Conto Corrente Bloccato Da Agenzia Entrate Riscossione: Come Sbloccare Con L’Avvocato

Ricevere un blocco del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione è un evento che può destabilizzare chiunque. Non poter accedere ai propri fondi per pagare l’affitto, le bollette o persino la spesa quotidiana può generare forte stress e ansia. Ma cosa si può fare in questi casi? Esistono soluzioni legali per sbloccare il conto e recuperare l’accesso ai propri soldi?

Quando l’Agenzia delle Entrate-Riscossione blocca un conto corrente, lo fa per recuperare un credito nei confronti del contribuente. Tuttavia, non sempre il blocco è legittimo e, in molti casi, ci sono modi per contrastarlo o ridurne gli effetti. Il supporto di un avvocato esperto in diritto bancario e tributario può essere determinante per sbloccare la situazione e impedire che il debitore resti senza risorse economiche.

In questo articolo spiegheremo come avviene il blocco del conto, quali sono i passi da seguire per sbloccarlo e quali soluzioni legali esistono per difendersi. Analizzeremo inoltre i riferimenti normativi aggiornati al 2025 e illustreremo strategie concrete con esempi pratici di chi è riuscito a risolvere il problema grazie all’assistenza di un avvocato.

Ma andiamo ora ad approfondire con Studio Monardo, i legali esperti nel cancellare i debiti con l’Agenzia Entrate Riscossione:

Perché l’Agenzia delle Entrate-Riscossione blocca un conto corrente? Tutti i motivi

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER) può bloccare un conto corrente come misura di recupero forzato di crediti fiscali o contributivi non pagati. Il blocco avviene tramite un pignoramento presso terzi, che impone alla banca di congelare le somme presenti sul conto del debitore fino a concorrenza del debito. Questa misura viene attuata solo dopo che il contribuente ha ricevuto le dovute comunicazioni e ha ignorato le richieste di pagamento.

1. Mancato pagamento di cartelle esattoriali

Il motivo più comune per cui l’AdER blocca un conto corrente è il mancato pagamento di cartelle esattoriali relative a:

  • Tasse e imposte non pagate (IRPEF, IVA, IRES, IMU, TARI).
  • Contributi previdenziali INPS e INAIL.
  • Multe stradali e sanzioni amministrative.
  • Bollo auto non versato.

Dopo l’emissione della cartella esattoriale, il contribuente ha 60 giorni di tempo per pagare o presentare un ricorso. Se non agisce, l’AdER può avviare il blocco del conto corrente senza bisogno di ulteriori avvisi.

2. Mancata risposta a un’intimazione di pagamento

Se la cartella esattoriale non viene pagata entro 60 giorni, l’AdER può inviare un’intimazione di pagamento, concedendo 5 giorni per saldare il debito prima di avviare il pignoramento.
Se il contribuente ignora l’intimazione, l’AdER può agire direttamente sul conto corrente senza bisogno di un ulteriore provvedimento giudiziario.

3. Procedura di pignoramento del conto corrente

Quando l’AdER decide di bloccare un conto corrente, notifica un atto di pignoramento presso terzi alla banca. Questo atto impone alla banca di:

  • Congelare le somme disponibili fino a concorrenza del debito.
  • Informare il contribuente dell’avvenuto pignoramento.
  • Trattenere i futuri accrediti che arrivano sul conto, se necessario.

Se il contribuente non paga entro 60 giorni dalla notifica, le somme vengono trasferite all’AdER per soddisfare il debito.

4. Esistenza di accertamenti esecutivi

Dal 2020, con l’introduzione degli accertamenti esecutivi, l’Agenzia delle Entrate può richiedere direttamente il pagamento di un debito fiscale senza passare dalla cartella esattoriale. Se il contribuente non paga entro i termini stabiliti, il debito diventa automaticamente esecutivo e l’AdER può bloccare il conto senza ulteriori passaggi burocratici.

5. Sospetta evasione fiscale o frode

In alcuni casi, l’AdER può bloccare un conto corrente nell’ambito di un’indagine per evasione fiscale, soprattutto se ci sono forti indizi che il contribuente stia occultando denaro per evitare il pagamento delle imposte. Questa misura è più rara e richiede un’ordinanza del tribunale o un intervento della Guardia di Finanza.

6. Verifica di disponibilità di beni per il pignoramento

Se il contribuente ha altri beni pignorabili (ad esempio immobili o stipendi), l’AdER potrebbe iniziare il recupero da questi. Tuttavia, se le altre forme di recupero non sono sufficienti o non disponibili, il pignoramento del conto corrente diventa la soluzione più immediata.

7. Mancato rispetto di un piano di rateizzazione

Se il contribuente ha ottenuto una rateizzazione del debito ma non ha pagato le rate previste, l’AdER può revocare il piano e avviare immediatamente il pignoramento del conto.

Cosa fare se il conto viene bloccato?

Se l’AdER blocca un conto corrente, è possibile:

  • Pagare il debito entro 60 giorni per sbloccare il conto prima che le somme vengano prelevate.
  • Presentare un’istanza di rateizzazione per sospendere l’azione esecutiva.
  • Opporsi al pignoramento se il debito è prescritto, già pagato o affetto da vizi formali.
  • Chiedere la sospensione del debito in caso di gravi difficoltà economiche o errori dell’AdER.

In conclusione l’AdER blocca un conto corrente principalmente per recuperare tributi e contributi non pagati, dopo aver inviato cartelle esattoriali e intimazioni di pagamento. Il contribuente può evitare il blocco pagando, rateizzando il debito o contestando eventuali irregolarità. Se il conto è già stato pignorato, è fondamentale agire rapidamente entro 60 giorni per cercare di sbloccarlo prima che le somme vengano prelevate.

Quali somme non possono essere pignorate dall’Agenzia Entrate Riscossione?

Quali somme non possono essere pignorate dall’Agenzia Entrate Riscossione?

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha il potere di pignorare conti correnti, stipendi e pensioni per recuperare crediti fiscali, ma esistono precise limitazioni stabilite dalla legge. Ecco le principali somme che non possono essere pignorate.

1. Sussidi e prestazioni assistenziali impignorabili

Alcuni importi sono totalmente esclusi dal pignoramento, tra cui:

  • Assegno sociale
  • Indennità di accompagnamento per invalidi civili
  • Pensioni di invalidità
  • Reddito di Cittadinanza e altre misure di sostegno al reddito

Questi importi, destinati a garantire la sopravvivenza del debitore, non possono essere toccati neanche dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

2. Pensioni e stipendi: limiti al pignoramento

La legge prevede specifici limiti al pignoramento di pensioni e stipendi:

  • Se il pignoramento avviene alla fonte (presso INPS o datore di lavoro): il massimo prelevabile è un quinto dell’importo netto percepito.
  • Se il pignoramento avviene su conto corrente: la somma equivalente a una volta e mezza l’assegno sociale (circa 750 euro nel 2024) è impignorabile.
  • Per pensioni già accreditate sul conto: solo l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale (circa 1.500 euro nel 2024) può essere pignorato.

3. Conti correnti con giacenza minima

Se il conto corrente del debitore contiene solo somme inferiori a una volta e mezza l’assegno sociale, il pignoramento non può essere effettuato.

4. Fondi vincolati e somme a destinazione specifica

Alcuni importi destinati a scopi specifici non possono essere pignorati, come:

  • Depositi cauzionali per affitti
  • Fondi destinati a pagamento di tasse e tributi
  • Indennità di maternità e sussidi per famiglie

5. Limiti per il pignoramento della prima casa

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può pignorare la prima casa del debitore, a patto che:

  • Sia l’unico immobile di proprietà
  • Sia adibita a residenza principale
  • Non sia di lusso (categoria catastale A/8 o A/9)

6. Pignoramento parziale dei beni aziendali

Per le imprese, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può pignorare macchinari e beni strumentali, ma deve garantire che l’attività possa continuare a operare, evitando il blocco totale dell’attività economica.

In conclusione, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha poteri di riscossione diretta, ma la legge tutela alcune somme per garantire la dignità del debitore. In caso di pignoramento, è utile verificare la legittimità dell’azione e, se necessario, rivolgersi a un professionista per valutare strategie di difesa e rateizzazione del debito.

Come si può sbloccare un conto corrente pignorato dal Fisco con l’Avvocato?

Il pignoramento del conto corrente da parte del Fisco è una delle misure più severe che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può adottare per recuperare i crediti fiscali non pagati. Questa procedura impedisce al debitore di accedere ai propri fondi, con conseguenze immediate sulla gestione delle spese quotidiane e delle obbligazioni finanziarie. Tuttavia, esistono diversi strumenti legali per sbloccare un conto corrente pignorato dal Fisco, e il successo di queste azioni dipende dalla tempestività con cui si interviene e dalla specifica situazione del debitore.

Il primo passo fondamentale è verificare la legittimità del pignoramento. È necessario controllare la documentazione relativa al debito fiscale e accertarsi che l’Agenzia delle Entrate abbia seguito correttamente la procedura prevista dalla legge. Se il pignoramento è stato eseguito senza una regolare notifica della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, il debitore può impugnare l’atto e chiedere l’annullamento dell’esecuzione. In questi casi, è possibile presentare un’opposizione all’esecuzione davanti al giudice tributario o al tribunale civile, a seconda della natura del credito contestato.

Un’altra possibilità per ottenere lo sblocco del conto corrente è richiedere la rateizzazione del debito fiscale. L’Agenzia delle Entrate permette ai contribuenti di dilazionare il pagamento delle somme dovute fino a un massimo di 72 rate mensili (6 anni), estendibili fino a 120 rate (10 anni) in caso di grave difficoltà economica. Se la richiesta di rateizzazione viene accolta, il pignoramento viene sospeso e il conto corrente viene sbloccato, consentendo al debitore di accedere nuovamente alle proprie risorse finanziarie. La domanda di rateizzazione deve essere presentata prima che le somme vengano definitivamente trasferite al Fisco, quindi è essenziale agire tempestivamente per evitare la perdita totale delle liquidità presenti sul conto.

Se il pignoramento è stato eseguito su un conto corrente che contiene solo stipendio o pensione, esistono specifiche tutele che permettono di ottenere lo sblocco delle somme impignorabili. Secondo la legge, se lo stipendio o la pensione sono già stati accreditati sul conto prima del pignoramento, è possibile prelevare fino a un importo pari al triplo dell’assegno sociale (circa 1.500 euro nel 2024). Se lo stipendio o la pensione vengono accreditati dopo il pignoramento, si applica la regola generale che limita il prelievo forzoso al massimo del 20% della somma netta. Se la banca non ha applicato correttamente questi limiti, il debitore può presentare un’istanza al giudice per chiedere lo sblocco della parte di denaro che rientra nelle soglie di impignorabilità.

Se il debito fiscale è contestabile, il debitore può presentare ricorso contro la cartella esattoriale o l’intimazione di pagamento, e in alcuni casi ottenere la sospensione dell’esecuzione. Il ricorso deve essere presentato alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla notifica della cartella, e se viene accolta una richiesta di sospensione cautelare, il pignoramento del conto corrente può essere temporaneamente bloccato fino alla decisione finale del giudice. Questa strategia è utile quando vi sono fondati motivi per ritenere che il debito fiscale sia errato o illegittimo.

Se il debitore si trova in una condizione di grave difficoltà economica, può valutare l’accesso alle procedure di sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi d’Impresa. Attraverso il Piano del Consumatore o l’Accordo di Composizione della Crisi, il debitore può ottenere la sospensione delle azioni esecutive e la ristrutturazione del debito in modo sostenibile. Una volta accettata la richiesta da parte del tribunale, il pignoramento del conto corrente viene bloccato e il debitore può riprendere il controllo delle proprie risorse finanziarie. Questa soluzione è particolarmente efficace per chi ha accumulato più debiti e non riesce a farvi fronte con il proprio reddito attuale.

Un’ulteriore strategia per sbloccare il conto corrente pignorato dal Fisco è il saldo e stralcio, ovvero un accordo con l’Agenzia delle Entrate per il pagamento immediato di una somma inferiore rispetto al debito totale. Questa soluzione è applicabile solo in casi specifici, come nei piani di definizione agevolata previsti dallo Stato per il recupero di crediti fiscali. Se il debitore riesce a ottenere un accordo con il Fisco, il pignoramento viene revocato e il conto corrente può essere nuovamente utilizzato.

Se il pignoramento riguarda un conto cointestato, è importante sapere che l’Agenzia delle Entrate può aggredire solo la parte del saldo attribuibile al debitore. Se il conto è intestato a più persone, la legge presume una divisione equa delle somme, salvo prova contraria. Se l’altro cointestatario può dimostrare che i fondi presenti sul conto provengono esclusivamente dai suoi redditi, può richiedere lo sblocco della propria quota.

Un aspetto cruciale è il momento in cui il Fisco effettua il prelievo forzoso delle somme pignorate. Dopo la notifica del pignoramento alla banca, il debitore ha 60 giorni di tempo prima che l’Agenzia delle Entrate proceda con il prelievo definitivo delle somme bloccate. Durante questo periodo, è possibile presentare una richiesta di rateizzazione, un’istanza di sospensione o un’opposizione legale per cercare di evitare il trasferimento del denaro al Fisco.

Se il pignoramento è già stato eseguito e il denaro è stato trasferito all’Agenzia delle Entrate, il debitore può ancora tentare di recuperarlo presentando un’istanza di rimborso, ma solo nel caso in cui il pagamento sia stato effettuato erroneamente o l’importo prelevato sia superiore a quello effettivamente dovuto. Questa procedura, tuttavia, è complessa e richiede un’attenta analisi della documentazione fiscale e bancaria per dimostrare l’irregolarità del prelievo.

L’assistenza di un avvocato esperto in diritto tributario ed esecuzioni forzate può fare la differenza nel riuscire a sbloccare il conto corrente pignorato. Un legale può valutare la strategia più adatta, presentare le necessarie istanze al tribunale e negoziare con l’Agenzia delle Entrate per trovare una soluzione che consenta al debitore di recuperare almeno una parte delle somme bloccate. Agire tempestivamente è essenziale per aumentare le possibilità di successo e ridurre il rischio di perdere definitivamente il denaro presente sul conto.

Il pignoramento del conto corrente da parte del Fisco non è sempre irreversibile e ci sono diverse strade per ottenere lo sblocco delle somme. Rateizzazione del debito, opposizione al pignoramento, sospensione delle esecuzioni tramite le procedure di sovraindebitamento, richiesta di sblocco delle somme impignorabili e trattative per il saldo e stralcio sono tutte opzioni valide per evitare il prelievo forzoso e riprendere il controllo delle proprie risorse economiche. La chiave per risolvere il problema è agire in fretta, con il supporto di un esperto, per individuare la soluzione più efficace e tutelare il proprio patrimonio.

Perché affidarti ad un avvocato quando hai il conto corrente pignoramento dall’ex Equitalia spiegato nei dettagli

Affidarsi a un avvocato quando il conto corrente è stato pignorato dall’ex Equitalia (ora Agenzia delle Entrate-Riscossione) è una scelta essenziale per difendersi in modo efficace e tentare di sbloccare il denaro sequestrato. Il pignoramento del conto corrente è una delle azioni esecutive più rapide e incisive che il Fisco può adottare per recuperare crediti fiscali non pagati, impedendo al debitore di accedere ai propri fondi e mettendolo in una condizione di forte difficoltà economica. Un avvocato esperto in diritto tributario ed esecuzioni forzate può aiutarti a valutare tutte le strategie legali disponibili per proteggere il tuo patrimonio e riprendere il controllo della tua situazione finanziaria.

Il primo motivo per cui è fondamentale affidarsi a un avvocato è la necessità di verificare la legittimità del pignoramento. Non tutti i pignoramenti eseguiti dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione sono validi, e in molti casi possono esserci vizi procedurali che permettono di impugnare l’atto e chiederne l’annullamento. L’avvocato analizza la documentazione ricevuta e verifica se la cartella esattoriale o l’intimazione di pagamento siano state notificate correttamente. Se emergono irregolarità nella procedura, è possibile presentare un’opposizione all’esecuzione per far dichiarare nullo il pignoramento e ottenere lo sblocco del conto corrente.

Un altro aspetto cruciale che solo un avvocato può gestire in modo efficace è l’individuazione delle somme impignorabili. Secondo la legge, alcune somme presenti sul conto corrente non possono essere sottoposte a pignoramento, come lo stipendio o la pensione fino a una determinata soglia. Se il Fisco ha bloccato somme che rientrano nei limiti di impignorabilità, l’avvocato può presentare un’istanza al giudice per ottenere lo sblocco immediato delle somme necessarie alla sopravvivenza del debitore. Questo passaggio è particolarmente importante per chi vive di reddito fisso e si trova impossibilitato a pagare affitto, bollette o altre spese essenziali.

Affidarsi a un avvocato è indispensabile anche per richiedere la rateizzazione del debito e ottenere la sospensione dell’esecuzione. L’Agenzia delle Entrate consente ai contribuenti di rateizzare il pagamento delle somme dovute fino a 72 rate mensili, e in casi di grave difficoltà economica fino a 120 rate (10 anni). Tuttavia, la procedura per ottenere la rateizzazione deve essere svolta correttamente e in tempi rapidi, perché se il pignoramento è già stato avviato, bisogna agire prima che le somme vengano definitivamente trasferite al Fisco. Un avvocato sa come presentare la richiesta nel modo più efficace, massimizzando le possibilità di successo e garantendo che il debitore possa mantenere l’accesso al proprio conto corrente.

Un altro motivo per cui è essenziale l’intervento di un avvocato è la possibilità di presentare ricorso contro la cartella esattoriale o l’intimazione di pagamento che ha portato al pignoramento. Se il debito è prescritto, calcolato in modo errato o già pagato, il legale può impugnare l’atto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale e chiedere la sospensione del pignoramento fino alla decisione definitiva. Il ricorso tributario deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica della cartella, e se viene accolto il pignoramento viene revocato, restituendo al debitore le somme bloccate.

Nel caso in cui il pignoramento riguardi un conto cointestato, l’avvocato può intervenire per proteggere la quota del saldo appartenente all’altro cointestatario. La legge prevede che, in assenza di prove contrarie, il saldo di un conto cointestato sia diviso equamente tra i titolari. Se l’altro cointestatario può dimostrare che le somme presenti sul conto provengono esclusivamente dai suoi redditi, è possibile presentare un’istanza per lo sblocco della sua quota. Questo è particolarmente utile quando un familiare o un coniuge si trova coinvolto involontariamente in un pignoramento fiscale che riguarda un solo intestatario del conto.

Un avvocato esperto in diritto tributario può anche valutare la possibilità di ricorrere alle procedure di sovraindebitamento per ottenere la sospensione delle azioni esecutive e una ristrutturazione del debito. Se il debitore è in una situazione di grave difficoltà economica, può accedere al Piano del Consumatore o all’Accordo di Composizione della Crisi, strumenti previsti dal Codice della Crisi d’Impresa per proteggere chi non è più in grado di far fronte ai propri debiti. Una volta accettata la richiesta dal tribunale, il pignoramento viene bloccato e il debitore può riorganizzare il pagamento del debito in modo sostenibile.

L’intervento di un avvocato è anche essenziale quando si vuole tentare una trattativa con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione per un saldo e stralcio, ovvero un accordo per pagare una somma inferiore rispetto al debito totale e ottenere la revoca del pignoramento. Negoziare con il Fisco non è semplice, ma un professionista esperto conosce i margini di trattativa e le modalità per presentare una proposta accettabile.

Un altro aspetto poco noto che un avvocato può verificare è la possibilità di richiedere il rimborso di somme già trasferite al Fisco in caso di prelievo errato. Se l’Agenzia delle Entrate ha sequestrato importi superiori al debito effettivo, o ha pignorato somme che rientravano nei limiti di impignorabilità, un avvocato può avviare un’azione di rimborso per ottenere la restituzione delle somme prelevate illegittimamente.

Affidarsi a un avvocato specializzato quando si ha un conto corrente pignorato dall’ex Equitalia è quindi essenziale per evitare di subire passivamente l’esecuzione e per trovare soluzioni alternative che permettano di sbloccare i fondi e gestire il debito in modo più sostenibile. L’avvocato può analizzare la situazione specifica, individuare la strategia più efficace e presentare tutte le istanze necessarie per proteggere il debitore da un’esecuzione ingiusta o eccessivamente penalizzante. Inoltre, un intervento tempestivo può fare la differenza tra il riuscire a riottenere l’accesso ai propri fondi e la perdita definitiva delle somme pignorate.

Il pignoramento del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione non è sempre irreversibile e, con le giuste azioni legali, è possibile ottenere la sospensione dell’esecuzione, ridurre il debito o trovare soluzioni alternative per evitare il blocco totale delle risorse economiche. Rivolgersi a un avvocato esperto in diritto tributario e procedure esecutive è il passo più importante per difendersi e riacquistare il controllo della propria situazione finanziaria.

Ma se ho il conto corrente pignorato dall’ADE, esiste una legge anti suicidi che mi possa aiutare e come?

Il pignoramento del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ADE) è una misura esecutiva estremamente invasiva, che può mettere in grave difficoltà il debitore, privandolo delle risorse necessarie per vivere. In questi casi, molti si trovano in una condizione di forte disagio psicologico ed economico, tanto che la normativa italiana ha introdotto strumenti specifici per proteggere le persone sovraindebitate da situazioni di estremo pericolo, comprese quelle che possono portare a gesti disperati. Una delle leggi più importanti in questo contesto è la cosiddetta “Legge Salva-Suicidi”, contenuta nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019), che offre soluzioni per bloccare le azioni esecutive, compreso il pignoramento del conto corrente, e consentire ai debitori di riprendersi dal punto di vista economico e sociale.

La cosiddetta “Legge Salva-Suicidi” è stata introdotta per aiutare coloro che si trovano in una condizione di sovraindebitamento e che non riescono più a far fronte ai propri debiti, offrendo strumenti per ristrutturare il debito ed evitare azioni esecutive irreversibili. Il principale obiettivo della normativa è impedire che il debitore venga completamente schiacciato dal peso dei debiti e dalle azioni esecutive, restituendogli una possibilità di riprendersi senza essere privato di ogni mezzo di sussistenza. Se il conto corrente è stato pignorato dall’Agenzia delle Entrate, è possibile accedere a queste procedure per sospendere l’azione esecutiva e riottenere l’accesso alle risorse finanziarie necessarie alla sopravvivenza.

Uno degli strumenti principali previsti dalla Legge Salva-Suicidi è il “Piano del Consumatore”. Questa procedura è riservata ai debitori che hanno contratto obbligazioni per esigenze personali e non per attività imprenditoriali. Se il giudice approva il piano, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione è obbligata a rispettarlo e deve sospendere tutte le azioni esecutive, compreso il pignoramento del conto corrente. Questo consente al debitore di riacquistare l’accesso ai propri fondi e di riorganizzare i pagamenti in base alle proprie reali possibilità economiche. Un vantaggio del Piano del Consumatore è che non richiede il consenso dell’ADE o degli altri creditori: è sufficiente che il giudice ritenga che il piano sia sostenibile e proporzionato alle capacità economiche del debitore.

Un’altra soluzione prevista dalla Legge Salva-Suicidi è l’Accordo di Composizione della Crisi, destinato a piccoli imprenditori, lavoratori autonomi e professionisti che non possono accedere al fallimento. Con questa procedura, il debitore può negoziare un accordo con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e gli altri creditori per il pagamento del debito in forma dilazionata o ridotta. Se l’accordo viene approvato dai creditori per almeno il 60% dell’importo complessivo del debito, tutte le azioni esecutive vengono sospese e il conto corrente viene sbloccato.

Per chi si trova in una situazione di totale insolvenza e non ha alcuna possibilità di ripagare i propri debiti, la Legge Salva-Suicidi prevede anche la procedura di Liquidazione Controllata del Patrimonio. Con questa misura, il debitore può cedere i propri beni per soddisfare i creditori, ma in cambio ottiene l’esdebitazione, ovvero la cancellazione di tutti i debiti residui. Se il debitore non possiede beni significativi da liquidare, può comunque chiedere l’esdebitazione immediata, dimostrando la propria incapacità economica e la buona fede nella gestione delle proprie finanze. In questo caso, l’Agenzia delle Entrate deve interrompere qualsiasi azione di recupero e il conto corrente viene sbloccato definitivamente.

Se il pignoramento del conto corrente riguarda somme provenienti da stipendio o pensione, la legge prevede specifiche tutele per garantire al debitore un minimo vitale per le spese essenziali. Ad esempio, se lo stipendio è già stato accreditato sul conto prima del pignoramento, è impignorabile fino a un importo pari al triplo dell’assegno sociale (circa 1.500 euro nel 2024). Se invece lo stipendio viene accreditato dopo il pignoramento, può essere trattenuto solo nella misura massima del 20% dell’importo netto. Queste soglie di impignorabilità possono essere fatte valere con un’istanza al giudice, che può ordinare lo sblocco delle somme impignorabili per consentire al debitore di far fronte alle spese quotidiane.

Un’altra possibilità per evitare il pignoramento del conto corrente è la rateizzazione del debito con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. La normativa consente di rateizzare i debiti fiscali fino a 72 rate mensili (6 anni), con la possibilità di estensione fino a 120 rate (10 anni) nei casi di comprovata difficoltà economica. Se la rateizzazione viene accolta, il pignoramento viene sospeso e il conto corrente viene sbloccato, permettendo al debitore di recuperare il controllo sulle proprie finanze. È fondamentale presentare la richiesta prima che le somme vengano definitivamente trasferite all’Agenzia delle Entrate, per evitare la perdita completa delle risorse disponibili.

La Legge Salva-Suicidi è stata pensata per evitare che le persone sovraindebitate finiscano in una spirale di disperazione senza via d’uscita. L’accesso a queste procedure permette di interrompere le azioni esecutive, ottenere una riduzione dei debiti e, in alcuni casi, cancellarli completamente. Il supporto di un avvocato esperto in diritto tributario e sovraindebitamento è essenziale per presentare correttamente la richiesta e massimizzare le possibilità di ottenere una sospensione del pignoramento del conto corrente.

Inoltre, esistono enti e associazioni specializzate nell’assistenza ai debitori che possono offrire supporto legale e psicologico per affrontare situazioni di sovraindebitamento. Rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) è un primo passo fondamentale per avviare la procedura di protezione prevista dalla Legge Salva-Suicidi e per ottenere un piano di ristrutturazione del debito che consenta di riprendere il controllo della propria vita finanziaria.

Il pignoramento del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate non è sempre irreversibile e, con le giuste azioni legali, è possibile ottenere la sospensione dell’esecuzione e la ristrutturazione del debito in modo sostenibile. La chiave per superare questa situazione è agire rapidamente e con il supporto di esperti che possano guidare il debitore nella scelta della soluzione più adatta al proprio caso. Nessun debito giustifica la perdita della propria dignità o della propria vita: la legge offre strumenti concreti per ricominciare e liberarsi dal peso delle obbligazioni insostenibili.

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L’Avvocato Monardo è un punto di riferimento nel settore del diritto bancario e tributario, coordinando un team di esperti che assistono i clienti in tutta Italia nella gestione dei pignoramenti bancari e delle procedure di sovraindebitamento.

Grazie alla sua esperienza, offre supporto nei seguenti ambiti:

  • Ricorsi contro il blocco del conto corrente: la verifica della legittimità del pignoramento è il primo passo per difendersi da un blocco ingiusto o eccessivo del proprio conto bancario. Esistono numerosi motivi per cui un pignoramento può essere contestato, tra cui errori procedurali, la prescrizione del debito, il mancato rispetto delle soglie di impignorabilità o l’omessa notifica dell’atto esecutivo al debitore. Per presentare ricorso, è necessario rivolgersi al giudice dell’esecuzione del tribunale competente e dimostrare le irregolarità attraverso documentazione appropriata. Il giudice può disporre la sospensione del pignoramento se rileva elementi di illegittimità, dando al debitore il tempo necessario per trovare una soluzione alternativa. In alcuni casi, il blocco può essere revocato completamente se si dimostra che le somme pignorate rientrano tra quelle impignorabili, come stipendi sotto la soglia di sopravvivenza o somme destinate a spese essenziali. Un’altra strategia per contestare il blocco del conto è la richiesta di conversione del pignoramento, ossia la possibilità di sostituire le somme bloccate con un pagamento rateizzato concordato con il creditore. Questo strumento consente di riottenere l’accesso immediato al conto evitando un danno economico grave. Affidarsi a un avvocato esperto permette di valutare la strada migliore per presentare opposizione, analizzando la documentazione e individuando le eventuali violazioni procedurali che possono portare alla revoca del blocco. Grazie a una consulenza mirata, il debitore può non solo sbloccare il conto, ma anche prevenire future azioni esecutive attraverso una gestione efficace del proprio debito.
  • Negoziazione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione: la negoziazione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione rappresenta una strategia fondamentale per i contribuenti che si trovano in difficoltà nel pagamento dei propri debiti. Grazie a strumenti legali come la rateizzazione e il saldo e stralcio, è possibile ridurre l’impatto economico dell’esposizione debitoria e ottenere condizioni più favorevoli per il rientro delle somme dovute. La rateizzazione del debito è una delle opzioni più utilizzate, consentendo ai contribuenti di suddividere il pagamento delle somme dovute in un numero di rate mensili che possono arrivare fino a 120, a seconda della situazione finanziaria del debitore. Questa opzione blocca le azioni esecutive in corso e permette al contribuente di adempiere gradualmente agli obblighi senza subire il blocco totale delle proprie disponibilità finanziarie. Un’altra strategia è il saldo e stralcio, un accordo che consente al debitore di chiudere definitivamente il debito pagando solo una parte della somma dovuta. Questa soluzione è particolarmente vantaggiosa per coloro che dimostrano una situazione economica compromessa e non sono in grado di saldare l’intero importo. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione, in alcuni casi, accetta il pagamento ridotto piuttosto che avviare lunghe procedure di recupero coattivo. Per avviare una negoziazione efficace, è essenziale presentare un’istanza ben documentata, dimostrando le proprie condizioni economiche e proponendo un piano di rientro realistico. Un avvocato esperto può facilitare questo processo, gestendo i contatti con l’ente di riscossione e garantendo che l’accordo sia formulato nelle migliori condizioni possibili per il contribuente. Grazie alla consulenza di un professionista, è possibile individuare la strategia più adatta alla propria situazione e ridurre al minimo le conseguenze di un debito con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
  • Difesa del patrimonio del debitore: la protezione del proprio patrimonio è essenziale per evitare che le azioni esecutive compromettano irrimediabilmente la situazione economica del debitore. Ci sono diverse strategie che possono essere adottate per ridurre l’impatto di un pignoramento e garantire la disponibilità di risorse necessarie per la sopravvivenza. Una delle prime azioni da intraprendere è la verifica delle soglie di impignorabilità previste dalla legge. Alcune somme, come quelle derivanti da stipendi, pensioni e indennità di invalidità, possono essere pignorate solo entro determinati limiti. Assicurarsi che questi vincoli siano rispettati è fondamentale per evitare che il creditore agisca oltre quanto consentito dalla normativa. Un’altra strategia efficace è la riconfigurazione della gestione patrimoniale. Trasferire alcune risorse in strumenti legali protetti, come il fondo patrimoniale, può essere una soluzione per proteggere i beni essenziali della famiglia. Tuttavia, è necessario agire tempestivamente e con il supporto di un avvocato per evitare che eventuali azioni siano considerate fraudolente e quindi annullabili dal tribunale. In alcuni casi, può essere utile valutare la possibilità di una transazione con il creditore. Una negoziazione ben condotta può portare a una riduzione dell’importo del debito e a una dilazione dei pagamenti più sostenibile. Il supporto di un legale specializzato in diritto tributario e bancario può fare la differenza nella riuscita dell’operazione, aumentando le probabilità di trovare un accordo vantaggioso. Infine, è sempre opportuno considerare le opzioni offerte dal sovraindebitamento, che consentono di ristrutturare il debito e ottenere protezione dalle azioni esecutive. L’accesso a queste procedure, regolato dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, può rappresentare una via d’uscita definitiva per chi si trova in una condizione di difficoltà economica estrema.
  • Accesso alle procedure di sovraindebitamento: le procedure di sovraindebitamento rappresentano una soluzione fondamentale per chi si trova in una condizione di grave difficoltà economica e non riesce più a far fronte ai propri debiti. Attraverso questi strumenti normativi, regolati dalla Legge 3/2012 e successivamente integrati nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019), è possibile ottenere un piano di rientro dei debiti sostenibile o, nei casi più estremi, l’esdebitazione totale. La prima opzione è il Piano del Consumatore, destinato ai soggetti non fallibili che hanno accumulato debiti per cause indipendenti dalla loro volontà. Questo strumento consente di proporre un piano di pagamento basato sulle reali capacità economiche del debitore, senza necessità di ottenere il consenso dei creditori. Il giudice, valutata la sostenibilità della proposta, può omologarla e rendere vincolante il piano, impedendo ulteriori azioni esecutive. Un’altra possibilità è la Liquidazione Controllata, che prevede la cessione dei beni del debitore per soddisfare in maniera equa i creditori. Questo strumento consente, una volta terminata la procedura, di liberarsi completamente dei debiti residui, permettendo al debitore di ricostruire la propria situazione economica senza il peso delle passività pregresse. Nei casi di totale insolvenza, il Codice della Crisi prevede l’esdebitazione del debitore incapiente, ovvero la cancellazione definitiva dei debiti per coloro che non dispongono di beni o di un reddito sufficiente per far fronte alle obbligazioni. Questo strumento consente a chi si trova in una condizione di difficoltà estrema di ripartire senza il peso di obbligazioni insostenibili. L’accesso a queste procedure richiede una valutazione attenta della posizione debitoria e una corretta presentazione della documentazione necessaria. Affidarsi a un avvocato esperto in diritto della crisi d’impresa e del sovraindebitamento è essenziale per individuare la strategia più efficace e ottenere il miglior risultato possibile.

Se hai subito il blocco del conto corrente e vuoi conoscere tutte le soluzioni legali per sbloccarlo, è fondamentale agire tempestivamente per evitare ulteriori conseguenze economiche. Lo Studio Monardo offre un’analisi approfondita della tua situazione debitoria, individuando la strategia più efficace per sbloccare il conto e prevenire nuovi provvedimenti esecutivi.

Attraverso una consulenza mirata, potrai comprendere quali strumenti legali utilizzare per ottenere la sospensione del pignoramento, negoziare con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione per una rateizzazione sostenibile o avviare procedure di esdebitazione per eliminare il carico debitorio. Affidarsi a un professionista esperto in diritto bancario e tributario significa aumentare le possibilità di risolvere la situazione senza subire danni irreversibili.

Non aspettare che la situazione peggiori: contatta subito lo Studio Monardo per una consulenza personalizzata e scopri quali azioni puoi intraprendere per tutelare il tuo patrimonio e recuperare la disponibilità economica necessaria alla tua serenità finanziaria.

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