Quanto Deve Essere Il Debito Per Pignorare? Esiste Un Importo Minimo?

Il pignoramento rappresenta uno degli strumenti più temuti dai debitori e, allo stesso tempo, uno dei mezzi più efficaci per i creditori che desiderano ottenere il recupero di un credito. Ma quando è possibile avviare una procedura esecutiva? Quale deve essere l’importo del debito per giustificare il pignoramento?

Queste domande sono cruciali per chi si trova in una situazione di difficoltà economica e rischia di perdere beni essenziali come la casa, il conto corrente o il salario. Non esiste una soglia fissa e universale, ma tutto dipende dalla tipologia di debito, dal creditore e dal bene oggetto di pignoramento. Alcuni debiti possono essere esecutivi anche per importi ridotti, mentre in altri casi la normativa impone limiti precisi prima di consentire un’azione esecutiva.

Negli ultimi anni, la normativa italiana ha subito numerosi interventi, con l’introduzione di nuove tutele per il debitore e strumenti di esdebitazione che consentono di affrontare situazioni di sovraindebitamento in modo più sostenibile. Le riforme hanno portato a una maggiore attenzione nei confronti di chi si trova in difficoltà, introducendo nuovi meccanismi di tutela per garantire un equilibrio tra il diritto del creditore a essere soddisfatto e la necessità di non spingere il debitore in una condizione di povertà assoluta.

Tuttavia, il rischio di subire un pignoramento resta concreto per chi non adempie ai propri obblighi nei confronti dei creditori. La procedura esecutiva può colpire sia il patrimonio mobiliare che immobiliare del debitore, con effetti che possono essere devastanti sul piano economico e personale. Per questo motivo, è essenziale conoscere i propri diritti, i limiti imposti dalla legge e le strategie difensive disponibili per evitare di subire un pignoramento ingiusto o sproporzionato.

Per comprendere meglio il funzionamento del pignoramento, analizzeremo i vari scenari possibili, distinguendo tra debiti verso privati, banche, fisco ed enti previdenziali. Vedremo quali sono i limiti imposti dalla legge, quali beni possono essere aggrediti e in che modo il debitore può difendersi, valutando anche le alternative disponibili per ridurre il rischio di un’azione esecutiva. La conoscenza della normativa e delle recenti modifiche legislative può fare la differenza tra una gestione consapevole del proprio debito e il rischio di subire gravi conseguenze economiche.

Ma andiamo ad approfondire con Studio Monardo, i legali esperti in cancellazione debiti e pignoramenti.

Quali Sono Le Soglie Minime Per Il Pignoramento? Esistono Davvero?

Non esiste un importo minimo fisso che giustifichi un pignoramento, ma ci sono regole specifiche che variano in base alla tipologia del debito e del creditore.

  • Per i crediti ordinari (privati, aziende, banche), il creditore deve prima ottenere un titolo esecutivo (sentenza, decreto ingiuntivo) e notificare un atto di precetto. Anche per piccoli importi, il pignoramento è possibile, ma raramente conveniente. Tuttavia, bisogna considerare che l’esecuzione forzata comporta costi e tempi spesso rilevanti, e non sempre rappresenta la soluzione più vantaggiosa per il creditore.

Inoltre, la legge impone specifici limiti in base alla natura del credito e alla disponibilità patrimoniale del debitore. Se il debitore non possiede beni aggredibili o il valore di questi ultimi è inferiore alle spese della procedura, il pignoramento può risultare inefficace.

Va anche ricordato che, in alcuni casi, il giudice dell’esecuzione può intervenire per limitare il pignoramento o valutarne la sostenibilità rispetto alla condizione economica del debitore. In quest’ottica, il tentativo di conciliazione con il creditore, attraverso piani di rientro o saldo e stralcio, può rappresentare una strategia più efficace per entrambe le parti.

  • Per i debiti fiscali e contributivi (Agenzia delle Entrate-Riscossione, INPS, enti pubblici), il limite varia. Per il pignoramento immobiliare, il debito deve superare i 120.000 euro. Tuttavia, questo limite si applica solo se l’immobile non è la prima casa e se non sussistono altre condizioni che ne impediscono l’esecuzione, come la presenza di un mutuo ipotecario in favore di terzi creditori. Se il debito è inferiore a questa soglia, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può comunque iscrivere un’ipoteca sull’immobile, che potrà essere escussa in un secondo momento qualora il debito aumentasse.

Per il pignoramento dello stipendio o della pensione, la soglia minima è di 5.000 euro. Tuttavia, la quota pignorabile varia in base all’ammontare dello stipendio o della pensione percepiti: per importi inferiori al doppio della pensione minima INPS, la trattenuta è limitata a un decimo, mentre per somme superiori può arrivare fino a un quinto. Inoltre, nel caso di pignoramento della pensione, è sempre garantita una soglia minima impignorabile pari al trattamento minimo stabilito annualmente dall’INPS.

Va considerato che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha facoltà di bloccare il conto corrente del debitore in caso di mancato pagamento delle cartelle esattoriali, e in alcuni casi può procedere al pignoramento direttamente presso il datore di lavoro o l’ente previdenziale, riducendo così la liquidità del debitore prima ancora che questi possa intervenire con strumenti difensivi.

Se non esiste un importo minimo per pignorare, perché alcuni vengono pignorati ed altri no? Da cosa dipende?

Il pignoramento può essere avviato per qualsiasi importo, poiché la legge non stabilisce una soglia minima per l’esecuzione forzata. Tuttavia, il fatto che alcuni debiti vengano pignorati e altri no dipende da una serie di fattori economici, strategici e procedurali che influenzano la decisione dei creditori. Non tutti i creditori, infatti, scelgono di intraprendere un’azione esecutiva, soprattutto quando il costo del recupero potrebbe essere superiore al valore effettivo del credito da riscuotere.

Uno dei principali fattori che determina se un pignoramento viene eseguito o meno è la convenienza economica per il creditore. Avviare un pignoramento comporta spese legali, onorari per gli avvocati e costi procedurali che possono rendere poco conveniente l’azione se il debito è di importo limitato. Ad esempio, un fornitore potrebbe valutare che il costo di un pignoramento per recuperare un credito di poche centinaia di euro sia troppo elevato rispetto al possibile incasso. Al contrario, se il debito è elevato, il creditore ha maggior interesse a procedere con l’esecuzione forzata.

Un altro elemento determinante è il tipo di creditore e la sua strategia di recupero crediti. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione, ad esempio, ha procedure automatizzate per il recupero di tributi non pagati e può avviare pignoramenti anche per somme relativamente basse. Le banche e gli istituti finanziari, invece, tendono a valutare il rapporto costi-benefici prima di procedere, spesso preferendo negoziare un accordo con il debitore piuttosto che avviare un pignoramento. Anche i fornitori privati e le aziende valutano caso per caso, decidendo se investire tempo e risorse in un’azione esecutiva o tentare altre forme di recupero.

Il tipo di debito e il titolo esecutivo a disposizione del creditore giocano un ruolo chiave nella decisione di procedere con un pignoramento. Se un debito è già stato riconosciuto con un titolo esecutivo, come una sentenza giudiziaria o un decreto ingiuntivo non opposto, il creditore ha maggiore facilità nell’avviare l’azione esecutiva. Se, invece, il debito è contestato o manca un titolo esecutivo immediatamente utilizzabile, il creditore potrebbe essere scoraggiato dal dover intraprendere un’ulteriore causa per ottenere il riconoscimento del credito prima di procedere con il pignoramento.

Le condizioni economiche del debitore influenzano la probabilità di essere pignorati. Se un debitore ha già subito altri pignoramenti o ha un patrimonio limitato, il creditore potrebbe ritenere poco conveniente avviare una nuova procedura esecutiva, perché le somme già pignorate potrebbero essere insufficienti a soddisfare tutti i crediti. Inoltre, se il debitore risulta nullatenente o ha già subito pignoramenti su beni che non coprono interamente i debiti esistenti, un nuovo creditore potrebbe preferire attendere piuttosto che intraprendere un’azione che rischia di non portare alcun beneficio.

La presenza di altri creditori che hanno già avviato azioni esecutive può ridurre la probabilità di subire ulteriori pignoramenti. Se il conto corrente di un debitore è già oggetto di un pignoramento o se lo stipendio è già stato pignorato fino al massimo consentito dalla legge (un quinto dell’importo netto), nuovi creditori potrebbero valutare che le possibilità di recupero siano limitate. In questi casi, possono scegliere di attendere o di tentare il recupero attraverso altri strumenti, come il saldo e stralcio o un piano di rientro.

L’atteggiamento del debitore può influenzare la decisione del creditore. Se il debitore dimostra disponibilità a negoziare un accordo di pagamento o a saldare parte del debito, il creditore potrebbe preferire un’azione meno aggressiva rispetto al pignoramento. Molti creditori preferiscono ottenere un pagamento volontario piuttosto che affrontare i costi e i tempi di un’azione giudiziaria. Al contrario, se il debitore è inadempiente da tempo e non mostra alcuna volontà di risolvere la situazione, il creditore potrebbe decidere di procedere con il pignoramento per evitare ulteriori perdite di tempo.

Infine, la tipologia di bene da pignorare può influenzare la scelta del creditore. Alcuni beni sono più facilmente pignorabili rispetto ad altri. I conti correnti e gli stipendi sono tra i primi obiettivi perché consentono un recupero rapido e diretto delle somme. Al contrario, i beni immobili possono richiedere tempi più lunghi per la vendita all’asta e comportare costi procedurali elevati, rendendo il pignoramento meno conveniente per il creditore. Se un debitore ha beni facilmente liquidabili, è più probabile che venga pignorato rispetto a chi possiede solo beni difficili da monetizzare.

In conclusione, sebbene non esista un importo minimo per avviare un pignoramento, la decisione di procedere dipende da fattori economici, strategici e giuridici. I creditori valutano attentamente i costi e i benefici dell’azione esecutiva, il comportamento del debitore e la disponibilità di beni pignorabili prima di intraprendere un’azione. Per questo motivo, alcune persone vengono pignorate rapidamente anche per somme modeste, mentre altre riescono a evitare il pignoramento pur avendo debiti più elevati.

Quali Beni Possono Essere Pignorati?

La legge consente di pignorare beni mobili, immobili e crediti del debitore. Tuttavia, esistono limiti specifici per evitare che la persona si trovi in condizioni di indigenza assoluta.

  • Conto corrente: Il pignoramento è possibile, ma con limiti per il saldo minimo disponibile. Tuttavia, esistono alcune eccezioni e protezioni per i debitori. Se il conto corrente contiene somme derivanti da stipendi o pensioni accreditati, la legge stabilisce una soglia minima impignorabile pari al trattamento minimo pensionistico stabilito annualmente dall’INPS. Inoltre, in caso di pignoramento, il debitore può opporsi dimostrando che il saldo disponibile è costituito esclusivamente da somme impignorabili.

Nel caso in cui il conto corrente sia cointestato, il creditore può aggredire solo la quota spettante al debitore, a meno che non vi siano prove che il denaro appartenga interamente a quest’ultimo. Inoltre, se il debitore riceve sussidi o altre forme di assistenza pubblica, questi importi non possono essere pignorati.

In presenza di più creditori, l’ordine di pignoramento può incidere sulla disponibilità delle somme presenti nel conto, rendendo necessario un coordinamento tra le diverse azioni esecutive. Pertanto, chi rischia un pignoramento del conto corrente dovrebbe valutare con attenzione la propria posizione e, se possibile, adottare misure preventive come la chiusura o la separazione dei fondi su conti diversi per ridurre il rischio di blocco totale delle disponibilità finanziarie.

  • Stipendio e pensione: Il pignoramento è consentito nei limiti di un quinto, con ulteriori tutele per chi percepisce il minimo vitale. Tuttavia, vi sono alcune importanti eccezioni e limiti che proteggono il debitore. Ad esempio, nel caso della pensione, il pignoramento non può mai intaccare l’importo pari al trattamento minimo stabilito annualmente dall’INPS. Ciò garantisce che il pensionato possa mantenere un reddito minimo necessario per il proprio sostentamento.

Per quanto riguarda lo stipendio, il pignoramento può avvenire direttamente presso il datore di lavoro, che è obbligato a trattenere la quota stabilita dalla legge e a versarla al creditore. Nel caso di pignoramento multiplo, l’importo complessivo pignorabile non può superare il 50% dello stipendio netto percepito dal lavoratore. Inoltre, se il debitore ha a carico familiari, il giudice può ridurre ulteriormente la quota pignorabile per evitare conseguenze economiche eccessivamente gravose.

Un altro aspetto da considerare è il pignoramento dello stipendio accreditato sul conto corrente: se lo stipendio è già stato depositato, la banca deve garantire che rimanga intatta almeno una somma pari al triplo della pensione minima INPS. Questo limite impedisce che il debitore venga privato di tutta la sua liquidità, salvaguardando una parte del suo reddito per spese essenziali come affitto, bollette e alimentari.

Infine, esistono situazioni in cui il pignoramento dello stipendio o della pensione può essere sospeso o annullato, ad esempio in caso di errore procedurale o qualora il debitore dimostri di essere in una condizione di grave difficoltà economica. Per questo motivo, chi si trova in una situazione di pignoramento deve valutare attentamente le proprie opzioni legali e le possibili strategie di difesa per proteggere il proprio reddito.

  • Immobili: La prima casa è impignorabile se non rappresenta garanzia per un mutuo e se il creditore è l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Tuttavia, questa protezione non si applica in tutti i casi. Se il debitore ha più immobili di proprietà, il creditore può comunque aggredire le altre unità immobiliari.

Inoltre, il concetto di “prima casa” non è sempre sufficiente a impedire il pignoramento. Se l’immobile non è adibito a residenza principale del debitore o se è di lusso (categorie catastali A/1, A/8 e A/9), può comunque essere pignorato.

Va poi considerato che, anche se la prima casa è impignorabile da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, ciò non vale per creditori privati o banche, i quali possono procedere con l’esecuzione forzata se il debitore non adempie agli obblighi contrattuali.

Un altro aspetto rilevante riguarda l’ipoteca. Anche se l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può pignorare direttamente la prima casa, ha comunque la facoltà di iscrivere un’ipoteca sull’immobile quando il debito supera i 20.000 euro, rendendone più complessa l’eventuale vendita o utilizzo come garanzia per altri finanziamenti.

Per questi motivi, è essenziale comprendere con precisione quali siano le reali tutele previste dalla legge e, in caso di difficoltà economiche, valutare soluzioni come la ristrutturazione del debito o l’accesso agli strumenti previsti dalla normativa sul sovraindebitamento.

Come Difendersi Da Un Pignoramento?

Esistono diverse strategie per contrastare un pignoramento, tra cui opposizione all’esecuzione, piani di rientro, saldo e stralcio o ricorso agli strumenti previsti dalla legge sul sovraindebitamento.

  • Opposizione all’atto esecutivo: Se il titolo esecutivo presenta irregolarità, è possibile contestarlo. Questa contestazione può avvenire attraverso diversi strumenti giuridici, tra cui l’opposizione all’esecuzione e l’opposizione agli atti esecutivi.

Nel primo caso, si può contestare la legittimità stessa dell’azione esecutiva, dimostrando che il debito non è certo, liquido ed esigibile. Ad esempio, se il titolo esecutivo è basato su un credito prescritto o inesistente, il debitore può far valere la sua difesa in tribunale.

Nel secondo caso, si possono impugnare specifici atti esecutivi che presentano vizi formali o procedurali. Ad esempio, se la notifica dell’atto di precetto è avvenuta in maniera irregolare o se il pignoramento è stato eseguito su beni non aggredibili per legge, è possibile presentare ricorso al giudice dell’esecuzione.

È importante sapere che l’opposizione all’atto esecutivo deve essere presentata entro termini ben precisi. Per questo motivo, chi si trova in una situazione di rischio esecutivo deve agire tempestivamente e con il supporto di un avvocato esperto in diritto dell’esecuzione forzata.

  • Piano di rientro: Una trattativa con il creditore può evitare l’azione esecutiva e rappresenta una soluzione vantaggiosa sia per il debitore che per il creditore. Attraverso un accordo, il debitore può ottenere una dilazione nei pagamenti, evitando così le conseguenze più gravi di un pignoramento.

In molti casi, le banche e gli istituti finanziari sono disposti a rinegoziare il debito con piani di pagamento più sostenibili, soprattutto se il debitore dimostra buona fede e volontà di adempiere agli obblighi finanziari. La trattativa può includere anche una riduzione del tasso di interesse o una revisione delle condizioni contrattuali.

Un piano di rientro può essere formalizzato con un accordo scritto che stabilisce i nuovi termini di pagamento, garantendo così maggiore sicurezza per entrambe le parti. Se il creditore accetta, il debitore può riprendere il controllo della propria situazione finanziaria evitando l’azione esecutiva, che spesso comporta costi elevati e tempi lunghi per il recupero del credito.

Per ottenere un piano di rientro vantaggioso, è consigliabile avvalersi della consulenza di un avvocato esperto o di un mediatore creditizio che possa negoziare condizioni favorevoli e tutelare gli interessi del debitore.

  • Saldo e stralcio: Il debitore può proporre un pagamento ridotto in unica soluzione, una strategia spesso utilizzata per chiudere rapidamente una posizione debitoria senza dover affrontare lunghe procedure esecutive. Questa soluzione è particolarmente vantaggiosa quando il debitore non dispone di sufficienti risorse per rimborsare l’intero importo dovuto, ma può offrire una somma inferiore in cambio della cancellazione totale del debito.

Molti creditori, specialmente banche e finanziarie, sono disposti ad accettare il saldo e stralcio per evitare il rischio di un’eventuale insolvenza del debitore e per recuperare almeno una parte dell’importo originario. Il pagamento deve avvenire in un’unica soluzione e la somma accettata varia in base alla situazione finanziaria del debitore e alla politica del creditore.

Per ottenere un accordo vantaggioso, è fondamentale condurre una trattativa ben strutturata, supportata da un avvocato o un mediatore specializzato, che possa negoziare condizioni più favorevoli. Inoltre, è importante ottenere un documento scritto che attesti la rinuncia del creditore a qualsiasi ulteriore pretesa sul debito, evitando così possibili contestazioni future.

Quali Sono Le Novità Del Codice Della Crisi D’Impresa E Dell’Insolvenza In Caso Di Pignoramento?

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, entrato in vigore definitivamente il 15 luglio 2022, ha introdotto importanti novità per la gestione dei pignoramenti e delle procedure esecutive a carico delle imprese e dei soggetti sovraindebitati. Questa riforma ha lo scopo di prevenire il dissesto economico, favorire la ristrutturazione del debito e proteggere il debitore dalle azioni esecutive indiscriminate, garantendo al contempo il soddisfacimento dei creditori in modo più equilibrato.

Una delle principali innovazioni riguarda la possibilità di sospendere i pignoramenti in corso attraverso strumenti di composizione della crisi e di risanamento dell’impresa. Se un imprenditore o un lavoratore autonomo si trova in una situazione di difficoltà finanziaria, può accedere a diverse procedure che permettono di bloccare le azioni esecutive e di negoziare con i creditori un piano di rientro più sostenibile.

Tra le novità più rilevanti vi è l’introduzione della Composizione Negoziata della Crisi, uno strumento che consente di sospendere le azioni esecutive, inclusi i pignoramenti, senza dover ricorrere immediatamente a una procedura concorsuale. Questa soluzione è riservata alle imprese che, pur in difficoltà finanziaria, hanno ancora possibilità di recupero. Una volta avviata la Composizione Negoziata, il debitore può chiedere al tribunale la sospensione di tutti i pignoramenti in corso, ottenendo il tempo necessario per trovare un accordo con i creditori ed evitare la liquidazione forzata dei beni.

Per i soggetti non fallibili, come piccoli imprenditori, professionisti e consumatori, il Codice ha reso più accessibili le procedure di sovraindebitamento, introducendo meccanismi più rapidi ed efficaci per fermare i pignoramenti. Il debitore può presentare una richiesta al giudice per sospendere le esecuzioni forzate, ottenendo una protezione immediata dalle azioni dei creditori mentre viene elaborato un piano di ristrutturazione del debito o di liquidazione controllata.

Un’altra innovazione importante è la possibilità di ottenere l’esdebitazione immediata per chi si trova in condizioni di particolare difficoltà. Se un debitore persona fisica non ha beni da liquidare e non è in grado di rimborsare i creditori, può richiedere la cancellazione totale dei debiti attraverso l’esdebitazione del debitore incapiente, evitando così il protrarsi delle azioni esecutive, inclusi i pignoramenti.

Il Codice della Crisi introduce anche regole più stringenti per i creditori, imponendo loro di seguire criteri di buona fede nella gestione delle azioni esecutive. Se un creditore avvia un pignoramento senza tenere conto della possibilità del debitore di accedere a una procedura di risanamento o senza verificare la reale capacità di pagamento, il giudice può sospendere l’esecuzione forzata e indirizzare le parti verso una soluzione negoziata.

Nel caso specifico dei pignoramenti immobiliari, il Codice prevede che il debitore possa richiedere la conversione del pignoramento, ovvero la possibilità di sostituire il bene pignorato con un piano di pagamento rateale del debito. Se il giudice accoglie la richiesta, l’immobile non viene venduto all’asta e il debitore può mantenere la proprietà, purché rispetti il piano di rientro stabilito.

Infine, il Codice ha introdotto procedure più rapide per la liquidazione controllata dei beni, consentendo di chiudere le esecuzioni forzate in tempi più brevi e con maggiori garanzie di tutela per il debitore. Questo significa che, se il pignoramento è già in corso, il debitore può chiedere di accedere alla liquidazione controllata per evitare una vendita all’asta disordinata e ottenere una gestione più equa della propria situazione finanziaria.

Grazie alle novità introdotte dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, chi subisce un pignoramento ha a disposizione nuove soluzioni per bloccare o gestire in modo più efficace le azioni esecutive. La possibilità di sospendere i pignoramenti, negoziare con i creditori e accedere a procedure di esdebitazione rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei soggetti sovraindebitati e nella prevenzione delle crisi aziendali e personali. Per chi si trova in difficoltà economica, è fondamentale agire tempestivamente e rivolgersi a un professionista esperto per individuare la strategia più adatta alla propria situazione.

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