Intimazione Di Pagamento Agenzia Delle Entrate Riscossione: Come Funziona

Ricevere un’intimazione di pagamento dall’Agenzia delle Entrate Riscossione (AER) può generare preoccupazione e confusione, soprattutto quando non si conoscono a fondo i meccanismi e le implicazioni legali di tale atto. Capire come funziona questo strumento, quali sono i tempi da rispettare, le modalità di pagamento e le opzioni per contestarlo, è essenziale per evitare complicazioni finanziarie e legali. Un’intimazione di pagamento è più di un semplice avviso: rappresenta un passaggio cruciale che, se ignorato, può portare a conseguenze gravi come il pignoramento di beni o conti correnti. Questo articolo offre una guida chiara e dettagliata su come affrontare un’intimazione di pagamento, esplorando le normative aggiornate al 2025, le strategie per gestirla in modo efficace e proponendo esempi concreti per illustrare i passi necessari per risolvere la situazione senza ulteriori problematiche.

Ma andiamo ad approfondire con Studio Monardo, i legali specializzati in intimazioni di pagamento.

Che cos’è un’intimazione di pagamento?

L’intimazione di pagamento è un atto formale e vincolante emesso dall’Agenzia delle Entrate Riscossione (AER) con l’obiettivo di sollecitare il pagamento di debiti fiscali o contributivi non saldati. Questo documento rappresenta l’ultimo avviso prima che vengano avviate azioni esecutive, come il pignoramento di beni mobili o immobili, il fermo amministrativo o altre misure coercitive.

L’intimazione di pagamento contiene informazioni fondamentali che il contribuente deve esaminare con attenzione:

  • Dati identificativi del contribuente: Nome, cognome, codice fiscale e altre informazioni personali per confermare la titolarità del debito.
  • Importo totale del debito: Include l’importo originario, gli interessi maturati e le sanzioni applicate, fornendo un riepilogo dettagliato.
  • Modalità di pagamento e termini: Indica come e quando effettuare il pagamento per evitare conseguenze ulteriori.
  • Avvertenze sulle conseguenze del mancato pagamento: Specifica le possibili azioni che l’AER può intraprendere in caso di inadempienza.

Ad esempio, un contribuente che non ha saldato una cartella esattoriale relativa a tasse locali non pagate potrebbe ricevere un’intimazione di pagamento con l’obbligo di saldare entro 30 giorni. Trascorso questo periodo senza un’azione da parte del debitore, l’AER potrebbe procedere con il pignoramento di una parte dello stipendio o del conto corrente, incrementando così le difficoltà economiche del contribuente. Per questo motivo, è essenziale affrontare l’intimazione con prontezza e consapevolezza.

Quando viene emessa un’intimazione di pagamento?

L’intimazione di pagamento viene emessa nei seguenti casi specifici e ben definiti:

  • Debiti non saldati entro i termini stabiliti: Quando una cartella esattoriale non viene pagata entro la scadenza indicata, l’Agenzia delle Entrate Riscossione procede all’invio di un’intimazione per sollecitare il contribuente e avvisarlo delle possibili conseguenze in caso di inadempimento.
  • Mancata risposta a un precedente sollecito: Se il contribuente ha ignorato un primo avviso di pagamento o non ha richiesto una rateizzazione del debito, l’intimazione di pagamento diventa il passo successivo nella procedura di riscossione.
  • Avvio imminente di azioni esecutive: L’intimazione è spesso considerata l’ultimo avviso prima che vengano avviate misure esecutive più severe, come il pignoramento dello stipendio, dei conti correnti o l’imposizione di fermi amministrativi su beni mobili.

Ad esempio, un professionista con debiti IVA non saldati potrebbe ricevere un’intimazione di pagamento che specifica chiaramente l’importo dovuto, i termini per adempiere e le conseguenze in caso di mancato pagamento. Questo documento può rappresentare il preludio a un pignoramento del conto corrente o ad altre azioni coercitive, sottolineando l’importanza di affrontare la questione con tempestività.

Quali sono i termini per adempiere?

I termini per adempiere a un’intimazione di pagamento variano in base alla tipologia di debito e alle specifiche condizioni indicate nell’atto, rendendo cruciale un’attenta analisi dei dettagli:

  • 30 giorni dalla notifica: Questo è il termine standard entro cui il debitore è tenuto a saldare il debito o, in alternativa, a presentare un ricorso formale. Il rispetto di questa scadenza evita l’avvio di azioni esecutive da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.
  • Entro il termine indicato nell’intimazione: Per alcuni debiti specifici, come quelli legati a particolari procedure esecutive o situazioni straordinarie, possono essere previsti termini differenti, specificati direttamente nell’atto.

Ad esempio, un contribuente che riceve un’intimazione per un debito di 5.000 euro potrebbe avere 30 giorni di tempo per effettuare il pagamento o per avviare una procedura di contestazione. In caso di dubbi o complessità nel comprendere i termini esatti, è sempre consigliabile rivolgersi a un professionista per ottenere una consulenza mirata e garantire un’azione tempestiva e appropriata.

Come si può contestare un’intimazione di pagamento?

Contestare un’intimazione di pagamento è un diritto fondamentale per chi ritiene di essere ingiustamente sollecitato al versamento di una somma non dovuta o basata su atti irregolari. Questo processo richiede una conoscenza delle norme vigenti, dei termini procedurali e delle strategie legali necessarie per tutelarsi. La contestazione si sviluppa in diverse fasi, ognuna delle quali deve essere gestita con precisione per evitare errori che potrebbero compromettere l’esito del ricorso.

Valutazione preliminare della legittimità dell’intimazione
Il primo passo è verificare la validità formale e sostanziale dell’atto. Un’intimazione di pagamento deve includere elementi essenziali come l’importo richiesto, la motivazione del debito, il termine per adempiere e le modalità di pagamento. L’assenza anche di uno solo di questi elementi può rendere l’atto nullo o annullabile, poiché viola i requisiti minimi previsti dalla legge. Ad esempio, se non è indicato chiaramente il motivo del credito, il destinatario potrebbe eccepire l’illegittimità della richiesta.

È altrettanto importante verificare se gli atti precedenti, come eventuali cartelle esattoriali o avvisi di accertamento, siano stati regolarmente notificati. Se il contribuente non ha mai ricevuto tali documenti, l’intimazione perde efficacia giuridica, in quanto manca il presupposto per avviare una procedura esecutiva. In questi casi, è possibile contestare l’atto sostenendo l’inesistenza del debito o l’invalidità della notifica, chiedendo al giudice di dichiarare l’interruzione dei termini di prescrizione.

Prescrizione del credito e tempistiche
La prescrizione è uno strumento chiave per opporsi a un’intimazione. I crediti, siano essi tributari o civili, sono soggetti a termini di prescrizione che variano a seconda della natura del debito. Se il creditore non ha agito entro i termini previsti dalla legge, il debitore può eccepire la prescrizione, chiedendo l’archiviazione della pratica. Per farlo, è necessario dimostrare che il tempo utile per riscuotere il credito è decaduto a causa dell’inerzia del creditore.

La legge stabilisce che la prescrizione può essere interrotta solo attraverso atti formali, come una richiesta di pagamento certificata o un ricorso giudiziale. Se il creditore non ha compiuto tali azioni entro i termini, il debitore ha il diritto di opporsi all’intimazione. È fondamentale calcolare con precisione il periodo di prescrizione, considerando eventuali interruzioni o sospensioni, per valutare la fondatezza dell’eccezione.

Errori formali e violazioni procedurali
Oltre alla prescrizione, è possibile contestare un’intimazione evidenziando vizi formali o irregolarità procedurali. Tra questi rientrano l’assenza di firma sull’atto, l’omissione di dati identificativi del creditore o l’utilizzo di modalità di notifica non consentite (es. email non certificate, se non previste dal contratto). Anche un’errata indicazione dell’importo, come l’inclusione di interessi non dovuti o il mancato aggiornamento di somme già pagate, può invalidare la richiesta.

In ambito tributario, è necessario controllare che l’intimazione rispetti i passaggi previsti dalla legge: avviso di accertamento, cartella esattoriale e solo in seguito atto esecutivo. Se l’Amministrazione salta uno di questi step, il contribuente può impugnare l’atto sostenendo la violazione del contraddittorio.

Presentazione del ricorso
Una volta identificate le motivazioni di contestazione, è necessario formalizzare l’opposizione attraverso un ricorso. Questo documento deve essere redatto in modo chiaro, citando le norme violate e allegando eventuali prove (ricevute di pagamento, comunicazioni precedenti, certificazioni). Il ricorso va presentato entro termini rigorosi, che variano a seconda del tipo di intimazione:

  • Per le cartelle esattoriali, il termine è di 60 giorni dalla notifica.
  • Per gli atti ingiuntivi civili, il termine è di 40 giorni.
  • In casi specifici, come le sanzioni amministrative, i tempi possono ridursi a 30 giorni.

La presentazione del ricorso sospende l’efficacia dell’intimazione, bloccando azioni esecutive come pignoramenti o ipoteche. È consigliabile avvalersi di un professionista per evitare errori nella compilazione o nel calcolo dei termini.

Strategie difensive e negoziazione
Oltre alla via giudiziale, è possibile intraprendere una strategia negoziale, proponendo al creditore una transazione o un piano di rateizzazione. Questa opzione è utile se il debito è parzialmente fondato, ma il debitore non può adempiere immediatamente. In tali casi, è essenziale formalizzare l’accordo per iscritto, specificando l’importo concordato e l’estinzione del debito al termine dei pagamenti.

Un’altra opzione è la richiesta di sospensione del pagamento in attesa di chiarimenti, soprattutto se si sospettano errori nella quantificazione del debito. Ad esempio, in caso di discrepanze tra l’importo richiesto e quello effettivamente dovuto, è possibile chiedere una verifica contabile o una consulenza tecnica.

Conseguenze di una mancata contestazione
Ignorare un’intimazione di pagamento può portare a gravi conseguenze, come l’avvio di procedure esecutive (pignoramento di stipendio, beni immobili o conti correnti), l’iscrizione di ipoteche o l’aggiunta di spese legali e interessi moratori. Anche se il debitore ritiene l’atto ingiusto, la mancata opposizione entro i termini equivale a un’accettazione tacita del debito.

Ruolo dell’assistenza legale
Affidarsi a un avvocato o a un commercialista specializzato è spesso determinante per ottenere esiti positivi. Questi professionisti possono individuare vizi nascosti, calcolare correttamente la prescrizione o negoziare accordi vantaggiosi. Inoltre, in caso di vittoria in giudizio, è possibile richiedere il rimborso delle spese legali sostenute.

Conclusioni
Contestare un’intimazione di pagamento richiede tempestività, precisione e una strategia ben definita. Analizzare l’atto alla ricerca di irregolarità, verificare la prescrizione del credito e presentare un ricorso corretto sono passaggi essenziali per tutelarsi. Anche la negoziazione può essere una via efficace, purché si agisca con consapevolezza dei propri diritti. Ignorare la procedura o sottovalutare i termini, invece, rischia di trasformare un problema risolvibile in una situazione irreparabile.

Quali sono le conseguenze del mancato pagamento di un’intimazione di pagamento?

Il mancato pagamento di un’intimazione di pagamento, se non contestata tempestivamente o ignorata, può innescare una serie di conseguenze legali ed economiche significative. La gravità di queste conseguenze dipende dalla natura del credito (tributario, civile, commerciale) e dall’autorità emittente (es. Agenzia delle Entrate, creditore privato, ente pubblico), ma in generale seguono un percorso progressivo che mira a garantire il soddisfacimento coattivo del credito.

Avvio di procedure esecutive
La prima conseguenza diretta è l’avvio di azioni esecutive da parte del creditore. Nel caso di crediti tributari, l’Agenzia delle Entrate o un concessionario della riscossione può procedere al pignoramento di beni mobili o immobili, conti correnti, stipendi o pensioni. Per i debiti civili o commerciali, il creditore privato deve ottenere un titolo esecutivo (come un decreto ingiuntivo confermato) per avviare analoghe azioni. Il pignoramento consente al creditore di recuperare il dovuto attraverso la vendita forzata dei beni sottoposti a sequestro, con costi aggiuntivi (spese legali, commissioni) che ricadono interamente sul debitore.

Iscrizione di ipoteche o vincoli patrimoniali
Per garantire il recupero del credito, soprattutto quando si tratta di somme rilevanti, il creditore può richiedere l’iscrizione di un’ipoteca su immobili di proprietà del debitore. Questo vincolo limagna la libertà di disposizione del bene: il debitore non potrà venderlo o trasferirlo senza estinguere prima il debito o ottenere il consenso del creditore. L’ipoteca rimane attiva fino al pagamento integrale della somma dovuta, inclusi interessi e spese accessorie.

Aumento del debito per interessi e spese
Il mancato adempimento comporta l’applicazione automatica di interessi moratori, calcolati sulla somma dovuta dal giorno successivo alla scadenza indicata nell’intimazione. Gli interessi variano a seconda del tipo di debito: per quelli tributari, si applica il tasso legale stabilito annualmente; per i debiti contrattuali, spesso è previsto un tasso più elevato, indicato nel contratto originario. A questi si aggiungono le spese legali, i costi di notifica degli atti e le commissioni per le procedure esecutive, che possono incrementare il debito iniziale anche del 20-30%.

Inclusione in registri di protesti e segnalazioni al CRIF
I creditori privati, come banche o società finanziarie, possono segnalare l’insolvenza a centrali rischi come CRIF o Experian. Questa segnalazione compromette la reputazione creditizia del debitore, rendendo difficile o più costoso ottenere prestiti, mutui o finanziamenti in futuro. Nel caso di mancato pagamento di cambiali o assegni, il debitore viene iscritto nel registro dei protesti, un’annotazione che rimane visibile per anni e può limitare l’accesso a servizi bancari essenziali.

Procedure concorsuali (per imprese e professionisti)
Per debiti superiori a determinate soglie (€30.000 per le imprese), il creditore può avviare una procedura di fallimento o concordato preventivo, se il debitore è un’impresa o un professionista. Questo innesca un processo giudiziale che può portare alla liquidazione dei beni aziendali o all’obbligo di presentare un piano di ristrutturazione del debito. Per i privati, invece, è possibile il ricorso alla legge sulla crisi da sovraindebitamento (Legge 3/2012), ma solo se si dimostra l’incapacità di far fronte ai debiti per eventi imprevedibili.

Sanzioni amministrative e penali (casi specifici)
In ambito tributario, il mancato pagamento di cartelle esattoriali può portare a sanzioni accessorie, come il divieto di ottenere certificati o autorizzazioni amministrative (es. licenze commerciali). In casi estremi, se l’Agenzia delle Entrate ravvisa dolo o frode (es. occultamento di redditi), può avviare un procedimento penale per evasione fiscale, con pene che includono multe e, in rari casi, arresto. Per i debiti civili, invece, il mancato pagamento non costituisce reato a meno che non sia associato a condotte fraudolente (es. sottrazione di beni pignorati).

Esecuzione forzata e perdita di beni
Se il debitore non oppone resistenza alle procedure, il creditore può ottenere l’espropriazione di beni di valore come autoveicoli, gioielli o immobili. L’esecuzione forzata avviene tramite asta pubblica, dove i beni sono spesso venduti a prezzi inferiori al loro valore di mercato, aggravando la perdita economica per il debitore. Inoltre, beni essenziali (es. prima casa sotto una certa soglia di valore, strumenti di lavoro necessari) godono di protezioni legali, ma queste non si applicano automaticamente e richiedono specifici ricorsi.

Impatto sulla vita personale e professionale
Oltre alle ripercussioni economiche, il mancato pagamento può danneggiare relazioni professionali o commerciali, soprattutto se il debitore è un’impresa. Fornitori, clienti o partner potrebbero perdere fiducia, limitando future opportunità. Per i privati, lo stress legato a procedimenti esecutivi (es. pignoramento dello stipendio) può ripercuotersi sulla stabilità familiare e sulla qualità della vita.

Strategie per mitigare le conseguenze
Anche in caso di impossibilità a pagare, è cruciale non ignorare l’intimazione. Opzioni come la richiesta di rateizzazione, la sospensione temporanea del pagamento o l’adesione a istituti come la “rottamazione” per debiti tributari permettono di evitare l’escalation del contenzioso. Inoltre, se l’intimazione è viziata da errori (es. calcoli errati, notifiche irregolari), un ricorso tempestivo può annullarla completamente.

In sintesi, ignorare un’intimazione di pagamento trasforma un debito contestabile in un obbligo difficilmente gestibile, con effetti duraturi sul patrimonio e sulla libertà finanziaria. Agire con prontezza, valutando contestazione, negoziazione o adesione a soluzioni legali, è l’unico modo per tutelarsi efficacemente.

È possibile rateizzare il debito indicato nell’intimazione?

La rateizzazione del debito indicato in un’intimazione di pagamento è un’opzione spesso percorribile, a patto di rispettare condizioni specifiche e agire entro termini rigorosi. La legge italiana, infatti, prevede strumenti flessibili per agevolare il pagamento di somme dovute, soprattutto quando il debitore dimostra impossibilità economica a saldare l’intero importo in un’unica soluzione. L’accesso a queste soluzioni dipende dalla natura del debito (tributario, civile, commerciale) e dall’autorità creditrice.

Rateizzazione per debiti tributari
Nel caso di intimazioni emesse da enti pubblici (es. Agenzia delle Entrate, Comuni) o concessionari della riscossione (come Equitalia), la rateizzazione è regolata da procedure standardizzate. Il debitore può richiedere un piano di pagamento frazionato, solitamente in fino a 72 rate mensili, a condizione che:

  1. La richiesta venga presentata entro 60 giorni dalla notifica dell’atto;
  2. Sia versato un anticipo (di solito il 20% dell’importo totale), salvo eccezioni per situazioni di grave difficoltà economica;
  3. Non sussistano precedenti inadempienze in accordi di rateizzazione già stipulati.

Per i debiti inferiori a €5.000, è possibile accedere alla “riscossione agevolata”, che consente di pagare in 10 rate senza anticipo. Per importi più elevati, è spesso necessario fornire documentazione comprovante il reddito (es. buste paga, dichiarazioni ISEE) per dimostrare l’effettiva impossibilità a pagare in un’unica soluzione.

Strumenti speciali: rottamazione e condono
In ambito tributario, leggi come la “rottamazione-ter” permettono di rateizzare debiti vecchi (anche già iscritti a ruolo) con sconti sugli interessi e sulle sanzioni, a patto di aderire entro scadenze prestabilite. Analogamente, il “condono edilizio” o misure straordinarie approvate periodicamente dal Governo offrono percorsi di pagamento agevolato per specifiche categorie di debiti.

Rateizzazione per debiti civili o commerciali
Se l’intimazione proviene da un creditore privato (es. banca, fornitore), la rateizzazione dipende dalla disponibilità a negoziare. Non esiste un diritto legale alla rateizzazione, ma il debitore può proporre un piano di rientro personalizzato, allegando documenti che attestino la situazione economica (es. estratto conto, spese fisse). Se il creditore accetta, è fondamentale formalizzare l’accordo con un atto scritturato, che specifichi:

  • L’importo di ogni rata;
  • La cadenza dei pagamenti;
  • La clausola di risoluzione automatica in caso di mancato pagamento di anche una sola rata.

In presenza di un decreto ingiuntivo (titolo esecutivo), il debitore può chiedere al giudice la sospensione dell’esecuzione mediante rateizzazione, dimostrando che il piano proposto è realistico e sostenibile.

Vantaggi della rateizzazione
Optare per un piano di pagamento frazionato offre diversi benefici:

  • Blocco delle procedure esecutive: La richiesta di rateizzazione, se accettata, sospende pignoramenti, ipoteche o azioni legali;
  • Riduzione degli oneri accessori: In alcuni casi, gli interessi moratori vengono congelati o ridotti;
  • Tutela della reputazione: Evita l’iscrizione in registri di protesti o centrali rischi, preservando la capacità di accesso al credito.

Rischi e criticità
La rateizzazione richiede un impegno rigoroso:

  • Mancato pagamento di una rata: Invalida l’accordo, riattivando l’intero debito residue con gli interessi maturati;
  • Costi aggiuntivi: Alcuni creditori applicano commissioni per l’istruttoria della pratica;
  • Limitazioni future: Fallimento di una rateizzazione pregressa può precludere l’accesso a successivi piani.

Come richiedere la rateizzazione
La procedura varia a seconda del creditore:

  1. Debiti pubblici: Compilare il modulo di richiesta sul sito dell’Agenzia delle Entrate o del concessionario della riscossione, allegando i documenti richiesti.
  2. Debiti privati: Inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno al creditore, esponendo la proposta di pagamento e le motivazioni.
  3. Debiti giudizializzati: Presentare un’istanza al tribunale competente, tramite avvocato, per richiedere la sospensione dell’esecuzione.

Eccezioni e casi particolari
Alcuni debiti non sono rateizzabili:

  • Sanzioni penali: Multe per reati non sono frazionabili;
  • Debiti condonati: Se già beneficiari di condoni, non è possibile accedere a nuove agevolazioni;
  • Debiti ipotecari garantiti: Le rateizzazioni su mutui spesso richiedono il consenso della banca.

In conclusione, rateizzare un debito indicato in un’intimazione è quasi sempre possibile, ma richiede tempestività, trasparenza e aderenza alle scadenze. La chiave è agire prima che partano le procedure esecutive, valutando con attenzione la sostenibilità del piano proposto. Anche in caso di accordo, è consigliabile farsi assistere da un professionista per evitare clausole svantaggiose o errori formali.

Quali sono le competenze dell’Avvocato Monardo per gestire le intimazioni di pagamento dell’Agenzia Entrate Riscossione?

L’Avvocato Giuseppe Monardo è un esperto riconosciuto nel diritto bancario e tributario, con una lunga esperienza nella gestione di intimazioni di pagamento e nella difesa dei diritti dei contribuenti. Coordina un team di avvocati e commercialisti altamente qualificati a livello nazionale, offrendo soluzioni personalizzate per privati e aziende.

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Grazie alla sua esperienza e alla rete di collaboratori esperti, l’Avvocato Monardo offre soluzioni efficaci e mirate, aiutando i suoi clienti a risolvere le difficoltà economiche e a proteggere il proprio patrimonio con professionalità e trasparenza.

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Disclaimer: Le opinioni espresse in questo articolo rappresentano il punto di vista personale degli Autori, basato sulla loro esperienza professionale. Non devono essere intese come consulenza tecnica o legale. Per approfondimenti specifici o ulteriori dettagli, si consiglia di contattare direttamente il nostro studio. Si ricorda che l’articolo fa riferimento al quadro normativo vigente al momento della sua redazione, poiché leggi e interpretazioni giuridiche possono subire modifiche nel tempo. Decliniamo ogni responsabilità per un uso improprio delle informazioni contenute in queste pagine.
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