Come Sbloccare Il Conto Corrente Pignorato Dall’Agenzia Delle Entrate

Quando il conto corrente viene pignorato dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, il debitore si trova di fronte a una situazione critica che può mettere a rischio la stabilità finanziaria personale e familiare. L’accesso ai propri fondi viene bloccato, impedendo di effettuare pagamenti e prelievi, con conseguenze gravi sulla vita quotidiana e sulle attività economiche. Questa situazione può causare l’impossibilità di sostenere le spese essenziali come l’affitto, le bollette, le forniture domestiche e persino gli acquisti di prima necessità. In molti casi, il debitore si trova costretto a rivolgersi a parenti o amici per ottenere liquidità immediata, oppure a cercare soluzioni alternative che possono risultare onerose o difficili da gestire.

Questo accade quando il contribuente ha debiti fiscali non saldati e non ha provveduto a regolarizzare la propria posizione nonostante i solleciti e gli avvisi ricevuti. L’Agenzia delle Entrate, tramite il suo ente di riscossione, ha la facoltà di intervenire in maniera diretta sul conto bancario senza necessità di un’udienza preliminare o di ulteriori comunicazioni, procedendo all’espropriazione delle somme depositate. Il pignoramento è un atto esecutivo con cui il Fisco congela le somme presenti sul conto corrente per soddisfare il credito vantato, impedendo qualsiasi tipo di operazione finanziaria da parte del titolare del conto. In questo modo, il contribuente si trova improvvisamente privato della possibilità di disporre delle proprie risorse economiche, con tutte le conseguenze che ne derivano.

L’impatto psicologico di un pignoramento è spesso devastante. La consapevolezza di non avere accesso al proprio denaro può generare ansia, stress e un forte senso di impotenza. Molte persone scoprono il pignoramento solo al momento di un pagamento rifiutato o di un prelievo impossibile, aumentando il senso di frustrazione e urgenza. È quindi fondamentale conoscere i propri diritti e le soluzioni possibili per sbloccare la situazione nel minor tempo possibile e con il minor danno economico.

Ma è possibile sbloccare il conto corrente pignorato? La risposta è sì, attraverso diverse strategie legali che consentono di recuperare l’operatività del proprio conto bancario. In questo articolo analizziamo le soluzioni praticabili per contrastare il pignoramento, i riferimenti normativi aggiornati al 2025 e i casi concreti di contribuenti che sono riusciti a risolvere il problema.

Una conoscenza approfondita delle leggi tributarie e delle procedure di riscossione è essenziale per individuare il miglior percorso da seguire. Esistono strumenti di opposizione, procedure di rateizzazione e soluzioni alternative come la legge sul sovraindebitamento, che consentono di liberarsi dalla morsa fiscale e riottenere la disponibilità dei propri fondi.

Ma andiamo ad approfondire con Studio Monardo, i legali specializzati in cancellazione debiti e sblocco conto correnti pignorati dallAgenzie delle Entrate.

Perché il conto corrente viene pignorato dall’Agenzia delle Entrate?

Il pignoramento del conto corrente è una delle misure più aggressive adottate dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione per recuperare i crediti tributari, colpendo direttamente la capacità economica del contribuente e rendendo estremamente difficile la gestione delle spese quotidiane. Quando il contribuente ha un debito fiscale non pagato e non ha risposto agli avvisi di pagamento, il Fisco può procedere direttamente al pignoramento del conto bancario senza necessità di un’udienza preliminare. Questo significa che il blocco del conto avviene in maniera automatica e immediata, senza che il debitore abbia il tempo di predisporre eventuali azioni di tutela preventiva.

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione invia un ordine alla banca, che è obbligata a congelare le somme disponibili sul conto fino a copertura del debito. Durante questa fase, il contribuente si trova impossibilitato a prelevare denaro, effettuare bonifici o pagare spese ricorrenti, come affitto, mutuo e bollette, aggravando ulteriormente la sua posizione finanziaria. Il pignoramento colpisce anche eventuali somme future accreditate sul conto, limitando la capacità di spesa del soggetto colpito e ostacolando qualsiasi tentativo di normalizzazione della propria situazione economica.

Questa misura ha ripercussioni particolarmente gravi per le imprese e i lavoratori autonomi, che si ritrovano nell’impossibilità di saldare fornitori, pagare stipendi o sostenere la gestione operativa della propria attività. La mancanza di liquidità può portare a conseguenze devastanti, tra cui la chiusura forzata dell’impresa e l’accumulo di ulteriori debiti che si sommano a quelli già in essere, creando un circolo vizioso di insolvenza sempre più difficile da interrompere.

Per questo motivo, è fondamentale conoscere le strategie per contrastare il pignoramento del conto corrente e attuare le contromisure necessarie per ridurre i danni economici derivanti da questa procedura esecutiva.

La normativa di riferimento si trova nel D.P.R. n. 602/1973, che disciplina la riscossione delle imposte e consente l’espropriazione forzata dei beni del debitore. Questa disciplina rappresenta il fondamento giuridico su cui si basa l’azione dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione per recuperare i crediti vantati dallo Stato. Il decreto stabilisce le modalità con cui il Fisco può intervenire sui beni del contribuente, compresi i conti correnti, senza necessità di ottenere una sentenza del tribunale.

L’art. 72-bis del medesimo decreto autorizza l’ente di riscossione ad aggredire direttamente i conti correnti, senza l’intervento di un giudice, rendendo la procedura estremamente celere ed efficace. Ciò significa che il blocco del conto avviene in modo rapido e automatico, senza alcun preavviso immediato al contribuente, mettendolo di fronte a una situazione di estrema difficoltà. Questo articolo prevede che, una volta notificato l’atto di pignoramento alla banca, questa debba vincolare le somme presenti sul conto fino a concorrenza dell’importo indicato dall’ente di riscossione.

A questo punto, il debitore si trova nell’impossibilità di disporre delle proprie risorse finanziarie, sia per necessità personali sia per esigenze lavorative, se il conto è intestato a un’attività economica. Questo meccanismo può colpire indiscriminatamente ogni tipo di contribuente, dal lavoratore dipendente al libero professionista, fino alle piccole imprese, e si configura come un’azione esecutiva diretta, che può essere opposta solo tramite specifici strumenti legali.

Oltre alla rapidità dell’esecuzione, un altro aspetto critico è che il pignoramento non è limitato alle somme già presenti sul conto al momento dell’atto, ma si estende anche agli accrediti successivi, fino a quando il debito non viene completamente estinto o il contribuente non riesce a ottenere una sospensione o un annullamento del provvedimento. Questo può rendere particolarmente difficile per il debitore risolvere la situazione senza un’azione tempestiva e mirata.

Quali somme possono essere pignorate dal Fisco?

Non tutte le somme presenti sul conto corrente sono pignorabili. La legge prevede alcune tutele per il debitore, stabilendo dei limiti alla riscossione coattiva da parte dell’Agenzia delle Entrate. Questo significa che, pur essendo uno strumento efficace per il recupero dei crediti da parte del Fisco, il pignoramento non può colpire indiscriminatamente tutti i fondi presenti sul conto. Esistono infatti soglie minime di protezione che garantiscono la sopravvivenza economica del contribuente e della sua famiglia, impedendo che l’intero ammontare venga sottratto per soddisfare il debito fiscale.

Le normative vigenti stabiliscono che alcuni tipi di entrate, come stipendi e pensioni, godano di particolari protezioni. La legge impone che solo una parte di tali redditi possa essere pignorata, in modo da garantire al debitore un minimo vitale con cui affrontare le spese essenziali. Anche i conti cointestati con soggetti non debitori devono essere valutati con attenzione, poiché la parte non appartenente al debitore non può essere toccata dall’Agenzia delle Entrate.

Un ulteriore aspetto da considerare è che il pignoramento non è immediatamente esecutivo in ogni circostanza. Se il debitore presenta ricorso o dimostra l’esistenza di situazioni di grave difficoltà economica, può ottenere una sospensione o una riduzione della somma bloccata. Questo meccanismo consente ai contribuenti di avere il tempo necessario per trovare soluzioni alternative, come la rateizzazione del debito o la richiesta di accesso alle procedure di sovraindebitamento previste dalla legge.

Gli stipendi e le pensioni, se accreditati su conto corrente, possono essere pignorati solo nella misura di un quinto, come stabilito dall’art. 545 del Codice di Procedura Civile. Deve inoltre restare disponibile sul conto un importo pari all’assegno sociale, per garantire la sopravvivenza del debitore. Se il conto è cointestato, il pignoramento riguarda solo la quota parte dell’intestatario debitore.

Come contestare il pignoramento del conto corrente da parte dell’Agenzia Entrate Riscossione?

Le principali forme di opposizione sono strumenti essenziali per tutelare i diritti del debitore e impedire che il pignoramento sia applicato in modo arbitrario o illegittimo. Una delle prime azioni che si possono intraprendere è l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., che permette di contestare la legittimità del pignoramento, ad esempio per vizi di notifica della cartella esattoriale. Se la notifica non è avvenuta correttamente o il debitore non ne è stato messo a conoscenza nei tempi previsti, è possibile chiedere l’annullamento dell’atto esecutivo.

Un altro strumento è l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., che consente di impugnare il pignoramento per vizi formali, come errori nella redazione dell’atto o nella comunicazione ai soggetti coinvolti. In molti casi, un errore di forma può invalidare l’intero procedimento e consentire al debitore di ottenere lo sblocco immediato del conto corrente.

Un’altra strada percorribile è il ricorso alla Commissione Tributaria, nel caso in cui si voglia contestare il debito fiscale se non è legittimamente dovuto. Questo ricorso è fondamentale quando il contribuente ritiene che l’importo richiesto dall’Agenzia delle Entrate sia errato o ingiustificato. Se viene dimostrato che il debito è stato già saldato o che è frutto di un errore di calcolo, la Commissione Tributaria può disporre l’annullamento del pignoramento.

Inoltre, se il pignoramento è eccessivamente oneroso e mette il debitore nell’impossibilità di sostenere le spese di vita essenziali, è possibile presentare istanza al giudice per richiedere una riduzione dell’importo bloccato, garantendo così un minimo di liquidità per le necessità quotidiane. Il giudice, valutando la condizione economica del debitore, può decidere di concedere una riduzione del pignoramento, stabilendo un importo adeguato che permetta comunque la sopravvivenza del soggetto colpito dal provvedimento.

Questa istanza può essere accompagnata da documentazione comprovante le difficoltà economiche del debitore, come buste paga, estratti conto, spese mediche o altre prove delle necessità economiche immediate. In alcuni casi, il tribunale può richiedere una relazione dettagliata sulle entrate e sulle uscite del debitore, per verificare la fondatezza della richiesta e determinare una soluzione equilibrata tra il diritto dell’Agenzia delle Entrate a recuperare il credito e la necessità del debitore di disporre di risorse sufficienti per il proprio sostentamento.

Un intervento tempestivo può fare la differenza nel limitare i danni economici causati dal blocco del conto corrente e ripristinare la normale operatività finanziaria del contribuente. Agire rapidamente, con l’assistenza di un avvocato esperto in materia di esecuzioni forzate e diritto tributario, può aumentare significativamente le possibilità di ottenere una modifica del provvedimento esecutivo e consentire al debitore di superare la crisi finanziaria senza subire conseguenze irreversibili.

È possibile sbloccare il conto tramite rateizzazione del debito?

Sì, una soluzione efficace per riottenere la disponibilità del conto corrente è la richiesta di rateizzazione del debito. Se il contribuente ottiene un piano di rateizzazione con l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, il pignoramento viene sospeso. Questo meccanismo consente di diluire l’importo del debito in un numero maggiore di rate, riducendo l’impatto economico immediato e permettendo al debitore di recuperare progressivamente la propria stabilità finanziaria.

La richiesta di rateizzazione può essere presentata direttamente all’Agenzia delle Entrate-Riscossione attraverso i canali online oppure presso gli uffici competenti. La normativa vigente prevede diverse opzioni di pagamento, che possono variare in base all’importo complessivo del debito e alla capacità del contribuente di rispettare gli impegni finanziari. Se il debito è inferiore a 120.000 euro, la rateizzazione è automatica fino a 72 rate mensili. Per importi superiori, è necessario dimostrare una situazione di difficoltà economica che impedisce il pagamento in un’unica soluzione.

Una volta ottenuta la rateizzazione, il blocco del conto corrente viene revocato, consentendo al debitore di riprendere la normale gestione delle proprie risorse finanziarie. Tuttavia, è essenziale rispettare i termini di pagamento stabiliti, poiché il mancato pagamento di più rate può comportare la decadenza del piano di rientro e la ripresa delle azioni esecutive da parte dell’Agenzia delle Entrate. Per questo motivo, è consigliabile rivolgersi a un professionista esperto in diritto tributario per valutare la migliore strategia da adottare e per garantire la sostenibilità del piano di rateizzazione nel lungo periodo.

La rateizzazione è disciplinata dall’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973 e prevede diverse opzioni, a seconda dell’importo del debito e della capacità del contribuente di far fronte agli impegni finanziari. Per i debiti fino a 120.000 euro, è prevista una rateizzazione automatica fino a 72 rate mensili, senza la necessità di dimostrare una particolare condizione economica. Questo consente una maggiore flessibilità nella gestione del pagamento, evitando il ricorso a misure più drastiche come il pignoramento o il fermo amministrativo.

Per debiti superiori a 120.000 euro, la rateizzazione è subordinata alla dimostrazione di difficoltà economica, che deve essere supportata da una documentazione dettagliata delle entrate e delle spese del contribuente. In questi casi, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può richiedere prove supplementari, come dichiarazioni fiscali, bilanci per le imprese o relazioni economiche che attestino l’impossibilità di saldare il debito in un’unica soluzione.

Una volta accettata la richiesta di rateizzazione, il contribuente deve rispettare rigorosamente le scadenze di pagamento. Il mancato pagamento di cinque rate, anche non consecutive, può portare alla revoca del beneficio e alla ripresa delle azioni esecutive da parte dell’Agenzia delle Entrate, con il conseguente rischio di pignoramento del conto corrente o di altri beni. Per questo motivo, è fondamentale valutare con attenzione la sostenibilità del piano di rateizzazione prima di presentare la domanda, eventualmente avvalendosi della consulenza di un professionista esperto in diritto tributario.

Quali sono le alternative per chi è in grave crisi economica?

Per i contribuenti in grave difficoltà economica, la legge sul sovraindebitamento (D.Lgs. n. 14/2019) offre una via d’uscita per liberarsi dei debiti e recuperare la propria stabilità finanziaria. Questa normativa consente ai soggetti sovraindebitati di accedere a soluzioni giuridiche specifiche per ridurre o cancellare il peso economico derivante da obbligazioni non più sostenibili.

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza prevede diversi strumenti per affrontare situazioni di indebitamento eccessivo. Tra questi, il piano del consumatore rappresenta una delle opzioni più accessibili per i privati cittadini che si trovano impossibilitati a onorare i propri debiti per motivi indipendenti dalla loro volontà. Questo strumento consente di presentare un piano di pagamento personalizzato e approvato dal tribunale, tenendo conto delle reali possibilità economiche del debitore.

Un’altra possibilità è l’accordo di ristrutturazione con i creditori, che permette ai debitori di negoziare direttamente con i loro creditori un piano di rientro sostenibile, evitando così azioni esecutive più aggressive come il pignoramento del conto corrente o la vendita forzata di beni. Se il debitore non ha alcuna possibilità di saldare i debiti in nessuna misura, può invece richiedere l’esdebitazione del debitore incapiente, che consente di ottenere la cancellazione definitiva dei debiti non pagabili, restituendo così una seconda possibilità a chi si trova in una situazione di grave crisi finanziaria.

Queste soluzioni sono strumenti fondamentali per chi è sommerso dai debiti e necessita di un supporto legale per riprendere il controllo della propria situazione economica. Un’adeguata assistenza legale è essenziale per individuare il percorso più idoneo e sfruttare al meglio le opportunità offerte dalla legge.

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza consente a chi non è in grado di pagare i propri debiti di accedere a procedure di ristrutturazione, offrendo diverse possibilità per riequilibrare la propria situazione finanziaria senza dover subire misure esecutive irreversibili.

Tra le soluzioni disponibili, il piano del consumatore è particolarmente indicato per i debitori non imprenditori che dimostrano di non poter far fronte ai debiti per cause indipendenti dalla loro volontà, come la perdita del lavoro, una malattia grave o eventi economici straordinari. Questo piano permette di stabilire un programma di rimborso basato sulle reali possibilità economiche del debitore, evitando l’immediata esecuzione forzata da parte dei creditori e consentendo di mantenere un minimo di stabilità finanziaria.

Un’altra possibilità è rappresentata dall’accordo di ristrutturazione con i creditori, che offre un’alternativa valida per chi ha la capacità di offrire un piano di rientro concordato. Questo strumento consente di negoziare direttamente con i creditori un piano di pagamento sostenibile, evitando il rischio di azioni esecutive e favorendo una gestione più flessibile del debito accumulato. L’accordo deve essere approvato da una percentuale qualificata di creditori, garantendo una soluzione condivisa che eviti ulteriori problematiche finanziarie per il debitore.

Nei casi più estremi, l’esdebitazione del debitore incapiente permette la cancellazione totale dei debiti, offrendo una vera e propria rinascita economica a chi si trova in una situazione di grave insolvenza e non ha alcuna possibilità di saldare i propri obblighi finanziari. Questo strumento, previsto dal Codice della Crisi, è destinato ai soggetti che non possiedono alcun patrimonio significativo e che, anche con un piano di rientro prolungato, non sarebbero in grado di ripianare i debiti accumulati. La concessione dell’esdebitazione è subordinata a un’attenta valutazione della situazione economica del debitore da parte del tribunale, che verifica la presenza dei requisiti richiesti dalla normativa.

Sbloccare un conto corrente pignorato dall’Agenzia delle Entrate è possibile attraverso azioni mirate e tempestive, che richiedono una conoscenza approfondita delle procedure legali e delle opportunità offerte dalla normativa vigente. L’opposizione legale, la rateizzazione del debito e il ricorso alla legge sul sovraindebitamento sono strumenti fondamentali per chi si trova in difficoltà. Tuttavia, ogni caso ha le sue specificità, e l’efficacia di ciascuna strategia dipende dalla situazione economica e finanziaria del debitore.

In primo luogo, l’opposizione legale può essere uno strumento potente per contestare il pignoramento, specie nei casi in cui vi siano vizi di forma o irregolarità procedurali. Dimostrare che il debito è stato notificato in modo errato o che vi sono inesattezze negli importi richiesti può portare all’annullamento del pignoramento. La rateizzazione del debito, invece, offre un’opportunità concreta per chi desidera sanare la propria posizione senza subire misure esecutive drastiche. Attraverso un piano di rientro sostenibile, il debitore può ottenere la sospensione del pignoramento e dilazionare i pagamenti nel tempo.

Infine, per coloro che si trovano in una situazione di grave crisi economica, la legge sul sovraindebitamento rappresenta una vera e propria ancora di salvezza. Questa normativa consente ai debitori di riorganizzare i propri debiti in base alle proprie capacità economiche, evitando il tracollo finanziario e garantendo una prospettiva di recupero. Grazie a questi strumenti, è possibile affrontare la situazione con maggiore serenità e trovare una via d’uscita efficace dal blocco del proprio conto corrente.

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