Come Opporsi Al Pignoramento Del Conto Corrente Aziendale e Cancellare I Debiti

Nel 2025, il pignoramento del conto corrente aziendale continua a essere uno degli strumenti più incisivi nelle mani dei creditori per il recupero di somme dovute. Le imprese, di fronte a difficoltà finanziarie o a contenziosi, possono trovarsi improvvisamente senza liquidità, mettendo a rischio la continuità operativa e la capacità di mantenere i propri impegni con fornitori e dipendenti.

I creditori, forti di titoli esecutivi, possono rivolgersi all’ufficiale giudiziario per bloccare le somme disponibili sul conto della società debitrice. Il blocco del conto corrente può avere effetti devastanti, paralizzando le operazioni quotidiane e creando una crisi a catena che può coinvolgere l’intera filiera produttiva.

Ma quali sono le regole attuali? È possibile difendersi? Esistono alternative per tutelare la propria impresa? Per comprendere meglio la situazione, è fondamentale analizzare il quadro normativo aggiornato e le strategie di tutela che gli imprenditori possono adottare.

Il quadro normativo si è evoluto con il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019), che ha introdotto strumenti per le aziende in difficoltà. Parallelamente, la legge sul sovraindebitamento offre soluzioni anche alle imprese non fallibili.

La normativa prevede misure specifiche per prevenire e gestire le crisi aziendali, con l’obiettivo di favorire la continuità dell’attività e preservare il tessuto economico. Le aziende, pertanto, non sono totalmente indifese di fronte al pignoramento del conto corrente.

Di fronte a un pignoramento, tempestività e strategia legale sono fondamentali. Un’azienda che subisce un blocco delle disponibilità bancarie può trovarsi nell’impossibilità di pagare dipendenti e fornitori, aggravando la propria situazione. In questi casi, è cruciale conoscere i propri diritti e valutare le azioni più efficaci per limitare i danni.

Vediamo quindi le principali domande che imprenditori e professionisti si pongono in merito al pignoramento del conto corrente aziendale nel 2025, analizzando le leggi in vigore, le possibilità di opposizione e gli strumenti di tutela disponibili. Affrontare un pignoramento con consapevolezza e preparazione può fare la differenza tra la sopravvivenza e il fallimento dell’azienda.

Ma andiamo ad approfondire con Studio Monardo, i legali specializzati in cancellazione debiti e pignoramenti dei conti correnti aziendali:

Come avviene il pignoramento del conto corrente aziendale e perché? Tutti i casi

Il pignoramento del conto corrente aziendale è una procedura esecutiva attraverso la quale un creditore ottiene il blocco e il prelievo forzato delle somme presenti su un conto intestato a un’azienda o a un lavoratore autonomo. Questo può avvenire per diversi motivi, ma il principale è il mancato pagamento di debiti contratti con banche, fornitori, enti pubblici o privati.

Come avviene il pignoramento del conto corrente aziendale?

Il processo di pignoramento segue alcune fasi ben precise:

  1. Notifica dell’atto di pignoramento: il creditore, una volta ottenuto un titolo esecutivo (ad esempio un decreto ingiuntivo, una sentenza o una cartella esattoriale), notifica all’istituto bancario il pignoramento, inviando un atto ufficiale. Contemporaneamente, il debitore viene informato dell’azione esecutiva.
  2. Blocco delle somme disponibili: la banca è obbligata a congelare le somme presenti sul conto fino all’importo pignorato. Se il saldo è inferiore al debito, l’intero importo disponibile viene bloccato.
  3. Udienza presso il giudice dell’esecuzione: entro un termine stabilito, le parti devono comparire davanti al tribunale per confermare l’azione esecutiva e definire il trasferimento delle somme al creditore.
  4. Assegnazione delle somme al creditore: se il giudice conferma il pignoramento, la banca trasferisce le somme al creditore per soddisfare il debito, fino a concorrenza dell’importo dovuto.

Perché può avvenire il pignoramento del conto aziendale? Tutti i casi principali

1. Debiti bancari o finanziari

Se un’azienda o un lavoratore autonomo ha prestiti o finanziamenti non rimborsati, la banca può attivare un’azione esecutiva per recuperare le somme dovute. Questo include mutui aziendali, leasing, fidi non rientrati o mancati pagamenti di carte di credito aziendali.

2. Debiti verso fornitori o partner commerciali

Se un’impresa o un autonomo non salda fatture commerciali, i fornitori possono avviare un pignoramento per ottenere il pagamento delle somme dovute. Questo accade spesso quando il debitore ha ricevuto merce o servizi senza onorare il pagamento nei termini concordati.

3. Debiti tributari e previdenziali (Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL)

Uno dei casi più frequenti riguarda il pignoramento fiscale, eseguito da enti pubblici come l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Questo avviene quando l’azienda non ha pagato:

  • IVA, IRPEF o IRES
  • Contributi previdenziali per i dipendenti (INPS)
  • Tasse locali, come IMU o TARI
  • Sanzioni amministrative e tributi arretrati

In questi casi, l’ente di riscossione può agire senza bisogno di un’autorizzazione giudiziaria, semplicemente notificando il pignoramento alla banca.

4. Pignoramento per mancato pagamento di salari ai dipendenti

Se un’azienda non paga gli stipendi o il TFR ai propri dipendenti, questi possono richiedere al tribunale il pignoramento delle somme presenti sul conto aziendale per ottenere il pagamento degli arretrati.

5. Pignoramento per assegni scoperti o cambiali non pagate

Se un’impresa ha emesso assegni senza copertura o cambiali insolute, i beneficiari possono avviare immediatamente un pignoramento, senza bisogno di un procedimento giudiziario complesso, grazie al valore esecutivo di questi titoli di credito.

6. Pignoramento per risarcimenti danni

Se un’azienda o un lavoratore autonomo è stato condannato a pagare un risarcimento danni (ad esempio per inadempimento contrattuale o responsabilità civile), il creditore può ottenere il pignoramento del conto aziendale per soddisfare la somma stabilita dal giudice.

Limiti e protezioni per il conto aziendale

A differenza dei conti personali, che possono essere soggetti a soglie di impignorabilità (come nel caso delle somme derivanti da stipendi o pensioni), il conto corrente aziendale non ha una protezione specifica, tranne nei casi in cui le somme siano essenziali per la continuità aziendale. Tuttavia, il debitore può:

  • Chiedere una rateizzazione del debito, se il creditore è un ente pubblico come l’Agenzia delle Entrate o l’INPS.
  • Presentare opposizione al pignoramento, se ci sono errori procedurali o se il debito è contestabile.
  • Chiedere la conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.), proponendo un pagamento rateale invece della sottrazione immediata delle somme.

In conclusione, il pignoramento del conto aziendale può derivare da debiti bancari, fiscali, commerciali o lavorativi e può bloccare le attività finanziarie dell’impresa o del lavoratore autonomo. Poiché il conto aziendale non gode delle stesse protezioni del conto personale, è fondamentale monitorare i debiti e adottare strategie preventive, come la rateizzazione o la negoziazione con i creditori, per evitare l’azione esecutiva.

Quali fondi possono essere pignorati sul conto aziendale e quanto di preciso?

Il pignoramento del conto aziendale rappresenta una delle azioni esecutive più incisive nei confronti delle imprese che si trovano in difficoltà finanziaria. Si tratta di una misura che consente ai creditori di bloccare le somme presenti sul conto dell’azienda e di soddisfare il proprio credito attingendo direttamente dalle disponibilità liquide dell’impresa. Tuttavia, la normativa italiana pone alcuni limiti e distinzioni riguardo ai fondi pignorabili e agli importi esatti che possono essere sottratti al titolare del conto.

Il primo aspetto da considerare riguarda la tipologia del conto corrente aziendale. Un conto intestato a una società di capitali, come una S.r.l. o una S.p.A., è giuridicamente separato dal patrimonio personale dei soci, il che significa che il pignoramento riguarda esclusivamente le somme appartenenti alla società. Nel caso di ditte individuali o società di persone (S.n.c. o S.a.s.), invece, la distinzione tra il patrimonio aziendale e quello personale è meno netta, rendendo potenzialmente pignorabili anche somme riconducibili all’imprenditore.

Ma quali fondi possono essere effettivamente pignorati?

Il codice di procedura civile stabilisce che possono essere oggetto di pignoramento tutti i fondi presenti sul conto al momento della notifica dell’atto esecutivo, con alcune eccezioni e limitazioni legali. In linea generale, il pignoramento può colpire qualsiasi somma disponibile sul conto aziendale fino all’importo necessario a soddisfare il credito vantato dal creditore. Tuttavia, esistono alcune situazioni in cui una parte delle somme può essere esclusa dal pignoramento o sottoposta a limiti particolari.

Un primo limite riguarda la provenienza delle somme depositate. Se il conto aziendale contiene fondi destinati a finalità specifiche, come ad esempio contributi pubblici vincolati a determinati progetti o somme accantonate per il pagamento delle imposte, potrebbe essere possibile ottenere la loro esclusione dal pignoramento. Tuttavia, per far valere questa tutela, è necessario dimostrare documentalmente la destinazione specifica delle somme, cosa che può risultare complessa in assenza di una contabilità chiara e separata.

Un altro aspetto fondamentale riguarda il pignoramento delle somme destinate al pagamento degli stipendi. La legge prevede che le somme necessarie per il pagamento delle retribuzioni ai dipendenti non possano essere interamente pignorate. In particolare, se il conto aziendale contiene somme destinate al pagamento delle buste paga, il datore di lavoro può opporsi al pignoramento dimostrando che tali fondi sono destinati esclusivamente a tale scopo.

Anche i crediti vantati dall’azienda nei confronti di terzi possono essere oggetto di pignoramento. Ad esempio, se un’azienda ha emesso fatture nei confronti dei clienti e tali somme vengono accreditate sul conto bancario, il creditore può pignorare direttamente questi fondi, impedendo all’azienda di utilizzarli per le proprie esigenze operative. Questo può rappresentare un grave problema di liquidità, soprattutto per le imprese che dipendono da incassi regolari per sostenere le proprie spese.

Ma quanto può essere effettivamente pignorato?

La normativa italiana stabilisce che il pignoramento può avvenire fino all’importo necessario a soddisfare il credito, ma vi sono alcuni limiti specifici da considerare. Se sul conto aziendale sono presenti somme superiori al debito oggetto dell’esecuzione, il pignoramento si limita all’importo necessario, lasciando disponibile la parte eccedente. Questo significa che un’azienda con disponibilità finanziarie elevate potrebbe subire solo un prelievo parziale, mentre un’impresa con un saldo limitato potrebbe vedere interamente bloccati i propri fondi.

Nel caso in cui il conto aziendale riceva regolarmente accrediti, il pignoramento può estendersi anche alle somme che verranno versate successivamente. Questo significa che, una volta notificato l’atto di pignoramento alla banca, tutte le somme accreditate sul conto verranno automaticamente destinate al soddisfacimento del credito fino a quando l’importo richiesto non sarà interamente saldato.

Esistono però alcune eccezioni importanti. Se il conto aziendale contiene somme provenienti da finanziamenti bancari destinati a scopi specifici, il pignoramento potrebbe non essere ammesso. Ad esempio, se un’azienda ha ottenuto un prestito vincolato a un investimento specifico, come l’acquisto di macchinari o il finanziamento di un progetto, tali somme potrebbero essere escluse dall’azione esecutiva. Anche in questo caso, però, è necessaria una chiara dimostrazione della destinazione vincolata dei fondi.

Un altro limite riguarda il pignoramento di somme derivanti da contributi pubblici. Se un’azienda riceve finanziamenti o contributi da enti pubblici per lo sviluppo di attività economiche o per la creazione di posti di lavoro, tali fondi potrebbero essere esclusi dal pignoramento. Questo avviene perché i contributi pubblici, essendo destinati a finalità di interesse generale, non possono essere sottratti all’azienda per soddisfare debiti privati, a meno che non si tratti di debiti nei confronti dello stesso ente erogatore.

Ma cosa accade se il conto aziendale è intestato a una società di capitali?

In questo caso, il pignoramento può colpire esclusivamente le somme appartenenti alla società, senza intaccare il patrimonio personale dei soci. Tuttavia, se i soci hanno prestato fideiussioni personali a garanzia dei debiti aziendali, il creditore può agire direttamente anche sui loro conti personali, estendendo così l’azione esecutiva oltre il patrimonio dell’impresa.

Un caso particolare riguarda le aziende che operano nel settore commerciale e hanno necessità di disporre di liquidità per l’acquisto di merci e il pagamento di fornitori. Il pignoramento del conto può paralizzare l’attività, rendendo impossibile la prosecuzione dell’impresa. Per questo motivo, in alcune situazioni, il debitore può chiedere al giudice una sospensione temporanea del pignoramento, dimostrando che il blocco delle somme metterebbe a rischio la continuità aziendale.

Un’altra strategia per limitare gli effetti del pignoramento è l’utilizzo di conti correnti dedicati. Alcune aziende scelgono di separare le proprie disponibilità finanziarie su diversi conti bancari, destinando ciascun conto a finalità specifiche, come il pagamento degli stipendi, delle imposte o degli acquisti. In questo modo, anche in caso di pignoramento, alcune somme possono rimanere disponibili per garantire la continuità dell’attività aziendale.

Infine, è importante considerare il ruolo della banca nel pignoramento del conto aziendale. Una volta ricevuto l’atto di pignoramento, l’istituto bancario ha l’obbligo di bloccare le somme presenti sul conto e di comunicarle all’ufficiale giudiziario. La banca non può opporsi al pignoramento, ma deve attenersi alle disposizioni del creditore e dell’autorità giudiziaria. Tuttavia, in alcuni casi, la banca può segnalare la presenza di somme vincolate o destinate a scopi specifici, consentendo al debitore di presentare opposizione.

In definitiva, il pignoramento del conto aziendale può rappresentare una seria minaccia per la continuità dell’impresa, ma esistono limiti e strumenti di tutela che possono essere utilizzati per ridurre il suo impatto. Conoscere i propri diritti e agire tempestivamente con il supporto di professionisti esperti può fare la differenza tra il salvataggio dell’attività e il rischio di un blocco finanziario irreversibile.

È possibile opporsi al pignoramento del conto corrente e come? Tutti i modi per farlo

Il pignoramento del conto corrente è una delle misure più aggressive adottate dai creditori per recuperare i propri crediti. Si tratta di un’azione esecutiva che consente al creditore di ottenere il blocco delle somme presenti sul conto del debitore e di sottrarre le disponibilità liquide fino alla concorrenza del credito vantato. Tuttavia, la legge prevede diversi strumenti per opporsi al pignoramento, sia per invalidarlo completamente che per ridurne gli effetti.

Ma è sempre possibile opporsi al pignoramento?

La risposta dipende da diversi fattori. In generale, un pignoramento può essere contestato se presenta vizi di forma, se viola norme di legge o se colpisce somme che non possono essere oggetto di esecuzione forzata. Esistono inoltre strumenti per dilazionare o sospendere l’esecuzione, permettendo al debitore di guadagnare tempo e cercare una soluzione alternativa.

Il primo modo per opporsi al pignoramento è verificare la correttezza formale dell’atto di pignoramento.

La legge impone che il pignoramento sia eseguito nel rispetto di precise regole procedurali. Ad esempio, l’atto deve contenere l’indicazione esatta del creditore, l’importo dovuto e il titolo esecutivo su cui si basa. Se l’atto di pignoramento presenta errori, il debitore può proporre opposizione per invalidarlo.

L’opposizione può essere presentata attraverso due strumenti principali:

  • L’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., che può essere proposta se il debitore contesta il diritto del creditore di procedere con l’esecuzione forzata. Ad esempio, se il debito è già stato estinto o se manca un titolo esecutivo valido.
  • L’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., che si basa su vizi formali del pignoramento, come errori di notifica o irregolarità nell’atto esecutivo.

Un altro modo per contrastare il pignoramento è dimostrare l’impignorabilità delle somme presenti sul conto corrente.

Non tutte le somme possono essere oggetto di pignoramento. La legge tutela alcune tipologie di entrate, limitandone o vietandone l’espropriazione da parte dei creditori. Ad esempio:

  • Stipendi e pensioni accreditati sul conto corrente sono parzialmente impignorabili. L’art. 545 c.p.c. stabilisce che, se lo stipendio o la pensione sono già depositati sul conto, il pignoramento può avvenire solo sulla parte eccedente il triplo dell’assegno sociale (circa 1.600 euro nel 2024).
  • I sussidi di natura assistenziale e previdenziale non possono essere pignorati. Se il conto contiene somme derivanti da indennità di invalidità, assegni sociali o altri sussidi pubblici, il debitore può opporsi al pignoramento e ottenerne la revoca.
  • I contributi pubblici destinati a finalità specifiche non possono essere pignorati. Ad esempio, fondi ricevuti da un’azienda per progetti di sviluppo o finanziamenti agevolati per l’attività produttiva possono essere esclusi dal pignoramento.

L’opposizione per impignorabilità può essere presentata al giudice dell’esecuzione, allegando la documentazione che prova la natura delle somme presenti sul conto corrente.

Un altro strumento di opposizione è la contestazione dell’importo pignorato.

Se il creditore ha pignorato un importo superiore a quanto effettivamente dovuto, il debitore può contestare l’esecuzione e chiedere una riduzione del pignoramento. Ciò accade, ad esempio, quando il creditore calcola interessi e spese in maniera errata o quando il pignoramento include somme già corrisposte.

Ma cosa accade se il pignoramento è stato già eseguito e il denaro è stato trasferito al creditore?

In questi casi, il debitore può comunque agire per ottenere la restituzione delle somme indebitamente pignorate. Se il pignoramento è stato dichiarato illegittimo, il creditore è obbligato a restituire le somme incassate in eccesso. Tuttavia, per ottenere il rimborso, è necessario un provvedimento del giudice che accerti l’illegittimità del pignoramento.

Esiste poi la possibilità di sospendere temporaneamente l’esecuzione.

Se il debitore è in grado di dimostrare che il pignoramento gli causa un danno grave e irreparabile, può chiedere la sospensione dell’esecuzione in attesa della decisione del giudice. La sospensione può essere richiesta nell’ambito di un’opposizione all’esecuzione o per motivi di grave difficoltà economica.

Un’altra strada per evitare il pignoramento è l’accordo con il creditore.

In molti casi, prima di arrivare alla fase esecutiva, il debitore può negoziare con il creditore un piano di rientro che preveda il pagamento del debito in maniera rateale. Se il creditore accetta, può rinunciare all’esecuzione e consentire al debitore di estinguere il debito senza subire il blocco del conto corrente.

Un’opzione particolarmente utile per le imprese e i lavoratori autonomi è l’accesso agli strumenti di composizione della crisi.

La legge prevede diverse procedure per consentire ai debitori di gestire la propria esposizione debitoria in modo ordinato e senza subire azioni esecutive:

  • Per le aziende e i professionisti, la composizione negoziata della crisi consente di rinegoziare il debito con i creditori, ottenendo la sospensione delle azioni esecutive, incluso il pignoramento del conto.
  • Per i privati e le piccole imprese, il piano del consumatore e la ristrutturazione dei debiti del sovraindebitato permettono di ridefinire il debito e ottenere la sospensione dell’esecuzione forzata.

Un’altra strategia per limitare gli effetti del pignoramento è l’utilizzo di un conto dedicato.

Separare le entrate su conti diversi può ridurre il rischio di blocco totale delle somme disponibili. Ad esempio, un lavoratore autonomo può aprire un conto specifico per il pagamento delle imposte e un altro per la gestione dell’attività corrente, riducendo l’impatto di un eventuale pignoramento.

Infine, è possibile opporsi al pignoramento dimostrando che il debito è stato già saldato o che il creditore sta agendo in modo abusivo.

Se il debitore ha già pagato la somma dovuta o se il creditore sta cercando di ottenere il pagamento di un importo non dovuto, può presentare opposizione per far valere i propri diritti. Questo accade, ad esempio, nei casi di doppia riscossione o quando il creditore non ha rispettato le procedure previste dalla legge.

In definitiva, il pignoramento del conto corrente non è un destino inevitabile e la legge offre diversi strumenti per contrastarlo. Conoscere i propri diritti e agire tempestivamente può fare la differenza tra la perdita delle proprie disponibilità finanziarie e la possibilità di difendersi efficacemente. Consultare un professionista esperto in diritto dell’esecuzione forzata è fondamentale per individuare la strategia più adatta e proteggere i propri interessi..

Il pignoramento del conto corrente può essere evitato e come?

La prevenzione è la miglior strategia. Le aziende possono adottare misure per ridurre il rischio di pignoramento, come:

  • Piani di ristrutturazione del debito, per concordare pagamenti rateizzati con i creditori, evitando così il rischio di azioni esecutive immediate e consentendo all’azienda di riorganizzare la propria esposizione finanziaria. Questi piani possono essere negoziati con istituti di credito, fornitori e altri soggetti interessati, prevedendo modalità di rimborso sostenibili e compatibili con le capacità finanziarie dell’impresa. Attraverso un’analisi accurata della situazione debitoria, è possibile definire strategie mirate per ridurre la pressione finanziaria e garantire la continuità operativa dell’azienda. Inoltre, alcuni strumenti giuridici possono agevolare la rinegoziazione dei debiti, come gli accordi di ristrutturazione previsti dal Codice della Crisi d’Impresa, che consentono all’azienda di ottenere una moratoria sui pagamenti e il blocco delle azioni esecutive mentre il piano viene approvato dai creditori e ratificato dal tribunale.
  • Fideiussioni o garanzie alternative, per offrire strumenti di pagamento diversi dai conti aziendali, come l’utilizzo di fideiussioni bancarie o assicurative che permettono di garantire il pagamento dei debiti senza intaccare direttamente la liquidità disponibile. Queste soluzioni possono essere particolarmente utili nelle trattative con i fornitori, offrendo loro un’ulteriore sicurezza nei pagamenti e consentendo all’impresa di mantenere operativa la propria attività. Inoltre, strumenti di garanzia come il pegno su beni aziendali o l’escrow account possono rappresentare valide alternative per gestire i rapporti con i creditori senza esporre il conto corrente al rischio di pignoramento immediato.
  • Gestione preventiva dei contenziosi, con accordi transattivi prima dell’avvio di esecuzioni forzate. Un’azienda che affronta difficoltà finanziarie può trarre grande vantaggio dall’anticipare le negoziazioni con i creditori, evitando così di incorrere in azioni esecutive che potrebbero compromettere la continuità aziendale. La transazione preventiva consente di rivedere le condizioni di pagamento, dilazionare il debito e ridurre l’importo complessivo dovuto attraverso accordi con i creditori, spesso mediati da professionisti esperti in diritto bancario e commerciale. Un aspetto fondamentale di questa strategia è la possibilità di consolidare i debiti e negoziare condizioni favorevoli prima che la situazione diventi ingestibile. Le aziende possono ricorrere a strumenti di mediazione e conciliazione per trovare soluzioni condivise, evitando i costi e i tempi lunghi di un procedimento esecutivo. Infine, la gestione preventiva dei contenziosi non solo aiuta a proteggere la liquidità aziendale, ma consente anche di mantenere buoni rapporti con fornitori e istituti di credito, evitando il deterioramento dell’affidabilità finanziaria dell’impresa.

Il Codice della Crisi d’Impresa può aiutare un’azienda con il conto pignorato?

Sì, il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) ha introdotto procedure di composizione della crisi che possono sospendere le azioni esecutive, compreso il pignoramento del conto corrente. Queste misure offrono alle imprese un’opportunità di riorganizzazione, permettendo loro di ristrutturare il proprio debito e di continuare ad operare senza subire l’immediato congelamento delle risorse finanziarie.

Strumenti come la composizione negoziata della crisi e il concordato preventivo permettono alle imprese di negoziare con i creditori senza subire blocchi immediati delle proprie risorse e di predisporre piani di rientro sostenibili. La composizione negoziata, in particolare, consente agli imprenditori di dialogare con i creditori in un contesto protetto, evitando procedure concorsuali più invasive. Il concordato preventivo, invece, rappresenta una soluzione per chi necessita di una ristrutturazione più complessa, garantendo comunque la prosecuzione dell’attività aziendale.

Queste procedure, se gestite correttamente, consentono di preservare la continuità dell’impresa e di evitare la perdita di credibilità sul mercato, elemento essenziale per la ripresa e la stabilità finanziaria nel lungo termine.

Quali tutele offre la legge sul sovraindebitamento alle aziende non fallibili?

Per le imprese non soggette a procedure concorsuali, la Legge 3/2012, ora inserita nel Codice della Crisi, offre strumenti di esdebitazione per chi non riesce a far fronte ai Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019) rappresenta un importante strumento per le aziende in difficoltà finanziaria, comprese quelle che hanno subito il pignoramento del conto corrente aziendale. Grazie alle procedure previste dal codice, un’azienda può bloccare le azioni esecutive, ristrutturare il proprio debito e recuperare la liquidità necessaria per continuare l’attività.

Come il Codice della Crisi può intervenire sul pignoramento del conto aziendale?

Quando un’azienda subisce un pignoramento del conto, significa che uno o più creditori hanno ottenuto il diritto di prelevare forzatamente le somme disponibili per soddisfare un credito non pagato. In questo caso, il Codice della Crisi prevede diverse soluzioni che possono sospendere il pignoramento e consentire un piano di risanamento.

Le principali procedure a cui un’azienda può accedere sono:

1. Composizione negoziata della crisi (Art. 12-25 del Codice della Crisi)

Questo strumento è stato introdotto per offrire alle imprese in difficoltà un percorso di ristrutturazione extragiudiziale. Se l’azienda dimostra di avere possibilità di ripresa, può chiedere la nomina di un esperto indipendente che aiuti a negoziare con i creditori un accordo per sospendere le azioni esecutive, incluso il pignoramento del conto corrente. Durante la composizione negoziata, il tribunale può bloccare le esecuzioni forzate per 180 giorni, consentendo all’impresa di trovare una soluzione senza perdere la liquidità disponibile.

2. Concordato preventivo in continuità aziendale (Art. 84-120)

Se l’azienda non può risolvere la crisi solo con una negoziazione, può accedere al concordato preventivo. Questo meccanismo permette di bloccare i pignoramenti e ristrutturare il debito con l’approvazione del tribunale e dei creditori. Il concordato può prevedere:

  • Un piano di pagamento dilazionato e sostenibile.
  • L’utilizzo della liquidità aziendale per rilanciare l’impresa.
  • La possibilità di ridurre il debito attraverso un accordo con i creditori.

Se il tribunale accetta il piano, i pignoramenti in corso vengono sospesi e l’azienda può continuare a operare senza il rischio di perdere le proprie risorse finanziarie.

3. Accordo di ristrutturazione dei debiti (Art. 57-64)

Questo strumento consente alle aziende di negoziare direttamente con i creditori per ottenere una riduzione del debito e la sospensione delle esecuzioni forzate. Se il 60% dei creditori accetta il piano di ristrutturazione, il tribunale lo omologa e tutti i pignoramenti in corso vengono bloccati o ridotti, permettendo all’azienda di recuperare il controllo del proprio conto corrente.

4. Procedura di liquidazione giudiziale (Art. 121-215)

Se l’azienda è in uno stato di insolvenza irreversibile e non è possibile ristrutturare il debito, il Codice della Crisi prevede la liquidazione giudiziale, che sostituisce il vecchio fallimento. Anche in questo caso, il pignoramento del conto viene sospeso e le risorse aziendali vengono gestite in modo ordinato per coprire i debiti. Se esistono margini di continuità aziendale, il tribunale può autorizzare l’imprenditore a proseguire l’attività, garantendo una gestione controllata delle finanze.

Quali sono i vantaggi per un’azienda con il conto pignorato?

Grazie alle procedure del Codice della Crisi, un’azienda che ha subito il pignoramento del conto può:
Bloccare o sospendere l’azione esecutiva, evitando il prelievo forzato delle somme disponibili.
Negoziare un piano di rientro con i creditori, ottenendo condizioni di pagamento più favorevoli.
Mantenere la continuità aziendale, evitando il blocco dell’operatività e garantendo la gestione delle spese correnti.
Ridurre il debito, attraverso accordi di ristrutturazione o concordati con i creditori.
Evitare la chiusura forzata, grazie a strumenti che permettono di rilanciare l’impresa prima che la crisi diventi irreversibile.

In conclusione, il Codice della Crisi d’Impresa offre diverse soluzioni per un’azienda che ha subito il pignoramento del conto corrente, permettendo di sospendere le azioni esecutive e trovare una strategia per ristrutturare il debito. L’importante è agire tempestivamente, avviando una delle procedure previste prima che la situazione peggiori, garantendo così la continuità dell’attività e la tutela delle risorse finanziarie.

Come ti può aiutare Studio Monardo in caso di pignoramento del conto corrente aziendale

L’Avvocato Monardo coordina avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale nel settore del diritto bancario e tributario. Offre soluzioni personalizzate per imprese in difficoltà, assistendo nella gestione di pignoramenti, ristrutturazioni aziendali e crisi finanziarie. Grazie alla sua profonda conoscenza del quadro normativo, è in grado di individuare le migliori strategie per tutelare il patrimonio aziendale e garantire la continuità operativa delle imprese coinvolte in procedure esecutive.

È inoltre Gestore della Crisi da Sovraindebitamento (L. 3/2012) ed è iscritto negli elenchi del Ministero della Giustizia. Collabora con un Organismo di Composizione della Crisi per fornire assistenza mirata a imprenditori e aziende, affiancandole nelle procedure di composizione negoziata e negli accordi di ristrutturazione del debito. Attraverso una rete di professionisti altamente qualificati, l’Avvocato Monardo si occupa di fornire consulenze legali e soluzioni concrete per evitare la paralisi finanziaria e ridurre il rischio di insolvenza.

Con una lunga esperienza nel settore, si distingue per la capacità di individuare soluzioni innovative e personalizzate, intervenendo tempestivamente per prevenire e gestire le criticità aziendali, tutelando gli interessi degli imprenditori e consentendo loro di recuperare stabilità economica.

Come ottenere una consulenza per proteggere il conto aziendale?

Se la tua azienda sta affrontando un pignoramento o vuoi prevenire il rischio, è essenziale agire con tempestività. Ogni momento perso potrebbe complicare ulteriormente la situazione e limitare le opzioni disponibili per una risoluzione favorevole.

Affrontare un pignoramento senza una strategia adeguata può compromettere la stabilità finanziaria dell’impresa, rendendo più difficile la gestione della liquidità e dei rapporti con fornitori e creditori. Un’azione rapida e mirata può fare la differenza tra il recupero della stabilità economica e il rischio di insolvenza.

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