcune situazioni il termine di 60 giorni può essere sospeso o prorogato, ad esempio:
- Durante il periodo feriale (1° agosto – 31 agosto), il termine resta sospeso e riprende dal 1° settembre.
- Se presenti un’istanza di accertamento con adesione, il termine di 60 giorni viene sospeso per 90 giorni, per consentire il tentativo di definizione bonaria.
- Eventuali proroghe straordinarie possono essere disposte con legge in situazioni eccezionali (come calamità naturali o emergenze sanitarie).
Conclusione
Hai 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento per decidere: pagare (anche a rate) o presentare ricorso. Trascorso questo termine senza fare nulla, il debito diventa esecutivo e può essere riscosso coattivamente. Agire subito è essenziale per difendere i tuoi diritti, evitare il pignoramento e, se possibile, ridurre l’importo da versare. Se hai dubbi o ritieni che l’atto sia ingiusto, è sempre consigliabile rivolgersi a un professionista esperto in materia tributaria.
Cosa succede se non pago l’avviso di accertamento?
Quando si riceve un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate, è fondamentale sapere che si tratta di un atto con effetti concreti e immediati. L’avviso contiene una richiesta di pagamento per imposte, sanzioni e interessi che il fisco ritiene dovuti in seguito a un controllo. Ignorarlo o non pagarlo entro i termini comporta conseguenze gravi, che si trasformano rapidamente in azioni esecutive.
Il contribuente ha 60 giorni di tempo dalla notifica per agire in uno dei seguenti modi:
- Pagare interamente l’importo richiesto;
- Richiedere una rateizzazione del debito;
- Opporsi formalmente con un ricorso.
Se entro questi 60 giorni non si effettua alcuna azione, l’avviso diventa automaticamente esecutivo, senza bisogno di ulteriori atti da parte dell’Agenzia. Dopo ulteriori 30 giorni, può iniziare la riscossione coattiva.
Tra le principali conseguenze ci sono:
- Blocco dei conti correnti;
- Pignoramento dello stipendio o della pensione;
- Fermo amministrativo sui veicoli;
- Iscrizione di ipoteca sugli immobili;
- Aumento del debito per effetto di sanzioni aggiuntive, interessi di mora e aggravi esattoriali.
Non solo: il mancato pagamento comporta anche la segnalazione nei registri fiscali e bancari, compromettendo la possibilità di accedere a mutui, finanziamenti e altri strumenti di credito.
Tuttavia, anche se il termine è trascorso, non tutto è perduto. È possibile:
- Presentare una richiesta di rateizzazione fino a 72 o 120 rate, ottenendo la sospensione delle azioni esecutive;
- Verificare l’eventuale presenza di vizi formali o sostanziali nell’avviso e valutare una impugnazione tardiva fondata su motivi seri e documentabili;
- In caso di grave crisi economica, avviare una procedura di sovraindebitamento che può bloccare i pignoramenti e portare all’esdebitazione.
Situazione | Conseguenza | Possibile Rimedio |
---|---|---|
Non pagamento entro 60 giorni | Titolo esecutivo | Rateizzazione o ricorso |
Trascorsi ulteriori 30 giorni | Riscossione forzata | Procedura di esdebitazione |
Atti già notificati | Pignoramento e fermi | Opposizione o sospensione cautelare |
Difficoltà economiche | Aggravi esecutivi | Saldo e stralcio (se previsto) |
Conclusione: ignorare un avviso di accertamento è altamente rischioso. Il tempo è un fattore decisivo: prima si agisce, maggiori sono le possibilità di risolvere la situazione. In caso di incertezza o difficoltà, affidarsi a un professionista è essenziale per individuare la strategia difensiva più adatta ed evitare danni economici rilevanti e irreversibili.
L’Agenzia delle Entrate può procedere senza passare dal giudice?
L’Agenzia delle Entrate Può Procedere Senza Passare dal Giudice?
Sì, in molti casi l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione possono procedere all’esecuzione forzata senza l’intervento diretto di un giudice. Questa possibilità è prevista dalla legge ed è una delle principali differenze rispetto al recupero dei crediti tra privati.
Tutto ruota attorno all’efficacia esecutiva dell’avviso di accertamento e degli altri atti emessi dall’Amministrazione finanziaria. In altre parole, alcuni atti diventano automaticamente titoli esecutivi, senza bisogno di una sentenza.
Quando l’Agenzia delle Entrate notifica un avviso di accertamento con valore esecutivo, il contribuente ha 60 giorni di tempo per pagare o presentare ricorso. Trascorso questo termine, l’atto diventa immediatamente esecutivo, senza necessità di rivolgersi al tribunale.
Una volta decorsi ulteriori 30 giorni, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può attivare la riscossione coattiva, che include:
- Pignoramento del conto corrente;
- Pignoramento dello stipendio o della pensione;
- Fermo amministrativo su veicoli;
- Iscrizione di ipoteca su immobili.
Tutte queste azioni possono avvenire senza alcuna autorizzazione preventiva del giudice. L’unico limite è il rispetto delle procedure e dei termini di legge. Solo se il contribuente propone opposizione, ad esempio con un ricorso alla Commissione Tributaria, interviene il giudice a verificare la legittimità dell’azione dell’Agenzia.
Questo potere di procedere senza passare dal giudice si fonda sulla presunzione di legittimità dell’atto amministrativo: fino a prova contraria, ciò che afferma l’Agenzia fa fede.
Tipo di Atto dell’Agenzia | Può Agire Senza Giudice? | Note |
---|---|---|
Avviso di accertamento esecutivo | ✅ Sì | Trascorsi 60+30 giorni |
Cartella esattoriale | ✅ Sì | Dopo 60 giorni dalla notifica |
Intimazione di pagamento | ✅ Sì | Precede il pignoramento |
Atto di pignoramento | ✅ Sì | Salvo opposizione del contribuente |
Opposizione del contribuente | ❌ No | Serve giudice per valutare |
Conclusione: l’Agenzia delle Entrate ha un potere diretto ed esecutivo che le consente di agire senza passare dal giudice, a meno che il contribuente non decida di opporsi. Per questo motivo è fondamentale non ignorare gli atti ricevuti: il silenzio equivale ad accettazione, e dopo i termini previsti la macchina esecutiva si muove automaticamente. In caso di dubbi o contestazioni, è indispensabile agire in tempi rapidi con l’assistenza di un professionista.
È possibile rateizzare l’avviso di accertamento?
Sì, è possibile rateizzare l’avviso di accertamento, ma solo a determinate condizioni e rispettando termini ben precisi. La rateizzazione consente al contribuente di evitare il pagamento in un’unica soluzione dell’importo richiesto dall’Agenzia delle Entrate, dilazionando il debito in più tranche mensili. È una soluzione utile per chi riconosce il debito ma non è in grado di pagarlo interamente entro i 60 giorni previsti dalla legge.
Quando è possibile rateizzare
La rateizzazione può essere richiesta soltanto se il contribuente non presenta ricorso contro l’avviso di accertamento e accetta integralmente quanto contestato. In questo caso, si parla di acquiescenza, ovvero l’adesione completa all’atto impositivo.
Accettando l’accertamento e chiedendo la rateizzazione entro i 60 giorni dalla notifica, si ha diritto a una riduzione delle sanzioni del 50% rispetto a quelle originariamente previste. Questo beneficio si perde se si presenta ricorso.
Quante rate si possono ottenere
Il numero massimo di rate varia in base all’importo del debito:
- Per importi fino a 5.000 euro, è possibile ottenere fino a 8 rate trimestrali (2 anni).
- Per importi superiori a 5.000 euro, si può arrivare fino a 16 rate trimestrali (4 anni).
- In casi eccezionali, per gravi difficoltà economiche documentate, si può richiedere un piano straordinario con fino a 72 rate mensili.
Attenzione: la prima rata deve essere versata entro il termine di 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento. La semplice presentazione della domanda di rateizzazione non blocca le scadenze: il primo pagamento deve avvenire comunque nei tempi previsti.
Come presentare la domanda
Per richiedere la rateizzazione, occorre:
- Non presentare ricorso contro l’avviso.
- Presentare la domanda entro 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento.
- Compilare l’apposito modulo dell’Agenzia delle Entrate, disponibile sul sito o presso gli uffici territoriali.
- Allegare eventuale documentazione reddituale o patrimoniale, soprattutto nei casi in cui si chiede una dilazione straordinaria.
La richiesta può essere presentata:
- Online, tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate (Entratel o Fisconline).
- Di persona, presso l’ufficio territoriale competente.
- Con posta raccomandata A/R.
Effetti della rateizzazione
- Il debito viene sospeso dall’esecuzione forzata, a condizione che le rate vengano pagate puntualmente.
- Se il contribuente salta una sola rata, il beneficio decade e l’Agenzia può avviare immediatamente la riscossione coattiva per l’intero importo residuo.
- Le rate successive alla prima sono maggiorate di interessi legali.
Casi esclusi
La rateizzazione non è ammessa se il contribuente ha già presentato ricorso. In quel caso, per pagare a rate sarà necessario attendere l’esito del giudizio o valutare una definizione agevolata (rottamazione o conciliazione giudiziale, se prevista dalla normativa vigente).
Inoltre, non è possibile rateizzare se l’accertamento riguarda tributi non definitivi o se il termine dei 60 giorni è già decorso.
Conclusione
È possibile rateizzare un avviso di accertamento se si rinuncia al ricorso e si accetta l’atto nei termini di legge. La richiesta va presentata entro 60 giorni dalla notifica e comporta il vantaggio di scontare il 50% delle sanzioni. Il mancato rispetto delle rate può però far decadere il beneficio, esponendo il contribuente a misure di riscossione forzata. Per questo motivo è importante calcolare attentamente la sostenibilità del piano di pagamento prima di aderire e, se necessario, farsi assistere da un professionista esperto in materia fiscale.
Posso impugnare l’avviso di accertamento anche dopo 60 giorni?
Posso Impugnare l’Avviso di Accertamento Anche Dopo 60 Giorni?
In linea generale, l’impugnazione dell’avviso di accertamento va presentata entro 60 giorni dalla notifica. Trascorso questo termine, l’atto diventa definitivo e l’Agenzia delle Entrate può procedere direttamente alla riscossione coattiva. Tuttavia, esistono alcune eccezioni e circostanze particolari che permettono di agire anche oltre il termine ordinario, attraverso strumenti giuridici specifici.
Impugnazione Tardiva: Quando È Possibile?
- Mancata notifica dell’atto
- Se il contribuente non ha mai ricevuto la notifica dell’avviso oppure questa è avvenuta in modo irregolare (es. indirizzo errato, mancato deposito presso la casa comunale, omessa raccomandata informativa), si può proporre impugnazione anche dopo i 60 giorni, facendo valere la nullità della notifica.
- Notifica a persona non legittimata
- Se l’atto è stato consegnato a una persona non autorizzata (vicino di casa, coinquilino non convivente, soggetto senza delega), si può contestare la notifica come viziata e quindi impugnare l’atto tardivamente.
- Vizi gravi del provvedimento
- In presenza di vizi sostanziali gravi (ad esempio debito prescritto, errore di soggetto, doppia imposizione), è possibile agire anche tardivamente chiedendo al giudice la disapplicazione dell’atto in sede di opposizione a esecuzione o a fermo amministrativo.
- Motivi di forza maggiore
- Eventi eccezionali come malattia grave, calamità naturali, impedimenti documentabili possono giustificare la rimessione in termini. Va provata l’impossibilità oggettiva di agire nei tempi previsti.
- Impugnazione indiretta in fase esecutiva
- Se l’avviso di accertamento è stato seguito da una cartella esattoriale, pignoramento o fermo, è possibile proporre ricorso contro questi atti e contestare indirettamente anche l’accertamento, se non validamente notificato o se contiene vizi rilevanti.
Cosa Fare Se Si È Superato il Termine Ordinario
- Verificare attentamente la correttezza della notifica.
- Raccogliere documentazione che dimostri eventuali impedimenti gravi.
- Contestare l’esecuzione in corso (es. fermo, pignoramento) e sollevare i vizi dell’accertamento.
- In caso di debiti ormai certi e insostenibili, valutare la procedura di sovraindebitamento per bloccare l’azione esecutiva e ottenere l’esdebitazione.
Tabella Riepilogativa – Possibilità di Impugnazione Dopo 60 Giorni
Situazione | Impugnazione Ammessa? | Condizione Necessaria |
---|---|---|
Notifica mai ricevuta o viziata | ✅ Sì | Contestazione nullità della notifica |
Vizi gravi dell’atto | ✅ Sì | Impugnazione indiretta tramite esecuzione |
Forza maggiore (es. malattia grave) | ✅ Sì | Prova dell’impedimento oggettivo |
Impugnazione oltre 60 giorni senza motivazione | ❌ No | Termine scaduto, l’atto è definitivo |
Conclusione
Anche se i 60 giorni sono trascorsi, l’avviso di accertamento può essere impugnato in alcuni casi specifici, soprattutto se vi sono problemi legati alla notifica o gravi irregolarità nell’atto. È importante non arrendersi e verificare con un professionista esperto se esistono i presupposti per una difesa tardiva, soprattutto quando si è già avviata una procedura esecutiva da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
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