Il pignoramento per un libero professionista rappresenta una delle situazioni più gravi e destabilizzanti che si possano verificare. Quando un creditore, privato o pubblico, avvia un’azione esecutiva, il rischio di vedersi sottratti conti bancari, compensi e beni strumentali è altissimo. Questo può compromettere in maniera significativa la capacità del professionista di svolgere la propria attività, mettendo a rischio non solo il suo reddito, ma anche la sua reputazione.
È possibile difendersi da un pignoramento se si è un libero professionista? La legge prevede diversi strumenti di tutela, sia in fase preventiva sia successiva al pignoramento, permettendo di arginare le conseguenze negative e di mantenere la continuità lavorativa. Conoscere le norme, i limiti legali del pignoramento e le soluzioni più efficaci per difendersi è fondamentale per chiunque operi con partita IVA.
Cosa dice la legge riguardo al pignoramento del libero professionista?
Il pignoramento del libero professionista è regolato da diverse disposizioni del Codice di Procedura Civile (c.p.c.), del Codice Civile e dalle norme sulla riscossione dei crediti da parte di enti pubblici e privati. Sebbene il libero professionista non sia equiparato a un lavoratore dipendente, la legge prevede specifiche tutele per garantire la continuità della sua attività lavorativa, pur consentendo ai creditori di recuperare le somme dovute attraverso strumenti di esecuzione forzata.
Il pignoramento del conto corrente intestato al professionista è disciplinato dagli artt. 492 e 543 c.p.c.. Il creditore, munito di un titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo o cartella esattoriale definitiva), può notificare alla banca un atto di pignoramento presso terzi, bloccando le somme disponibili fino a concorrenza del debito. Tuttavia, ai sensi dell’art. 545 c.p.c., il professionista può opporsi chiedendo al giudice dell’esecuzione di escludere dal pignoramento le somme necessarie per il pagamento di spese lavorative essenziali o per la gestione quotidiana dell’attività. Se il pignoramento riguarda un conto corrente misto, utilizzato sia per spese personali che professionali, il debitore può dimostrare che una parte del saldo è destinata a spese vitali e richiederne la liberazione.
Un’altra modalità di esecuzione forzata è il pignoramento dei crediti vantati dal professionista nei confronti dei propri clienti, disciplinato dagli artt. 492, 543 e 546 c.p.c.. Se il creditore conosce i soggetti che devono pagare il professionista per prestazioni già effettuate, può notificare loro un atto di pignoramento, obbligandoli a versare direttamente al creditore le somme dovute anziché al debitore. Questa forma di pignoramento è particolarmente gravosa, poiché può bloccare il flusso di reddito necessario alla sopravvivenza economica del professionista. Tuttavia, l’art. 548 c.p.c. stabilisce che il giudice può limitare il pignoramento a una percentuale sostenibile dei crediti in entrata, garantendo un minimo di liquidità al debitore.
A differenza dei lavoratori dipendenti, il libero professionista non ha una protezione automatica sul proprio reddito, come la soglia del quinto dello stipendio prevista per i dipendenti dall’art. 545 c.p.c.. Tuttavia, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., il giudice può valutare caso per caso se il pignoramento integrale di un compenso sia eccessivamente lesivo e stabilire una quota di trattenuta che consenta al professionista di mantenere la propria attività.
Se il professionista possiede beni mobili strumentali, come computer, attrezzature, strumenti di lavoro o veicoli necessari all’attività, il creditore può chiedere il pignoramento mobiliare, disciplinato dagli artt. 513-518 c.p.c.. Tuttavia, l’art. 515 c.p.c. stabilisce che gli strumenti indispensabili per l’esercizio della professione non possono essere pignorati oltre il limite di un quinto del loro valore, a meno che il debito non derivi da imposte o tributi dovuti allo Stato. Se il professionista dimostra che il bene pignorato è essenziale per l’esercizio della professione, il giudice può escluderlo dalla vendita all’asta o limitarne l’esecuzione.
Nel caso di debiti fiscali, la procedura esecutiva segue regole diverse. Ai sensi dell’art. 72-bis del DPR n. 602/1973, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere al pignoramento senza dover ottenere un provvedimento del tribunale, notificando direttamente al debitore un atto di pignoramento esattoriale. L’ente può aggredire i conti correnti, i crediti verso clienti e persino i beni immobili del professionista. Tuttavia, il debitore può accedere alla rateizzazione del debito fiscale ai sensi dell’art. 19 del DPR n. 602/1973, che sospende automaticamente le azioni esecutive, compreso il pignoramento. Se il pignoramento immobiliare è già stato avviato, il professionista può presentare un’istanza per la conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.), offrendo il pagamento dilazionato del debito in cambio della revoca della procedura esecutiva.
Una delle soluzioni più efficaci per bloccare il pignoramento è la procedura di sovraindebitamento, prevista dalla Legge n. 3/2012 e ora integrata nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019). Se il professionista dimostra di non poter far fronte ai propri debiti senza compromettere la continuità della propria attività, il giudice può concedere la sospensione immediata delle esecuzioni in corso, inclusi i pignoramenti su conti correnti e crediti. Le principali opzioni offerte dalla legge sono:
- Il Piano del Consumatore (art. 67 CCII), se i debiti sono di natura personale e non connessi a un’attività imprenditoriale, che permette di ristrutturare il debito con un piano di pagamento sostenibile.
- L’Accordo con i Creditori (art. 74 CCII), che consente di negoziare con i creditori un piano di rientro approvato dal tribunale.
- La Liquidazione del Patrimonio (art. 268 CCII), che prevede la vendita di alcuni beni per soddisfare i creditori, ma garantisce la possibilità di mantenere quelli essenziali per l’attività lavorativa.
Nel caso in cui il pignoramento riguardi beni immobili di proprietà del professionista, come lo studio professionale o l’abitazione principale, il creditore può procedere con il pignoramento immobiliare ai sensi degli artt. 555-598 c.p.c.. Tuttavia, ai sensi dell’art. 76 del DPR n. 602/1973, se il creditore è l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e l’immobile è l’unica abitazione del debitore, il pignoramento non è ammesso se il debito non supera i 120.000 euro e l’immobile non è di lusso. Inoltre, se il professionista dimostra che la vendita dell’immobile comprometterebbe definitivamente la possibilità di generare reddito, può chiedere al giudice una soluzione alternativa, come un piano di rientro rateale.
Per difendersi dal pignoramento, il professionista può adottare diverse strategie. Se il pignoramento è ancora in fase iniziale, può tentare una transazione con il creditore, proponendo un saldo e stralcio, ossia il pagamento immediato di una parte del debito in cambio della rinuncia alla procedura esecutiva. Se il pignoramento è già stato attuato, può presentare opposizione ai sensi degli artt. 615 o 617 c.p.c., contestando eventuali vizi formali o illegittimità nella notifica.
Sebbene il libero professionista non goda delle stesse tutele di un lavoratore dipendente, il quadro normativo prevede strumenti per evitare che il pignoramento comprometta completamente l’attività lavorativa. Agire tempestivamente con l’assistenza di un avvocato esperto in diritto esecutivo e fiscale è essenziale per individuare la strategia più adatta e limitare gli effetti della procedura esecutiva, garantendo la continuità del lavoro e la sostenibilità economica.
Il conto corrente del libero professionista può essere pignorato, quando e come?
Il conto corrente del libero professionista può essere pignorato quando il professionista ha debiti nei confronti di privati, banche, finanziarie o enti pubblici, come l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. La normativa che disciplina questa forma di esecuzione forzata è contenuta negli artt. 492, 543 e 545 del Codice di Procedura Civile (c.p.c.) e nell’art. 72-bis del DPR n. 602/1973, che regola il pignoramento esattoriale.
Il pignoramento può avvenire solo se il creditore è in possesso di un titolo esecutivo, come una sentenza di condanna, un decreto ingiuntivo definitivo o una cartella esattoriale non pagata. Una volta ottenuto il titolo, il creditore deve notificare al debitore l’atto di precetto, che costituisce un ultimo avviso per il pagamento del debito entro 10 giorni. Se il debitore non provvede al saldo, il creditore può procedere con il pignoramento presso terzi, che consiste nel blocco delle somme depositate sul conto corrente del professionista.
L’atto di pignoramento viene notificato alla banca presso cui è intestato il conto e al professionista debitore. Dal momento della notifica, la banca è obbligata a bloccare le somme presenti sul conto fino alla concorrenza del debito, senza consentire al titolare di prelevarle o utilizzarle. Il professionista ha comunque diritto a ricevere notificazione dell’atto e può proporre opposizione al pignoramento ai sensi dell’art. 615 c.p.c., qualora vi siano irregolarità nella procedura o se il debito è contestabile.
Se il professionista utilizza un conto corrente misto, ossia uno stesso conto per incassare i compensi professionali e per gestire spese personali, il giudice può valutare la situazione caso per caso e stabilire che una parte delle somme pignorate sia sbloccata per consentire al debitore di proseguire la propria attività. Inoltre, se il pignoramento riguarda crediti futuri, cioè somme che devono ancora essere accreditate sul conto, l’efficacia del pignoramento sarà limitata alle somme effettivamente disponibili al momento dell’esecuzione.
Il pignoramento del conto corrente da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione segue una procedura semplificata rispetto a quella dei creditori privati. Ai sensi dell’art. 72-bis del DPR n. 602/1973, l’Agenzia può notificare direttamente alla banca un ordine di pagamento immediato, senza necessità di un provvedimento giudiziario. Questo significa che, a differenza di un normale pignoramento presso terzi, non è necessario attendere l’udienza di assegnazione delle somme: la banca è obbligata a versare l’importo pignorato direttamente all’ente di riscossione dopo 60 giorni dalla notifica del pignoramento, salvo sospensione ottenuta dal debitore.
Il professionista può difendersi dal pignoramento del proprio conto corrente in diversi modi. Se ritiene che vi siano vizi di forma nell’atto di pignoramento, può proporre un’opposizione ex art. 617 c.p.c., mentre se intende contestare l’esistenza o l’esigibilità del debito, può agire con opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c.. Inoltre, se il pignoramento mette a rischio la prosecuzione dell’attività lavorativa, può chiedere al giudice di limitare l’entità del pignoramento, dimostrando che le somme bloccate sono necessarie per il pagamento di spese essenziali, come affitti, utenze o stipendi di collaboratori.
Se il pignoramento deriva da debiti fiscali, una soluzione efficace è la rateizzazione del debito con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, prevista dall’art. 19 del DPR n. 602/1973. Presentando domanda di rateizzazione prima che il pagamento sia eseguito, il pignoramento viene sospeso automaticamente e le somme bloccate possono essere rese disponibili al professionista.
Un’altra possibilità è la procedura di sovraindebitamento, regolata dalla Legge n. 3/2012, oggi parte del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019). Attraverso questa procedura, il professionista può ottenere la sospensione delle esecuzioni in corso e proporre un piano di rientro sostenibile per il pagamento dei debiti.
Se il conto corrente è pignorato, il professionista deve agire rapidamente per evitare che le somme bloccate vengano definitivamente trasferite al creditore. Un avvocato esperto in diritto esecutivo può verificare la correttezza della procedura, presentare opposizione se necessario e individuare la strategia migliore per tutelare il debitore, garantendo la continuità della sua attività lavorativa.
È possibile pignorare i crediti che un libero professionista ha verso i clienti?
Il pignoramento dei crediti vantati da un libero professionista nei confronti dei propri clienti è una misura esecutiva prevista dagli artt. 492, 543 e 546 del Codice di Procedura Civile (c.p.c.), che consente ai creditori di espropriare le somme che il professionista deve ancora incassare per prestazioni già effettuate. Questa procedura, nota come pignoramento presso terzi, si applica quando un creditore, munito di titolo esecutivo, intende soddisfare il proprio credito bloccando i pagamenti che i clienti del professionista devono ancora effettuare.
Il pignoramento può avvenire solo se il creditore dispone di un titolo esecutivo, come una sentenza di condanna, un decreto ingiuntivo definitivo o una cartella esattoriale non pagata. Dopo la notifica dell’atto di precetto, che intima il pagamento entro 10 giorni, il creditore può procedere con il pignoramento notificando l’atto di pignoramento presso terzi sia al professionista debitore che ai suoi clienti. Da quel momento, i clienti del professionista pignorato non possono più effettuare i pagamenti direttamente a lui, ma devono dichiarare al tribunale quali somme devono ancora versare e attendere l’ordine del giudice su come procedere.
Ai sensi dell’art. 546 c.p.c., il terzo pignorato (cioè il cliente del professionista) è obbligato a rendere una dichiarazione sul proprio debito nei confronti del professionista. Se il cliente non effettua la dichiarazione, il giudice può considerare esistente il debito e disporre l’assegnazione delle somme al creditore. Se invece il cliente conferma l’esistenza del debito, il giudice può ordinare che le somme dovute vengano versate direttamente al creditore anziché al professionista pignorato.
L’efficacia del pignoramento dipende dalla tipologia di crediti coinvolti. Se il credito è certo, liquido ed esigibile, il giudice può assegnarlo immediatamente al creditore. Se invece il credito è futuro o condizionato (ad esempio, dipende dall’esecuzione di una prestazione non ancora completata), il pignoramento può avere efficacia solo al momento in cui il credito diventa esigibile.
A differenza del pignoramento dello stipendio, che prevede limiti massimi di trattenuta (solitamente un quinto del netto per debiti ordinari, come stabilito dall’art. 545 c.p.c.), il pignoramento dei crediti professionali non ha un limite fisso. Tuttavia, il giudice può valutare se il pignoramento di tutte le somme dovute comprometta la sopravvivenza economica del professionista e, in tal caso, disporre il pignoramento solo di una parte dei crediti, lasciando al professionista una quota sufficiente per proseguire la propria attività.
Se il pignoramento viene eseguito da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, la procedura è ancora più rapida ed efficace. Ai sensi dell’art. 72-bis del DPR n. 602/1973, l’Agenzia può notificare direttamente ai clienti del professionista un atto di pignoramento esattoriale, obbligandoli a versare le somme dovute direttamente all’ente di riscossione senza passare dal tribunale. Se il professionista intende bloccare il pignoramento, può presentare opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., se ritiene che il debito non sia dovuto o sia già stato estinto, oppure può chiedere la rateizzazione del debito fiscale ai sensi dell’art. 19 del DPR n. 602/1973, che comporta la sospensione automatica delle esecuzioni in corso.
Il professionista può difendersi dal pignoramento dei crediti anche attraverso la procedura di sovraindebitamento, prevista dalla Legge n. 3/2012, oggi inclusa nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019). Se il giudice accetta la richiesta, il professionista ottiene la sospensione delle esecuzioni, compreso il pignoramento dei crediti, e può proporre un piano di ristrutturazione del debito che consenta la continuità della sua attività.
Se il pignoramento è già stato notificato ai clienti del professionista, una delle strategie più efficaci per evitarne gli effetti è negoziare direttamente con il creditore, proponendo un saldo e stralcio, ovvero il pagamento immediato di una parte del debito in cambio della rinuncia alla procedura esecutiva. In alternativa, il professionista può chiedere al giudice una riduzione del pignoramento, dimostrando che l’assegnazione dell’intero credito metterebbe a rischio la prosecuzione dell’attività lavorativa.
In sintesi, il pignoramento dei crediti di un libero professionista verso i propri clienti è possibile, ma può essere limitato o sospeso se compromette la continuità della professione. Il professionista ha a disposizione diversi strumenti legali per difendersi, tra cui l’opposizione al pignoramento, la rateizzazione dei debiti fiscali e il ricorso alla procedura di sovraindebitamento. Agire tempestivamente con l’aiuto di un avvocato specializzato in diritto esecutivo è essenziale per limitare i danni e garantire la continuità dell’attività professionale.
Come avviene il pignoramento di un libero professionista da parte dell’Agenzia Entrate Riscossione
Il pignoramento da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (AER) è una delle forme più incisive di recupero forzato dei crediti fiscali e contributivi nei confronti di un libero professionista. A differenza dei creditori privati, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha la facoltà di procedere con l’esecuzione forzata in maniera più diretta, senza la necessità di ottenere un provvedimento del tribunale. Ma come avviene concretamente il pignoramento? Quali sono i limiti e le tutele per il professionista?
1. Emissione della cartella esattoriale
Il primo passo per il pignoramento è la notifica della cartella esattoriale. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione agisce per il recupero di tributi non versati (IVA, IRPEF, contributi previdenziali INPS, IMU, ecc.) e, in caso di mancato pagamento, emette una cartella esattoriale. Questa cartella è un titolo esecutivo e costituisce la base giuridica per l’eventuale pignoramento.
Il libero professionista, una volta ricevuta la cartella, ha un termine di 60 giorni per pagarla o impugnarla. Se il professionista non reagisce entro questo termine, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può avviare direttamente le procedure di pignoramento senza dover passare per il tribunale.
2. Preavviso di pignoramento e intimazione di pagamento
Prima di procedere con il pignoramento vero e proprio, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione invia un preavviso di pignoramento, che rappresenta un’ultima possibilità per il debitore di evitare l’esecuzione forzata. Questo avviso concede al professionista un ulteriore termine per pagare il debito o avviare una richiesta di rateizzazione.
Se il debitore non agisce, l’Agenzia può procedere con il pignoramento senza necessità di ulteriori notifiche.
3. Tipologie di pignoramento applicabili ai liberi professionisti
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha a disposizione diverse modalità per pignorare i beni e i crediti di un libero professionista:
- Pignoramento del conto corrente
- Pignoramento presso terzi (crediti professionali)
- Pignoramento di beni mobili e immobili
Pignoramento del conto corrente
Il pignoramento del conto corrente è uno dei metodi più rapidi e diretti per recuperare il credito. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione invia direttamente alla banca un ordine di blocco delle somme depositate sul conto corrente del professionista.
A differenza di un normale pignoramento presso terzi, che richiede un intervento del giudice, l’ordine dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha efficacia immediata, e il professionista potrebbe scoprire del pignoramento solo nel momento in cui tenta di accedere ai fondi.
Tuttavia, il pignoramento del conto corrente deve rispettare alcuni limiti:
- Se il conto è intestato esclusivamente al professionista, tutte le somme presenti possono essere pignorate fino all’importo del debito.
- Se il conto è utilizzato per ricevere pagamenti professionali, il professionista può chiedere una riduzione del pignoramento per garantire la continuità della sua attività.
- Se il conto contiene somme derivanti da stipendi o pensioni, il pignoramento deve rispettare il limite del quinto previsto per legge.
Pignoramento presso terzi (crediti professionali)
Un’altra modalità molto utilizzata dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione per pignorare un libero professionista è il pignoramento presso terzi. In questo caso, invece di agire direttamente sul conto corrente, l’Agenzia notifica il pignoramento ai clienti del professionista, ordinando loro di versare direttamente a lei le somme dovute per prestazioni già effettuate.
Questo tipo di pignoramento è particolarmente insidioso perché può compromettere il rapporto tra il professionista e i suoi clienti. Una volta notificato l’atto, il cliente del professionista è obbligato a trattenere e versare all’Agenzia delle Entrate-Riscossione l’importo richiesto. Se il cliente non adempie a questo obbligo, rischia di diventare a sua volta responsabile del pagamento.
Anche in questo caso, il professionista può contestare il pignoramento dimostrando che le somme pignorate sono necessarie per la sua attività o che il debito è stato già saldato.
Pignoramento di beni mobili e immobili
Se il professionista possiede beni mobili registrati (come automobili) o immobili, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere con il pignoramento e la successiva vendita all’asta.
Nel caso del pignoramento immobiliare, esistono limiti precisi:
- L’Agenzia non può pignorare la prima casa se è l’unico immobile di proprietà del professionista e se vi risiede anagraficamente.
- Se il professionista possiede più immobili, il pignoramento può avvenire senza particolari limitazioni.
4. Opposizione al pignoramento
Il professionista ha diverse possibilità per opporsi al pignoramento o limitarne gli effetti:
- Dimostrare che il debito non è dovuto o che è già stato pagato
- Dimostrare che il pignoramento compromette gravemente la continuità dell’attività professionale
- Chiedere la rateizzazione del debito per ottenere la sospensione del pignoramento
Se il professionista ritiene che il pignoramento sia illegittimo, può presentare un’opposizione al giudice dell’esecuzione, chiedendo la revoca della misura. Se l’opposizione viene accolta, il pignoramento viene sospeso o annullato.
5. Sospensione e rateizzazione del debito
Un modo efficace per evitare il pignoramento è richiedere la rateizzazione del debito. Se il professionista ottiene un piano di rateizzazione, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può procedere con il pignoramento finché le rate vengono regolarmente pagate.
Le principali opzioni di rateizzazione sono:
- Piano ordinario fino a 72 rate (per debiti fino a 60.000 euro, con domanda automatica)
- Piano straordinario fino a 120 rate (per chi dimostra una grave difficoltà economica)
Se il debitore interrompe il pagamento delle rate, l’Agenzia può riprendere immediatamente le procedure di pignoramento.
In conclusione, il pignoramento di un libero professionista da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione è una procedura esecutiva estremamente rapida ed efficace. L’Agenzia può agire senza l’intervento del tribunale e bloccare direttamente conti correnti, crediti professionali e, in alcuni casi, beni immobili.
Tuttavia, il professionista ha diverse possibilità per difendersi e limitare gli effetti del pignoramento, tra cui:
- Rateizzazione del debito per evitare l’esecuzione forzata
- Opposizione al pignoramento se vi sono irregolarità o vizi di notifica
- Riduzione dell’importo pignorato per garantire la continuità dell’attività lavorativa
Per evitare il rischio di pignoramento, è fondamentale monitorare la propria posizione fiscale e previdenziale e intervenire tempestivamente per trovare soluzioni prima che l’Agenzia avvii le procedure esecutive.
Tutti i modi per fermare un pignoramento di un libero professionista
Il pignoramento di un libero professionista può essere bloccato attraverso diversi strumenti legali e strategie difensive, a seconda dello stato della procedura e del tipo di debito. Esistono rimedi giudiziali, amministrativi e negoziali che permettono di sospendere o annullare l’esecuzione forzata, proteggendo il patrimonio e garantendo la continuità dell’attività lavorativa.
Il primo strumento a disposizione è l’opposizione al pignoramento, regolata dagli artt. 615 e 617 del Codice di Procedura Civile (c.p.c.). Se il professionista ritiene che il pignoramento sia illegittimo o affetto da vizi formali, può presentare opposizione al giudice dell’esecuzione. L’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) è utile quando si contesta l’esistenza del debito o la sua esigibilità, ad esempio se il debito è prescritto o già pagato. L’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) si basa invece su vizi procedurali, come errori nella notifica o nell’importo richiesto. Se il giudice accoglie il ricorso, il pignoramento può essere sospeso o dichiarato nullo.
Un altro metodo per bloccare il pignoramento è la conversione del pignoramento, prevista dall’art. 495 c.p.c.. Questa procedura consente al professionista di evitare la vendita forzata dei beni versando una somma pari al debito, maggiorata di spese e interessi. Se il giudice accetta la richiesta, il pignoramento viene sostituito dal versamento di un importo concordato, che può essere pagato anche a rate, permettendo al professionista di mantenere la disponibilità dei propri beni.
Se il pignoramento riguarda il conto corrente professionale, è possibile richiedere al giudice lo sblocco delle somme necessarie per la gestione dell’attività lavorativa. Secondo l’art. 545 c.p.c., alcune somme possono essere dichiarate impignorabili se dimostrate indispensabili per la sopravvivenza economica del debitore. Inoltre, se il conto corrente è utilizzato sia per scopi personali che lavorativi, il giudice può ordinare una separazione delle somme, limitando il pignoramento solo a una parte del saldo disponibile.
Nel caso in cui il pignoramento colpisca i crediti che il professionista vanta nei confronti dei propri clienti, il libero professionista può proporre un’opposizione ex art. 546 c.p.c., sostenendo che il pignoramento di tutti i compensi renderebbe impossibile la prosecuzione della sua attività. Se il giudice accoglie la richiesta, può stabilire che solo una percentuale dei crediti venga destinata al creditore, lasciando al professionista la liquidità necessaria per operare.
Se il debito deriva da obbligazioni fiscali, il pignoramento può essere fermato tramite la rateizzazione del debito con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, ai sensi dell’art. 19 del DPR n. 602/1973. La richiesta di rateizzazione sospende automaticamente l’esecuzione forzata, impedendo il blocco del conto corrente e la riscossione forzata dei crediti professionali. In alcuni casi, è possibile anche ottenere la riduzione dell’importo mensile da versare, in base alla capacità reddituale del professionista.
Un’altra soluzione per fermare il pignoramento è l’accordo con il creditore, noto come saldo e stralcio. Questa strategia prevede una trattativa diretta con il creditore, che può accettare il pagamento immediato di una parte del debito in cambio della rinuncia alla procedura esecutiva. Il saldo e stralcio è spesso utilizzato in presenza di debiti bancari o con finanziarie, poiché permette al creditore di recuperare rapidamente una parte del credito senza attendere i lunghi tempi delle esecuzioni forzate.
Se il professionista si trova in una situazione di grave difficoltà economica, può accedere alla procedura di sovraindebitamento, prevista dalla Legge n. 3/2012 e ora inserita nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019). Questa procedura consente di rinegoziare i debiti e ottenere la sospensione immediata di tutti i pignoramenti in corso, inclusi quelli su conti correnti, beni mobili e crediti professionali. Tra le soluzioni previste vi sono il Piano del Consumatore (art. 67 CCII), che consente una ristrutturazione dei debiti con pagamenti sostenibili, e l’Accordo con i Creditori (art. 74 CCII), che prevede una negoziazione con i creditori sotto la supervisione del tribunale.
Se il pignoramento riguarda beni mobili strumentali, come computer, macchinari, attrezzature o veicoli necessari all’attività lavorativa, è possibile invocare la protezione dell’art. 515 c.p.c., che stabilisce che i beni indispensabili per l’attività professionale non possono essere pignorati oltre un quinto del loro valore. Se il giudice riconosce la strumentalità dei beni pignorati, può escluderli dalla vendita forzata o ridurre l’entità del pignoramento.
Nel caso di pignoramento immobiliare, che può colpire lo studio professionale o la prima casa del professionista, esistono diverse possibilità di difesa. Se il creditore è l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, l’art. 76 del DPR n. 602/1973 vieta il pignoramento dell’unica abitazione del debitore se non si tratta di un immobile di lusso e se il debito non supera i 120.000 euro. Se il creditore è un soggetto privato, il professionista può tentare un accordo di saldo e stralcio o presentare un’istanza di conversione del pignoramento ai sensi dell’art. 495 c.p.c., chiedendo di sostituire il pignoramento con il versamento di una somma rateizzata.
Un altro strumento difensivo è la procedura di estinzione per inerzia del creditore, prevista dall’art. 630 c.p.c.. Se il creditore non compie atti esecutivi per un lungo periodo, il giudice può dichiarare l’estinzione della procedura, con la conseguente cancellazione del pignoramento.
Infine, il professionista può ricorrere a una rinegoziazione del debito bancario. In presenza di un finanziamento con rate non pagate, il debitore può chiedere alla banca una ristrutturazione del debito, evitando così il pignoramento del conto corrente o dei beni. Se la banca accetta, il pignoramento viene sospeso e il debito viene ricalcolato con un piano di rientro più sostenibile.
In sintesi, fermare un pignoramento è possibile, ma è essenziale agire tempestivamente con il supporto di un avvocato esperto in diritto esecutivo e fallimentare. Dall’opposizione al pignoramento alla rateizzazione dei debiti, dalla negoziazione con i creditori alla procedura di sovraindebitamento, esistono numerose soluzioni che permettono di proteggere il libero professionista e garantire la continuità della sua attività lavorativa. Scegliere la strategia più adatta in base al tipo di debito e allo stato della procedura è fondamentale per ottenere la sospensione o la cancellazione dell’esecuzione forzata.
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza può aiutare un libero professionista con un pignoramento in corso per debiti?
Il pignoramento rappresenta una delle conseguenze più gravose per chi si trova in difficoltà economica, e i liberi professionisti non fanno eccezione. Quando un creditore ottiene un titolo esecutivo, può procedere con il blocco di beni, conti correnti e crediti del professionista per recuperare la somma dovuta. Tuttavia, il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.lgs. 14/2019) ha introdotto strumenti che possono offrire un’opportunità di difesa e ristrutturazione del debito, consentendo, in alcuni casi, di sospendere o chiudere il pignoramento.
1. Il libero professionista può accedere alle procedure di sovraindebitamento?
Il Codice della Crisi d’Impresa ha riformato la disciplina del sovraindebitamento, estendendo le tutele anche ai liberi professionisti. Questi ultimi, pur non essendo considerati imprenditori commerciali, rientrano tra i soggetti che possono accedere alle procedure previste per la gestione della crisi da sovraindebitamento. Ciò significa che, anche in presenza di un pignoramento in corso, il professionista può presentare un piano di ristrutturazione del debito e chiedere al giudice la sospensione delle esecuzioni.
Le principali procedure accessibili per un libero professionista sono:
- Piano del consumatore (se i debiti derivano prevalentemente da esigenze personali e non dall’attività lavorativa)
- Accordo di ristrutturazione dei debiti (se i creditori accettano un piano di pagamento concordato)
- Liquidazione controllata del patrimonio (se il professionista non può sostenere un piano di rientro e decide di mettere a disposizione il proprio patrimonio per soddisfare i creditori)
2. La sospensione del pignoramento attraverso il Codice della Crisi
Uno degli strumenti più rilevanti del Codice della Crisi è la possibilità di ottenere la sospensione delle procedure esecutive, incluso il pignoramento.
Non appena il professionista presenta la domanda di accesso a una delle procedure di sovraindebitamento, può chiedere al giudice una misura protettiva che blocchi le azioni esecutive in corso. Se il giudice accoglie la richiesta, il pignoramento viene temporaneamente sospeso, consentendo al debitore di negoziare una soluzione senza subire l’aggressione forzata dei propri beni.
Tuttavia, la sospensione del pignoramento non è automatica. Il giudice valuta se esistono concrete possibilità di risanamento e se il professionista ha agito in buona fede. Inoltre, se il creditore contesta la sospensione, il tribunale può stabilire limiti o condizioni per l’attuazione della misura protettiva.
3. Il piano di ristrutturazione del debito come alternativa al pignoramento
Se il professionista riesce a negoziare un accordo di ristrutturazione dei debiti con i creditori, il pignoramento in corso può essere definitivamente chiuso. Una volta che l’accordo viene omologato dal tribunale, i creditori devono attenersi alle nuove condizioni di pagamento stabilite nel piano.
Questo significa che, anche se il pignoramento era già stato avviato, la procedura di sovraindebitamento può annullarne gli effetti, sostituendolo con un piano di pagamento concordato.
4. La liquidazione controllata del patrimonio: quando il pignoramento viene assorbito
Se il professionista non ha la possibilità di presentare un piano di ristrutturazione sostenibile, può accedere alla liquidazione controllata del patrimonio. In questo caso, tutti i beni del debitore vengono messi a disposizione per soddisfare i creditori. Il pignoramento in corso perde di significato, perché l’intero patrimonio viene gestito sotto il controllo del tribunale.
Alla fine della liquidazione, se il debitore ha rispettato le regole della procedura, può ottenere l’esdebitazione, cioè la cancellazione definitiva dei debiti residui. In questo caso, il pignoramento non solo viene bloccato, ma i creditori non potranno più agire nei confronti del professionista per i debiti pregressi.
5. Il ruolo dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCC)
Per accedere alle procedure di sovraindebitamento, il professionista deve rivolgersi a un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), un ente istituito per assistere il debitore nella predisposizione del piano e nella gestione della procedura. L’OCC ha un ruolo fondamentale perché certifica la fattibilità del piano e supporta il professionista nella richiesta di sospensione delle esecuzioni.
6. Il pignoramento può proseguire nonostante l’accesso alle procedure di sovraindebitamento?
Sì, in alcuni casi il pignoramento può non essere immediatamente bloccato. Se il giudice ritiene che il piano di ristrutturazione non sia realistico o se il professionista ha già beneficiato senza successo di una procedura di sovraindebitamento in passato, il tribunale può negare la sospensione del pignoramento.
Inoltre, se il pignoramento ha già portato alla vendita forzata dei beni del professionista prima dell’accoglimento della domanda di sovraindebitamento, non è possibile recuperare i beni venduti.
7. L’esdebitazione e la chiusura definitiva del pignoramento
Se il professionista completa con successo il piano del consumatore, l’accordo di ristrutturazione o la liquidazione controllata, può ottenere l’esdebitazione, ovvero la cancellazione dei debiti residui. A questo punto, il pignoramento viene chiuso definitivamente, perché il debito non esiste più dal punto di vista giuridico.
8. Quali debiti possono essere inclusi nel piano di ristrutturazione?
Il Codice della Crisi consente di includere nel piano di sovraindebitamento:
- Debiti fiscali e contributivi (IVA, IRPEF, INPS)
- Debiti verso fornitori e banche
- Mutui e finanziamenti
- Cartelle esattoriali emesse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione
Tuttavia, non tutti i debiti possono essere cancellati. Ad esempio, i debiti derivanti da sanzioni penali o da obblighi di mantenimento (come gli alimenti) non possono essere inclusi nella procedura di esdebitazione.
Conclusione
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza rappresenta un’opportunità concreta per i liberi professionisti che si trovano ad affrontare un pignoramento per debiti.
Grazie agli strumenti previsti dalla legge, il professionista può:
- Ottenere la sospensione del pignoramento per negoziare una soluzione con i creditori.
- Presentare un piano di ristrutturazione del debito per sostituire il pignoramento con pagamenti sostenibili.
- Accedere alla liquidazione controllata per gestire i debiti in modo strutturato e ottenere l’esdebitazione.
Per chi si trova in difficoltà economica, agire tempestivamente è essenziale per evitare che il pignoramento diventi definitivo e compromettere la continuità della propria attività professionale.
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