Quanto Tempo Ci Vuole Per Avviare Un Pignoramento e Come Ritardare

Quando un creditore non riesce a ottenere il pagamento di un debito, il pignoramento rappresenta uno strumento legale per recuperare quanto dovuto. Ma quanto tempo ci vuole per avviare un pignoramento? La risposta dipende da vari fattori, tra cui la tipologia del credito, le procedure giudiziarie coinvolte e l’efficienza degli uffici preposti. In Italia, il pignoramento segue un iter ben definito dal Codice di Procedura Civile, con tempistiche che possono variare sensibilmente. La durata complessiva del processo può estendersi da pochi mesi a diversi anni, e molto dipende dalla reattività degli organi giudiziari e dall’eventuale opposizione del debitore.

Un aspetto fondamentale è il titolo esecutivo, documento necessario per poter procedere al pignoramento. Senza un titolo esecutivo valido, nessuna azione esecutiva può essere avviata. Questo titolo può derivare da una sentenza passata in giudicato, un decreto ingiuntivo divenuto esecutivo o un assegno protestato. Se il creditore non ha ancora ottenuto un titolo esecutivo, dovrà prima avviare un procedimento per ottenerlo, allungando ulteriormente i tempi.

Una volta ottenuto il titolo esecutivo, è necessaria la notifica dell’atto di precetto al debitore. Questo documento rappresenta un’ultima intimazione a pagare prima dell’avvio della procedura esecutiva e concede dieci giorni di tempo per adempiere spontaneamente. Se il pagamento non avviene entro questo periodo, il creditore può procedere con il pignoramento.

Tuttavia, il tempo necessario per avviare il pignoramento può variare anche in base al carico di lavoro degli uffici giudiziari competenti. Nei tribunali più congestionati, l’iter può richiedere diversi mesi prima che si possa concretizzare l’atto esecutivo.

Inoltre, la recente riforma del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) ha introdotto novità rilevanti per i debitori in difficoltà economica, consentendo in alcuni casi di sospendere le procedure esecutive. Un debitore che dimostra di essere in uno stato di crisi finanziaria può accedere alle tutele previste dal Codice della Crisi, bloccando temporaneamente o definitivamente il pignoramento. In particolare, il debitore può presentare domanda di esdebitazione o proporre un piano di ristrutturazione del debito con l’ausilio di un OCC (Organismo di Composizione della Crisi), il che può incidere sui tempi e sulle possibilità di recupero per il creditore.

Capire queste dinamiche è cruciale per valutare l’effettiva possibilità di recuperare il credito nel minor tempo possibile. A seconda delle circostanze, un creditore potrebbe riuscire a ottenere il pagamento in pochi mesi oppure dover affrontare una lunga battaglia giudiziaria che si protrae per anni.

Ma andiamo ad approfondire con Studio Monardo, i legali specializzati in cancellazione debiti e annullamento di pignoramenti.

Quando si può avviare un pignoramento?

Questa è una domanda cruciale per comprendere le condizioni che consentono a un creditore di intraprendere azioni esecutive per il recupero di un credito. Il pignoramento è una procedura giuridica attraverso la quale un creditore può agire sui beni del debitore per soddisfare il proprio credito, previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Tuttavia, la legge italiana stabilisce requisiti specifici che devono essere rispettati prima di poter avviare un pignoramento.

Il primo requisito fondamentale per avviare un pignoramento è il possesso di un titolo esecutivo. Ai sensi dell’art. 474 del Codice di Procedura Civile, il titolo esecutivo è un documento che certifica l’esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile. Esempi di titoli esecutivi includono una sentenza definitiva, un decreto ingiuntivo non opposto, un atto pubblico o una scrittura privata autenticata. Senza un titolo esecutivo valido, non è possibile procedere con il pignoramento.

Un altro requisito indispensabile è la presenza di un precetto, ovvero l’intimazione formale al debitore di adempiere all’obbligazione entro un termine di 10 giorni. Questo atto, disciplinato dall’art. 480 c.p.c., rappresenta un avviso ufficiale che anticipa l’azione esecutiva. Se il debitore non paga entro il termine indicato, il creditore può avviare il pignoramento.

Esempio 1: Un creditore ottiene un decreto ingiuntivo contro un debitore per un debito di 10.000 euro. Dopo aver notificato il decreto, invia un atto di precetto il 1° marzo, concedendo 10 giorni per il pagamento. Trascorso inutilmente il termine, il 15 marzo può avviare il pignoramento presso terzi o il pignoramento dei beni mobili o immobili del debitore.

Esistono tuttavia eccezioni al requisito del precetto. In alcuni casi specifici, come per i crediti alimentari o per il recupero delle spese di mantenimento dei figli, il pignoramento può essere avviato senza la necessità di notificare un precetto. Questa possibilità è prevista per garantire una tutela rapida ed efficace per crediti di particolare importanza sociale.

Un ulteriore requisito riguarda la scadenza del debito. Il credito deve essere esigibile, cioè deve essere giunto a scadenza e il debitore deve essere inadempiente. Non è possibile pignorare beni o crediti per obbligazioni non ancora scadute, a meno che non sia previsto diversamente da una clausola contrattuale o da una norma di legge.

Esempio 2: Un contratto di prestito prevede la restituzione di 5.000 euro entro il 30 giugno. Se il debitore non paga entro tale data, il creditore può avviare il pignoramento a partire dal 1° luglio, previa notifica del precetto e ottenimento del titolo esecutivo.

È importante considerare anche i limiti temporali per l’avvio del pignoramento. La prescrizione del credito rappresenta un ostacolo insormontabile: se il credito è prescritto, il creditore perde il diritto di agire esecutivamente. In base all’art. 2946 del Codice Civile, la prescrizione ordinaria dei crediti è di 10 anni, salvo termini più brevi per specifici tipi di crediti.

Esempio 3: Un creditore ha un titolo esecutivo per un debito risalente al 2008. Se non ha compiuto atti interruttivi della prescrizione, nel 2023 il credito risulterà prescritto e non sarà più possibile avviare un pignoramento.

Un altro aspetto da considerare è la competenza territoriale. Il pignoramento deve essere avviato presso il tribunale competente in base alla residenza del debitore o al luogo in cui si trovano i beni da pignorare. La corretta individuazione della competenza è essenziale per la validità della procedura esecutiva.

Inoltre, per i pignoramenti presso terzi, come quelli che coinvolgono stipendi o conti correnti, è necessario notificare l’atto di pignoramento sia al terzo debitore sia al debitore principale. Questo garantisce la trasparenza della procedura e offre al debitore la possibilità di difendersi in sede giudiziaria. L’art. 543 c.p.c. disciplina in dettaglio le modalità di notifica e i contenuti dell’atto di pignoramento presso terzi.

In conclusione, per avviare un pignoramento sono necessari diversi requisiti: un titolo esecutivo valido, la notifica di un precetto (salvo eccezioni), la scadenza del debito, l’assenza di prescrizione e il rispetto delle regole di competenza territoriale. Comprendere questi aspetti, supportati da esempi pratici, è fondamentale per gestire correttamente una procedura di pignoramento, sia dal punto di vista del creditore che del debitore. Il rispetto di tali condizioni garantisce la legittimità dell’azione esecutiva e tutela i diritti di entrambe le parti coinvolte.

Quali sono i tipi di pignoramento e quanto tempo richiedono?

Il pignoramento è una procedura esecutiva che consente al creditore di agire sui beni del debitore per recuperare un credito. Esistono diversi tipi di pignoramento, ciascuno con caratteristiche specifiche e tempi di esecuzione variabili. Comprendere queste differenze è fondamentale per gestire correttamente una procedura esecutiva.

1. Pignoramento presso terzi Questo tipo di pignoramento riguarda i crediti o i beni del debitore che si trovano nella disponibilità di un terzo, come ad esempio stipendi, pensioni, conti correnti bancari o crediti commerciali. La procedura inizia con la notifica dell’atto di pignoramento sia al debitore che al terzo pignorato, il quale diventa custode dei beni vincolati.

Tempi: Il pignoramento presso terzi è generalmente più rapido rispetto ad altre forme di esecuzione. Dopo la notifica, il terzo deve rendere una dichiarazione entro 10 giorni (art. 547 c.p.c.). Se il creditore presenta l’istanza di assegnazione entro i successivi 90 giorni dall’iscrizione a ruolo (art. 497 c.p.c.), la procedura può concludersi in 3-6 mesi, a seconda della complessità del caso e del carico di lavoro del tribunale.

Esempio: Un creditore notifica un pignoramento dello stipendio il 1° marzo. Il datore di lavoro conferma la trattenuta il 10 marzo e il giudice emette l’ordinanza di assegnazione entro giugno. In questo caso, la procedura si conclude in circa 4 mesi.

2. Pignoramento mobiliare Il pignoramento mobiliare riguarda i beni mobili di proprietà del debitore, come automobili, arredi, gioielli o attrezzature. La procedura prevede l’intervento dell’ufficiale giudiziario, che redige un verbale di pignoramento e può procedere al sequestro dei beni.

Tempi: Questa procedura può essere rapida nella fase iniziale, ma richiede più tempo per la vendita dei beni all’asta. In media, può durare da 6 mesi a 1 anno, considerando i tempi per la notifica degli atti, l’esecuzione del pignoramento e le eventuali aste giudiziarie.

Esempio: Un creditore richiede il pignoramento di un’automobile. L’ufficiale giudiziario procede al sequestro entro un mese dalla richiesta, ma la vendita all’asta richiede ulteriori 4-6 mesi per essere completata.

3. Pignoramento immobiliare Il pignoramento immobiliare riguarda beni immobili, come case, terreni o edifici. È la forma di pignoramento più complessa e lunga, in quanto richiede la trascrizione nei registri immobiliari e l’intervento del giudice per la gestione della procedura di vendita.

Tempi: Il pignoramento immobiliare può richiedere da 1 a 3 anni, a seconda della complessità del caso, delle opposizioni del debitore e della velocità del tribunale. La procedura prevede diverse fasi: iscrizione a ruolo, nomina di un perito per la stima dell’immobile, pubblicazione dell’avviso di vendita e aste giudiziarie.

Esempio: Un creditore avvia il pignoramento di un immobile nel gennaio 2022. Dopo l’iscrizione a ruolo e la perizia, la prima asta si svolge nel settembre 2023. Se l’immobile viene venduto alla prima asta, la procedura dura circa 20 mesi.

Fattori che influenzano i tempi del pignoramento:

  • Opposizioni del debitore: Ricorsi e opposizioni possono allungare significativamente i tempi.
  • Carico di lavoro del tribunale: Tribunali più congestionati possono impiegare più tempo per gestire le procedure.
  • Tipologia di beni: I beni mobili e i crediti presso terzi sono più facili da liquidare rispetto agli immobili.
  • Collaborazione del terzo pignorato: Nel pignoramento presso terzi, la rapidità della dichiarazione del terzo può accelerare la procedura.

In conclusione, i tempi del pignoramento variano notevolmente a seconda del tipo di procedura:

  • Pignoramento presso terzi: 3-6 mesi
  • Pignoramento mobiliare: 6-12 mesi
  • Pignoramento immobiliare: 1-3 anni

Conoscere le tempistiche e le caratteristiche di ciascun tipo di pignoramento è essenziale per pianificare strategie efficaci sia per i creditori che per i debitori. La consulenza di un professionista legale può fare la differenza nel gestire al meglio la procedura e ridurre i tempi di attesa.

Quali sono le fasi del pignoramento e i tempi di attesa?

Il pignoramento è una procedura esecutiva che consente al creditore di recuperare un credito forzando il debitore a soddisfare l’obbligazione tramite la vendita dei suoi beni o il prelievo diretto di somme di denaro. La procedura di pignoramento si articola in diverse fasi, ciascuna con tempistiche specifiche che possono variare a seconda del tipo di pignoramento (presso terzi, mobiliare o immobiliare) e delle circostanze del caso.

1. Ottenimento del titolo esecutivo Prima di poter avviare il pignoramento, il creditore deve disporre di un titolo esecutivo, come una sentenza, un decreto ingiuntivo non opposto o un atto pubblico (art. 474 c.p.c.). Questa fase può richiedere da poche settimane a diversi mesi, a seconda della complessità della causa o della rapidità con cui viene emesso il titolo.

2. Notifica del precetto Dopo aver ottenuto il titolo esecutivo, il creditore deve notificare al debitore un atto di precetto (art. 480 c.p.c.), che rappresenta un’intimazione formale a pagare il debito entro 10 giorni. Il precetto è valido per 90 giorni: se il pignoramento non viene avviato entro questo termine, occorre una nuova notifica.

Esempio: Un creditore notifica il precetto il 1° marzo; se il debitore non paga entro il 10 marzo, il creditore può avviare il pignoramento fino al 30 maggio. Oltre tale data, il precetto perde efficacia.

3. Notifica dell’atto di pignoramento Il creditore procede quindi con la notifica dell’atto di pignoramento al debitore e, se si tratta di un pignoramento presso terzi, anche al terzo pignorato (art. 543 c.p.c.). Questa notifica segna l’inizio ufficiale della procedura esecutiva.

Tempi: La notifica può richiedere da pochi giorni a qualche settimana, a seconda della disponibilità dell’ufficiale giudiziario e della reperibilità del debitore.

4. Iscrizione a ruolo della procedura esecutiva Dopo la notifica, il creditore deve iscrivere la procedura a ruolo presso il tribunale competente, allegando tutta la documentazione necessaria. Secondo l’art. 557 c.p.c., l’iscrizione deve avvenire entro 45 giorni dalla notifica del pignoramento, pena l’inefficacia della procedura.

5. Udienza di assegnazione o vendita Una volta iscritta la procedura, il tribunale fissa un’udienza per esaminare il caso. Nel pignoramento presso terzi, il giudice può emettere un’ordinanza di assegnazione delle somme pignorate già alla prima udienza, che si tiene generalmente entro 2-3 mesi dall’iscrizione a ruolo.

Nel caso di pignoramento mobiliare o immobiliare, il giudice può ordinare la vendita dei beni all’asta. Per i beni mobili, la vendita può avvenire entro 4-6 mesi, mentre per gli immobili il processo può richiedere da 1 a 3 anni, considerando la necessità di perizie, pubblicazioni di avvisi d’asta e aste multiple in caso di esito negativo delle prime.

6. Assegnazione delle somme o trasferimento dei beni Dopo la vendita o l’assegnazione, il ricavato viene distribuito tra i creditori secondo l’ordine delle preferenze stabilito dalla legge. Questa fase può richiedere da alcune settimane a diversi mesi, soprattutto se ci sono più creditori concorrenti o se sorgono opposizioni.

Tempi medi per ciascun tipo di pignoramento:

  • Pignoramento presso terzi: 3-6 mesi
  • Pignoramento mobiliare: 6-12 mesi
  • Pignoramento immobiliare: 1-3 anni

Fattori che influenzano i tempi di attesa:

  • Opposizioni e ricorsi: Possono allungare notevolmente la durata della procedura.
  • Carico di lavoro del tribunale: I tribunali più congestionati impiegano più tempo per fissare udienze e gestire le pratiche.
  • Collaborazione del debitore o del terzo pignorato: La mancata collaborazione può rallentare la procedura.
  • Numero di aste necessarie: Se i beni non vengono venduti al primo tentativo, potrebbero essere necessarie più aste, con un conseguente allungamento dei tempi.

Esempio pratico: Un creditore avvia un pignoramento presso terzi per uno stipendio nel gennaio 2023. Dopo la notifica e l’iscrizione a ruolo, l’udienza si tiene in aprile e il giudice emette l’ordinanza di assegnazione in maggio. L’intera procedura si conclude in circa 5 mesi.

In conclusione, le fasi del pignoramento includono l’ottenimento del titolo esecutivo, la notifica del precetto, l’atto di pignoramento, l’iscrizione a ruolo, l’udienza di assegnazione o vendita e la distribuzione delle somme recuperate. I tempi di attesa variano in base al tipo di pignoramento e a diversi fattori procedurali. Una gestione accurata e il supporto di un professionista possono contribuire a ridurre i tempi e gestire efficacemente la procedura.

Quali sono gli ostacoli che possono rallentare un pignoramento?

Un pignoramento può subire ritardi a causa delle opposizioni del debitore, che possono sospendere l’iter esecutivo per mesi o anni. Se il debitore contesta la legittimità del pignoramento, il tribunale deve pronunciarsi prima di procedere, con tempi che possono dilatarsi notevolmente. Ogni opposizione può comportare l’apertura di un giudizio autonomo, con necessità di udienze, acquisizione di prove e valutazioni da parte del giudice, il che può ritardare ulteriormente il recupero del credito.

Inoltre, il sovraccarico degli uffici giudiziari rappresenta un fattore determinante nel rallentamento delle esecuzioni. Nei tribunali più congestionati, i tempi di fissazione delle udienze possono superare i sei mesi, causando lunghe attese per il creditore. Questo è particolarmente evidente nei grandi centri urbani, dove il numero di procedimenti in attesa è elevato e la scarsità di personale amministrativo e giudiziario incide negativamente sulla rapidità delle decisioni.

Un altro fattore critico è la difficoltà nella vendita dei beni pignorati, soprattutto nel caso di beni immobili. Le aste giudiziarie spesso vanno deserte per diverse tornate, costringendo il tribunale a ribassare il prezzo di base, rallentando ulteriormente la procedura. Se un immobile non viene venduto nelle prime aste, il valore può diminuire sensibilmente rispetto al mercato, rendendo più complesso il recupero del credito. Inoltre, l’eventuale presenza del debitore all’interno dell’immobile può scoraggiare i potenziali acquirenti, soprattutto quando vi sono resistenze all’abbandono della proprietà.

In alcuni casi, i creditori devono affrontare costi ulteriori per ottenere la liberazione dell’immobile, come il ricorso alla forza pubblica per l’esecuzione dello sfratto. Questa fase può aggiungere mesi alla procedura, soprattutto se il debitore presenta nuove opposizioni o richieste di dilazione. Per queste ragioni, il pignoramento immobiliare può diventare un iter particolarmente lungo e complesso, con tempi che possono superare i cinque anni prima della liquidazione del bene e dell’effettivo incasso da parte del creditore.

Come può il debitore ritardare il pignoramento presso terzi?

Il pignoramento presso terzi è una procedura esecutiva che consente al creditore di vincolare beni o crediti del debitore nella disponibilità di un terzo, come ad esempio stipendi, pensioni o conti correnti. Tuttavia, il debitore dispone di diversi strumenti giuridici per ritardare o ostacolare tale procedura, pur rispettando i limiti della legge.

1. Opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) Il primo strumento di difesa è l’opposizione all’esecuzione, che può essere proposta dal debitore per contestare il diritto del creditore a procedere. Questa opposizione può essere basata su motivi come la prescrizione del credito, il pagamento già avvenuto, o la nullità del titolo esecutivo. Se il giudice ritiene fondate le ragioni del debitore, può sospendere l’esecuzione, rallentando significativamente la procedura.

Tempi: La presentazione dell’opposizione può portare alla sospensione cautelare del pignoramento in pochi giorni, ma la decisione definitiva può richiedere mesi o anni, a seconda della complessità del caso.

2. Opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.) Se il problema riguarda irregolarità formali o procedurali (ad esempio errori nella notifica dell’atto di pignoramento o nel contenuto del precetto), il debitore può proporre un’opposizione agli atti esecutivi. Questa opposizione deve essere presentata entro 20 giorni dalla notifica dell’atto contestato.

3. Richiesta di sospensione del processo esecutivo (art. 624 c.p.c.) Il debitore può chiedere la sospensione del processo esecutivo al giudice competente. La sospensione può essere concessa se ci sono gravi motivi, come la necessità di tutelare esigenze familiari o patrimoniali urgenti. In attesa della decisione, l’esecuzione può essere temporaneamente bloccata.

4. Transazione o accordo con il creditore Un modo efficace per ritardare il pignoramento è negoziare un accordo con il creditore, proponendo un piano di pagamento rateale o una transazione. Se il creditore accetta, può sospendere o ritirare il pignoramento. Questo approccio è spesso preferito perché consente di evitare ulteriori spese legali.

Esempio: Un debitore con uno stipendio pignorato propone al creditore un piano di pagamento mensile con rate più gestibili. Il creditore accetta e chiede la sospensione del pignoramento al giudice.

5. Eccezione di impignorabilità dei beni (art. 545 c.p.c.) Il debitore può eccepire l’impignorabilità dei beni o dei crediti oggetto di pignoramento. Ad esempio, alcune somme, come il minimo vitale di uno stipendio o di una pensione, non possono essere pignorate. Se il giudice accoglie l’eccezione, la procedura sarà sospesa o limitata.

6. Richiesta di conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.) Il debitore può chiedere la conversione del pignoramento offrendo una somma di denaro pari all’importo del credito pignorato più il 20% per spese e interessi. Se la richiesta viene accolta, il pignoramento sui beni viene sostituito dal vincolo sulla somma offerta, dilazionando di fatto l’esecuzione.

7. Ricorso in appello o in Cassazione Se il debitore ha già presentato opposizione e il giudice ha deciso contro di lui, può proporre ricorso in appello o in Cassazione. Anche se l’appello non sospende automaticamente l’esecuzione, il debitore può chiedere una sospensione cautelare in attesa della decisione definitiva.

Fattori che influenzano l’efficacia delle strategie di ritardo:

  • Tempestività delle azioni: Presentare ricorsi o opposizioni nei termini previsti è fondamentale per ottenere la sospensione.
  • Fondamento giuridico delle contestazioni: Le opposizioni devono essere basate su motivazioni solide e documentate.
  • Disponibilità del creditore a negoziare: La capacità di raggiungere accordi può accelerare la sospensione del pignoramento.

In conclusione, il debitore può ritardare il pignoramento presso terzi attraverso opposizioni legali, richieste di sospensione, eccezioni di impignorabilità e accordi transattivi con il creditore. Tuttavia, è importante agire tempestivamente e con il supporto di un professionista legale per massimizzare le possibilità di successo. Una strategia ben pianificata può fare la differenza nel gestire la procedura esecutiva e proteggere i propri diritti.

Cosa prevede la legge sul sovraindebitamento?

La Legge 3/2012 e il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) hanno introdotto strumenti fondamentali per tutelare i debitori in difficoltà economica. Il piano del consumatore permette di rinegoziare il debito in base alla capacità economica del debitore, senza necessità di accordo con i creditori. Questo strumento è particolarmente utile per coloro che hanno accumulato debiti senza colpa grave e che, pur volendo onorare gli impegni, non riescono a farlo nei tempi stabiliti. Il piano consente di proporre un pagamento rateizzato che sia sostenibile, evitando azioni esecutive e tutelando il patrimonio residuo del debitore.

L’accordo con i creditori, invece, è uno strumento che consente di stabilire un piano di pagamento concordato con la maggioranza dei creditori. Questo tipo di accordo permette di ottenere riduzioni dell’importo complessivo del debito e una ristrutturazione dei pagamenti su un periodo più lungo, rendendo più agevole il recupero economico. I creditori, in cambio, accettano di rinunciare a una parte del debito o a eventuali azioni esecutive, favorendo una soluzione che garantisca il maggior recupero possibile senza passare per lunghe e costose procedure giudiziarie.

In casi estremi, è possibile ottenere l’esdebitazione del debitore incapiente, ossia la cancellazione totale dei debiti, se dimostrata l’assoluta impossibilità di adempiere. L’esdebitazione è una misura eccezionale destinata a coloro che non hanno più alcuna possibilità economica di saldare i debiti contratti e si trovano in una condizione di comprovata insolvenza. Attraverso questa procedura, il debitore viene liberato definitivamente dai debiti residui, permettendogli di ripartire senza il peso delle passività pregresse. Tuttavia, per accedere a questa soluzione, è necessaria una valutazione rigorosa delle condizioni economiche del debitore, che deve dimostrare l’assoluta incapacità di generare reddito sufficiente a coprire anche parzialmente il debito.

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