Come Pagare (e Non) Un Decreto Ingiuntivo: Posso a Rate?

Ricevere un decreto ingiuntivo rappresenta un momento di forte pressione per qualsiasi debitore. Che si tratti di una società, un professionista o un privato cittadino, l’obbligo di saldare un debito riconosciuto da un giudice non è un’eventualità da sottovalutare. Nel 2025, il quadro normativo per la gestione di queste situazioni è chiaro e offre diverse vie per affrontare e saldare il dovuto, evitando conseguenze più gravi come il pignoramento di beni o conti correnti.

Pagare un decreto ingiuntivo non significa solo versare l’importo richiesto. Vi sono infatti diverse modalità per onorare il debito, da un pagamento immediato all’accesso a strumenti giuridici che consentono di rateizzare o ridurre l’importo. Inoltre, esistono casi in cui il decreto può essere contestato o addirittura annullato, rendendo fondamentale una conoscenza approfondita delle procedure previste dal nostro ordinamento.

L’Italia ha visto una crescente attenzione verso la tutela del debitore, soprattutto grazie alle riforme che hanno introdotto il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019). Questo strumento normativo ha aperto nuove prospettive per chi si trova in una condizione di sovraindebitamento, offrendo la possibilità di un esdebitamento totale per il debitore incapiente.

Di fronte a un decreto ingiuntivo, è quindi essenziale conoscere quali siano i tempi, le procedure e le strategie più efficaci per evitare ulteriori problemi legali e finanziari. In questo articolo analizzeremo nel dettaglio tutti gli aspetti fondamentali di questo argomento, dalle modalità di pagamento ai possibili strumenti di difesa, fornendo un quadro chiaro e aggiornato sulla normativa vigente nel 2025.

Ma andiamo ad approfondire con Studio Monardo, i legali specializzati nel difenderti dai decreti ingiuntivi.

Ho ricevuto un decreto ingiuntivo: posso non pagare e farla franca?

Ricevere un decreto ingiuntivo è un evento che può mettere in difficoltà qualsiasi debitore, ma la domanda che molti si pongono è se sia possibile non pagare e riuscire a evitare le conseguenze legali. Il decreto ingiuntivo è un atto giudiziario con cui un creditore ottiene dal tribunale un ordine di pagamento nei confronti del debitore, basandosi su un credito ritenuto certo, liquido ed esigibile. Una volta notificato, il debitore ha 40 giorni di tempo per presentare opposizione; se non lo fa, il decreto diventa esecutivo, dando al creditore il potere di avviare azioni forzate per il recupero del debito.

L’idea di non pagare e sperare di farla franca è estremamente rischiosa. Se il decreto ingiuntivo non viene impugnato né rispettato, il creditore può procedere al pignoramento dei beni del debitore, senza bisogno di ulteriori cause o autorizzazioni. Non esistono scappatoie legali che consentano di ignorare un decreto ingiuntivo senza conseguenze. Tuttavia, esistono strategie per gestire la situazione, dilazionare il pagamento o addirittura ridurre l’importo richiesto.

Uno dei primi aspetti da considerare è se il decreto ingiuntivo sia stato notificato correttamente. Se la notifica è viziata da irregolarità, il debitore potrebbe avere la possibilità di opporsi anche dopo la scadenza dei 40 giorni, dimostrando di non aver ricevuto l’atto nel rispetto delle regole procedurali. Questa contestazione, se accolta dal giudice, può bloccare temporaneamente l’esecuzione forzata e riaprire la possibilità di difendersi legalmente.

Se il decreto ingiuntivo è ormai esecutivo e il debitore decide di non pagare, il primo rischio concreto è il pignoramento dei conti correnti. Il creditore può richiedere alla banca il blocco delle somme disponibili fino a concorrenza del debito. Ciò significa che il debitore potrebbe trovarsi improvvisamente senza accesso al proprio denaro, con conseguenti difficoltà nel pagamento di affitti, bollette e altre spese quotidiane.

Un’altra conseguenza immediata è il pignoramento dello stipendio o della pensione. Se il debitore è un lavoratore dipendente o un pensionato, il creditore può richiedere il prelievo diretto alla fonte, con una trattenuta che può arrivare fino a un quinto dell’importo netto mensile. Questa trattenuta può durare anni, fino all’estinzione del debito, con un impatto significativo sulla qualità della vita del debitore.

Se il debitore possiede beni mobili di valore, il creditore può procedere con il pignoramento mobiliare. L’ufficiale giudiziario può recarsi presso l’abitazione o la sede dell’attività per sequestrare beni che verranno messi all’asta. Oggetti di valore, veicoli, attrezzature e mobili possono essere sottratti per soddisfare il debito. Se il debitore ha una ditta individuale, questa misura può compromettere gravemente la continuità dell’attività, poiché anche i beni strumentali possono essere pignorati.

Il rischio più grande per chi non paga un decreto ingiuntivo è il pignoramento immobiliare. Se il debitore è proprietario di immobili, il creditore può iscrivere un’ipoteca giudiziale e avviare il procedimento per la vendita forzata all’asta. Anche se la legge prevede tutele per la prima casa, queste non sono assolute: se il debito deriva da un mutuo ipotecario o se il creditore è un ente pubblico come l’Agenzia delle Entrate Riscossione, il rischio di perdere l’immobile è molto elevato.

Oltre ai pignoramenti, ignorare un decreto ingiuntivo comporta altre conseguenze negative, tra cui la segnalazione nelle banche dati dei cattivi pagatori. Questo rende impossibile ottenere nuovi finanziamenti, mutui, prestiti o anche solo un semplice fido bancario. Un debitore segnalato rischia di vedersi revocare carte di credito e di incontrare difficoltà nella gestione delle operazioni bancarie più comuni.

Se il debitore non ha beni aggredibili, il creditore può comunque rinnovare il tentativo di recupero forzato per anni. Il titolo esecutivo ha una validità di 10 anni, rinnovabile, il che significa che anche chi oggi non possiede nulla potrebbe essere colpito da un pignoramento in futuro, nel momento in cui acquisisce disponibilità economiche o nuovi beni. Un errore comune è pensare di essere al sicuro solo perché attualmente non si dispone di patrimonio, senza considerare che il creditore può attendere e agire in un secondo momento.

Nonostante i rischi elevati, esistono alcune strategie che possono essere adottate per evitare il pagamento immediato o per cercare di ridurre l’importo richiesto.

Una prima possibilità è la negoziazione diretta con il creditore. Molti creditori, pur avendo ottenuto un titolo esecutivo, preferiscono evitare le lungaggini e i costi di una procedura esecutiva e accettano soluzioni alternative come un saldo e stralcio. Con questa strategia, il debitore propone di pagare una somma inferiore rispetto al debito totale, ma in un’unica soluzione. Se il creditore accetta, il debito viene estinto e non si procede con il pignoramento.

Se il debitore non ha la possibilità di pagare subito, può tentare di ottenere una rateizzazione del debito. La legge non prevede una rateizzazione automatica per i decreti ingiuntivi, ma se il creditore è disponibile, è possibile stipulare un accordo per il pagamento dilazionato. Se il creditore rifiuta, il debitore può richiedere al tribunale la conversione del pignoramento, sostituendo il bene pignorato con un pagamento rateale.

Chi si trova in una situazione di grave difficoltà economica può valutare l’accesso alle procedure di sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi d’Impresa. Se il debitore non è in grado di far fronte ai propri debiti, può chiedere al tribunale la ristrutturazione del debito o, nei casi più gravi, la liquidazione controllata del patrimonio. Questa procedura consente di bloccare le azioni esecutive e, in alcuni casi, di ottenere l’esdebitazione, cioè la cancellazione del debito residuo.

Un’altra strategia per guadagnare tempo è presentare opposizione al decreto ingiuntivo, se vi sono motivi validi per contestarlo. Anche se il termine di 40 giorni è scaduto, in alcuni casi si può ricorrere a un’opposizione tardiva se si dimostra di non aver ricevuto correttamente la notifica o se emergono nuovi elementi di illegittimità del credito. Questa opzione è però limitata e richiede il supporto di un avvocato esperto in diritto esecutivo.

In conclusione, non pagare un decreto ingiuntivo e sperare di farla franca è un’opzione estremamente rischiosa, che può portare a pignoramenti, blocchi bancari, segnalazioni nelle centrali rischi e, nei casi più gravi, alla perdita di beni immobili. Tuttavia, esistono alternative per gestire il debito in modo strategico, come la negoziazione con il creditore, la rateizzazione, il saldo e stralcio o l’accesso alle procedure di sovraindebitamento. Ignorare il problema è l’errore più grande: agire tempestivamente aumenta le possibilità di trovare una soluzione e ridurre i danni economici e patrimoniali.

Per caso, posso pagare un decreto ingiuntivo a rate?

Ricevere un decreto ingiuntivo può essere un evento preoccupante, soprattutto se l’importo richiesto è elevato e non si ha la possibilità di pagarlo in un’unica soluzione. In questi casi, una delle prime domande che sorgono è se sia possibile ottenere una rateizzazione del pagamento. La legge non prevede automaticamente la possibilità di rateizzare un decreto ingiuntivo, ma esistono diverse strade che permettono al debitore di ottenere una dilazione, evitando così il rischio di esecuzioni forzate.

Il primo passo fondamentale è non ignorare il decreto ingiuntivo e valutare tutte le opzioni disponibili prima che diventi esecutivo. Il debitore ha 40 giorni dalla notifica per presentare opposizione e contestare l’atto, ma se il debito è effettivamente dovuto e si vuole solo rateizzare l’importo, è necessario adottare altre strategie. La rateizzazione può essere ottenuta in vari modi, tra cui la negoziazione diretta con il creditore, l’intervento del tribunale o l’accesso a procedure di sovraindebitamento.

Una delle soluzioni più efficaci è la negoziazione diretta con il creditore. Se il creditore ha ottenuto un decreto ingiuntivo, ha già la possibilità di procedere con azioni esecutive per recuperare il proprio credito. Tuttavia, molti creditori preferiscono ricevere pagamenti dilazionati piuttosto che avviare lunghe e costose procedure di pignoramento. Per questo motivo, il debitore può proporre un piano di rateizzazione, impegnandosi a pagare l’importo dovuto in più tranche, in cambio della rinuncia alle azioni esecutive. È consigliabile formalizzare l’accordo per iscritto, con una scrittura privata firmata da entrambe le parti, per evitare future contestazioni.

Per rendere la proposta più convincente, il debitore può offrire una garanzia, come una fideiussione o una cambiale, per dimostrare la propria affidabilità nel rispettare i pagamenti. Anche un piccolo pagamento iniziale può servire a mostrare la volontà di adempiere all’obbligazione, incentivando il creditore ad accettare un piano di dilazione. In alcuni casi, la presenza di un avvocato che gestisce la trattativa può rendere la richiesta di rateizzazione più credibile e convincere il creditore a trovare un accordo.

Se il creditore non accetta la rateizzazione volontaria, il debitore può chiedere al tribunale la conversione del pignoramento, un meccanismo previsto dall’articolo 495 del Codice di Procedura Civile. Questa procedura consente di sostituire il bene pignorato con un pagamento rateale, permettendo al debitore di evitare la vendita all’asta dei propri beni. Per ottenere la conversione, è necessario presentare un’istanza al giudice dell’esecuzione, dimostrando di non poter pagare l’intero importo in un’unica soluzione ma di essere in grado di farlo in modo dilazionato. Il tribunale può stabilire un piano di pagamento in base alle condizioni economiche del debitore, imponendo però il rispetto rigoroso delle scadenze per evitare la ripresa delle azioni esecutive.

Se il decreto ingiuntivo riguarda debiti con enti pubblici, come cartelle esattoriali o contributi previdenziali non pagati, la rateizzazione può essere richiesta direttamente all’ente creditore. Ad esempio, l’Agenzia delle Entrate Riscossione consente di rateizzare i debiti fino a 72 rate mensili (6 anni), con possibilità di estensione fino a 120 rate (10 anni) per chi dimostra una grave difficoltà economica. Per accedere alla rateizzazione, è necessario presentare una domanda formale all’ente, allegando la documentazione che attesti l’incapacità di pagare in un’unica soluzione.

Se il debitore si trova in una situazione di crisi finanziaria, può accedere alle procedure di sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi d’Impresa. Queste procedure consentono di ottenere una ristrutturazione del debito approvata dal tribunale, che può prevedere la rateizzazione dei pagamenti e, in alcuni casi, una riduzione dell’importo complessivo dovuto. Attraverso il piano del consumatore o l’accordo di composizione della crisi, è possibile bloccare le azioni esecutive e ottenere una dilazione forzata del debito, obbligando il creditore ad accettare il piano di rientro stabilito dal giudice.

Se il debito è troppo elevato e il debitore non ha alcuna possibilità di pagarlo, neanche in modo dilazionato, un’ultima opzione è la liquidazione controllata del patrimonio. Questa procedura, pur prevedendo la vendita dei beni disponibili, consente di ottenere l’esdebitazione, ovvero la cancellazione dei debiti residui una volta completata la liquidazione. Si tratta di una soluzione estrema, riservata ai casi più gravi, ma può rappresentare una via d’uscita per chi non ha altre alternative.

Un’alternativa alla rateizzazione è il saldo e stralcio, una strategia che prevede il pagamento di una somma ridotta rispetto al debito totale in cambio della chiusura della posizione debitoria. Questa soluzione è particolarmente utile se il debitore dispone di una certa liquidità ma non è in grado di saldare l’intero importo richiesto. Il creditore, pur di evitare una lunga procedura di recupero, può accettare una cifra inferiore, ma certa e immediata, piuttosto che attendere pagamenti dilazionati con il rischio di insolvenza del debitore.

Ignorare il decreto ingiuntivo sperando di evitare il pagamento non è una scelta consigliabile, perché una volta diventato esecutivo il creditore può agire con pignoramenti su conti correnti, stipendi, pensioni, beni mobili e immobili. Se il debitore non ha beni immediatamente disponibili, il titolo esecutivo rimane valido per almeno 10 anni, rinnovabili, consentendo al creditore di agire anche in un secondo momento.

Per aumentare le possibilità di ottenere una rateizzazione, è fondamentale agire tempestivamente e non attendere che il creditore avvii le azioni esecutive. Il primo passo è valutare la propria situazione economica e presentare una richiesta formale di dilazione, allegando documenti che dimostrino l’impossibilità di pagare immediatamente. Più il debitore dimostra collaborazione e volontà di risolvere il debito, maggiori sono le probabilità che il creditore accetti una soluzione alternativa al pignoramento.

Se il creditore non accetta la rateizzazione volontaria e il tribunale non concede la conversione del pignoramento, il debitore deve valutare le alternative disponibili, come il saldo e stralcio, le procedure di sovraindebitamento o la liquidazione controllata. In tutti i casi, il supporto di un avvocato esperto in diritto esecutivo può essere fondamentale per individuare la strategia migliore e tutelare il proprio patrimonio.

In conclusione, pagare un decreto ingiuntivo a rate è possibile, ma non è un diritto automatico del debitore. Per ottenere la dilazione, è necessario negoziare con il creditore, presentare un’istanza al tribunale per la conversione del pignoramento o accedere a strumenti di tutela come la ristrutturazione del debito. L’importante è non restare inerti: prima si agisce, maggiori sono le possibilità di evitare il pignoramento e trovare una soluzione sostenibile per saldare il debito.

Come pagare un decreto ingiuntivo senza subire il pignoramento?

Se il debito è certo e non vi sono motivi validi per opporsi, è fondamentale trovare una soluzione rapida per evitare il pignoramento dei beni. Pagare in un’unica soluzione è l’opzione più diretta, ma non sempre praticabile. In questi casi, è possibile negoziare con il creditore una rateizzazione dell’importo dovuto.

La legge prevede che il creditore possa concedere una dilazione del pagamento, evitando così l’esecuzione forzata. Tuttavia, questa soluzione richiede la disponibilità del creditore e, spesso, l’intervento di un legale per formalizzare l’accordo.

In alcuni casi, il debitore può proporre un piano di pagamento personalizzato, che preveda scadenze compatibili con le sue reali possibilità economiche. Questo può includere il frazionamento del debito in rate sostenibili o la richiesta di una riduzione degli interessi applicati. La negoziazione con il creditore, se ben strutturata e supportata da documentazione adeguata, può portare a soluzioni vantaggiose per entrambe le parti.

Un ulteriore strumento utile nel 2025 è la mediazione civile e commerciale, un procedimento extragiudiziale che può consentire di raggiungere un accordo senza dover affrontare un lungo iter processuale. La mediazione, condotta da un professionista qualificato, può favorire un’intesa tra debitore e creditore, consentendo di evitare l’escalation della controversia.

Se il pagamento in unica soluzione o la rateizzazione non sono opzioni praticabili, si può valutare l’accesso a procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. In questi casi, il debitore può presentare un piano di ristrutturazione che consenta di riorganizzare le proprie finanze in modo sostenibile, riducendo il rischio di subire un pignoramento immediato.

Quali beni possono essere pignorati se non si paga un decreto ingiuntivo?

Se non si adempie spontaneamente al pagamento, il creditore può procedere con il pignoramento dei beni del debitore. Nel 2025, gli strumenti principali rimangono:

  • Pignoramento immobiliare, che riguarda la casa o altri immobili di proprietà del debitore. Questa forma di pignoramento è una delle più invasive per il debitore, in quanto può comportare la perdita della propria abitazione o di altri beni immobili di valore. Il processo di pignoramento immobiliare inizia con la notifica dell’atto di pignoramento, seguito dall’iscrizione nei registri immobiliari, che impedisce qualsiasi operazione di vendita o trasferimento dell’immobile fino alla risoluzione del debito. Nel 2025, i creditori possono agire con maggiore rapidità grazie alle procedure digitalizzate che velocizzano le fasi burocratiche. Una volta avviato il pignoramento, il debitore ha alcune possibilità per evitare la vendita forzata del bene. Può proporre un piano di rientro, cercando di negoziare un accordo con il creditore che consenta il saldo del debito attraverso pagamenti rateizzati o altre forme di transazione. Inoltre, può avvalersi della mediazione civile e commerciale per trovare una soluzione alternativa alla vendita all’asta. Se il pignoramento procede e l’immobile viene messo all’asta, il giudice stabilisce il prezzo base di vendita e le modalità di esecuzione. Tuttavia, il debitore ha ancora alcune carte da giocare: può richiedere la sospensione dell’asta se dimostra di avere in corso trattative con il creditore o un piano di rientro concreto. La legge del sovraindebitamento consente inoltre ai soggetti in difficoltà di accedere a procedure di ristrutturazione del debito, che potrebbero impedire la perdita dell’immobile. Per evitare che il pignoramento immobiliare diventi definitivo, è consigliabile rivolgersi tempestivamente a un avvocato esperto in diritto bancario e tributario, che possa valutare le migliori strategie per proteggere il patrimonio e ridurre il peso del debito accumulato.
  • Pignoramento presso terzi, che si applica su stipendi, pensioni o somme depositate su conti correnti. Questa forma di pignoramento è tra le più diffuse e può avere conseguenze significative per il debitore, limitando la disponibilità finanziaria immediata. Il creditore che ottiene un decreto ingiuntivo esecutivo può notificare il pignoramento direttamente al datore di lavoro o all’ente previdenziale, bloccando una percentuale dello stipendio o della pensione fino al soddisfacimento del credito. Nel caso dei conti correnti, il pignoramento avviene con un atto notificato alla banca, che è obbligata a congelare le somme disponibili fino a concorrenza dell’importo dovuto. Nel 2025, il limite massimo pignorabile per pensioni e stipendi rimane fissato dal Codice di Procedura Civile, garantendo al debitore una soglia minima di sussistenza. Tuttavia, in alcuni casi particolari, come per i debiti di natura fiscale o alimentare, le percentuali di trattenuta possono essere superiori. Una volta notificato il pignoramento, il debitore ha la possibilità di opporsi entro termini precisi se ritiene che vi siano irregolarità o motivi per contestare la richiesta del creditore. Inoltre, può negoziare con il creditore una soluzione alternativa, come un piano di rientro rateizzato, per ottenere la revoca del pignoramento. Un ulteriore aspetto da considerare è che il pignoramento presso terzi non si esaurisce immediatamente: il creditore deve ottenere un’ordinanza del giudice che confermi la legittimità del prelievo, il che può offrire al debitore un margine di tempo per trovare una soluzione adeguata prima che le somme vengano definitivamente trasferite al creditore.
  • Pignoramento mobiliare, che colpisce beni di valore presenti presso il domicilio o la sede dell’azienda debitrice. Questa forma di pignoramento è spesso utilizzata quando il debitore non dispone di liquidità immediata o di beni immobili pignorabili. Nel 2025, il pignoramento mobiliare segue una procedura rigorosa che inizia con la notifica di un atto di pignoramento, cui segue l’intervento dell’ufficiale giudiziario incaricato di individuare e sequestrare i beni mobili. Il creditore può richiedere il pignoramento di oggetti di valore come veicoli, attrezzature professionali, macchinari, opere d’arte e dispositivi elettronici. Tuttavia, esistono limitazioni legali: i beni essenziali per la vita quotidiana e per l’attività lavorativa del debitore non possono essere pignorati. Il debitore può tentare di sospendere la procedura dimostrando che i beni oggetto del pignoramento sono indispensabili per il suo sostentamento o per la continuità della propria attività professionale. Dopo il sequestro, i beni vengono messi all’asta pubblica per soddisfare il credito. Il debitore ha comunque l’opportunità di riscattare i beni prima della vendita, saldando il debito o proponendo un accordo di pagamento con il creditore. Inoltre, può presentare opposizione se ritiene che il pignoramento sia illegittimo o che il valore dei beni superi di gran lunga l’importo dovuto. Nel 2025, con la digitalizzazione delle procedure giudiziarie, la gestione del pignoramento mobiliare è diventata più rapida ed efficace, riducendo i tempi di attesa per creditori e debitori. Tuttavia, è sempre consigliabile agire tempestivamente per trovare una soluzione alternativa prima che la situazione diventi irreversibile.

Ci sono dei cavilli da usare per ritardare il pignoramento dopo il decreto ingiuntivo?

Dopo la notifica di un decreto ingiuntivo, il debitore ha a disposizione alcune strategie legali per ritardare l’esecuzione forzata e il conseguente pignoramento. Ecco le principali:

1. Presentazione di un’opposizione al decreto ingiuntivo: Il debitore può contestare il decreto ingiuntivo entro 40 giorni dalla sua notifica, avviando un procedimento di opposizione. Questo comporta l’instaurazione di un giudizio ordinario, durante il quale l’esecuzione del decreto è sospesa fino alla decisione finale del giudice. È fondamentale che l’opposizione sia fondata su motivazioni concrete, come l’inesistenza del debito, errori nei calcoli o vizi procedurali, per evitare ulteriori sanzioni o condanne alle spese legali.

2. Richiesta di sospensione dell’esecuzione: Nel caso in cui il decreto ingiuntivo sia già esecutivo, il debitore può presentare un’istanza al giudice per ottenere la sospensione dell’esecuzione, soprattutto se sussistono gravi motivi o se l’esecuzione immediata potrebbe causare danni irreparabili. La concessione della sospensione è discrezionale e dipende dalla valutazione del giudice.

3. Conversione del pignoramento: Se il pignoramento è già stato avviato, il debitore ha la possibilità di richiedere la conversione del pignoramento, sostituendo i beni pignorati con una somma di denaro equivalente al debito, comprensiva di spese e interessi. Questa somma può essere versata in un’unica soluzione o, previa autorizzazione del giudice, in rate mensili fino a un massimo di 48 mesi. È importante rispettare rigorosamente le scadenze dei pagamenti, poiché un ritardo superiore a 15 giorni può comportare la decadenza dal beneficio della rateizzazione e la ripresa dell’esecuzione forzata.

4. Riduzione del pignoramento: Qualora il valore dei beni pignorati sia manifestamente superiore all’importo del debito, il debitore può chiedere al giudice la riduzione del pignoramento. Questo strumento consente di liberare parte dei beni pignorati, mantenendo comunque una garanzia sufficiente per il creditore. La richiesta deve essere adeguatamente motivata e supportata da prove che dimostrino l’eccessività del pignoramento rispetto al debito.

5. Accordi stragiudiziali: Prima o durante la procedura esecutiva, il debitore può tentare di raggiungere un accordo con il creditore, proponendo un piano di rientro del debito o una transazione. Un accordo stragiudiziale può sospendere o interrompere l’esecuzione forzata, a condizione che entrambe le parti siano d’accordo sulle modalità di pagamento e sugli eventuali termini.

È essenziale che il debitore agisca tempestivamente e con l’assistenza di un legale specializzato, valutando attentamente le opzioni disponibili e le loro implicazioni legali ed economiche. L’adozione di strategie dilatorie prive di fondamento può comportare ulteriori costi, sanzioni e un aggravamento della posizione debitoria.

Ho saputo che esiste una legge salva suicidi per chi ha debiti e decreti ingiuntivi: mi permette di non pagare niente?

La cosiddetta “legge salva suicidi” è il nome informale con cui viene spesso indicata la normativa sul sovraindebitamento, introdotta in Italia con la Legge n. 3/2012 e successivamente integrata nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019). Questa normativa nasce con l’obiettivo di offrire una soluzione concreta a chi si trova in una situazione di grave crisi economica e non è più in grado di far fronte ai propri debiti. Tuttavia, non si tratta di una legge che permette di “non pagare niente”, bensì di uno strumento per ristrutturare i debiti in modo sostenibile o, nei casi più estremi, ottenere una parziale o totale esdebitazione, ma solo a determinate condizioni.

Chi ha ricevuto un decreto ingiuntivo e si trova in una situazione di sovraindebitamento può accedere alle procedure previste dalla normativa per evitare il pignoramento e trovare una soluzione che permetta di regolarizzare la propria posizione debitoria. Il principio alla base della legge è che il debitore meritevole, cioè colui che si è indebitato senza dolo o colpa grave e che non ha altre soluzioni per pagare, possa ottenere una seconda possibilità attraverso la ristrutturazione dei propri debiti o, nei casi più gravi, la cancellazione degli stessi.

La normativa prevede tre principali strumenti di tutela per il debitore: il piano del consumatore, l’accordo di composizione della crisi e la liquidazione controllata del patrimonio. La scelta della procedura dipende dal tipo di debitore e dalla sua situazione economica. Queste procedure, se approvate dal tribunale, possono bloccare le azioni esecutive in corso, compresi i pignoramenti derivanti da decreti ingiuntivi.

Il piano del consumatore è riservato alle persone fisiche che hanno contratto debiti per esigenze personali e non professionali o imprenditoriali. Se il debitore ha ricevuto un decreto ingiuntivo e non ha la possibilità di pagarlo in un’unica soluzione, può proporre al tribunale un piano di ristrutturazione del debito, stabilendo un piano di pagamento sostenibile in base alle proprie capacità economiche. Se il piano viene approvato dal giudice, i creditori sono obbligati a rispettarlo, e tutte le azioni esecutive, compresi i pignoramenti, vengono sospese.

Un aspetto importante del piano del consumatore è che non richiede il consenso dei creditori. Se il giudice ritiene che il piano sia equo e sostenibile, può imporlo ai creditori anche contro la loro volontà. Questo significa che, se il debitore dimostra di poter pagare solo una parte dei debiti in un certo periodo di tempo, il giudice può approvare il piano e i creditori dovranno accettare l’importo ridotto.

L’accordo di composizione della crisi è una soluzione destinata ai piccoli imprenditori, professionisti e lavoratori autonomi che si trovano in una situazione di sovraindebitamento. A differenza del piano del consumatore, in questo caso è necessario ottenere il consenso della maggioranza dei creditori, i quali devono accettare un piano di rientro che può prevedere una riduzione dell’importo complessivo del debito e una dilazione nei pagamenti. Se l’accordo viene raggiunto, tutti i creditori, compresi quelli che hanno ottenuto un decreto ingiuntivo, devono rispettarlo e non possono più agire individualmente contro il debitore.

La liquidazione controllata del patrimonio è la soluzione estrema per chi non ha alcuna possibilità di pagare i propri debiti. Questa procedura prevede la vendita di tutti i beni del debitore, con il ricavato destinato a soddisfare, almeno in parte, i creditori. Al termine della procedura, il debitore può ottenere l’esdebitazione, ovvero la cancellazione di tutti i debiti residui, permettendogli di ripartire da zero.

Ma quindi, con la legge sul sovraindebitamento, è possibile non pagare nulla? Dipende dalla situazione del debitore. Se il tribunale riconosce che il debitore non ha alcuna possibilità di rimborsare i creditori, nemmeno parzialmente, e che la sua situazione economica non è recuperabile nel breve termine, può concedere l’esdebitazione anche senza la necessità di liquidare beni. Tuttavia, questa possibilità è concessa solo in casi eccezionali e riguarda principalmente soggetti privi di reddito, di beni e di qualsiasi capacità futura di generare entrate.

È importante sottolineare che la legge sul sovraindebitamento non è una scorciatoia per evitare di pagare i debiti, ma uno strumento per proteggere chi è realmente in difficoltà e non ha alternative. Il tribunale valuta attentamente la posizione del debitore, e chi tenta di abusare della procedura rischia di vedersi respinta la richiesta. Per esempio, se il giudice rileva che il debitore ha contratto debiti con leggerezza, ha nascosto beni o ha cercato di sottrarre patrimonio ai creditori, l’accesso alla procedura può essere negato.

Un altro aspetto da considerare è che l’accesso alle procedure di sovraindebitamento comporta delle conseguenze. Anche se si ottiene l’esdebitazione, il nome del debitore rimane segnalato nelle banche dati per un certo periodo, rendendo difficile ottenere nuovi prestiti o finanziamenti. Inoltre, nel caso della liquidazione controllata, il debitore perde tutti i beni disponibili, con l’unica eccezione di quelli considerati essenziali per la sopravvivenza.

Per chi ha ricevuto un decreto ingiuntivo e non riesce a pagare, la legge sul sovraindebitamento rappresenta una possibilità concreta di uscire dalla crisi senza dover subire il pignoramento dei propri beni. Tuttavia, è fondamentale agire tempestivamente, perché una volta che il decreto ingiuntivo diventa esecutivo, il creditore può procedere con il recupero forzato del debito. Più si aspetta, minori sono le possibilità di trovare una soluzione efficace.

Il primo passo per accedere alle procedure di sovraindebitamento è rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), che ha il compito di assistere il debitore nella presentazione della domanda e nella predisposizione del piano di rientro o di liquidazione. L’OCC valuta la situazione del debitore, raccoglie la documentazione necessaria e propone al tribunale la soluzione più adatta. L’intervento di un OCC è essenziale, perché senza la sua supervisione non è possibile accedere alle procedure previste dalla legge.

In conclusione, la cosiddetta “legge salva suicidi” non consente di non pagare nulla in modo automatico, ma offre strumenti per ristrutturare il debito o ottenere l’esdebitazione nei casi di grave difficoltà economica. Chi ha ricevuto un decreto ingiuntivo e non può pagare deve valutare attentamente le proprie opzioni e agire rapidamente per evitare il pignoramento dei propri beni. L’importante è non aspettare che il creditore avvii le azioni esecutive, ma attivarsi subito per trovare una soluzione che permetta di uscire dalla crisi senza danni irreparabili.

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L’Avvocato Monardo si occupa da anni di consulenza e assistenza nel diritto bancario e tributario, fornendo supporto qualificato e strategie personalizzate per la gestione di contenziosi e problematiche finanziarie. Coordina una rete di avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale, garantendo un’assistenza multidisciplinare in ambiti complessi come il recupero crediti, la difesa da azioni esecutive e la ristrutturazione del debito.

Nel corso degli anni, ha maturato un’esperienza approfondita nella tutela dei debitori, occupandosi di negoziazione con gli istituti di credito, analisi delle posizioni debitorie e individuazione di soluzioni praticabili per evitare il pignoramento dei beni. Grazie alla sua competenza, è in grado di assistere aziende e privati nell’accesso agli strumenti previsti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, offrendo percorsi concreti per la risoluzione delle difficoltà economiche.

Oltre all’attività di consulenza, l’Avvocato Monardo partecipa a convegni e corsi di formazione, aggiornandosi costantemente sulle più recenti evoluzioni legislative e giurisprudenziali in materia di diritto bancario e tributario, per garantire ai propri assistiti un supporto sempre all’avanguardia.

Nel contesto dei decreti ingiuntivi e delle procedure esecutive, fornisce supporto in:

  • Gestione della crisi da sovraindebitamento, operando come gestore ex L. 3/2012 e professionista fiduciario di un OCC. L’Avvocato Monardo assiste i debitori in ogni fase della procedura, dall’analisi preliminare della situazione finanziaria alla predisposizione di un piano di rientro sostenibile, fino alla presentazione della domanda agli organismi competenti. Grazie alla sua esperienza, è in grado di individuare le migliori soluzioni per garantire la protezione del patrimonio del debitore e ridurre il peso dell’indebitamento attraverso strumenti giuridici previsti dalla normativa vigente. Nel 2025, con l’aggiornamento del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, è possibile accedere a nuovi strumenti di gestione del debito che consentono ai soggetti sovraindebitati di riorganizzare le proprie passività in modo più efficace. L’Avvocato Monardo offre un’assistenza mirata per aiutare i debitori a ottenere la sospensione delle azioni esecutive e a negoziare soluzioni alternative con i creditori, massimizzando le possibilità di ottenere un esdebitamento totale o parziale. Affrontare una crisi da sovraindebitamento richiede un’adeguata pianificazione e una strategia giuridica solida. Grazie alla sua competenza e alla sua rete di professionisti, l’Avvocato Monardo garantisce un supporto costante e qualificato per accompagnare il debitore verso una soluzione definitiva e sostenibile.
  • Assistenza nella fase di opposizione al decreto ingiuntivo, individuando le migliori strategie di difesa. L’Avvocato Monardo fornisce un supporto mirato per contestare la legittimità del decreto, valutando attentamente la documentazione presentata dal creditore e individuando eventuali vizi formali o sostanziali che potrebbero invalidarlo. Nel 2025, grazie alla digitalizzazione delle procedure giudiziarie, è possibile presentare opposizioni più rapide ed efficaci, evitando che il decreto diventi esecutivo senza un’adeguata valutazione del debito contestato. L’opposizione può essere fondata su diversi elementi, tra cui errori nella notifica, mancanza di prova sufficiente del credito o prescrizione del debito. Inoltre, se il debitore è in una situazione di particolare difficoltà economica, è possibile richiedere la sospensione temporanea dell’azione esecutiva per consentire la presentazione di un piano di rientro. L’Avvocato Monardo analizza ogni caso nel dettaglio per proporre la strategia più adatta, che può includere la rinegoziazione del debito, la richiesta di rateizzazione o, nei casi più critici, il ricorso agli strumenti di sovraindebitamento previsti dalla legge.
  • Soluzioni alternative al pagamento immediato, come la rinegoziazione del debito o l’accesso a strumenti di esdebitazione. Nel 2025, con la crescente attenzione alla tutela del debitore, esistono diverse modalità per ridurre l’impatto economico di un decreto ingiuntivo senza dover ricorrere a un pagamento immediato e totale. Una delle strategie più utilizzate è la rinegoziazione del debito, che può avvenire direttamente con il creditore o attraverso l’assistenza di un legale specializzato. Questo processo può portare a un abbattimento parziale dell’importo dovuto o a una modifica delle condizioni di pagamento, come l’estensione dei termini di rimborso o la riduzione delle rate mensili. Un’altra opzione efficace è l’accesso a strumenti di esdebitazione, previsti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. In base alla situazione economica del debitore, è possibile ottenere una ristrutturazione del debito attraverso il piano del consumatore o la liquidazione controllata. Se il debitore è incapiente, può anche richiedere l’esdebitazione totale, liberandosi completamente dagli obblighi finanziari residui. Inoltre, in alcuni casi, è possibile ricorrere alla mediazione civile e commerciale, un’alternativa alla causa giudiziaria che consente di trovare un accordo con il creditore evitando il contenzioso. Questo strumento extragiudiziale può essere particolarmente utile per ridurre il tempo e i costi delle procedure legali, garantendo una soluzione più flessibile e sostenibile per entrambe le parti coinvolte.

Qualunque sia la soluzione adottata, è fondamentale valutare con attenzione ogni opzione disponibile, con il supporto di un professionista esperto in diritto bancario e tributario, per evitare conseguenze negative e pianificare al meglio il rientro dal debito.

Affidarsi a un esperto in diritto bancario e tributario consente di affrontare un decreto ingiuntivo con la strategia più adatta al proprio caso.

Hai ricevuto un decreto ingiuntivo? Non aspettare che la situazione si aggravi, perché ogni giorno che passa può ridurre le opzioni disponibili per tutelare i tuoi interessi. Contatta ora l’Avvocato Monardo per una consulenza personalizzata e scopri la strategia più efficace per gestire il tuo caso. Grazie alla sua esperienza nel diritto bancario e tributario, potrai ottenere un’analisi dettagliata della tua situazione e accedere a soluzioni su misura per evitare conseguenze gravi come il pignoramento o l’esecuzione forzata. Non rimandare: ogni decisione tempestiva può fare la differenza.

Per maggiori informazioni e richiedere un primo supporto, qui tutti i nostri riferimenti del nostro studio di avvocati esperti in cancellazione debiti e decreti ingiuntivi:

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Informazioni importanti: Studio Monardo e avvocaticartellesattoriali.com operano su tutto il territorio italiano attraverso due modalità.

  1. Consulenza digitale: si svolge esclusivamente tramite contatti telefonici e successiva comunicazione digitale via e-mail o posta elettronica certificata. La prima valutazione, interamente digitale (telefonica), è gratuita, ha una durata di circa 15 minuti e viene effettuata entro un massimo di 72 ore. Consulenze di durata superiore sono a pagamento, calcolate in base alla tariffa oraria di categoria.
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La consulenza fisica, a differenza di quella digitale, viene organizzata a partire da due settimane dal primo contatto.

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