Il pignoramento dello stipendio da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione rappresenta una delle forme di esecuzione forzata più temute dai contribuenti. Nel 2025, le normative in materia hanno subito importanti aggiornamenti, rendendo ancora più stringenti i poteri di riscossione dell’ente. Chiunque abbia debiti con il Fisco deve essere consapevole delle nuove regole per evitare conseguenze economiche pesanti.
Il pignoramento dello stipendio è un’azione che consente all’Agenzia delle Entrate di prelevare direttamente una parte della retribuzione del debitore, bypassando ogni tentativo di resistenza da parte di quest’ultimo. Questa procedura si attiva in modo automatico, senza necessità di un processo giudiziario, nel caso in cui il contribuente abbia ricevuto una cartella esattoriale e non abbia provveduto al pagamento nei termini previsti. La notifica della cartella rappresenta il primo passo di un iter che può culminare nel prelievo forzoso.
Il quadro normativo attuale è regolato principalmente dal D.P.R. n. 602/1973, integrato dalle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2025, che ha rafforzato gli strumenti di riscossione coattiva, ampliando le possibilità di intervento dell’Agenzia delle Entrate. I lavoratori dipendenti e i pensionati sono tra i soggetti maggiormente colpiti da queste misure, poiché il prelievo avviene direttamente alla fonte, riducendo il reddito disponibile e generando spesso situazioni di grave difficoltà economica.
Inoltre, è importante sottolineare come il pignoramento dello stipendio non riguardi solo i debiti fiscali, ma possa estendersi anche a debiti di natura previdenziale o amministrativa. Le somme trattenute dallo stipendio vengono accreditate direttamente all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, senza possibilità per il debitore di interferire nel processo una volta avviato.
I contribuenti devono pertanto valutare con attenzione la loro posizione fiscale e adottare strategie preventive per evitare il rischio di subire un prelievo forzoso. In alcuni casi, è possibile negoziare con l’Agenzia delle Entrate soluzioni alternative, come la rateizzazione o l’adesione a sanatorie fiscali, per ridurre l’importo dovuto e dilazionarlo nel tempo.
In questo articolo analizzeremo nel dettaglio tutte le questioni cruciali legate al pignoramento dello stipendio da parte dell’Agenzia delle Entrate nel 2025, rispondendo a una serie di domande fondamentali per chi si trova in una situazione debitoria. Approfondiremo i limiti imposti dalla legge, le tutele per il contribuente, le possibilità di opposizione e le soluzioni praticabili per evitare o risolvere il problema.
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Quando l’Agenzia delle Entrate e Riscossione può pignorare lo stipendio?
L’Agenzia delle Entrate può procedere con il pignoramento dello stipendio quando il contribuente ha accumulato un debito fiscale non saldato dopo aver ricevuto una cartella esattoriale. Non è necessario un passaggio in tribunale, poiché l’ente di riscossione può agire direttamente nei confronti del datore di lavoro, bloccando una quota della retribuzione. Questa misura è una delle più utilizzate nella riscossione coattiva, poiché colpisce direttamente la fonte del reddito del debitore, rendendo difficile sottrarsi al pagamento.
Secondo l’art. 72-ter del D.P.R. 602/1973, l’ente di riscossione ha il potere di notificare direttamente al datore di lavoro l’ordine di prelievo, senza necessità di intervento giudiziario. Questa misura viene applicata in automatico se il debitore non risponde agli avvisi di pagamento entro 60 giorni dalla notifica della cartella esattoriale. La notifica può avvenire tramite posta raccomandata o PEC, e una volta ricevuta, il datore di lavoro è obbligato a trattenere la somma richiesta senza possibilità di revoca unilaterale.
Una volta avviata la procedura di pignoramento, il contribuente si trova in una posizione delicata, poiché il recupero delle somme avviene prima che il denaro possa essere utilizzato per altre spese essenziali. In alcuni casi, il pignoramento può protrarsi per anni, incidendo significativamente sul tenore di vita del debitore. Tuttavia, esistono strumenti per mitigare l’impatto della misura, come la richiesta di una rateizzazione, la contestazione della cartella o la verifica della correttezza della procedura seguita dall’Agenzia delle Entrate.
Inoltre, è importante sapere che il pignoramento dello stipendio può avere effetti anche su eventuali indennità di fine rapporto (TFR), che possono essere soggette a prelievo in caso di cessazione del rapporto lavorativo. Per questo motivo, è essenziale per il contribuente valutare con attenzione la propria posizione debitoria e cercare soluzioni alternative prima che il pignoramento venga eseguito.
Quali sono i segnali che l’Ex Equitalia sta per pignorarti lo stipendio?
Quando l’Ex Equitalia, oggi Agenzia delle Entrate-Riscossione (AdER), avvia un pignoramento dello stipendio, il debitore può individuare alcuni segnali che anticipano l’azione esecutiva. Riconoscere questi segnali in tempo consente di intervenire prima che il pignoramento diventi operativo, evitando o riducendo l’impatto della trattenuta sulla busta paga.
Uno dei primi segnali è la ricezione di una cartella esattoriale, che rappresenta la richiesta formale di pagamento da parte dell’AdER. Questo documento indica l’importo dovuto e concede un termine di 60 giorni per il pagamento o per presentare un’opposizione. Se il debitore ignora questa comunicazione, l’AdER può procedere con le misure esecutive, incluso il pignoramento dello stipendio.
Se il debito rimane insoluto, un altro segnale evidente è la notifica di un preavviso di fermo o ipoteca. Sebbene queste misure riguardino principalmente veicoli e immobili, indicano che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione sta intensificando le azioni di recupero e che il pignoramento dello stipendio potrebbe essere il prossimo passo.
Un passaggio decisivo è la notifica dell’atto di pignoramento presso il datore di lavoro. Questo documento viene inviato direttamente al datore di lavoro, informandolo che una parte dello stipendio dovrà essere versata all’AdER. Il debitore può venire a conoscenza del pignoramento solo dopo che il datore di lavoro ha ricevuto la comunicazione e ha iniziato a trattenere la somma dovuta.
Un altro segnale può essere il blocco del conto corrente, soprattutto se il debitore percepisce lo stipendio su un conto soggetto a pignoramento. Se viene notificato un pignoramento presso la banca, anche la disponibilità dello stipendio accreditato potrebbe essere compromessa.
In alcuni casi, l’AdER invia intimazioni di pagamento anche dopo la scadenza della cartella esattoriale, sollecitando il debitore a saldare il debito entro pochi giorni per evitare misure esecutive. Se si riceve un’intimazione di pagamento, significa che il pignoramento è imminente, a meno che non si intervenga con una richiesta di rateizzazione o un’altra soluzione legale.
Infine, se il debito è particolarmente elevato e si protrae nel tempo senza alcuna iniziativa da parte del debitore, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere direttamente con il pignoramento, senza ulteriori avvisi oltre quelli già notificati.
In conclusione, i segnali che l’Ex Equitalia sta per pignorare lo stipendio sono chiari: la notifica di una cartella esattoriale non pagata, l’arrivo di preavvisi di fermo o ipoteca, la comunicazione di un pignoramento al datore di lavoro e l’intimazione di pagamento. Agire tempestivamente, ad esempio tramite la rateizzazione del debito o l’accesso alla legge sul sovraindebitamento, può evitare il pignoramento o ridurne gli effetti.
Quali sono i limiti di pignoramento dello stipendio?
Le soglie di pignorabilità dello stipendio sono definite dalla normativa vigente e variano a seconda dell’ammontare della retribuzione. L’Agenzia delle Entrate può trattenere una percentuale dello stipendio secondo i seguenti criteri:
- 1/10 dello stipendio netto se l’importo mensile non supera i 2.500 euro. Questo significa che, per chi percepisce una retribuzione inferiore a questa soglia, il prelievo effettuato dall’Agenzia delle Entrate sarà ridotto, limitando l’impatto economico sulla vita quotidiana del debitore. Tuttavia, è fondamentale considerare che questa percentuale viene applicata sul netto e che eventuali altre trattenute, come quelle per finanziamenti o assegni familiari, potrebbero incidere sul reddito disponibile. In questi casi, la gestione del bilancio familiare può diventare complicata e potrebbe essere necessario ricorrere a strumenti di rinegoziazione del debito per evitare difficoltà finanziarie prolungate.
- 1/7 dello stipendio netto se l’importo è compreso tra 2.500 e 5.000 euro. Questo significa che, per chi rientra in questa fascia retributiva, l’Agenzia delle Entrate può prelevare una quota rilevante della retribuzione, incidendo significativamente sul bilancio familiare. La trattenuta viene calcolata sullo stipendio netto, ovvero dopo la detrazione delle imposte e dei contributi previdenziali obbligatori. È importante considerare che questa percentuale può accumularsi ad altre trattenute, come quelle per mutui, prestiti o alimenti, portando a una riduzione significativa del reddito disponibile. Pertanto, i contribuenti interessati devono valutare attentamente le possibilità di rinegoziazione del debito o le soluzioni legali per limitare l’impatto di tale misura.
- 1/5 dello stipendio netto se l’importo supera i 5.000 euro. In questa fascia retributiva, la trattenuta diventa particolarmente incisiva, sottraendo una parte significativa dello stipendio mensile del contribuente. Questo può generare difficoltà economiche rilevanti, soprattutto per chi ha già impegni finanziari come mutui, finanziamenti o spese mediche.
A differenza delle fasce retributive inferiori, dove la trattenuta risulta più contenuta, il prelievo di un quinto dello stipendio rappresenta un impatto considerevole che può influenzare la capacità di far fronte alle spese essenziali. Per questo motivo, chi si trova in questa situazione deve considerare opzioni come la rinegoziazione del debito, la richiesta di dilazioni di pagamento o l’accesso a strumenti di tutela giuridica.
Va inoltre evidenziato che il pignoramento può proseguire per periodi prolungati fino al completo soddisfacimento del debito, pertanto, è fondamentale monitorare attentamente la propria situazione fiscale e valutare l’adozione di misure preventive per evitare situazioni di disagio finanziario a lungo termine.
Le trattenute non possono scendere sotto il minimo vitale, soglia stabilita annualmente e che nel 2025 si aggira intorno ai 780 euro mensili per garantire la sopravvivenza del debitore.
È possibile opporsi al pignoramento dello stipendio?
Il contribuente ha il diritto di opporre il pignoramento qualora vi siano irregolarità nella procedura di riscossione. Le principali motivazioni di opposizione sono:
- Prescrizione del debito: se il debito è scaduto e l’Agenzia delle Entrate non ha agito nei tempi previsti. La prescrizione è un elemento fondamentale nel diritto tributario, poiché stabilisce un limite temporale entro il quale l’ente di riscossione può avanzare richieste di pagamento. Generalmente, la prescrizione dei debiti fiscali varia a seconda della tipologia del tributo e della normativa vigente, oscillando tra 3 e 10 anni.
Tuttavia, è importante sapere che il conteggio della prescrizione può essere interrotto da alcuni eventi, come la notifica di una cartella esattoriale o l’avvio di un’azione esecutiva. Se il contribuente ritiene che il debito sia prescritto, può presentare opposizione con il supporto di un avvocato specializzato, dimostrando che l’ente di riscossione ha superato i termini previsti dalla legge per agire. In caso di accertata prescrizione, il debito non può più essere richiesto e il pignoramento deve essere annullato.
- Errore di calcolo dell’importo dovuto: se l’importo richiesto è superiore al dovuto. Questa situazione può verificarsi a causa di errori amministrativi, errata imputazione di pagamenti già effettuati o applicazione non corretta di sanzioni e interessi. In alcuni casi, l’Agenzia delle Entrate può aver calcolato il debito su dati errati o obsoleti, portando il contribuente a subire una trattenuta maggiore rispetto a quella effettivamente dovuta.
Per verificare la correttezza del calcolo, è consigliabile richiedere un estratto di ruolo aggiornato e confrontarlo con le proprie ricevute di pagamento. Se emergono discrepanze, il contribuente ha il diritto di presentare un’istanza di autotutela per la rettifica dell’importo. In alternativa, può ricorrere al Giudice dell’Esecuzione per ottenere la sospensione del pignoramento e la revisione del debito. È sempre opportuno avvalersi dell’assistenza di un avvocato o di un consulente tributario per garantire una corretta gestione della contestazione.
- Riconoscimento di una situazione di grave difficoltà economica, con possibilità di accesso a piani di rateizzazione o strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento. Quando il debitore si trova in una condizione di precarietà finanziaria tale da compromettere la sua capacità di far fronte alle esigenze quotidiane, può presentare un’istanza documentata per richiedere un piano di rientro agevolato.
Le misure previste possono includere la rinegoziazione delle somme dovute, la riduzione delle sanzioni e degli interessi applicati, e in alcuni casi, la sospensione temporanea dell’azione esecutiva per consentire al contribuente di riorganizzare le proprie finanze. Inoltre, il debitore può accedere alle procedure di sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019), che offrono strumenti come il piano del consumatore, l’accordo con i creditori e la liquidazione del patrimonio per ottenere una riduzione del debito e la possibilità di una ripartenza economica.
Queste opzioni devono essere valutate attentamente con l’assistenza di un professionista esperto, poiché possono rappresentare una via d’uscita fondamentale per evitare conseguenze economiche disastrose.
L’opposizione può essere presentata presso il Giudice dell’Esecuzione o il Tribunale competente, in base alla natura del debito.
Come evitare il pignoramento dello stipendio?
Esistono diverse strategie per evitare il pignoramento dello stipendio. Tra le principali opzioni troviamo:
- Rateizzazione del debito: L’Agenzia delle Entrate consente di dilazionare il pagamento fino a 120 rate mensili, evitando l’esecuzione forzata. Questo meccanismo rappresenta una soluzione essenziale per i contribuenti che si trovano in difficoltà economiche e non riescono a saldare il debito in un’unica soluzione. La rateizzazione permette di suddividere l’importo dovuto in pagamenti mensili sostenibili, riducendo il rischio di subire ulteriori misure esecutive, come il pignoramento dello stipendio o il blocco dei conti correnti.
Per ottenere la rateizzazione, il contribuente deve presentare una richiesta all’Agenzia delle Entrate, dimostrando la propria incapacità di effettuare il pagamento immediato. L’accettazione della domanda dipende dalla capacità reddituale e dalla gravità della situazione finanziaria. Esistono diverse tipologie di piani di rateizzazione, che variano in base all’importo del debito: fino a 60 rate per importi inferiori a 60.000 euro e fino a 120 rate per importi superiori, previa dimostrazione di una grave difficoltà economica.
Un altro aspetto fondamentale è la possibilità di sospendere temporaneamente le rate in caso di peggioramento della situazione finanziaria del debitore, previa comunicazione e richiesta di revisione del piano di pagamento. Tuttavia, il mancato rispetto dei termini previsti comporta la decadenza della rateizzazione, con la conseguente riattivazione delle azioni esecutive. Pertanto, è essenziale che il contribuente valuti attentamente la propria capacità di rispettare il piano di pagamento prima di presentare la richiesta.
- Accordi con il Fisco: È possibile negoziare un saldo e stralcio, riducendo l’importo dovuto. Questa strategia consiste nella possibilità per il contribuente di raggiungere un accordo con l’Agenzia delle Entrate per pagare solo una parte del debito, a fronte della cancellazione del restante importo. Tale procedura è particolarmente utile per chi si trova in una situazione di grave difficoltà economica e non è in grado di far fronte all’intero ammontare dovuto.
L’adesione a un saldo e stralcio richiede la dimostrazione della reale condizione di precarietà finanziaria del contribuente, con la presentazione di documentazione adeguata. L’Agenzia delle Entrate, valutando la richiesta, può decidere di accettare una cifra inferiore al debito complessivo, purché ritenuta congrua rispetto alle capacità economiche del debitore.
Questa soluzione consente di chiudere definitivamente la pendenza con il Fisco senza il rischio di ulteriori azioni esecutive, come il pignoramento dello stipendio o dei beni. Tuttavia, è fondamentale avvalersi di un professionista esperto per la negoziazione dell’accordo e per la corretta presentazione della richiesta, al fine di massimizzare le possibilità di successo.
- Ricorso agli strumenti di composizione della crisi da sovraindebitamento, previsti dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019). Questo codice disciplina diversi strumenti per i debitori in difficoltà, permettendo loro di accedere a soluzioni come il piano del consumatore, l’accordo con i creditori e la liquidazione controllata.
Il piano del consumatore è una procedura riservata ai soggetti non fallibili che consente di ristrutturare il debito con un piano di pagamento sostenibile, senza necessità di accordo con tutti i creditori. L’accordo con i creditori, invece, prevede una negoziazione tra il debitore e i creditori, che devono approvare la proposta con una percentuale di adesione qualificata.
In casi estremi, il debitore può accedere alla liquidazione controllata del patrimonio, cedendo parte dei beni per soddisfare i creditori e ottenere, al termine della procedura, l’esdebitazione, ovvero la cancellazione dei debiti non soddisfatti. Questo strumento rappresenta un’ultima possibilità per chi si trova in una situazione di incapacità economica irreversibile, garantendo una ripartenza finanziaria.
La legge sul sovraindebitamento può aiutare a bloccare il pignoramento di uno stipendio da parte del Fisco?
La legge sul sovraindebitamento offre un’opportunità concreta per bloccare il pignoramento dello stipendio da parte del Fisco, consentendo al debitore di ristrutturare il proprio debito e ottenere la sospensione delle azioni esecutive in corso. Questo strumento è disciplinato dalla Legge n. 3/2012, ora integrata nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), e si applica ai soggetti non fallibili, come privati cittadini, lavoratori dipendenti, pensionati, professionisti e piccoli imprenditori.
Se un contribuente ha subito un pignoramento dello stipendio da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione a causa di debiti fiscali non pagati, può presentare domanda per accedere a una delle procedure previste dalla legge sul sovraindebitamento. Il Piano del Consumatore è la soluzione più indicata per chi ha accumulato debiti fiscali e necessita di una ristrutturazione del debito sostenibile, senza dover ottenere l’approvazione dei creditori. Se il giudice omologa il piano, tutti i pignoramenti in corso vengono sospesi, compresa la trattenuta dello stipendio effettuata dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Un’altra opzione è l’Accordo con i Creditori, che permette al debitore di negoziare un piano di pagamento con una riduzione dell’importo dovuto. Se i creditori rappresentanti la maggioranza del debito accettano la proposta, il giudice può disporre la sospensione delle esecuzioni in corso, compreso il pignoramento della busta paga.
Se il debitore si trova in una situazione di grave difficoltà economica e non ha possibilità di ripagare i debiti, può accedere alla Liquidazione del Patrimonio. In questo caso, vengono venduti alcuni beni per soddisfare i creditori, ma al termine della procedura il debitore può ottenere l’esdebitazione, cioè la cancellazione definitiva dei debiti residui. Se la liquidazione viene approvata, anche il pignoramento dello stipendio viene interrotto.
Un ulteriore vantaggio della legge sul sovraindebitamento è che, una volta presentata l’istanza al tribunale, tutte le azioni esecutive vengono sospese fino alla decisione del giudice. Questo significa che il contribuente può bloccare temporaneamente il pignoramento dello stipendio e avere il tempo necessario per riorganizzare la propria situazione finanziaria.
In conclusione, la legge sul sovraindebitamento può essere uno strumento efficace per bloccare il pignoramento dello stipendio da parte del Fisco, permettendo al debitore di ristrutturare il debito in modo sostenibile e ottenere la sospensione delle trattenute in busta paga. Tuttavia, è fondamentale agire tempestivamente e presentare un piano ben strutturato per ottenere l’approvazione del giudice e beneficiare della protezione legale prevista dalla normativa.
Come Difenderti Dal Pignoramento Dello Stipendio Dall’Ex Equitalia Con Studio Monardo
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