Ricevere un avviso di accertamento esecutivo dall’Agenzia delle Entrate è un evento che può mettere in allarme qualsiasi contribuente. Si tratta infatti di un atto che non solo contesta una presunta irregolarità fiscale, ma ha anche valore di titolo esecutivo: ciò significa che, se non impugnato entro i termini di legge, può essere immediatamente utilizzato per avviare pignoramenti, ipoteche, fermi amministrativi e altre azioni esecutive, senza bisogno di ulteriori passaggi giudiziali.
Molti cittadini, per mancanza di informazioni o per timore, decidono di non agire oppure lo fanno troppo tardi. Ma è importante sapere che impugnare un avviso di accertamento esecutivo è possibile e, in molti casi, doveroso per difendere il proprio patrimonio e contestare le pretese illegittime o infondate.
In questo articolo spiegheremo in modo semplice e completo:
- Quali sono i termini per impugnare l’avviso di accertamento esecutivo;
- Qual è la procedura da seguire e dove si presenta il ricorso;
- Quali sono i motivi validi per contestarlo;
- Cosa succede se si presenta il ricorso nei termini;
- Quali tutele si ottengono con l’impugnazione;
- Come può aiutarti un avvocato esperto in diritto tributario.
Se hai ricevuto un avviso di accertamento esecutivo, non restare fermo: la tua difesa inizia dal primo giorno. I tempi sono stretti, ma la legge ti riconosce il pieno diritto di contestare l’atto e di far valere le tue ragioni.
Ma andiamo nei dettagli con Studio Monardo, gli avvocati esperti in cancellazione debiti e avvisi di accertamento:
Come Si Impugna L’Avviso Di Accertamento Esecutivo Tutto Dettagliato
L’avviso di accertamento esecutivo è un atto con cui l’Agenzia delle Entrate richiede il pagamento di imposte, sanzioni e interessi accertati in seguito a controlli fiscali. A partire dal 2011, questo strumento ha valore di titolo esecutivo: trascorsi 60 giorni dalla notifica senza opposizione o pagamento, l’Agenzia può attivare la riscossione coattiva senza necessità di ulteriori provvedimenti giudiziari.
Per questo motivo, è fondamentale sapere come e quando impugnare l’avviso di accertamento esecutivo, per bloccare la sua esecutività e difendersi in modo efficace.
1. Tempistiche per Impugnare
Il termine ordinario per impugnare è di 60 giorni dalla data di notifica dell’avviso. Oltre questo limite, l’atto diventa definitivo. Se il termine cade in un periodo in cui è sospeso per legge (es. ferie fiscali tra 1° e 31 agosto), la scadenza è prorogata automaticamente.
2. A Chi Presentare il Ricorso
Il ricorso va presentato alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado territorialmente competente. Deve essere depositato anche presso l’Agenzia delle Entrate che ha emesso l’atto.
3. Contenuto del Ricorso
Il ricorso deve contenere:
- I dati identificativi del contribuente e dell’ufficio emittente;
- L’indicazione dell’atto impugnato e la sua copia integrale;
- I motivi dell’opposizione: errori di calcolo, notifiche viziate, prescrizione, assenza dei presupposti di legge;
- Le richieste al giudice (es. annullamento totale o parziale);
- Le prove e documenti allegati a sostegno della difesa;
- La richiesta di sospensione cautelare dell’atto, se sussiste il pericolo di danni gravi e irreparabili (pignoramenti imminenti, blocco conti, fermo auto).
4. Modalità di Presentazione
Il ricorso può essere presentato:
- In modalità telematica tramite il portale SIGIT, con firma digitale (obbligatoria per i professionisti);
- In forma cartacea, presso la segreteria della Corte di Giustizia Tributaria, se il contribuente è persona fisica non obbligata all’uso della PEC;
- Mediante notifica tramite ufficiale giudiziario o posta raccomandata.
5. Azione di Sospensione dell’Esecutività
Insieme al ricorso, è possibile presentare un’istanza cautelare per sospendere l’efficacia esecutiva dell’atto. Il giudice può disporre la sospensione, se ritiene fondato il ricorso e ravvisa un danno imminente e grave.
La decisione sulla sospensione avviene solitamente in camera di consiglio, entro 30-40 giorni dal deposito dell’istanza.
6. Cosa Succede Dopo il Ricorso
- Se il giudice accoglie il ricorso, l’atto è annullato in tutto o in parte.
- Se viene respinto, il debito diventa esigibile e l’Agenzia può proseguire la riscossione.
- È sempre possibile ricorrere in appello entro 60 giorni dalla sentenza di primo grado.
7. Casi Speciali: Ricorso Dopo i 60 Giorni
Anche oltre i 60 giorni, è possibile agire se:
- La notifica dell’atto è nulla o non è mai avvenuta;
- Ci sono gravi vizi di legittimità dell’avviso;
- L’azione è avviata contro un pignoramento fondato su un atto mai conosciuto.
In questi casi, si ricorre per opposizione all’esecuzione o impugnazione indiretta del titolo.
Tabella Riepilogativa – Impugnazione Avviso di Accertamento Esecutivo
Passaggio | Tempistiche | Note Importanti |
---|---|---|
Notifica dell’avviso | Giorno 0 | Parte il termine dei 60 giorni |
Presentazione del ricorso | Entro 60 giorni | Prorogabile in caso di ferie fiscali |
Istanza di sospensione | Insieme al ricorso | Decisione in circa 30-40 giorni |
Sentenza di primo grado | Dopo mesi variabili | Impugnabile in appello |
Ricorso fuori termine | Solo in casi eccezionali | Richiede prova dei vizi gravi |
Conclusione
Impugnare l’avviso di accertamento esecutivo è un diritto fondamentale del contribuente e può evitare gravi conseguenze patrimoniali. Tuttavia, il rispetto dei termini e delle modalità formali è essenziale. Agire entro i 60 giorni e con l’assistenza di un professionista qualificato consente di difendersi in modo efficace e, se del caso, di ottenere la sospensione dell’atto fino alla sentenza definitiva.
Cos’è un avviso di accertamento esecutivo?
Un avviso di accertamento esecutivo è un atto formale con cui l’Agenzia delle Entrate comunica al contribuente che deve pagare un’imposta non versata o versata in modo insufficiente, e che, se non paga entro 60 giorni, il Fisco potrà procedere direttamente alla riscossione forzata, senza bisogno di ulteriori passaggi.
In altre parole, l’avviso di accertamento esecutivo è un atto che ha doppia funzione: da un lato accerta il debito, dall’altro costituisce già titolo per agire immediatamente contro il contribuente se non salda il debito entro i termini. Dal 2011, infatti, questo tipo di avviso ha valore anche di “titolo esecutivo”, il che significa che non è più necessario attendere l’iscrizione a ruolo e l’emissione della cartella di pagamento per passare all’incasso.
Quando viene emesso e cosa contiene
L’Agenzia delle Entrate invia l’avviso di accertamento esecutivo quando, a seguito di controlli sulle dichiarazioni fiscali, riscontra:
- imposte non versate (IRPEF, IVA, IRES, ecc.);
- omissioni o errori nei redditi dichiarati;
- costi ritenuti indeducibili o non documentati;
- operazioni ritenute inesistenti o simulate.
L’avviso contiene:
- i dati del contribuente;
- l’imposta accertata;
- gli interessi e le sanzioni;
- l’invito a pagare entro 60 giorni;
- l’avvertimento che, in caso di mancato pagamento o mancata impugnazione, si procederà direttamente alla riscossione coattiva.
Cosa succede se non si paga
Se non si effettua il pagamento (o non si presenta ricorso) entro 60 giorni dalla notifica:
- il debito diventa esecutivo;
- l’Agenzia delle Entrate affida la riscossione all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che può agire subito con:
- pignoramento del conto corrente,
- trattenute su stipendio o pensione,
- fermi amministrativi su veicoli,
- ipoteche sugli immobili.
Non serve alcun ulteriore avviso o cartella di pagamento: l’avviso stesso basta per avviare il pignoramento.
Cosa può fare il contribuente
Hai tre strade possibili, ma tutte entro 60 giorni dalla notifica:
- Pagare l’importo richiesto, usufruendo della riduzione delle sanzioni in caso di “acquiescenza” (accettazione dell’avviso senza ricorso).
- Chiedere la rateizzazione, presentando apposita istanza. In questo caso è necessario iniziare il pagamento entro il termine dei 60 giorni.
- Presentare ricorso alla giustizia tributaria, se si ritiene che l’avviso sia errato o illegittimo. Il ricorso sospende l’esecutività solo se viene richiesto e concesso espressamente dal giudice.
Differenza con il vecchio sistema
Prima del 2011, l’avviso di accertamento era seguito da:
- iscrizione a ruolo;
- notifica della cartella esattoriale;
- solo dopo, eventuale azione esecutiva.
Con l’introduzione dell’avviso esecutivo, tutti questi passaggi vengono accorpati in un unico atto, accelerando le tempistiche di riscossione da parte del Fisco.
Conclusione
L’avviso di accertamento esecutivo è un atto che non va mai ignorato. Ha valore sia di accertamento che di titolo esecutivo, e se non agisci entro 60 giorni, l’Agenzia delle Entrate può pignorare i tuoi beni senza ulteriori avvisi. Per questo è fondamentale capire bene cosa ti viene contestato, valutare se hai motivo per impugnare l’atto o, in alternativa, cercare una rateizzazione o un accordo. Agire in fretta è l’unico modo per evitare danni economici gravi.
In quanti giorni va impugnato un avviso di accertamento esecutivo?
Un avviso di accertamento esecutivo va impugnato entro un termine preciso, stabilito dalla legge, che decorre dalla data della sua notifica. Questo termine è fondamentale perché, se non rispettato, l’atto diventa definitivo e consente all’Agenzia delle Entrate o all’ente creditore di procedere direttamente con la riscossione forzata — anche tramite pignoramento — senza bisogno di ulteriori provvedimenti.
1. Che cos’è l’avviso di accertamento esecutivo
L’avviso di accertamento esecutivo è un atto con doppia funzione: accertativa e impositiva. Introdotto per semplificare e velocizzare la riscossione dei tributi, ha efficacia immediata sia come avviso di accertamento (cioè di contestazione del debito) sia come titolo esecutivo (cioè che consente l’avvio del pignoramento).
Questo tipo di atto viene emesso, ad esempio:
- dall’Agenzia delle Entrate per IRPEF, IVA, imposta di registro;
- dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione per la riscossione coattiva;
- dai Comuni per IMU, TARI e altre entrate locali.
Dal momento in cui viene notificato, il contribuente ha un tempo limitato per opporsi.
2. In quanti giorni si deve impugnare
Il termine ordinario per impugnare un avviso di accertamento esecutivo è di 60 giorni dalla data della notifica. Questo termine è fissato dall’art. 21 del D.Lgs. 546/1992, che disciplina i ricorsi in materia tributaria.
➡️ Il termine decorre dal giorno successivo a quello della notifica dell’atto (non dalla data in cui si prende visione o dalla firma sulla ricevuta).
➡️ Se l’ultimo giorno cade di sabato, domenica o festivo, la scadenza slitta al primo giorno lavorativo successivo.
3. Cosa succede se il contribuente non impugna nei termini
Se il ricorso non viene presentato entro i 60 giorni, l’avviso di accertamento esecutivo diventa definitivo, e:
- L’importo richiesto è immediatamente esigibile;
- L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può avviare il pignoramento di conto corrente, stipendio, pensione, beni immobili e mobili;
- Il contribuente perde il diritto di contestare l’atto nel merito.
Non è possibile chiedere la riapertura dei termini, salvo casi eccezionali di forza maggiore o vizio insanabile della notifica (es. notifica mai avvenuta).
4. Casi particolari: termini diversi da 60 giorni
In alcuni casi, il termine per l’impugnazione può essere diverso:
Caso specifico | Termine di impugnazione |
---|---|
Avviso emesso prima del 1° gennaio 2016 | 60 giorni (come attualmente) |
Avviso contenente irregolarità formali | 30 giorni, solo per atti non impugnabili nel merito |
Avvisi relativi a imposte catastali o registro | 60 giorni |
Notifica con PEC o messo notificatore | 60 giorni dalla data di notifica (non dalla lettura PEC) |
Attenzione: anche per i Comuni che emettono accertamenti esecutivi per tributi locali, il termine resta sempre di 60 giorni.
5. Come si impugna un avviso di accertamento esecutivo
Per opporsi all’avviso è necessario:
- Redigere un ricorso scritto con l’assistenza di un professionista (consigliato), che contenga:
- L’indicazione dell’atto impugnato
- I motivi della contestazione
- Le prove e i documenti a sostegno
- L’eventuale richiesta di sospensione
- Depositare il ricorso telematicamente presso la Corte di Giustizia Tributaria competente.
- Notificare copia del ricorso all’ente che ha emesso l’atto (Agenzia delle Entrate o Comune) entro lo stesso termine.
- Attendere la fissazione dell’udienza e preparare le memorie difensive.
Se si richiede la sospensione dell’esecutività, il giudice può valutare se bloccare la riscossione fino alla pronuncia definitiva.
6. Documenti necessari per impugnare
Documento | Finalità |
---|---|
Avviso di accertamento esecutivo | Atto da impugnare |
Prova della notifica (PEC, raccomandata, ecc.) | Calcolo del termine utile |
Copia di eventuali ricevute di pagamento | Prova di parziale estinzione del debito |
Estratto di ruolo (se già emesso) | Verifica correttezza dell’importo |
Documentazione fiscale o contabile | Prova a sostegno della contestazione |
7. Tabella riepilogativa
Aspetto | Dettaglio |
---|---|
Termine per il ricorso | 60 giorni dalla notifica |
Autorità competente | Corte di Giustizia Tributaria |
Conseguenze del mancato ricorso | Il debito diventa definitivo ed esecutivo |
Possibilità di sospensione | Sì, su richiesta nel ricorso |
Forma dell’opposizione | Ricorso scritto da presentare telematicamente |
8. Conclusione
Un avviso di accertamento esecutivo va impugnato entro 60 giorni dalla notifica, pena la sua definitività e l’avvio delle azioni esecutive da parte dell’ente creditore.
Agire con prontezza, raccogliere la documentazione necessaria e presentare un ricorso motivato è essenziale per tutelarsi. La difesa tempestiva è l’unico modo per evitare pignoramenti, ipoteche e blocchi patrimoniali derivanti da un atto divenuto definitivo per inerzia.
Dove si presenta il ricorso?
Il ricorso si presenta alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado, territorialmente competente in base al tuo domicilio fiscale. Il ricorso va redatto in forma scritta e depositato:
- Tramite il portale telematico giustiziatributaria.gov.it;
- Oppure tramite PEC se sei assistito da un difensore abilitato.
Per controversie di valore superiore a 3.000 euro, è obbligatoria l’assistenza tecnica di un avvocato o commercialista abilitato.
Cosa devo scrivere nel ricorso di un un avviso di accertamento esecutivo?
Se ricevi un avviso di accertamento esecutivo e vuoi opporti, puoi presentare un ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria). Il ricorso deve essere scritto con precisione, rispettando contenuti obbligatori e termini di legge. È un atto giuridico vero e proprio, e anche se puoi presentarlo personalmente, è fortemente consigliato farti assistere da un avvocato o da un professionista abilitato (commercialista, consulente del lavoro, ecc.), soprattutto se l’importo contestato è elevato o la questione è complessa.
Cosa deve contenere il ricorso contro un avviso di accertamento esecutivo
Un ricorso ben redatto deve includere i seguenti elementi fondamentali:
- Intestazione dell’atto
Scrivi in alto:
Ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di [nome della provincia o regione]
- Dati del ricorrente
Nome, cognome, codice fiscale, indirizzo di residenza o domicilio fiscale, recapiti e PEC (se disponibile).
Se sei rappresentato da un difensore, indica anche il suo nome, qualifica e procura alle liti.
- Dati dell’Amministrazione resistente
Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di [nome provincia], con l’indirizzo della sede competente.
- Oggetto del ricorso
“Ricorso avverso avviso di accertamento esecutivo n. [numero atto] notificato in data [giorno/mese/anno].”
- Premesse (Fatti e cronologia)
Spiega i fatti in modo chiaro e cronologico:
- Quando e come hai ricevuto l’avviso.
- Qual è l’importo contestato.
- A cosa si riferisce (es. IRPEF 2020, IVA, ecc.).
- Quali contestazioni fa l’Agenzia (ricavi non dichiarati, detrazioni negate, ecc.).
- Motivi di ricorso (le tue ragioni)
Questa è la parte più importante. Devi spiegare perché ritieni che l’avviso sia illegittimo o infondato.
I motivi possono essere, ad esempio:
- Infondatezza del credito tributario: hai pagato regolarmente, ma l’Agenzia ha commesso un errore.
- Errore di calcolo: gli importi riportati nell’avviso sono sbagliati.
- Prescrizione del debito: il Fisco ti chiede somme oltre i termini previsti dalla legge.
- Vizi di motivazione: l’avviso non spiega in modo chiaro perché ti viene richiesto un pagamento.
- Vizi di notifica: la notifica dell’atto non è stata eseguita correttamente.
- Spese non contestabili o detrazioni legittime: l’Agenzia ha escluso costi o detrazioni che invece erano pienamente documentati e legittimi.
In questa sezione è importante:
- citare la normativa violata,
- spiegare i motivi con chiarezza e ordine,
- allegare documenti a supporto, come fatture, estratti conto, dichiarazioni fiscali, ricevute, PEC, ecc.
- Richieste al giudice (Conclusioni)
Nel ricorso, devi scrivere in modo chiaro cosa chiedi alla Corte:
«Si chiede che, accertata l’illegittimità e/o l’infondatezza dell’avviso di accertamento impugnato, lo stesso venga annullato integralmente, con ogni conseguente statuizione di legge, comprese le spese di giudizio a carico dell’Agenzia delle Entrate.»
- Allegati
- Copia dell’avviso di accertamento esecutivo.
- Documenti fiscali, giustificativi, comunicazioni.
- Copia della ricevuta di notifica dell’atto.
- Procura, se presente.
- Ricevuta del versamento del contributo unificato tributario (obbligatorio per registrare il ricorso).
- Firma
Alla fine, il ricorso deve essere firmato da te (o dal tuo difensore, se nominato). Se firmi tu personalmente, non serve la procura.
Termini da rispettare
- Il ricorso va notificato entro 60 giorni dalla data di notifica dell’avviso di accertamento.
- Dopo la notifica all’Agenzia delle Entrate, deve essere depositato (anche via PEC o online tramite il portale SIGIT) entro 30 giorni presso la segreteria della Corte di Giustizia Tributaria.
In sintesi
Nel ricorso contro un avviso di accertamento esecutivo devi indicare: chi sei, contro chi ricorri, qual è l’atto impugnato, perché è sbagliato secondo te, quali norme sono state violate e cosa chiedi al giudice. Deve essere completo, motivato, documentato e rispettare forma e tempi. È un atto che può tutelarti da richieste fiscali illegittime, ma solo se è fatto bene. Agisci con attenzione.
Hai ricevuto un avviso di accertamento esecutivo? Fatti aiutare da Studio Monardo, gli avvocati esperti in avvisi esecutivi e cancellazione debiti
L’Avvocato Monardo è un professionista con ampia esperienza nella difesa dei contribuenti contro gli atti dell’Agenzia delle Entrate. È:
- Gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012);
- Iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia;
- Fiduciario di un OCC riconosciuto a livello nazionale;
- Esperto in ricorsi contro accertamenti fiscali, sospensione degli atti esecutivi e tutela patrimoniale.
Con il suo supporto puoi impugnare l’avviso in modo tempestivo, efficace e mirato, difenderti da richieste indebite e salvare il tuo patrimonio.
Hai ricevuto un avviso esecutivo? Agisci subito
Contatta l’Avvocato Monardo per una consulenza riservata. Presentare ricorso nei tempi giusti è fondamentale per evitare pignoramenti, blocchi dei conti correnti, ipoteche e altre azioni esecutive che possono compromettere seriamente la tua stabilità economica e quella della tua famiglia. Un semplice ritardo potrebbe portare a conseguenze gravi, anche se il debito contestato è inesistente, prescritto o frutto di un errore amministrativo.
Con il supporto di un professionista esperto, potrai analizzare attentamente il contenuto dell’avviso, verificare se sussistono vizi formali o sostanziali, predisporre un ricorso solido e completo, e chiedere eventualmente la sospensione dell’efficacia esecutiva dell’atto davanti al giudice. Potrai anche valutare la possibilità di accesso a strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento, se la tua situazione lo richiede.
Non aspettare: ogni giorno perso è un’opportunità in meno per difenderti. La legge ti offre strumenti concreti per tutelare i tuoi diritti, ma serve agire con tempestività e consapevolezza.
Qui di seguito tutti i contatti del nostro Studio Legale esperto in cancellazione debiti e ricorsi contro avvisi di accertamento: