Come Trovare Un Accordo (Intesa) Con L’Agenzia Delle Entrate E Togliere I Debiti

Trattare con l’agenzia delle entrate è un momento cruciale per chiunque abbia maturato una situazione debitoria o si trovi in una fase di accertamento fiscale. L’importanza di comprendere le modalità con cui è possibile negoziare e trovare un accordo con l’erario è particolarmente rilevante nel contesto normativo attuale, che si estende fino al 2025, periodo in cui il legislatore ha ulteriormente affinato strumenti e procedure per consentire ai contribuenti di regolarizzare le proprie pendenze.

È importante sottolineare che raggiungere un’intesa con l’agenzia delle entrate non significa sottrarsi ai doveri fiscali, bensì adempiervi in maniera sostenibile e conforme ai principi di equità ed efficienza. Ogni trattativa con l’amministrazione finanziaria si svolge entro confini ben definiti dalle leggi, dalle circolari e dalle prassi operative, pertanto chi desidera concludere un accordo valido e duraturo deve attenersi in modo rigoroso a normative e tempistiche prestabilite.

La situazione economica degli ultimi anni ha portato numerosi contribuenti, siano essi privati o imprenditori, a confrontarsi con difficoltà di liquidità, crolli di fatturato e altre problematiche che li hanno esposti all’accumulo di debiti fiscali. Questa evoluzione ha spinto il legislatore a introdurre, talvolta in via sperimentale e talvolta in via definitiva, istituti giuridici sempre più orientati al risanamento delle posizioni debitorie, pur garantendo all’erario una forma di soddisfazione del proprio credito. Trovare un accordo con l’agenzia delle entrate rappresenta infatti una soluzione equilibrata che, da un lato, permette all’amministrazione di recuperare il dovuto, seppur in forma ridotta o dilazionata, e dall’altro evita al contribuente di subire provvedimenti coattivi come pignoramenti, fermi amministrativi o ipoteche.

Nel corso di questo articolo saranno presentate delle domande in modo da fornire al lettore un ordine chiaro nel percorso di comprensione. Si passerà dall’analisi giuridica dell’accordo e delle sue basi normative, fino alle procedure di definizione agevolata dei debiti tributari, alla negoziazione assistita e alle peculiarità del contenzioso tributario.

Sarà dato ampio spazio al tema del sovraindebitamento, regolato dalla legge n. 3/2012, che, con il successivo avvento del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.Lgs. N. 14/2019), ha esteso le possibilità di tutela a favore di coloro che si trovano in una situazione di grave squilibrio finanziario.

All’interno di questo panorama, l’esdebitazione del debitore incapiente rappresenta uno strumento di particolare interesse, poiché consente di ottenere la liberazione totale dai debiti per i soggetti che versano in una condizione di assoluta inadeguatezza patrimoniale.

L’argomento è di ampio respiro e tocca aree specialistiche del diritto tributario e bancario, intrecciandosi con il diritto concorsuale e con le procedure di composizione della crisi. È essenziale, per ogni contribuente che desideri risolvere in modo definitivo e vantaggioso i propri debiti fiscali, non soltanto avere una conoscenza generale delle opportunità offerte dalla normativa, ma anche sapersi avvalere di consulenti esperti che comprendano i meccanismi giuridici e le logiche di interlocuzione con l’agenzia delle entrate.

In conclusione, un accordo con l’erario non va visto come un mezzo per evitare il pagamento di quanto dovuto, bensì come un percorso legittimo e legalmente sostenuto per rientrare in bonis e ripristinare la propria regolarità fiscale, che a sua volta permette di operare senza timori di azioni esecutive o penali tributarie.

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Come si definisce giuridicamente un “accordo” con l’agenzia delle entrate e quali sono le basi normative per poterlo ottenere?

Sul piano strettamente giuridico, la possibilità di definire un “accordo” con l’agenzia delle entrate trova fondamento in una serie di istituti e procedure disciplinati dal nostro ordinamento. Il termine “accordo”, nel linguaggio comune, evoca l’idea di una trattativa libera fra due soggetti, ma nel diritto tributario tali intese sono soggette a regole ben precise. Non si tratta, infatti, di una contrattazione priva di limiti, ma di un meccanismo di composizione della pretesa erariale all’interno di binari tracciati dal legislatore, che stabilisce quando, come e con quali margini l’agenzia delle entrate può accordarsi con il contribuente.

Le basi normative di riferimento variano a seconda del tipo di atto o procedura prescelta. L’accertamento con adesione, ad esempio, si fonda su disposizioni che consentono all’ufficio di rettificare e integrare le dichiarazioni dei contribuenti, pervenendo a un accordo sull’imponibile e sulle relative imposte. Altre procedure, come la definizione agevolata dei carichi affidati alla riscossione (comunemente definita “rottamazione” o “saldo e stralcio”), nascono da norme specifiche, spesso introdotte con leggi di bilancio o decreti legge rivolti a ridurre il contenzioso e a favorire il rientro dei contribuenti nel sistema. La definizione del concetto di “accordo” con l’agenzia delle entrate, pertanto, deve essere ricercata nelle singole leggi di settore e nelle circolari di prassi, in cui vengono delineati requisiti, procedimenti e vantaggi conseguibili.

Nel contesto normativo attuale, che si estende fino al 2025, si è cercato di bilanciare la necessità di recuperare i crediti fiscali con l’obbligo di sostenere l’economia reale, spesso provata da periodi di crisi e di calo dei consumi. Queste finalità hanno condotto a un approccio più flessibile in alcuni settori della riscossione, fermo restando che il contribuente deve sempre dimostrare la propria volontà di adempiere alle richieste del fisco, seppur in modalità dilazionate o parzialmente ridotte. La legge prevede che l’intesa tra contribuente e agenzia delle entrate possa riguardare non soltanto l’ammontare dell’imposta, ma anche l’applicazione delle sanzioni, la definizione degli interessi e le modalità di pagamento, che spesso si articolano in rate mensili compatibili con le capacità economiche del debitore.

Un esempio pratico può essere quello di un lavoratore autonomo che, a seguito di controlli, riceve un atto di accertamento con rilevanti sanzioni. In tale contesto, la procedura di accertamento con adesione permette di avviare un confronto costruttivo con l’ufficio, finalizzato a individuare un imponibile condiviso e una sanzione ridotta. Il risultato finale è un vero e proprio “accordo” che, se rispettato con puntualità nei pagamenti, evita l’insorgere di successive azioni esecutive. La stessa logica si ritrova nella definizione agevolata dei ruoli, dove la riduzione riguarda principalmente sanzioni e interessi di mora, lasciando sostanzialmente integra la parte di imposta. Anche in questo caso, la scelta di aderire a uno strumento legislativo ben definito diventa di fatto un accordo che regola, in modo reciprocamente vincolante, le posizioni di debitore e creditore fiscale.

La necessità di pervenire a un’intesa con l’agenzia delle entrate non nasce soltanto dall’urgenza di regolarizzare pendenze già rilevate, ma anche dalla volontà di prevenire scenari peggiori, come l’iscrizione di ipoteche su beni immobili, il pignoramento presso terzi o l’emissione di fermi amministrativi su veicoli. Raggiungere un accordo in tempi ragionevoli permette di evitare l’aggravio di costi e di oneri conseguenti alle procedure di riscossione coattiva e, soprattutto, di mantenere un corretto rapporto con il fisco, ponendo le basi per una gestione più serena e programmata della propria attività economica.

Quali strumenti di definizione e rateizzazione dei debiti sono a disposizione del contribuente secondo le normative in vigore fino al 2025?

Nell’arco temporale che conduce fino al 2025, il legislatore ha promulgato diverse leggi e disposizioni che offrono al contribuente la possibilità di regolarizzare la propria posizione in maniera graduale e meno gravosa. È opportuno avere una visione d’insieme di questi strumenti, in modo da poter scegliere quello che meglio si adatta alla propria situazione personale o aziendale. Una delle più diffuse modalità di regolamentazione del debito fiscale è la rateizzazione ordinaria, concessa dall’agente della riscossione, che consente al debitore di dilazionare il pagamento in rate mensili fino a raggiungere un numero elevato di scadenze, il cui ammontare risulta sostenibile per il bilancio familiare o imprenditoriale.

Questa forma di dilazione, pur non prevedendo solitamente riduzioni dell’importo dovuto, offre il vantaggio di evitare il rischio di azioni esecutive, a patto che si rispetti il piano di rientro concordato.

Accanto alle rateizzazioni, il legislatore ha introdotto strumenti più incisivi in termini di riduzione del carico fiscale complessivo, come le definizioni agevolate dei ruoli (chiamate comunemente “rottamazioni” o “saldo e stralcio”). Questi istituti, proposti con diverse versioni nel corso degli ultimi anni, consentono di estinguere il debito versando soltanto la parte relativa all’imposta e azzerando o riducendo sanzioni e interessi di mora. L’intento è duplice: da un lato favorire il contribuente che, in periodo di difficoltà, non è riuscito a saldare le proprie pendenze; dall’altro incentivare la riscossione, evitando lunghi contenziosi e il rischio di un recupero forzato potenzialmente infruttuoso. L’applicazione di tali procedure è spesso soggetta a scadenze e criteri specifici, come la data di affidamento dei carichi all’agente della riscossione o la natura dei tributi interessati.

In numerose circostanze, i contribuenti possono ricorrere all’accertamento con adesione e alla mediazione tributaria, specialmente quando l’agenzia delle entrate ha notificato un atto di accertamento. L’accertamento con adesione consiste in un confronto diretto con l’ufficio, volto a determinare una base imponibile condivisa e sanzioni ridotte.

La mediazione tributaria, invece, si applica in determinate ipotesi di contenzioso e prevede che prima di adire la giustizia tributaria si tenti una composizione bonaria con l’amministrazione. In entrambe le procedure, il vantaggio per il contribuente risiede nella possibilità di ottenere uno sconto sulle sanzioni e di concordare piani di versamento rateali, con l’effetto finale di scongiurare la prosecuzione del contenzioso o la notifica di cartelle esattoriali.

Le leggi specifiche fino al 2025 hanno consolidato tali istituti, introducendo anche alcune novità riguardanti i termini di decadenza delle rateizzazioni, le modalità per richiedere la riammissione in caso di inadempimento temporaneo, nonché la possibilità di compensare in taluni casi i debiti fiscali con crediti maturati nei confronti della pubblica amministrazione. Un esempio concreto può riguardare un’azienda di medie dimensioni che, durante un periodo di contrazione del mercato, non riesce a versare alcune imposte dirette e l’iva. Nel momento in cui l’agenzia delle entrate riscossione iscrive a ruolo il debito, l’azienda può fare domanda per aderire a una delle definizioni agevolate previste da leggi recenti, ottenendo una riduzione di sanzioni e interessi, e optare per un piano di pagamento a rate che si estende per numerosi mesi. Questo approccio consente di preservare la continuità operativa dell’impresa e di evitare provvedimenti coattivi che, altrimenti, metterebbero a serio rischio la stabilità aziendale e i posti di lavoro correlati.

Che ruolo gioca la negoziazione assistita nel contesto di un possibile accordo con l’agenzia delle entrate?

La negoziazione assistita, nella sua forma classica, è un istituto pensato dal legislatore civile per favorire la risoluzione delle controversie in modo stragiudiziale, con l’ausilio di professionisti qualificati (di norma avvocati). Nel diritto tributario, questa figura ha trovato un suo spazio complementare, anche se non sempre in modo formalizzato come in altri ambiti del diritto civile. Quando si tratta di debiti fiscali, il successo di un accordo con l’agenzia delle entrate dipende molto dalla corretta impostazione delle istanze e dalla presentazione di una proposta chiara, motivata e coerente con la capacità di pagamento del contribuente. Un avvocato o un commercialista esperto può fungere da mediatore tra le esigenze del debitore e i vincoli normativi dell’amministrazione finanziaria, aiutando entrambe le parti a raggiungere una soluzione che eviti la prosecuzione di un contenzioso lungo e costoso.

Nell’ambito della negoziazione, le argomentazioni del professionista incaricato di difendere il contribuente possono concentrarsi sugli elementi che dimostrano l’incolpevolezza o la ridotta responsabilità del debitore in merito al debito maturato, sulle prospettive di pagamento che tengano conto di eventuali crisi congiunturali, nonché sulla possibilità di coinvolgere garanzie aggiuntive o terzi a sostegno del piano proposto. Una buona strategia negoziale richiede la raccolta di documenti, l’analisi dei bilanci, la verifica delle date di notifica degli atti impositivi e l’individuazione di eventuali vizi formali e sostanziali negli accertamenti. Tutti questi passaggi consentono di avviare un confronto con l’ufficio su basi solide, in cui l’amministrazione riscontri la volontà del contribuente di regolarizzare la propria posizione senza sottrarsi alle proprie responsabilità.

È bene ricordare che, rispetto alla negoziazione in altri settori del diritto, i margini di autonomia contrattuale sono più limitati, poiché l’agenzia delle entrate è vincolata alle disposizioni legislative e alle istruzioni interne sulla gestione del debito fiscale. Tuttavia, la negoziazione assistita può favorire lo scambio di proposte e controproposte, accelerare la formalizzazione di un accordo e prevenire malintesi che potrebbero degenerare in ulteriori atti esecutivi. Spesso, infatti, la mancanza di chiarezza o di un tempestivo confronto con l’amministrazione finanziaria contribuisce ad aggravare la situazione debitoria, quando invece una trattativa ben gestita avrebbe potuto condurre a una soluzione accettabile per entrambe le parti.

Un esempio pratico può essere quello di un libero professionista che, per ragioni di salute o familiari, interrompe temporaneamente la propria attività e accumula debiti iva e contributivi. Trovandosi poi in condizioni di riprendere la professione, decide di farsi assistere da un avvocato specializzato in diritto tributario per avviare un dialogo con l’agenzia delle entrate, indicando le sopraggiunte possibilità di risollevare il proprio reddito e offrendo garanzie di pagamento. In una fase di negoziazione assistita, il professionista e l’amministrazione possono definire un piano di rientro che preveda inizialmente rate di importo modesto, destinate ad aumentare gradualmente con la ripresa dell’attività, in un’ottica di reciprocità e lealtà. Questo percorso, se ben articolato, riduce la probabilità di azioni esecutive e rappresenta una base di recupero certa per l’amministrazione, in alternativa a una procedura coattiva che potrebbe risultare infruttuosa.

Come si svolge un eventuale contenzioso tributario e quali sono le tempistiche entro le quali è possibile trovare un accordo?

L’avvio di un contenzioso tributario si ha quando il contribuente contesta un atto impositivo notificato dall’agenzia delle entrate, presentando ricorso presso la competente giurisdizione tributaria (commissioni tributarie provinciali e, successivamente, regionali). In tale ambito, le opportunità di trovare un accordo con l’erario possono manifestarsi sia prima della proposizione del ricorso, sia in itinere, sfruttando istituti come la mediazione tributaria o l’accertamento con adesione, qualora non siano stati ancora utilizzati in precedenza.

La mediazione tributaria, per esempio, si applica entro determinate soglie di valore e impone un tentativo obbligatorio di mediazione prima di proseguire in giudizio. Questo tentativo di conciliazione può condurre a una riduzione delle sanzioni e a una dilazione dei pagamenti, purché ci sia l’intesa tra contribuente e amministrazione. Le tempistiche variano in base alle scadenze previste dalla procedura, ma tendenzialmente la mediazione deve essere attivata entro i termini di impugnazione dell’atto e si conclude entro un intervallo piuttosto breve. Se la mediazione fallisce, il contribuente può comunque proseguire con il ricorso alla commissione tributaria, ma perdendo l’opportunità di beneficiare di sconti sulle sanzioni che talvolta risultano significativi.

Un’ulteriore possibilità di accordo nel corso del contenzioso si manifesta con la conciliazione giudiziale, che può avvenire sia in primo che in secondo grado. La conciliazione giudiziale prevede che le parti, sotto la vigilanza del giudice tributario, trovino un punto di incontro su imposta, sanzioni e interessi, evitando di arrivare a una sentenza definitiva e spesso incerta nei risultati. Da un punto di vista operativo, la conciliazione non si traduce quasi mai in una libera pattuizione, ma piuttosto in un compromesso formalizzato in un verbale che ha efficacia vincolante e che, se adempiuto correttamente, chiude la lite fiscale.

Le tempistiche entro cui è possibile pervenire a un accordo, dunque, dipendono dallo stato procedurale in cui si trova la controversia. In via generale, è sempre preferibile valutare la possibilità di un’intesa prima della notifica di cartelle esattoriali o dell’inizio di un contenzioso vero e proprio, poiché più la procedura avanza e maggiori sono i costi e le incertezze che ne derivano. Tuttavia, è possibile intervenire a ogni stadio del procedimento, purché siano ancora presenti gli spazi normativi che consentano la definizione agevolata o la conciliazione, rispettando le scadenze fissate dalla legge e dalle circolari attuative.

Un esempio significativo è il caso di un’impresa familiare che riceve un avviso di accertamento per la mancata dichiarazione di alcuni redditi. Se l’impresa ritiene di avere parzialmente torto, ma non vuole correre il rischio di dover pagare ingenti sanzioni, può attivare l’accertamento con adesione subito dopo la ricezione dell’avviso, evitando il processo tributario. In tale fase si aprono negoziazioni con l’ufficio, che possono sfociare in una riduzione consistente delle sanzioni e in un piano di pagamento dilazionato. Nel caso in cui, invece, l’impresa decida di presentare ricorso, potrà ancora trovare un accordo in sede di mediazione o tentare una conciliazione giudiziale prima che il giudice entri nel merito della controversia.

Quando entra in gioco la crisi da sovraindebitamento e quali vantaggi offre con riferimento alla possibilità di un accordo con il fisco?

La crisi da sovraindebitamento è disciplinata dalla legge n. 3/2012, integrata e potenziata dalle disposizioni del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.Lgs. N. 14/2019). Si tratta di un insieme di procedure concepite per salvaguardare quei soggetti che, pur non rientrando nelle tradizionali procedure concorsuali come il fallimento, si trovano in una situazione di insolvenza o di grave difficoltà finanziaria, tale da rendere impossibile il pagamento di tutti i debiti maturati. Questo contesto può coinvolgere piccole imprese, lavoratori autonomi, professionisti, consumatori e altri soggetti che non possiedono i requisiti dimensionali per accedere alle procedure fallimentari.

Quando un contribuente si trova in una condizione di sovraindebitamento certificata, la legge gli permette di proporre un piano di ristrutturazione del debito (o un accordo con i creditori) che tenga conto delle sue effettive capacità di rimborso. In questo piano può rientrare anche il debito fiscale, il quale è spesso uno dei più gravosi, considerata la rilevanza degli interessi e delle sanzioni che possono sommarsi all’imposta dovuta. La legislazione in materia di crisi da sovraindebitamento consente di applicare meccanismi di transazione fiscale e di proporre piani che, se approvati dal giudice competente, impongono all’agenzia delle entrate di accettare una determinata percentuale di soddisfazione, purché siano rispettate le priorità stabilite dalla legge.

Il vantaggio di ricorrere a una procedura di sovraindebitamento per trovare un accordo con l’erario consiste nella possibilità di chiudere tutte le posizioni debitorie in un’unica sede, all’interno di un programma di ristrutturazione che offra al debitore una prospettiva di ripartenza. La legge, in particolare nelle recenti modifiche introdotte dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, ha introdotto l’istituto dell’esdebitazione del debitore incapiente, che prevede la liberazione da tutti i debiti contratti da parte di chi abbia dimostrato in modo irreprensibile di non poterli soddisfare neppure in minima parte. In tali casi limite, anche il debito con l’agenzia delle entrate può essere di fatto cancellato, purché il debitore rispetti i requisiti di meritevolezza e collabori con gli organi della procedura.

Un esempio frequente è quello del piccolo imprenditore individuale che, dopo un’iniziativa commerciale non andata a buon fine, accumula debiti verso fornitori, banche e fisco, ritrovandosi nell’impossibilità di farvi fronte. Ricorrendo alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, può presentare, con l’ausilio di un professionista, un piano di rientro parziale che, se approvato, vincola tutti i creditori, incluso l’erario. In questo modo, il debitore riesce a scongiurare pignoramenti ed esecuzioni multiple e a intraprendere un cammino di risanamento, regolando in modo definitivo anche i suoi debiti tributari. In situazioni estreme di assoluta mancanza di reddito e patrimonio, se il debitore rispetta le condizioni di legge, può accedere all’esdebitazione del debitore incapiente e ottenere la liberazione da ogni obbligo nei confronti dei creditori, a tutela della propria dignità e possibilità di ripartenza.

Quali passi concreti devono essere compiuti per avviare e concludere con successo un’intesa con l’agenzia delle entrate?

La conclusione di un accordo con l’agenzia delle entrate non è un processo istantaneo, ma richiede attenzione, pianificazione e una chiara strategia. Il primo passo consiste sempre nella verifica della propria situazione fiscale, raccogliendo ogni atto ricevuto, calcolando l’ammontare dei debiti, comprendendo se ci siano state notifiche irregolari o termini di decadenza non rispettati.

Questa fase di analisi è fondamentale per capire quali margini di manovra esistono e se ci sono i presupposti per contestare alcune pretese o per fruire di agevolazioni particolari.

Una volta definito il quadro completo della situazione, è opportuno esaminare le diverse procedure previste dalla legge, selezionando quella più adatta al caso di specie. Se, ad esempio, non vi sono controversie aperte su atti di accertamento, ma soltanto cartelle esattoriali, una definizione agevolata dei carichi può costituire l’opzione migliore, purché siano stati pubblicati i provvedimenti normativi che la consentono e si rispettino le scadenze di adesione. Nel caso in cui, invece, sia stato notificato un avviso di accertamento che il contribuente ritiene parzialmente fondato, l’accertamento con adesione può offrire uno sconto sulle sanzioni e la rateizzazione del debito. In situazioni di difficoltà estrema, la valutazione della procedura di sovraindebitamento potrebbe rivelarsi la scelta più efficace per ottenere un taglio sostanziale dei debiti, compresi quelli con l’erario.

Il passaggio successivo è la preparazione e la presentazione dell’istanza o della proposta di accordo all’agenzia delle entrate, ove richiesta, allegando la documentazione che dimostri la sostenibilità del piano di pagamento o, se del caso, la condizione di sovraindebitamento. Un aspetto cruciale consiste nell’indicare con precisione quali importi si intende pagare, in che tempi e con quali risorse economiche, così da fornire all’amministrazione un quadro realistico delle prospettive di recupero. La mancanza di trasparenza o la fornitura di informazioni incomplete può compromettere la fiducia e portare a un rigetto della proposta, con conseguente inasprimento delle pretese del fisco.

Una volta avviato il dialogo con l’agenzia delle entrate, occorre gestire con cura i tempi delle repliche e delle eventuali integrazioni documentali. Se la procedura lo consente, può essere utile richiedere un colloquio diretto con i funzionari competenti, in modo da risolvere subito eventuali perplessità. È inoltre fondamentale rispettare scrupolosamente i termini di pagamento delle rate concordate, poiché il mancato o tardivo versamento può determinare la decadenza dal beneficio e il riacquisto integrale del debito originario, con aggravio di sanzioni e interessi.

Gli esempi di successo dimostrano l’importanza di una strategia ben definita e di un approccio proattivo. Si consideri il caso di un cittadino che abbia subito la notifica di diverse cartelle esattoriali per irpef e bollo auto: rendendosi conto di non poter pagare l’intero importo in una sola soluzione, decide di chiedere una rateizzazione. Il piano viene accettato e, grazie alla puntualità nei versamenti, il contribuente evita qualunque azione coattiva. In un diverso scenario, un piccolo artigiano che riceve un avviso di accertamento per redditi non dichiarati, valutando di non avere motivi solidi per contestare totalmente la pretesa, avvia un accertamento con adesione e riesce a ridurre le sanzioni della metà, ottenendo anche un piano di pagamento in rate sostenibili.

La prudenza e la preparazione dei documenti pertinenti sono sempre elementi decisivi per ottenere l’approvazione dell’accordo.

Nell’ottica più generale, trovare un accordo con l’agenzia delle entrate significa non soltanto regolamentare il proprio debito pregresso, ma anche ripristinare un rapporto di fiducia con il fisco, salvaguardando la continuità dell’attività economica o la stabilità della propria condizione patrimoniale. Questa prospettiva costruttiva aiuta a comprendere come la composizione con l’erario non rappresenti una soluzione di ripiego, ma un’operazione fondata su principi di correttezza e sostenibilità, in cui entrambe le parti trovano vantaggio e stabilità futura.

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In qualità di gestore della crisi da sovraindebitamento (l. 3/2012) e iscritto presso gli elenchi del ministero della giustizia, nonché tra i professionisti fiduciari di un occ (organismo di composizione della crisi), può assistere il debitore nella predisposizione di un piano di ristrutturazione e nel confronto con l’agenzia delle entrate, avvalendosi delle prerogative offerte dalle procedure concorsuali e dalle norme specifiche.

La sua esperienza nella soluzione di casi complessi, l’aggiornamento costante sulle riforme fiscali fino al 2025 e la capacità di negoziare accordi sostenibili con gli uffici competenti, rappresentano un vantaggio strategico per coloro che ambiscono a risolvere i propri debiti in modo legale, trasparente e adeguato alle proprie possibilità economiche.

Il recupero di un rapporto sereno con il fisco non è quindi un traguardo utopistico, ma una meta concretamente raggiungibile attraverso procedure mirate, siano esse ordinarie o straordinarie.

La chiave è nella conoscenza dei propri diritti, nel rispetto dei tempi, nella consulenza di figure altamente specializzate e nella capacità di presentare proposte credibili che garantiscano il giusto equilibrio tra l’interesse dell’erario e la situazione reale del contribuente.

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