Fallimento Ditta Individuale: Come Funziona E Difendersi

Gestire una ditta individuale comporta responsabilità importanti, soprattutto quando le entrate non coprono più le uscite. Le difficoltà economiche possono trasformarsi in situazioni critiche, fino ad arrivare al rischio di fallimento. Ma una ditta individuale può fallire davvero? E cosa comporta il fallimento per l’imprenditore? La risposta è sì, in determinati casi la legge prevede che anche l’imprenditore individuale possa essere sottoposto a una procedura fallimentare.

Questa possibilità, però, è regolata da criteri specifici: non tutte le ditte individuali possono essere dichiarate fallite. E soprattutto, non in tutte le situazioni è davvero inevitabile arrivare al fallimento. Esistono soluzioni preventive, difensive e di composizione della crisi che permettono di evitare il peggio.

In questo articolo vedremo quando scatta il fallimento per una ditta individuale, quali sono le conseguenze, come si può reagire, e quali strumenti legali esistono per difendersi o ripartire, anche grazie alle recenti norme del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019).

Ma andiamo ora ad approfondire con Studio Monardo, gli avvocati esperti in cancellazione debiti di ditte individuali:

Fallimento Ditta Individuale: Come Funziona E Come Difendersi Nei Dettagli

Il fallimento di una ditta individuale è un evento che coinvolge direttamente la persona fisica titolare dell’attività. Diversamente da una società di capitali, la ditta individuale non ha personalità giuridica distinta dal titolare, il che significa che tutti i debiti dell’impresa ricadono sul patrimonio personale dell’imprenditore. Tuttavia, la legge prevede criteri precisi per l’accesso al fallimento e numerosi strumenti di difesa per chi si trova in difficoltà.

Quando una Ditta Individuale può Fallire?

Secondo il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, una ditta individuale può essere dichiarata fallita solo se ricorrono determinate condizioni:

  • Superamento di almeno uno dei seguenti limiti dimensionali:
    • Ricavi lordi superiori a € 200.000 annui nei tre esercizi precedenti.
    • Attivo patrimoniale superiore a € 300.000.
    • Debiti superiori a € 500.000.
  • In stato di insolvenza attuale, cioè impossibilità di far fronte regolarmente ai debiti.
  • Con sede legale o operativa in Italia.

Se la ditta non supera questi limiti, non può essere dichiarata fallita, e l’imprenditore potrà accedere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, detta anche Legge Salva Debiti.

Chi può chiedere il Fallimento della Ditta Individuale?

  • Un creditore (banca, fornitore, Agenzia delle Entrate, INPS).
  • Il pubblico ministero.
  • Lo stesso imprenditore (autofallimento).

Il tribunale competente valuterà la sussistenza dei presupposti e, se li ritiene presenti, dichiarerà il fallimento con sentenza.

Cosa Succede Dopo la Sentenza di Fallimento

  1. Nomina del curatore: il giudice nomina un curatore fallimentare, che gestirà il patrimonio del fallito.
  2. Sospensione delle azioni individuali: i creditori non possono più agire singolarmente.
  3. Inventario dei beni: il curatore redige un elenco dei beni del fallito da liquidare.
  4. Accertamento del passivo: i creditori devono insinuarsi al passivo per essere ammessi alla procedura.
  5. Vendita dei beni: i beni del fallito vengono venduti e il ricavato usato per soddisfare i creditori.
  6. Esdebitazione: dopo la chiusura della procedura, l’imprenditore può chiedere l’esdebitazione, cioè la cancellazione dei debiti non soddisfatti.

Come Difendersi da una Richiesta di Fallimento

  1. Controllare i requisiti dimensionali
    • Se i limiti di legge non sono superati, si può contestare la legittimità della richiesta.
  2. Dimostrare la solvibilità attuale
    • Presentare prove di pagamenti regolari, accordi in corso, rateizzazioni attive.
  3. Presentare opposizione alla sentenza di fallimento
    • Entro 30 giorni dalla notifica della sentenza, si può impugnare la decisione in Corte d’Appello.
  4. Valutare il ricorso alla composizione negoziata o alla Legge Salva Debiti
    • Se non si rientra nei limiti fallimentari, è possibile chiedere l’accesso a procedure alternative, che bloccano i pignoramenti e permettono la gestione sostenibile del debito.
  5. Evitare trasferimenti sospetti di beni
    • Non cedere beni a parenti o amici in prossimità della procedura: possono essere revocati dal curatore.

Tabella Riepilogativa – Fallimento Ditta Individuale

CondizioneRequisito o Azione
Ricavi annui > € 200.000Requisito per fallibilità
Attivo > € 300.000Requisito per fallibilità
Debiti > € 500.000Requisito per fallibilità
Stato di insolvenzaPresupposto obbligatorio
Opposizione alla sentenzaEntro 30 giorni
Esdebitazione finaleDopo chiusura fallimento

Conclusione

Il fallimento di una ditta individuale è una procedura che coinvolge direttamente l’imprenditore come persona fisica, con il rischio di perdere i beni personali e subire restrizioni economiche. Tuttavia, non tutte le ditte possono essere dichiarate fallite, e la legge prevede strumenti di difesa concreti. Se si riceve un ricorso per fallimento o si è in difficoltà economica, agire tempestivamente con un avvocato è essenziale per tutelare il proprio patrimonio, valutare le vie alternative e, se possibile, uscire dal debito senza subire l’umiliazione della procedura fallimentare.

Una ditta individuale può fallire?

Sì, una ditta individuale può fallire, ma solo a determinate condizioni previste dalla legge. Il fallimento non è riservato esclusivamente alle società di capitali: anche un imprenditore individuale, cioè una persona fisica che esercita un’attività economica in forma non societaria, può essere sottoposto a procedura concorsuale. Tuttavia, affinché ciò accada, devono essere presenti specifici requisiti di legge. Non ogni debitore con partita IVA rischia il fallimento.

Cosa si intende per fallimento di una ditta individuale

Nel linguaggio tecnico-giuridico, il termine “fallimento” è stato sostituito dalla riforma con l’espressione “liquidazione giudiziale”, contenuta nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Ciò nonostante, nel linguaggio comune si continua a parlare di fallimento, anche per le imprese individuali.

Quando una ditta individuale fallisce, significa che un giudice ha accertato l’insolvenza dell’imprenditore, ovvero l’impossibilità di far fronte ai propri debiti con regolarità, e ha aperto una procedura che comporta:

  • la nomina di un curatore,
  • la spoliazione del patrimonio dell’imprenditore,
  • la vendita forzata dei beni per soddisfare i creditori,
  • e l’eventuale liquidazione della sua attività.

Quali sono le condizioni per far fallire una ditta individuale

Non basta essere una ditta individuale indebitata per fallire. Per poter avviare la procedura di liquidazione giudiziale, devono essere presenti tre condizioni fondamentali:

  1. Essere un imprenditore commerciale
    Il titolare della ditta deve esercitare un’attività commerciale in modo professionale, abituale e organizzato.
    Sono quindi esclusi:
    • i liberi professionisti (es. avvocati, medici, architetti),
    • gli agricoltori (salvo casi particolari),
    • i lavoratori autonomi non organizzati in forma d’impresa.
  2. Aver superato almeno uno dei seguenti limiti dimensionali nei tre esercizi precedenti o dall’inizio dell’attività se inferiore:
    • Attivo patrimoniale superiore a €300.000;
    • Ricavi lordi superiori a €200.000;
    • Debiti anche non scaduti superiori a €500.000.
  3. Trovarsi in stato di insolvenza
    L’imprenditore non riesce più a pagare regolarmente i propri debiti: protesti, scoperti bancari, decreti ingiuntivi, esecuzioni pendenti, segnalazioni nelle banche dati possono essere segnali evidenti di insolvenza.

Se tutte e tre le condizioni sono presenti, un creditore può presentare ricorso per la liquidazione giudiziale (ex fallimento) presso il tribunale competente.
Il tribunale può anche procedere d’ufficio o su istanza del pubblico ministero, se viene rilevata l’esistenza dell’insolvenza.

Cosa comporta il fallimento per l’imprenditore individuale

Il fallimento della ditta individuale colpisce direttamente il titolare, poiché non esiste distinzione tra il patrimonio dell’impresa e quello personale. Questo significa che:

  • Tutti i beni personali dell’imprenditore (conto corrente, casa, auto, ecc.) possono essere aggrediti dai creditori attraverso la procedura.
  • L’imprenditore non può continuare l’attività in autonomia, se non previa autorizzazione del giudice.
  • È prevista una restrizione dell’autonomia patrimoniale e contrattuale, e la sospensione di tutte le azioni esecutive individuali.

Come si chiude un fallimento e come si ottiene l’esdebitazione

Una volta completata la liquidazione e distribuito il ricavato ai creditori, l’imprenditore può accedere alla procedura di esdebitazione, cioè alla liberazione dai debiti non soddisfatti.
Questo consente al soggetto fallito di ricominciare da zero, a patto che:

  • abbia collaborato con il curatore,
  • non abbia commesso reati fallimentari,
  • non sia stato già esdebitato nei 5 anni precedenti.

E se non sussistono i requisiti per il fallimento?

Se la ditta individuale non raggiunge le soglie dimensionali, non può essere dichiarata fallita.
Tuttavia, i creditori possono comunque agire per il recupero forzato dei crediti, ad esempio:

  • con decreti ingiuntivi,
  • pignoramenti del conto corrente,
  • iscrizione di ipoteca,
  • esecuzioni mobiliari o immobiliari.

In alternativa, il titolare può accedere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, cioè un percorso giudiziale rivolto a chi è sovraindebitato ma non può fallire, e che consente anche l’esdebitazione del debitore incapiente, cioè la cancellazione totale dei debiti in assenza di beni da liquidare.

Conclusione

Una ditta individuale può fallire solo se esercita attività commerciale e supera specifiche soglie di volume economico.
Se viene dichiarata insolvente, può essere assoggettata a liquidazione giudiziale, con conseguenze pesanti anche sul patrimonio personale del titolare.
Chi invece non supera i requisiti per il fallimento, non è esente dai rischi: i creditori possono comunque agire con strumenti esecutivi tradizionali.
Agire tempestivamente, verificare la propria posizione e valutare strumenti alternativi come la composizione della crisi è spesso il modo più efficace per tutelarsi.

Chi può chiedere il fallimento di una ditta individuale?

Sì, una ditta individuale può fallire, ma solo a determinate condizioni previste dalla legge. Il fallimento non è riservato esclusivamente alle società di capitali: anche un imprenditore individuale, cioè una persona fisica che esercita un’attività economica in forma non societaria, può essere sottoposto a procedura concorsuale. Tuttavia, affinché ciò accada, devono essere presenti specifici requisiti di legge. Non ogni debitore con partita IVA rischia il fallimento.

Cosa si intende per fallimento di una ditta individuale

Nel linguaggio tecnico-giuridico, il termine “fallimento” è stato sostituito dalla riforma con l’espressione “liquidazione giudiziale”, contenuta nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
Ciò nonostante, nel linguaggio comune si continua a parlare di fallimento, anche per le imprese individuali.

Quando una ditta individuale fallisce, significa che un giudice ha accertato l’insolvenza dell’imprenditore, ovvero l’impossibilità di far fronte ai propri debiti con regolarità, e ha aperto una procedura che comporta:

  • la nomina di un curatore,
  • la spoliazione del patrimonio dell’imprenditore,
  • la vendita forzata dei beni per soddisfare i creditori,
  • e l’eventuale liquidazione della sua attività.

Quali sono le condizioni per far fallire una ditta individuale

Non basta essere una ditta individuale indebitata per fallire. Per poter avviare la procedura di liquidazione giudiziale, devono essere presenti tre condizioni fondamentali:

  1. Essere un imprenditore commerciale
    Il titolare della ditta deve esercitare un’attività commerciale in modo professionale, abituale e organizzato.
    Sono quindi esclusi:
    • i liberi professionisti (es. avvocati, medici, architetti),
    • gli agricoltori (salvo casi particolari),
    • i lavoratori autonomi non organizzati in forma d’impresa.
  2. Aver superato almeno uno dei seguenti limiti dimensionali nei tre esercizi precedenti o dall’inizio dell’attività se inferiore:
    • Attivo patrimoniale superiore a €300.000;
    • Ricavi lordi superiori a €200.000;
    • Debiti anche non scaduti superiori a €500.000.
  3. Trovarsi in stato di insolvenza
    L’imprenditore non riesce più a pagare regolarmente i propri debiti: protesti, scoperti bancari, decreti ingiuntivi, esecuzioni pendenti, segnalazioni nelle banche dati possono essere segnali evidenti di insolvenza.

Se tutte e tre le condizioni sono presenti, un creditore può presentare ricorso per la liquidazione giudiziale (ex fallimento) presso il tribunale competente.
Il tribunale può anche procedere d’ufficio o su istanza del pubblico ministero, se viene rilevata l’esistenza dell’insolvenza.

Cosa comporta il fallimento per l’imprenditore individuale

Il fallimento della ditta individuale colpisce direttamente il titolare, poiché non esiste distinzione tra il patrimonio dell’impresa e quello personale. Questo significa che:

  • Tutti i beni personali dell’imprenditore (conto corrente, casa, auto, ecc.) possono essere aggrediti dai creditori attraverso la procedura.
  • L’imprenditore non può continuare l’attività in autonomia, se non previa autorizzazione del giudice.
  • È prevista una restrizione dell’autonomia patrimoniale e contrattuale, e la sospensione di tutte le azioni esecutive individuali.

Come si chiude un fallimento e come si ottiene l’esdebitazione

Una volta completata la liquidazione e distribuito il ricavato ai creditori, l’imprenditore può accedere alla procedura di esdebitazione, cioè alla liberazione dai debiti non soddisfatti.
Questo consente al soggetto fallito di ricominciare da zero, a patto che:

  • abbia collaborato con il curatore,
  • non abbia commesso reati fallimentari,
  • non sia stato già esdebitato nei 5 anni precedenti.

E se non sussistono i requisiti per il fallimento?

Se la ditta individuale non raggiunge le soglie dimensionali, non può essere dichiarata fallita.
Tuttavia, i creditori possono comunque agire per il recupero forzato dei crediti, ad esempio:

  • con decreti ingiuntivi,
  • pignoramenti del conto corrente,
  • iscrizione di ipoteca,
  • esecuzioni mobiliari o immobiliari.

In alternativa, il titolare può accedere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, cioè un percorso giudiziale rivolto a chi è sovraindebitato ma non può fallire, e che consente anche l’esdebitazione del debitore incapiente, cioè la cancellazione totale dei debiti in assenza di beni da liquidare.

Conclusione

Una ditta individuale può fallire solo se esercita attività commerciale e supera specifiche soglie di volume economico.
Se viene dichiarata insolvente, può essere assoggettata a liquidazione giudiziale, con conseguenze pesanti anche sul patrimonio personale del titolare.
Chi invece non supera i requisiti per il fallimento, non è esente dai rischi: i creditori possono comunque agire con strumenti esecutivi tradizionali.
Agire tempestivamente, verificare la propria posizione e valutare strumenti alternativi come la composizione della crisi è spesso il modo più efficace per tutelarsi.

Cosa succede dopo la dichiarazione di fallimento di una ditta individuale?

Cosa Succede Dopo la Dichiarazione di Fallimento di una Ditta Individuale?

La dichiarazione di fallimento di una ditta individuale è un atto giurisdizionale che segna l’inizio di una procedura complessa e articolata, con effetti diretti sul patrimonio e sulla vita personale dell’imprenditore. A differenza delle società, la ditta individuale non ha autonomia giuridica, quindi il fallimento coinvolge il titolare in prima persona, con implicazioni su beni personali, rapporti bancari e credibilità finanziaria.

Effetti Immediati della Sentenza di Fallimento

  1. Sospensione delle azioni esecutive individuali
    • Dal giorno della sentenza, nessun creditore può avviare o proseguire un pignoramento individuale.
    • Tutti i creditori devono rivolgersi al tribunale fallimentare, insinuandosi al passivo.
  2. Nomina del curatore fallimentare
    • Il giudice delegato nomina un curatore, che sostituisce l’imprenditore nella gestione del patrimonio e rappresenta la massa dei creditori.
  3. Deposito dell’inventario
    • Il curatore compila un inventario dettagliato di tutti i beni appartenenti all’imprenditore, compresi conti correnti, immobili, automezzi, quote, arredi e merce.
  4. Blocco della disponibilità patrimoniale
    • L’imprenditore perde la disponibilità di tutti i beni, che diventano parte della massa fallimentare.
    • Anche beni intestati a terzi possono essere oggetto di revocatoria se donati o ceduti prima del fallimento.
  5. Revoca delle deleghe bancarie e accessi ai conti
    • I conti correnti vengono bloccati e le deleghe sospese.
    • Il curatore può accedere ai saldi e ordinare operazioni per la massa.

Fasi Successive della Procedura Fallimentare

  1. Pubblicazione della sentenza ed effetti verso terzi
    • La sentenza viene pubblicata sul registro delle imprese e notificata ai creditori principali.
    • Ha effetto verso tutti e può essere consultata pubblicamente.
  2. Accertamento del passivo
    • I creditori hanno un termine (in genere 30-60 giorni) per presentare domanda di ammissione al passivo.
    • Il giudice esamina ogni domanda e forma lo stato passivo, cioè l’elenco ufficiale dei debiti accertati.
  3. Liquidazione dei beni
    • Il curatore procede alla vendita dei beni del fallito (immobili, merci, veicoli, crediti, rimanenze).
    • I ricavi vengono utilizzati per pagare i creditori secondo un ordine di priorità stabilito dalla legge.
  4. Relazioni periodiche e rapporto finale
    • Il curatore deposita relazioni periodiche sullo stato della procedura, consultabili dalle parti.
    • Alla fine, presenta il rendiconto finale e richiede la chiusura del fallimento.
  5. Esdebitazione
    • L’imprenditore fallito può chiedere l’esdebitazione, cioè la cancellazione dei debiti non soddisfatti.
    • Se concessa, consente una ripartenza pulita dopo la chiusura della procedura.

Tabella Riepilogativa – Cosa Succede Dopo il Fallimento

EventoConseguenza Diretta
Nomina del curatoreL’imprenditore perde la gestione del patrimonio
Sospensione esecuzioniI creditori non possono agire individualmente
Blocco dei contiSolo il curatore può movimentare i fondi
Inventario dei beniTutto il patrimonio viene censito e destinato alla massa
Domanda dei creditoriDevono insinuarsi al passivo entro i termini
LiquidazioneI beni vengono venduti per soddisfare i creditori
Esdebitazione finaleIl debitore viene liberato dai debiti residui

Conclusione

La dichiarazione di fallimento di una ditta individuale non è la fine della vita economica dell’imprenditore, ma l’inizio di una procedura che, se ben gestita, può portare alla liberazione definitiva dai debiti. È fondamentale comprendere i passaggi successivi alla sentenza e agire con trasparenza, collaborazione e rapidità, per evitare sanzioni, contestazioni o esclusioni dai benefici come l’esdebitazione. Con l’assistenza di un legale e un dialogo costante con il curatore, è possibile affrontare il percorso fallimentare in modo ordinato e con l’obiettivo di ricominciare senza debiti una volta concluso il procedimento.

Come ci si difende dal fallimento di una ditta individuale?

Quando una ditta individuale entra in difficoltà economica e i creditori chiedono il fallimento, è fondamentale sapere che esistono strumenti legali per difendersi e, in molti casi, evitare la dichiarazione di fallimento. La ditta individuale, non essendo una persona giuridica autonoma, espone direttamente il patrimonio dell’imprenditore, ma allo stesso tempo può accedere a forme di tutela previste dalla legge, purché si agisca tempestivamente e con le giuste argomentazioni.

Difendersi Verificando i Requisiti per il Fallimento

Il fallimento di una ditta individuale può essere dichiarato solo se sussistono i seguenti requisiti dimensionali:

  • Ricavi lordi superiori a 200.000 euro annui nei tre esercizi precedenti.
  • Attivo patrimoniale superiore a 300.000 euro.
  • Debiti complessivi superiori a 500.000 euro.

Se anche uno solo di questi limiti non è superato, il fallimento non può essere dichiarato. Pertanto, la prima linea di difesa consiste nel fornire prova documentale (bilanci, contabilità, dichiarazioni fiscali) che dimostri il mancato superamento dei requisiti.

Contestare l’Esistenza dello Stato di Insolvenza

Oltre ai requisiti dimensionali, il tribunale deve accertare lo stato di insolvenza attuale, cioè l’impossibilità concreta e persistente di onorare i debiti.

Per difendersi è possibile:

  • Dimostrare di essere in grado di onorare gli impegni finanziari (es. pagamenti in corso, accordi con creditori, rateizzazioni attive).
  • Presentare prove di liquidità disponibile, fatture in entrata, prestiti già approvati o in corso di erogazione.

Se non esiste un’effettiva insolvenza, il giudice non può accogliere l’istanza di fallimento.

Impugnare la Sentenza di Fallimento

Se il tribunale ha già emesso la sentenza di fallimento, è possibile:

  • Presentare opposizione o reclamo alla Corte d’Appello entro 30 giorni dalla notifica.
  • Sospendere l’efficacia della sentenza se sussistono fondati motivi di annullamento (es. assenza dei requisiti o notifica irregolare).

Avviare una Procedura Alternativa: Sovraindebitamento

Se l’imprenditore non è soggetto a fallimento per limiti dimensionali, può avviare una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento.

Questa procedura:

  • Blocca i pignoramenti e le azioni esecutive.
  • Permette di proporre un piano di ristrutturazione del debito sostenibile.
  • Può portare, in alcuni casi, all’esdebitazione anche senza pagamento, se si dimostra incapacità economica.

Evitare Atti Prejudizievoli e Collaborare con i Creditori

Un altro modo per prevenire la dichiarazione di fallimento è agire in modo ordinato e trasparente:

  • Non compiere atti di frode o sottrazione di beni.
  • Non svendere il patrimonio in modo anomalo.
  • Collaborare con i creditori per trovare soluzioni di saldo e stralcio, piani di rientro, transazioni.

Queste condotte possono rafforzare la posizione del debitore davanti al giudice e rendere più probabile l’esclusione dal fallimento.

Tabella Riepilogativa – Difese Contro il Fallimento della Ditta Individuale

SituazioneDifesa Possibile
Limiti dimensionali non superatiProdurre bilanci e dichiarazioni fiscali
Presunta insolvenzaDimostrare pagamenti e liquidità
Sentenza già emessaImpugnare in Corte d’Appello entro 30 giorni
Ditta non fallibileAvviare procedura di sovraindebitamento
Pressione dei creditoriAvviare trattative e transazioni

Conclusione

Il fallimento della ditta individuale non è automatico né inevitabile. La legge prevede condizioni precise e offre strumenti alternativi e vie di uscita, purché si intervenga in modo tempestivo e con strategia. Una difesa efficace richiede analisi documentale, collaborazione con professionisti qualificati e piena consapevolezza dei propri diritti e obblighi. In molti casi, è possibile evitare la procedura fallimentare, proteggere il patrimonio e riprendere l’attività in modo regolare. Agire subito è la migliore forma di difesa.

La Legge Salva Debiti può aiutare una ditta individuale che non riesce a pagare i suoi debiti? e Come?

La Legge Salva Debiti può aiutare una Ditta Individuale che non riesce a pagare i suoi Debiti? E Come?

Sì, la Legge Salva Debiti, ovvero la disciplina del sovraindebitamento contenuta nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, può offrire una soluzione concreta e legale a una ditta individuale non fallibile che non riesce più a far fronte ai propri debiti. Si tratta di un insieme di strumenti destinati a persone fisiche e soggetti economici che, pur non superando i limiti per il fallimento, si trovano in uno stato di crisi o insolvenza.

Chi può accedere alla Legge Salva Debiti

Una ditta individuale può accedere alla procedura di sovraindebitamento se:

  • Non supera i requisiti dimensionali del fallimento, ossia:
    • Ricavi annui inferiori a € 200.000,
    • Attivo patrimoniale inferiore a € 300.000,
    • Debiti complessivi inferiori a € 500.000.
  • Si trova in uno stato di sovraindebitamento, ovvero ha debiti non sostenibili rispetto a redditi, beni e attività presenti o prevedibili.

Come funziona l’accesso alla Legge Salva Debiti

  1. Rivolgersi a un OCC (Organismo di Composizione della Crisi)
    • Il titolare della ditta presenta istanza presso un OCC territorialmente competente, che nomina un gestore della crisi.
  2. Predisposizione del piano
    • Insieme al gestore, si analizza la situazione economica e si elabora un piano sostenibile per la ristrutturazione o liquidazione del debito.
  3. Deposito al tribunale
    • Il piano viene depositato al tribunale, che ne valuta l’ammissibilità e può sospendere le azioni esecutive in corso.
  4. Omologazione e avvio del piano
    • Il giudice omologa il piano, che diventa vincolante per tutti i creditori.
    • Il debitore comincia ad eseguire quanto previsto (pagamento rateale, saldo parziale, liquidazione beni).
  5. Esdebitazione
    • Al termine della procedura, anche se il debito non è stato pagato interamente, la ditta (cioè il titolare) può ottenere l’esdebitazione, cioè la liberazione legale dai debiti residui.

Quali Strumenti Sono Previsti per la Ditta Individuale

  1. Concordato Minore
    • È il principale strumento per chi svolge attività d’impresa o professionale.
    • Consente di proporre ai creditori un accordo che prevede il pagamento parziale dei debiti in base alla reale disponibilità.
    • Serve l’approvazione della maggioranza dei creditori.
  2. Liquidazione Controllata del Patrimonio
    • Il debitore mette a disposizione il proprio patrimonio per soddisfare i creditori.
    • Al termine, anche se i creditori non sono stati pagati interamente, si può ottenere l’esdebitazione automatica.
  3. Piano del Consumatore (in casi misti)
    • È riservato a debiti contratti per scopi non professionali, ma può essere usato in parte dai titolari di ditte individuali per porzioni di debiti personali.
  4. Esdebitazione del debitore incapiente
    • Se la ditta è cessata e il titolare non ha alcun bene né reddito, può chiedere l’esdebitazione senza pagare nulla.

Tabella Riepilogativa – Come Aiuta la Legge Salva Debiti

StrumentoA chi è rivoltoCaratteristiche principaliEsito finale
Concordato minoreDitta individuale attivaPagamento parziale con accordoEsdebitazione
Liquidazione controllataDitta attiva o cessataLiquidazione beni e chiusura debitiEsdebitazione
Piano del consumatoreDebiti personali del titolarePiano su misura omologato dal giudiceEsdebitazione
Esdebitazione incapienteTitolare senza beni o redditoCancellazione integrale senza pagamentoEsdebitazione

Conclusione

La Legge Salva Debiti rappresenta una via legale, concreta e strutturata per consentire a una ditta individuale in difficoltà di interrompere il circolo vizioso del debito e ricominciare da zero. A differenza del fallimento, non implica lo stigma giudiziario né la perdita automatica di tutti i beni. Con il supporto di un OCC o di un avvocato esperto in crisi d’impresa, è possibile bloccare pignoramenti, ridurre o annullare i debiti e ottenere l’esdebitazione, anche in tempi relativamente brevi. Agire per tempo fa la differenza.

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  • Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, con un ruolo chiave nell’assistenza a imprenditori individuali e cittadini in difficoltà economica, è regolarmente iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia, requisito che certifica la sua abilitazione ufficiale a operare all’interno delle procedure di composizione della crisi previste dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.
  • Fiduciario di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi) svolge un ruolo operativo determinante nel coordinare le attività necessarie alla presa in carico delle pratiche di sovraindebitamento, curando l’interazione tra debitori, creditori e giudice.
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  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
  2. Consulenza fisica: è sempre a pagamento, incluso il primo consulto, il cui costo parte da 500€ + IVA, da saldare anticipatamente. Questo tipo di consulenza si svolge tramite appuntamento presso sedi fisiche specifiche in Italia dedicate alla consulenza iniziale o successiva (quali azienda del cliente, ufficio del cliente, domicilio del cliente, studi locali in partnership, uffici temporanei). Anche in questo caso, sono previste comunicazioni successive tramite e-mail o posta elettronica certificata.

La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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