Chiudere una Partita IVA non significa automaticamente liberarsi dai debiti accumulati durante l’attività professionale o imprenditoriale. Molti lavoratori autonomi e piccoli imprenditori cessano l’attività pensando che i loro obblighi finanziari si estinguano con la chiusura della Partita IVA, ma nella realtà i debiti restano e possono continuare a generare interessi e sanzioni.
Debiti fiscali, contributivi, bancari e commerciali possono trasformarsi in un serio problema, portando a iscrizioni a ruolo, pignoramenti e azioni esecutive. Inoltre, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e gli altri creditori possono agire anche anni dopo la chiusura dell’attività.
Fortunatamente, esistono diverse soluzioni per gestire e risolvere i debiti di una Partita IVA cessata. Attraverso strumenti come il saldo e stralcio, la rateizzazione, le transazioni fiscali e il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019), è possibile alleggerire il carico debitorio ed evitare conseguenze patrimoniali gravi.
In questo articolo di Studio Monardo, gli avvocati esperti in cancellazione debiti di partite IVA, analizzeremo come affrontare i debiti dopo la chiusura della Partita IVA, quali strumenti legali possono essere utilizzati e in che modo un avvocato esperto può aiutare a trovare la soluzione più adatta. Approfondiremo inoltre le norme aggiornate fino al 2025 e le strategie per evitare il rischio di azioni esecutive.
Ma andiamo ora ad approfondire:
Quali sono i debiti che rimangono dopo la chiusura della Partita IVA: Ecco Un Elenco Dettagliato
La chiusura della Partita IVA non comporta automaticamente la cancellazione di tutti i debiti accumulati durante l’attività professionale o imprenditoriale. Anche dopo la cessazione, alcuni debiti rimangono a carico del titolare e possono essere richiesti dai creditori, sia pubblici che privati. La tipologia e la natura dei debiti ancora esistenti dipendono dalla forma giuridica dell’attività e dal tipo di obbligazioni contratte prima della chiusura. Di seguito un elenco dettagliato dei principali debiti che rimangono dopo la chiusura della Partita IVA.
Debiti fiscali e tributari. Le imposte non versate, come l’IRPEF per i lavoratori autonomi e l’IRES per le società, rimangono a carico del titolare della Partita IVA anche dopo la chiusura. Se l’attività era soggetta a IVA, eventuali importi non versati all’Agenzia delle Entrate continueranno a essere dovuti e potranno essere riscossi con cartelle esattoriali e azioni esecutive. Anche l’IRAP, se dovuta, resta un debito pendente, così come le eventuali addizionali regionali e comunali che erano applicabili ai redditi generati prima della chiusura.
Debiti contributivi verso INPS e casse previdenziali. Se il titolare della Partita IVA non ha versato regolarmente i contributi previdenziali obbligatori, questi debiti rimangono attivi anche dopo la cessazione dell’attività. Per i professionisti iscritti alla Gestione Separata INPS, gli importi non pagati continueranno ad accumulare sanzioni e interessi fino al saldo. Se il professionista era iscritto a una cassa previdenziale di categoria, come la Cassa Forense o l’INARCASSA, i contributi arretrati dovranno comunque essere versati, e il mancato pagamento può comportare il blocco della pensione o l’applicazione di procedure di recupero forzoso.
Debiti derivanti da cartelle esattoriali. Se prima della chiusura della Partita IVA erano già state notificate cartelle di pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione per imposte o contributi non versati, queste rimangono esigibili anche dopo la cessazione dell’attività. L’Agenzia può procedere con pignoramenti, fermi amministrativi e iscrizioni ipotecarie per il recupero del credito, salvo la possibilità di richiedere una rateizzazione o accedere a misure di definizione agevolata come la rottamazione delle cartelle.
Debiti bancari e finanziari. Se l’attività ha contratto prestiti bancari, mutui o finanziamenti, la chiusura della Partita IVA non estingue automaticamente questi debiti. Se il titolare ha firmato fideiussioni personali, sarà direttamente responsabile per il pagamento delle somme dovute. In caso di mancato pagamento, la banca può agire con decreti ingiuntivi e pignoramenti su beni personali o immobiliari. Anche le carte di credito aziendali o gli scoperti di conto corrente rimangono debiti attivi fino al loro completo rimborso.
Debiti commerciali verso fornitori e collaboratori. Gli importi dovuti a fornitori per fatture non pagate e ai collaboratori per compensi arretrati restano esigibili anche dopo la cessazione della Partita IVA. Se il debitore non salda questi importi, i creditori possono richiedere un decreto ingiuntivo e procedere con azioni legali per il recupero delle somme dovute. Se il lavoratore autonomo o l’impresa individuale aveva dipendenti, anche eventuali stipendi arretrati e contributi INPS non versati rimangono a carico del titolare.
Sanzioni amministrative e multe. Le eventuali multe e sanzioni amministrative inflitte all’attività prima della chiusura restano valide e possono essere riscosse tramite il recupero coattivo. Questo vale sia per le sanzioni fiscali dovute per omessa o tardiva dichiarazione, sia per eventuali multe relative alla violazione di normative specifiche del settore di appartenenza.
Debiti legati ai contratti di locazione o leasing. Se il titolare della Partita IVA aveva stipulato un contratto di affitto per un locale commerciale o un leasing per l’acquisto di beni strumentali, la chiusura dell’attività non comporta automaticamente la cessazione di questi obblighi. Il locatore o la società di leasing possono chiedere il pagamento delle rate residue fino alla scadenza del contratto, a meno che non venga trovata una soluzione contrattuale alternativa.
Obbligazioni derivanti da fideiussioni e garanzie personali. Se il titolare della Partita IVA ha prestato fideiussioni personali per contratti aziendali, finanziamenti o forniture, rimane responsabile anche dopo la cessazione dell’attività. Il creditore garantito può agire direttamente sui beni personali del debitore per ottenere il pagamento.
Debiti verso il fisco per dichiarazioni omesse o errate. Se la chiusura della Partita IVA è stata effettuata senza presentare le dichiarazioni fiscali necessarie, l’Agenzia delle Entrate può accertare eventuali redditi non dichiarati e richiedere il pagamento di imposte, sanzioni e interessi. Questo vale anche per i contributi previdenziali omessi, che possono essere richiesti successivamente con cartelle esattoriali.
Eventuali pendenze giudiziarie. Se l’attività è stata coinvolta in cause civili o contenziosi legali, la chiusura della Partita IVA non estingue le responsabilità giuridiche del titolare. Se il debitore perde una causa e viene condannato al pagamento di una somma, l’obbligo rimane anche dopo la cessazione dell’attività.
In conclusione, la chiusura della Partita IVA non cancella automaticamente i debiti accumulati durante l’attività. Il titolare resta personalmente responsabile per il pagamento di imposte, contributi previdenziali, debiti bancari, finanziari e commerciali. Per evitare problemi futuri, è consigliabile risolvere le pendenze prima della chiusura o valutare soluzioni di ristrutturazione del debito, come la rateizzazione fiscale, il saldo e stralcio con i creditori o l’accesso alle procedure di sovraindebitamento previste dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.
È possibile cancellare i debiti fiscali di Partita IVA cessata?
La cancellazione dei debiti fiscali di una Partita IVA cessata è possibile, ma dipende dalla tipologia del debito, dall’ente creditore e dagli strumenti normativi disponibili. Il fatto che la Partita IVA sia stata chiusa non comporta automaticamente l’estinzione delle obbligazioni fiscali, poiché il titolare resta responsabile delle imposte non pagate anche dopo la cessazione dell’attività. Tuttavia, esistono diverse soluzioni per ridurre o cancellare questi debiti, sia attraverso misure di definizione agevolata che tramite procedure di sovraindebitamento.
Uno dei metodi più diretti per ottenere la cancellazione parziale dei debiti fiscali è l’adesione a misure di rottamazione delle cartelle esattoriali o saldo e stralcio fiscale. Periodicamente, il governo introduce provvedimenti che permettono ai contribuenti di regolarizzare la propria posizione pagando solo una parte del debito, con l’eliminazione di sanzioni e interessi. Se queste misure sono attive, il titolare di Partita IVA cessata può verificare la propria posizione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e presentare domanda di adesione.
Se il debito fiscale è prescritto, il contribuente può contestarne la validità e richiedere la cancellazione. I debiti tributari si prescrivono generalmente in dieci anni, mentre quelli previdenziali in cinque anni, salvo atti interruttivi della prescrizione da parte dell’ente creditore. Se l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non ha notificato solleciti validi entro i termini previsti, il contribuente può opporsi al pagamento e ottenere la cancellazione del debito per decorrenza dei termini.
Se il debito è troppo elevato per essere saldato integralmente, la legge sul sovraindebitamento offre strumenti per ridurre o eliminare le obbligazioni fiscali. Attraverso il concordato minore, il debitore può proporre un piano di rientro ai creditori, compresa l’Agenzia delle Entrate, con una riduzione dell’importo dovuto e una rateizzazione sostenibile. Una volta approvato dal tribunale e accettato dai creditori, il debito fiscale può essere ridotto e la quota residua cancellata.
Se il contribuente non dispone di risorse per pagare i debiti fiscali, può accedere alla liquidazione controllata, una procedura che permette di cedere il patrimonio disponibile per saldare, almeno in parte, i creditori fiscali e ottenere l’esdebitazione. Al termine della liquidazione, il debitore può richiedere la cancellazione definitiva delle somme non coperte dalla procedura, liberandosi completamente dall’obbligo di pagamento.
Per chi non ha alcun patrimonio o reddito disponibile, la legge sul sovraindebitamento prevede l’esdebitazione del debitore incapiente, che consente di cancellare i debiti fiscali senza alcun pagamento. Questa misura è riservata a chi si trova in una condizione di assoluta difficoltà economica e non ha prospettive di miglioramento della propria situazione finanziaria.
Se il debito fiscale è ancora in fase di riscossione, il contribuente può richiedere una transazione fiscale, negoziando direttamente con l’Agenzia delle Entrate un pagamento ridotto in cambio della chiusura della posizione debitoria. Questo strumento consente di ottenere una riduzione del debito complessivo, con l’eliminazione di sanzioni e interessi, rendendo più sostenibile il pagamento.
Anche se la Partita IVA è cessata, è importante monitorare la propria posizione fiscale per evitare nuove azioni di riscossione, come pignoramenti o iscrizioni ipotecarie. Se il debito viene lasciato insoluto senza attivare una delle procedure disponibili, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può continuare a richiedere il pagamento e avviare misure esecutive sul patrimonio personale dell’ex titolare.
Affidarsi a un consulente esperto in gestione della crisi d’impresa e debiti fiscali può aiutare a individuare la strategia migliore per ottenere la riduzione o la cancellazione dei debiti, evitando conseguenze economiche più gravi. Ogni situazione deve essere valutata caso per caso, considerando la prescrizione, le opportunità di definizione agevolata e le procedure di sovraindebitamento per trovare la soluzione più adatta alle esigenze del contribuente.
Si possono rateizzare i debiti di una Partita IVA cessata?
Anche dopo la chiusura della Partita IVA, i debiti accumulati non si estinguono automaticamente, ma possono essere rateizzati attraverso diverse soluzioni offerte dall’Agenzia delle Entrate, dall’INPS e da altri creditori. La possibilità di rateizzare i debiti dipende dalla loro natura e dal soggetto creditore, e in alcuni casi è necessario rispettare precise condizioni per accedere ai piani di dilazione.
I debiti fiscali verso l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate-Riscossione possono essere rateizzati anche dopo la cessazione della Partita IVA. Se il contribuente ha imposte non pagate, come IRPEF, IVA o IRAP, può richiedere la rateizzazione direttamente all’Agenzia delle Entrate prima che il debito venga iscritto a ruolo. Se invece il debito è già stato affidato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, è possibile presentare domanda di rateizzazione per importi fino a 120.000 euro con un piano ordinario di 72 rate mensili, senza dover dimostrare difficoltà economica. Per importi superiori, il contribuente deve fornire documentazione che dimostri la sua temporanea difficoltà finanziaria e può ottenere un piano fino a 120 rate. Durante il periodo di rateizzazione, il debitore può evitare il blocco dei conti e altre azioni esecutive, a condizione che rispetti le scadenze di pagamento.
I debiti contributivi verso l’INPS possono essere rateizzati anche se la Partita IVA è stata chiusa. Se il lavoratore autonomo ha accumulato contributi non pagati, può chiedere una dilazione fino a un massimo di 60 rate. Se il debito è già stato iscritto a ruolo e affidato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, si applicano le stesse regole della rateizzazione fiscale, con la possibilità di estendere il piano fino a 120 rate in caso di gravi difficoltà economiche. È importante notare che il mancato pagamento dei contributi previdenziali può avere conseguenze sul diritto alla pensione, quindi rateizzare e saldare il debito è essenziale per evitare la perdita dei contributi già maturati.
Anche i debiti derivanti da cartelle esattoriali già notificate possono essere rateizzati. Il contribuente può presentare richiesta online sul sito dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione o rivolgersi agli sportelli territoriali. Se il piano di rateizzazione viene concesso e il debitore rispetta le scadenze, le azioni esecutive come pignoramenti e fermi amministrativi vengono sospese. Tuttavia, se il debitore salta più di cinque rate, anche non consecutive, perde il diritto alla rateizzazione e il debito torna immediatamente esigibile per l’intero importo.
I debiti bancari e finanziari contratti durante l’attività della Partita IVA possono essere rinegoziati con le banche o le società finanziarie. Se il lavoratore autonomo aveva acceso prestiti o mutui per l’attività, la chiusura della Partita IVA non estingue il debito, ma è possibile chiedere una ristrutturazione del debito con un nuovo piano di pagamento. Le banche tendono a concedere dilazioni o rinegoziazioni solo se il debitore dimostra di poter pagare, quindi può essere utile presentare un piano finanziario credibile o cercare di ottenere un saldo e stralcio.
Anche i debiti verso fornitori e privati possono essere rateizzati attraverso accordi stragiudiziali. Se il lavoratore autonomo ha fatture non pagate, può cercare di negoziare un pagamento dilazionato con il creditore prima che venga avviata un’azione legale. In alcuni casi, i creditori accettano un saldo e stralcio, riducendo l’importo dovuto in cambio di un pagamento immediato.
Se il debitore si trova in una situazione di grave difficoltà economica e non può sostenere la rateizzazione, può accedere alla procedura di sovraindebitamento prevista dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Questa procedura consente di ottenere la sospensione delle azioni esecutive e di proporre un piano di rientro sostenibile, oppure, nei casi più gravi, la liquidazione controllata del patrimonio per liberarsi definitivamente dai debiti non pagabili. Se il tribunale accetta il piano, i creditori sono obbligati a rispettare le nuove condizioni di pagamento, e il debitore può evitare il pignoramento di beni o altre misure di recupero forzoso.
In conclusione, i debiti della Partita IVA cessata possono essere rateizzati con l’Agenzia delle Entrate, l’INPS, le banche e altri creditori, ma è essenziale rispettare le scadenze e dimostrare la volontà di pagare per evitare ulteriori complicazioni. Se il debito è troppo elevato, esistono strumenti come la ristrutturazione del debito o la procedura di sovraindebitamento per trovare una soluzione sostenibile. Affidarsi a un professionista esperto può essere determinante per scegliere la strategia migliore e ottenere condizioni più favorevoli nel piano di pagamento.
Cosa succede se non si pagano i debiti dopo la chiusura della Partita IVA?
Chiudere la Partita IVA non estingue automaticamente i debiti fiscali, contributivi o commerciali accumulati durante l’attività, e i creditori possono comunque agire nei confronti dell’ex titolare per recuperare le somme dovute. Anche se l’attività viene formalmente cessata, il titolare della Partita IVA rimane responsabile delle obbligazioni non pagate, che possono essere riscosse tramite azioni esecutive come pignoramenti, fermi amministrativi o iscrizioni ipotecarie.
Se il debito riguarda l’Agenzia delle Entrate o l’INPS, la riscossione prosegue anche dopo la chiusura della Partita IVA. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione può emettere cartelle esattoriali e, se il pagamento non avviene, avviare procedure esecutive come il pignoramento del conto corrente personale, la trattenuta su stipendio o pensione, il fermo amministrativo su veicoli e l’ipoteca su immobili di proprietà. L’INPS, invece, può continuare a riscuotere i contributi previdenziali non versati, applicando sanzioni e interessi di mora che fanno aumentare il debito nel tempo.
Se i debiti sono bancari o commerciali, le banche e i fornitori possono avviare azioni legali per ottenere il pagamento. In caso di mancato saldo di finanziamenti o scoperti di conto corrente, l’istituto di credito può segnalare l’ex titolare della Partita IVA alla Centrale Rischi della Banca d’Italia o ai Sistemi di Informazione Creditizia (CRIF, CTC, Experian), rendendo difficile l’accesso a nuovi finanziamenti in futuro. Se il debitore non paga, la banca può richiedere un decreto ingiuntivo e procedere con il pignoramento di beni mobili, immobili o somme depositate su conti correnti personali.
Se il debito non viene pagato per un lungo periodo, può comunque andare in prescrizione, ma i termini variano a seconda della tipologia di obbligazione. I debiti fiscali e contributivi si prescrivono generalmente in dieci anni, mentre quelli commerciali e bancari hanno un termine di prescrizione che varia tra cinque e dieci anni. Tuttavia, se il creditore notifica un atto interruttivo della prescrizione, il termine si azzera e ricomincia da capo, prolungando di fatto la possibilità di riscossione.
Se il debitore non ha risorse per pagare i creditori e si trova in una situazione di sovraindebitamento, può accedere a una procedura di esdebitazione attraverso il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza. Con il concordato minore, è possibile proporre un pagamento parziale del debito con una rateizzazione sostenibile, ottenendo la cancellazione del residuo. Se il debitore non ha beni da liquidare, può accedere alla liquidazione controllata, che permette di chiudere definitivamente i debiti attraverso la vendita del patrimonio disponibile e, una volta terminata la procedura, ottenere l’esdebitazione, ovvero la cancellazione delle obbligazioni residue.
Se il debitore si trova in una situazione di estrema difficoltà economica e non possiede beni aggredibili dai creditori, può richiedere l’esdebitazione del debitore incapiente, che permette la cancellazione totale dei debiti senza alcun pagamento. Questa procedura è riservata a chi dimostra di non avere alcuna possibilità di soddisfare i creditori e di non avere prospettive di miglioramento economico nel breve termine.
Se il debito è di natura fiscale, è possibile accedere a misure di definizione agevolata, come la rottamazione delle cartelle o il saldo e stralcio fiscale, se previste dal legislatore. Questi strumenti consentono di eliminare sanzioni e interessi e di pagare solo una parte dell’importo dovuto, rendendo più sostenibile il rientro dal debito.
Ignorare i debiti dopo la chiusura della Partita IVA può portare a conseguenze legali ed economiche gravi, come l’impossibilità di accedere a finanziamenti, il blocco dei conti correnti, il pignoramento di beni e la segnalazione come cattivo pagatore. Per questo motivo, è importante valutare le opzioni disponibili, negoziare con i creditori o accedere agli strumenti previsti dalla legge per ridurre o cancellare il debito prima che la situazione diventi ingestibile.
Come l’Avvocato Monardo può aiutare a risolvere i debiti di una Partita IVA cessata
Un avvocato esperto in diritto bancario e tributario è in grado di analizzare la posizione debitoria e proporre soluzioni concrete per la riduzione o la cancellazione del debito.
L’Avvocato Monardo coordina un team di avvocati e commercialisti esperti a livello nazionale nell’ambito del diritto bancario e tributario. È gestore della Crisi da Sovraindebitamento ai sensi della Legge 3/2012, è iscritto presso gli elenchi del Ministero della Giustizia e figura tra i professionisti fiduciari di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi).
Grazie alla sua esperienza, offre assistenza per:
- Analizzare la posizione debitoria e individuare le strategie più efficaci per ridurre o cancellare i debiti, attraverso un’analisi approfondita delle obbligazioni esistenti e delle possibilità offerte dalla normativa vigente. È fondamentale valutare l’origine del debito, la sua natura e i termini della prescrizione, verificando eventuali irregolarità nei procedimenti di riscossione. Un avvocato esperto può intervenire per contestare importi non dovuti, impugnare atti esecutivi illegittimi e negoziare soluzioni alternative per alleggerire il carico finanziario del debitore. Le strategie possono includere il saldo e stralcio, la ristrutturazione del debito, la rateizzazione agevolata o l’accesso alle procedure di sovraindebitamento. Ogni situazione richiede un approccio specifico per garantire il massimo beneficio e consentire al contribuente di ripristinare il proprio equilibrio economico senza subire conseguenze patrimoniali irreversibili.
- Negoziare con l’Agenzia delle Entrate e i creditori privati per ottenere saldo e stralcio, rateizzazioni agevolate e transazioni fiscali, adottando strategie mirate per ridurre il carico debitorio e ripristinare la sostenibilità finanziaria. Un avvocato esperto può avviare trattative con gli enti di riscossione e i creditori privati per ottenere una riduzione significativa dell’importo dovuto o la possibilità di un piano di pagamento personalizzato. Il saldo e stralcio consente di chiudere il debito con una somma inferiore rispetto a quella originaria, mentre la rateizzazione agevolata permette di dilazionare il pagamento in modo compatibile con le risorse economiche disponibili. Nel caso di debiti fiscali, è possibile accedere a transazioni fiscali che offrono condizioni più favorevoli per il rientro del debito, evitando azioni esecutive come pignoramenti e fermi amministrativi. La mediazione legale può garantire un accordo che preservi il patrimonio personale dell’ex titolare della Partita IVA e riduca il rischio di ulteriori sanzioni. Un’analisi approfondita della posizione debitoria permette di individuare la soluzione più vantaggiosa per il contribuente, proteggendolo da richieste eccessive e agevolando la risoluzione definitiva delle obbligazioni.
- Seguire le procedure di sovraindebitamento per ottenere l’esdebitazione e liberarsi definitivamente dalle passività, accedendo agli strumenti previsti dalla normativa vigente per chi si trova in una condizione di difficoltà economica irreversibile. Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) offre diverse soluzioni a seconda della situazione del debitore, consentendo di sanare la propria posizione debitoria senza subire conseguenze patrimoniali definitive. L’esdebitazione del debitore incapiente è lo strumento più efficace per chi non ha beni né redditi sufficienti a garantire il pagamento dei creditori. Con questa procedura, è possibile ottenere la cancellazione totale dei debiti residui, senza dover affrontare ulteriori richieste di pagamento o azioni esecutive. Un’altra opzione è la liquidazione controllata, che consente al debitore di cedere una parte del proprio patrimonio per soddisfare, anche solo parzialmente, le pretese dei creditori, ottenendo in cambio la definitiva liberazione dalle obbligazioni rimaste. In alternativa, il piano del consumatore permette di concordare un piano di rientro sostenibile con rate compatibili con le reali possibilità del debitore, evitando il rischio di nuovi pignoramenti o azioni esecutive. Affidarsi a un avvocato esperto in crisi da sovraindebitamento è essenziale per accedere a questi strumenti in modo corretto, garantendo il rispetto di tutti i requisiti richiesti dalla legge e aumentando le probabilità di ottenere una decisione favorevole. L’assistenza legale permette di presentare la domanda in tribunale con una documentazione adeguata, evitare errori procedurali e ottenere un nuovo inizio libero dai debiti.
- Difendere il contribuente da pignoramenti e azioni esecutive, proteggendo il patrimonio personale attraverso un’analisi dettagliata della posizione debitoria e l’individuazione delle migliori strategie legali per evitare l’aggressione dei creditori. Un avvocato esperto può intervenire tempestivamente per contestare pignoramenti ingiustificati, impugnare atti esecutivi irregolari e negoziare soluzioni alternative per ridurre l’impatto delle misure coercitive. È possibile ottenere la sospensione del pignoramento in presenza di vizi procedurali o richiedere una riduzione dell’importo prelevabile attraverso specifiche istanze giudiziali. Oltre alle azioni di opposizione, è possibile valutare soluzioni preventive, come la protezione dei beni essenziali per la vita quotidiana e l’attività lavorativa, sfruttando le normative che limitano la pignorabilità di stipendi, pensioni e conti correnti. Per i debitori in situazione di difficoltà finanziaria, l’accesso alle procedure di sovraindebitamento può offrire un’opportunità concreta per bloccare le azioni esecutive e ridurre definitivamente il carico debitorio. Affidarsi a un avvocato specializzato consente di adottare la strategia più efficace per proteggere il proprio patrimonio e garantire una gestione ottimale della propria situazione economica.
Se hai chiuso la tua Partita IVA e vuoi sapere come ridurre o cancellare i tuoi debiti, non aspettare che la situazione peggiori. Ogni giorno che passa può aumentare il rischio di azioni esecutive come pignoramenti, fermi amministrativi e iscrizioni ipotecarie. Affrontare il problema subito significa avere maggiori possibilità di negoziare soluzioni vantaggiose con i creditori e proteggere il proprio patrimonio.
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